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Lo scavo di S. Croce del Corvo (Bocca di Magra, La Spezia): analisi preliminare dei reperti ceramici.

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(1)

And the time, too, goes on - till one perceives ahead a shadow-line warning one that the region of early youth, too, must be left behind.

(2)

PREMESSA

1

CAPITOLO 1 LO SCAVO DI SANTA CROCE DEL CORVO

3

1.1 PREMESSA 3

1.2 LE CAMPAGNE DI SCAVO 2004-2008 3

1.2.1 Introduzione ed obiettivi di lavoro 3

1.2.2 I sondaggi archeologici 5

1.2.3 La sequenza cronologica del sito 6

 Periodo I 7  Periodo II 7  Periodo III 7  Periodo IV 8  Periodo V 9  Periodo VI 10

1.3 SINTESI DEI DATI ARCHIVISTICI 10

1.3.1 Il monastero di Santa Croce (XII-XIV secolo) 10 1.3.2 L’abbandono del sito ed il passaggio alla Mensa Capitolare di

Luni-Sarzana (XIV-XV secolo) 11

1.3.3 La gestione dei possedimenti di Santa Croce nel XVI secolo 13

1.3.4 La ripresa monastica del XVII secolo 14

1.3.5 L’acquisto da parte della famiglia Fabbricotti (fine XIX

secolo) 15

CAPITOLO 2 IL CONTESTO CHIUSO DELLA TORRE DI SANTA CROCE

DEL CORVO

2.1 CRITERI DI SCELTA METODOLOGICA 19

2.2 LA SEQUENZA STRATIGRAFICA DELLA TORRE DI SANTA

CROCE DEL CORVO 20

2.2.1 Descrizione dell’edifico 20

2.2.2 La sequenza stratigrafica 25

2.2.2.1 Periodo III. La torre di Santa Croce del Corvo 15 2.2.2.2 Periodo IV. La chiesa di Santa Croce del Corvo 28 2.2.2.3 Periodo V. La nuova fase di occupazione monastica 30 2.2.2.4 Periodo VI. La residenza Fabbricotti 30 2.3.2.5 Periodo VII. L’abbandono definitivo e la trasformazione

in discarica 31 2.3 ANALISI DEI CONTESTI CERAMICI DELLA TORRE DI SANTA

CROCE DEL CORVO 32

2.3.1 Obiettivi e metodi 32

2.3.2 Analisi diacronica dei reperti 33

2.3.3 Analisi dei contesti ceramici per periodo 36

 Prima metà del XIII secolo 36

 Prima metà del XIII-inizio del XV secolo 38

 Inizio-seconda metà del XVI secolo 41

 Prima metà del XVI secolo 42

 Inizio del XVII secolo (entro 1630)-1892 44

(3)

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 48 APPENDICE 1 Schede di quantificazione reperti ceramicia 52

APPENDICE 2 Schede di reperto ceramico 74

BIBLIOGRAFIA 105

(4)

PREMESSA

Questo lavoro non necessita di particolari introduzioni, i temi trattati saranno affrontati puntualmente durante l’esposizione.

Quello che in questa sede mi preme realmente è salutare e ringraziare tutte le persone che, in questi due anni di forzato ritorno nel favoloso mondo dello studio (maledetto Dlgs. 163/2006...), mi hanno accompagnato, supportato e, soprattutto, sopportato.

E quindi, in ordine sparso ringrazio e saluto: Marcella, la mia splendida correlatrice; Paolo, amico e fratello; Carla, Eleonora e Cristina (che stampano sempre i miei lavori all’ultimo minuto); Marzia, perché il capo ha sempre ragione - anche quando non siamo d’accordo su cronologie ed interpretazioni; Marco, ancora una volta disponibile alla volata finale; Donatella, che, oltre a dirigere scavi, sa come aiutare gli amici; la mia famiglia (Enrico, Adriana, Claudio,

Stefania e Francesco); i miei nuovi amici e quelli che invece ho perso per strada.

Il grazie più grande però va a Roberta, che si è unita a me in questo viaggio folle, assurdo e sgangherato che è la mia vita.

(5)

2

ELENCO ABBREVIAZIONI

Archivi

A.P.A. Archivio Privato Arzela', Sarzana B.C.MS. Biblioteca Civica di Massa

B.S.S. Biblioteca del Seminario Vescovile di Sarzana

Fondi Archivistici

A.C.L. Archivio Capitolare Lunense

Sigle b. Busta c. Carta F Filza fasc. Fascicolo Abbreviazioni bibliografiche

Albisola= Atti del Convegno Internazionale della Ceramica, Albisola

CODICE PELAVICINO = LUPO GENTILE M.1912

(6)

3

CAPITOLO 1

1.1 PREMESSA

Il sito di Santa Croce di Bocca di Magra con i resti dell’omonima chiesa, nella cui abside, trasformata nel XVII secolo in cappella, si conserva il famoso Cristo ligneo risalente al XII secolo, ha suscitato grande interesse nella tradizione degli studi sin dalla seconda metà del XIX secolo1.

Un simile interesse si spiega, da una parte, con il fiorire sin da i primi anni del ‘900 di un vivace dibattito filologico sull’autenticità della cosiddetta “Epistola Ilariana”2- tale questione, tuttavia, esula dallo scopo della nostra ricerca3-. Quest’ultima ha reso famoso il nome Santa Croce per il riferimento al presunto soggiorno di Dante Alighieri in loco4.

La presenza di un’opera scultorea del XII secolo5, oggetto di profonda devozione popolare6 e, al tempo stesso, di grande valore storico-artistico, oltre ad avviare nuovi filoni di ricerca, ha contribuito ulteriormente a legare in maniera indissolubile i resti della chiesa con il monastero benedettino attestato dai documenti di archivio di XII-XIV secolo.

1.2 LE CAMPAGNE DI SCAVO 2004-2008

1.2.1 Introduzione e obiettivi di lavoro

L’apertura di un cantiere di scavo presso i resti della chiesa di Santa Croce del Corvo nasce dalla collaborazione esistente fra il Museo Archeologico del Comune della Spezia, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria e i Padri Carmelitani Scalzi, proprietari dell’area suddetta. L’intervento si configura, da una parte, come propedeutico ad più ampio progetto di ristrutturazione del sito ai fini dell’attività conventuale della comunità carmelitana ivi residente; dall’altra è

1

Primo fra tutti ad occuparsi della storia del monastero PODESTÀ1895. 2

Tra gli autori che presero parte al dibattito ricordiamo MAZZINI 1909,BIAGI 1910.

3

Per panoramica sulla questione, cfr. SILVESTRI 1982, pp. 431-440. 4

Giosuè Carducci compose sull’argomento un poema, cfr. G.CARDUCCI ,Opere, vol. I, pp. 178-179,

1857. 5

Il crocefisso di Santa Croce è considerato la più importante testimonianza scultorea, conservatasi in Liguria, dell’iconografia del Cristo Re che trionfa sulla morte, cfr. BAGGERO,DONATI 2004.

6 Sul tema vedi B

(7)

4 originato dalla volontà dei religiosi, committenti del lavoro, di ampliare le conoscenze sulla vicende storiche e cultuali del sito.

Santa Croce presenta una storia istituzionale ben delineata nei documenti antichi; basti pensare che, fino ad oggi, non erano emersi argomenti tali da mettere in dubbio la sequenza cronologica deducibile dalle fonti scritte7.

Ad una prima fase di occupazione monastica, collocabile tra la fine del XII secolo e la metà del XIV, sarebbe seguito un periodo di abbandono durato fino al XVII secolo, con la trasformazione in cappella di culto, ad opera del Capitolo di Sarzana, dei resti dell’abside dell’antica chiesa, in cui attualmente è collocato il monumentale crocefisso medievale.

I resti di chiesa e monastero subiscono poi ulteriori trasformazioni nella seconda metà del XIX secolo, quando vengono inglobati nella residenza della famiglia Fabbricotti.

Inoltre, studi di archeologia dell’architettura8, focalizzati sulla lettura stratigrafica delle evidenze superstiti della chiesa, avevano individuato per ampie porzioni (in particolare muro perimetrale sud e curva absidale) datazioni coerenti con la fase di fondazione (fine XII-inizio XIII secolo) e di vita del monastero (XIII-XIV).

L’obiettivo iniziale era, dunque, quello di investigare l’antica navata della chiesa, oggi adibita a cortile, e le aree scoperte adiacenti, che, secondo le informazioni disponibili, dovevano essere occupate da strutture pertinenti il monastero benedettino.

L’indagine dei bacini stratigrafici sepolti ha rivelato, come vedremo nei paragrafi seguenti, una realtà materiale differente.

Sono stati portati alla luce i resti di un impianto militare, costituito da una torre e da un terrapieno di rinforzo, riferibili al XIII-XV secolo; la datazione dei resti strutturali dell’edificio ecclesiastico, invece, risulta collocabile dopo la metà del XV secolo. Nessun resto materiale associabile al complesso monastico descritto dalla fonti storiche è stato rinvenuto.

7

Una valida sintesi delle vicende storiche del monastero è contenuta in SILVESTRI 1991, pp. 411-425 8

(8)

5

1.2.1 I Sondaggi archeologici

Gli interventi di scavo hanno sino ad oggi interessato: il settore occidentale della chiesa, situato di fronte all’abside (Sondaggio I); il settore orientale, nei pressi della facciata della chiesa stessa (Sondaggio II); il settore alle spalle dell’abside (Sondaggio IV); il cortile adiacente alla chiesa (Sondaggio III), il terreno ad uso agricolo ad Ovest della torre (Sondaggio V); il vano interno della torre medesima (Sondaggio V) (Fig. 1).

Fig. 1 - Planimetria del sito con posizione dei sondaggi archeologici

Nel dettaglio:

 Il primo sondaggio è stato impostato tenendo conto della carta del monastero elaborata da Matteo Vinzoni alla metà del XVIII secolo (fig. 2), allo scopo di verificare l’effettiva esistenza di murature ad oggi non più visibili9.

 Il secondo sondaggio è stato aperto con l’intento di indagare le fondazioni del perimetrale sud e, ancora, per identificare l’eventuale presenza di

9

(9)

6 strutture sotterranee nel lato nord del poggio, sul quale insiste il monumento.

 Lo scavo di una porzione dei terreni a ridosso della fascia esterna dell’abside ha avuto come obiettivo di verificare la contemporaneità delle fondazioni absidali stesse con quelle già indagate nei perimetrali e, inoltre, di individuare possibili fasi di occupazioni del sito più antiche.

 L’indagine nel cortile a nord della chiesa era fondamentale per confermare o meno la situazione proposta dalla carta di Vinzoni precedentemente citata, che ivi localizzava l’edificio monastico benedettino con annesso chiostro.

 L’intervento esterno alla torre è stato effettuato per fissare la cronologia della struttura, in origine ritenuta manufatto di importanza secondaria.  Il sondaggio all’interno della torre, infine, è stato realizzato al fine di

comprendere la fasi di vita e di abbandono della struttura.

1.2.3. La sequenza cronologica del sito

Nella realizzazione della periodizzazione di massima delle sequenze stratigrafiche dei vari sondaggi è stato necessario procedere ad una prima quantificazione per frammenti dei reperti ceramici con contestuale individuazione dei reperti diagnostici. I dati sono stati incrociati con datazioni al radiocarbonio, effettuate su campioni raccolti in fase di prelievo stratigrafico10, e con le indicazioni provenienti dalla documentazione di archivio edita (XIII-XV secolo) ed inedita (XV-XX secolo) (cfr. 1.3). I risultati ottenuti, è bene ribadirlo, sono preliminari e

necessitano di analisi di dettaglio per ogni contesto di scavo. Stante tale premessa, tuttavia si sottolinea che il successivo capitolo sarà incentrato esclusivamente sullo studio analitico del bacino stratigrafico indagato all’interno della torre (Sondaggio V).

Si riporta, di seguito, un quadro cronologico generale dei ritrovamenti effettuati nel sito.

10

Analisi effettuate presso il laboratorio CEDAD - Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università degli Studi di Lecce.

(10)

7  Periodo I

Sporadiche tracce di frequentazione, riferibili all’epoca romana (fine I a.C.-II. d.C.), nella zona ad Ovest della torre di Santa Croce (Sondaggio V).

 Periodo II

Resti di un edificio localizzato ad Ovest della torre realizzato con grossi blocchi di pietra scistoso lavorati a spacco e legati con terra. La struttura, conservata solo per gli ultimi due filari di fondazione, è stata obliterata dal cantiere di costruzione della torre. In mancanza di indicatori cronologici, il periodo può essere riferito ad un momento genericamente precedente alla prima metà del XIII secolo (Sondaggio V). Le operazioni di costruzione della torre obliterano anche una canaletta (US 725) tagliata nel substrato roccioso (Sondaggio VI).

 Periodo III (prima metà del XIII secolo - seconda metà del XV) Fase 1. Prima metà del XIII secolo

Attività pertinenti al cantiere di costruzione della torre11 (fossa di fondazione US 616; riseghe di fondazione US 637, 638; riempimento US 613). Il materiale ceramico proveniente dalla fossa di fondazione è riferibile alla prima metà del XIII secolo ed è, quindi, concorde con le indicazioni che si traggono dal sondaggio VI (cfr. 2.2.2.1).

È stato, inoltre, messo in luce il piano di calpestio appartenente a questa fase, US 615, datato, in base all’analisi al C14 di alcuni frustuli di carbone, al periodo 1260±50. L’incrocio tra indicatori ha permesso di pervenire ad una datazione calibrata di questa fase.

Fase 2. Prima metà del XIII – inizio del XV secolo

Attività relative alle fasi di vita all’interno della torre (cfr. 2.2.3.1). Nel

sondaggio II è stata portata alla luce, nell’angolo Nord-ovest della chiesa, una porzione di un terrapieno e di un fossato (US 129, 151-152; fig. 3), con muro di sostegno (US 108), che doveva circondare la torre. La struttura muraria, di forma poligonale é stata obliterata dalla successiva costruzione dell’edificio sacro. Il

11

La torre era stata precedentemente interpretata come intervento costruttivo della metà del XV secolo, sulla base di un affrettato esame dei rapporti stratigrafici con le strutture superstiti della chiesa di Santa Croce.

(11)

8 ritrovamento può essere posto in connessione con alcuni documenti d’archivio del 1286, che citano una torre vescovile sul poggio del Corvo, rinforzata in quell’anno da mura di cinta (cfr. 2.2.1).

Il fossato rimane in uso fino alla seconda metà del XIV secolo, come testimoniano le analisi al C14 effettuate su campioni di materiale carbonizzato proveniente dal riempimento (US 144,) di una fossa di scarico (US 146) tagliata nei livelli di vita del fossato stesso.

Fase 3. Inizio – seconda metà del XV secolo

Abbandono del volume interno della torre (cfr. 2.2.2.1), dismissione del fossato,

testimoniata da un consistente accumulo di sedimento limo-argilloso ricco di frustuli di carbone (US 130) (Sondaggio II). La presenza presso l’angolo Nord-Ovest dell’edificio (Sondaggio V), di una sepoltura di individuo adulto (US 619), datata al C14 1415±35, conferma il progressivo abbandono del fossato.

Sono, inoltre, genericamente ascrivibili a questo periodo i resti delle fondazioni di un edificio rettangolare posto perpendicolarmente al corpo della chiesa (US 346, 345, 352; US 336, 338, 339), individuati all’interno del sondaggio III. Il deposito stratigrafico, fortemente intaccato in epoca moderna da attività di asportazione (US 300, 305) e da sistemazioni ad uso agricolo (US 304, 333), non ha permesso di fornire una datazione puntuale. Dal punto di vista interpretativo, si evidenzia una mancata corrispondenza con le indicazioni cartografiche del Vinzoni (cfr. 1.2.1),

che poneva in quest’area un edificio di tipo monastico orientato con asse parallelo al corpo della chiesa.

 Periodo IV (Seconda metà del XV - 1568) Fase 1. Seconda metà del XV secolo

Il fossato viene riempito con materiali di scarico (US 125), tra cui elementi architettonici in pietra e marmo, e lastre di ardesia che potrebbero essere pertinenti all’alzato e alla copertura della torre. Questa fase può indicare le azioni di riempimento e livellamento del piano di calpestio. Le azioni appena descritte sono concomitanti alla costruzione della chiesa nelle forme tuttora evidenti. Infatti, i Sondaggi I e II hanno individuato un’attività di livellamento (US 27, 35; US 119, 121) del profilo del poggio su cui insiste l’edificio religioso. Le

(12)

9 fondazioni dell’abside si trovano ad una quota sensibilmente inferiore rispetto al resto del corpo della chiesa (dislivello tra ingresso e abside circa 4 metri). Le fondazioni dei muri perimetrali della chiesa sono state indagate in vari settori (ovest - US 137, 138; sud - US 111, 117; sud-est - US 41; zona absidale - US 511) e hanno rivelato che a diverse profondità poggiano tutte sugli strati rocciosi della collina di Santa Croce. E’ stato inoltre individuato un muro (US 8) trasversale al corpo della chiesa (andamento N-S), che divideva la zona absidale dalla navata, forse interpretabile come recinto presbiteriale, ai cui estremi si impostano i basamenti dei pilastri (US 21, 33; 40, 47, 48) per un arco trionfale (Sondaggio I). Contestualmente la torre viene trasformata in campanile (cfr. 2.2.2.2); strati di

abbandono/demolizione (US 610, 641, 611), localizzati ad ovest della torre confermano la sua definitiva dismissione.

Fase 2. Metà del XV secolo - prima metà del XVI

Nel sondaggio II sono state individuate tre sepolture (US 127, 131, 133) allineate lungo l’asse Est-Ovest presso i perimetrali della chiesa. Le sepolture erano sigillate dai resti di un pavimento realizzato in laterizi disposti di costa (US 116, 118). I volumi interni della torre vengono innalzati con il riporto di materiale detritico (cfr. 2.2.2.2).

I documenti di questo periodo attestano un utilizzo della chiesa di S. Croce da parte dei vicari del vescovo di Luni (cfr. 1.3.2).

Fase 3. Metà del XVI secolo (prima del 1568) - inizio XVII secolo (entro 1630)

Costituisce il momento di abbandono dell’edificio ecclesiastico di Santa Croce. Le Visite Pastorali forniscono un terminus ante quem dal momento che la chiesa nel1568 risulta ”discoperta et aperta” (cfr. 1.3.3).

 Periodo V (Inizio XVII (entro 1630) – 1867)

La curva absidale viene trasformata in cappella assumendo la conformazione ancora oggi visibile. Le carte d’archivio permettono di circoscrivere i restauri al periodo compreso tra il 1613 ed il 1630 (cfr. 1.3.4). Contestualmente i due bracci

(13)

10 Questa serie di interventi è motivata da una nuova stabile presenza religiosa sul sito.

I volumi interni della torre-campanile vengono adibiti a discarica (cfr. 2.2.2.3).

 Periodo VI. (1892–1935)

Con l’acquisto dei terreni circostanti la chiesa, da parte dell’industriale del marmo, Carlo Andrea Fabbricotti, avvenuta nel 1892 (cfr. 1.3.5), si susseguono

una serie di interventi edilizi volti a trasformare i resti del complesso di Santa Croce in residenza di famiglia, con i caratteri neogotici che ancora caratterizzano il sito. Appartengono a queste ristrutturazioni le opere di servizio individuate nel sondaggio IVb e nel sondaggio V; si tratta rispettivamente di un pozzo di raccolta delle acque nere, ubicato a Est della curva absidale, e di una cisterna di raccolta e canalizzazione delle risorse idriche.

Il fallimento della famiglia Fabbricotti, nel 1935, ed il successivo esproprio della tenuta di Santa Croce segnano la cesura con il periodo di successivo abbandono.

1.3 SINTESI DEI DATI ARCHIVISTICI

Contestualmente alle indagini archeologiche, si è intrapresa una rilettura delle fonti edite. Inoltre, sono state avviate ricerche archivistiche allo scopo di reperire ulteriori informazioni, utili per la ricostruzione della la storia del sito.

I dati emersi dalla prima fase di ricerca sono sintetizzati nei seguenti paragrafi.

1.3.1 Il monastero di Santa Croce (XII-XIV secolo)

La documentazione archivistica mostra le varie fasi di vita della piccola comunità monastica a partire dalla fondazione del 1176, quando Pipino, vescovo di Luni,

cede 32 giove12 di terra ad un monaco del Corvo per far edificare un monastero13, per passare, poi, all’affiliazione all’ordine benedettino14 ed ai successivi contrasti giurisdizionali con il Vescovato Lunense.

12

Una giova di terra era uguale a 3727,53 m2, pertanto 32 giove corrispondono a circa 12 ettari di terreno. Cfr. CAVALLI 1973, p. 133.

13

CODICE PELAVICINO, n. 542. 14

Nel 1186, a causa della mancanza di religiosi (personarum defectu iam fere penitum annullatum, il monastero (locum solitarium qui dicitur Corvus cum ecclesia eiusdem loci sancte Crucis) viene sottoposto alla Badia di San Michele degli Scalzi in Orticaria di Pisa, cfr. CODICE PELAVICINO, n. 541,

(14)

11 Intorno alla metà del XIV secolo, i religiosi abbandonano il sito per trasferirsi nella più sicura e confortevole sede della città di Sarzana15.Queste notizie costituiscono le ultime attestazioni riguardanti il monastero e l’attività dei frati benedettini, reperibili negli archivi ecclesiastici della Diocesi di Luni-Sarzana.

1.3.2 L’abbandono del sito ed il passaggio alla Mensa Capitolare di Luni-Sarzana (XIV-XV secolo)

Come è noto, il periodo dalla metà del XV secolo rappresenta un momento di fortissima crisi per il monachesimo benedettino. Si tratta di un fenomeno di diffusione europea che vede i monasteri svuotarsi e l’osservanza della regola farsi sempre più blanda. Gli effetti di tale tendenza sono evidenti anche in Lunigiana. Il monastero di San Caprasio di Aulla è già in forte declino dal primo decennio del XIV (privo di abate e con un solo monaco); il monastero di San Venanzio di Ceparana risulta occupato da monaci per l’ultima volta nel 1390; San Venerio del Tino, dopo una lunga decadenza, è privo di monaci a partire dal 142816.Durante questo frangente storico la Santa Sede, allo scopo di gestire ingenti patrimoni immobiliari altrimenti inutilizzati, ricorre al sistema della commenda, riservandosi la nomina diretta dell’abate per i monasteri rimasti vacanti.

Anche in questo caso la situazione della Lunigiana non fa eccezione rispetto al resto dell’Europa. Negli anni tra il 1420 San Venanzio di Ceparana viene dato in commenda; nel 1429 è il turno di San Venerio del Tino.

Stessa sorte tocca al Monastero di Santa Croce, che nel 1440 risulta in commenda al vescovo di Suda, Antonio Munoz17.

Negli anni a cavallo tra il 1440 ed il 1443 l’abate commendatario, appartenente all’ordine dei frati predicatori, è attivamente impegnato nel recupero e nella ricostruzione del patrimonio immobiliare del monastero, danneggiato da abusi ed usurpazioni attribuibili ad un lungo periodo di abbandono ed incuria18.

15

Dalla documentazione archivistica si ricava, infatti, che l’ultimo atto notarile stipulato nel monastero di Santa Croce risale al 1342 (A.C.L., Filza T, n. 4) . I successivi negozi giuridici sottoscritti dai rappresentanti del monastero, datati 1350 e 1360 (A.C.L., Filza T, n. 5, 8 agosto 1350; Ibidem, T, n. 6, 8), sono redatti a Sarzana rispettivamente presso una casa d’abitazione appartenente al monastero e nel refettorio della cappella di Santa Croce.

16

BONATTI 2005. 17

A.S.C.S., Notai, Protocollo Antonio da Villa, 19 giugno 1440, in BONATTI 2005. 18 B

(15)

12 Nel 1443, alla morte del vescovo Antonio, il priorato di Santa Croce viene assegnato in commenda al Canonico Lunense Francesco Taddei da Giogavallo19. In virtù dell’attività del canonico Francesco, nel 1453 si giunge all’accordo con la Santa Sede per lo smembramento del Priorato di Santa Croce dal Monastero pisano di San Michele degli Scalzi in Orticaria di Pisa, la soppressione dell’ordine regolare e l’annessione alla mensa del Capitolo Lunense20.

Questo accordo rientra in una serie di provvedimenti concertati con la Santa Sede, a cui capo in questo periodo troviamo il pontefice sarzanese Niccolò V, anch’egli interessato a ricostituire il patrimonio del Capitolo, fortemente compromesso dalla vicende politiche e militari degli anni 1420-1450. In questo caso l’intervento papale era volto al sostentamento delle distribuzioni quotidiane dei canonici del Capitolo, al fine di rendere più agevole l’esercizio del culto divino21.

Nonostante i provvedimenti della Santa Sede e l’attività degli abati commendatari, prima, e del Capitolo Lunense, poi, la chiesa ed i possedimenti di Santa Croce risultavano ancora oggetto di contesa con la famiglia Campofregoso. Le carte del Capitolo della seconda metà del XV mostrano, infatti, lo sforzo profuso dall’ente ecclesiastico per assicurarsi il pieno possesso e godimento della chiesa di Santa Croce e dei suoi beni immobili.

Già il 27 agosto 1449, in una lettera del Doge di Genova, Ludovico de Campofregoso, al cugino Galeazzo, Governatore di Corsica, quest’ultimo veniva esortato a restituire il beneficio di S. Croce del Corvo al suo legittimo possessore, il canonico Francesco de Giovagallo, vicario del vescovo di Luni22.

Nel 1455 è il Papa stesso a fare nuove pressioni su Ludovico di Campofregoso perché convinca il cugino Galezzo a riconsegnare il priorato di Santa Croce al Capitolo Lunense23.

Malgrado l’intervento del pontefice, i contrasti non possono dirsi appianati fino al 1462 quando, dopo una lunga trattativa culminata con un accordo di permuta di

19

A.C.L., F. T, n. 9, 13 novembre 1443. Il luogo di Santa Croce risulta campestre e privo monaci. 20

A.C.L., F. T, n. 10, 19 giugno 1453; Ibidem, n. 11, copia. Il priorato è definito campestre e senza cura d’anime. 21 VECCHI 2000. 22 SILVESTRI 1991, p .423. 23 A.C.L., F. T, n. 13, 20 luglio 1455.

(16)

13 terreni con il Campofregoso stesso24, i rappresentati del Capitolo cominciano a stipulare contratti di locazione per i beni della Chiesa di Santa Croce25.

Risolte tali divergenze, subentrano, tuttavia, nuove controversie di tipo giurisdizionale con la vicina Pieve di Ameglia, fomentate dalla Signoria degli Sforza, all’epoca dominante nel territorio in questione. Il 27 gennaio 1462 è lo stesso Fracesco Sforza, duca di Milano, a richiedere al vescovo ed ai canonici di Luni il conferimento al rettore della Pieve di Ameglia de “la chiesa e le terre di

Santa Croce del Corvo”26. Ne segue una lunga causa, conclusa solo nel 1468, quando i canonici del Capitolo ottengono finalmente la piena disponibilità del beneficio27.

1.3.3 La gestione dei possedimenti di Santa Croce nel XVI secolo

Il possesso del Priorato di Santa Croce consente ai rappresentanti del Capitolo di trarre introiti dalle locazioni di un patrimonio immobiliare consistente. Infatti oltre i terreni della zona del Corvo, erano inclusi nel benefico sia terreni nelle pertinenze di Ameglia e Barbazzano (nei pressi di Tellaro), sia appezzamenti sulla sponda sinistra del fiume La Magra, nel distretto politico di Massa.

Le fonti estimali della seconda metà del XV secolo forniscono un quadro generale che descrive, da una parte, i terreni circostanti la chiesa come ampi possedimenti, caratterizzati da castagneti e boschi; dall’altra, i terreni concentrati nella contigua porzione in piano, indicata dal toponimo l’Angelo, adibiti ad orti e vigneti.

Il quadro ambientale è sostanzialmente confermato per tutto il secolo successivo dai contratti di affitto, nei quali le terre di Santa Croce risultano ancora mantenuti prevalentemente a castagneto e bosco.

Per tutto il periodo che va dalla seconda metà del XVI a quella del secolo successivo, le fonti archivistiche non registrano una presenza stabile di religiosi

24

A.C.L., F. M, n. 94, 1461. Per le altre fasi della trattativa, cfr. Ibidem, Massarie, F. 1, n. 8, coperta, 1457, Testimonianze per la determinazione dei confini dei possessi di S. Croce in spoda sinistra della Magra alla presenza di Ludovico e Galeazzo Campofregoso; Ibibem, F. T, n. 14, 25 febbraio 1459,

Terre della Chiesa di Santa Croce coi suoi confini da affittarsi.

25

A.C.L., F. T, n. 18, 24 febbraio 1462. 26

A.C.L., F. T, n. 17. 27

Per le fasi processuali, v. A.C.L., F. T, nn. 18-38; per una disamina completa e sintetica della vicenda, cfr. VECCHI 2000, pp. 569-70.

(17)

14 nella chiesa e nel luogo di Santa Croce del Corvo. Una simile situazione deve aver comportato una mancanza di manutenzione dell’edificio, causandone il progressivo deterioramento. Le Visite Pastorali del 1568 descrivono, infatti, lo stato del luogo con uno scarno ma efficace commento: “Notavimus de ecclesia

Sancte Crucis quod discoperta et aperta”28.

A riprova di quanto detto, le fonti di questo periodo evidenziano lo stato di rovina della chiesa e, per i membri del Capitolo, le difficoltà di celebrare le funzioni religiose in un luogo distante da Sarzana - “propter eius ruinam, et loci distantiam

celebrari commode non possint”. Proprio per questi motivi nel 1572 viene disposta

la traslazione dell’altare di Santa Croce dal Corvo alla cattedrale di Santa Maria di Sarzana. Il provvedimento stabilisce, tuttavia, che la festa della Santa Croce del 3 di Maggio sia ancora celebrata presso la chiesa del Corvo dal Vescovo o dal suo Preposito29

.

1.3.4 La ripresa monastica del XVII secolo

La situazione cambia quando nel 1613 troviamo la chiesa di Santa Croce e le sue pertinenze affidati a tre padri eremiti, che ne avevano richiesto l’uso per esercitare la propria vocazione all’eremitaggio30.

Dalla lettura delle clausole dell’accordo, la scelta di concedere l’uso del luogo sembra principalmente dettata dalla necessità di restaurare l’edifico sacro e mantenerlo in uso, in modo da impedire il lento ed costante processo di degrado del sito. A questa necessità pratica si accompagna anche quella devozionale di far rivivere il culto della Santa Croce.

La descrizione dello stato di conservazione del sito non lascia dubbi, la chiesa è definita “quasi tota diruta, et ruinosa”.

I tre frati, “Georgio Sacerdote Alemanno”, “Francesco Cataro cive Patavino” e “Petro de Carraia” ottengono dunque “il semplice uso et habitatione e godimento

di quella chiesa, con casetta, che tiene unita, et adherenze: con patto però, che

28

CAVALLI 1967. 29

A.C.L., Volume F, Libro di locazione, c. 84v-85, 11 Luglio 1572, Procura per la richiesta di traslazione.

30

A.C.L., Volume Q, Locazioni, cc. 70-72, 22 Agosto 1613, Capitula facta inter presentes Illustres et

Reverendos Reverendos Dominos Dominos Canonicos et Reverendos Dominos Patres Heremitas pro ecclesia Sancte Crucisde Corvo.

(18)

15

siano obligati a restaurare, e l’altra nel modo che si dirà in appresso, et in guisa, che nella chiesa si possa celebrare la santa messe, et recitare li divine offitij, e la casa, che si possa habitare secondo, che più opportuno parerà loro” e di riservarsi

il pieno possesso dei beni materiali della chiesa.

Come forma di finanziamento per il vitto e per le opere di restauro, viene accordato agli eremiti il pieno possesso delle elemosine riscosse nella Diocesi31. Ai Padri è riconosciuta, inoltre, la facoltà di accogliere altri eremiti (in un numero non superiore a 4). La concessione, tuttavia, è valida solo con i tre firmatari per tutta la durata della loro vita: scaduto tale termine, il Capitolo ritorna in pieno possesso dei propri beni.

Ai Padri di Santa Croce è vietato di aderire ad altri enti monastici; essi hanno, altresì, l’obbligo di indossare la veste bianca con il simbolo della Santa Croce in rosso.

Per quello che riguarda l’adempimento del cerimoniale religioso, oltre alle funzioni quotidiane, gli eremiti sono tenuti a celebrare una messa al mese per i benefattori, mentre i rappresentanti del Capitolo si riservano il compito di officiare le cerimonie sacre in occasione delle “feste di Santa Croce di Maggio, e

di Settembre”. Viene inoltre citato un precedente accordo con l’“istesso Frà Pietro nominato, et Frà Gerolamo Lusolli”. Non sappiamo quando questo accordo

sia stato stipulato, né se ve ne siano precedenti. Il documento in questione al momento non è stato rinvenuto, ma ciò non deve stupire vista la mole dell’Archivio del Capitolo e la frammentazione in volumi spesso non contigui, in gran parte dovuta agli archivisti del XVII e XVIII secolo, di documenti pertinenti gli stessi argomenti. In attesa della prosecuzione delle indagini archivistiche, sembra lecito ipotizzare una datazione non anteriore al 1572, anno della traslazione dell’altare di Santa Croce, quando, come precedentemente evidenziato, la chiesa risultava priva di una presenza religiosa stabile.

La formula di gestione sperimentata doveva aver soddisfatto le aspettative dei membri del Capitolo visto che, nel 1621, dopo l’esame della condotta morale e materiale del richiedente, viene rinnovata la concessione d’uso della chiesa di

31

Il Vescovo concedeva apposite patenti per gli addetti alla riscossione delle elemosine per conto dei padri eremiti, cfr. A.V.L., Filze Parrocchiali, F. 13 bis/2, Montemarcello, n. 27, 21 luglio 1614, Licentia

(19)

16 Santa Croce a “Gaspare Catalano da Padova hora Heremita a Santa Croce sotto il

nome di Frà Francesco”32.

La stipula33 presenta clausole sostanzialmente uguali a quelle del precedente accordo, anche se è evidente l’intento di rafforzare il controllo, al meno dal punto di vista formale, del Capitolo Lunense sull’attività della comunità monastica.

Il numero massimo di membri della comunità è stabilito in ragione di quattro unità, compreso Frà Francesco; l’accoglienza di nuovi eremiti, è vincolata all’approvazione capitolare. Si stabiliscono inoltre le norme per l’elezione del Priore della comunità (figura non contemplata nel precedente accordo del 1613): elezioni entro 6 giorni dalla festa di Santa Croce di Maggio con l’assistenza da parte di due canonici del Capitolo e del notaio; voto segreto; non reiterazione della carica senza approvazione da parte del Capitolo stesso.

Al concessionario è infine richiesta entro breve termine la presenza di un compagno, pena il decadimento dei diritti.

La presenza degli eremiti al Corvo si interrompe, probabilmente per la morte dell’ultimo Padre concessionario e la mancanza di nuovi richiedenti, per un periodo che va dal 1630 al 1649. Durante questo periodo l’uso della Chiesa viene concesso, insieme all’affitto dei terreni pertinenti il beneficio di Santa Croce, nella giurisdizione di Ameglia e Montemarecello, al Canonico del Capitolo Lunense Prospero Federici del fu Augustino e ad i membri della famiglia di suo fratello Filippo, fino alla terza generazione34.

La politica del Capitolo di questo periodo è evidenziata dalle motivazioni della concessione in uso: lo scopo è evitare la cancellazione del nome e del titolo della chiesa - “eccleisia sub antiquo vocabulo S.te Crucis de Corvo nuncupatatur et non

deleatur nomen titulum et vocabuli prediciti”.

Il documento descrive l’edificio ecclesiastico del Corvo come gravemente danneggiato e privo di alcune porzioni perimetrali - “apparet nisi reliquijs

murorum vetustate diruptorum” circondactus”, mentre la porzione absidale

32

A.C.L., Liber deliberationum Rev. Capituli ab anno 1583 usque ad anno 1710, cc. 42-42v, Supplicatio

impetrando loco Sancta Crucis de Corvo.

33

A.C.L., Volume Q, Locazioni, cc. 97v-99, 23 Ottobre 1621, Instrumento pro loco Sancte Crucis de

Corvo.

34

A.C.L., Volume Q, Locazioni, cc. 156-158v, 23 Aprile 1630, Livellum terrarum S.te + et Angeli D.

(20)

17 appare trasformata in cappella - “et pars cori eiusdem ecclesiae in modum

cappellae tectae” 35. La cappella del Corvo si presenta, dunque, nelle forme in cui ci è stata tramandata fino ai giorni odierni.

A quanto pare la presenza monastica nei precedenti decenni doveva aver in qualche modo arginato la decadenza del complesso del Corvo. Una traccia dell’efficacia delle attività dei padri eremiti sembra leggibile già nell’incipit dell’accordo del 1621, nel quale viene menzionato a chiare lettere lo stato di decadimento dell’edificio del Corvo anteriormente all’insediamento dei Padri stessi - “ecclesiam quondam diruptam sub titulo S.te Crucis”.

Di grande interesse per la comprensione dello stato del degrado del sito, è una relazione del “peritus faber cementarius”, Nicolao Bardo, allegata al negozio giuridico del 163036

. Nello stimare il valore dei fabbricati concessi in uso al Canonico Prospero Federici, vengono elencati i resti della facciata della chiesa di Santa Croce, del muro perimetrale sud, del braccio destro del transetto e della torre campanaria - “reliquiam parietis dicte ecclesie anterioris, et versum etiam

mare cum cappella diruta inde, et reliquia turris sacrae vulgo campanilie idem ecclesiae coherentis”.

Nel 1649, infine, troviamo la Chiesa di Santa Croce e gli adiacenti terreni coltivati ad orto affidati a due nuovi Eremiti richiedenti: “Nicolò Stagna di San Benedetto”

e “Francesco Hattilio dìlla Meglia”37. I capitoli di concessione ricalcano nelle forme e nei contenuti quelli degli accordi del 1613 e 1621 precedentemente descritti.

Allo stato attuale dell’indagine archivistica non sappiamo quanto sia durata la permanenza di questi nuovi eremiti, né se siano state fatte altre concessioni. Solo la prosecuzione delle ricerche potrà colmare questa lacuna.

35

Le condizioni, oltre il canone annuo d’affitto per i terreni stabilito in ragione di 300 lire genovesi, prevedono l’obbligo di celebrare, o far celebrare, nella cattedrale di Santa Maria di Sarzana le festività di precetto, con l’esclusione della ricorrenza dei morti. I canonici del Capitolo si riservano di officiare le cerimonie sacre al Corvo due volte all’anno, per la festa della Santa Croce di Maggio e Settembre. L’attenzione per il reperimento dei fondi per la manutenzione del complesso di Santa Croce in questo periodo è evidenziato anche da un provvedimento del 1636 contro il taglio ed il pascolo abusivo nella terre di Santa Croce, che destina la terza parte delle multe raccolte “alla

fabrica di Santa Croce”, in A.C.L., F. T, n. 46, 1606-1690, Lite contro Famiglia Barcavecchia e Eredi,

Allegato, 30 Settembre 1636, Decreto per li dannificanti nelle terre di Santa Croce. 36

A.C.L., Volume Q, Locazioni, c. 158v, 29 Maggio 1630. 37

A.C.L., Volume Q, Locazioni, c. 220v-221v, 27 settembre 1649, Concessione del luogo di Santa Croce fatta ad Eremiti con allegata la Supplica di Nicolò Stagna.

(21)

18 È un dato di fatto che, circa venti anni dopo, la cappella venga affidata alla custodia del religioso Don Egidio Cervia, come appare da un inventario del 1671 redatto in questa occasione38: il sacerdote risulta aver ottenuto, per l’appunto, “la carrica per custodire questa santa cappella di S. Croce”. L’inventario, oltre ad evidenziare la scarna e semplice dotazione di suppellettili e arredo sacro, conferma il buono stato di conservazione della piccola cappella.

1.3.5 L’acquisto da parte della famiglia Fabbricotti

Nel 1872, a seguito dell’esproprio del Beneficio di Santa Croce, effettuato in base alla legge n. 3848 del 3 luglio 1867, l’industriale del marmo, Carlo Fabbricotti, acquista i terreni su cui sorgono i resti della chiesa del Corvo39 allo scopo di impiantarvi una fabbrica di soda caustica.

Venti anni dopo, nel 1892, fallita questa iniziativa, i possedimenti di Santa Croce vengono rilevati da Carlo Andrea, figlio di Carlo Fabbricotti, con il preciso intento di costruire una residenza per sé e per la sua famiglia40. In attesa dell’inizio dei lavori di costruzione, la famiglia si trasferisce temporaneamente presso la chiesa di Santa Croce, dopo averla fatta riadattare a villino con caratteri architettonici neogotici41.

A seguito del fallimento delle attività industriali di famiglia, le proprietà Fabbricotti passano al Monte di Paschi di Siena nel 193542. Tale data segna l’inizio di un periodo di abbandono del sito, che terminerà solo nel 1954, con l’acquisto della tenuta del Corvo da parte dell’Ordine dei Padri Carmelitani Scalzi della Provincia Ligure.

38

A.C.L., F. T, n. 51, 10 ottobre 1671, Inventario della robba di S. Croce consegnata a D. Egidio Cervia. 39

B.C.MS., b. 82, Comuni, Fasc. II. 40

B.C.MS., b. 29, Atti Notarili, Fasc. I, n. 13, 18 Aprile 1892. 41

I lavori furono realizzati tra l’ Aprile e Maggio 1892, cfr. A.P.A., Diari Fabbricotti, vol. IX, cc. 2128-2129, 2133.

(22)

19

CAPITOLO 2

2.1 CRITERI DI SCELTA METODOLOGICA

Come già discusso nel precedente capitolo, tra il 2006 ed il 2008 le ricerche si sono concentrate sulla struttura della torre impostata presso l’angolo Nord-Ovest della Chiesa di Santa Croce; il possente edificio militare è stata interessato da due sondaggi: uno all’esterno (sondaggio V) ed uno all’interno della torre (Sondaggio VI).

Fig. 1 – Planimetria del sito con localizzazione della torre

In particolare, lo scavo dell’interno della torre ha interessato l’intera superficie dell’ambiente (3x2.50 m), e analizzando un bacino stratigrafico della potenza di circa 4 m, che ha restituito una sequenza completa a partire dalle fasi precedenti la costruzione della torre (Periodo II) fino all’abbandono definito e alla sua trasformazione in discarica (Periodo VII).

(23)

20 La scelta di analizzare in questa sede i dati scientifici derivanti dal sondaggio VI è stata dettata dalla caratteristica di “contesto chiuso” e cronologicamente

coerente espressa dalla stratigrafia evidenziata. Infatti ci troviamo di fronte ad una precisa sequenza temporale scandita dai blocchi stratigrafici delle diverse US, discarica, riutilizzo come deposito, abbandono, fasi di vita e costruzione, fasi precedenti, alle quale si associano i diversi materiali presi in esame in questo lavoro.

La periodizzazione ottenuta sarà di notevole importanza al momento del riesame globale dei dati provenienti dai diversi sondaggi dato che, trattandosi di un deposito praticamente indisturbato da interventi di epoca moderna e contemporanea, fornisce un elemento di riferimento prezioso per tutta l’area.

2.2 LA SEQUENZA STRATIGRAFICA DELLA TORRE DI SANTA CROCE DEL CORVO 2.2.1 Descrizione dell’edificio

Attualmente la torre presenta un ingresso nell’angolo Nord-Ovest del cortile (in origine navata della chiesa quattrocentesca) prospiciente la cappella monumentale dove è conservato il cristo ligneo di Santa Croce.

(24)

21 Si tratta di un edificio a base quadrangolare con pronunciata scarpatura (8x8m nella parte basamentale; 6x6m nella porzione al di sopra della scarpa) contraddistinto da un’altezza residuale di circa 10m. L’accesso originario, situato nel prospetto Est, era collocato al piano rialzato ed è stato trasformato in finestrella tramite operazioni successive di tamponatura e ridefinizione.

L’apparecchiatura muraria è caratterizzata dalla messa in opera di pietre lavorate a spacco, organizzate in corsi pseudo-orizontali e legate con malta di calce di colore grigio e consistenza tenace; la litologia impiegata è quella del substrato roccioso della zona, appartenente alla serie degli scisti e delle filladi e contraddistinto da una gamma di colorazione che va dal rosso al violaceo al grigio. Sono presenti, inoltre, nei cantonali della porzione al di sopra della scarpatura conci in marmo con tracce di nastrino per la spianatura – si tratta con tutta probabilità di elementi di reimpiego.

La volumetria interna dell’edificio, accessibile attraverso un piccolo vano “ad elle” (1.50x0.95m ca.), consiste in un unico ambiente a pianta quadrangolare (3x3m ca.) in origine scandito da piani orizzontali realizzati con solai lignei, di cui sono ancora visibili i fori per gli alloggiamenti nelle murature perimetrali.

Lo stretto vano interno denuncia la natura non residenziale dell’edificio, che doveva svolgere funzione di punto di avvistamento. La posizione, a controllo della foce del Magra, area ad alta intensità di traffici commerciali, fa della torre elemento di grande importanza strategica per il controllo del territorio in epoca tardo medievale.

L’intervento di scavo ha interessato un interro profondo oltre 4m, mettendo in evidenza una successione stratigrafica determinata dalle diverse fasi di vita ed abbandono della torre.

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22 Fig.3 – Interno della torre di Santa Croce: Sezione Est-Ovest

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23 La torre risulta citata in 3 documenti del 12861, dove sono attestate l’esistenza di una turrim de Corbo e la costruzione di ulteriori apprestamenti difensivi intorno ad essa. Questi atti rappresentano le uniche occorrenze archivistiche di epoca medievale riguardanti la torre di Sant Croce fino ad oggi individuate, ma in un colpo solo ci forniscono tutti i dati necessari per comprendere la natura del manufatto: committenza, motivazioni, funzioni dell’edificio.

L’iniziativa, infatti, è da attribuirsi ad Vescovo di Enrico che, intenzionato a rinforzare le difese costiere e terrestri dei suoi territori, incarica il suo vicario di realizzare l’opera. Le motivazioni del presule lunense risiedono nel timore di attacchi da parte dei genovesi in un quadro di evidente instabilità politica.

1

CODICE PELAVICINO, n. 32, 16 marzo ind.14 1286; n. 33, 18 marzo ind. 14, 1286; n. 34, 19 marzo, ind.14 1286.

(27)

24 Fig. 4 – Rilievo fotogrammetrico del Prospetto Ovest con in evidenza le porzioni di fondazione

(28)

25

2.2.2 La Sequenza Stratigrafica

2.2.2.1 Periodo III. La torre di Santa Croce del Corvo

Prima metà del XIII-seconda metà del XV secolo

 Fase 1. Prima metà del XIII secolo

In questa fase si concretizza la costruzione della torre a scopo militare.

L’indagine archeologica ha evidenziato che le scelte di cantiere sono state fortemente condizionate dalla morfologia del sito. La collina su cui sorge l’edificio, infatti, è caratterizzata, a livello di struttura geologica, da un substrato roccioso con giacitura fortemente inclinata in direzione nord, ovest e sud, mentre la porzione ovest in apparenza presenta un andamento più pianeggiante, e proprio per questo deve essere stata scelta per impostare le fondazioni dell’edificio. Sono state così adottate soluzioni tecniche differenti per la costruzione dei quattro lati della torre. Le fondazioni infatti non poggiano su una superficie omogenea e pianeggiante, ma in parte su roccia in posto e in parte invece sono alloggiate in una trincea di fondazione.

Le porzioni inferiori Ovest (US 744) e Nord (US 743) dell’edifico sono costruite sopra una potente (oltre 120cm) gettata di pietre e laterizi legati con malta di calce grigia (US 729), messa in opera con un taglio di andamento Nord-Sud e Est-Ovest (US 734, 737), mentre il lato Est (risega US 738/struttura US 744) poggia direttamente sul substrato geologico US 726. Ancora diverso è il caso del perimetrale Sud, che nel suo tratto ad Ovest (US 741) poggia sulla gettata US 729 e ad Est parzialmente sul suolo naturale, e si appoggia all’adiacente US 740. Questa struttura muraria si fonda su una limitata risega (US 739) a contatto direttamente con US 726 e risulta stratigraficamente la prima porzione della torre ad essere stata edificata.

La sostanziale omogeneità di US 740 nella tessitura, nella pezzatura e nei materiali utilizzati rispetto alle altre porzioni murarie (US 741, 743, 743, 744) inducono a pensare che si tratti di una “pausa di cantiere”, piuttosto che di una preesistenza.

Le motivazioni di una simile cesura posso essere di varia natura (politiche, militari, economiche), ma vista la morfologia del sito descritta in precedenza, sembra probabile che in corso d’opera ci si sia resi conto dell’impossibilità di sfruttare una porzione abbastanza ampia di substrato roccioso pianeggiante per

(29)

26 impostare le fondazioni. Da qui l’interruzione dei lavori di realizzazione del setto US 740, necessaria per realizzare le opere di regolarizzazione e colmata dei dislivelli della stratificazione geologica.

Le operazioni di costruzione di US 740, 743, 744, inoltre, comportano l’obliterazione di una canaletta con andamento SudEst-NordOvest (US 725) pertinente al precedente Periodo II.

(30)

27 Fig. 6 – Particolare del rilievo fotogrammetrico del Prospetto Ovest

 Fase 2. Prima metà del XIII – inizio del XV secolo Fase 2a. Prima metà del XIII – fine del XIV

Corrisponde alla fase di vita della torre ed è costituita da una serie di strati con giacitura orizzontale. Nella sequenza si sovrappongono strati di accumulo (US 721), di scarico/crollo di materiai edilizi (US 717, 718), di discarica/butto (US 716 - caratterizzato dalla presenza di resti di pasto, quali avifauna e malacofauna) e di accrescimento (US 715).

Fase 2b. Fine del XIV - inizio del XV secolo

Dopo la formazione di US 715, viene messo in atto un intervento di riorganizzazione della lato Est della porzione inferiore dell’interno della torre, realizzato attraverso la parziale asportazione di sedimenti più antichi (US 718,

(31)

28 716, 715) e loro contenimento con struttura a gradoni messa in opera a secco (a. 713) al fine di recuperare l’accessibilità al livello inferiore, dove si nota la presenza nell’angolo Nord-Ovest di un piccolo pozzetto di scolmo di conformazione quadrangolare (a. 719). US 712, connotata dalla presenza di resti di pasto (avifauna e malacofanuna) e ossa di piccoli roditori, costituisce lo strato di frequentazione/accrescimento di questa nuova sistemazione.

Fig. 7 - Particolare della Sezione Est-Ovest con in evidenza la riorganizzazione del lato Est del vano

 Fase 3. Inizio – seconda metà del XV secolo

In questa fase è riconoscibile il momento di abbandono della torre; la stratigrafia è contraddistinta da una strato con giacitura inclinata in direzione Est-Ovest (US 714) costituito da materiale detritico (pietre, laterizi, scaglie di ardesia, grumi di malta di calce in giacitura caotica), che va ad obliterare la porzione del vano soggetta a riorganizzazione nella precedente fase 2b.

2.2.2.2 Periodo IV. La chiesa di Santa Croce del Corvo Seconda metà del XV - 1568

 Fase 1. Seconda metà del XV secolo

Rappresenta il periodo di costruzione della Chiesa di Santa Croce. Dopo una fase di abbandono, la torre viene inglobata nell’angolo Nord-Ovest della chiesa di nuova edificazione e trasformata in torre campanaria.

La struttura difensiva viene così ridotta in altezza (accelerando un processo di crollo probabilmente già in corso); si procede all’apertura di un’entrata nel muro perimetrale Sud, in corrispondenza del piano di calpestio del nuovo edificio

(32)

29 religioso, demolendone la muratura e creando così il vano di accesso di conformazione “ad elle” che a tutt’oggi contraddistingue l’edificio.

Fig. 8 - Particolare del prospetto Est con in evidenza l’apertura nella muratura per la creazione del nuovo accesso (sin.); Particolare del prospetto Sud in rosso l’innesto della muratura della facciata

della chiesa (des.)

 Fase 2. Prima metà del XVI secolo

Durante la fase di vita della chiesa, la stratigrafia evidenzia un’azione di discarica/livellamento costituito da materiale detritico (US 711) contenente materiale ceramico di XIV-XV secolo proveniente sia della sottostante stratigrafia, che dall’area esterna, e probabilmente destinata ad innalzare il piano di calpestio all’interno della torre campanaria. L’US presenta un’interfaccia con andamento concavo nella porzione centrale, colmato e livellato dal soprastante strato argilloso compatto US 710.

 Fase 3. Metà del XVI secolo (prima del 1568) - inizio XVII secolo (entro 1630)

Costituisce il momento di abbandono dell’edificio ecclesiastico di Santa Croce. Le Visite Pastorali forniscono un prezioso terminus ante quem dal momento che a chiesa, nel1568 risulta ”discoperta et aperta”2.

2 C

(33)

30

2.2.2.3 Periodo V. La nuova fase di occupazione monastica Inizio XVII (entro 1630) – 1867

Questo periodo è costituita da uno potente strato di discarica (US 709) depositatosi progressivamente per tutto l’intervallo di tempo compreso tra il XVII ed il XVIII secolo; in questo periodo la torre non risulta sottoposta da opere di manutenzione e frequentata sporadicamente. Contestualmente le fonti di archivio sottolineano una nuova presenza stabile, di stampo religioso, sul sito ed interventi di ripristino e riadattamento della porzione Est della chiesa, che diviene dunque la sola porzione del sito frequentata in maniera continua; l’abside della chiesa viene trasformato in cappella, e dei due bracci del transetto, defunzionalizzati e convertiti ad uso abitativo.

2.2.2.4 Periodo VI. La residenza Fabbricotti 1892 – 1935

Con l’acquisizione dei terreni circostanti la chiesa da parte dell’industriale del marmo Carlo Andrea Fabbricotti, avvenuta nel 1892, si susseguono negli ultimi anni del secolo una serie di interventi edilizi volti a trasformare i resti della chiesa di Santa Croce in residenza di famiglia. Nell’ambito di questi lavori la torre-campanile viene dotata di tetto ad una falda (copertura realizzata in tegole marsigliesi e lastre di ardesia) ed il vano interno pavimentato in laterizi posati in opera di piatto (US 703) su un vespaio di preparazione (US 707), che a sua volta insiste su un piano di frequentazione (708) che sigilla il periodo sottostante. Si accede al piccolo edificio così ricavato attraverso un ingresso con soglia in ardesia (US 706) ed un vano di accesso pavimentato in lastre di marmo bianco (US 705). Il fallimento della famiglia Fabbricotti nel 1935 ed il successivo esproprio della tenuta di Santa Croce segnano la cesura con il periodo successivo.

(34)

31 Fig. 9 – Rilevo fotogrammetrico della pavimentazione di fine XIX secolo (ambiente 3x3m)

2.2.2.5 Periodo VII. L’abbandono definitivo e la trasformazione in discarica 1935 – 2006

Per tutta la durata del scorso secolo ed fino al 2006 (anno dell’apertura del sondaggio VI) il volume interno della torre, non più soggetto ad interventi di ripristino e manutenzione (come evidenzia il crollo tetto - US 701), viene adibito prima a deposito di materiali edilizi di recupero (US 702) e, successivamente al crollo della copertura, ad area di scarico rifiuti (US 700) ed infine a deposito di materiali refrattari.

(35)

32

2.3 ANALISI DEI CONTESTI CERAMICI DELLA TORRE DI S. CROCE DEL CORVO 2.3.1 Obiettivi e metodi

I reperti archeologici presi in esame risultano costituiti in massima parte da frammenti ceramici di pezzatura variabile tra 2/3 e 25cm; sono presenti inoltre alcune forme intere quasi totalmente ricomponibili, o di cui è stato comunque possibile rilevabile l’intero profilo.

Nella prima fase di lavoro si è proceduto al lavaggio, alla siglatura e alla documentazione fotografica, con apposito riferimento metrico, di tutto il materiale oggetto di analisi.

Successivamente per ogni US è stata effettuata una quantificazione per numero di frammenti ripartiti per classe ceramica3, funzione d’uso, decoro e luogo di produzione. Il grado di dettaglio dell’analisi quantitativa è stato successivamente affinato procedendo alla conta del numero minimo di individui (n.m.i.) rilevabile in funzione degli attacchi riconoscibili e delle somiglianze d’impasto, morfologiche e decorative tra frammenti. Per la registrazione dei dati quantitativi si rimanda alle apposite schede4 di lavoro riportate in Appendice.

Contestualmente si è proceduto alla compilazione di schede di reperto5 che contengono le principali voci delle schede ministeriali R.A., in modo da uniformare la registrazione dei dati ai criteri dell’I.C.C.D. in caso di future immissioni nei databases ministeriali. Anche per questa documentazione si rimanda all’Appendice, dove vengono presentate le schede relative a reperti ritenuti più significativi.

Complessivamente sono state sottoposte a quantificazione 27 US contenenti un totale di 374 frammenti ceramici.

In questa sede, in attesa uno studio esaustivo sui materiali di tutte le aree di scavo, da compiersi in seno ad un più ampio progetto di ricerca, si presenta una sintesi dei contesti individuati all’interno della torre di Santa Croce.

3

Per la ripartizione in classi dei materiali ceramici medievali, cfr. MILANESE 2009. 4

Il supporto di lavoro utilizzato è stato messa appunto dalla Dott.ssa M. Giorgio. 5

Il supporto utilizzato è stato elaborato dallo scrivente in collaborazione con la Dott.ssa D. Alessi Conservatrice del Museo Archeologico di La Spezia.

(36)

33

2.3.2 Analisi diacronica dei reperti

Come accennato nel precedente paragrafo è stato esaminato un totale di 374 frammenti ceramici, riconducibili ad un numero minimo di individui pari a 202, e riferibili ad un periodo compreso tra la prima metà del XIII e la fine del XIX.

In prospettiva diacronica le classi maggiormente rappresentate in rapporto ai

frammenti sono la priva di rivestimento depurata (30%),la maiolica arcaica (23%; 16% in monocromia e 7% con decorazioni), l’ingobbiate graffite a punta policroma (16%), l’invetriate grezza (10%), la maiolica policroma (7%), la terraglia monocroma e a decalcomanie (4%), l’invetriata depurate (3%) e la priva di rivestimento grezza (2%).

Fig. 10 – Rapporto classi/numero frammenti

Se si considera invece il n.m.i, le classi principali risultano ancora la priva di

rivestimento depurata (45%) e la maiolica arcaica (22%; 14% monocroma 8% con decorazioni), seguite da invetriata grezza (7%), invetriata depurata (4%), priva di rivestimento grezza (4%), ingobbiata e graffita a punta policroma (3%), maiolica policroma (3%) e terraglia monocroma e a decalcomanie (2%).

(37)

34 Fig. 11- Rapporto classi/n.m.i.

Il confronto tra i dati evidenzia ancora una volta la preponderanza delle classi delle maiolica arcaica e delle prive di rivestimento nei contesti di scavo posteriori alla prima metà del XIII secolo.

Se da una parte l’analisi del rapporto fra numero frammenti/numero minimo di individui conferma sostanzialmente le percentuali di incidenza delle varie classi ceramiche, dall’altra permette di attenuare eventuali stime in eccesso dovute all’elevato grado di frammentazione di pochi individui. E’ questo il caso dell’ ingobbiata a punta policroma e della maiolica policroma, che vedono ridurre drasticamente le loro percentuali passando rispettivamente dal 16% al 3% e dal 7% al 3%; un discorso simile può essere applicato ad esempio alla terraglia monocroma.

D’ora in poi sarà quindi preso come criterio di raffronto la valutazione in funzione del n.m.i.

Dal punto di vista dei centri produttivi, prevalgono nettamente le botteghe

toscane con il 71% degli oggetti; si tratta nella quasi totalità dei casi (67% per un totale di 135 elementi) di prodotti pisani e in, percentuali molto inferiori, del Valdarno (6 individui) e di Montelupo Fiorentino (1 individuo).

(38)

Il dato numerico non deve certo meravigliare

delle maioliche arcaiche e della stragrande maggioranza delle prive di rivestimento depurate rinvenute nella sequenza di scavo.

l’apporto da ateliers liguri di Savona, Albisola ligure/Provenza occidendale

Sono presenti inoltre una piccola quantità di individui pari a 4 elementi),

del mediterraneo occidentale. Dal momento privi di rivestimento (anforacei e giare)

sugli impasti, risulta al momento impossibile stabilire se provengano dal Sud Italia, dalla Spagna o dall’Africa costiera.

Per una cospicua quantità di oggetti all’esame autoptico, la provenienza

Appendice). Nella maggior parte dei casi si tratta di ceramiche prive di rivestimento, sia grezze che d

importazioni arabe, necessiterebbero di analisi di laboratorio

Appartengono a questa categoria anche gli oggetti in terraglia monocroma e a decalcomania, per i quali non sono stati individuati marchi di f

Per quello che riguarda le

costituite nella quasi totalità da brocche,

0 20 40 60 80 100 120 140

Fig. 12 – Rapporto centri produttivi/n.m.i.

Il dato numerico non deve certo meravigliare, visto che si tratta della totalità delle maioliche arcaiche e della stragrande maggioranza delle prive di rivestimento depurate rinvenute nella sequenza di scavo. Decisamente inferiore

liguri di Savona, Albisola o più genericamente /Provenza occidendale (9%).

Sono presenti inoltre una piccola quantità di oggetti di importazione (il 2% degli individui pari a 4 elementi), riferibili a centri di produzione del mondo

del mediterraneo occidentale. Dal momento che si tratta di materiali da trasporto (anforacei e giare), in mancanza di analisi microscopiche sugli impasti, risulta al momento impossibile stabilire se provengano dal Sud Italia, dalla Spagna o dall’Africa costiera.

cua quantità di oggetti (17%) non è stato possibile attribuire, in base all’esame autoptico, la provenienza (sigla n.d. nelle schede riportate in . Nella maggior parte dei casi si tratta di ceramiche prive di rivestimento, sia grezze che depurate, che, come nel succitato caso delle

necessiterebbero di analisi di laboratorio

a questa categoria anche gli oggetti in terraglia monocroma e a , per i quali non sono stati individuati marchi di fabbrica

Per quello che riguarda le funzioni d‘uso prevalgono le forme da dispensa (44%),

costituite nella quasi totalità da brocche, e quelle da mensa (38%) costituite da

35 visto che si tratta della totalità delle maioliche arcaiche e della stragrande maggioranza delle prive di Decisamente inferiore o più genericamente del ponente

di importazione (il 2% degli a centri di produzione del mondo islamico ateriali da trasporto , in mancanza di analisi microscopiche sugli impasti, risulta al momento impossibile stabilire se provengano dal Sud Italia,

non è stato possibile attribuire, in base (sigla n.d. nelle schede riportate in . Nella maggior parte dei casi si tratta di ceramiche prive di , come nel succitato caso delle necessiterebbero di analisi di laboratorio sugli impasti. a questa categoria anche gli oggetti in terraglia monocroma e a

abbrica leggibili. prevalgono le forme da dispensa (44%),

(39)

catini, scodelle, ciotole, piatti e boccali; decisamente inferiore è la pe di oggetti da fuoco (10%)

pentole e pignatti6

mensa/dispensa, grosse brocche con ri

accennato in precedenza, contenitori da trasporto (3%)

Ultima categoria riscontrata è quella degli oggetti con funzioni vari ascrivibile uno scaldino ed un vaso da f

2.3.3 Analisi dei contesti ceramici per periodo

 Prima metà del XIII secolo (Periodo III

Questo periodo appare caratterizzato da

di rivestimento depurate nella forma della brocca contenitore da dispensa

botteghe di Pisa (57 individui su Seguono per quantità forme (3%) ed 1 parete di tegame

6

La bassa incidenza di pentolame ceramico potrebbe essere stata compensata dall’uso di oggetti in materiale metallico, oppure potrebbe indicare che le attività di cucina erano praticate

punto del sito. 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

catini, scodelle, ciotole, piatti e boccali; decisamente inferiore è la pe di oggetti da fuoco (10%) rappresentati da olle prive di rivestimento, e

invetriati. Sono presenti poi forme intermedie da mensa/dispensa, grosse brocche con rivestimento interno invetriato

accennato in precedenza, contenitori da trasporto (3%) - anforacei riscontrata è quella degli oggetti con funzioni vari

uno scaldino ed un vaso da fiori (entrambe da strati di epoca moderna).

Fig. 13 – Rapporto funzione d’uso/n.m.i.

dei contesti ceramici per periodo

Prima metà del XIII secolo (Periodo III – Fase 1)

Questo periodo appare caratterizzato da 77 individui, tra cui prevalgono

di rivestimento depurate nella forma della brocca (77%) con funzione di contenitore da dispensa. Si tratta nella quasi totalità di oggetti prodotti

individui su 59).

Seguono per quantità forme da cucina (4%), quali olle prive di rivestimento grezze tegame in invetriata grezza (SC’06 613/18) riferibile

La bassa incidenza di pentolame ceramico potrebbe essere stata compensata dall’uso di oggetti in materiale metallico, oppure potrebbe indicare che le attività di cucina erano praticate

36 catini, scodelle, ciotole, piatti e boccali; decisamente inferiore è la percentuale da olle prive di rivestimento, e da tegami, Sono presenti poi forme intermedie da vestimento interno invetriato (3%), e come anforacei, giare e orci. riscontrata è quella degli oggetti con funzioni varie (1%), a cui è ori (entrambe da strati di epoca moderna).

prevalgono le prive con funzione di . Si tratta nella quasi totalità di oggetti prodotti nelle

quali olle prive di rivestimento grezze riferibile, in base ai

La bassa incidenza di pentolame ceramico potrebbe essere stata compensata dall’uso di oggetti in materiale metallico, oppure potrebbe indicare che le attività di cucina erano praticate in una latro

(40)

37 caratteri dell’impasto, agli ambiti produttivi della Liguria di Ponente e della Francia Sud Occidentale7.

Decisamente inferiore è la quantità di ceramiche depurate rivestite con uso da mensa.

In particolare risulta significativa la presenza di prodotti savonesi rappresentati da 2 frammenti: 1 orlo di catino con invetriatura verde su ingobbio bianco e da 1 fondo di graffita arcaica tirrenica. Nel primo caso si tratta di un orlo caratterizzato da tesa ad aletta con asse inclinato verso l’alto (SC’06 613/19), che trova confronti con i materiali provenienti dagli scavi di Lucca8 e di Genova. Il secondo reperto (SC’06 613/21) consiste in un frammento di fondo con piede ad anello, che per impasto e motivo decorativo rimanda ad oggetti rinvenuti negli scavi di Savona9.

Fig. 14 - Periodo III – Fase 1 (da sin in alto in senso orario): invetriata verde su ingobbio bianco; graffita arcaica savonese; invetriate depurate pisane.

7

BALDASSARRI,BERTI,CAPPELLI et al.2007;CAPPELLI,MANNONI,CABELLA 2007. 8

BERTI,CAPPELLI 1994.Questo tipo di orlo è caratteristico delle produzioni savonesi di graffita arcaica, cfr. VARALDO 2001, Fig. 77, rep. 663, pp. 185.

9 V

Figura

Fig. 1 - Planimetria del sito con posizione dei sondaggi archeologici
Fig. 1 – Planimetria del sito con localizzazione della torre
Fig. 2 – La torre prima degli scavi del 2006-2008
Fig. 5 –  Le fondazioni della torre alla fine dello scavo
+7

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