• Non ci sono risultati.

Luce su Giovan Battista Costa, pittore del Seicento lombardo un poco trascurato

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Luce su Giovan Battista Costa, pittore del Seicento lombardo un poco trascurato"

Copied!
77
0
0

Testo completo

(1)

NUOVI STUDI

RIVISTA DI ARTE ANTICA E MODERNA

2020 anno XXV

25

RIVISTA DI ARTE ANTICA E MODERNA

NUOVI STUDI

25

NUOVI STUDI

(2)

NUOVI STUDI

RIVISTA DI ARTE ANTICA E MODERNA

2020 anno XXV

(3)

REDAZIONE

AndreA BAcchi dAniele BenAti AndreA de MArchi FrAncesco FrAngi giAncArlo gentilini AlessAndro MorAndotti

SEGRETERIA DI REDAZIONE odette d’AlBo

COMITATO CONSULTIVO INTERNAZIONALE

Keith christiAnsen Michel lAclotte JenniFer MontAgu MAuro nAtAle serenA roMAno erich schleier Anne MArKhAM schulz

Gli articoli sono sottoposti a double-blind peer review tABulA grAtulAtoriA

Giorgio Baratti Silvana Bareggi Antonio Barletta Ezio Benappi

Duccio Bencini e Irene Pasti Bencini Brun Fine Art Luigi Buttazzoni e Roeland Kollewijn Maurizio Canesso Carlo Cavalleri Giancarlo e Andrea Ciaroni Ferdinando Colombo

Giovanni Cova Minotti Gerolamo Etro Gianni e Cristina Fava Paola Ferrari Enrico Frascione con Federico e Sasha Gandolfi Vannini Marco Galliani, Profilati spa

Matteo Lampertico Deborah Lentini e Salvatore Giamblanco Silvano Lodi jr. Mario, Ruggero e Marco Longari Jacopo Lorenzelli Andrea Lullo e Andreas Pampoulides

Sascha Mehringer Alfredo e Fabrizio Moretti Maurizio Nobile Gianna Nunziati Carlo Orsi Walter Padovani Andreas Pittas Giovanna Poletti Spadafora Stefano Redaelli, Il Ponte Casa d’Aste Davide Sada Alvaro Saieh Matteo Salamon

Simonpietro Salini Giovanni Sarti Tiziana Sassoli Pier Francesco Savelli Mario Scaglia, Sit spa Rob e Paul Smeets Gian Enzo Sperone Paolo Stefani

Carlo Virgilio e Stefano Grandesso Marco Voena

© 2020 tipogrAFiA editrice teMis.A.s. - Tutti i diritti riservati

Direttore responsabile: Luca Bacchi Direttore editoriale: Alessandro Morandotti Registrazione nr. 912 presso il Tribunale di Trento

Pubblicazione annuale. Euro 60,00

Progetto grafico: Paolo Fiumi e Gabriele Weber. Realizzazione a cura della redazione Selezioni colore e bicromia: per conto di Tipografia Editrice Temi - Trento

Redazione: 20121 Milano - Via Fatebenefratelli, 5 - Tel. 335 5236681 temi@temieditrice.it; nuovistudi1@gmail.com

Distribuzione e abbonamenti: Libro Co. Italia, 50026 San Casciano V.P. (Firenze) Tel. 055/8228461 Fax 055/8228462 e-mail: massimo@libroco.it

(4)

INDICE

5

AlFredo BellAndi

Una Madonna in trono col Bambino dei maestri caronesi Filippo Solari e Andrea

da Giona

13 susAnnA zAnuso

Un amico di Cristoforo Solari: Lelio Valle e la memoria funebre dei suoi genitori

25 lucA AnniBAli

Una proposta per Tommaso da Lugano: le sculture dei monumenti Corner

in San Salvador a Venezia

39 VirnA rAVAgliA

Quattro nuove sculture di Prospero Clemente al Casino di Sotto di Novellara

49 dAVid lucidi

Giambologna e Torino. Tre Crocifissi bronzei dal Real Castello di Racconigi: aperture su Adriaen de Vries, Pietro Tacca, Antonio Susini

e Gasparo Mola

71

AlessAndro MorAndotti

Un Cristo portacroce di Nicolò Musso

75 FrAncescA curti

Su Bartolomeo Mendozzi, caravaggesco dimenticato. Per l’identificazione del Maestro

dell’Incredulità di san Tommaso

111

cristinA QuAttrini

Una tela di Niccolò Tornioli da Amandola alla Pinacoteca di Brera

117 FrAncescA gAJA

Jan Miel su rame. Modelli romani per una produzione poco nota e una proposta

per gli esordi

127

AlessAndro MorAndotti

Luce su Giovan Battista Costa, pittore del Seicento lombardo

un poco trascurato

139

elisABettA silVello

Da casa Grillo alla collezione Borromeo: la storia riscoperta dei dipinti di Luca Giordano

e degli arazzi dell’Isola Bella

161

pAsQuAle FocArile

Giulio Pignatta, ritrattista nella Firenze degli ultimi Medici: opere, committenti

e documenti per una ricostruzione della prima attività toscana

177 nicolA ciArlo

Un dialogo lungo due secoli:

Benedetto da Rovezzano e Girolamo Ticciati ai Santi Apostoli di Firenze

185 ABstrActs

(5)
(6)

127 AlessAndro MorAndotti

LUCE SU GIOVAN BATTISTA COSTA,

PITTORE DEL SEICENTO LOMBARDO UN POCO TRASCURATO

Gli interni del palazzo dell’Isola Madre, l’edificio di più antico impianto tra gli immobili

storici di proprietà dei Borromeo sullo specchio del Lago Maggiore 1, sono frutto di una

siste-mazione relativamente recente, promossa dall’intelligenza progettuale di Bona Borromeo, a

partire dal 1978 2.

Una sola persona e un unico momento storico, e non un coro di voci e cronologie dilatate

così come è avvenuto per i rivolgimenti interni del palazzo dell’Isola Bella 3.

L’occasione principale degli allestimenti di quell’edificio maestoso in mezzo alle acque del Verbano, sostanzialmente vuoto almeno nel corso del Novecento, è legata all’acquisizione dei beni mobili del palazzo Arese di Cesano Maderno, ricevuto per via ereditaria dai Borromeo nel 1674 e a lungo considerato un’importante residenza della famiglia fino al momento della cessione nel 1987, come nuda proprietà, al Comune di quel piccolo centro a nord di Milano.

Sulla base delle fotografie storiche, si passano in rassegna gli interni montati fino a quella

data nelle sale di Cesano Maderno 4, testimonianza in gran parte delle scelte di un mecenate di

primo piano nella Milano del Seicento, Bartolomeo III Arese (1610-1674), con rimandi molto precisi, specie se si considerano i quadri mobili, agli affreschi che punteggiano il palazzo: un’in-credibile antologia, nel suo complesso, della scuola lombarda del Barocco maturo, all’altezza di

date che vanno circoscritte tra il 1660 e il 1674 5.

Il contesto originario è ormai perduto. Motivo di rammarico, certo, anche se di fronte a casi di dismissioni di beni mobili ancorati agli spazi di antica provenienza per ragioni di mercato,

in Lombardia numerosi anche in anni recenti 6, il caso di Cesano restituisce un parziale lieto

fine: le opere sono tutte ancora conservate all’Isola Madre e ricollocate, con grande equilibrio, in spazi che, almeno parzialmente, rispettano la logica della sequenza iconografica originaria.

Da alcuni anni, ho cominciato ad affrontarne lo studio insieme ai miei studenti, anche in

vista di una prima inventariazione dei beni del palazzo sull’isola. I risultati, confluiti in tesi 7 e in

lavori di tirocinio 8, non hanno trovato una forma compiuta, né un approdo editoriale, ma credo

che sia giunto il momento di smuovere le acque e di cominciare a rendere noti i risultati più singolari della ricerca, favorita dall’Amministrazione Borromeo e dalle campagne fotografiche

dell’Associazione Vivere il Palazzo e il Giardino Arese Borromeo di Cesano Maderno 9, ai cui

membri si devono studi e pubblicazioni su alcuni temi dell’antica quadreria Arese già a Cesano

e ora all’Isola Madre 10.

Più che ricostruire l’assetto dell’antica Galleria del palazzo di Cesano, da cui provengono le opere oggi sul Lago Maggiore su cui mi esercito particolarmente in questo articolo, o di analoghi ambienti progettati da Arese e dai suoi professionisti, vorrei provare a fare riemergere le qualità specifiche di un artista lombardo un poco dimenticato, le cui qualità per nulla di-sprezzabili devono venire alla luce in un necessario ritratto a tutto tondo fissato sulle tracce del

173.

174.

(7)

ALESSANDRO MORANDOTTI

128

suo stile, profilo che ne faccia risaltare il ruolo tra la compagine di artisti attivi per Bartolomeo Arese ma anche nel contesto della storia della pittura a Milano nel terzo quarto del Seicento.

Si deve a Francesco Frangi la prima mappatura ragionata dei pittori attivi a fresco nelle sale di Palazzo Arese, poi Borromeo Arese a Cesano Maderno. Riemergevano così, in un coro di voci che vale quasi come una guida alla conoscenza della pittura a Milano poco dopo la metà del Seicento, le opere di Ercole Procaccini il giovane e dei fratelli Danedi (i Montalto), di

Fe-derico Bianchi, di Giuseppe Nuvolone e di Antonio Busca 11, mentre era quella l’occasione per

rievocare a volo d’uccello altri vicende di committenza che hanno visto protagonista l’Arese 12,

uno dei militanti difensori delle nuove leve dell’arte lombarda, in pittura come in scultura 13.

L’antologia dei nuovi talenti promosso da Bartolomeo Arese si arricchisce di fronte alle informazioni della serie di opere mobili che punteggiavano un tempo la Galleria di Cesano Ma-derno e che sono ora all’Isola Madre, come la prima ricognizione favorita da una documentata

guida storico-artistica a stampa di Mauro Natale ci ha permesso di constatare 14. Le

informa-zioni di un inventario settecentesco dei beni mobili di casa Arese a Cesano 15, di cui esiste un

puntuale riscontro in alcune striscioline di carta incollate lungo i bordi delle tele, utili a trovare corrispondenza tra i dati documentari e le singole opere oggi esposte, guidano i riconoscimenti. Tra le opere dei fratelli Danedi, Giuseppe Nuvolone, Ercole Procaccini il giovane, i fratelli

Ago-stino e Giacinto SantagoAgo-stino, in qualche caso già note agli studi 16, sfilano alcune tele assegnate

anticamente - e a ragione come vedremo - a Giovan Battista Costa 17, “robusto pittore milanese

[…] che qui rivela le sue migliori qualità di pittore di storia e ritrattista”, come è stato scritto

con efficace sintesi 18. È da quei dipinti un poco trascurati che è iniziata la mia ricognizione

sul pittore. Si tratta di tre tele con scene di storia greca e romana 19, utili a ripercorrere episodi

narrati dalle fonti classiche in cui le passioni politiche, le virtù e le doti di esercizio del pubbli-co potere professate da grandi uomini del passato potevano guidare anche solo idealmente il percorso pubblico del committente, ago della bilancia nei rapporti tra Milano e Madrid intorno

alla metà del Seicento 20.

In un vero e proprio trittico ad ‘ante mobili’ Costa monta tre scene legate compositivamen-te da rimandi incompositivamen-terni: due più animacompositivamen-te e corali, e invece una, quella che sceglieremmo come elemento centrale per la sua austera solennità, definita in un serrato gruppo di due figure gio-cato con toni più monumentali nell’immediato primo piano. Si coglie qui il gesto imperioso di Tarquinio il Superbo che, rivolgendo il suo sguardo al giovane immediatamente alle sue spalle che ne segue l’azione con tono interrogativo, percuote con una corta canna i fiori più alti del suo giardino recidendone le corolle. L’episodio, narrato da Valerio Massimo, rievoca il criptico consiglio del re di Roma rivolto, attraverso il messaggero presto di ritorno nella vicina città di Gabi, al figlio Sesto Tarquinio perché questi sottomettesse i maggiorenti della città ostile a Roma come il padre aveva tagliato i garofani (qui facilmente identificabili come tali) più emi-nenti del suo giardino. L’accademica costruzione della figura del protagonista della scena, e la definizione del suo volto indurito dall’esercizio dell’autorità, sono quasi un omaggio ai modelli di Daniele Crespi, molto cari agli artisti milanesi radunatisi intorno alla figura di Antonio Busca negli anni della seconda Accademia Ambrosiana (inauguratasi nel 1668); più autonome invece

XIX, 175-177. 176.

(8)

GIOVAN BATTISTA COSTA 129 sono le scelte del pittore nel momento in cui definisce, con toni più mobili e naturali, la figura del giovane emissario di Sesto Tarquinio, il cui volto accuratamente definito nella fisionomia parla di un aggiornamento sugli esempi di Francesco Cairo.

Un clima diverso, più animato, riguarda invece le due altre scene, destinate ad evocare la miracolosa guarigione di Alessandro Magno ad opera del medico Filippo, di cui il generale macedone accetta i consigli nonostante le maldicenze di alcuni consiglieri: “laboriose allusioni

al valore della circospezione e della lealtà politica” 21, giusto il racconto degli scrittori antichi

molto spesso messo in scena in pittura.

Le storie, quasi ritratti di gruppo, sono montate con una singolare abilità, e le cromie accese,

molto in linea con il ‘neovenetismo’ diffuso a Milano in quegli anni, tra Cairo e i Santagostino 22,

sono modulate con tonalità distinte, tra i bagliori dei primi piani e le atmosfere cupe e tenebro-se, quasi rembrandtiane, degli sfondi, dove emergono le figure di contorno, nient’altro che una rassegna di teste in scorci variati di mirabile indagine psicologica ed espressiva, membri di un indistinto coro che sottolinea la drammaticità dell’azione e la enfatizza, guidandoci nella lettura dell’azione principale. Alcuni brani indimenticabili - il giovane che per spirito di servizio non abbandona il braciere mentre un carbone ardente gli brucia la manica dell’abito fino alla pelle; il paggio dai lunghi capelli biondo-rossastri che si insinua rapido tra il condottiero macedone e il funzionario che legge la lettera malevola di Parmenione - ci inducono a credere che di Costa bisogna occuparsi più di quanto non abbia fatto sino ad ora la storiografia. È un pittore a volte legnoso oltre che robusto, ma sempre intenso, con un piglio da ritrattista; lo qualificheremmo qui come un interprete singolare e indipendente delle suggestioni che, nella Milano del terzo quarto del Seicento, potevano arrivare dagli esempi di Francesco Cairo e di Pier Francesco Gianoli, il pittore valsesiano di cui ancora bisogna valutare il ruolo nella storia della pittura a Milano poco dopo la metà del Seicento. Un accostamento di modelli forse imprevisto, dove l’intensità introspettiva e la stesura fremente dell’ultimo Cairo, pensando alle redazioni del

Ritratto di Luigi Scaramuccia o del San Luigi Gonzaga riceve la prima comunione dall’arcivescovo Carlo Borromeo della Pinacoteca di Brera, si combina utilmente con il naturalismo popolare e

montano di Gianoli, alla cui produzione vanno accostate le teste grintose in secondo piano nelle due tele Borromeo con storie di Alessandro, pensando alla rassegna dei volti che punteggiano la pala del pittore nato da una costola di Tanzio da Varallo per l’ Arciconfraternita del Gonfalone

nella chiesa di Santa Maria di Loreto ad Arona 23 o alla galleria di ritratti altrettanto intensa

declinata nelle sue indimenticabili scene di conforto ai condannati della Pinacoteca di Varallo,

pressoché coeve alle tele di Costa oggi all’Isola Madre 24.

Ma chi è Giovan Battista Costa ? Cosa sapevamo di lui fino ad oggi ?

Sorprende che il suo nome sia assente dalla più informata fonte per ricostruire le biografie degli artisti lombardi di età barocca, l’Abecedario di padre Orlandi, edito nel 1704, con molte notizie da Milano fornite da un pittore legato come Costa all’entourage di Bartolomeo Arese, Federico Bianchi. Qualche dubbio sulla tendenziosità di questo silenzio potrebbe nascere, e

non sarebbe l’unico caso di disinformazione interessata da parte del Bianchi 25; Costa sfugge

anche alle postille di padre Sebastiano Resta, molto informato sui fatti milanesi 26, su una copia

XIX, 175, 177.

XIX, 175, 177.

183, 184. 178.

(9)

ALESSANDRO MORANDOTTI

130

dell’Abecedario 27, artista che è pure assente nella seconda edizione curata dallo stesso Orlandi

nel 1719. In precedenza, Agostino Santagostino, se si fosse occupato anche degli artisti viventi,

cosa che non avvenne “per evitare giudizi di parzialità” 28, avrebbe forse rivelato la presenza

di dipinti del Costa in alcune chiese di Milano dove si affaccia per stilare l’elenco “delle opere insigni che stanno esposte al pubblico”, come recita una parte del lungo titolo della sua guida edita nel 1671; poco prima, intorno al 1670, Santagostino si era trovato infatti a lavorare fianco a fianco con Costa in Palazzo Arese Borromeo a Cesano e, sempre su invito di Bartolomeo Arese, nella chiesa di San Pietro a Seveso: indizi di un rapporto che dovette essere consuetudi-nario come vedremo. Solo qualche anno dopo, nel 1674, sarà invece Carlo Torre a individuare le opere pubbliche del Costa in alcune chiese eminenti della città di Milano (Sant’Agostino;

Sant’Eustorgio; San Giovanni alle Case Rotte) 29.

Dalla parole asciutte del Torre non traspare alcun giudizio critico né sforzo di definire le scelte stilistiche del pittore e bisognerà aspettare le diligenti notazioni di un altro testo odepo-rico, firmato da padre Serviliano Latuada nel Settecento inoltrato, per leggere che la pala in

Sant’Agostino era “graziosamente colorita dal nostro Gianbatista Costa” 30 o, di fronte a una

pala in Sant’Eustorgio, per alcune fonti opera dei Nuvolone, vedere di nuovo evocato il nome del pittore: “quantunque altri asseriscano sia di Gio. Batista Costa, pur esso annoverato fra i

più esperti Pittori Milanesi” 31.

Un magro bottino in verità, e per di più senza riscontro, visto che nessuna delle opere sopra citate è giunta sino a noi.

Ripercorrere la fortuna critica del pittore, il cui nome è spesso presente tra le righe degli

inventari antichi 32, ci costringerebbe a stare ancora lontani dalle opere, e per questo bisognerà

piuttosto ricordare come lentamente, a singhiozzo, i suoi dipinti, di qualità spesso molto altale-nante, siano emersi negli studi nel corso del Novecento. Un pugno di quadri d’altare in verità e qualche sua presunta prova nel campo della ritrattistica, troppo poco perché il pittore entrasse

nelle antologie dedicate alla pittura lombarda del tardo Seicento 33. La sua presenza, all’atto

della costituzione (1687), tra i pittori dell’Accademia di San Luca, una libera congregazione di

artisti attivi a Milano 34, non ci informa in merito alla sua formazione, collocabile

cronologica-mente nel vuoto tra l’attività della prima e della seconda Accademia Ambrosiana (riaperta nel

1668, dopo quasi quarant’anni di inattività) 35, essendo il Costa nato probabilmente nel quinto

decennio del Seicento 36.

Non ci resta che ripercorrere le informazioni stilistiche delle sue opere pittoriche documen-tate, e al contempo la sua pur magra fortuna negli studi del secolo scorso.

Si deve a Giorgio Nicodemi, nel 1935, l’articolo di ‘rilancio’ moderno del pittore, anche se lo studioso ne fissa ipoteticamente la data di nascita al 1670, con una prospettiva cronologica completamente falsata. In margine alla ricostruzione della vicenda di committenza di una serie di opere da parte dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento del Duomo di Milano, con storie della santa e raffigurazioni di miracoli eucaristici, riemergeva infatti, tra gli artisti documentati, il nome di Giovan Battista Costa, a cui era stata affidata una tela del ciclo con Santa Caterina da

Siena vede uscire una fiamma dall’ostia consacrata 37. La data 1700 a cui quell’insieme di dipinti,

(10)

GIOVAN BATTISTA COSTA 131 oggi al Museo Diocesano di Milano, si collega per via documentaria, non è vincolante, visto che

si conoscono integrazioni successive e forse utilizzi di opere eseguite in precedenza 38, anche

se non si può discostare di molto da quel dato cronologico l’esecuzione del dipinto di Costa, opera dell’estrema maturità del pittore, un po’ fuori registro ormai nel confronto con le altre opere compagne, eseguite da artisti aperti alle esperienze della pittura luminosa e frizzante del Settecento, da Carlo Preda a Legnanino. Un’opera non indimenticabile questa del Costa, che si presenta qui “come un pittore piuttosto ritardatario, modesto esponente di una tendenza clas-sicista legata ai modi di Busca e della seconda Accademia Ambrosiana, con qualche influenza

di Federico Bianchi” 39. È proprio così, e quel dipinto di Costa non ci avrebbe mai spinto ad

occuparci del pittore in modo approfondito.

Sarà Arslan, nel 1960, tornando a parlare del quadro di Costa per il Duomo, a restituire un contesto più corretto per studiare il pittore, a partire dal quadro cronologico che lo vide attivo; lo studioso, ripercorrendo le notizie delle fonti e forte di una più solida ricognizione sul terri-torio rispetto a quanto emergeva in precedenza dal breve intervento di Nicodemi, commenta il quadro firmato e datato 1670 della chiesa di San Pietro a Seveso, con San Pietro martire difende

Firenze dagli eretici, restituendo a Costa il ruolo di un alter ego di Agostino Santagostino 40,

pit-tore visibile lì accanto con il suo San Pietro martire predica all’aperto, meno dinamico, più

colo-rato ma certo perfettamente allineato alle scelte di Costa 41. La calma e pausata scena meditativa

di Santagostino lascia campo alla fremente e concitata scena di battaglia di Costa, sedotto dalle regie teatrali di Cerano (pensando al grande telero del Museo Civico di Cremona con la

Madon-na che guida Simon de Montfort alla vittoria sugli albigesi); il pittore sembra lì anche beneficiare

della fortuna a Milano dei colorati modelli genovesi, ben riconoscibili in molte teste di soldati, con elmi o copricapi all’orientale, dettagli in cui si percepisce la frenesia inventiva di Castiglio-ne o di Giovan Battista CarloCastiglio-ne. Tiziano e i maestri veCastiglio-neti del Cinquecento sembrano giocare un ruolo importante per tutti e due i pittori lombardi, ma è come se quei modelli fossero visti con sensibilità ben distanti: Santagostino, pensando alla rilettura di quei grandi modelli della tradizione lagunare fatta nel Seicento dagli artisti attivi nei confini della Repubblica di Venezia, accosta il talento accademico di Padovanino o di Carpioni, Costa l’energia di Francesco Maffei.

Due mondi in dialogo, in un cantiere caro a Bartolomeo Arese 42.

A ingarbugliare ulteriormente il bandolo della matassa giungeva la proposta di Mercedes Precerruti Garberi, alla quale si deve l’idea, resa nota in un articolo del 1969, che a Costa appartenga una serie di quattro ritratti siglati G.B.C. e datati 1690, conservati alla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, tutti destinati a restituire le effigi di membri della famiglia

Lucini 43. Problemi conservativi, salti di qualità, e indizi contraddittori ci mettono in difficoltà

per un giudizio finale, visto che in qualche caso si rilevano aperture verso Giacomo Ceruti, e in altri sguardi retrospettivi perfettamente in linea con la grande tradizione seicentesca dei pittori

di ritratto della Ca’ Granda, fucina dei ritrattisti milanesi 44; alla ritrattistica dei benefattori

dell’Ospedale Maggiore di Milano si riallaccia certo il Ritratto di Antonio Lucini, il più credibile tra i ritratti del Castello Sforzesco proposti come opera di Costa, anche per la tipologia del volto femminile della figura di sirena che regge il piano di un tavolo posto a fianco all’effigiato, molto

185, 187. 186.

(11)

ALESSANDRO MORANDOTTI

132

vicina a certi volti restituiti nel quadrone di Costa oggi alla rocca di Angera, da poco noto agli studi come opera di Costa. Nonostante l’impossibilità di riconsiderare tutti questi ritratti con un esame diretto, visto che sono in parte conservati in depositi ora inaccessibili per l’emergenza

sanitaria, sono sostanzialmente favorevole a mantenerli nel catalogo del pittore 45. D’altronde il

pittore di cui ci occupiamo mostra una predisposizione particolare in questo ambito della pro-duzione artistica, e certo si dedicò all’arte del ritratto lungo tutta la sua carriera artistica, come ci ricorda, in anni ben precedenti al 1690 segnato sulle opere del Castello, l’effige di Giulio Arese, il figlio di Bartolomeo morto prematuramente nel 1665 (a vent’anni), immagine com-presa in un’incisione allegorica che costituisce una seconda tavola, collegata al vero e proprio frontespizio, della tesi di laurea (1661) del rampollo di casa Arese, la sua opera documentata

più antica 46; Costa incide quel ritratto, ma è certo sua anche l’invenzione, visto che vi si notano

rimandi ai modelli di Cerano e a quelli ritrattistici di Francesco Cairo, artisti cari al più giovane pittore milanese.

Spettava poi a Filippo Maria Ferro contestualizzare la vicenda di un altro raro dipinto

firma-to e datafirma-to (1678) di Costa: il Martirio di san Genesio della chiesa di Sant’Eufemia a Novara 47,

un avvio al disciplinamento accademico del pittore che avevamo visto ‘esordire’ con maggiore vigore tra le pareti di Palazzo Arese a Cesano Maderno e il presbiterio di San Pietro a Seveso; Cerano e il genero e sodale Melchiorre Gherardini sono visti ora attraverso il filtro addolcito dei Nuvolone, alle cui scelte allude la figura elegante di soldato che incornicia la scena di mar-tirio sulla sinistra, mentre certe interpretazioni un poco meccaniche delle fisionomie e delle atmosfere del Cairo maturo, a cui mi pare si leghino il gruppo dei soldati in secondo piano così come la figura del carnefice e del santo, lasciano però spazio alle qualità visionarie della scena a monocromo sullo sfondo, rievocazione di un miracolo del santo, tradotto con le qualità rapide e guizzanti di certe soluzioni corali abbozzate da Cerano (nella Terza messa di san Gregorio della chiesa di San Vittore a Varese) e del Genovesino (nel Riposo durante la fuga in Egitto di Sant’Imerio a Cremona).

Non risulta troppo difficile trovare confronti e agganci stilistici tra le opere di Costa do-cumentate dalle firme e quelle tradizionalmente assegnatigli in casa Borromeo Arese da cui è partita la mia indagine, specie se si isolano alcuni dettagli del Martirio di san Genesio e delle tre tele oggi all’Isola Madre. Ma per ritrovare la grinta spavalda di certi ‘ceffi’ che fanno da contor-no alle due storie di Alessandro bisogna spostarsi nelle sale del Museo Civico di Como, davanti alla argentea Benedizione di un decapitato, dove Costa si fa riconoscere in un dipinto a lungo sfuggito alla corretta identificazione attributiva, sebbene i legami con la Valsesia caravaggesca di Tanzio da Varallo fossero stati a ragione evocati da chi si era trovato a schedarlo per la prima volta, con una proposta deviata però, anche in seguito a suggerimenti illustri venuti d’Oltralpe,

verso l’ambito dei Le Nain 48, e quindi all’ambito dei più nobili “peintres de la réalité” della

Francia seicentesca, per evocare il titolo della grande mostra del 1934 che li ha riportati all’at-tenzione del pubblico.

Quella tela, quasi monocroma, giocata sugli accostamenti tonali dei bianchi e degli ocra, fa parte di un piccolo ciclo di quattro tele ricondotto da Cristina Geddo nell’aula ottagonale della

193-194, 201. 200. 199. 192, 196. 195-196. XX, 182.

(12)

GIOVAN BATTISTA COSTA 133 chiesa di San Giovanni alle Case Rotte, sede della Confraternita di San Giovanni Decollato,

dedita al conforto dei condannati al Patibolo 49.

Una di queste, dispersa, raffigurava le Anime purganti ed era stata eseguita da Carlo Antonio Rossi, mentre “gli altri tre Quadri, raffigurando misere azioni di sfortunati condotti

all’Orche-stra, o già sofferto avendo il gastigo, vennero coloriti da’ fratelli Santagostino” 50.

Le puntuali descrizioni degli abiti di ordinanza indossati dai confratelli levano ogni dubbio circa l’identificazione di quei dipinti assegnati dalla tradizione storiografica ai fratelli Santago-stino, Agostino e Giacinto: due si trovano fianco a fianco alla Pinacoteca civica di Como, uno è

invece riemerso tra le pieghe del mercato 51.

Il nome dei fratelli Santagostino, compassati pittori accademici di relativo talento, non è suffi-ciente a mettere a fuoco il problema dell’autografia dei tre dipinti, come mi era parso in un altro studio dedicato al ciclo, ed è per me sempre più evidente che la prepotente personalità artistica

a cui si deve la Benedizione del decapitato di Como sia da precisare nel Costa 52, allora, alle date

precoci a cui va attestato il ciclo (1660-1662), poco noto in pubblico e forse per questo sotto la tu-tela dei più affermati Santagostino; solo qualche anno dopo, gli stessi committenti impiegheranno Costa in modo dichiarato in un ambiente attiguo al vano ottagonale della chiesa di San Giovanni Decollato, visto che Torre lo attesta, accanto a molti altri protagonisti della scena artistica milanese coeva suoi compagni di strada anche in altre occasioni (dai Santagostino, a Busca, ai Montalto, a

Giuseppe Nuvolone, a Federico Bianchi), come autore di due scene della vita del Battista 53

per-fette per declinare il suo talento drammatico (la sepoltura del Battista e una non meglio specificata

scena di sacrificio: perdute, al contrario di molte altre opere della serie 54).

Nella Benedizione del decapitato di Como, l’attitudine a passare in rassegna vari tipi umani in serrata sequenza, le teste mobili in scorci variati, lo rendono subito riconoscibile come lo stesso maestro a cui si devono le storie di Alessandro all’Isola Madre; la sua capacità di individuazione psicologica del carattere umano ci fa capire perché il “concentrato e severo” dipinto di Como

che gli spetta, “di scabro naturalismo” 55, sia stato avvicinato nel passato da Giulio Bora alle

opere di un pittore caravaggesco come Tanzio da Varallo 56. Credo peraltro che si possano

anco-ra assegnare a Costa almeno il ritanco-ratto di sacerdote e del suo giovane coadiutore, di un potente carattere espressivo assente nelle altre figure, nel dipinto della serie già sul mercato come opera di Carlo Francesco Nuvolone ma certo assegnabile all’équipe guidata dai Santagostino.

La tenebrosa vena naturalistica del Costa è quella che ritroviamo nelle opere di un pittore nato davvero da una costola di Tanzio da Varallo, vale a dire il valsesiano Pier Francesco Gianoli (1624-1690), a cui si devono due teatrali e solenni scene di conforto ai condannati a morte che si confrontano bene, oltre che, come abbiamo visto, con le storie di Alessandro oggi all’Isola Madre, anche e soprattutto con la serie in origine destinata alla chiesa di San Giovanni alle Case

Rotte 57. Le tele di Varallo sono nate per celebrare le attività di assistenza della Confraternita di

Santa Marta a Varallo, in un clima quindi perfettamente consentaneo a quello che vide nascere, pressoché negli stessi anni, i quadri già nell’aula dell’oratorio milanese, disperso poco dopo la soppressione della Scuola di San Giovanni Decollato da parte di Giuseppe II (1784) e giunto almeno in parte ai Musei Civici di Como nel 1945.

180-182.

197-198.

183-184. 188-191.

(13)

ALESSANDRO MORANDOTTI

134

Certo, dopo averne qualificato le scelte riassegnandogli uno dei quadri più singolari e dibattuti del tardo Seicento lombardo è difficile aggiungere altro, elencare altre opere a lui

assegnate 58, o da avvicinargli per la prima volta, perché il suo momento di grazia sembra

cir-coscritto a un piccolo nucleo di opere riferibili agli anni della sua prima maturità.

Ma, quasi a congedo, non si può almeno evitare di precisarne la presenza tra le numerose superfici affrescate del palazzo del suo principale sostenitore privato, Bartolomeo Arese, o ri-trovarlo attivo per i Borromeo d’Angera, famiglia estintasi a fine Seicento, sulle cui scelte di

committenza e di collezionismo possediamo da qualche tempo qualche certezza 59. Nella rocca

di Angera, giunta ai cugini di Arona per eredità diretta all’estinzione del ramo cadetto 60, si

conservano alcune prove di Costa: qualche ritratto di famiglia 61 e uno dei quadroni dedicati ai

fasti della famiglia Borromeo, affollato di ritratti compunti ed ‘educati’ 62, lontani dagli

eser-cizi più liberi e scapigliati delle opere più antiche, visto che il dipinto di Angera cade in una

data (1678) 63 perfetta per qualificare le scelte di Costa in un momento di ritorno all’ordine, in

perfetta sintonia con la pala di Novara, che è dello stesso anno.

Appartengono più o meno a quegli stessi anni gli affreschi che gli vanno restituiti

nell’orato-rio del Palazzo Borromeo di Cesano Maderno, con storie di San Pietro martire 64, delicate scene

corali, con figure che sfilano silenziose quasi in punta di piedi come avviene nel più affollato corteo degli astanti che accompagnano il mitico antenato dei Borromei, Federico, al cospetto dell’imperatore Enrico IV di Franconia nel quadro di Angera: da leggere come perfetto contro-canto dal punto vista dello stile. Qualche tempo prima di questo impegno, lo ritroviamo ancora attivo a Cesano, tra le pareti del grande salone con affreschi destinati a ripercorre episodi della storia di Roma, in quell’incredibile palinsesto della pittura barocca lombarda di cui abbiamo

cominciato a prendere coscienza dopo le prime aperture di Rossana Bossaglia 65, le riflessioni

critiche di Francesco Frangi 66 e le vaste campagne fotografiche per un libro del 1999 destinato

particolarmente a studiare le vicende di committenza e le questioni iconografiche sottese alle

immense metrature affrescate 67. Mi pare di vedere lì il Costa più ‘grintoso’ delle storie di

Ales-sandro e del quadro di Como in una serie di impetuosi trombettieri in abiti da cerimonia che, alternati alle paciose ed enfatiche figure allegoriche in abiti sfarzosi e stravaganti che spettano

ad Antonio Busca, si affacciano dal finto loggiato di quella grande macchina illusionistica 68.

In quel fregio a centro parete Costa sembra impegnato accanto a Busca anche in altri gruppi di figure che si affacciano dalla balconata, talvolta eseguite con toni corsivi, ed è in quel contesto che emerge un indizio per rintracciare anche il relativo talento di Costa come pittore di genere

documentato da altre fonti 69.

XX, 182. 193-194, 201. 210-211, 213-214. 203. 207. 204-206. 208-209.

(14)

GIOVAN BATTISTA COSTA 135

* Grazie alla famiglia Borromeo per la consueta disponibilità, a Serena Sogno per l’aiuto costante. Per informazioni, fotografie grazie infine a Federico Cavalieri, Marina Dell’Omo, Alessia Devitini, Filippo Maria Ferro, Francesco Frangi, Luciana Gerolami, Cor-rado Mauri, Paolo Mira, Giovanna Mori, Francesco Pelle, Massimo Rebosio, Nadia Righi, Daniele Santambrogio, Francesca Tasso.

1 In sintesi, M. nAtAle, Le Isole Borromeo e la Rocca di Angera, Cinisello Balsamo 2000, pp. 94-97. 2 Ivi, p. 99.

3 Si veda almeno il caso, studiato di recente, della Galleria dei Quadri (Collezione Borromeo. La Galleria dei Quadri dell’I-sola Bella, a cura di A. Morandotti e M. Natale, Cinisello Balsamo 2011.

4 P. F. BAgAtti VAlsecchi, Cesano Maderno. Palazzo Arese, Borromeo Arese, in Ville italiane. Ville della Brianza-I, a cura di

p. F. BAgAtti VAlsecchi, A. M. cito FiloMArino, F. süss, Milano 1978, pp. 48-71.

5 È quanto emerge nel primo studio documentato sugli affreschi, basato sulla consultazione di una cronistoria

novecente-sca (fondata sulle carte d’archivio di casa) delle vicende del palazzo utilizzata alla luce delle necessarie verifiche critiche: F. FrAngi,

Testimonianze della pittura barocca, in Pittura in Brianza e in Valsassina dall’Alto Medioevo al Neoclassicismo, a cura di M. Gregori,

Cinisello Balsamo 1993, pp. 53-56, 288-290, tavv. 116-119. In quel contesto, non si affronta lo studio dei quadri mobili già a Cesano.

6 A. MorAndotti, Il collezionismo in Lombardia. Studi e ricerche tra ’600 e ’800, Milano 2008, pp. 275-299.

7 s. leoni, La Galleria dei Centauri del Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno: tracce per la pittura barocca lombarda,

testi di laurea magistrale, Torino, Università degli Studi, a.a. 2013-2014, relatore A. Morandotti; l. ArnAudo, Giovan Battista

Co-sta. Un trascurato protagonista del Barocco Lombardo, tesi di laurea magistrale, Torino, Università degli Studi, a.a. 2014-2015,

re-latore A. Morandotti.

8 Primavera-estate 2014. Partecipanti Linda Arnaudo, Danilo Cardone, Sara Leoni (relazione presso l’Archivio Borromeo

dell’Isola Bella).

9 Ringrazio per la collaborazione e l’assistenza, Corrado Mauri, Francesco Pelle, Massimo Rebosio, Daniele Santambrogio. 10 Specificatamente: c. MAuri, Le lunette della Galleria al Giardino, ‘Quaderni di Palazzo Arese Borromeo’, 2, Cesano

Ma-derno 2011; s. Boldrini, c. MAuri, M. reBosio, d. sAntAMBrogio, Le sale dei ritratti Arese Borromeo, ‘Quaderni di Palazzo

Are-se Borromeo’, 4, CiniAre-sello Balsamo 2012; M. reBosio, La “Sala dei cardinali” in Palazzo Arese Borromeo. Uno specchio in cui si

ri-flette la corte pontificia del Seicento, ‘Quaderni di Palazzo Arese Borromeo’, 9, Cesano Maderno 2016. Nella stessa collana

(con-sultabile anche all’indirizzo www.vivereilpalazzo.it) si vedrà, come utile sintesi sulle vicende del palazzo di Cesano Maderno:

Pa-lazzo Arese Borromeo: percorso storico-artistico, ‘Quaderni di PaPa-lazzo Arese Borromeo’, 3, Cinisello Balsamo 2012.

11 Cfr. nota 5. La rassegna di immagini più ricca degli affreschi del palazzo è in Il Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno,

a cura di M. L. Gatti Perer, Cinisello Balsamo 1999. Lì si segue in sintesi il profilo di Bartolomeo Arese committente in pubblico e in privato: A. spiriti, I committenti: da Bartolomeo III Arese a Renato III Borromeo Arese, in Il Palazzo Arese Borromeo... cit., pp. 19-37.

12 FrAngi, Testimonianze della pittura… cit. (nota 5), pp. 54, 55-56.

13 Si veda in sintesi MorAndotti, Il collezionismo… cit. (nota 6), pp. 4-22; per i suoi interessi per la scultura, dopo l. pArVis

MArino, La cappella Arese in S. Vittore al Corpo: scoperte e precisazioni dopo i restauri, in ‘Arte Lombarda’, 94-95, 1990, pp.

175-186, si veda ora s. zAnuso, Aggiunte a Giovan Battista Maestri detto Volpino, in Scambi artistici tra Torino e Milano, 1580-1714,

at-ti del convegno a cura di A. Morandotat-ti e G. Spione, Milano 2016 p. 308.

14 nAtAle, Le Isole Borromeo… cit. (nota 1), pp. 121-123.

15 L’inventario, del 1762, è il documento più attendibile per studiare l’assetto delle stanze di Cesano, e più ricco di

infor-mazioni sugli affreschi e i quadri da galleria: l. piccinino, M, pileddu, Inventario Baselino, in Il palazzo Arese Borromeo… cit.

(nota 11), pp. 205-240.

16 A partire da nAtAle, Le Isole Borromeo… cit. (nota 1), pp. 121-123. Precisazioni iconografiche sulle opere di Giuseppe

Nuvolone, citate ma non illustrate, in F.M. Ferro, Nuvolone. Una famiglia di pittori nella Milano del ‘600, Soncino 2003, p. 256,

cat. g 83-84. Spettano ai fratelli Santagostino, e non a Giovan Battista Costa, le lunette con figure allegoriche, una delle quali fir-mata da Agostino e datata 1674 (MAuri, Le lunette… cit. [nota 10], p. 9). L’Incendio di Troia assegnato a Giovanni Stefano (nA -tAle, Le Isole Borromeo... cit (nota 1), p. 122) va restituito al fratello Giuseppe: o. d’AlBo, Giovanni Stefano e Giuseppe

Montal-to: vicende e fortuna di due fratelli pittori, in Giovanni Stefano e Giuseppe Montalto. Due pittori trevigliesi nella Lombardia baroc-ca, atti della giornata di studi a cura di O. D’Albo, Milano 2015, p. 24.

17 nAtAle, Le Isole Borromeo… cit. (nota 1), pp. 121-122. Le tele vennero forse eseguite nel 1668, a seguire la

documenta-ta cronistoria dedicadocumenta-ta al cantiere redatdocumenta-ta nel 1928 da Guido Borromeo Arese (FrAngi, Testimonianze della pittura… cit. [nota5],

p. 288). L’analisi dello stile ne conferma indicativamente la presunta data di esecuzione nella seconda metà degli anni sessanta del XVII secolo. All’antico assetto della galleria di Cesano risale anche un altro quadro oggi all’Isola Madre, di qualità assai mode-sta, ma riferibile a Costa anche sulla base delle attestazioni documentarie; si tratta di una tela con Alessandro e la famiglia di

(15)

Da-ALESSANDRO MORANDOTTI

136

rio esposto sulla parete in testa alla prima rampa dello scalone (registrato come opera di Costa in nAtAle, Le Isole Borromeo… cit.

[nota 1], p. 102, come nella Sala del Camino o Salone di Ricevimento).

18 nAtAle, Le Isole Borromeo… cit. (nota 1), p. 121. 19 Olio su tela, 233,7 x 144,6 cm ciascuno.

20 g. signorotto, Milano spagnola. Guerra, istituzioni, uomini di governo (1635-1660), Firenze 1996, pp. 146-160. 21 nAtAle, Le Isole Borromeo… cit. (nota 1), pp. 121-122.

22 Per questa congiuntura, nell’ottica della produzione tarda di Cairo particolarmente, F. FrAngi, Francesco Cairo, Torino

1998, pp. 125-131.

23 Per questa vicenda, e per il ruolo di Pier Francesco Gianoli, dopo le precisazioni di p. Venturoli (Appunti per un sag-gio su Pier Francesco Gianoli nel Novarese, in p. sitziA - g. sitziA - p. Venturoli, Il pittore Pier Francesco Gianoli a Grignasco e in

diocesi di Novara, Novara 2001, p. 17), M. dell’oMo, Testimonianze secentesche tra scultura e pittura dopo Arona sacra, una

rivi-sitazione, in La chiesa di Santa Maria di Loreto e la confraternita di Santa Marta di Arona dai Borromeo ad oggi. Storia, restauro, va-lorizzazione, atti del convegno a cura di I. Teruggi, S. Monferrini, Novara 2018, pp. 193-199.

24 Di quel ciclo, e dei meriti artistici del Gianoli, parla brevemente uno dei suoi più intelligenti interpreti moderni: g. ro

-MAno, Resistenze locali alla dominazione torinese, in Figure del Barocco in Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le province, a cura

di G. Romano, Torino 1988, pp. 363-364, speciatim nota 78.

25 Per lo ‘strategico’ oscuramento dell’attività di Paolo Cazzaniga, suo genero e vero e proprio alter ego dal punto di vista

dello stile, A. MorAndotti, Nuove tracce per la pittura lombarda nella diocesi di Tortona, in Alessandria e Asti nel Seicento.

Reper-torio antologico della pittura genovese e lombarda, a cura di A. Morandotti - G. Spione, con la collaborazione di M.V. Gattoni - I.

Giuliano - P. Manchinu, Genova 2014, p. 38.

26 MorAndotti, Il collezionismo… cit. (nota 6), p. XI.

27 g. nicodeMi, Le note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abecedario pittorico di Pellegrino Orlandi in Studi storici in memoria di Mons. Angelo Mercati, Milano 1956, pp. 263-326.

28 M. BonA cAstellotti, Introduzione, in A. sAntAgostino, L’immortalità e gloria del pennello. Catalogo delle pitture insigni che stanno esposte al pubblico nella città di Milano (1671), edizione annotata a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1980, p. XIII.

29 Per la natura delle opere, perdute, citate da Torre, A. MAzzA, Costa, Giovan Battista, in Dizionario Biografico degli Ita-liani, XXX, 1984, pp. 199-200.

30 s. lAtuAdA, Descrizione di Milano, 5 voll., Milano 1737-1738, III (1737), p. 160. 31 Ivi, p. 228.

32 Oltre alla sua presenza nella raccolta di Luigi Caroelli, montata tra Novara e Milano a cavallo tra Sei e Settecento, già

ri-levata negli studi (MAzzA, Costa, Giovan Battista… cit. [nota 29]), lo ritroviamo in raccolte molto in vista formate nel corso del

Seicento. Nel 1678 il suo nome è registrato, per un “Baccanale sopra la pietra”, nella raccolta Trivulzio (A. sQuizzAto, I Trivulzio

e le arti. Vicende seicentesche, Milano 2013, p. 238; i Borromeo d’Angera, cugini e antagonisti nel corso del Seicento dei Borromeo

di Arona (dal 1674 Borromeo Arese), sono grandi fautori della produzione di Costa, e il nome del pittore ricorre nei documenti di casa (A.e. gAlli - s. MonFerrini, I Borromeo d’Angera. Collezionisti e mecenati nella Milano del Seicento, Milano 2012, ad

indi-cem. Per la natura di alcune opere oggi riconoscibili, si veda più avanti il mio testo); infine, nei primi decenni del Settecento,

nel-la Galleria del panel-lazzo di Monza dei conti Durini, erano presenti, tra i “ventitré quadri mezzani di uniforme grandezza di diverse Historie”, “dieci pezzi” di Costa, alternati a “sette” di Ercole Procaccini jr e a “sei” del Montalto (c. geddo, Collezionisti e

mece-nati a Milano tra Sei e Settecento: i Durini conti di Monza, in ‘Artes’, 9, 2001 [ma 2003], p. 79). Curiosa la presenza di suoi due

di-pinti di genere (“Birbanti al naturale […] uno che suona un burlotto, e l’altro che mangia fasoli”, e un concertino a lume di can-dela) nella raccolta di Gerolamo Lonati censita nel 1707 (c. geddo, Collezionisti e pittori di genere nel Settecento a Milano e nel

Lombardo-Veneto, in Da Caravaggio a Ceruti. L’immagine dei ‘pitocchi’ nella pittura italiana, catalogo della mostra di Brescia a

cu-ra di F. Porzio, Milano 1998, p. 107). Questo specifico talento di Costa si visualizza in un affresco di Palazzo Arese a Cesano Ma-derno (si veda più avanti, al fondo di questo articolo).

33 Non compare il suo nome nel denso e documentato saggio di g. BorA, La pittura del Seicento nelle province occidentali lombarde, in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori e E. Schleier, 2 voll., Milano 1988, I, pp. 77-103.

34 F. BiAnchi JAnnetti, L’Accademia di San Luca. Organizzazione, orientamenti e aspirazioni, in Le arti nella Lombardia asbur-gica durante il Settecento, atti del convegno di studi a cura di E. Bianchi - A. Rovetta - A. Squizzato, Milano 2017, p. 440. Costa è

documentato negli atti dell’Accademia fino al 1696 (si veda più avanti, nota 36).

35 g. BorA, L’Accademia Ambrosiana, in Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, Milano 1992, pp. 335-373.

36 La data di nascita “intorno al 1640” indicata nel breve profilo a lui dedicato in una recente storia della pittura a Novara tra

Sei e Settecento è, fin dalla formulazione dell’affermazione, del tutto ipotetica (M. dell’oMo, F.M. Ferro, La pittura del Sei e

(16)

GIOVAN BATTISTA COSTA 137

tecento novarese, Novara 1996, p. 111). Giovan Battista, che ha un fratello anch’esso pittore (Federico) registrato però specie come

esperto di quadri (F. BAini, L’Arciconfraternita del SS. Sacramento eretta nel Duomo, la sua committenza pittorica e l’opera di artisti

po-co po-conosciuti, in ‘Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana’, XXV, 2007, p. 217), è attestato negli atti dell’Accademia di San Luca

come residente nella parrocchia di San Salvatore a Milano dal 1688 al 1696, per poi non lasciare più tracce, almeno in quel conte-sto (geddo, Collezionisti e mecenati… cit. [nota 32], p. 111, nota 72. Lo ritroviamo però ancora documentato in altre carte

d’archi-vio nel 1697: M. dell’oMo, La decorazione pittorica della chiesa, in, San Francesco a Trecate. Una chiesa francescana osservante, a

cu-ra di M. Dell’Omo, Novacu-ra 2006, p. 89, nota 70). “È quindi probabile che sia morto in una data prossima al 1700; in tal caso sarebbe un omonimo il Giovan Battista Costa documentato in parrocchia di San Stefano Maggiore nel 1712” (geddo, Collezionisti e

mece-nati… cit. [nota 32], p. 111, nota 72). Qualche nuova informazione biografica sulla famiglia è ora tracciata in M. dell’oMo, Notizie

degli archivi per i pittori “valsesiani”. Tarquinio Grassi e Giovanni Antonio De Groot, in ‘De Valle Sicida’, XIV, 1/2003, pp. 312-315. 37 g. nicodeMi, I quadri dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento nel Duomo di Milano, Milano 1935

38 s. coppA, I dipinti dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di Santa Caterina nel Duomo di Milano, in Musei e Gallerie di Milano. Museo Diocesano, Milano 2011, p. 229.

39 Ivi, p. 233, scheda 230.

40 e. ArslAn, Le pitture del Duomo di Milano, Milano 1960, p. 87.

41 I dipinti (374 x 604 cm) sono illustrati, anche con alcuni spettacolari dettagli, in un libro dedicato alla storia e alle attività

del Seminario dopo i restauri del complesso: Antico e nuovo. Il seminario di San Pietro Martire in Seveso, Sondrio 1999, pp. 54-57.

42 P. Frigerio, Francesco Castelli e il convento di San Pietro Martire a Seveso, in ‘Arte Lombarda’ 125, 1999/1 pp. 65-76. 43 M. precerruti gArBeri, La Pinacoteca del Castello Sforzesco (inediti, proposte e novità nella sede di Palazzo Marino), in

‘Arte Lombarda’, XIV, 1969, 2, pp. 141-143.

44 s.A. coloMBo, La Ca’ Granda, fucina dei ritrattisti milanesi, in Il ritratto in Lombardia da Moroni a Ceruti, catalogo

del-la mostra di Varese a cura di F. Frangi - A. Morandotti, Midel-lano 2002, pp. 266-281.

45 Le informazioni stilistiche contraddittorie di quei ritratti, di qualità altalenante, sono colte nelle schede del catalogo

scien-tifico della Pinacoteca, dove il nome di Costa è comunque mantenuto senza dubbio alcuno per tutti e quattro i dipinti (S.A. Co -loMBo, in Musei e Gallerie di Milano. Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca. Tomo III, Milano 1999, pp. 80-84,

catt. 534-537). Si asteneva da un giudizio definitivo su questi ritratti Angelo Mazza, nella sua sintetica voce dedicata al pittore nel Dizionario Biografico degli Italiani: MAzzA, Costa, Giovan Battista… cit. (nota 29).

46 Cristina Geddo considera l’incisione una traccia sicura per confermargli i ritratti del Castello (geddo, Collezionisti e pit-tori di genere… cit. [nota 32]). La rara e singolare prova, che si conosce in un esemplare conservato nella Raccolta delle Stampe

Bertarelli di Milano (TRI p. 5-48) resa nota nelle pagine della Storia di Milano (ibidem), vale un approfondimento anche della sua “attività come incisore” (g. Agosti, Una cartellina tizianesca, in ‘Prospettiva’, 157-158, 2015, p. 128, nota 25). La data 1664

indi-cata da Geddo per il ritratto allegorico di Giulio Arese va però rivista alla luce del frontespizio della tesi che reca la data 1661 in lastra, e l’indicazione che ci permette di capire che fu inciso da Giacomo Cotta su disegno di Costa, incisione sempre conservata alla Raccolta delle Stampe Bertarelli di Milano, Tesi. M. 2-60a.

47 F. M. Ferro, Il Martirio di San Genesio dipinto per i notai novaresi da Giovan Battista Costa (1987), ora in ideM, L’anima dipinta. Scritti d’arte lombarda e piemontese da Gaudenzio Ferrari a Ranzoni, Novara 2010, pp. 160-163.

48 G. BorA, in Collezioni Civiche di Como. Proposte, scoperte, restauri, catalogo della mostra di Como, Milano 1981, pp.

84-85, cat. 32 (si veda anche la scheda dello stesso studioso dedicata al dipinto ‘gemello’, già allora considerato di altra mano: ivi, pp. 82-83, cat. 31).

49 Per gli studi di Cristina Geddo, destinati a un cartello di sala per il percorso didattico del rinnovato allestimento del

Mu-seo Civico di Como, si veda il resoconto di M. l. cAsAti, Civiche collezioni d’arte di Como. Recuperi, scoperte, ricerche, restauri e

al-lestimenti, in ‘Rivista archeologica dell’Antica Provincia e Diocesi di Como’, 189, 2007, pp. 160-161. Anche per Geddo, come già

per Bora, la Benedizione del decapitato appartiene ad altra mano. Qualche ulteriore considerazione si legge in p. VAnoli, Le

confra-ternite lombarde nell’età post-tridentina: modelli decorativi ed esempi di committenza, in Confraconfra-ternite. Fede e opere in Lombardia dal Medioevo al Settecento, catalogo della mostra di Busto Arsizio a cura di S. Buganza - P. Vanoli - D. Zardin, Milano, 2011, pp. 94-99. 50 c. torre, Il ritratto di Milano, Milano 1674, p. 303. L’identificazione del ciclo descritto da Torre, oggi in parte a Como,

è frutto della ricerca di Cristina Geddo (cfr. nota 49).

51 Ho ripercorso queste vicende in A. MorAndotti, Tra carità cristiana e buon governo: cronache figurate di esecuzioni ca-pitali, in Da Beccaria a Manzoni. La riflessione sulla giustizia: un laboratorio europeo, catalogo della mostra di Milano a cura di g.

Panizza, Milano 2014, pp. 141-147.

52 Ibidem.

(17)

ALESSANDRO MORANDOTTI

138

di Bartolomeo Arese e del cognato Luigi Alessandro Omodei (A. spiriti, Esempi di recupero ideale: la chiesa di S. Giovanni

Decol-lato alle Case Rotte, in Il Ducato di Milano nel pieno Seicento. Nove episodi significativi, a cura di A. Spiriti, Milano 1993, pp.

13-15). Nel caso, Arese si troverebbe di nuovo a promuovere in pubblico l’attività di Costa.

54 S. coppA, Un ciclo ritrovato del secondo Seicento milanese. Le Storie del Battista per l’oratorio segreto della chiesa di San Giovanni alle Case Rotte, in ‘Arte Lombarda’, 137, 2003/1, pp. 121-124.

55 VAnoli, Le confraternite lombarde… cit. (nota 49), p. 97. 56 BorA, in Collezioni Civiche… cit. (nota 48).

57 Come già indicato in MorAndotti, Tra carità cristiana… cit. (nota 51), pp. 145-146.

58 Alla sua fase matura, in un momento di ripiegamento accademico e filo-classicista, appartiene lo Sposalizio della Vergi-ne, firmato e datato 1682, riscoperto nella chiesa di San Giovanni Battista di Robecco sul Naviglio (F. cAVAlieri, Su Giovanni

Bat-tista Costa, in F. cAVAlieri - M. coMincini, Pittura nell’Abbiatense e del Magentino. Opere su tavola e tela, secoli XV-XVIII,

Abbia-tegrasso 1999, p. 101, tav. 69); è sempre di Costa il dipinto di analogo soggetto, con alcune varianti, nell’Oratorio di S. Maria As-sunta alla Peralza, presso Magenta (ivi, p. 101, fig. 47). Non mi pare invece opera sua la Predica di Sant’Antonio ai pesci dell’Ab-bazia di Morimondo, già nota agli studi e proposta qui con motivata riserva (ivi, p. 101, fig. 48), dipinto certo di area milanese-ge-novese, in cui si colgono vaghi echi dei modelli di Luca Giordano.

59 gAlli - MonFerrini, I Borromeo d’Angera...cit. (nota 32). 60 Ivi, p. 38.

61 Oltre al Ritratto di Gian Giacomo Medici di Marignano, già assegnato al Costa da nAtAle, Le Isole Borromeo… cit.

(no-ta 1), p. 144, un dipinto che è in relazione con il celebre ritratto in armatura di Tiziano della Pinacoteca Ambrosiana (s. zuFFi, La

pittura ad Angera e le committenze dei Borromeo. I Fasti, in La città di Angera feudo dei Borromeo. Sec. XV-XVIII, atti del

conve-gno di studi, Gavirate 1995, p. 93; si veda ora più diffusamente Agosti, Una cartellina… [nota 46], pp. 122-131), gli va restituito

il Ritratto di Camillo Borromeo, un altro ritratto commemorativo di un antenato cinquecentesco dei Borromeo d’Angera, conser-vato nella Sala dei Fasti Borromeo, sempre nella Rocca di Angera.

62 Manca ancora uno studio sistematico sui Fasti Borromeo (un avvio zuFFi, La pittura ad Angera… cit. [nota 61] e in nA

-tAle, Le Isole Borromeo… cit. [nota 1], pp. 142-143), ciclo voluto da Antonio Renato Borromeo (1632-1686), il marchese di

An-gera legato alle vicende della seconda Accademia Ambrosiana (su di lui gAlli - MonFerrini, I Borromeo d’Angera... cit. [nota 32],

pp. 39-45). Per questo dipinto, assegnato a Costa su mio suggerimento, e per qualche altra nota sui fasti, ivi, pp. 48-49. Mi pare sempre da restituire a Costa la mesta copia da un dipinto del ciclo dei primi quadroni del Duomo di Milano (1601-1602) dedica-ti a raccontare le storia della vita del beato Carlo (Carlo Borromeo in pellegrinaggio a Torino per adorare la Sindone si accomiata dal

duca Emanuele Filiberto di Savoia e dal figlio Carlo Emanuele) sempre parte del ciclo dei fasti oggi ad Angera (registrata come

ano-nima copia antica in nAtAle, Le Isole Borromeo… cit. [nota 1], pp. 143-144).

63 gAlli - MonFerrini, I Borromeo d’Angera...cit. (nota 32), p. 48.

64 L’articolato oratorio (se ne veda l’accurata descrizione e la restituzione in pianta in A. spiriti, La grande decorazione ba-rocca: iconografia e gusto, in Il Palazzo Arese Borromeo… cit. [nota 11], pp. 121-131, e tav. 3 fuori testo dopo la p. 183), consacrato

nel 1677, venne decorato, stando alla cronistoria del 1928, da due artisti pressoché sconosciuti, Bizzozero e Zonca (sulla possibile identificazione di Bizzozero, FrAngi, Testimonianze della pittura… cit. [nota 5], p. 288). Questi due carneadi sono forse da

iden-tificare negli autori della gran parte dei numerosi affreschi presenti nella cappella, anche se Giovan Battista Costa è almeno rico-noscibile nei tre affreschi nell’aula dell’altare raffiguranti San Pietro Martire con un angelo, e due miracoli del santo (magnifica-ti dalle illustrazioni in Il Palazzo Arese Borromeo... cit. [nota 11], pp. 127, 129-130). Queste opere, dis(magnifica-tinte dalle altre prove negli ambienti attigui, erano state considerate di una anonima “personalità sensibile alla lezione nuvoloniana” da Frangi (ibidem). Mi pare di ritrovare Costa anche nell’antica cappella pubblica del Palazzo (è suo il San Domenico di Guzman e un angelo che si ve-de illustrato in Il Palazzo Arese Borromeo cit. [nota 11], p. 105, fig. 58).

65 r. BossAgliA, L’arte dal manierismo al primo Novecento, in Storia di Monza e della Brianza, 6 voll., Milano 1969-1979, V

(1971), pp. 79-81.

66 FrAngi, Testimonianze della pittura… cit. (nota 5). 67 Il Palazzo Arese Borromeo… cit. (nota 11).

68 Il nome di Antonio Busca per alcuni affreschi di questo ambiente, ma non in modo specifico per le figure affacciate dai

balconi dipinte nella fascia mediana delle pareti, è stato avanzato per la prima volta da FrAngi, Testimonianze della pittura… cit.

(nota 5). Per questo fregio ora in esame, pensa invece a un intervento di Giovanni Stefano Danedi, il Montalto, con “spunti dal Busca”, spiriti, I committenti… (nota 11), pp. 78-79 (le illustrazioni a pp. 76-77).

(18)

185

ABSTRACTS *

AlFredo BellAndi, Una Madonna in trono col Bambino dei maestri caronesi Filippo Solari e Andrea da Giona

The article presents an unpublished privately-owned polychromed stone sculpture repre-senting the Virgin enthroned with the Christ Child turning to her as he sits on her lap. This is a singular work, remarkable also for its rare compositional type and excellent condition,

and belongs among the most distinctive oeuvre of Filippo Solari (Carona, documented

1438-1448) and Andrea da Giona (Ciona, near Carona, documented 1434-1448), in the period of

the Mascoli Altar in the eponymous chapel in Saint Mark’s in Venice and the Borromeo Tomb

Monument, now in Palazzo Borromeo on the Isola Bella on Lake Maggiore. The sculpture,

probably made in the mid-1430s, reflects the sophisticated figurative culture of the Carone-se masters, with naturalism steeped in Classicizing and Burgundian idioms combined with passages of animated, rhythmic drapery redolent of Ghiberti, imaginatively calligraphic and voluminous.

susAnnA zAnuso, Un amico di Cristoforo Solari: Lelio Valle e la memoria funebre dei suoi genitori In 1517 Cristoforo Solari was living in Milan under the “shadow and protection” of Lelio Valle, a wealthy textile merchant of whom little was known. Research now places him in the circle of artists and patrons gravitating around Bramante’s project at San Satiro, and makes it possible to reconstruct the history of the tomb monument commissioned by Lelio to commemorate his parents, dated 1501, a work wholly neglected by scholars. The beautiful inscription of the latter, albeit bereft of its figures, has been traced, and an unpublished photograph from the 1920s shows it still intact, set in the wall of the chapel of the Virgin in Santa Maria delle Grazie in Milan.

The same photo also shows the first image of the lost 1504 monument to Michel de Levesville by Giovanni Lombardo de Patriarchi. As forgotten as it is significant, the Valle spouses’ monument bears rare witness to how the early Milanese Classicist milieu of Cristoforo Solari and his associates gave antiquarian treatment to the tomb genre.

(19)

ABSTRACTS

186

lucA AnniBAli, Una proposta per Tommaso da Lugano: le sculture dei monumenti Corner in San

Salvador a Venezia

Tommaso da Lugano (documented 1536-1584?), also known as Tommaso Lombardo, remains a little-known figure in Jacopo Sansovino’s Venetian workshop, although he was one of his most devoted pupils. The author attributes to him the sculptural decoration of the two Corner tomb monuments in the transept of San Salvador in Venice. These were probably financed by Cardinal Alvise Corner (1517-1584) to house the tombs of Caterina Corner (1454-1510), last Queen of Cyprus, and those of family members who had been cardinals: Marco (1482-1524), Francesco (1474/1476-1543), Andrea (1511-1551), and Alvise himself. A plausible date for the two tombs falls between the early 1570s and 1584, the year of the putative patron’s death. Francesco Sansovino’s guide to Venice of 1581 ascribes the structural project to the Ticinese architect Bernardino Contin without speaking of who carved the sculptures, and other known sources also remain silent about this. So far, scholars have put forward the authorship of Giulio del Moro and Giovanni Battista della Porta, but neither of these proposals has been entirely convincing. Comparisons with works by Tommaso finally make it possible to recognize the Corner tomb sculptures as his, thus expanding what is still a very scant catalogue of works.

VirnA rAVAgliA, Quattro nuove sculture di Prospero Clemente al Casino di Sotto di Novellara The author examines four terracotta busts of women (one now irreparably damaged) set on the entrance façade of the so-called Casino di Sotto in Novellara, proposing an attribution to the sculptor Prospero Sogari, known as il Clemente, from Reggio Emilia. Alongside an analysis of style, which highlights close affinities with the artist’s oeuvre, the article seeks to investigate the original location of these busts. Although they now form part of a structure refurbished in the eighteenth century, the Casino owes its original layout to Alfonso I Gonzaga, who entrusted the design of the complex and its stuccoes and fireplaces to Lelio Orsi of Novellara in 1563. Prompted by the links with this painter, the author concludes by expanding her argument to a broader framing of these works in the context of Mannerism in Reggio.

dAVid lucidi, Giambologna e Torino. Tre Crocifissi bronzei dal Real Castello di Racconigi:

aperture su Adriaen de Vries, Pietro Tacca, Antonio Susini e Gasparo Mola

The discovery of three bronze crucifixes in the collection of the Castello di Racconigi, near Turin, casts new light on the relationships between the Savoy family, Giambologna and his circle of collaborators, including Adriaen de Vries and Pietro Tacca, in the last fifteen years of the 1500s and the first two decades of the 1600s. The latter were asked on three separate occasions to provide works for the court of Turin, which was eager to follow the dynamics of patronage of the great ruling houses of Italy and Europe. In his pursuit of bronzes and crucifixes

(20)

ABSTRACTS 187 by Giambologna, among the most sought-after and appreciated artefacts of the time, Carlo Emanuele I of Savoy succeeded in involving the Flemish sculptor’s principal collaborators – to whom we owe the bronze versions of the three major prototypes of the Crucified Christ cast in the master’s Florentine workshop – and the intervention as dealer of Gasparo Mola, the sculptor and goldsmith from Como who brought one of these highly successful compositional types to Turin in the early seventeenth century.

AlessAndro MorAndotti, Un Cristo portacroce di Nicolò Musso

The discovery of a Christ Bearing the Cross by Nicolò Musso (Casale Monferrato c. 1585/1590-1623/1627), probably the painting documented among the artist’s possessions after his death, makes it possible to study his creative approaches in two distinct phases of his career,

thanks to its close relationship with the famous Christ on the Way to Calvary housed in the

Galleria Sabauda in Turin. Close adherence to Caravaggio’s style, as seen in the Turin painting (1610-1615), gives way in this new work, painted during the artist’s most advanced phase (1620-1625), to a sense of calm devotion, less dramatic and perfectly aligned with the Piedmontese and Lombard culture of those years, marked by Moncalvo and Daniele Crespi.

FrAncescA curti, Su Bartolomeo Mendozzi, caravaggesco dimenticato. Per l’identificazione del

Maestro dell’Incredulità di san Tommaso

This study reconstructs the identity and output of Bartolomeo Mendozzi, known as Bartolomeo della Leonessa, a painter who escaped the official biographies of his time. Born around 1600 in Leonessa (province of Rieti) and trained in the workshop of Bartolomeo Manfredi, he was active in Rome until the mid-1640s, receiving appreciative recognition within the Barberini circle and from the most important private collectors of the day such as the Giustiniani and Savoia.

It can now be established that Mendozzi is the formerly anonymous painter known as the Master of the Incredulity of Saint Thomas, one of the most interesting figures among the second-generation Roman caravaggisti whose artistic identity was discovered and outlined by Gianni Papi in more than twenty years of research, resulting in a catalogue of over fifty works. cristinA QuAttrini, Una tela di Niccolò Tornioli da Amandola alla Pinacoteca di Brera

One of the lesser-known paintings in Milan’s Brera Gallery is the Virgin and Child with

Angels and Saints Francis, Anne, Andrew, Sebastian and Philip Neri, from San Sebastiano in

Amandola (Province of Fermo), originally in the no longer extant church of the Observant Friars Minor. Housed in the storerooms and classified as anonymous, this picture is in fact by the Sienese painter Niccolò Tornioli (1606-1651) and is recorded in Franciscan sources of the

(21)

ABSTRACTS

188

seventeenth and eighteenth centuries; the large-scale canvas is datable to the period around 1630 and shows a clear dependence on works by Giovanni Lanfranco.

This was not the only painting to come from Rome to Amandola, where in the 1620s and 1630s some of the town’s churches were enriched with paintings by Pietro da Cortona, Giuseppe Puglia and Giacomo Sementi, in circumstances possibly connected with the powerful Cardinal Nephew Francesco Barberini, Governor of Fermo between 1623 and 1644.

FrAncescA roMAnA gAJA, Jan Miel su rame. Modelli romani per una produzione poco nota e una

proposta per gli esordi

The article examines the oeuvre on copper by the Flemish painter Jan Miel (Beveren, 1599?-Turin, 1664), absent in the early sources and the subject of only limited scholarly interest. The discovery of two unpublished pictures of the Martyrdom of Saint Agatha and the Martyrdom of Saint Lawrence offers the occasion to reconsider this little-known aspect of his output, adopted throughout his career, no doubt in part to satisfy the demands of market and clients; it also reveals the variety of Roman models he was able to rework in an individual manner. Furthermore – precisely because it is extraneous to Roman figurative culture – it can be hypothesized that the oil on copper of the Assumption of the Virgin in the Musée des Beaux-Arts in Dunkerque and the etching of the same subject were executed close to his arrival in Italy, demonstrating how Miel, at the same time as painting bambocciate, had undertaken narrative subjects since the 1630s.

AlessAndro MorAndotti, Luce su Giovan Battista Costa, pittore del Seicento lombardo un poco

trascurato

Consideration of the few known and securely autograph paintings, and a critical study of the documentation regarding a series of works in the Borromeo collections, lends structure to the almost forgotten artist Giovan Battista Costa (Milan, 1640/1645-c. 1700). In his most significant works, the Lombard can hold his own with Francesco Cairo and Pier Francesco Gianoli, a painter from the Valsesia. Costa’s authorship should be assigned to one of the most debated pictures of the Lombard Seicento, the Blessing of a Beheaded Man in the Civic Museums of Como, which has been the subject of recent comparison with the work of the Le Nain brothers. elisABettA silVello, Da casa Grillo alla collezione Borromeo: la storia riscoperta dei dipinti di

Luca Giordano e degli arazzi dell’Isola Bella

The article traces the steps in the history of collecting preceding the arrival of three paintings by Luca Giordano in the Palazzo Borromeo on Isola Bella, where they are now located, and

Riferimenti

Documenti correlati

ATTESTAZIONE DEL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO SULLA CORRETTEZZA, PER I PROFILI DI PROPRIA COMPETENZA, DEGLI ATTI PROPEDEUTICI ALLA SUESTESA PROPOSTA DI

—28.09 .20 14 a Clusone, Iseo, Lovere, Montichiari,Sarnico, Treviglio. Giovan Battista

L’analisi delle modifiche della linea di costa è stata effettuata mediante un confronto tra la linea di costa di riferimento (estratta dalla cartografia IGM in scala 1:25000) e

onde, mentre il bel lino orna e trapunge, di mille punte il cor mi passa e

[r]

“Per gli anni 2011, 2012 e 2013 la spesa complessiva per il personale delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazio- ne,

Le fontane di Roma nelle piazze, e luoghi publici della città, con li loro prospetti, come sono al presente.. Disegnate, et intagliate

Oggi il nostro percorso ci porterà verso la Costa della Luce, la lunga costa che si estende dal Doñana fino a Tarifa, la punta più meridionale della penisola iberica,