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Centralità del compito nella didattica online. Un dispositivo per la mobilitazione delle competenze e per la realizzazione del feedback tra studente e docente.

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Academic year: 2021

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©Anicia Editore QTimes – webmagazine Anno XII - n. 3, 2020 www.qtimes.it

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ISSN: 2038-3282

Pubblicato il: luglio 2020

©Tutti i diritti riservati. Tutti gli articoli possono essere riprodotti con l'unica condizione di mettere in evidenza che il testo riprodotto è tratto da www.qtimes.it

Registrazione Tribunale di Frosinone N. 564/09 VG

Centrality of the task in online teaching. A device for both the mobilization of

competences and the realization of feedback between student and teacher

Centralità del compito nella didattica online. Un dispositivo per la mobilitazione

delle competenze e per la realizzazione del feedback tra studente e docente

di

Maila Pentucci

Dipartimento di Scienze Filosofiche, Pedagogiche ed Economico-Quantitative, Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

maila.pentucci@unich.it

Abstract

The article presents a Collaborative Research path between teachers and researchers, based on the analysis of practices and their transformation. The focus has been placed on the concept of task, an instrumental artifact that, even in a virtual situation, is configured as: a space for the mobilization of competences (by the pupil) and to observe this mobilization (by the teacher); a tool to support the educational relationship, both in terms of feedback and in terms of interaction and exchange between pupil and teacher; a device within which the teacher can “hide himself” and guide the student in action. The first results have allowed to co-produce a pattern for the design of the meaningful and challenging task, tested in distance learning, but also useful in regular situation of classroom teaching.

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Keywords: task, feedback, metacognition, online teaching, collaborative research.

Abstract

L’articolo presenta un percorso di ricerca collaborativa tra insegnanti e ricercatori, basato sull’analisi delle pratiche e sulla loro trasformazione. Il focus è stato posto sul concetto di compito, artefatto strumentale che, anche in una situazione virtuale, si configura come: spazio per la mobilitazione delle competenze (da parte dell’alunno) e per osservare tale mobilitazione (da parte dell’insegnante); strumento a sostegno della la relazione educativa, sia in termini di feedback, sia in termini di interazione e scambio tra alunno e docente; dispositivo entro cui il docente può nascondersi e guidare lo studente in azione. I primi esiti hanno permesso di co-produrre un pattern per la progettazione del compito significativo e sfidante, provato nella didattica a distanza, ma utile anche per la normale didattica d’aula.

Parole chiave: compito,; feedback, metacognizione, didattica online, ricerca collaborativa.

1. Introduzione

Le situazioni di didattica a distanza, attivate per rispondere alla necessaria interruzione delle lezioni in aula, a causa dell’epidemia di Covid19, hanno sollecitato nei docenti implicati in questo processo una serie di riflessioni: queste hanno messo in evidenza alcune necessità, subito emerse, ed alcune problematiche osservate direttamente in azione.

Le caratteristiche di emergenza che hanno contraddistinto questa complessa fase di ristrutturazione del sistema scolastico delineano infatti una situazione molto variegata e spesso difficile. Gli interventi, improntati all’urgenza e al tentativo di raggiungere il numero più alto possibile di alunni, ma privi di una reale pianificazione e progettazione, hanno suscitato alcuni interrogativi e i docenti direttamente in azione hanno percepito diverse carenze.

Gli insegnanti hanno in particolare rilevato due criticità: innanzi tutto hanno colto il problema essenziale dell’attivazione dello studente: hanno evidenziato il bisogno di dispositivi che potessero sia superare il vincolo della non compresenza fisica di docente e discente, sia rimanere entro la dimensione di una didattica per competenze, basata sulla pratica, sulla ricerca e sulla ricostruzione di un sapere situato. Tutto ciò anche nell’ottica di andare oltre il modello appartenente ad un e-learning 1.0 basato su trasmissione di un contenuto, esercitazione procedurale, acquisizione di nozioni, verso un digital learning di tipo sociale, in cui l’ambiente di apprendimento sia uno spazio pedagogico, capace di supportare la relazione, lo scaffolding e forme di peer feedback e di peer education (Garavaglia, 2019).

In secondo luogo, hanno posto il problema di riuscire a mantenere una positiva relazione didattica ed educativa con i propri alunni, di attivare uno scambio continuo e una interrelazione che potesse configurare anche l’azione a distanza come una forma di co-azione formativa, che garantisse quel feedback reciproco e generativo (Rossi & coll., 2018), basilare per un apprendimento costruttivo e fondato sulla metacognizione e sulla riflessione.

In questo intervento si illustrerà pertanto la prima fase di un percorso di ricerca partecipativa (Anandon, 2007) tra insegnanti e ricercatori, il cui interesse convergente è stato quello di comprendere, entro un’area di indagine condivisa, in che modo rispondere ai bisogni rilevati in base

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alle narrazioni delle esperienze vissute: queste, secondo un approccio di tipo eidetico ed ecologico (Mortari, 2007), hanno consentito di definire l’obiettivo dell’indagine, fissato nella natura e nelle caratteristiche del compito. Questo è stato inteso come la situazione sfidante e attivatrice delle operazioni cognitive, sociali e personali per gli alunni; lo spazio di incontro e di ricomposizione della relazione educativa tra docente e studente; l’artefatto strutturato e strutturante (Rossi, 2019), in grado di generare strategie di feedback utili alla metacognizione.

2. Background

Per comprendere in che modo il compito possa diventare il dispositivo centrale nell’azione didattica, attraverso il quale si realizza e si concretizza il rapporto descritto dal triangolo didattico (Develay, 1992) tra docente, discente e sapere, occorre ripercorrere alcune delle piste teoriche che hanno preso in carico il concetto di compito come strumento che supporta lo studente nel passaggio da un sapere insegnato ad un sapere appreso (Magnoler, 2012) e come contesto di lavoro nel quale si reifica il processo di mediazione messo in atto dal docente. Il compito è il dispositivo che fornisce le regole d’azione, guida e organizza il corso dell’azione stessa, ne è il costituente sostanziale. Secondo la visione di Samurçay e Pastré (2004) il compito, in quanto attività, ha due dimensioni: una produttiva, che opera trasformazioni sul reale, l’altra costruttiva, che rappresenta la trasformazione che il soggetto esercita su se stesso. In quanto attività produttiva, lo sguardo va sulla dinamica degli scambi tra insegnante e studente: questi due soggetti collaborano alla co-elaborazione di un prodotto, condividendo scopi e processi di strutturazione. «Tra gli interlocutori si costruisce un’organizzazione interazionale che ridefinisce questi contratti [il contratto comunicativo e il contratto didattico, ndr.] in situ, elaborando soggettivamente uno spazio di concettualizzazione dell’oggetto elaborato» (Vinatier & Altet, 2008, p. 83). Il compito è così una co-attività nella quale si incontrano il lavoro dell’uno e l’attività degli altri, in relazione all’oggetto culturale, al costrutto di sapere che viene messo in discorso, che viene appunto co-costruito (Altet, 2017). In quanto attività costruttiva, invece, il compito agisce in senso euristico, nel senso che attraverso l’attività compiuta attraverso il compito i soggetti implicati trasformano se stessi e dunque apprendono. Questa doppia dimensione complessifica il costrutto di compito e la distingue da quella di semplice attività: ogni compito infatti, come sottolinea Altet (2003), comprende il dispositivo con le relative consegne, che genera determinati funzionamenti e contestualmente ciò che il soggetto interiorizza, tenuto conto sia delle istruzioni e del supporto fornito dal dispositivo, sia del ponte (Laurillard, 2002; 2014) previsto rispetto alle sue conoscenze ed esperienze pregresse.

Il funzionamento del compito rispetto ai processi di insegnamento-apprendimento si configura come forma organizzata di pratica, legata sia alle caratteristiche de soggetto che a quelle del contesto e della situazione. Il compito in quanto artefatto di interfaccia tra docente e discente è contemporaneamente: outil, in quanto elemento strutturato fisicamente, che guida e determina l’azione, e instrument, contenente schemi di azione, che prolunga la cognizione dell’insegnante, gli permette di pensare la sua classe e a cui l’insegnante delega una parte del suo potere (Clanet & Maurice, 2008). Il compito può sostituirsi all’insegnante, come oggetto mediatore, per rassicurare o non rassicurare, mobilitare, impedire, valorizzare, svalutare.

L’artefatto-compito ha così due connotazioni. È l’entità strumentale (Rabardel, 1995), parte del mondo esterno ma anche costruzione del soggetto stesso, che crea un processo ricorsivo di interazioni e trasformazioni reciproche tra il compito stesso e il soggetto. Ma è soprattutto il

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dispositivo entro cui il docente si nasconde (Damiano, 2013), attraverso cui opera la regia invisibile e orchestra l’azione.

Tale concezione di compito si inserisce perfettamente negli ambienti di apprendimento a distanza, in cui la presenza dell’insegnante diventa una funzione mediata, agita attraverso i dispositivi tecnologici.

Nel mondo digitale possiamo parlare di una mediazione virtualizzata (Rivoltella & Rossi, 2019), con l’artefatto inteso come spazio di azione in cui si realizzano le interazioni che conducono alle trasformazioni reciproche di soggetti e oggi che partecipano all’azione stessa.

Il compito come entità strumentale, che fa emergere i processi che il soggetto deve compiere per rispondere alle sue consegne e per reagire alle sue affordances, è ancora una volta organizzatore e regolatore in una dimensione di Formazione a Distanza non progettata né omogenea, ma del tutto emergenziale, come quella di cui si sta parlando. La Didattica a Distanza imposta ex abrupto dalla pandemia di Covid19 è infatti un aggregato di frammenti, difficilmente riconducibili entro l’architettura propria dell’e-learning (Ranieri, 2005) e solo la micro-progettazione della singola sessione di lavoro (Rossi, 2017), sostanziata nel compito, può sopperire all’assenza di un Learning Design globalmente pensato e strutturato (Pentucci & coll., 2020).

È tuttavia possibile, attraverso la predisposizione di artefatti organizzatori, sottoporre agli studenti situazioni-problema (Astolfi, 1993), che possano essere percepite dagli studenti come sfidanti e interessanti, rilevanti per la propria esperienza del mondo reale: «creare uno spazio che l’altro possa occupare, insistere per rendere questo spazio libero e accessibile, organizzare gli strumenti che permettano di appropriarsene e di sviluppare tutte le proprie potenzialità al suo interno per partire verso l’incontro con gli altri» (Merieu, 2007, pp. 85-86).

In tale spazio d’azione, si realizza l’incontro e si struttura la procedura di feedback, essenziale per ripristinare, anche in una dimensione spazio-temporale virtuale, il processo di interazione educativa, nelle sue componenti epistemologiche, pedagogiche e relazionali (Vinatier, 2013). Il feedback ha connotazioni multiple e polivalenti e agisce, secondo dinamiche varie, rispetto sia alla strutturazione del sapere personale degli studenti, sia alla costruzione del processo stesso di insegnamento-apprendimento (Laici & Pentucci, 2019).

Il feedback negli ambienti online può avere, secondo la classificazione di Vasilyeva & coll. (2007), caratteristiche di predefinizione (predefined feedback): può essere intrinseco al dispositivo strutturato che prevede in sede di progettazione di predisporre il feedback in base alle caratteristiche del gruppo classe; inoltre prevede caratteristiche di adattabilità (adaptable feedback), cioè un feedback che può essere personalizzato da ciascun alunno durante il processo, in base allo svolgimento del processo stesso; infine ha caratteristiche di adattività (adaptive feedback), ovvero che «consente ai diversi utenti di variare le impostazioni di feedback in base alle loro caratteristiche individuali e alle loro prestazioni» (p. 11). Tale dinamicità del processo di feedback, intrinseco all’idea stessa di compito, fa sì che esso si configuri come ciclico, interattivo e attivatore di una ricorsività tra azione, riflessione, metacognizione, ristrutturazione delle proprie concezioni e del sapere implicato (Winstone & Carless, 2019). Secondo la prospettiva di Nicol (2018), infatti, il feedback ha una propria natura generativa nello studente, che costruisce conoscenze e comprensione intrinseche, in base a processi autovalutativi e valutativi interni: genera, di fatto, apprendimento (Andrade, 2010). Per essere efficace in termini di apprendimento, il feedback deve essere chiaro, propositivo, significativo e compatibile con le conoscenze precedenti degli studenti,

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tenendo presente il carico cognitivo e la zona personale dello sviluppo prossimale e, soprattutto, deve aiutare lo studente a costruire connessioni logiche (Hattie & Clark, 2018).

Può quindi essere considerato un processo interno o comunque intrinsecamente connesso all’idea di compito come entità strumentale e come dispositivo organizzatore e regolatore dell’azione didattica (Pentucci, 2018a). Il compito, oltre che spazio per l’interazione, per la mediazione, per la mobilitazione delle competenze è anche spazio in cui si realizza il feedback loop, un feedback ciclico e continuo che ha effetti trasformativi sullo studente, sul docente, sul sapere implicato e sull’azione didattica stessa (Carless, 2019).

3. Metodologia

Il percorso formativo descritto nasce dall’incontro tra teorici e pratici e si configura come un verso processo di Ricerca Collaborativa (Desgagné, 1997; Desgagné & Larouche, 2010): secondo i principi delle pratiche di ricerca partecipativa e di ricerca-formazione (Anandòn & Savoie-Zajc, 2007), il bisogno, sollevato direttamente dalla comunità professionale degli insegnanti (Magnoler, 2017), è diventato l’input per attivare tanto una formazione trasformativa delle pratiche, riconosciute dagli insegnanti stessi come insoddisfacenti e quindi da sottoporre ad analisi e da modificare in senso migliorativo, quanto un percorso di ricerca che consentisse di produrre strumenti e saperi ancorati alle esigenze dei contesti scolastici e di ridefinire apporti teorici intesi come strumenti di intellegibilità per le situazioni contingenti (Barthassat & Bonneton, 2010).

La scelta della RC è stata orientata anche dal suo carattere non direttivo e dalla sua capacità di coinvolgere tutti i soggetti in maniera diretta e profonda, riducendo l’asimmetria presente naturalmente tra docente e ricercatore: caratteristiche ritenute particolarmente consone ad un percorso formativo che si è necessariamente sviluppato a distanza, erogato tramite piattaforma di videoconferenza e altri strumenti online per la raccolta dati e lo sharing dei materiali.

Seguendo le tappe proprie della RC si è potuto co-situare il problema, definendo un’area di indagine condivisa, quella legata alla struttura del compito e alla sua dimensione di spazio per l’implementazione delle competenze e per il feedback, che attraverso un processo euristico di analisi delle pratiche degli insegnanti consentisse di far emergere significati dall’esperienza per descriverla, modificarla e meglio definirla, renderla allineata al contesto. Il fine è quello di produrre un dispositivo di formazione e ricerca, replicabile e generalizzabile, che fornisca esiti sia sul piano teorico, sia su quello applicativo, sia su quello formativo (Parola & Ranieri, 2011).

Nello specifico il percorso ha avuto una sua dimensione macro, poiché i bisogni esplicitati erano simili in varie comunità di insegnanti: essa ha coinvolto una decina di ricercatori-formatori di diversi atenei, riuniti in un gruppo di ricerca che ha eletto come metodologia di riferimento la Design Based Research, proprio per creare sistemi di collaborazione all’interno dei contesti educativi, al fine di realizzare artefatti e sistemi innovativi, mettendo in atto ricorsivamente processi di progettazione, implementazione sul campo, analisi degli effetti e riprogettazione e ridefinizione degli artefatti proposti (Wang & Hannafin, 2005). Il focus è concentrato sull’innovazione di artefatti che riguardano aspetti concreti dell’azione didattica, come strutture di attività, modalità di scaffolding, impianti dei curricoli. «L’essere situata in contesti educativi reali dà un senso di validità alla ricerca e garantisce che i risultati possano essere efficacemente utilizzati per valutare, informare e migliorare la pratica almeno in questo (e probabilmente in altri) contesti» (Anderson & Shattuck, 2012). Questo per consentire l’attivazione di processi di “scaling up”, ovvero di

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adattamento dell’innovazione sperimentata in prospettiva locale ad un utilizzo effettivo in contesti più ampi e generalizzati (Clarke & coll., 2006).

Il percorso globale messo in atto prevedeva inoltre l’attivazione di una serie di micro-percorsi con singole scuole o reti di scuole, seguite ciascuna da uno o due ricercatori, che replicassero in maniera frattale il processo generale di ricerca partecipata.

In questo paper si descrive nello specifico il micro-percorso condotto con l’I.C. “Torre” di Pordenone, che si è svolto nelle seguenti fasi:

 Co-situare la ricerca: tramite questionario iniziale i docenti hanno evidenziato le problematiche riscontrate nei primi tempi di didattica a distanza e hanno formulato, insieme al ricercatore, le domande – guida, generative dell’intero processo sia di formazione che di ricerca.

 Co-operare nella ricerca: l’analisi e la riflessione sulle pratiche degli insegnanti ha consentito di ristrutturare, in maniera negoziata e condivisa, sostenuta dall’intervento del ricercatore che evidenziava via via gli agganci teorici alle prospettive sperimentali proposte, l’attività così come veniva pensata e fornita agli alunni dai docenti stessi. Si è passati così da un’idea generica di attività giocata sul pattern “spiegazione – esercitazione – correzione”, tipica delle attività trasmissive realizzate in aula, ad un’idea di compito sfidante, basato sul conflitto cognitivo, realmente significativo perché connesso con l’esperienza e i bisogni degli studenti.

 Co-produrre i risultati: è stato formulato un pattern progettuale a sostegno del design del compito sfidante, sperimentato in situazioni di didattica a distanza dagli insegnanti; il modello era corredato da strumenti di metacognizione e di feedback, come rubriche per l’emersione dei processi e schede guida per la riflessione e la ricostruzione dei saperi da parte degli studenti. Gli esiti della sperimentazione sono al vaglio dei ricercatori al fine di co-costruire un nuovo tipo di sapere.

Le tecniche e gli strumenti utilizzati per analizzare le pratiche sono stati principalmente tre: questionari a risposta aperta, utilizzati nella fase iniziale del percorso, per evidenziare e raccogliere i bisogni e le problematiche dei pratici; momenti di co-esplicitazione tra docenti e ricercatore (Vinatier, 2011), per comprendere le dinamiche intrinseche alle pratiche, i significati ad esse attribuiti e le potenzialità trasformative in esse contenute; alcune cultural probes (Gaver, Dunne & Pacenti, 1999), strutturate in forma di diario o di narrazione riflessiva che hanno accompagnato tutto il percorso e che consentono di far emergere i valori ad esso conferiti dagli insegnanti in ricerca.

4. Risultati e Discussione

Le domande di partenza da cui insegnanti e ricercatori hanno strutturato sia il percorso formativo sia la contestualizzazione teorica della ricerca sono state le seguenti:

In che modo il compito può essere ridefinito come lo spazio entro cui si realizza l’incontro e il dialogo tra docente e studente, in termini di feedback interattivo e ricorsivo?

Come il compito favorisce la mobilitazione delle competenze e l’apprezzamento delle stesse, producendo metacognizione e costruzione di un sapere significativo e situato per l’alunno?

Sono stati analizzati vari esempi di compito prodotti dai docenti in ricerca, focalizzando l’attenzione sulla presenza di tre elementi considerati fondamentali per coglierne da un lato le caratteristiche di

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autenticità e rilevanza per il vissuto esperienziale dell’alunno (Tessaro, 2014), dall’altro la strutturazione della consegna in quanto guida per un’azione pensata a distanza, infine il tipo di scaffolding implicito nel design del compito stesso, ovvero quanto, attraverso il dispositivo, il docente riuscisse a sostenere l’apprendimento dell’alunno.

La riflessione dei docenti è stata avviata invitandoli ad osservare quali processi di tipo personale, sociale e cognitivo i compiti ideati potessero attivare e come emergessero nella descrizione della pratica co-condotta con gli studenti, anche se in luoghi e tempi non coincidenti, ma pur sempre nello spazio del compito stesso. Il processo1 è l’elemento-chiave che dà unità e coerenza al compito, rappresenta l’intenzione dell’insegnante che progetta, il quale sa quali aspetti disciplinari e interdisciplinari può e vuole andare a sviluppare con quell’attività e quali riesce in maniera sostenibile ad osservare e a rinforzare negli studenti. Il processo è il percorso, la pista verso i traguardi di competenze, quella dimensione in cui si realizza la mobilitazione delle risorse possedute da parte degli studenti e la progressiva capacità di affrontare e risolvere problemi posti in situazione. Il processo si sviluppa quindi nel tempo e rappresenta la presa in carico, sul piano valutativo, dei progressi e delle trasformazioni graduali osservabili negli studenti. Il compito sfidante e significativo è il luogo deputato dove realizzare e per esplicitare e quindi apprezzare (da parte del docente) tale progresso. Il processo è l’elemento che dà coerenza agli elementi sopra elencati del compito, i quali sono stati sistematizzati in una struttura ritenuta utile per la progettazione, realizzata nelle seguenti parti:

 Una fase di avvio, che deve necessariamente partire da un conflitto cognitivo, con funzione di attivatore (Laurillard, 2014). Il conflitto può essere rappresentato da una misconoscenza dovuta ad un sapere esclusivamente esperienziale che va confrontato e ristrutturato sulla base dell’epistemologia; un sapere incompleto che genera bisogno di completezza; un sapere modellizzato su un paradigma semplice che necessita di complessificazione. È ciò che mette l’alunno in postura di ricerca, l’elemento sfidante e significativo, perché situato rispetto alla sua esperienza e alla sua percezione: la situazione-problema che innesca e genera apprendimento (De Vecchi & Carmona-Magnaldi, 2002).

 Una fase attiva, guidata da una consegna. La consegna deve essere ben pensata, in quanto fornisce le regole d’azione utili sia alla dimensione produttiva (il fare), sia alla dimensione cognitiva (l’apprendere). Dà corpo all’intenzionalità dell’insegnante, sopra richiamata come selezionatrice dei processi da sviluppare (Magnoler, 2017). Gli permette, sia pure nell’assenza fisica, di intervenire sull’azione dello studente, di dirigere la sua attenzione, di attivare la mobilitazione delle risorse. La consegna è connessa allo scaffolding, esercitato a distanza attraverso una serie di strumenti a corredo che sostengono le operazioni messe in atto dallo studente lasciandogli però uno spazio di azione ampio e non predefinito, ma aperto a soluzioni multiple e divergenti.

 Un momento strutturato, ovvero corredato di strumenti appositamente pensati, di metacognizione. Questo deve avere una valenza ristrutturativa dei saperi messi in gioco,

1

Ricordiamo che la valutazione dei processi è stata introdotta dal DLGS 62/2017 nella scheda di valutazione quadrimestrale della scuola primaria e secondaria di I grado. I processi sono intesi in termini di sviluppo personale, sociale e culturale dell’alunno. Ciò fa presumere una dimensione dinamica di tale valutazione, che deve cogliere quindi progressi compiuti lungo un percorso temporalmente significativo, tuttavia non viene data ulteriore spiegazione rispetto al significato attribuito al costrutto di processo. Anche in letteratura non risulta presente, ad oggi, un approfondimento in termini di riflessione o di ricerca su tale costrutto, così come inserito nell’orizzonte valutativo della scuola di base.

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favorire l’analisi critica e la riflessione sui processi attivati (Rivoltella, 2016). Tra gli strumenti ipotizzati per la metacognizione gli insegnanti propongono una scheda con domande semplici e puntuali che indaghino il percorso fatto, le difficoltà incontrate, le percezioni su cosa si è appreso di nuovo, ma anche una dichiarazione di eventuali aiuti ricevuti: il problema dell’impossibilità di controllare le attività che gli studenti realizzavano a distanza e di impedire l’intervento di familiari era vissuto come incombente dagli insegnanti, che lo ritenevano un grave vulnus ad una valutazione precisa e oggettiva. Rendere esplicito tale intervento è un’operazione semplice che ha innescato positive interazioni tra scuola e famiglia, che poteva così agire in maniera trasparente e in sinergia con l’insegnante. Nello stesso tempo è stato reso meno rilevante dalla natura dei compiti stessi, che richiedevano non l’esecuzione di procedimenti, ma la messa in gioco di competenze, creatività, capacità di problem solving che la metacognizione aiutava poi a rendere evidente e quindi a valutare.

L’attenzione alla riflessione e alla metacognizione e la dimensione situata del compito, intesa come campo esperienziale entro cui prende corpo l’attività interattiva tra attori e ambiente (Pentucci, 2018a), ha permesso di comprenderne anche la rilevanza nel mantenere il feedback continuo e ricorsivo tra docente e studenti. Il design stesso infatti permette la presenza di azioni di feedback intrinseco, nel momento in cui l’alunno è chiamato a rispondere a domande che gli facciano ripercorrere il suo agito.

Nello stesso tempo il docente ha potuto dare il proprio feedback diretto nel momento della restituzione dei prodotti richiesti e svolgere una valutazione continua a partire dai processi che preventivamente aveva deciso di implementare e quindi di osservare attraverso il compito. Per rendere esplicito tale processo è stato chiesto di strutturare, contestualmente alla progettazione del compito, una tabella che evidenziasse quali processi l’insegnante avesse scelto intenzionalmente, tra i molti che sicuramente un’attività di tipo sfidante e autentico avrebbe potuto consentire. La tabella risulta utile da un lato per orientare il docente e aiutarlo a focalizzare l’attenzione, sia in fase di progettazione, sia in fase di azione, su ciò su cui in quel momento del percorso didattico intende lavorare: non è possibile, in termini di sostenibilità, attivare tutti i processi possibili e osservare ogni dimensione di competenza implicata nell’azione, occorre perciò selezionare e concentrarsi su elementi ritenuti adeguati rispetto all’età e ai prerequisiti degli alunni, per poi procedere verso altri elementi in momenti diversi e/o successivi. In secondo luogo, la tabella richiede anche di connettere visivamente e verbalmente i processi enucleati alle Competenze chiave, che in quanto oggetto di certificazione finale, rappresentano per la scuola di base l’ossatura del curricolo (Pentucci, 2018b). Nella Figura 1 un esempio di compito progettato attraverso la struttura co-costruita. Nella colonna di sinistra alcune annotazioni delle osservazioni emerse in sede di co-esplicitazione. Nella Figura 2 la relativa tabella per l’osservazione dei processi da parte dell’insegnante.

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Figura 1

FASE DESCRIZIONE NOTE

Situazione

sfidante di partenza

Alcuni studenti non avevano informazioni di sorta a proposito delle circostanze della loro nascita. Sono interessati a saperne di più e fanno domande in merito all’insegnante di scienze.

Il problema emerge da una

conversazione con

l’insegnante: le domande vengono raccolte e diventano generative per la progettazione di una attività realmente significativa per gli alunni perché indice di una loro conoscenza incompleta che sentono il bisogno di completare

Consegna 1. decidere insieme le domande che potrebbero entrare a far parte di un'intervista alle mamme. [attività collettiva]

2. intervistare le mamme e registrare i dati che è possibile raccogliere, sia di tipo quantitativo (peso, tempo di travaglio) sia qualitativo (presenza papà, ospedale o casa, cesareo o naturale). [attività individuale] 3. raccogliere ed elaborare i dati al computer

e confrontarli con letture messe a disposizione dall’insegnante. [attività in gruppi o coppie]

4. organizzare una presentazione dei risultati [attività in gruppi o coppie]

La consegna è

sufficientemente aperta ma nello stesso tempo indica alcuni step che possono guidare l’azione degli studenti: l’insegnante propone la metodologia per indagine e scoperta e prevede la realizzazione di un prodotto finale.

Metacognizione Restituzione: confronto tra le presentazioni prodotte dagli studenti

Ristrutturazione (costruzione di una scheda comune riassuntiva):

- Quali sono gli elementi comuni, rilevati da tutti?

- Quali sono gli elementi che emergono solo occasionalmente? Riflessione: scheda con domande.

Il materiale per la metacognizione è strutturato e prevede una attività ristrutturativa da compiere collettivamente, durante la quale il docente può dare il feedback, ma si possono anche realizzare momenti di peer feedback tra gruppi di lavoro.

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Figura 2

PROCESSI E DIMENSIONI DI COMPETENZE OSSERVATI

DISCIPLINARI TRASVERSALI COMPETENZA DI

RIFERIMENTO Organizzare ed elaborare dati

attraverso software specifici

Competenza digitale Tabulare i dati raccolti,

organizzarli in modo da poterli confrontare attraverso grafici e tabelle, interpretarli per trarre delle conclusioni

Competenza matematica, scientifica e di problem solving

Mobilitazione: mobilitare risorse per risolvere problemi: come organizzare la raccolta dati? Come lavorare nel gruppo? Come strutturare la presentazione?

Competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare

Metacognizione: riflettere sulle proprie pratiche e valutare ciò che si produce.

Competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare

5. Conclusioni

Il percorso di ricerca-formazione ha previsto una sperimentazione dell’artefatto pensato per la progettazione del compito e degli strumenti metacognitivi e valutativi (schede, rubrica, ecc.) nella fase di didattica a distanza appena conclusa. L’esito positivo affermato dalle docenti fa pensare ad un possibile impiego delle stesse modalità anche in un vicino futuro che nelle previsioni potrebbe presentare situazioni blended di presenza in aula e didattica online. Le interviste di co-esplicitazione condotte con le insegnanti hanno infatti evidenziato la percezione di un potenziale di efficacia generale nell’utilizzo di compiti sfidanti: «direi che buona parte della didattica in presenza e, a maggior ragione, della DAD possa essere rappresentata da un "atteggiamento autentico": i contenuti possono essere progettati, presentati e valutati in modo da tener conto degli aspetti metacognitivi» [insegnante di scuola secondaria di I grado, intervista del 15/05/2020].

È infatti emerso che l’esperienza di didattica online messa in atto è stata comunque trasformativa rispetto alla postura e alle pratiche: «si tratta di modificare una routine: di introdurre strumenti, punti di vista e momenti nuovi nella valutazione quotidiana. Si può fare, primo perché questo tentativo non è nuovo nel nostro istituto, secondo perché proprio la DAD ci ha costretti a modificare molte delle nostre certezze e a toccare con mano l'inconsistenza di alcune pratiche valutative» [insegnante di scuola dell’infanzia, intervista del 07/05/2020].

In sostanza il percorso ha aperto negli insegnanti coinvolti la prospettiva di progettare e lavorare per situazioni autentiche, situate e sfidanti, progettando compiti che possano attivare processi di apprendimento significativi, come possibile prassi futura. Il compito, la sua progettazione, la sua struttura e gli strumenti ad esso connessi vanno a costituire un dispositivo complesso che può essere visto come sapere strumento (Altet, 2008) di natura contemporaneamente funzionale, formativa e metacognitiva (Altet, 2003), che può aiutare i docenti a portare uno sguardo altro sulla pratica e permette di problematizzarla di ricostruirla in maniera differente, di riformalizzarla per renderla

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maggiormente interattiva e fornita di strutture autoconsistenti per il feedback, lo scaffolding, la riflessione formativa.

Riferimenti bibliografici:

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