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Parkinsonismo in corso di terapia con neurolettici: caratterizzazione clinico-epidemiologica ed evidenze da uno studio di esplorazione molecolare in vivo.

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Indice

Riassunto 2

1 Introduzione

1.1 I disturbi di movimento iatrogeni 6 1.2 I farmaci responsabili dei disturbi del movimento iatrogeni

19 1.3 La terapia dei disturbi del movimento iatrogeno 32 1.4 Cenni sui disturbi psicotici e la schizofrenia 36 1.5 La tomografia ad emissione di singolo fotone 39

2 Obiettivi dello studio 45

3 Descrizione dello studio 46

4 Risultati 53

5 Discussione 60

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Riassunto

La seconda causa di parkinsonismo tra i pazienti che si presentano in un centro specializzato in disturbi del movimento è rappresentata dal parkinsonismo iatrogeno legato all’utilizzo di molte specialità medicinali e primi fra tutti i neurolettici. La valutazione e la corretta diagnosi di parkinsonismo iatrogeno appare quindi ad oggi un’esigenza clinica di non secondaria importanza per impostare una risposta adeguata ai bisogni di un paziente di per sé già problematico per la patologia di base che lo affligge. Un'accurata caratterizzazione clinica e il ricorso a metodiche che esplorano in vivo la funzionalità del sistema dopaminergico nigro-striatale come la SPECT con FP-CIT, un tracciante che si lega al trasportatore per la ricaptazione pre-sinaptica di dopamina, permettono di distinguere se la sindrome parkinsoniana sia totalmente dovuta ai farmaci o non si sovrapponga ad una degenerazione nigro-striatale sottostante slatentizzata dall'esposizione prolungata a farmaci che interferiscono con il sistema dopaminergico.

Gli obiettivi di questo studio sono quelli di valutare la prevalenza di parkinsonismo in pazienti schizofrenici trattati con neurolettici e tra questi

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3 la prevalenza di pazienti in cui il parkinsonismo è associato a disfunzione nigro-striatale.

Sono stati reclutati 95 pazienti afferenti all’Unità Operativa I° di Psichiatria dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e dell’OC Borgo Trento di Verona con diagnosi di schizofrenia (DSM IV). I criteri per il reclutamento comprendevano un'età superiore a 40 anni, terapia con antipsicotici da almeno tre mesi e il principale criterio di esclusione era rappresentato dalla concomitante terapia con SSRI, flunarazina, cinnarazina, reserpina, tetrabenazina e metoclopramide oltre ovviamente a una diagnosi di malattia di Parkinson. Dei 95 pazienti inclusi nello studio con questi criteri restrittivi, in 25 (23,6%) è stata accertata l'esistenza di parkinsonismo la cui gravità è stata valutata tramite l’UPDRS subitem II/III. Ventidue di questi pazienti hanno effettuato la SPECT con FP-CIT allo scopo di valutare l’integrità del sistema nigro-striatale. L’analisi dei dati SPECT è stata condotta attraverso il calcolo dei rapporti di captazione tra aree specifiche (caudato e putamen destro e sinistro) e non specifiche (corteccia occipitale). I risultati di questa indagine hanno evidenziato che 6 (24%) di questi 22 pazienti con parkinsonismo presentavano una sottostante degenerazione nigro-striatale mentre gli altri (76%) mostravano un pattern di captazione normale. L'analisi dei fenotipi clinici tra i due sottogruppi di pazienti (parkinsonismo con SPECT positiva e quelli con SPECT normale) non ha evidenziato differenze significative risultando sovrapponibile la

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4 frequenza di bilateralità/unilateralità del parkinsonismo, la concomitanza di discinesie tardive da neurolettici, la durata di esposizione ai farmaci. Tali evidenze cliniche pertanto confermano che la distinzione diagnostica tra parkinsonismo iatrogeno puro e parkinsonismo degenerativo slatentizzato dai farmaci sulla base della sola osservazione clinica non è esaustiva sul piano individuale.

L'evidenza di una disfunzione nigro-striatale in vivo mediante SPECT con FP-CIT può pertanto essere di notevole ausilio in questa popolazione di pazienti anche per il successivo management clinico eventualmente con introduzione di terapia dopaminergica. Tuttavia se da un lato è possibile che in una parte dei pazienti trattati cronicamente con neurolettici il parkinsonismo sia da considerare in relazione ad una sottostante disfunzione nigro-striatale degenerativa, non è da escludere in linea teorica che l'esposizione a lungo termine a molecole che bloccano i recettori dopaminergici possa determinare in soggetti predisposti un'alterazione del versante pre-sinaptico. Il rapporto tra parkinsonismo e schizofrenia potrebbe infine non essere unicamente legato all'effetto motorio extrapiramidale dei neurolettici. Infatti studi recenti hanno riportato la presenza di disturbi del movimento già in pazienti schizofrenici naive ed addirittura nei loro parenti di primo grado non affetti dal disturbo mentale e anche una riduzione della captazione nigro-striatale sia in pazienti schizofrenici in terapia con antipsicotici sia in pazienti naive. Questi dati

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5 aprono diverse prospettive per future indagini sulla condivisione di un possibile pattern di vulnerabilità alla base di questi due disturbi.

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1 INTRODUZIONE

1.1 I disturbi di movimento iatrogeni

I disturbi iatrogeni rivestono nell’attuale pratica medica un’importanza rilevante; infatti l’uso di terapie a lungo termine nelle malattie croniche costringe il clinico a considerare gli effetti collaterali dei farmaci come un aspetto non trascurabile nella scelta dell’opzione terapeutica migliore.

In quest’ambito si ritrovano i disturbi iatrogeni del movimento tra cui si annoverano fenomeni ad insorgenza acuta (distonia acuta), subacuta (acatisia e parkinsonismo) e tardiva caratterizzata dallo sviluppo di una vasta gamma di disturbi del movimento raggruppati sotto il termine di sindrome tardiva. Queste forme si differenziano tra di loro non solo per la tempistica d’insorgenza ma anche per la prognosi; infatti, se per i disturbi acuti e subacuti l’interruzione del farmaco responsabile dell’evento porta a scomparsa del disturbo, non si può sostenere altrettanto per il terzo quadro clinico.

I primi casi di disturbi del movimento indotti da farmaci citati in letteratura risalgono al 1954 in pazienti trattati con reserpina e clorpromazina (Steck H., 1954). La prima manifestazione in ordine di

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7 presentazione è sicuramente la distonia acuta caratterizzata da spasmi muscolari che molto spesso coinvolgono il distretto cranio-cervicale. Gli spasmi nei soggetti adulti raramente riguardano il tronco e gli arti, mentre nei bambini questa evenienza non si può definire occasionale similarmente a quanto rilevabile nei casi di distonia idiopatica. In alcuni casi la distonia può essere accompagnata da crisi oculogire indistinguibili da quelle del parkinsonismo post encefalitico e molto spesso è legata ad una esacerbazione del disordine psichiatrico. La sintomatologia distonica non deve essere sottovalutata dato che in alcuni casi può addirittura minacciare la vita del paziente quando negli spasmi sono coinvolti i muscoli respiratori. Queste manifestazioni si presentano durante i primi cinque giorni di terapia. Nei vari studi l’incidenza della distonia non ha un valore costante, variando dal 2 al 64%. I fattori di rischio identificati per lo sviluppo di questo effetto collaterale sono il sesso maschile, l’età inferiore a 30 anni, la specifica malattia psichiatrica da cui è affetto il paziente, l’alto dosaggio di neurolettici, la potenza del farmaco e la predisposizione familiare. La fisiopatologia della distonia è legata a vari meccanismi: lo squilibrio dopamina/acetilcolina, lo sviluppo di un elevato turn over della dopamina dovuto al blocco dei recettori dopaminergici presinaptici, cambiamenti nella via di rilascio del GABA con aumento di espressione delle metencefaline ed infine un possibile coinvolgimento dei recettori per gli oppioidi (Gershanik, 2009).

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8 L’acatisia è un disturbo caratterizzato dalla incapacità di rimanere fermi nella quale si distinguono sintomi definiti come oggettivi e sintomi definiti come soggettivi. Quelli soggettivi vengono descritti come una sensazione di incapacità a rimanere fermi accompagnata da panico, ansia, irritabilità ed impazienza. Quelli oggettivi sono caratterizzati dalla presenza di movimenti afinalistici, complessi, ripetitivi in presenza di un’attività motoria di base aumentata. Ad oggi non esiste ancora un forte consenso su quale di queste categorie sia più importante per porre diagnosi. Un’ulteriore problematica risiede nella grande quantità di altre entità nosologiche che entrano in diagnosi differenziale con l’acatisia. La prevalenza di questo disturbo varia tra il 20 ed il 35% di coloro che fanno uso di antipsicotici. La fisiopatologia rimanda ad un basso tono dopaminergico cerebrale, ma il riscontro dell’acastisia in relazione a molte tipologie di farmaci (tra cui troviamo le benzodiazepine e i beta-bloccanti) pone in una nuova luce il contributo di altri sistemi neurotrasmettitoriali nella genesi di questo disturbo (Kane et al,2009).

Altro capitolo è rappresentato dalla discinesia tardiva (DT). Questo termine viene riferito a movimenti involontari persistenti, e a volte irreversibili, che appaiono in corso di una prolungata terapia con antipsicotici. Nella presentazione tipica s’includono ipercinesie

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9 coinvolgenti il distretto orofaciale con risparmio dei muscoli facciali superiori, gli arti e il tronco. La discinesia tardiva può, infatti, riprodurre lo spettro di tutti i movimenti ipercinetici involontari conosciuti (corea, mioclono, tic, distonia, tremore). Molto spesso sono coinvolti anche i muscoli respiratori accessori ed il diaframma con la produzione di un pattern respiratorio veloce ed irregolare (Gershanik, 2009). Altri quadri clinici che fanno parte della discinesia tardiva sono la sindrome “buccolinguomasticatoria”, sindromi dolorose, tourettismo tardivo ed anche con il parkinsonismo. La sindrome “buccolinguomasticatoria” è caratterizzata clinicamente da movimenti ripetuti e stereotipati, torsioni e protrusioni della lingua, corrugamenti e schiocchi delle labbra e movimenti che simulano la presenza di un chewing gum nella cavità orale. I fattori di rischio ad oggi conosciuti per lo sviluppo di DT sono: l’età avanzata, il genere femminile, la durata dell’esposizione al farmaco, la durata del disturbo psichiatrico, storia di disturbi affettivi, il diabete mellito, il declino cognitivo, storia di terapia elettroconvulsivante, presentazione di parkinsonismo all’inizio della terapia, uso preventivo di farmaci antiparkinsoniani, presenza di lesioni cerebrali strutturali come esiti vascolari o quadri di atrofia cortico-sottocorticale. La prevalenza di DT è molto variabile, oscillando, infatti, dal 17 al 30%, mentre nei pazienti anziani ospedalizzati e in terapia con neurolettici da lungo tempo si attesta intorno al 60%. La fisiopatologia della sindrome tardiva è molto complessa

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10 e coinvolge meccanismi dopaminergici, fattori eccito tossici, il sistema adenosinico e fattori genetici. Sono implicati anche polimorfismi negli enzimi responsabili di processi metabolici, nei recettori target dei farmaci ed in enzimi implicati nello stress ossidativo (Gershanik, 2009).

Con il termine di parkinsonismo ci si riferisce alla presenza di tremore, bradicinesia e rigidità associati alla perdita dei riflessi posturali. Il parkinsonismo indotto da farmaci (DIP: drug induced parkinsonism) è responsabile di circa il 4% delle sindromi parkinsoniane che si presentano in un centro specializzato nei disturbi del movimento; in uno studio condotto su 364 pazienti affetti da sindrome parkinsoniana il DIP è la prima causa di parkinsonismo secondario (Bower et al, 1999). Qualora si prendano in considerazione unità operative psichiatriche, la percentuale di pazienti affetti da DIP cresce in maniera significativa (Gershanik,2009). L’incidenza in questi pazienti varia dal 5 fino al 60% ed ancora al 90% a seconda della potenza del farmaco utilizzato, dell’esperienza dell’esaminatore, dalla dose di farmaco utilizzata. Questa precisazione appare necessaria se si considera che i maggiori fruitori di farmaci inducenti disturbi del movimento sono coloro che hanno diagnosi di disturbi dello spettro schizofrenico e sono quindi pazienti che fanno capo a unità psichiatriche e non neurologiche.

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11 Il primo caso di DIP registrato risale al 1954 (Steck, 1954), riguardava un paziente che faceva uso di Reserpina e Clorpromazina. La prevalenza del DIP è rimasta costante per anni, ma varia a seconda degli studi tra 19% e 36% (Ayd, 1961) e tende ad aumentare con l’età dei pazienti, senza differenze riguardanti il sesso (De Rijk et al 1997). Questa variabilità nella prevalenza è facilmente imputabile alle differenze metodologiche e di popolazione che vi sono tra i vari studi esaminati.

Fenomenologia clinica e diagnosi di DIP

Il fenotipo clinico del DIP differisce leggermente da quella della malattia di Parkinson idiopatica, infatti, la forma iatrogena è caratterizzata da un quadro dominato da bradicinesia e dalla rigidità con presentazione simmetrica (al contrario del disturbo idiopatico prevalentemente asimmetrico all’inizio) con rara osservazione del fenomeno della ruota dentata e del tremore a riposo. Il tremore quando presente è per lo più posturale e di frequenza superiore a quello normalmente osservato nel disturbo idiopatico ed anche caratterizzato da un raro coinvolgimento delle mani al contrario del resto dell’arto superiore nel quale il tremore è massimamente rappresentato (Susatia et Fernandez, 2009). Altra caratteristica peculiare è rappresentata dalla cosiddetta “rabbit syndrome”

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12 anche conosciuta come discinesia oro-facio-buccale che si associa frequentemente al DIP in quanto essa stessa effetto iatrogeno ed è invece assente nella forma idiopatica di malattia di Parkinson. Il DIP si può riconoscere anche valutando la modalità di insorgenza rispetto all’assunzione del farmaco. Questa condizione clinica, infatti, si manifesta dopo un mese dall’introduzione in terapia del farmaco responsabile nel 60% dei casi e nel 90% dei casi è presente dopo 3 mesi (Quinn N.,1995).

Il DIP è una condizione clinica che rimane in molti casi misconosciuta ed addirittura in molti casi confusa con parte del corteo sintomatologico della malattia di base con un aumento del dosaggio del farmaco responsabile del fenomeno iatrogeno e conseguente aumento del disturbo del movimento (Bollini et al,1994) una ulteriore sfida viene dal fatto che il DIP in presenza di sintomi psichiatrici entra in diagnosi differenziale con altre cause di parkinsonismo secondario come la malattia di Wilson (Susatia et Fernandez, 2009), stroke e neoplasie (Rajpur et al,1987). Un aiuto può invece venire al clinico dalla presentazione della sindrome parkinsoniana in associazione con sintomi tipici della DT, caratteristicamente ipercinetici, che lo indirizzano decisamente verso il DIP. Un'altra indicazione preziosa viene dalla scarsa risposta dei sintomi alla somministrazione di Levodopa o dopamino agonisti in mancanza di sospensione della terapia responsabile del disturbo del movimento che

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13 indirizza ancora il medico verso la diagnosi di DIP (Gershanik, 2009). Secondo uno studio del 2007 il 72% di venticinque pazienti schizofrenici, la maggior parte in terapia con antipsicotici atipici, andava incontro allo sviluppo di EPS (EPS: extrapyramidal symptoms), ma nell’anno precedente soltanto la metà di loro aveva ricevuto indicazioni sul trattamento di questa condizione; mentre solo uno di loro nell’anno immediatamente successivo era stato adeguatamente visitato per verificare la presenza o meno di disturbi del movimento (Mitra and Haddad, 2007). Tutto questo accadeva nonostante esistano indicazioni precise al controllo degli effetti collaterali della terapia (American Psychiatric association, 1997, National Institute for Clinical Excellence, 2002). Esistono varie spiegazioni per questo fenomeno che partono dalla mancanza di conoscenze sulla frequenza dei disturbi del movimento iatrogeni, passano per la mancanza di tempo da dedicare alla diagnosi di DIP ed arrivano alla scarsa considerazione per il parkinsonismo legato all’uso della terapia antipsicotica (Day et al.,1998). In base ad uno studio recentemente condotto (Lorberboym et al, 2006) non è possibile distinguere tra malattia di Parkinson idiopatica e parkinsonismo iatrogeno solo in base a dati clinici, mentre può essere d’aiuto la SPECT. Attraverso questa indagine si riesce a valutare la presenza o meno di un reperto compatibile con degenerazione nigro-striatale e quindi valutare le possibili opzioni: un fenomeno totalmente dovuto ai farmaci, un parkinsonismo peggiorato dai farmaci, con persistenza od eventuale peggioramento dei

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14 sintomi motori nei pazienti che interrompono la terapia, oppure un quadro che precede lo sviluppo di Malattia di Parkinson.

La ricerca di queste manifestazioni cliniche non rappresenta una finezza, ma bensì un atto terapeutico importante quanto l’interesse per la malattia di base. I disturbi del movimento in generale, ed il DIP in particolare, possono infatti esitare in perdita di capacità e destrezza manuali con diminuzione del rendimento lavorativo, marcia festinante con aumento di cadute e di fratture del bacino negli anziani ed anche distonia laringo-faringea che può esitare in asfissia (Norton, 2001; Newton-john,1988;Stone set al.,1990). Va infine ricordato che molti dei pazienti cui ci riferiamo hanno problemi psichiatrici e queste manifestazioni, così evidenti e facilmente riconoscibili, possono risultare invalidanti anche dal punto di vista sociale con un ulteriore aggravamento della patologia di base (Haddad and Dursun,2008). Da notare, oltre a quanto fin qui detto, che, aneddoticamente, sono stati riportati casi di acatisia che hanno portato a tentativi di suicidio e di violenza, anche se non è possibile definire categoricamente quest’associazione (Hansen, 2001; Shear et al., 1983). Un lavoro molto recente pone inoltre molta attenzione sulla presenza nel quadro del DIP di sintomi non-motori tipici della Malattia di Parkinson (Kim and Byun,2009). In particolare è stata valutata la percezione soggettiva della performance cognitiva in un gruppo di pazienti

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15 schizofrenici con diagnosi di DIP. La valutazione è avvenuta tramite il questionario FCQ (Frankfurt complaint questionnaire) in grado di valutare 103 aspetti di disfunzioni percettive e cognitive soggettive e precedentemente dimostrato correlare con la disfunzione cognitiva obiettivata mediante test neuropsicologici. Risultano particolarmente compromesse nei pazienti con DIP la capacità di processare informazioni, l’abilità percettiva e discriminativa e la performance psicomotoria automatica. Gli autori ipotizzano che tale profilo neuropsicologico, simile peraltro a quanto evidenziato nella Malattia di Parkinson idiopatica, costituisca un aspetto cognitivo del parkinsonismo iatrogeno, prodotto verosimilmente dalla azione antidopaminergica dei farmaci neurolettici utilizzati da questi pazienti. Analogamente la ricerca di sintomi non motori tipici della Malattia di Parkinson idiopatica in pazienti con DIP ha mostrato una diminuzione della capacità olfattiva in associazione con la comparsa del disturbo motorio (Kruger et al, 2008). In tali pazienti, peraltro con diagnosi di depressione, non è però possibile attribuire con sicurezza all’effetto antidopaminergico tale effetto per la concomitante terapia con farmaci antidepressivi.

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Fattori di rischio del DIP

Riconoscere coloro che sono più a rischio per lo sviluppo del DIP non è facile, ad oggi i maggiori fattori di rischio conosciuti sono il sesso femminile (le donne sono colpite circa due volte più degli uomini), l’età avanzata e l’uso di una terapia antipsicotica specie se multipla oltre a complicanze ostetriche nell’anamnesi del paziente (Ayd,1961; Moleman et al.,1986; Gershanik,2009). L’età avanzata rappresenta un fattore di rischio perché la concentrazione di dopamina e l’attività della tirosina idrossilasi diminuiscono con l’invecchiamento e le cellule della substantia nigra vanno incontro a degenerazione (Susatia et Fernandez, 2009). Il rapporto con l’età è stato molto studiato portando a conclusioni a volte discordanti. Secondo Keepers e Moleman i pazienti più a rischio sono i quarantenni ed anche i più giovani (Moleman et al 1986; Keepers et al 1983), mentre esistono anche prove che il DIP abbia una modalità di presentazione bimodale, con un picco nell’adolescenza, ed un secondo picco dopo la sesta decade (Susatia et Fernandez,2009). Anche le differenze di genere rivestono importanza per il diverso pattern ormonale; infatti le donne sono più colpite, tranne quelle sotto i 10 anni o sopra gli 80, probabilmente per il blocco dei recettori dopaminergici da parte degli estrogeni (Gordon, 1980). La terapia antipsicotica multipla rappresenta ad oggi una condizione fortemente favorente lo sviluppo di DIP per molte ragioni. In primo luogo

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17 gli antipsicotici atipici sono stati considerati per lungo tempo molto più sicuri rispetto ai tipici, non tenendo conto che il loro utilizzo multiplo, grazie all’effetto sommazione, può comunque dare luogo a DIP. Negli ultimi anni molti studi si sono occupati della possibilità di individuare siti genetici correlati con una maggiore probabilità di sviluppo di effetti collaterali. Gli studi di farmacogenomica compiuti fino ad adesso non ci hanno ancora consegnato con certezza dei geni responsabili, ma abbiamo dei candidati promettenti come EPF1, NOVA1, FIGN (Alkelai et al 2009). Per quanto riguarda invece i singoli polimorfismi associati con la severità di sviluppo del disturbo del movimento, ne sono stati individuati molti (Alkelai et al 2009). La maggior parte dei polimorfismi riguarda geni codificanti per i recettori di serotonina e dopamina. Recentemente è stata identificata una mutazione protettiva; si tratta di un SNP (single nucleotide polymorphism) della regione 3’UTR del gene RGS2 (Greenbaum et al 2009).

Fisiopatologia del DIP

La fisiopatologia di questi disturbi non è del tutto chiara. Sicuramente molti sistemi sono coinvolti ed ognuno ha un peso diverso nel determinare la comparsa del DIP. Centrale rimane comunque il blocco dei

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18 recettori D2 della dopamina che rappresenta il meccanismo principale. Si ipotizza che il blocco dopaminergico provochi un aumento dell’attività colinergica (Snyder et al.,1974). Molto spesso è anche coinvolto il calcio, cofattore essenziale per funzionamento del sistema colinergico e per il metabolismo della dopamina (Kuny e Binswanger, 1989). Altrettanta considerazione merita il sistema gabaergico grazie al blocco esercitato sulla trasmissione dopaminergica. Sono stati chiamati in causa molti altri meccanismi nello sviluppo degli EPS dai radicali liberi, a sistemi beta-adrenergici. Il DIP è generalmente causato da farmaci lipofilici che bloccano i recettori D2 sovra menzionati, esistono tutta un’altra serie di meccanismi quali i falsi trasmettitori, la deplezione di dopamina presinaptica, disfunzioni della catena respiratoria mitocondriale, iperattività del sistema gabaergico o azioni colino mimetiche. Per entrare nel dettaglio si crede che nei casi di DIP vi sia non una vera e propria disfunzione cellulare della via nigro-striatale, ma bensì una interruzione della trasmissione dopaminergica a livello o pre o post sinaptico. In questo modello molta importanza viene attribuita anche alla predisposizione genetica.

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1.2 I farmaci responsabili di parkinsonismo iatrogeno

I farmaci che possono rendersi responsabili della sintomatologia tipica del DIP appartengono a varie categorie; sono tutti prodotti che interferiscono i recettori dopaminergici:

 Antipsicotici  Benzamidi sostituite  Calcio antagonisti  Antistaminici  SSRI  Depletori di dopamina

Esistono anche altre classi farmacologiche che si rendono responsabili dell’induzione di disturbi del movimento (tabella 1):

 Antibiotici

 Immunosoppressori  Farmaci oncologici  Oppiacei

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20 Gli antipsicotici (tipici e atipici) vengono utilizzati nella cura di molti disturbi psichiatrici per cui esiste un discreto bacino di pazienti che vi è esposto. Essi sono i farmaci maggiormente responsabili della comparsa di effetti extrapiramidali (tabella 2). Questa loro capacità si esplica con il blocco che essi svolgono nei confronti dei recettori D2 della dopamina (espressi nel sistema nigro-striatale) che determina una up-regulation dei D2 post-sinaptici. Un’occupazione del 65-70% di questi recettori si correla ad un’efficacia antipsicotica massima, mentre un’occupazione del 78% provoca la comparsa dei disturbi extrapiramidali, quindi è chiaro che un aumento della percentuale di occupazione oltre il limite del 65-70% non correla con l’efficacia clinica, bensì soltanto con la probabilità di presentazione degli effetti collaterali. La velocità di dissociazione dal recettore a sua volta sta acquistando importanza come fattore patogenetico in quanto le sostanze con minore tossicità sono quelle con dissociazione più rapida. La classificazione in tipici ed atipici fa riferimento al profilo di tollerabilità del principio attivo che viene inserito in una delle due categorie in base alla comparsa di effetti collaterali extrapiramidali, delle due classi quella dei tipici è quella con la maggiore tendenza allo sviluppo di questo tipo di manifestazioni. Un’importanza non trascurabile nel prevenire la comparsa di eventi avversi è rivestita dal blocco dei recettori 5-HT2, in questo fenomeno infatti risiede la minor tendenza allo sviluppo di EPS (extrapyramidal side effects) degli antipsicotici atipici. Il ruolo

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21 fondamentale nella generazione di eventi avversi viene forse svolto dall’aumento del turnover, sintesi e rilascio della dopamina legato all’effetto acuto degli antipsicotici tipici che svanisce nel trattamento cronico. La clozapina invece, capostipite degli atipici, aumenta lievemente la trasmissione dopaminergica con un effetto nullo sui recettori D2 (Silvestri et al., 2000). Un altro principio attivo, l’olanzapina, mostra una scarsa tendenza a dare EPS per una sua intrinseca attività antimuscarinica (Kapur et al 2001). Tra gli antipsicotici tipici va menzionato l’aloperidolo, composto ad alta potenza che viene sempre utilizzato negli studi come farmaco di controllo per valutare la tollerabilità di una nuova molecola; infatti, rappresenta il composto che più di ogni altro mostra tendenza allo sviluppo di disturbi del movimento. Secondo uno studio del 1987 parte della responsabilità degli effetti collaterali è dovuta a metaboliti dei farmaci antipsicotici e non alle molecole madri; infatti, la somministrazione di aloperidolo endovena riduce significativamente l’insorgenza di EPS, mentre la somministrazione per os porta all’occupazione del recettore dopaminergico da parte dell’aloperidolo ridotto dal passaggio epatico (Menza et al 1987). Con l’esperienza accumulata fino ad oggi, si può sostenere che l’uso di un composto atipico riduce la probabilità di insorgenza di parkinsonismo iatrogeno di 10-15 volte.

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22 Altre classi farmaceutiche che agiscono sul sistema nervoso centrale sono responsabili della comparsa di DIP. Gli antidepressivi si rendono responsabili di vari tipi di disturbi del movimento; i triciclici, ad esempio, possono dare tremore posturale in un’alta percentuale di pazienti a causa della loro attività serotoninergica che provoca un‘inibizione del sistema dopaminergico nigro-striatale. Ad oggi questa classe è stata affiancata da quella degli SSRI, composti dimostratisi responsabili di un largo spettro di disturbi comprendente sia fenomeni ipercinetici che ipocinetici. Il tremore rimane ad oggi la manifestazione più comune legata all’utilizzo di questa classe anche se uno studio della Canadian proprietary manufacturers of SSRI’s riporta come primo disturbo del movimento presentato il DIP. Fenomenologicamente simile al tremore essenziale il tremore iatrogeno sembra coinvolgere in maniera particolare gli arti inferiori. Un recente studio ha dimostrato un loro ruolo nell’esacerbazione della malattia di Parkinson idiopatica, del tremore essenziale e della sindrome delle gambe senza riposo. Il meccanismo responsabile della presentazione degli effetti collaterali è lo stesso dei triciclici; cioè l’inibizione serotoninergica sul circuito nigro-striatale e sull’area tegmentale ventrale.

Principi attivi nati come antiepilettici e ad oggi, usati anche come stabilizzatori dell’umore nel disturbo bipolare, sono responsabili di forme di tremore. L’acido valproico è responsabile di un tremore clinicamente ed

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23 elettrofisiologicamente paragonabile a quello essenziale; che si ritrova in circa il 12% di coloro ai quali è stata somministrata questa specialità medicinale.

Una trattazione a parte merita il litio, anch’esso usato nel disturbo bipolare e considerato il gold standard terapeutico per questa patologia. Esso viene associato ad una varietà di disturbi del movimento, in particolare il tremore, mentre viene considerato protettivo nei confronti della sindrome tardiva. Nelle terapie a lungo termine va posta attenzione ad una possibile insorgenza di DIP. Una percentuale che va dal 4% al 65% dei pazienti che assumono litio sviluppa tremore. Il fenomeno in questione, tipicamente sia cinetico che posturale, può colpire le zone normalmente interessate dalla forma essenziale, ma può anche essere di riposo ed avere caratteristiche parkinsoniane; può manifestarsi dopo pochi giorni di trattamento, ma di solito ha bisogno di diversi mesi di utilizzo per svilupparsi completamente. Tende a manifestarsi negli uomini più che nelle donne e negli anziani piuttosto che nei giovani, inoltre la presenza di familiarità per tremore essenziale rappresenta un fattore di rischio per la presentazione di questo fenomeno.

I principi attivi responsabili del blocco dei recettori dell’istamina H1 si sono resi responsabili di disturbi del movimento soprattutto negli anni 70. Venivano rilevati fenomeni quali discinesia orofaciale, corea, tremore,

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24 blefarospasmo e distonia cranio-cervicale che regredivano dopo interruzione della terapia e che molto spesso insorgevano in soggetti precedentemente esposti a neurolettici. Alcuni degli effetti possono essere spiegati attraverso gli effetti anticolinergici centrali. La ciproeptadina in particolare, che combina effetti antistaminici, anticolinergici e antiserotoninergici, ha causato corea ed acatisia. I farmaci di seconda generazione come ad esempio la cetirizina si sono resi responsabili di eventi quali distonia segmentale di faccia, collo e spalla mentre negli anziani sono stati segnalati casi di asterixis e mioclono. Questo composto è un piperazinico con effetto bloccante sui recettori D2 che in alcuni casi ha addirittura portato allo sviluppo di crisi oculogire. I farmaci bloccanti i recettori H2 come cimetidina e ranitidina sono stati talvolta associati con movimenti involontari ed anche con parkinsonismo (Factor, 2009).

I calcio antagonisti raramente danno luogo a disturbi del movimento con un meccanismo incerto, ma che pare sia legato ad un loro antagonismo verso i recettori D2 della dopamina. Dopo pochi giorni di trattamento si può sviluppare mioclono che recede poche settimane dopo l’interruzione della terapia. La flunarazina e la cinnarazina hanno causato parkinsonismo che, anche una volta interrotta la terapia, non è regredito del tutto (Negrotti e Calzetti, 1997). In particolare la nifedipina, si è resa responsabile di casi di tremore simile a quello fisiologico e a quello essenziale. Le

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25 diidropiridine, nuovi composti con un’emivita più lunga hanno mostrato di causare parkinsonismo, o di aggravarlo, quand’esso è già presente.

Anche i farmaci antiaritmici causano turbe del movimento. Il verapamil ha causato corea generalizzata in un paziente che aveva già sviluppato tremore essenziale per il trattamento intercorrente con il litio; in un altro, dopo due anni di trattamento, ha causato una sindrome parkinsoniana caratterizzata da bradicinesia, ipomimia e il tipico disturbo della deambulazione. Il diltiazem ha causato acatisia e parkinsonismo; questo si è manifestato dopo tre mesi di terapia e si è risolto dopo due settimane dall’interruzione della stessa. L’amiodarone causa una grande varietà di disturbi del movimento (discinesie, emiballismo, mioclono) di cui il tremore è il più comune. Esso è caratterizzato da una frequenza di 6-10Hz bilaterale, posturale e d’azione. Il tremore può avere anche stigmate parkinsoniane ed essere accompagnato da altre caratteristiche tipiche della malattia di Parkinson. Questo farmaco va inoltre usato con cautela nei pazienti con malattia di Parkinson perchè può aggravare la sintomatologia che li affligge. Per quanto riguarda la reversibilità della sintomatologia è correlata al tempo di utilizzo del farmaco. Tra gli antipertensivi va ricordato il captopril responsabile dell’insorgenza di DIP (Factor, 2009).

La digossina, farmaco con struttura simil estrogenica ad attività antiaritmica ed inotropa positiva, si è resa responsabile di casi di corea. I

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26 casi presenti in letteratura sono due anziani ed una bambina; tutti avevano in comune la presenza di livelli tossici di farmaco in circolo (Factor, 2009).

I chemioterapici sono composti largamente usati nella pratica clinica sia per combattere fenomeni infettivi che per curare quelli neoplastici. Gli antibiotici beta lattamici provocano spesso mioclono specialmente in pazienti con insufficienza renale. Queste manifestazioni si hanno soprattutto in concomitanza con alte concentrazioni di farmaco nel liquido cerebrospinale e si caratterizzano per la mancanza di simmetria, per la loro sensibilità agli stimoli e la mancanza di ritmicità. Le cefalosporine sono state associate con parkinsonismo e asterixis. Recentemente l’imipenem ha invece causato mioclono di due tipi; brevi scosse di piccola ampiezza e scosse di grande ampiezza collegate sia all’azione che al riposo. I fluorochinoloni, composti di sintesi ad alta tollerabilità, sono associati ad un largo spettro di turbe del movimento. Cheung ed altri hanno riportato ben 11 casi che includono corea, mioclono, discinesia orofaciale distonia e tremore (Cheung et al,2007). Sono più a rischio per lo sviluppo di disturbi del movimento legati a questi farmaci gli anziani, le donne di mezza età ed ovviamente coloro che hanno insufficienza renale. Questa classe pare avere un meccanismo di sviluppo di disturbi extrapiramidali simile a quello chiamato in causa per i farmaci gabaergici. Nei malati di AIDS il trimetoprim-sulfametossazolo ha causato tremore a riposo e posturale.

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27 L’antivirale vidarabina causa tremori che fungono da spia per effetti collaterali di maggiore entità e pericolosità. I farmaci anti neoplastici hanno dato diversi problemi ai clinici per ciò che riguarda l’individuazione di loro possibili effetti sul movimento; infatti, va ricordato che molto spesso essi vengono somministrati insieme a dopamino agonisti sfruttati per la loro azione anti emetica. Moltissimi di questi composti hanno dato luogo allo sviluppo di sindromi parkinsoniane, tra i quali ricordiamo la vincristina (parkinsonismo, atetosi), il paclitaxel (parkinsonismo) e il metotrexate (parkinsonismo) solo per citarne alcuni (Factor, 2009). Brashear ed i suoi collaboratori hanno descritto un’associazione tra chemioterapia e distonia in quattro casi (Brashear et Siemers, 1997). La distonia colpiva il distretto craniocerviale e si presentava in un periodo che variava tra 8 giorni a 34 mesi dopo la fine della chemioterapia. In tutti e quattro i casi la distonia era persistente e due casi ricevettero per questo dopamino agonisti. La doxorubicina ed il 5-fluorouracile erano i farmaci utilizzati e che vennero ritenuti responsabili.

Un’altra categoria di farmaci di ampio utilizzo nei pazienti neoplastici è quella degli anti dolorifici derivati dall’oppio. Il disturbo di più frequente riscontro è il mioclono. Esso è associato ad encefalopatia e può indurre a sua volta dolore che alcune volte si è dimostrato responsivo al clonazepam. Il fentanyl in particolare si è reso responsabile di una

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28 grande varietà di effetti collaterali collegati al movimento: mioclono e discinesia facciale dopo un’infusione prolungata, torcicollo, atassia, corea, tremore. Questi farmaci sono anche in grado di favorire lo sviluppo effetti collaterali legati all’utilizzo di antipsicotici (Factor, 2009).

Nei pazienti che hanno subito trapianti l’uso di farmaci come la ciclosporina ha ridotto in maniera sorprendente il rigetto, purtroppo, in una fetta compresa tra il 10 ed il 40%, si sviluppano problemi neurologici legati al farmaco. L’esperienza più comune è legata al riscontro di tremore, normalmente lieve e posturale, forse legato all’aumento del tono simpatico con conseguente aumento del tremore fisiologico. La risoluzione del tremore può essere legata all’interruzione della terapia, ma è stato osservato che esso tende a diminuire in severità anche se la terapia non viene né interrotta né rimaneggiata nella dose. Il tremore può diventare molto disabilitante divenendo un tremore rubrale ed associandosi ad atassia, psicosi e cecità corticale. Questi disturbi possono presentarsi sia che il farmaco sia in un range terapeutico sia che sia in un range tossico. Qualora coesistano alterazioni metaboliche, come ad esempio disturbi elettrolitici, ipercolesterolemia ed ipomagnesemia, si può avere lo sviluppo di una serie di sintomi (atassia, cecità corticale, psicosi) correlati a cambiamenti della sostanza bianca, valutabili alla RM, e che regrediscono con l’interruzione del farmaco. Wasserstein ed Honig hanno riportato due casi di

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29 parkinsonismo e di tremore legato alla ciclosporina caratterizzato da bradicinesia, tremore e risposta alla levodopa (Wasserstein and Honig,1996) . Anche i composti di nuova generazione (tacrolimus, sirolimus) sono legati allo sviluppo di disturbi del movimento.

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30 Tabella 1: Farmaci responsabili di parkinsonismo iatrogeno

Principio attivo Indicazione Rivastigmina, Donepezil Trattamento della demenza Metoclopramide, prometazina Antiemetici

Fentanil, Alotano Anestetici

Disulfiram Trattamento dell'abuso di alcol SSRI (citalopram, fluoxetina,

paroxetina) Bupropione Antidepressivi Anfotericina B Antifungini Amiodarone, Verapamil, Amlodipina, Captopril Antipertensivi, antiaritmici Clorochina Antimalarici Litio Stabilizzanti dell'umore Naprossene Antinfiammatori Ciclofosfamide, Ciclosporina Immunosoppressori

Estrogeni, Levotiroxina Terapia ormonale

Valproato Antiepilettici Cinarizina, Flunarizina Antivertiginosi

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31 Tabella 2: Antipsicotici responsabili di parkinsonismo

Fenotiazine

Clorpromazina, Prometazina, Flufenazina, Piperazina

Butirrofenoni Aloperidolo Benzamidi sostituite Sulpiride, metoclopramide

Antipsicotici Atipici

Risperidone, Olanzapina, Ziprasidone, Aripripazolo,

Clozapina*, Quetiapina* *incidenza riportata molto inferiore rispetto agli altri antipsicotici

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1.3 La terapia dei disturbi del movimento iatrogeni

Il trattamento del parkinsonismo iatrogeno e più in generale dei disturbi del movimento iatrogeni, risiede in prima istanza nella sospensione del trattamento ritenuto responsabile o nella riduzione della sua dose. In molti casi ciò non è possibile in quanto la terapia è necessaria al paziente per la sua salute o per il mantenimento di una buona qualità della vita. Quindi risulta necessario attuare strategie terapeutiche atte ad alleviare i disturbi permettendo una maggiore compliance, con un minor tasso di abbandoni della terapia di base (Van Putten et al., 1981). Quando il paziente necessita di terapia antipsicotica la classe degli atipici rappresenta l’unica scelta possibile, permettendo di mantenere la terapia di base, con un farmaco dal profilo di tollerabilità decisamente migliore. Qualora si scelga di utilizzare questi farmaci va comunque tenuto presente che anche questa terapia comporta dei rischi infatti anche gli atipici possono dare problemi, soprattutto se usati ad alte dosi ed in combinazione (Carnahan et al 2006). Nell’utilizzo degli antipsicotici in genere il clinico dovrebbe cercare la dose minima efficace del farmaco prescelto così da minimizzare i rischi, ovviamente, questa va calcolata in base a tutti i possibili fattori che vanno

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33 ad interagire con la farmacocinetica del principio attivo in questione (Perry et al 2001, Carrillo et al 2003, Rostami –Hodjegan et al 2004) inoltre prima di passare alla terapia di combinazione provare con antipsicotici atipici in monoterapia (Texas medication algorithm project, 2005; Stahl et al 2004). Nell’algoritmo decisionale andrebbero inoltre valutate le altre terapie effettuate; perché se il paziente facesse già uso, per vari altri motivi, di alcuni dei farmaci (non diretti al sistema nervoso centrale) di cui abbiamo parlato prima, esso andrà incontro ad un rischio più alto di sviluppare EPS per una previa occupazione dei recettori D2 (Carnahan et al, 2006). Il miglior profilo di tollerabilità di questi farmaci potrebbe sfumare per l’effetto sommazione e perché non è chiaro se ci possano essere delle interazioni di natura farmacodinamica tra i vari principi attivi. Infine i pazienti in politerapia antipsicotica complessivamente ricevono una dose totale di antipsicotici 2.7 volte superiore rispetto a coloro ai quali è stata prescritta una monoterapia. La politerapia antipsicotica in conclusione pone molti interrogativi al medico con un aumentato rischio di EPS (Carnahan et al, 2006).

I presidi attualmente in atto per la cura del DIP e degli altri EPS non sono molti. In prima istanza viene di solito somministrato un anticolinergico per le ragioni fisiopatologiche sovra menzionate, anche se sono stati aneddoticamente riportati casi di tremore o asterixis ascrivibili a

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34 questi principi attivi (Factor, 2009). Gli anticolinergici vengono usati per trattare i DIP caratterizzati da forte rigidità e vengono in genere prescritti per meno di tre mesi perché sul lungo termine aumentano il rischio di discinesia tardiva e deterioramento cognitivo. Sfruttando l’attività anticolinergica centrale, si utilizzano anche gli antistaminici per trattare gli EPS (Bovet, 1950). L’amantadina, molecola nata a scopo antivirale, grazie alla sua capacità di favorire il rilascio di dopamina dai siti d’immagazzinamento, riduce il parkinsonismo ed è inoltre una molecola con minori effetti collaterali rispetto agli anticolinergici (Parkes et al, 1970; Susatia et Fernandez, 2009). Farmaci correntemente usati nel trattamento dell’ipertensione arteriosa come i beta bloccanti trattano efficacemente patologie come la sindrome delle gambe senza riposo, clinicamente molto simile all’acatisia indotta da neurolettici (Kulick e Wilbur, 1983). Lo stesso spettro clinico appena citato si giova anche dell’utilizzo di varie benzodiazepine; il clonazepam in particolare si è dimostrato capace di trattare anche la distonia indotta da farmaci (O’Flanagan, 1975) e la discinesia tardiva (Thaker et al, 1987). Il ricorso alla terapia con tossina botulinica trova infine indicazione nel trattamento delle distonie focali come il torcicollo iatrogeno (Hughes, 1994). Per i disturbi di tipo ipercinetico il trattamento più importante ad oggi è rappresentato dalla tetrabenazina che rappresenta anche il gold standard nel controllo sintomatologico della malattia di Huntington, grazie alla sua azione di

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35 depletore di dopamina. Dobbiamo ricordare che anche questi farmaci hanno i loro effetti collaterali come disfunzioni del sistema nervoso autonomico, delirio e diminuzione dell’efficienza delle funzioni mnemoniche. Per il clinico guardando il quadro nel suo complesso, l’uso di questi farmaci rappresenta in buona sostanza una doppia sconfitta; la prima subita con una terapia di base che non risolve del tutto i problemi del paziente, ma ne crea altri, la seconda per una terapia che a sua volta non aiuta del tutto la persona, ma può addirittura aggravare la situazione psichiatrica di base (Casey et al, 1994).

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1.4 Cenni sui disturbi psicotici e la schizofrenia

I farmaci maggiormente responsabili di DIP sono i neurolettici, la cui principale indicazione terapeutica è rappresentata dai disturbi psicotici. La definizione di disturbo psicotico ha, rispetto al passato, un’accezione più ampia definendone i sintomi non più in maniera netta e secondo canoni ben precisi, ma come disturbi appartenenti ad uno spettro. Il termine “spettro”,teorizzato come modello nosologico in un periodo molto recente , indica una serie di fenomeni di origine comune, filtrati e modulati da un’interfaccia, che si associano nuovamente con diversa modalità (Cassano GB, 1997, Cassano GB and Dell’Osso L, 1998). Lo stesso concetto, applicato alla psichiatria, postula l’esistenza di singole entità psicopatologiche che tenderanno ugualmente all’associazione in un singolo disturbo, oppure in disturbi diversi. Questa nuova classificazione tiene conto sia del fenomeno della comorbidità tra le malattie psichiatriche, sia dell’individualità del paziente che conferisce alla malattia una dimensione più complessa rispetto a quella ipotizzata da una classificazione categoriale. Lo spettro non risulta dunque essere un semplice insieme di sintomi o disturbi con caratteristiche distintive e stereotipate: costituisce

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37 invece una “summa” psicopatologica, che dà luogo ad un risultato diverso dalla sommatoria delle singole entità proprie, permettendo il superamento dei limiti dei sistemi categoriali. Lo spettro di un disturbo include:

1. Sintomi nucleari, tipici, atipici e subclinici del disturbo principale,

2. Segni, sintomi isolati, “cluster e pattern” comportamentali correlati ai sintomi nucleari che possono essere prodromi, possono rappresentare i precursori di una condizione non ancora espressa, essere la conseguenza di un disturbo in remissione o di un quadro non ancora pienamente espresso.

3. Tratti temperamentali e di personalità.

I disturbi psicotici sono caratterizzati da un’eccessiva attività dopaminergica nella via mesolimbica ed in quella mesocorticale, con il risultato di un cambiamento nell’attività cerebrale e nel comportamento. I sintomi caratteristici sono distinti in positivi e negativi; i primi sono caratterizzati da allucinazioni e deliri mentre i sintomi negativi sono rappresentati da apatia, abulia e appiattimento affettivo. Tra i disturbi psicotici la schizofrenia rappresenta la più difficile entità nosografica da diagnosticare; in base al DSM IV sono necessari 6 criteri verificati in almeno 6 mesi di osservazione clinica:

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38 1. Comparsa di almeno due sintomi tra allucinazioni, eloquio

disorganizzato o catatonico, apatia appiattimento affettivo presenti per almeno un mese.

2. Compromissione funzionale globale del paziente legata alla suddetta sintomatologia (tenendo conto del livello culturale e del funzionamento del paziente prima della malattia)

3. Durata minima di malattia di almeno 6 mesi(tenendo conto del fatto che i sintomi possono fluttuare durante il periodo di osservazione) 4. 5. 6. Assenza di disturbo schizoaffettivo, disturbo dell’umore,

disturbo dovuto all’uso di sostanze o a condizioni mediche generali e disturbo pervasivo dello sviluppo.

In conclusione la diagnosi di schizofrenia è ancora sindromica in quanto mancano sintomi o esami di laboratorio patognomonici.

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1.5 La tomografia ad emissione di singolo fotone

La tomografia ad emissione di singolo fotone (SPECT -Single Photon Emission Computerized Tomography) è una tecnica di imaging tomografico che impiega come strumento di acquisizione una gammacamera e radiofarmaci, marcati con isotopi gamma emittenti quali 99mTc o 123I. L’indagine SPECT ha il vantaggio di impiegare sia radiofarmaci marcati con i “tradizionali” radioisotopi, che si utilizzano anche per tutti i più comuni esami scintigrafici, sia gammacamere dedicate che sono ormai presenti in tutti i reparti di medicina nucleare, risultando quindi di ben più agevole accesso rispetto alla Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) che richiede, per la breve emivita dei radiofarmaci da esse utilizzati, la disponibilità di un ciclotrone. La SPECT cerebrale rappresenta pertanto una metodica di notevole rilevanza clinica e scientifica, ed il largo diffondersi di apparecchiature a tecnologia avanzata e, soprattutto, il recente sviluppo di nuovi radiofarmaci, rappresenta un'occasione di rinnovato interesse per questa metodica in ambito neurologico. Sulla base del tipo di radiofarmaco impiegato, si possono descrivere tre tipi di SPECT cerebrale per la valutazione di questo gruppo di sindromi cliniche: a) SPECT di perfusione cerebrale; b) SPECT cerebrale per i recettori dopaminergici D2; c) SPECT cerebrale del trasporto dopaminergico.

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40 Le proiezioni assonali dopaminergiche presenti nello striato sono dotate sulla membrana pre-sinaptica di proteine canale sodio-cloro dipendenti con ruolo di trasportatori per la dopamina. Questo recettore è stato ampiamente studiato da un punto di vista biomolecolare: è costituito da 12 domini transmembrana e da un’ansa extracellulare contenente 4 siti di glicosilazione (Giros et al.,1993; Nelson et al., 1998). Sono inoltre presenti numerosi siti di fosforilazione attraverso i quali viene, in ultima analisi, regolata la quantità di recettori presenti sulla membrana cellulare. Attraverso il DAT la dopamina, rilasciata nel vallo sinaptico, può essere ricaptata dopo la sua interazione con i recettori dopaminergici sul versante post-sinaptico. Lo scopo di questo sistema è quello di garantire un livello ulteriore di controllo sulla quantità di neurotrasmettitore presente nel vallo (Jaber et al., 1997).

Attraverso studi di caratterizzazione immunoistochimica (Ciliax et al., 1995) è stato possibile localizzare anatomicamente questa proteina nello striato, nel tubercolo olfattorio e in minor misura in altre sedi cerebrali contenenti proiezioni dopaminergiche. Proprio il fatto di essere presente solo sulla membrana dei neuroni dopaminergici ha permesso di ipotizzare l’uso di tale recettore come marker di integrità di tali cellule. Studi condotti nell’uomo (Wilson et al., 1996; Kaufman et al., 1991; Niznik et al.,1991) e sull’animale (Bezard et al., 2001) hanno dimostrato una riduzione del DAT nello striato dei pazienti affetti da malattia di

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41 Parkinson con una compromissione prevalentemente localizzata a livello del putamen, ponendo quindi le ulteriori basi per l’utilizzo di questa proteina come marker per la cellula dopaminergica e come marker della compromissione nigro striatale nei pazienti con malattia di Parkinson. Esistono delle obiezioni a questo tipo di assunzione (Lee et al., 2000) relative alla possibilità che la riduzione del numero delle cellule della sostanza nera si traduca in un atteggiamento compensatorio delle cellule residue con riduzione del DAT e aumento dell’attività dell’enzima DOPA Decarbossilasi. Questo dato è confermato anche da 2 indagini biomolecolari (Joyce et al.,1997, Uhl et al.,1994) in cui si dimostra una diminuzione dell’mRNA del DAT nelle cellule residue della sostanza nera nei pazienti parkinsoniani. L’effetto di questo compenso produrrebbe una sovrastima nella diagnosi con SPECT per il DAT e una sottostima con [18F]Dopa-PET. Questo può spiegare anche perché l’esordio dei sintomi avvenga solo dopo una discreta perdita neuronale, ma sembra non inficiare la sensibilità della SPECT con 123IFP-CIT nella diagnosi anche di forme precoci di malattia.

Oltre che nelle patologie del sistema nigro striatale la quantità di DAT subisce modificazioni dipendenti dal sesso e dall’età. Studi istologici su prelievi post mortem (Zelnik et al., 1986) hanno infatti riconosciuto una diminuzione, con l’avanzare dell’età, della densità di tale recettore nello

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42 striato. Lavalaye e colleghi, ricorrendo ad uno studio SPECT con 123 IFP-CIT su volontari sani hanno invece riscontrato una maggiore espressione del DAT nel sesso femminile.

Recentemente sono stati introdotti alcuni nuovi radiofarmaci, tra i quali 123Iß-CIT, 123I-IPT e 123IFP-CIT, tutti derivati del feniltropane, un analogo della cocaina, in grado di legarsi al trasportatore dopaminergico ed altamente selettivo per questo (Madras et al.,1989). Questi radiofarmaci sono pertanto promettenti per la valutazione della funzionalità del sistema dopaminergico presinaptico e cioè per una misura della degenerazione di fibre dopaminergiche nigro-striatali, quelle tipicamente colpite nella forma idiopatica di Parkinson. Lo 123IFP-CIT presenta rispetto agli altri due una maggiore praticità d’uso legata alla maggiore velocità di distribuzione e alla possibilità di acquisire le immagini dopo 3 ore dalla somministrazione endovenosa del radiofarmaco. L’analisi delle immagini SPECT può essere di tipo qualitativo, ma anche di tipo semiquantitativo, rapportando l’attività misurata all’interno di Regioni di Interesse (ROI) ottenute sui putamen ed i nuclei caudati con quella ottenuta su aree povere di terminazioni dopaminergiche, e dove il legame di 123Iß-CIT o di 123IFP-CIT non è quindi specifico (cervelletto o corteccia occipitale).[captazione striato- captazione occipitale/ captazione occipitale]

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43 Il valore normale di questo rapporto varia tra i differenti radiofarmaci in relazione alle differenti affinità di legame per il recettore risultando nello studio di Booij (Booij et al.,1997) di 2.3 per 123IFP-CIT e di 5.5 per 123Iß-CIT. Il calcolo viene ottenuto secondo la formula sopra riportata considerando la tomografia con la captazione maggiore (index slice), le due poste sopra a questa e una sotto.

L’utilizzo comune di questa tecnica riguarda principalmente la diagnosi di malattia di Parkinson, soprattutto nelle forme con un quadro clinico di incertezza e la diagnosi differenziale tra questa e altri disturbi che possono mimarne il quadro clinico. Particolare ambito di applicazione di tale metodica è l’utilizzo per la diagnosi differenziale tra le forme degenerative e quelle esclusivamente iatrogene di parkinsonismo. Infatti, non esistendo ad oggi mezzi clinici per distinguere il DIP dalla forma idiopatica (l’unica caratteristica clinica che minimamente li differenzia consiste nella predominante bilateralità del disturbo iatrogeno rispetto alla monolateralità dell’idiopatico) acquisisce grande importanza la SPECT come metodica capace di valutare l’integrità della via nigro-striatale e quindi la natura del parkinsonismo. La normalità di una scansione eseguita con 123 I-FP-CIT SPECT ha un’elevata affidabilità nell’escludere la presenza di una patologia che non sia quella iatrogena (Diaz-Corrales et al, 2009). Per quanto riguarda l’analisi delle immagini quella qualitativa si è

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44 rivelata totalmente sovrapponibile rispetto a quella semiquantitativa. In un lavoro del 2006 infatti è stata dimostrata la parità di efficacia nell’individuazione di malattia di Parkinson dei due tipi di analisi sopracitati, valorizzando la semplicità e facilità di esecuzione dell’analisi qualitativa rispetto all’altra (Ottaviani et al., 2006).

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2 OBIETTIVI DELLO STUDIO

Gli scopi principali di questo progetto sono tre:

1. Misurare la prevalenza di parkinsonismo iatrogeno in una coorte di individui affetti da schizofrenia (diagnosi secondo il DSM IV) ed in terapia con neurolettici.

2. Valutare la frequenza di alterazioni del sistema dopaminergico nigro-striatale mediante FP-CIT SPECT nel campione di pazienti con diagnosi di DIP e quindi verificare con quale frequenza il DIP sia associato ad una forma degenerativa sottostante.

3. Valutare il grado e la simmetria di degenerazione nigro-striatale nei pazienti DIP con SPECT alterata.

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3 DESCRIZIONE DELLO STUDIO

Pazienti

Sono stati reclutati pazienti che facevano capo all’Unità Operativa 1° di Psichiatria dell’Università di Pisa e quelli dell’Unità Operativa di Psichiatria degli Ospedali Comunali Borgo Trento di Verona. Sono stati considerati criteri di inclusione l’età superiore ai 40 anni, la diagnosi di schizofrenia e la terapia con antipsicotici (tipici e atipici) da almeno tre mesi. Sono stati esclusi tutti i pazienti con una diagnosi di malattia di Parkinson. Le notizie riguardanti età, sesso, età di insorgenza della sintomatologia schizofrenica, anamnesi familiare e patologica riguardante malattia neurologica o psichiatrica ed un’attenta anamnesi farmacologica sono state fornite dai pazienti o dai loro familiari. Sono stai invece esclusi da questo studio tutti coloro che facevano uso di ulteriori farmaci capaci di indurre DIP (flunarazina, cinnarazina, metoclopramide, SSRI, reserpina, tetrabenazina, prochlorperazina). Anche le patologie intercorrenti sono state egualmente valutate.

Tutti i pazienti, preventivamente informati dallo psichiatra sullo studio e sulle sue finalità, hanno dato il loro consenso che ha permesso il

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47 passaggio al primo screening consistente in una visita neurologica con un medico specialista nei disturbi del movimento, per valutare specificamente la diagnosi di parkinsonismo in base alla presenza di almeno due segni di parkinsonismo su tre (tremore di riposo, rigidità e bradicinesia). I pazienti che utilizzavano anticolinergici sono stati visitati dopo un wash-out di almeno tre giorni ed, effettuata la visita, la terapia è stata ripristinata.

Tutti i pazienti nei quali è stata posta diagnosi di DIP sono stati meglio caratterizzati mediante la parte motoria (III) dell’Unified Parkinson disease rating scale (UPDRS). L’unilateralità del disturbo è stata valutata secondo il punteggio della scala suddetta come segue: tremore destro/sinistro: si è valutata la somma dei punteggi di entrambi gli arti di destra/sinistra (item 20-21 escludendo il tremore facciale), rigidità destra/sinistra: è stata considerata la somma dei punteggi riguardanti entrambi gli arti di destra/sinistra ( item 22 escludendo la rigidità del collo); bradicinesia destra/sinistra: è stata valutata la somma dei punteggi valutanti entrambi gli arti di destra/sinistra (item 23-26). La somma di tutte queste valutazioni è stata fatta per ogni lato, con lo scopo di poter verificare la lateralizzazione del processo. E stata considerata indicativa di asimmetria la presenza di una differenza maggiore od uguale a 4 punti tra i due lati negli item compresi tra 20 e 26. La valutazione neurologica ha compreso

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48 inoltre la determinazione sia anamnestica che obiettiva di altri effetti collaterali legati agli antipsicotici (acatisia, discinesia tardiva).

I pazienti che sono stati selezionati secondo questi criteri sono stati poi sottoposti allo studio SPECT con FP-CIT.

Procedura SPECT

E’ stata eseguita la SPECT del trasportatore dopaminergico utilizzando come radiofarmaco lo 123I-FP-CIT, DaTScan® (Amersham Health). La somministrazione della dose di radiofarmaco (185 MBq) è avvenuta tramite un accesso in una vena di un arto superiore. La caratteristica dello 123I-FP-CIT è quella di essere affine ai recettori pre-sinaptici deputati al trasporto dopaminergico consentendo una valutazione della integrità delle fibre nigro-striatali. In questo caso l’acquisizione scintigrafica è avvenuta dopo un minimo di 3 ore dalla somministrazione e.v. del radiofarmaco.

Acquisizioni SPECT

Le acquisizioni per entrambi i tipi di SPECT sono state effettuate utilizzando una gamma camera a doppia testa (Optima NT, ELGEMS, Milwaukee, USA) munita di collimatori ad alta risoluzione.

Le immagini sono state acquisite con una matrice di 128x128 per 96 proiezioni su un’orbita circolare di 360° con un tempo di acquisizione

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49 di 20 secondi per ogni step (tempo di acquisizione totale degli studi circa 32 minuti).

Ricostruzione tomografica

L’elaborazione delle immagini è stato effettuata utilizzando una workstation ELGEMS eNTEGRA. Tutte le acquisizioni SPECT sono state ricostruite utilizzando l’algoritmo della retroproiezione filtrata, con un prefiltro passa-basso Butterworth (cut-off 0.55 cicli/cm, ordine 10), ed applicando una correzione uniforme dell’attenuazione tissutale.

Dopo la ricostruzione, le immagini transassiali sono state riorientate secondo il piano passante lungo la linea fronto-occipitale.

L’analisi delle immagini SPECT con FP-CIT è stato utilizzato un approccio tradizionale: dopo avere sommato 5 sezioni transassiali contenenti i nuclei della base, sono state disegnate due regioni di interesse (ROI) sui nuclei caudati, due sui putamen ed una sulla corteccia occipitale, considerata come regione di riferimento (basso legame specifico con il radiofarmaco per la scarsa densità di recettori del trasporto dopaminergico). Sono stati quindi calcolati quattro indici di captazione dal rapporto tra i conteggi ottenuti nelle quattro ROI disegnate sui nuclei della base e la corteccia occipitale

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50 Le immagini sono state poi valutate da un medico nucleare esperto, totalmente all’oscuro delle condizioni cliniche dei pazienti, con l’utilizzo di una analisi qualitativa. I pattern di uptake del tracciante sono stati definiti come normali (intensa captazione del tracciante nello striato di entrambi i lati) o anormali secondo i criteri di Benamer et al. Questa valutazione è possibile partendo dall’assunto che in uno striato normalmente captante la parte anteriore è rappresentata per lo più dal caudato, mentre quella posteriore per lo più dal putamen. I quadri anomali di captazione sono classificati come segue (figura 1):

 Anormalità di grado I: captazione asimmetrica con attività normale, o quasi normale, del putamen di un emisfero con una riduzione più marcata nell’attività del putamen dell’altro emisfero.

 Anormalità di grado II: simmetrica riduzione della captazione di entrambi i putamen con attività limitata ai nuclei caudati.

 Anormalità di grado III: captazione virtualmente assente in entrambi i lati coinvolgente sia il putamen che il caudato.

Questo sistema di valutazione rende possibile il confronto tra immagini acquisite in distinte strutture di medicina nucleare.

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51 Il confronto fra gruppi è stato effettuato per le varianti parametriche mediante test t introducendo la correzione di Bonferroni per confronti multipli.

Per le variabili non parametriche, in particolare il confronto tra i valori di captazione dei pazienti e della popolazione di controllo è stata effettuata con il test di Mann-Whitney.

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Figura 1: FP-CIT SPECT secondo i gradi di Benamer

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4 RISULTATI

Sono stati arruolati complessivamente nello studio 95 pazienti con diagnosi di schizofrenia secondo il DSM IV e terapia con neurolettici. L’età media dei pazienti arruolati era di 54,8±10,2 anni, sostanzialmente equamente distribuita nei due sessi. I farmaci antipsicotici assunti dai pazienti erano estremamente vari, sia qualitativamente che dal punto di vista delle dosi: il 47% assumevano neurolettici tipici, il 30 % circa neurolettici tipici, meno del 20% una terapia di associazione tra neurolettici tipici e atipici. Tra gli atipici i più rappresentati erano la clozapina e l’olanzapina, tra i tipici l’aloperidolo. La durata complessiva della terapia antipsicotica, indipendentemente dalla terapia in atto al momento dell’arruolamento, è stata mediamente di 23.2 anni, con un ampio range di variabilità (2-50 anni).

Pazienti senza diagnosi di DIP

La ricerca di segni di parkinsonismo ha permesso di identificare 25 pazienti (27% del totale) con diagnosi di DIP mentre 70 pazienti sono stati esclusi perché non presentavano alcun segno o solo uno fra tremore a riposo, bradicinesia e rigidità. Il tremore, in particolare nella forma del tremore

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54 posturale bilaterale e simmetrico era presente nel 10% circa dei pazienti di questo gruppo. I pazienti senza diagnosi di DIP non differivano significativamente dalla popolazione generale in studio né per caratteristiche demografiche (età e sesso) né per caratteristiche cliniche (durata e tipo di terapia antipsicotica) (tabella 3).

Pazienti con diagnosi di DIP

I pazienti con diagnosi di DIP della nostra casistica (tabella 4) sono rappresentati per circa il 65% da soggetti di sesso femminile, l’età media era di 59,2±10,1 anni con una durata media di trattamento di poco superiore ai 24 anni. L’analisi del tipo terapia in atto ha mostrato, diversamente dalla popolazione senza DIP, una netta prevalenza di utilizzo di antipsicotici tipici (60% rispetto al 24% in terapia con atipici).

Dal punto di vista della valutazione della fenomenologia clinica il segno clinico maggiormente rappresentato (presente in tutti i pazienti) è stata la bradicinesia, verosimilmente anche in quanto possibile segno della patologia psichiatrica di base. Oltre il 90% dei pazienti mostrava inoltre rigidità (intesa sia come rigidità assiale che come ipertonia plastica degli arti), mentre solo il 60% dei pazienti mostrava tremore, inteso come tremore del mento che tremore di riposo agli arti.

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55 La distribuzione asimmetrica, fin’anche unilaterale, era presente in 15 pazienti (60% dei pazienti con DIP) mentre circa il 30% mostravano associazione con altri disturbi del movimento iatrogeni di tipo ipercinetico (discinesie periorali e acatisia).

Rispetto ai pazienti senza diagnosi di DIP solo l’età risultava significativamente diversa tra i due gruppi (p<0.01), mentre la durata di terapia, seppur maggiore nel gruppo con DIP, non differiva in modo statisticamente significativo tra i due gruppi.

Pazienti con diagnosi di DIP e SPECT indicativa di degenerazione nigro-striatale

Sono stati sottoposti alla scintigrafia cerebrale con FP-CIT 22 pazienti con DIP, 3 pazienti hanno rifiutato questa fase dello studio.

Sei pazienti, il 24 % dei pazienti con DIP e il 6.2% della popolazione in studio, hanno mostrato indici di captazione striatale inferiori rispetto alla popolazione di controllo (30 soggetti sani) che ogni centro ha utilizzato per la creazione di valori di normalità. La valutazione qualitativa delle immagini di questi pazienti secondo la scala di Benamer ha mostrato in due pazienti un grado 1, in due pazienti un grado 2 e in 2 pazienti un grado 3. Nessun pattern di captazione di tracciante è risultata pertanto specifica di questa categoria di pazienti.

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56 Dal punto di vista demografico e clinico non sono emerse differenze statisticamente significative con tra il gruppo dei pazienti con scintigrafia indicativa di degenerazione nigro-striatale e il gruppo con normale captazione di tracciante. I dettagli di età media, UPDRS III medio, durata di terapia antipsicotica, tipo di sintomi e tipo di terapia dei due gruppi sono indicati in tabella 5. L’UPDRS III medio dei pazienti con degenerazione nigro-striatale è inferiore rispetto a quello nei pazienti senza degenerazione nigro-striatale ma la differenza tra i due gruppi non è statisticamente significativa.

Diversamente da quanto emerso in precedenti lavori inoltre, il 50% dei pazienti con SPECT indicativa di ipocaptazione striatale presentavano discinesie periorali.

Cinque dei 6 pazienti con segni di degenerazione nigro-striatale presentavano inoltre una distribuzione asimmetrica o unilaterale dei sintomi, tale caratteristica era invece presente n solo il 50% dei pazienti senza evidenza di degenerazione (tabella 5).

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Tabella 3: Dati demografico-clinici della popolazione in studio Età media UPDRS III Rapporto % tipici/atipici/misto Durata Media Trattamento (anni) Rapporto M/F

% altri disturbi del movimento NON DIP N70 53.2 - 31/56/13 22.8 35/35 8% DIP N25 59.2* 20.1 60/24/16 24.2 9/16 28%

*p<0.01

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58 Tabella 4: Pazienti con DIP e SPECT indicativa di degenerazione nigro-striatale

Età Sesso Terapia

UPDRS III

Grado Benamer 60 Femmina Aloperidolo 15 grado 3 68 Femmina flufenazina, quetiapina 6 grado 1 53 Maschio clotiapina, aloperidolo 7 grado 1 62 Femmina flufenazina, clorpromazina 9 grado 2 63 Femmina aloperidolo, clotiapina 10 grado 2 69 Femmina Clozapina 23 grado 3

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Tabella 5: Dati demografico-clinici dei pazienti con DIP Età media UPDRS III Rapporto % tipici/atipici/misto

%unilateralità %tremore %bradicinesia

% rigidità % altri disturbi del movimento DIP SPECT+ N6 62.5 11.6 66/34/0 83% 66% 100% 83% 50% DIP SPECT- N16 56.9 20.1 44/50/6 50% 56% 100% 100% 50% 59

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5 DISCUSSIONE

I dati forniti da questo studio concordano a livello epidemiologico con quanto già riportato in letteratura per ciò che riguarda clinica e fattori di rischio. Tra i 95 pazienti esaminati abbiamo avuto una percentuale di DIP del 26,3%. I dati di prevalenza del DIP nei precedenti studi sono molto eterogenei oscillando tra 20 e 70%, con una grossa differenza imputabile a differenze metodologiche (criteri di diagnosi, scale di valutazione etc). Ayd e coll nel 1961 hanno riportato in una coorte di pazienti schizofrenici DIP con una prevalenza con un range dal 19% al 36%. I nostri risultati sono abbastanza sovrapponibili rispetto a questo studio, mentre sono molto al di sotto di altri dati epidemiologici in gran parte per i criteri di reclutamento che nel nostro caso sono stati molto rigorosi soprattutto sul versante dell’anamnesi farmacologica (Halliday et al, 2002; Ganzini et al, 1991; Modestin et al,2000). Abbiamo infatti escluso tutti coloro che avevano in terapia SSRI, tetrabenazina, reserpina, flunarizina e cinnarazina, in quanto questi farmaci possono già di per sé indurre DIP, falsando quindi i risultati del nostro studio. Sono stati anche esclusi tutti coloro che non avevano diagnosi di schizofrenia secondo il DSM IV, aumentando ancora di più la rigorosità della selezione.

Figura

Figura 1: FP-CIT SPECT secondo i gradi di Benamer
Tabella 3: Dati demografico-clinici della popolazione in studio   Età  media  UPDRS III  Rapporto %  tipici/atipici/misto  Durata Media Trattamento  (anni)  Rapporto M/F
Tabella 5: Dati demografico-clinici dei pazienti con DIP   Età  media  UPDRS III  Rapporto %  tipici/atipici/misto

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