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IL RUOLO DELL'INFERMIERE DIRIGENTE NELLA GESTIONE DEL SOVRAFFOLLAMENTO

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE INFERMIERISTICHE

ED OSTETRICHE

Presidente: Prof. Lorenzo Ghiadoni

“IL RUOLO DEL DIRIGENTE INFERMIERISTICO

NELLA GESTIONE DEL SOVRAFFOLLAMENTO:

ANALISI DEL FENOMENO E STRATEGIE OPERATIVE ”

RELATORE

Dott.ssa Antonella Perini

CANDIDATO

Dott. Martina Catalano

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A Mio Padre,

con Amore.

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Indice

Introduzione

Capitolo 1 – L’affollamento del pronto soccorso: analisi del fenomeno 1.1 Analisi di contesto

1.1.1 Crowding 1.1.2 Boarding

1.2 Analisi delle cause

1.3 Rischi 1.4 Misurazione del Crowding

Capitolo 2 – Ruolo, funzione e responsabilità del Dirigente Infermieristico 2.1 L’evoluzione della professione infermieristica nell’ambito del Management 2.2 Il Dipartimento Infermieristico ed Ostetrico

2.3 Ruolo, funzione ed attività dell’Infermiere Dirigente

Capitolo 3 - Analisi organizzativa del pronto soccorso di Livorno 3.1 Modello organizzativo per percorsi omogenei

3.2 Il processo di Triage

3.3 Codici/Livelli numerici di codifica 3.3.1. Rivalutazione

3.3.2. Il Fast Track

3.4 L’Osservazione Breve Intensiva Capitolo 4 - Strategie Operative 4.1 Dischare Units

4.2 Bed Management

4.3 Introduzione del Codice Argento 4.4 See and Treat

4.5 Piani aziendali per la gestione del sovraffollamento in Pronto Soccorso (PGS A) Conclusioni Bibliografia Sitografia

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INTRODUZIONE

In sanità il ruolo del management sta cambiando, infatti concetti come efficienza, funzionalità, produttività, competitività, gestione aziendale, vanno di pari passo con quelli di diritto alla salute, efficacia, politica sanitaria, livelli minimi di assistenza.

Esistono indagini e ricerche dalle quali traspare come la grande divaricazione tra “potenzialità di assistenza” resa possibile dal progresso scientifico e dallo sviluppo tecnologico e “livelli effettivi di assistenza” sia spesso riconducibile alla limitata capacità di gestire la complessità organizzativa delle moderne strutture di erogazione dei servizi e, più in generale, dei moderni sistemi sanitari.

Conoscenze, competenze e atteggiamenti manageriali appaiono condizioni necessarie, anche se non sufficienti, da una parte, per recuperare più elevati livelli di soddisfazione dei pazienti, della popolazione e degli stessi professionisti, impegnati nel settore, dall'altra per affrontare il difficile compito di realizzare l'equilibrio tra domanda e offerta, tra bisogni, teoricamente illimitati, e risorse che sono invece limitate rispetto alle grandi opportunità offerte dalla scienza.

Condizioni necessarie che dimostrano come l'elemento critico sia dato ormai dalla capacita di governare nel migliore dei modi e come le differenze qualitative-quantitative dei livelli assistenziali reali siano spiegabili più dai differenti livelli di efficienza del funzionamento, attribuibile al management, che non dalla differenza dei modelli di sistema sanitario adottato.

Parlando della Professione infermieristica ed in particolare del ruolo del Dirigente Infermieristico, che si colloca in questo panorama, vediamo chiaramente come l'evoluzione di una professione è possibile.

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che maggiormente ha contribuito alla salvaguardia del Sistema Sanitario con i propri professionisti, che negli anni sono riusciti ad evolvere professionalmente, scientificamente, costruendo una nuova figura di infermiere.

Lasciate alle spalle le vecchie idee di ausiliarietà almeno nello sviluppo teorico e professionale, la figura di Infermiere Dirigente ha trovato la sua giusta collocazione anche se non sono mancati negli anni alti e bassi, crisi e riformulazioni, prese di posizione e scatti in avanti di consapevolezza di un cambiamento oramai necessario ed inarrestabile.

Sono cambiati i bisogni di salute della popolazione, ma anche le necessità organizzative e le aspettative degli stessi infermieri; infermieri laureati, con dottorato di ricerca, master di I° e II° livello professionalizzanti e specifici per alte competenze; anche nell'area dirigenziale si è evidenziata quindi la necessità di Infermieri Dirigenti preparati e formati alla specifica governance dell'assistenza infermieristica ed a salvaguardia del sistema salute di cui gli infermieri sono sempre più espressione di garanzia e qualità delle cure.

Gli sviluppi futuri sono legati strettamente alla crescita professionale sia dal punto di vista manageriale che clinico-assistenziale degli infermieri, collegata alle nuove competenze ed alle specialistiche per poter meglio sviluppare la continuità ospedale-territorio ed i modelli di assistenza basati sull'intensità di cura e la complessità assistenziale, come richiesto dall'attuale quadro demografico ed epidemiologico.

La complessità dei sistemi sanitari evolve con la modifica dei bisogni di salute dei cittadini e con l'aumentata richiesta di specializzazione manageriale e di governo.

Gli Infermieri Dirigenti con gli anni stanno acquisendo questa importante consapevolezza e sempre più le sfide del futuro vedono la professione infermieristica inserita a livello decisionale e strategico nei sistemi di governo sanitario.

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Lavorando nell’ambito dei percorsi di emergenza/urgenza ho ritenuto interessante approfondire come il cambiamento sopra citato impatta anche sull’organizzazione dell’emergenza. L’obiettivo di questa tesi sarà l’elaborazione di strategie operative per far fronte al problema del sovraffollamento nel PS partendo dall’analisi del fenomeno, delle sue cause e dei notevoli rischi che comporta.

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CAPITOLO I

IL SOVRAFFOLLAMENTO IN PRONTO SOCCORSO:

ANALISI DEL FENOMENO

1.1 ANALISI DI CONTESTO

In tutto il mondo occidentale il fenomeno dell’iperafflusso di utenti in Pronto Soccorso (PS),caratterizzato da un eccessivo e non programmabile sovraffollamento del PS , è un evento tanto conosciuto quanto preoccupante per le implicazioni potenzialmente negative. Nonostante la crescente attenzione al fenomeno, persiste a tutt’oggi una carenza di consenso sia nella terminologia più corretta per riferirsi al sovraffollamento del PS, sia nella definizione operativa necessaria per meglio inquadrarlo e anche nel sistema più adeguato per misurarlo . Ovviamente questa situazione di periodico sovraffollamento del PS va nettamente distinta dalle maxi emergenze ,che sottendono causalità del tutto diverse e imprevedibili, e soluzioni ispirate da criteri definiti da apposite linee guida.

Il concetto di sovraffollamento in Pronto Soccorso (PS) è riferibile ad una situazione in cui il buon funzionamento viene intralciato dal disequilibrio tra la domanda, costituita dal numero di pazienti in attesa e in carico , e la capacità intesa come l’insieme delle

risorse umane, strutturali e tecnologiche disponibili.

Si tratta di un problema diffuso in tutto il mondo sviluppato che in diversi paesi con sistemi sanitari ad accesso universale (analoghi al SSN italiano), come la Gran Bretagna, il Canada , l’Australia e la Nuova Zelanda è stato affrontato negli ultimi anni

con interventi mirati sul sistema.

L’andamento della domanda in PS è spesso prevedibile nell’arco dei diversi periodi dell’anno e della stessa giornata, in base all’epidemiologia stagionale ed alla

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distribuzione circadiana degli accessi. Si tratta pertanto di un evento prevedibile che, se non correttamente gestito, può assumere connotazioni critiche in particolare nei periodi

di epidemia influenzale.

La letteratura di settore riporta come cause del sovraffollamento più fattori spesso concomitanti, in ingresso (“input”) , nel percorso interno (“throughput”) ed in uscita (“output”),(Asplin et al 2003):

 il fattore input si riferisce ad un rilevante accesso di pazienti al PS dovuto soprattutto all’epidemiologia stagionale;

 il fattore throughput è riconducibile alle attese nei percorsi interni al PS, in particolare nelle fasi diagnostiche per l’attivazione di consulenze specialistiche e di accertamenti strumentali;

 il fattore output comprende sia la difficoltà e ricoverare per carenza di posti letto disponibili , sia la difficoltà a dimettere ,in particolare i pazienti fragili o con problematiche sociali per la non sufficiente disponibilità di risposte di continuità.

Tabella n.1 Fonte: Sovraffollamento in PS – G.Rastelli, M.Cavazza, G.Cervellin E’ stato ampiamente dimostrato che il maggior contributo al sovraccarico del sistema è determinato dai fattori di throughput e di output che, contrariamente a quello di input, sono significativamente modificabili adottando adeguate strategie riorganizzative. Questi fattori nella letteratura internazionale sono le principali cause dei due diversi fenomeni che costituiscono i determinanti maggiori del sovraffollamento:

 “Crowding”- indica l’incremento critico sia dell’affluenza che della permanenza all’interno del PS dei pazienti che stanno completando l’iter diagnostico-terapeutico;

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completato il percorso assistenziale ma che , per cause diverse , non possono essere dimessi .

1.1.1 CROWDING

L’analisi del livello di affollamento dei PS si rivolge principalmente a 2 ambiti: la fase di accesso (quanti pazienti arrivano, con quale modalità, inviati da chi, in quale momento della giornata, ecc.) e la fase di “processo”, intendendo con quest’ultima tutto ciò che accade al paziente una volta accettato fino al completamento del percorso clinico.

Complessivamente l’analisi conferma che nella popolazione persiste la convinzione di trovare comunque una risposta presso il PS, che è vissuto come il luogo di inizio di molti dei percorsi diagnostico-terapeutici ‘soggettivamente’ ritenuti urgenti mentre il territorio è ritenuto la sede per il proseguimento del percorso ed il follow-up. Ridistribuire la quota inappropriata di domanda, seppur necessario, non è semplice e richiede una strategia di intervento che attraversa trasversalmente più processi di cura. Un altro target di pazienti che accedono in PS che contribuiscono al crowding è rappresentato da soggetti affetti da patologie croniche ,già seguiti da altri servizi sia a livello territoriale che ospedaliero, che sperimentano una elevata percentuale di ricoveri ripetuti per la stessa patologia (scompenso cardiaco, BPCO, diabete complicato ecc.). Questi pazienti spesso assorbono un numero di risorse elevato per esami di laboratorio e strumentali, che si rendono necessari per l’inquadramento del caso da parte del personale del PS che non conosce il paziente, ma che rappresentano spesso ripetizioni di accertamenti di scarsa utilità per coloro che lo hanno in cura o interverranno successivamente.

Le contro misure al fenomeno del crowding, comunque generato, si realizzano prevalentemente all’interno del PS e, in genere, prevedono la ridistribuzione dei compiti

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all’interno del personale assegnato, l’attivazione di personale reperibile, il trattenimento in servizio di personale “smontante”. Questo vale anche quando il crowding è stato in larga parte generato dal boarding, che assorbe tempo-lavoro del personale per l’assistenza ai pazienti in attesa di ricovero contribuendo cosi alla progressiva comparsa delle code. In questo caso le azioni da intraprendere devono essere integrate da quelle necessarie alla gestione corretta del boarding.

1.1.2 BOARDING

L’accumulo in PS dei pazienti che hanno già completato il percorso assistenziale, è dovuto in gran parte all’attesa del posto letto, prevalentemente in area medica ma, talora ,anche per i pazienti destinati al ricovero in altre aree di degenza: area chirurgica/specialistica, OBI, area critica con impegno, in questo caso, della shock room. Si tratta per lo più di una popolazione ad elevato assorbimento di risorse (anziani con polipatologia, terapie domiciliari complesse, insufficienze d’organo croniche, ecc.) che rimangono a lungo in ambienti non idonei. In molti casi la domanda di ricovero si genera dalle strutture stesse dell’ospedale, presso le quali questi pazienti sono già in cura, giungendo in alcune realtà, a costituire circa il 10-15% dei ricoveri.

A questi si aggiungono i pazienti cronici con ricoveri ripetuti per la stessa patologia prevalentemente destinati all’area medica. L’evoluzione clinica di questi pazienti in molti casi è graduale e progressiva e questo avrebbe potuto consentire l’organizzazione del ricovero, quando appropriato, senza necessità di accedere al PS che, di fatto, diventa solo il luogo di attesa del posto letto. Il numero di questi ricoveri può rappresentare anche il 20-25% dei ricoveri in area medica e spesso comporta più ricoveri nel corso dell’anno.

Potremmo definire tutti i fenomeno descritti sopra come il “boarding evitabile”, stimabile fra il 30 e il 40% del volume complessivo del fenomeno. Ne consegue che la soluzione al problema del boarding può essere trovata solo nel

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momento in cui tutto l’ospedale è coinvolto nell’assicurare il maggior allineamento possibile tra capacità e domanda nelle varie fasi del processo di cura. Per questo motivo è necessario assicurare funzioni di gestione operativa per governare in modo più efficace i flussi dei pazienti in ingresso ed in uscita, con l’obiettivo di ottimizzare i percorsi in urgenza e programmati e di utilizzare in modo più efficiente i posti letto delle strutture ospedaliere.

1.2. ANALISI DELLE CAUSE

Fra le cause identificate vi sono:

 iperafflusso di pazienti determinato generalmente da una rete territoriale incapace di rispondere ai reali bisogni della popolazione, con conseguente aumento dell’inappropriatezza degli accessi in PS che spesso presentano un’alternanza stagionale;

 mutamento delle esigenze assistenziali della popolazione (aumento di pazienti anziani e cronici con riacutizzazioni e remissioni e aumento degli immigrati), informazione degli utenti condizionata dai media e in particolare da internet, “frequentatori abituali” del PS che dovrebbero trovare risposte in diversi setting assistenziali;

 il crescente sbilanciamento tra il numero di posti letto per 1000 abitanti , in costante riduzione, e spesso inappropriata occupazione dei posti letto di degenza ordinaria (sovraccarico di pazienti ricoverati, ritardo nelle dimissioni) con conseguente imbuto ricettivo tra PS e unità operative, aggravata dalla scarsa disponibilità e ricettività di strutture di lungodegenza e dalle conseguenze della medicina difensiva;

 difficoltà di adattare strutture ospedaliere e spazi con differenti esigenze normative e in continuo cambiamento;

 difficoltà organizzative, oggi esasperate dal blocco del turnover del personale, con organici sottodimensionati e rallentamento delle attività di consulenza e dei

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servizi diagnostici.

Negli ultimi decenni si è assistito a una progressiva riduzione del numero complessivo dei posti letto ospedalieri. Come desumibile dall’analisi della Tabella 2, in Italia il numero di posti letto per 1000 abitanti è passato da 6,1 nel 1996 a 4,1 nel 2004 ed è sceso a 3,2 nel 2015. Per contro, come ben noto, negli ultimi cinquant’anni circa si è assistito a una vera e propria rivoluzione demografica, con aumento vertiginoso della popolazione anziana. Nel 1955 i cittadini italiani di età >65 anni erano 4,2 milioni ; nel 2004 ammontavano a 10,5 milioni ; al 1° Gennaio 2019 gli over 65enni sono 13,8 milioni , con tutte le immaginabili conseguenze sull’aumento delle necessità di assistenza socio-sanitaria. Contestualmente, accanto a una lenta e disomogenea crescita dei servizi territoriali alternativi alla degenza ospedaliera, si è assistito ovunque a un massiccio progressivo incremento dell’utilizzo delle strutture di PS da parte dell’utenza. Infatti anche gli accessi al Pronto Soccorso di Livorno sono in aumento, siamo passati dai 66575 nel 2016 ai 68242 nel 2018. Tra le cause di ricorso eccessivo al PS, oltre al mutato contesto demografico, vanno senz’altro considerate:

 desiderio dell’utenza di ottenere in tempi brevi una risposta a bisogni percepiti come urgenti;

 crescente numero di pazienti fragili e “lungosopravviventi” che necessitano di interventi in tempi rapidi:

 consapevolezza di trovare una risposta qualificata mediata anche dall’impiego di tecnologie.

Nel corso degli anni, la ridotta disponibilità di posti letto ha mutato la metodologia d’intervento del PS che, se prima era riconducibile alla filosofia del tratta, ricovera o dimetti, attualmente richiede un utilizzo sempre più strutturato dell’osservazione dei pazienti; si è inoltre appropriato, o gli sono state delegate, di altre funzioni oltre a quella del trattamento dei pazienti acuti, come la gestione dell’infortunistica sul lavoro e delle esposizioni professionali ad agenti biologici.

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Tabella n.2 Fonte: Sovraffollamento in PS – G.Rastelli, M.Cavazza, G.Cervellin

1.3 RISCHI

Il sovraffollamento del PS genera conseguenze che coinvolgono l’intero ospedale: aumento del rischio clinico e degli eventi avversi, aumento di reclami e denunce, insoddisfazione degli utenti.

I picchi di iperafflusso e di sovraffollamento determinano all’interno del PS conseguenze indesiderabili assai rilevanti sul piano dell’assistenza erogata, sia per l’utenza sia per gli operatori. Tali effetti negativi vanno dall’incremento dei tempi di attesa, alla ridotta efficienza dei processi di valutazione e trattamento e alla diminuita capacità di proteggere la privacy e la riservatezza. Queste conseguenze deleterie del sovraffollamento si possono inquadrare come una violazione dei quattro principi fondamentali di bioetica:

1. Diritto di “primum non nocere”: la condizione di sovraffollamento del PS costituisce una delle circostanze in cui più frequentemente si possono verificare degli eventi non desiderati, intesi come danni involontariamente procurati ai pazienti.

2. Diritto a usufruire di un potenziale miglioramento delle proprie condizioni di salute: numerose patologie acute ,che includono l’IMA, il trauma, lo stroke, la

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polmonite ecc., hanno dimostrato di essere caratterizzate da esiti tempo-dipendenti; è stato dimostrato per ciascuna di queste situazioni come una condizione di sovraffollamento determini frequentemente ritardi evitabili nel trattamento di queste patologie a rischio per la vita degli utenti, privandoli in tal modo di un possibile beneficio derivante dalla tempestività dei trattamenti terapeutici.

3. Diritto al rispetto dell’autonomia e dell’intimità del paziente: la perdita di una condizione di minima privacy in un ambiente di PS sovraffollato spesso interferisce negativamente nella comunicazione tra medico, infermiere e paziente. Se il paziente non si sente a suo agio può omettere di fornire informazioni essenziali circa il suo stato di salute che possono inficiare la capacità dell’infermiere di comprendere accuratamente le sue condizioni. A sua volta l’infermiere ,pressato da una situazione di sovraffollamento che lo induce a comprimere il tempo da dedicare al singolo paziente, può attribuire un codice numerico di assegnazione errato rispetto alla reale situazione.

4. Diritto a un’equa distribuzione delle risorse sanitarie: le politiche sanitarie dell’ultimo decennio hanno portato a una cospicua contrazione dei posti letto ospedalieri spostando risorse sul territorio , per la creazione di servizi complementari o alternativi alla degenza ospedaliera. In un’organizzazione sanitaria ove le risorse sono scarse i posti letto ospedalieri costituiscono una risorsa predefinita e destinata sia alle necessità dei pazienti valutati in PS, per i quali è stato disposto il ricovero e sono in attesa di ospedalizzazione, sia a quelle dei pazienti ricoverati e che quindi già occupano i medesimi posti letto. La priorità va comunque riservata a quei pazienti le cui necessità assistenziali sono maggiori. Postulato che le prime 24 ore sono state identificate come le più importanti ed essenziali nel percorso di ospedalizzazione, si verifica che i pazienti necessitanti di ricovero e ancora stazionanti in PS hanno la maggiore necessità di prestazioni intraospedaliere, come test diagnostici, terapia intensiva

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o manovre chirurgiche , e invece subiscono ritardi nel trattamento connessi alla situazione di sovraffollamento. Per converso, pazienti già ospedalizzati e in prossimità della dimissione, sono spesso in attesa solamente dell’attivazione di assistenza domiciliare o di supporto sociale e quindi hanno verosimilmente minori necessità di assistenza ospedaliera. Nonostante la ridotta necessità di supporto medico-infermieristico questi pazienti continuano a occupare il posto letto ospedaliero , spesso per la difficoltà di ottenere accoglienza in lungodegenza o di attivare percorsi assistenziali domiciliari alternativi alla degenza intraospedaliera. In realtà il principio di equa distribuzione delle risorse in sanità, basato sull’urgenza e sull’ampiezza delle necessità, dovrebbe imporre una riallocazione dell’assistenza intraospedaliera del paziente in prossimità di dimissione al paziente in attesa di ospedalizzazione collocato in PS.

In aggiunta agli effetti negativi sui pazienti, il sovraffollamento in PS esercita un impatto fortemente negativo anche sugli operatori sanitari. Infatti il clima di tensione che consegue all’iperaffollamento esercita una forte pressione emotiva sia sugli utenti sia sugli operatori, condizionando negativamente la reciproca capacità di rapportarsi e comunicare , e talora può sfociare in episodi di aggressione (verbale ma anche fisica) ai danni degli operatori. Questi elementi, uniti alla frustrazione derivante dalla consapevolezza di non poter garantire la privacy e l’assistenza necessaria agli utenti, determinano sia a breve sia a lungo termine un impatto negativo sugli operatori, maggiormente esposti a una ridotta gratificazione sul lavoro, con secondaria rabbia e depressione. Ciò costituisce la premessa di un elevato indice di burn-out.

In sintesi le principali conseguenze negative causate dal sovraffollamento del PS sono riportate in tabella 3.

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1.4 MISURAZIONE DEL CROWDING

Per assicurare un’omogeneità di intervento occorre procedere alla rilevazione del fenomeno. Il sovraffollamento rappresenta di fatto la situazione nella quale viene raggiunto e/o superato , in modo oggettivamente misurabile, il numero massimo di pazienti contemporaneamente gestibili nello specifico PS e dall’ospedale in toto.

Per programmare le azioni atte ad assicurare un’adeguata gestione del sovraffollamento è ritenuto utile basarsi su un modello di previsione anticipata dei picchi di accesso ai PS. L’analisi delle serie storiche di accessi, è possibile evidenziare il trend temporale e quindi prevedere con anticipo l’insorgere del livello di afflusso critico sino ad

individuare gli andamenti che si replicano nel tempo: circadiani, settimanali, stagionali etc.

Attraverso la rilevazione giornaliera del numero di accessi , è possibile evidenziare il trend temporale e quindi prevedere con anticipo l’insorgere del livello di afflusso critico sino ad individuare il momento di superamento dell’equilibrio domanda/capacità. L’esigenza di governare un fenomeno complesso come il crowding ha posto la necessità di identificare sistemi idonei per misurarlo adeguatamente ma, in assenza di una

definizione universalmente accettata, sono stati proposti diversi metodi di misurazione. Quattro sono le principali scale di misurazione proposte dalla letteratura nella Medicina d’Emergenza-Urgenza: il Real-time Emergency Analysis of Demand

Indicators(READI), l’Emergency Department Work Index(EDWIN), IL National Emergency Department Overcrowding Study (NEDOCS) Scale e l’Emergency Department Crowding Scale(EDCS). Gli stessi autori che hanno proposto i diversi sistemi di misurazione hanno effettuato i corrispettivi studi di validazione , che pertanto presentano l’intrinseco limite dell’autoreferenzialità, come indirettamente confermato dalla variabilità dei risultati o dalla mancata validazione se applicati in un altro contesto operativo. Ciascuno score di valutazione si basa su formule matematiche di complessità variabile, che comunque richiedono la disponibilità di rilevazione informatica in real time di comuni parametri operativi di PS, quali il calcolo del tempo di attesa tra la

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valutazione di triage e l’accesso all’ambulatorio, la durata del periodo di permanenza e il numero complessivi dei pazienti in carico.

Sebbene la maggior parte di queste scale abbiano dimostrato un’elevata capacità di riflettere il livello corrente di sovraffollamento del Dipartimento di Emergenza , misurato dalla necessità di dirottare altrove le ambulanze come parametro di crowding, non hanno evidenziato alcuna capacità di funzionare come sistema d’allarme a breve termine in grado di predire con un sufficiente anticipo la situazione di crowding rispetto al semplice computo del tasso di occupazione dei letti disponibili . Un altro rilevante limite di questi sistemi di misurazione del fenomeno del sovraffollamento è connesso alla scarsa correlazione delle soglie proposte, come indicatori del crowding, con la percezione del fenomeno da parte degli operatori del Dipartimento di Emergenza. Va infine considerato che la percezione del tempo trascorso in PS da parte del paziente, uno dei principali elementi condizionanti la qualità percepita, viene comunemente suddivisa in : attesa tra il momento dell’effettuazione del triage e presa in carico da parte del medico, tempo necessario tra la presa in carico e l’espletamento degli esami diagnostici richiesti e tempo d’attesa successivamente intercorso per disporre il ricovero in reparto ( o la dimissione). Del tutto recentemente , soltanto il lavoro di McCarthy et al. ha elaborato in modo dinamico questi tre parametri, tentando di superare i limiti di una misurazione statica del crowding, un fenomeno invece di per se variabile e fluttuante. A causa di tutte le suddette limitazioni dei sistemi di rilevazione attualmente in uso, si ritiene che debbano essere esplorate altre metodiche di misurazione basate su tecnologie più avanzate, come ,le reti neurali, che miglioreranno soprattutto la capacità di predire a breve il fenomeno del crowding, in modo da poter attuare le eventuali misure correttive.

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CAPITOLO 2

RUOLO, FUNZIONE E RESPONSABILITÀ DEL

DIRIGENTE INFERMIERISTICO

2.1 L’EVOLUZIONE DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA

NELL’AMBITO DEL MANAGEMENT

Per tracciare il percorso legislativo che ha portato la professione infermieristica a vedersi riconosciuta l’adeguata autonomia professionale, occorre, a mio parere, partire dall’analisi del contenuto del “Progetto Infermiere per l’Europa del futuro” predisposto dall’OMS. In tale documento si evidenzia che “il ruolo dell’assistenza infermieristica nella società è di aiutare gli individui, le famiglie e i gruppi a determinare e raggiungere il loro potenziale fisico, mentale e sociale, nel contesto mutevole dell’ambiente in cui essi vivono e lavorano”. Secondo il documento le quattro funzioni principali dell’infermiere sono:

 “la prestazione e la gestione dell’assistenza infermieristica diretta legata alla promozione, alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione o al sostegno degli individui, delle famiglie o di gruppi” sulla base di una serie logica di fasi definita come processo infermieristico;

 “l’insegnamento rivolto ai pazienti/clienti e al personale sanitario”;

 “l’azione in qualità di membro dell’equipe sanitaria ai vari livelli del sistema sanitario;

 “lo sviluppo della disciplina infermieristica attraverso il pensiero critico e la ricerca”.

Le Raccomandazioni Europee in materia sostengono che le funzioni dell’infermiere devono trovare riconoscimento nelle legislazioni nazionali che regolano l’assistenza

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infermieristica. In Italia, con l’emanazione del profilo dell’infermiere (DM 739/94), le funzioni previste a livello europeo hanno trovato il giusto riconoscimento. Infatti, il profilo evidenzia che “l’infermiere è l’operatore sanitario che, in possesso dell’abilitazione all’esercizio professionale e dell’iscrizione al relativo albo, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.” L’assegnazione delle responsabilità è il requisito fondamentale affinché l’infermiere possa operare in autonomia rispetto alle sue competenze. Sempre nel profilo si riconosce che “l’assistenza generale infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa”.

Successivamente al Profilo Professionale la Legge. 26/02/99 n. 42 individua nel contenuto del Profilo Professionale, negli Ordinamenti Didattici dei rispettivi Corsi Universitari di base e post base e nel Codice Deontologico, gli elementi costitutivi del campo proprio di attività e responsabilità professionale. Ma è con la L. 251/00 che si determinano una serie di cambiamenti non indifferenti all'organizzazione, al processo di professionalizzazione ed alla rideterminazione dei processi decisionali all'interno delle aziende sanitarie. Possiamo affermare che essa apre scenari nuovi e diversi per gli infermieri, per tutte le altre categorie professionali, per la sanità italiana nel suo complesso e, quindi, anche per il cittadino: infatti, riconosce alle professioni sanitarie la possibilità di gestire in piena autonomia i processi di lavoro, con conseguenti importanti ricadute sull'organizzazione dei diversi servizi, sempre più orientati all'utente. È questo un testo di riforma che affronta questioni fondamentali per la professione infermieristica, alla quale sono riconosciuti il giusto ruolo professionale e gestionale, senza porlo in antitesi a quello esercitato dalla professione medica, ma piuttosto disegnandolo sui principi dell'integrazione e della collaborazione con tutti i

professionisti sanitari.

In realtà, la legge 251/00 dà un riconoscimento formale a ciò che gli infermieri erano chiamati a fare già da tempo: l'innovazione apportata consiste nel passaggio ad una dirigenza "di fatto" già esercitata da molti infermieri all'interno delle aziende sanitarie, al riconoscimento dell'importanza della direzione delle attività infermieristiche in ogni

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articolazione del sistema sanitario. Il comma 1 del primo articolo riconosce che gli infermieri "svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell'assistenza” .

L'esercizio professionale, quindi, deve essere improntato alla utilizzazione di metodologie di lavoro basate su obiettivi.

Dignità legislativa è quindi riconosciuta agli strumenti metodologici e disciplinari della cultura infermieristica.

Al secondo comma si identifica come obiettivo della legislazione statale e regionale la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo della professione infermieristica, intesa come uno degli strumenti fondamentali per garantire il diritto alla salute, per realizzare l'aziendalizzazione in sanità, nonché per favorire l'integrazione del lavoro sanitario italiano con quello degli altri stati europei.

Il terzo comma entra nel vivo dei cambiamenti operativi che devono essere messi in atto per rispondere alle finalità della legge. Al Ministero della Salute, infatti, con il parere delle Regioni, spetta il compito di emanare linee guida per l'attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività d'assistenza infermieristica e delle connesse funzioni e la revisione dell'organizzazione del lavoro, incentivando modelli d'assistenza personalizzata. In maniera esplicita è qui attribuito alla professione stessa la responsabilità dell'organizzazione e della gestione del lavoro infermieristico. Inoltre istituisce i corsi di laurea specialistica per la professione infermieristica e demanda ad un successivo regolamento governativo la disciplina concorsuale dei nuovi professionisti laureati, per l'accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli

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richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio Sanitario Nazionale. Le Regioni inoltre, hanno la facoltà di istituire la nuova qualifica di dirigente del ruolo sanitario nell'ambito del proprio bilancio, operando con modificazioni compensative delle piante organiche su proposta delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. È permesso alle aziende sanitarie di inserire i nuovi dirigenti negli organici attivando un meccanismo di compensazione tra i posti già deliberati. Sulla stessa linea si pone anche l'articolo 7, in cui è data facoltà alle aziende sanitarie, di istituire il Servizio di Assistenza Infermieristica, attribuendo, anche in assenza del requisito della laurea, un incarico triennale rinnovabile ad un appartenente alle professioni di cui all'articolo 1 della legge, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati. Questa legge si presenta come un testo normativo di principi e di indirizzi adeguato ad una più moderna evoluzione legislativa e formativa, ma anche adeguato ad una più moderna organizzazione del lavoro ed al progresso scientifico e tecnologico del nostro paese.

È uno strumento operativo non solo per quella parte della professione che, a buon diritto, vuole vedere riconosciuto il proprio ruolo dirigenziale, magari già svolto da tempo, ma per tutti gli infermieri, che potranno finalmente vedere riconosciuto il loro status di professionisti a tutti gli effetti. La legge n. 251/00 porta a compimento un percorso legislativo di riforma della professione che dura in realtà da molti anni e che ha, come sostanziale obiettivo, la piena autonomia delle professioni sanitarie non mediche.

All' infermiere dirigente viene attribuita formalmente la diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni. Questo dove i Servizi Infermieristici hanno già una cultura consolidata, è uno stato di fatto, in quanto la funzione assistenziale, propria dell'infermiere, è costituita dall'insieme delle azioni coordinate finalizzate all'individuazione ed al soddisfacimento dei bisogni specifici di

salute, intesa come approccio globale alla persona.

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prestazioni erogate, la funzione assistenziale infermieristica deve collocarsi all'interno di una struttura organizzativa che afferisca alla direzione dei Servizi Infermieristici, considerata la complessità della funzione assistenziale e la quantità numerica di infermieri all'interno della struttura sanitaria. I Servizi Infermieristici costituiscono quindi un necessario momento di unificazione e coordinamento delle attività programmatiche, organizzative, gestionali e operative e deve essere inteso come l'insieme degli infermieri, delle funzioni, delle prestazioni, attività da questi svolte, che indirizza, organizza, gestisce e valuta l'assistenza infermieristica. L'infermiere dirigente deve prendere decisioni e fare le scelte più convenienti in relazione a vari fattori quali il contesto organizzativo, i valori etico – professionali, i valori sociali della popolazione cui si eroga il servizio, il momento storico e la situazione politico - economica (normativa), specifica della professione e di tutto il paese. Per questo motivo ha seguito dei percorsi formativi ad hoc, che nel corso degli anni hanno visto emergere l'aspetto manageriale, indispensabile nell'attuale realtà sanitaria. La Regione Toscana con Delibera n. 420 del 23.04.2001 dà alle aziende sanitarie toscane indicazioni a procedere all’applicazione della legge 251/00 e in particolare viene deliberato che in ogni azienda sanitaria sia individuata la figura dirigenziale per l’area infermieristica (coordinatore infermieristico) con modalità di selezione individuate dalle aziende nel rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità. Inoltre, vi sono ulteriori elementi di contesto che hanno reso necessario ed opportuno promuovere l’istituzione di Servizi/Dipartimenti Infermieristici, quali:

 l’affermazione del principio della responsabilizzazione sui risultati conseguiti che informa tutto il processo di riorganizzazione e cambiamento in atto nel sistema sanitario e nelle realtà aziendali;

 l’affermazione di modelli organizzativi che si basano sul riconoscimento da parte dei professionisti di una dirigenza di esclusiva provenienza professionale;  l’esigenza di promuovere un uso sempre più efficiente delle risorse e quindi

anche di quella umana che non può essere disgiunto da un processo di valorizzazione e di arricchimento professionale;

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 l’evidenza di una incessante e notevole crescita culturale e professionale degli infermieri, che li rende sempre più simili agli altri infermieri europei e del mondo anglosassone in genere;

 Il riconoscimento dell’infermieristica come scienza e l’affermarsi dei modelli concettuali di riferimento del nursing come elementi indispensabili ad innescare e consolidare il processo di cambiamento in sanità;

 La connotazione di un esercizio professionale pensato e definito in un passato dove le competenze richieste ed espresse erano solo assistenziali e prevalentemente di collaborazione ed esecuzione si sono oggi trasformate in capacità di analisi, elaborazione ed attuazione dei processi assistenziali, progettualità, collaborazione ed integrazione multidisciplinare. Gli infermieri sono riusciti a definire in maniera chiara la loro natura ed il loro ruolo grazie al raggiungimento di traguardi importanti come l’approdo della formazione in Università, la corretta definizione del Profilo Professionale, il riconoscimento della professione infermieristica come professione sanitaria (non più ausiliaria) e la conseguente istituzione della dirigenza. Formalmente e sostanzialmente, quindi, gli infermieri posseggono i requisiti necessari per assumere responsabilità specifiche, oltre che nell’assistenza infermieristica generale e specialistica, anche nel governo dei processi di coordinamento legati all’organizzazione, gestione e valutazione delle risorse umane e materiali all’interno dei Servizi/Dipartimenti Infermieristici.

2.2 IL DIPARTIMENTO INFERMIERISTICO ED OSTETRICO

Legge 10 agosto 2000, n° 251 Art 7. Al fine di migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e possono attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio (…)

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dell’assistenza infermieristica ostetrica e di base ed assicura, attraverso le proprie articolazioni, la direzione, la gestione e la valutazione del personale assegnato e degli interventi assistenziali garantiti nell’ottica di assicurare un’assistenza centrata sulla persona assistita e sui suoi bisogni. Attiva ed implementa molteplici processi nei settori dell’organizzazione, pianificazione e valutazione del lavoro infermieristico nonché sul fronte delle relazioni, della formazione degli operatori e della qualità degli interventi assistenziali. Occorre fare una considerazione circa la sua natura intrinsecamente trasversale e multidisciplinare in quanto la funzione infermieristica è uno degli elementi di base che contribuisce in maniera essenziale al raggiungimento dei fini aziendali, anche per la sua consistenza numerica e per la capacità che questa professione ha di interfacciarsi con le altre figure professionali. La direzione del Dipartimento Infermieristico si articola in:

 un livello centrale con funzioni di tipo strategico-programmatorio, che si integra con i processi aziendali con le proprie direzioni di processo o di funzioni trasversali.

 un livello decentrato, con funzioni di tipo gestionale-operativo, che si articola con la struttura dipartimentale e le cosiddette “strutture e/o linee di produzione” dove hanno un ruolo fondamentale di integrazione e collegamento funzionale e professionale le Posizioni Organizzative Infermieristiche ed i Coordinamenti Infermieristici/Ostetrici.

All’interno dell’organigramma aziendale, la direzione del Dipartimento Infermieristico/Ostetrico può essere collocata presso la direzione generale, attribuendo un grande riconoscimento del valore e dell’autonomia delle professioni rappresentate, oppure presso la direzione sanitaria dando maggiore unitarietà ai processi sanitari, specialmente a quelli multidisciplinari. In entrambi i casi può essere in posizione di “line”, inserita quindi nella linea gerarchica oppure di “staff” ovvero deputata allo svolgimento di funzioni di consulenza e di servizio a sostegno della linea gerarchica, ma fuori di essa e quindi priva di autorità. All'interno del Servizio Sanitario Nazionale gli infermieri svolgono un ruolo molto importante e

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come abbiamo detto rappresentano la componente più numerosa del personale delle aziende sanitarie, di conseguenza la loro gestione e organizzazione risulta essere altamente impegnativa. Il sistema di governo clinico assistenziale, riferito al complesso di strategie, strutture, metodi e strumenti attivati, persegue obiettivi di:

 Programmazione, direzione, gestione e valutazione delle risorse umane e materiali e miglioramento continuo della qualità tecnico/professionale ed assistenziale orientata ai percorsi di sicurezza del paziente e degli operatori.  Salvaguardia degli standard assistenziali, analisi dei modelli organizzativi e

degli strumenti operativi e/o procedurali, promozione dell’efficacia, efficienza, appropriatezza, pertinenza dei percorsi gestionali e diagnostico – terapeutico – assistenziali e monitoraggio/intervento sui disagi lavorativi e sulle relative azioni a supporto/sostegno.

 Analisi, definizione ed attuazione dei processi formativi e di ebn/ricerca scientifica infermieristica, coerenti ai modelli organizzativi e professionali.  Cura, mantenimento e sviluppo di relazioni professionali ed interprofessionali

positive e collaborative, atte a rafforzare la valorizzazione professionale e la missione aziendale.

2.3. RUOLO, FUNZIONI ED ATTIVITÀ’ DELL’INFERMIERE

DIRIGENTE

La direzione del Dipartimento Infermieristico/Ostetrico è affidata ad un dirigente del ruolo sanitario profilo infermieristico che garantisce lo sviluppo dei processi e dei programmi previsti attraverso l’espletamento delle funzioni di pianificazione, gestione, organizzazione, direzione, sviluppo del personale e del servizio, valutazione e controllo, andiamo ora ad esaminarle nel dettaglio.

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- Contributo alla definizione della missione e delle politiche aziendali attraverso l'espressione delle esigenze e del punto di vista della professione. - Definizione della missione e stesura degli altri documenti di pianificazione strategica della componente infermieristica del Dipartimento sulla base della pianificazione strategica aziendale e dei principi e delle finalità della professione. - Definizione della filosofia assistenziale e sua divulgazione tra gli operatori interessati. - Definizione dei parametri in base ai quali determinare le risorse umane necessarie per la realizzazione degli obiettivi del servizio, stabiliti in rapporto agli obiettivi aziendali. - Determinazione dei parametri base di riferimento per la determinazione dei contingenti di personale da assegnare a ciascun dipartimento.

• Gestione:

- Assegnazione del personale ai dipartimenti o alle unità operative sulla base della pianificazione, nonché di criteri e modalità di gestione definiti (tenuta dei modelli di servizio, articolazione degli orari di lavoro, adozione di linee guida, protocolli e

procedure in forma scritta).

- Attuazione dei criteri di gestione stabiliti a livello di direzione aziendale e di

Dipartimento Infermieristico/Ostetrico

- Contributo alla gestione del budget a disposizione della direzione Infermieristica/ostetrica per scopi quali le incentivazioni, il lavoro straordinario e la formazione permanente dei collaboratori.

• Organizzazione:

- Definizione dei modelli di organizzazione dell'assistenza infermieristica e del

servizio alberghiero.

- Adozione degli strumenti operativi di organizzazione dell'assistenza orientati alla centralità dell'utente e all'efficienza gestionale (linee guida, indicatori di risultato ecc.).

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volti ad applicare i principi di un'assistenza pianificata e personalizzata. - Messa in atto delle modalità organizzative per la risposta dell'azienda ai cambiamenti delle richieste di servizi espresse dal contesto ambientale.

• Direzione:

- Partecipazione alla direzione dell'azienda nelle forme stabilite. - Costante sostegno e rappresentazione dei valori professionali che si è scelto di privilegiare (responsabilità del proprio operato, sviluppo delle conoscenze,

umanizzazione dell'assistenza ecc.).

- Rappresentanza del servizio in incontri e riunioni con autorità locali, organizzazioni

sindacali, organizzazioni di volontariato ecc.

- Tenuta delle riunioni dei responsabili infermieristici di dipartimento, degli infermieri coordinatori di U.O. e del personale infermieristico e di supporto; partecipazione alle riunioni interdisciplinari a livello di direzione aziendale. - Promozione della motivazione del personale e della sua retention abbinando opportunamente all'uso dell'autorità formale relazioni interattive con i singoli collaboratori, per coinvolgerli nel perseguimento degli obiettivi aziendali. - Costante applicazione del problem-solving e del decision making alle problematiche manageriali.

- Adozione di una leadership situazionale, con preferenza, quando è possibile, per stili supportivi che creino relazioni di collaborazione e consentano la prevenzione o una proficua gestione dei conflitti.

• Sviluppo delle risorse umane:

- Concorso alla formazione di base e complementare degli infermieri attraverso lo svolgimento delle attività di insegnamento e/o l'identificazione delle sedi da accreditare per lo svolgimento del tirocinio. Programmazione ed eventuale partecipazione all' insegnamento e alla valutazione dei corsi di qualificazione degli

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OSS e degli OSS “con formazione complementare”. - Definizione delle priorità in tema di formazione permanente e aggiornamento professionale del personale. Programmazione, supervisione e valutazione di specifici interventi di formazione permanente e aggiornamento. - Definizione di percorsi e criteri per l'accoglimento, l'orientamento e l'inserimento

del personale neoassunto.

- Definizione di percorsi e criteri per lo sviluppo professionale del personale. - Promozione, supervisione e valutazione di iniziative di ricerca in campo assistenziale, alberghiero, organizzativo e diffusione dei loro risultati.

• Valutazione e controllo:

- Verifica del rispetto dei parametri utilizzati per l'assegnazione del personale. - Verifica dell'attuazione dei criteri e delle modalità di gestione del personale assegnato ai dipartimenti: tenuta dei modelli di servizio, articolazione degli orari di lavoro, utilizzo di procedure scritte, contenimento dei costi in termini di orario

straordinario e reperibilità.

- Definizione dei fattori che determinano la qualità dell'assistenza infermieristica e delle attività domesticoalberghiere. Attribuzione ai vari dipartimenti dei risultati attesi in termini di qualità e verifica del loro raggiungimento. - Definizione dei criteri per la valutazione del personale e concorso a essa (supervisione, intervento diretto in casi particolari, valutazione dei RID). - Adozione di provvedimenti disciplinari all' occorrenza, secondo le procedure

stabilite dall' azienda.

- Contributo alla stesura della relazione annuale sulle attività del Dipartimento.

La partecipazione del Dirigente infermieristico aziendale al governo dell'azienda sanitaria si esprime principalmente in incontri con il direttore generale e il direttore sanitario e nella partecipazione a riunioni del vertice aziendale nelle quali esporre dati, presentare proposte e contribuire a processi decisionali. Esperto nel dirigere i

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servizi di assistenza infermieristica e di supporto, quelli che il più delle volte assorbono il numero di gran lunga maggiore di risorse umane, e abituato ad avere rapporti con altre funzioni per i problemi relativi alla gestione delle altre risorse (spazi, materiali ecc.), l'infermiere dirigente può dare un contributo insostituibile a una considerazione olistica del sistema e alla creazione di sinergie fra le sue componenti. D' altro canto, la sua partecipazione alla direzione aziendale può garantire al servizio e alla professione infermieristica significativi vantaggi in termini di potere e di immagine. I contributi che l'infermiere dirigente può dare alla direzione aziendale sono:

- Definizione (e revisione all'occorrenza) della missione aziendale; un infermiere dirigente che sappia mantenere il contatto con il mondo dell'assistenza e con coloro che esprimono i bisogni del territorio di riferimento può favorire enormemente la definizione di una missione volta alla soddisfazione degli utenti. Sarà inoltre sua cura che tale missione evidenzi anche i principi che stanno alla base della cultura professionale infermieristica. A sua volta, istruirà il personale sulla missione dell'azienda e individuerà una missione del Dipartimento Infermieristico/Ostetrico a essa congruente.

- Pianificazione aziendale; l'infermiere dirigente condivide con gli altri componenti del vertice aziendale la responsabilità di una pianificazione coerente con la missione e della supervisione circa la sua messa in atto: idealmente essa si articola in piani pluriennali e in piani annuali a essi congruenti. E' inoltre responsabile in prima persona della stesura e dell'attuazione di piani per il servizio infermieristico coerenti con quelli dell'intera organizzazione.

- Qualità dell'assistenza; ad un vertice aziendale sicuramente preoccupato di ridurre i costi l'infermiere dirigente, pur condividendo l'impegno in tale senso, deve fare sempre presenti le esigenze di qualità dell'assistenza. Se ha promosso e coordinato iniziative di valutazione, è importante che esponga i dati relativi, che possono essere molto utili in

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vista delle decisioni da assumere. Il suo ruolo è comunque di esperto della qualità dell'assistenza infermieristica e delle attività domestico-alberghiere.

- Gestione finanziaria; in questo settore, che ha conosciuto grandi cambiamenti negli ultimi anni, l'infermiere dirigente ha il dovere di acquisire competenze che gli consentano di condividere le responsabilità dell'intera direzione aziendale. Ha inoltre il compito, da un lato, di ottenere il massimo di risorse possibile per l'assistenza agli utenti, dall' altro, di assumere o di condividere ragionevoli misure finalizzate all' utilizzo efficiente delle risorse finanziarie, oltre che umane, disponibili. - Relazioni con la comunità; è importante che l'azienda sanitaria abbia rapporti adeguati con la comunità di riferimento (incontri con organismi rappresentativi, campagne di stampa ecc.) sia per recepirne bisogni ed aspettative, sia per rendere visibili i propri obiettivi e le proprie attività. A tale proposito la dirigenza di una professione esercitata all' ascolto e alla comprensione dei bisogni, come quella infermieristica, può dare un grande contributo all' azienda.

- Sviluppo dell'azienda; è possibile che la visione aziendale contempli una crescita dell'organizzazione o di suoi settori negli anni futuri, in conformità con quanto previsto dalla missione. Altrettanto si può dire per la visione della componente infermieristica del Dipartimento infermieristico/Ostetrico, congruente a quella aziendale, che l'infermiere dirigente ha il compito di presentare e sostenere.

- Sviluppo del servizio; quanto sostenuto al punto precedente per l'intera istituzione si applica anche alla componente infermieristica del Dipartimento, in merito alla quale compete all' infermiere dirigente la presentazione di proposte valide e realistiche. Per essere tali esse terranno conto dei bisogni della popolazione e affronteranno le connesse problematiche cliniche, unitamente a quelle finanziarie e di politica sanitaria. Il “potere” del Dirigente Infermieristico è quello di proteggere, isolare la sua organizzazione dalle intemperie, oltre che di contrattare e gestire i flussi in entrata ed uscita di risorse, uomini, cultura e tecniche, avendo la capacità di prendere decisioni ed operare scelte in

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condizioni di incertezza e molto spesso di urgenza, valutando adeguatamente rischi e benefici. Per il Dirigente la gestione delle variabili organizzative, quali le risorse umane, le reti, i processi, la cultura, costituisce una delle principali aree di criticità ma anche di grande impatto sulle performance e sulla qualità dei servizi erogati. La sanità si evolve verso modelli organizzativi sempre più «circolari» e «liquidi» dove i fattori distintivi e premianti coincidono con la comunicazione, la fiducia, la flessibilità, la collaborazione ed il riconoscimento. La grandezza di una leadership si fonda sulla capacità di far leva sulle emozioni ed il compito fondamentale del leader è quello di innescare sentimenti positivi nelle persone che gestisce. Diventa pertanto di fondamentale importanza per l’elaborato del Dirigente l’impegno nel creare un clima organizzativo adeguato e positivo dove le persone si sentano accolte, ascoltate e valorizzate sia per quello che sono ma anche per il contributo che danno all’organizzazione, tenendo conto dei bisogni, degli interessi e del valore delle stesse, e promuovendo il loro adattamento al clima e alla cultura organizzativa.

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CAPITOLO 3

ANALISI ORGANIZZATIVA DEL PRONTO SOCCORSO

DI LIVORNO

3.1. MODELLO ORGANIZZATIVO PER PERCORSI OMOGENEI

Il nuovo modello organizzativo per percorsi omogenei del PS mira a integrare la valutazione di priorità e complessità per indirizzare il paziente al percorso idoneo fin dal momento del triage e rendere così più fluidi i processi interni al PS. All’avvio del percorso diagnostico-terapeutico si considera l’ambito di trattamento più idoneo sulla base delle caratteristiche clinico-assistenziali del paziente e del potenziale assorbimento di risorse.

La scelta del percorso rappresenta l'esito di una combinazione di più valutazioni: "condizioni cliniche e rischio evolutivo", "assorbimento di risorse", "bisogni assistenziali". Dalla combinazione delle tre dimensioni valutative discendono i percorsi descritti in Tabella 4.

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Il diagramma di flusso del sistema di triage (figura 1) con la tabella esplicativa delle risorse (tabella 5) evidenzia la differenza tra “risorse di tipo 1” e “risorse di tipo 2”.

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Tabella n.5 Fonte: Manuale di formazione del Sistema Triage Toscano(STT)

Le linee di attività sono costituite dall'insieme delle risorse professionali, tecnologiche e strutturali utilizzate per il percorso clinico-assistenziale dei diversi gruppi di pazienti. Sono realizzate in aree funzionalmente dedicate, dimensionate in relazione alla previsione della domanda, organizzando elementi di flessibilità gestionale per consentire un agile adattamento del dimensionamento dei diversi percorsi ai picchi di distribuzione dei pazienti. Deve essere chiaramente identificata ed assicurata nelle 24 ore la funzione di modulazione del dimensionamento delle linee di attività in relazione alla domanda.

All'interno del PS vengono individuate tre linee di attività: • Linea di attività ad alta complessità

• Linea di attività a complessità intermedia

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- Codici Minori (con medico) ;

- See & Treat (gestito dall’infermiere, a Livorno non attivo) ; - Fast Track (invio diretto dal triage alla gestione specialistica).

3.1.1. LE RISORSE

Lo scopo della lista (tabella 5) è di assistere gli infermieri di triage per una rapida ed accurata classificazione dei pazienti nei cinque livelli.

Nel processo di triage la valutazione della dimensione “assorbimento di risorse” viene effettuata per separare i pazienti nella distribuzione fra i codici 3, 4 e 5, mentre per l’attribuzione dei codici 1 e 2 sono considerate solo le condizioni cliniche ed il rischio evolutivo del paziente.

Le attività (risorse) vengono suddivise in due tipologie delle quali solo quelle di tipo 1 entrano nella valutazione per l’identificazione del percorso.

Per “risorse di tipo 1” si intendono gli esami strumentali, radiologici e di laboratorio, le consulenze specialistiche e tutte quelle prestazioni che indicano un più alto livello di complessità e/o richiedono un aumento del tempo di permanenza in PS del paziente. Sono invece considerate “risorse di tipo 2 o non risorse” tutte le attività semplici eseguite in PS che non determinano in misura significativa un allungamento del tempo di permanenza in PS.

3.1.2. DIAGRAMMA DI FLUSSO SISTEMA DI TRIAGE

Ogni passo dell'algoritmo guida l'infermiere verso le valutazioni e le domande appropriate da porre, da porsi, o verso il tipo di informazioni da raccogliere. Sulla base

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dei dati o delle risposte ottenute, viene diretto alla fase successiva e infine alla determinazione di un livello numerico di triage.

L'algoritmo prevede tre fasi con punti di decisione: A, B e C.

I punti di forza di questo algoritmo vogliono essere sia la sua relativa semplicità sia la sua capacità di differenziare pazienti più critici/acuti che necessitano più di risorse tipo 1, da quelli con problemi più semplici che solitamente hanno bisogno al massimo di due risorse tipo 1 o risorse di tipo 2. Il nuovo metodo è stato pensato per assegnare la massima priorità nel minor tempo possibile e lavora senza richiedere o prevedere alcuna ipotesi diagnostica medica.

3.2. IL PROCESSO DI TRIAGE

Diversamente dal PS organizzato per codice di priorità, nel nuovo modello il paziente viene accolto in base al suo bisogno clinico e alla complessità assistenziale. I percorsi di PS vengono definiti in base alle condizioni cliniche del paziente e all'assorbimento delle risorse.

Il triage, quale primo momento di accoglienza e presa in carico sanitaria delle persone che giungono in PS, è una funzione infermieristica volta alla identificazione delle priorità assistenziali attraverso la valutazione della condizione clinica dei pazienti, del loro rischio evolutivo e dell’impegno di risorse stimato per il loro trattamento. Il triage definisce l’ordine di accesso al trattamento favorendo l’avvio del percorso appropriato secondo i PDTA adottati in ciascun PS. L’infermiere di triage gestisce la lista di attesa ed assegna ciascun paziente al percorso omogeneo ed ai singoli professionisti di riferimento.

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come obiettivo di attribuire un codice a tutti i pazienti che accedono al PS, individuando in modo rapido chi ha delle alterazioni dello stato di salute tali da metterne in pericolo la vita.

Nel sistema sanitario moderno il Triage rappresenta uno strumento essenziale dei Servizi di Emergenza e la sua metodica deve essere:

• di facile applicazione • di facile comprensione

• uniforme nella sua esecuzione.

Il processo si compone di aspetti di metodo scientifico, ragionamento diagnostico e riflessione critica, così come di esperienza pratica.

Il modello di triage implementato si basa sul triage globale, fondato cioè su un approccio olistico della persona che comporta una valutazione infermieristica in base alla raccolta di dati soggettivi ed oggettivi, alla considerazione di elementi situazionali significativi e all’effettiva disponibilità di assorbimento di risorse.

L’inizio del triage, ovvero la valutazione sulla porta, deve essere garantito il prima possibile e di norma entro 5 minuti a tutti coloro che accedono al PS.

Il triage comincia quando il paziente si rivolge all’infermiere di triage del PS. A partire da questo momento, documentato negli applicativi in uso al PS, inizia il tempo di attesa dei pazienti in PS.

Il tempo della valutazione complessiva del paziente non deve superare di norma i 5 minuti per gli adulti mentre per i pazienti pediatrici può richiedere un tempo ulteriore. In funzione del modello organizzativo promosso in ciascuna struttura e della logistica di arrivo dei pazienti al PS, può rendersi necessario un momento di indirizzamento al triage, ascrivibile all’ambito dell’accoglienza e realizzato con personale amministrativo,

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volontario, OSS. Questo momento può avere valenza “protettiva” nei confronti della funzione di triage, per gestire diversamente eventuali richieste di informazioni sulle altre strutture dell’ospedale. In nessun caso tale momento deve essere sostitutivo del triage o avere funzione di filtro sanitario, ed anzi l’accoglienza deve essere funzionale al perseguimento della massima tempestività di contatto tra il paziente che accede al PS e i sanitari.

Gli obiettivi del triage sono:

• Accoglienza degli utenti che afferiscono presso i PS; • Identificare rapidamente le persone che necessitano di cure immediate e garantirne il

tempestivo avvio al trattamento;

• Attribuire a tutti gli assistiti un codice di visita che regoli l’accesso alle cure in relazione alla criticità delle loro condizioni, al possibile rischio evolutivo e

all’assorbimento di risorse;

• Sorvegliare le persone in attesa e rivalutarne periodicamente le condizioni; • Contribuire all’ottimizzazione del processo di cura della persona assistita all’interno del PS attraverso l’attivazione e l’inserimento del paziente nel percorso/area di

valutazione e trattamento più idoneo;

• Fornire assistenza ed informazioni pertinenti e comprensibili ad assistiti accompagnatori riducendo l’ansia e garantendone un’adeguata e costante presa in carico.

L’infermiere di triage deve essere in possesso di alcune caratteristiche definenti: -Formazione adeguata (corso specifico);

-Assegnazione stabile in PS;

- Esperienza lavorativa in PS (una volta assolto il periodo di prova) di almeno sei mesi; -CertificazioneBLSD;

-Capacità di assunzione decisionale; -Adeguato controllo dell’ansia;

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-Abilità dialettica.

L’organico di PS dovrebbe prevedere una dotazione di personale infermieristico

compatibile con il numero di accessi alla struttura, con la complessità delle patologie da trattare, tenendo conto anche della variabilità dei flussi giornalieri e stagionali.

L’infermiere di triage nella sua funzione può essere descritto come colui che è chiamato a compiere decisioni rapide e precise, è il primo contatto clinico per il paziente nel PS e parlando/valutando il paziente già in questa fase può contribuire ad alleviare l’angoscia e l'ansia sia dei pazienti, sia dei familiari.

La “decisione di triage” si rivolge a due gruppi di persone:

✓ Gli utenti: quali dei pazienti afferenti è maggiormente complesso/prioritario rispetto ad altri

✓ I sanitari: quali pazienti tra quelli che accedono è più grave/acuto rispetto ad altri e quindi di quali dovranno prendersi cura per primi.

Questo ruolo rende l’infermiere di triage centrale nella gestione contemporanea di molteplici attori nei processi di accoglienza, cura ed assistenza (pazienti, familiari, soccorritori, infermieri, medici, operatori di supporto). E’ perciò indispensabile che, per il buon svolgimento di tale attività, vi sia da parte di tutti i suoi interlocutori il riconoscimento di tale funzione, nei suoi aspetti decisionali e di responsabilità; è quindi necessario che l’infermiere di triage conquisti la fiducia, l’autorevolezza nei confronti di tutti i fruitori del servizio.

3.3. CODICI/ LIVELLI NUMERICI DI CODIFICA

L’assegnazione del codice è l’esito della decisione infermieristica formulata nell’ambito dell’attività di Triage ed è basata sugli elementi rilevati nelle fasi di valutazione soggettiva ed oggettiva. Ciò determina la priorità dell’accesso alle cure da attribuire al

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paziente in relazione alle sue condizioni cliniche, al rischio evolutivo e all’assorbimento delle risorse.

Nel modello proposto si adotta un sistema di codifica a 5 codici numerici , con codice da 1 a 5.

La nuova codifica consente di focalizzare l’attenzione sulle condizioni cliniche di emergenza, su quelle ad alto rischio evolutivo e sull’urgenza differibile, individuando l’ambito delle patologie da definire come urgenza minore o non urgenza.

Per ognuno dei 5 codici viene indicato anche il tempo massimo di attesa per l’accesso alle aree di trattamento, che va dall’accesso immediato per l’emergenza all’accesso entro 240 minuti per le situazioni di non urgenza.

Nella tabella 6 sono riportati i cinque livelli numerici, la loro denominazione, la loro definizione e i tempi massimi di attesa per l’accesso alle aree di trattamento.

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Il tempo di attesa ha termine quando un medico o un infermiere effettuano le prime attività previste dal PDTA. L’infermiere di triage ha la responsabilità delle persone valutate fino all’assegnazione del percorso specifico. La rappresentazione dei codici di triage prevede una numerazione crescente al decrescere dell’urgenza. Per l’infermiere di triage è importante capire che la responsabilità principale è di assegnare il livello corretto di triage. Un paziente che viene sottostimato può aspettare un periodo di tempo prolungato con il rischio di comportare esiti negativi per il paziente stesso (questo tipo di casi è quello più frequentemente coinvolto nelle controversie legali).

Gli infermieri di triage in assenza di una sufficiente esperienza lavorativa di PS possono essere a rischio di sovrastimare i pazienti. Anche se è sempre più sicuro l'over -Triage rispetto all'under -Triage, l'over -Triage presenta anch’esso il suo set di problemi: se un infermiere di triage, ad esempio, attribuisce la maggior parte dei pazienti come codice 2, non ci saranno posti/box disponibili per la gestione dei veri pazienti livello 1 e livello 2 quando ce ne sarà bisogno, e sia i colleghi medici che infermieri, inizieranno a perdere la fiducia nell'infermiere, nei livelli da lui attribuiti, ed eventualmente, nella validità del sistema di triage.

Non costituisce un valido motivo di modifica del livello di codifica attribuito la possibilità o l’effettivo allontanamento del paziente. Inoltre deve essere esercitata una notevole cautela quando una persona ha avuto più presentazioni uguali o simili: la frequenza delle presentazioni non deve influenzare l’assegnazione del codice di triage.

Infine si ricorda che i codici attribuiti in triage non sono responsabili dell’eventuale pagamento del ticket sanitario.

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