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La battaglia dell'Arte per l'Arte. Il British Museum e il Greek and Roman Antiquities Department durante la Seconda Guerra Mondiale: il salvataggio della collezione Greca.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea in

Storia delle Arti e Conservazione

dei Beni Artistici

Classe LM-89 (Storia dell’Arte)

Tesi di Laurea

La Battaglia dell’Arte per l’Arte.

Il British Museum e il Greek and Roman Antiquities

Department durante la Seconda Guerra Mondiale:

il salvataggio della Collezione Greca.

Relatore: Ch. Prof. Maria Chiara Piva

Correlatore: Ch. Prof. Luigi Sperti

Laureanda: Maria Luigina Esposto

Matricola 845611

Anno Accademico

2017/ 2018

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“A colui che è stato,

è

e per sempre sarà la mia luce: il mio grandissimo

Papà.” I love you always

“Never give up, even if it seems hopeless” (Bernard Ashmole)

“Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà.”

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Indice

Ringraziamenti p. 5 Elenco Abbreviazioni p. 6 Introduzione p. 7

Parte I

1 Il British Museum e il Greek and Roman Antiquities Department p. 9 1.1 La collezione di Antichità greche negli anni Trenta del Novecento p. 18 1.2 Preparativi di guerra p. 32 1.3 Operazione Forsdyke p. 42 1.4 L’evacuazione della Greek and Roman Collection p.48 1.4 a Aldwich Tube Station: la metropolitana al servizio dell’Arte p.54 1.4 b Boughton House: una Country House reale per il British Museum p.58 1.4 c Westwood Quarry: una cava di funghi come deposito per l’Arte p.65 1.5 Art versus War: le esposizioni del periodo bellico p. 69 1.6 Un Museo sotto assedio: la sorte del British Museum durante il Blitz p. 71

Parte II

2 The American Commission for the Protection and Salvage of Artistic and Historic

Monuments in War Areas p. 77 2.1 Un reparto di Intelligence al servizio dell’Arte: The Monuments, Fine Arts, and

Archives Section p. 83 2.2 The British Committee for the Preservation and Restitution of Works of Art,

Archives and other Material in enemy hands p. 86

Parte III

3 Denys Eyre Lankester Haynes: A Keeper and an Antiquities Officer p. 88 3.1 Denys e la Seconda Guerra Mondiale p. 90 3.2 Denys e la Libia p. 92 3.3 Il ritorno al British Museum p. 94 3.4 Denys e la sfida della Duveen Gallery p. 95 3.5 Monday, 12th June 1962 p. 113 3.6 Denys e le nuove Gallerie del Greek and Roman Antiquities Department p. 117

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Parte IV

4 Il British Museum e il Greek and Roman Antiquities Department dopo la Guerra p. 124 4.1 Riedificazione e riorganizzazione p. 125

4.2 Il Greek and Roman Antiquities Department dopo il conflitto Mondiale p. 131 4.3 Show time: le prime riesposizioni del dopo Guerra p. 134

4.4 Il ritorno dei Tesori della Greek and Roman Collection p. 136

Conclusioni p. 155 Bibliografia p. 157 Sitografia p. 160 Appendice I p. 161 Appendice II p. 168

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Ringraziamenti

In questi mesi grazie alla preparazione di questa tesi ho potuto incontrare e conoscere tante persone che mi hanno ascoltato, aiutato, dato suggerimenti, incoraggiato e con cui ho anche potuto confrontare le mie opinioni e le mie perplessità.

Probabilmente non riuscirò ad elencare tutti coloro con cui ho condiviso anche solo pochi minuti, e se qualcuno non verrrà menzionato sappia che non è per ingratitudine o dimenticanza, è solo che siete tanti e sono veramente contenta di essere entrata in contatto con ognuno di voi perché non mi aspettavo tanta disponibilità, comprensione, pazienza, e soprattutto amicizia.

L’ordine con cui vi elenco non è per importanza, tranne che per la prima persona che menziono. A colui che guarda sempre giù e non mi abbandona mai il mio grandissimo Papà Pietro.

A Denys e Sybille, per avermi raccontato le vostre avventure, per avermi dato la possibilità di imparare e di capire molte cose, e a te Sybille per avermi raccontato serenamente what it was like to live in Germany during wartime. You are a treasure, both of you.

A Elena e Carmen, le mie migliori amiche di una vita, spero che almeno questa tesi la leggerete e a Diyan, a friend who encouraged me along the way.

A tutto lo staff del Greek and Roman Antiquities Department del British Museum, inclusi tutti i Curators, ma soprattutto a Charo you are a Roman star in a Greek heaven; a David e Charles per avermi aiutato, consigliato e sopportato per tutta un’estate.

A Francesca e Lynn del Central Archive del British, per avermi messo a disposizione tutte le scatole di documenti della WWII anche quelle più polverose.

A tutto lo staff della V&A Library e del V&A Archives. Il primo giorno che sono entrata in quella biblioteca è stato un disastro poi è diventata una seconda casa per tanti tanti mesi, nonostante il freddo sia d’estate che d’inverno.

A Robert del Templer Study Centre del National Army Museum of London per aver cercato between thusand of names.

Alla Professoressa Piva per la sua pazienza, disponibilità e per non avermi abbandonato nonostante tutti i disastri che ho combinato; e al Professor Sperti per non avermi dimenticato.

A Sarah, Ewen e Stephen, i mostri sacri del Corpus Christie College of Oxford, per avermi messo in contatto con Sybille.

Ad Emily e Kate della London Transport Museum Library, per avermi inviato book recommendation and other helpful information about my Aldwich Tube Station.

A Carey della National Portrait Gallery Archive per avermi aiutato all’ultimo minuto a trovare un’informazione cercata per mesi e mesi negli archivi di tutti i musei londinesi.

A tutto lo staff della Tate Britain Library & Archives; del Natural History Museum Archives e dell’Imperial War Museum Archives per avermi aiutato a rintracciare relevant material and answered all my questions.

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Abbreviazioni

ACLS: American Council of Learned Societies AM: Air Ministry

ARP Committee: Air Raid Precaution Committee BL: British Library

BM: British Museum

BMA: British Museum Central Archive BMP: British Museum Press

CM: Coins and Medals Department

GRA, GR: Greek and Roman Antiquities Department HMSO: His Majesty’s Stationary Office

LPTB: London Passenger Transport Board

MFA&A: The Monument, Fine Arts, and Archives Section. MOW: Ministry of Works

MOWB: Ministry of Works and Buildings PRO: Public Record Office

TNA: The National Archives V&A: Victoria and Albert Museum WO: War Office

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Introduzione

L’arte, la storia, e la guerra hanno sempre corso su binari paralleli influenzandosi a vicenda, però nel XX secolo il connubio arte-guerra è diventato più stringente, più intimo, e il titolo scelto per questa relazione racchiude tutti e tre questi soggetti.

Con il presente progetto si è cercato di ripercorrere un momento particolare della vita di uno dei musei più importanti e conosciuti al mondo, il British Museum di Londra, e di uno dei suoi principali dipartimenti: il Greek and Roman Antiquities Department.

In confronto ai molti colleghi che scelgono di esaminare il medesimo Dipartimento, la mia attenzione non si è indirizzata verso l’approfondimento di un singolo reperto oppure di una collezione, bensì su di un determinato periodo storico del XX secolo che ha coinciso con l’evento della Seconda Guerra Mondiale.

Lo scopo di questa ricerca è stato quello di provare a ricostruire ed analizzare le operazioni svolte per mettere in salvo la collezione greca dai pericoli della guerra e nello specifico dai bombardamenti aerei condotti dalla temibile Luftwaffe.

A differenza di quanto si può pensare, l’arco di tempo che è stato necessario esaminare non si è limitato agli anni che vanno dal 1939 al 1945, ossia gli anni del conflitto, bensì dal 1933 anno in cui si iniziarono a programmare le operazioni di salvataggio, fino al 1969 anno dell’apertura delle nuove gallerie del Greek and Roman Antiqities Department.

Si è deciso di iniziare questo studio con la storia della formazione della collezione di antichità greco-romana, e di come si presentava il Department alla fine degli anni Trenta prima dello scoppio della guerra, per poi passare ad esplorare nello specifico le azioni intraprese dal Museo e dal Governo inglese per proteggere i reperti che venivano debitamente definiti come tesori nazionali. Sono state indagate le diverse fasi di progettazione dell’evacuazione dal luglio 1933, data del primo incontro dei direttori dei musei londinesi con i rappresentanti governativi, ad agosto 1939, quando avvenne il trasferimento dei beni nei vari luoghi utilizzati come depositi segreti; si è posto uno sguardo sulla vita museale durante le ostilità; ed infine è stata considerata la sorte del Museo nel corso degli attacchi del famoso Blitz e negli anni seguenti, e i danni da essi arrecati.

La seconda parte è stata dedicata all’analisi della The American Commission for the Protection and Salvage of Artistic and Historic Monuments in War Areas, e del The British Committee for the Preservation and Restitution of Works of Art, Archives, and other Material in Enemy Hands, ossia le due commissioni internazionali, la prima americana la seconda inglese, che con le loro attività hanno cercato di proteggere e di salvare il patrimonio archeologico e storico-artistico del Vecchio Continente e non solo. In questa sede non si è analizzata la fase della restituzione dei beni artistici confiscati illegalmente perché la Gran Bretagna non venne interessata dai saccheggi perpretati delle forze naziste.

Si è invece posta l’attenzione sulla The Monuments, Fine Arts, and Archives Section e sugli Antiquities Officers, oggi comunemente chiamati Monuments Men, non solo per la loro connessione con le sopra citate organizzazioni, ma soprattutto perché un capitolo del presente lavoro è stato dedicato alla figura di Mr. Denys Haynes, che oltre ad essere stato uno degli Assistant Keeper, e poi Keeper, del Greek and Roman Antiquities Department, fu anche un Antiquities Officer per il Nord Africa.

Nella terza parte viene presentata la personalità e l’attività di Mr. Denys Eyre Lankester, Haynes. Quando ho iniziato a pensare a questo progetto non era Denys il Monuments Man di cui avrei

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9 voluto occuparmi. La mia attenzione, e curiosità, si è rivolta a lui quando è iniziata la ricerca presso l’Archivio del Greek and Roman Antiquities Department del British, e parlando con Charles, uno gli Administrators, ho saputo del suo coinvolgimento con la The Monuments, Fine Arts, and Archives Section. La fortuna, oppure il destino, ha fatto sì che l’Assistant Keeper della collezione che avevo deciso di analizzare era stato scelto per svolgere l’attività di Antiquities Officer in Libia. Denys è stata una piacevole sorpresa, a cui ne è seguita un’altra veramente inaspettata e a lui direttamente collegata. Il Keeper è diventato il fil rouge di collegamento tra le varie fasi della storia del British qui considerata, perché oltre ad aver partecipato attivamente alle fasi del trasloco della collezione nel 1939; è lui che negli anni Sessanta si è occupato dell’allestimento della nuova Duveen Gallery, e successivamente anche della creazione delle nuove sale del piano terra del Greek and Roman Antiquities Department.

La quarta ed ultima parte è stata dedicata al ritorno della collezione greca nel Museo di Bloomsbury; alla riedificazione delle sale danneggiate o distrutte nel corso dei bombardamenti; è stata trattata in maniera non approffondita, non essendo questa la sede appropriata per poterlo farle, anche la situazione degli altri Dipartimenti dell’Istituzione; il riallestimento dei marmi del Partenone.

Durante questo viaggio tra la Gran Bretagna, l’Italia e la Libia, si è trattato dunque di indagare aspetti legati al mondo dell’arte, della storia, e della vita di una persona witty, cheerful, courteous,

and descreet che è diventato inaspettamente il protagonista di un periodo molto particolare, e ci si

augura irripetibile, nella storia del British Museum e del mondo intero.

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Parte I

1 Il British Museum e il Greek and Roman Antiquities Department

La storia completa del British Museum1 non è mai stata scritta e forse non verrà mai scritta, perché tracciare in dettaglio lo sviluppo di ogni singolo dipartimento che lo compone esaminandone le acquisizioni, l’amministrazione, il personale, e gli edifici comporterebbe un lavoro enorme non quantificabile nemmeno a livello temporale.

Il primo museo pubblico nazionale al mondo è formato da otto Dipartimenti, tra i quali si distingue il Greek and Roman Antiquities Department. Questi, ospita più di 100.000 reperti che coprono un arco temporale che va dall’inizio dell’età del bronzo greco, 3.200 a.C. circa, al regno dell’imperatore romano Costantino (272-337 d.C.) nel IV secolo d.C. La formazione di quest’immensa collezione è avvenuta nel corso di due secoli, ed è stata possibile in un primo tempo grazie ai lasciati di privati a cui si sono aggiunti in seguito i frutti di spedizioni archeologiche, e di acquisizioni.

Era il 1767 quando Sir William Hamilton (1730-1803), conosciuto principalmente per essere il marito dell’amante dell’ammiraglio Nelson (1758-1805), inizialmente legò il suo nome a quello del Museo con una donazione di reperti vulcanici provenienti dai monti Vesuvio ed Etna. Ma durante il suo soggiorno italiano, come Ambasciatore inglese presso la corte di Napoli, Hamilton non si era limitato a collezionare solo reperti di lava, e la parte più importante della sua collezione che varcò la soglia del British fu la prima raccolta di antichità composta principalmente da vasi greci ritrovati nel sud Italia (Hamilton creò anche una seconda collezione di vasi che però andò in parte perduta nel dicembre 1798 quando la nave che la trasportava a Londra, la HMS Colossus, affondò al largo delle isole Scilly. Il prezioso carico rimase negli abissi fino al 1974 quando dopo essere stato localizzato, i Trustees del British Museum finanziarono la spedizione che portò al recupero di 32.000 frammenti di vasi).2

1

I testi che trattano del BM e della sua storia sono numerosi. Tra quelli consultati durante questo lavoro vorrei segnalare WILSON D.M., The British Museum. A history, The BMP, London 2002; WILSON D.M., The British Museum:

Purpose and Politics, British Museum Publications Ltd., London 1989; CAYGILL M.L., “How the British Museum saw the light”, in British Museum Society Bulletin no.55, Summer 1987; CAYGILL M.L. & DATE C., Building the British Museum,

The BMP, London 1999; CAYGILL M.L., The Story of the British Museum, published for The British Museum Trustees by BMP, London 1981 (reprinted 1985, 2nd ed. 1992, 3rd ed. 2002); CAYGILL M.L., Treasures of the British Museum, The BMP, London 1992; CAYGILL M.L., The British Museum Reading Room, The BMP, London 2000; CAYGILL M.L., The

British Museum: 250 years, The BMP, London 2003; ABBOT C., A celebration of two and a half centuries. A plan for the British Museum, London 1990; JENKINS I., Archaeologists and Aesthetes: The Sculpture Galleries of the British Museum 1800-1939, The BMP, London 1992; ANDERSON R.G.W., The Great Court and The British Museum, The BMP, London

2000; CROOK J.M., The British Museum: a case-study in architectural politics, Allen Lane, London 1972; FOSTER N., SUDJIC D., DE GREY S., Norman Foster and the British Museum, Prestel New York-London 2001; HARRIS P.R., A history

of the British Museum library 1753-1973, London 1998; EDWARDS E., Lives of the Founders of the British Museum with its chief Augmentors and other Benefactors 1750-1870, London 1870, repr. New York 1969; MILLER E., That Noble Cabinet: A History of the British Museum, Deutsch, London 1973.

2

Per chi volesse approfondire l’argomento sul naufragio della HMS Colossus si possono consultare SMALLWOOD V., WOODFORD S., QUINTON J.C., Fragments from Sir William Hamilton’s second collection of vases recovered from the

wreck of HMS Colossus, The BMP, London 2003; WOODFORD S., Tischbein and the fragments of vases from HMS Colossus, Notes in The History of Art, vol.20, no. 2, Winter 2001, pp. 1-7, The University of Chicago Presson behalf of the Bard Graduate Center; MORRIS R., HMS Colossus, the story of the salvage of the Hamilton treasure, London 1979. Per la prima collezione di Hamilton si segnalano JENKINS I. and SLOAN K., Vases and volcanoes- Sir William Hamilton

and his collection, The BMP, London 1996; HANCORVILLE P. d’, The Collection of Antiquities from the cabinet of Sir William Hamilton, Taschen, 2004; ROMAGE N.H., Sir William Hamilton as collector, exporter, and dealer: the

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11 Nel 1772 tutti i pezzi vennero acquistati grazie ad una sovvenzione del Parlamento di £8,140, lo stesso Hamilton diede consigli su come esporre la propria collezione e dieci anni dopo, nel 1782, fu il protagonista dell’acquisto di uno dei più famosi oggetti dell’antichità: il vaso Barberini datato al 30-20 a.C. Il vaso Barberini, oggi più noto come vaso Portland,3 fu acquistato da Sir Hamilton per la somma di £1,000 e due anni dopo, nel 1784, decise di rivenderlo per 1,800 guinee alla Duchessa di Portland (1715-1785) da cui deriva il nome attuale. Nei decenni successivi la famiglia Portland decise di dare in prestito permanente al Museo il prezioso vaso, era il 1810, e il British attese fino al 1945 per finalizzarne l’acquisti. Alcuni documenti che trattano di questo acquisto sono conservati nei Minutes etc., del GRA Department. Il 12 febbraio 1944, il Direttore Forsdyke informava i Trustees di aver appreso da una fonte privata dell’intenzione del Duca di Portland di vendere il vaso e il Committee lo autorizzava ad informarsi sul prezzo di vendita4. I colloqui con il Duca andarono a buon fine perché il 27 settebre 1945, acconsentiva alla vendita del reperto per la cifra di £5,000. I Trustees decisero che il pagamento doveva essere effettuato utilizzando il Vallentin Found, che in quel momento ammontava a £3,181.2.10, e la differenza poteva essere colmata con la Reserve until

such time as further instaltments of the Vallentin Bequest should come5. Nel mese di novembre l’affare era concluso, il Direttore comunicava ai suoi Trustees che il Duke of Portland’s Trustees, in data 29 ottobre, avevano ricevuto la somma convenuta di £5,000 come pagamento per il vaso6. L’acquisto di questa collezione fu un passo importante perché fino a quel momento il Museo non annoverava antichità classiche tra gli oggetti che possedeva, e gli permetteva quindi di ampliare i suoi orizzonti collezionistici non più limitati a libri e reperti naturalistici.

Nel giugno del 1805 alla collezione di Hamilton, si aggiunse la splendida collezione di sculture romane in marmo, bronzo e terracotta formata da Charles Townley (1737-1805) durante il suo soggiorno romano tra il 1768 e il 1774 e negli anni successivi.7 Nel 1791 Townley divenne uno dei

acquisition and dispersal of his collections, American Journal of Archaeology, 1990; The Hamilton Collection: a bicentenary exhibition, 18 August to 29 October 1972, The British Museum, London 1972; KNIGHT C., Hamilton a Napoli: cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, Electa, Napoli 2003; HAMILTON W., The Hamilton Palace collection: illustrated priced catalogue, Librarie de l’Art, Remington 1882; Collection of engraving from ancient vases mostly of pure Greek workmanship discovered in sepulchres in the Kingdom of the two Sicilies but chiefly in the neighbourhood of Naples during the course of the years 1789 and 1790 in the possession of Sir William Hamilton.

3 Per raccontare la storia di questo vaso sono stati pubblicati numerosi testi e studi tra cui HAYNES D.E.L., The Portland

Vase, The BMP, London 1975; WILLS G., Sir William Hamilton and the Portland vase, Apollo, London 1979; CAYGILL M., Who broke the Portland Vase? British Museum Society Bulletin, March 1985, pp. 28-31; WALKER S., The Portland Vase,

The BMP, London 2004; WILLIAMS N., The Breaking and Remaking of the Portland Vase, The BMP, London 1989; BROOKS R., The mystery of the Portland vase, Duckworth, London 2004; WINDUS T., A new elucidation of the subjects

on the celebrated Portland vase, formerly called the Barberini: and the sarcophagus in which it was discovered, Pub.

for the author by W. Pickering, London 1845; BROOKS R., The Portland vase: The extraordinary odyssey of a mysterious

roman treasure, Harper Collins, New York 2004; FREESTONE I.C., “Laboratory studies of the Portland Vase”, Journal of

glass studies vol. 32, 1990, pp. 103-07; BIMSON M. and FREESTONE I.C., “An analytical study of the relationship

between the Portland Vase and other Roman cameo glasses”, Journal of glass studies vol. 25, International glass

conference June 6-12, 1982, pp. 55-64; ASHMOLE B., “A new interpretation of the Portland Vase”, The Journal of Hellenic studies vol. 87, 1967, pp. 1-17; HIND J., “Greek and Roman epic scenes on the Portland Vase”, Journal of Hellenic studies vol. 99, 1979, pp. 20-25.

4 Department of GRA, Minutes etc., 1940-45, The Portland Vase, 14th February 1945. 5

Ivi, Purchase of Portland Vase, 13th October 1945.

6

Ivi, The Portland Vase: Purchase completed, 10th November 1945.

7 Per la collezione Townley si segnalano COOK B.F., The Townley Marbles, The BMP, London 1985; COOK B.F., The

Townley Marbles in Westminster and Bloomsbury, in CAMBER R. (ed.) Collectors and Collections, British Museum

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12 Trustee del British ed essendo ben note le sue intenzioni di lasciare la raccolta al Museo, tutto faceva pensare che alla sua scomparsa il passaggio di proprietà sarebbe avvenuta senza problemi. Invece, all’ultimo momento Townley cambiò idea e decise di lasciare la collezione alla famiglia a condizione che venisse costruita una galleria, nella sua residenza, che fosse in grado di ospitare tutte le sculture. Per fortuna dei Trustees, gli eredi di Charles non possedevano la disponibilità finanziaria per esaudire il desiderio del loro avo e decisero di vendere la collezione al British come indicato nel testamento. Dopo varie e frenetiche consultazioni tra i Trustees, la famiglia Townley e l’House of Commons, l’allora Primo Ministro diede il suo assenso all’acquisto. Nel corso di soli due mesi e con il pagamento di £20,000 tutto veniva risolto. I Trustees si adoperarono tanto per avere la collezione di Townley perché egli aveva concentrato il suo interesse soprattutto sulla collezione di copie romane di originali greci su cui primeggiava il famoso Discobolo8, una copia romana dell’originale bronzeo attribuito allo scultore greco Mirone (470-440 a.C.). A questo si aggiungevano il rilievo di Nessos e Deianira, il piccolo marmo conosciuto come Il Cannibale, il pezzo preferito dal collezionista il busto femminile di Clytie9 da alcuni identificato come Antonia (m. 38 a.C.), la figlia di Marcantonio (83-30 a.C.) e Ottavia minore (69-11 a.C.), e quello dei Townley Marbles resterà il primo e unico acquisto di una grande collezione privata di reperti greco-romani.

Le glorie della Grecia e di Roma conquistarono l’attenzione dei Trustees, la collezione di antichità cresceva numericamente grazie all’acquisizione di oggetti provenienti dall’area del Mediterraneo e non era più solo an appendix of natural history,10 (all’inizio non esisteva differenza tra la collezione di storia naturale e quella archeologica entrambe erano unite insieme come natural and artificial

productions),11 e la sua importanza venne riconosciuta nel 1807 con la creazione del Dipartimento

di Antichità affidato alle cure del numismatico-archeologo Taylor Combe (1774-1826).12

L’interesse da parte dei Trustees alla creazione di una sezione separata dedicata alle antichità è anche da ricercarsi in ciò che accadeva al di là della Manica e nello specifico a Parigi. Nel 1800 Napoleone aveva arricchito la Galérie des Antiquitiés con i pezzi pregiati derivanti dalle Campagne d’Italia come il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere e la Venere Medici, mentre a Londra non

Documenting the Townley marbles, s.n., London 2013; BRYANT M., The museum by the park: 14 Queen Anne’s Gate from Charles Townley to Axel Johnson, Paul Halberton, London 2017; COOK B.F., The Townley marbles, Wolfsan galleries of Classical sculptures and inscriptions (BM), published for the Trustees of the British Museum, The BMP,

London 1985; ELLIS H., The British Museum: The Townley Gallery, Society for the Diffusion of Useful Knowledge (GB) 1836; JENKINS I., Archaeologists & Aesthetes in the Sculpture Galleries of the British Museum 1800-1939, Published for the Trustees of the British Museum by BMP, London 1992, pp. 106-110.

8

Per informazioni bibliografiche su quest’opera si rimanda alla nota no.42, p. 14, cap. 1, paragrafo 1.1.

9 Informazioni sulle tre opere sono disponibili in PRYCE F.N., SMITH A.H., Catalogue of Greek Sculpture in the British

Museum, I-III, The BMP, London 1892; COOK B.F., Documenting the Townley Marbles, London 2013; COOK B.F., The Townley Marbles, The BMP, London 1985; JENKINS I. with FARGE C. and Turner V., The British Museum. Defining Beauty. The Body in ancient Greek art, exhibition cat., The BMP, London 2015.

10

CAYGILL M.L., The story of the British Museum, Published for the Trustees of the British Museum by The BMP, London 1981, cit. p. 19.

11

MILLER E., That Noble Cabinet, A History of the British Museum, Andre Deutsch Ltd., London 1973, cit. p. 60.

12

Prima di diventare Keeper del Dipartimento di Antichità, nel 1803 a Combe venne dato l’incarico di occuparsi della collezione di monete e di medaglie ma sempre come Under-Librarian del Department of Natural History. Quando assunse il nuovo incarico continuò ad occuparsi della collezione di monete, e nel 1814 fu inviato a Zante per finalizzare l’acquisto dei Phigaleian marbles. Combe mantenne la sua posizione di Keeper fino alla sua morte. Tra le sue opera si ricordano A Description of the collection of ancient marbles in the British Museum with engravings, parts I-IV, Printed by W. Bulmer and Co. and sold at the British Museum, London 1812-20; A Description of the collection of ancient

terracottas in the British Museum with engravings, published by the Trustees of the British Museum, London 1910.

JENKINS I., Archaeologists & Aesthetes, in the Sculpture Galleries of the British Museum 1800-1939, Published for the Trustees of the British Museum, by BMP, London 1992, cit. pp. 16-18.

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13 esistevano collezioni pubbliche di sculture antiche in grado di competere con quanto esposto nelle sale francesi, perché fino a quel momento solo i collezionisti privati avevano rivolto la loro attenzione verso quell’arte.13

Non bisogna però pensare che il dipartimento di Antichità fosse dedicato solo all’arte greca e romana. Infatti, agli inizi in questa sezione trovarono spazio anche reperti provenienti dall’Egitto14, curiosità etnografiche15 ed artificiali, monete e i famosi tori assiri.16

Agli inizi del 1840 il Museo rivolse la sua attenzione alle antichità Assire. L’interesse per l’Assirologia conobbe un forte impulso presso gli Inglesi grazie all’attività di Sir Stratford Canning (1786-1880). Questi era stato nominato ambasciatore presso la Sublime Porta nel 1841, incarico che ricoprirà per sedici anni, e dato il suo interesse nell’archeologia dell’Impero, nel 1842 assunse come segretario il giovane inglese Henry Layard (1817-94). Nel 1845 inviò Henry a Nimrud con l’intenzione di intrapendervi degli scavi, ma purtroppo i francesi erano già al lavoro sul posto. Il Governo francese su consiglio di Jules Mohl (1800-76), uno dei segretari della French Scosiété Asiatique, fondò un consolato a Mosul per poter compiere scavi presso Nineveh. Incaricato dei lavori fu l’agente consolare franco-italiano Paolo Emilio Botta (1802-70), che nel 1842 iniziò a scavare a Kuyunjiik ma senza risultati. L’anno seguente rivolse la sua attenzione verso i tumuli di Khorsabad e qui scoprì stanze e corridoi del palazzo del re Assiro Sargon II (regnò dal 721 aC., al 705 a.C.), del 710 a.C. circa, decorate con scene di battaglia, dei, e tori alati con volti umani che fiancheggiavano la via d’accesso. Alcune di queste sculture arrivarono a Parigi nel Dicembre 1846 e furono subito oggetto di grande interesse. Tre anni dopo, Henry C. Rowlinson (1810-95), Consul-General a Baghdad, acquistò da Botta, due delle più grandi sculture raffiguranti un toro e un leone alato dal peso di 16 tonnellate ciascuna e per risolvere il problema di come inviarle in patria entrambi i tori furono tagliati in quattro parti. Quando le sculture giunsero a Londra, Rowlinson le offrì al British per la cifra di £250-300 corrispondente all’importo da lui speso per il trasporto dei reperti. I Trustees accettarono l’offerta, e quando i tori arrivarono al Museo furono sistemati sotto il Colonnato d’ingresso perché in quel momento non si disponeva dello spazio necessario per custodirli all’interno.17

Nel 1811 l’architetto inglese Charles R. Cockrell (1788-1863) e l’architetto tedesco Carl Haller (1774-1817) presso il tempio di Apollo Epikourios a Bassae scoprirono venti tre blocchi di fregio raffiguranti la battaglia tra Eracle e i Greci contro le Amazzoni, e un’altra battaglia tra i Centauri e i Lepiths. Queste sculture decoravano l’interno della cella del tempio, e con non pochi problemi furono trasportati a Zakynthos dove il 4 gennaio 1814 Sir John Campbell (1807-53?) lì comprava

13

JENKINS I., Archaeologists & Aesthetes, in the Sculpture Galleries of the British Museum 1800-1939, Published for the Trustees of the British Museum, by BMP, London 1992, cit. p. 18.

14

Per notizie generali sull’arrivo dei reperti egizi tra le sale del Museo si possono consultare JENKINS I., Archaeologists

& Aesthetes, in the Sculpture Galleries of the British Museum 1800-1939, Published for the Trustees of the British

Museum, by BMP, London 1992, pp. 102-106, pp. 110-118; WILSON D.M., The British Museum. A History, The BMP, London 2002, pp. 63-66.

15

WILSON D.M., The British Museum. A History, The BMP, London 2002, pp. 157-161.

16

Per notizie sugli Assyrian winged bulls si indicano GADD C.J., The Stones of Assyria: The surviving remains of Assyrian

sculpture, their recovery, and their original positions, Chatto and Windus, London 1936; McCALL H., TUBB J.N., I am the bull of Nineveh: Victorian design in the Assyrian style: an exhibition in the Department of Ancient Near East, British Museum, The BMP, London 2003; “Assyrian Monsters and Domestic Chimeras” by THOMAS D.A., SEL Studies in English

literature 1500-1900 48, no. 4, 2008, pp. 897-909; LARSEN M.T., The conquest of Assyria: Excavations in an antique

land 1840-1860, London; New York: Routledge 1996.

17

JENKINS I., Archaeologists and Aesthetes in the Sculpture Galleries of the British Museum 1800-1939, Published for the Trustees of the British Museum by the BMP, London 1992, p. 159.

(14)

14 all’asta per conto del suo Governo per la cifra di £15,000. Per anni questi marmi saranno conosciuti come i Phigalian marbles, nome che deriva dalla città vicina al luogo del ritrovamento.

Ma è nell’anno seguente che il Dipartimento di Antichità accolse sculture, metope e fregio considerate fin dal XIX secolo come dei capolavori assoluti dell’arte greca: i marmi del Partenone o per tanti anni meglio conosciuti come i marmi di Lord Elgin.18

La storia di questi marmi è ben conosciuta e documentata fin dal passato, non solo perché hanno sempre costituito uno dei tesori dell’intera collezione conservata presso il British, ma anche perché sono sempre stati l’oggetto di controversie sia a livello politico che sentimentale fin dal lontano 1802.

Tramite l’intervento di Elgin dal Partenone di Atene furono rimossi 247 piedi (1 piede= 0,3048 m) degli originali 542 del fregio, 14 delle 92 metope, 17 figure appartenenti al frontone, una cariatide e una colonna dell’Eretteo, 4 lastre del fregio del tempio della Vittoria, e la statua di Dionisio del monumento di Thrasyllus.

Tutti questi tesori raggiunsero Londra, non senza discussioni,19/20 in due distinte spedizioni nel 1802 e nel 1811, e non con poche traversie.21

18 Nel corso dei secoli è stata prodotta, e si continua a produrre, un’amplissima bibliografia su Lord Elgin e la sua

collezione, e tra i moltissimi testi a disposizione si segnalano ST. CLAIR W., Lord Elgin and the marbles: the

controversial history of the Parthenon sculptures, Oxford University Press, London 1967 e successive ed.; ST. CLAIR W., “The Elgin marbles: questions of stewardship and accountability”, International Journal of Cultural Property, VIII, pp.

391-521; “Lord Elgin’s firman” by WILLIAMS D., Journal of the History of Collections, 2009, pp. 1-28; JENKINS I., The

Parthenon sculptures in the British Museum, with photographs by Kerslake I. and Hubbard D., The BMP, London 2007;

BOARDMAN J., FINN D., The Parthenon and its Sculptures, Thames and Hudson Ltd., London 1985; COOK B.F., The

Elgin Marbles, The BMP, London 1984 e successive ed.; VRANOPOULOS E.A., The Parthenon and the Elgin Marbles,

Society for Euboian studies, 1985; HAZLITT W., On the Elgin Marbles, foreward by Poulin T., Hesperus Press, 2008; MERRYMAN J.H., Thinking about the Elgin Marbles: critical essays on cultural property, art and law, Kluwer Law International, 2000; VRETTAS T., The Elgin affair: The abduction of antiquity’s greatest treasures and the passion it

aroused, Arcade, 1997; HAYNES D.E.L., An historical guide to the sculptures of the Parthenon, The British Museum

Publications, London 1971; HITCHENS C., BINNS G., BROWING R., The Elgin marbles: should they be returned to

Greece?, Chatto and Windus, London 1987; Sir ELLIS H., The Elgin and Phigalein marbles of the classical ages at the British Museum, Nattoli M.A., 1846; JENKINS I., The Parthenon frieze, Published for the Trustees of the British

Museum, The BMP, London 2002; JENKINS I., Cleaning and Controversy: The Parthenon Sculptures 1811-1939, The BMP, London 2001; SMITH A.H., Lord Elgin and his collections, Journal of Hellenistic Studies no.36, 1916, pp. 163-372; ROTHENBERG J., Descensus ad Terram: The acquisition and reception of the Elgin Marbles, Garland 1977; GREENFIELD J., The Elgin Marbles debate, 1996; MARJNISSEN R.J., The case of the Elgin Marbles, Ghent: Ludian 2002; HITCHENS C.,

The Parthenon Marbles: the case for reunification, preface by Gardimen N., with essay by Browning R. and Binns G.,

London: New York Verso 2008; VRETTAS T., A shadow of magnitude: the acquisition of the Elgin Marbles, Putnam, New York 1974; BOARDMAN J., The Elgin Marbles: matters of fact and opinion, International Journal of Cultural Property 9, no 2, pp. 238-262; KING D., The Elgin Marbles, Hutchinson, London 2006; BEAZLEY J., ROBERTSON D. and ASMOLE B., “Suggestions for the new exhibition of the sculptures of the Parthenon”, privately printed, September 1929; JENKINS I., “Acquisition and Supply of the Casts of the Parthenon sculptures by the British Museum 1835-1939”, The Annual of the British School of Archaeology at Athens 85, 1990, pp. 89-114; ELLIS H., The British Museum. Elgin

and the Phigaleian marbles, London Knight C.; New York Jackson 1833.

19

Per notizie sull’attività di Elgin ad Atene, incluso il possible restauro, e l’arrivo dei reperti a Londra si possono esaminare A letter from the Chevalier A. Canova on the Sculptures in the British Museum in VISCONTI, Elgin Marbles, London: Printed for J. Murray, Albemarle-Street, by W. Bulmer and Co. Cleveland-Row. 1816, p. XXIII; “Lord Elgin and

his Collection” by A.H. SMITH, M.A., F.S.A., Reprinted from the Journal of Hellenic Studies, Vol. XXXVI, 1916, pp.

294-307; ST. CLAIR W., Lord Elgin & the Marbles, The controversial history of the Parthenon sculptures, Oxford; New York: Oxford University Press 1998, 3rd edition, pp. 102-04, pp. 147-150.

20

Lord Bayron è tra i più accaniti oppositori dell’operato di Elgin e manifesta tutto il suo disappunto in due opere: nel poema satirico “The course of Minerva” scritto il 17 Marzo 1807 mentre si trovava ad Atene, e nell’opera “Child

(15)

15 E’ risaputo che Lord Elgin aveva contribuito personalmente a tutte le spese connesse alla rimozione e spedizione dei marmi e quando la sua fortuna, non solo diplomatica ma anche personale terminò, decise di vendere i suoi tesori al Governo. Era il 1811, il Primo Ministro Spencer Perceval (1762-1812), gli offrì £30,000 a fronte di una richiesta di £70,000: Elgin considerò l’offerta del ministro inaccettabile22. Trovandosi nuovamente in difficoltà economiche, nel 1815 l’ex ambasciatore rioffrì per la seconda volta le sue sculture al Governo. In quest’occasione fu creato un Select Committee dell’House of Commons23 per esaminare l’offerta, e decidere il prezzo finale per l’eventuale spesa. Questa proposta di vendita suscitò molti dibattiti e non tutti erano favorevoli all’acquisto24. Dopo quasi un anno di discussioni, nel 1816 il Selected Committee dell’House of Commons sottolineò la legalità delle azioni di Elgin nella rimozione delle sculture dall’Acropoli di Atene, ne autorizzò l’acquisto per non più di £35,000 perché dal loro punto di vista quello era il valore di mercato delle sculture e il 1° Luglio del 1816 fu approvato l’Act of Parliament25 che permetteva l’acquisto dei marmi e al British di acquisirli in maniera perpetua. Finalizzato l’acquisto, il Museo si adoperò per esporre velocemente i suoi nuovi capolavori, che nel Febbraio del 1817 vennero ospitati nella così detta Elgin Gallery26.

Nel 1827, al comando del Dipartimento di Antichità arrivò Edward Hawkins27(1780-1867), un numismatico come il suo predecessore Taylor Combe28, che lavorando in quel reparto per ben

Harold’s pilgrimage”, Cantos I &II, 1812 (Stanza XII del 2° Canto). Bayron non voleva rendere pubblico il poema satirico

che all’inizio venne pubblicato privatamente solo per alcuni amici, ma una copia venne rubata e pubblicata senza il suo permesso prima in America, e in seguito divenne di pubblico dominio anche in Gran Bretagna. Si veda ST. CLAIR, Lord

Elgin & the Marbles, The controversial history of the Parthenon sculptures, Oxford; New York: Oxford University Press

1998, 3rd edition, pp. 180-200.

21

Per i preparativi e il trasporto delle opere dalla Grecia a Londra si vedano “Lord Elgin and his Collection” by A.H. SMITH, M.A., F.S.A., Reprinted from the Journal of Hellenic Studies, Vol. XXXVI, 1916, pp. 256-294; ST. CLAIR W., Lord

Elgin & The Marbles, The controversial history of the Parthenon sculptures, Oxford; New York: Oxford University Press

1998, 3rd edition, pp. 113-118.

22

Informazioni sul primo tentativo di vendita delle sculture si trovano in ST. CLAIR W., Lord Elgin & The Marbles. The

controversial history of the Parthenon sculptures, Oxford; New York: Oxford University Press 1988, pp. 173-179;

23

Report from the Select Committee of the House of Commons on the Earl of Elgin’s collection of sculptured marble &c. London: Printed for J. Murrey, Albemarle-Street, by W. Bulmer and Co. Cleveland-Row, 1816 in VISCONTI, Elgin

Marbles, London 1816, pp. 1-27; Minutes of Evidence Taken before the Select committee, respecting The Earl of Elgin’s Marbles., in VISCONTI, Elgin Marbles, London 1816, pp. 31-154; DONALDSON T.L., “Report of the Committee appointed to examine the Elgin Marbles”, in Transactions of the Royal Institute of British Architects, 1st series 5.2, 1837-42, pp. 100-08; “Lord Elgin and his Collection” by A.H. SMITH, M.A., F.S.A., Reprinted from the Journal of Hellenic Studies, Vol. XXXVI, 1916, pp. 307-348.

24

La pungente vignetta di George Cruikshank del 1816 intitolata The Elgin marbles: or John Bull buying stones at a

time his numerou family want bread, riassume in maniera ironica l’opinione che in quel periodo avevano la

maggioranza del pubblico e anche alcuni membri dei Trustees.

25

Anno Quinquagesimo Sexto Georgii III. Regis. Cap. XCIX. An Act to vest the Elgin Collection of ancient Marbles and

Sculpture in the Trustees of the British Museum for the Use of the Public. [1st July 1816], London: Printed by Eyre G. and Strahan A., Printers to the King’s most Excellent Majesty. 1816, pp. 865-867, in Acts of Parliament. British Museum-Soane Museum.

26

“Lord Elgin and His Collection” by A.H. SMITH, M.A., F.S.A., Reprinted from the Journal of Hellenic Studies, Vol. XXXVI, 1916, pp. 350-355; JENKINS I., Archaeologists & Aesthetes in the Sculpture Galleries of the British Museum

1800-1939, Published for the Trustees of the British museum by BMP, London 1992, p. 75.

27

Hawkins a differenza di Combe non aveva frequentato l’università, ma era stato volontario nella milizia, aveva svolto l’attività di banchiere, fu un rispettabile botanico ed era anche un proprietario terriero. Divenne un Fellow of the Linnean Society, della Royal Society e della Society of Antiquaries. Curò e contribui a preparare le parti V, VII-X, del Description of Ancient Marbles in the BM; completò la Description of the Anglo-Gallic coins in the BM, iniziata da combe nel 1826, e nel 1841 pubblicò The Silver coins of England. WILSON D.M., The British Museum. A History, The BMP, London 2012, p. 84; Dictionary of National Biography, 1855-1900, vol. 25.

28

(16)

16 quarant’anni lo vide trasformarsi in una delle più grandi collezioni del mondo. Durante il lungo periodo di tempo in cui occupò del Department, entrarono a far parte del patrimonio del British le sculture rinvenute nel 1839 in Asia minore dall’archeologo inglese Charles Fellows (1799-1860) presso la città di Xanthos, l’antica capitale della Licia. La prima tranche di reperti arrivò a Londra nel dicembre del 1842 e tra questi sì distinguevano la Lion tomb datata al 600-575 a.C., e la Harpy tomb del 480 a.C.

I Trustees furono talmente entusiasti di questi arrivi che decisero di finanziare una nuova spedizione di scavi, e nel 1844 arrivarono altri pezzi pregiati tra cui la Payava tomb del 375-360 a.C., ma soprattutto le tombe ed altri reperti dei Re della Licia che formavano il monumento più spettacolare di Xanthos ossia il monumento delle Nereidi29 datato al 390-380 a.C.

L’acquisizione più importante dell’era Hawkins risulterà però l’acquisto della maggior parte della collezione di vasi Greci che apparteneva a Durand30. I Trustees consultarono l’antiquario, nonchè archeologo e viaggiatore, danese P.O. Brondsted (1780-1842) riguardo alla collezione che nella sua relazione la descrisse come:

“the finest and most valuable treasure of ancient Greek painted Vases and Terra Cottas now in

Europe, with the single exception perhaps of the Royal Museum at Naples… [judicious purchase at the Durand sale] might raise the collection of Vase and Terra Cottas in the Br. Mus. from a mere

object of curiosity to a useful, instructive and classical collection.”31

La collezione era destinata ad essere venduta all’asta a Parigi, il Keeper Hawkins e Brondsted furono inviati nella capitale francese e riuscirono ad assicurarsela per la cifra di 77.550 franchi, all’incirca £3,000.

Quando nel 1860 Hawkins andò in pensione, venne deciso di mettere ordine nel suo ingombrante dipartimento e di dividerlo in quattro sezioni. La nuova divisione rifletteva il senso di priorità tipico del periodo vittoriano e dava origine al Department of Greek and Roman Antiquities, al Department of Coins and Medals; al Department of Oriental Antiquities e al Department of British and Medieval Antiquities and Ethnography.

Nel 1861 l’archeologo Charles Newton (1816-1894) divenne il primo Keeper del nuovo Greek and Roman Antiquities Department, e non poteva esserci una persona più indicata di lui per ricoprire questa carica. Considerato uno dei più importanti ed influenti archeologi del suo tempo,32 e con un’ampia conoscenza del mondo politico e sociale, Newton comprese velocemente the possibility of

excavation on a scientific basis and to the display and interpretation of teh recovered material in

context and in chronological order.33 Nel 1856 scoprì i resti del Mausoleo di Alicarnasso una delle

Sette Meraviglie del Mondo Antico,34 e uno degli obiettivi che Charles si prefisse fu quello di ottenere più spazio per poter esibire tutti i tesori del suo dipartimento. Purtroppo, la sua aspirazione

29

Per notizie sul monumento si rimanda alla nota no. 84, p. 27, cap. 1., paragrafo 1.1

30

Per questa acquisizione si veda JENKINS I., “British Reception of the Durand Vases sold in Paris in 1836” forthcoming in proceedings of Colloque International: Anticomanie, Montpellier, 9-12 June 1988.

31

WILSON D. M., The British Museum. A History, The British Museum Press, London 2002, pp. 103-04.

32 Non solo archeologia però. Infatti, Newton deve essere anche ricordato per il suo contributo nella crescita ed

affermazione della professione di Curator. WILSON D.M., The British Museum. A History, The BMP, London 2012, pp. 147-49.

33 WILSON D.M. The British Museum. A History, The BMP, London 2012, cit. p. 149. 34

Per ulteriori notizie sulle sue scoperte JENKINS I., Archaeologists & Aesthetes in the Sculpture Galleries of the British

(17)

17 fu raggiunta solo nel 1880 quando la Natural History Collection del British fu trasferita in un nuovo museo a South Kensington dando origine al The Natural History Museum.35

Durante il periodo 1861-1870 Charles fece il possibile per garantire al suo Department un gran numero di antichità importanti. Il Museo continuava a finanziare campagne di scavi e a ricevere materiale da essi. Nel luglio del 1864 acquistò undici statue della collezione Farnese per la cifra di £3,873, e negli anni 1865 e 1872 riuscì ad assicurarsi i pezzi migliori della collezione del Conte Alessandro Castellani (1823-1883) tra cui la collezione di gemme e la famosa spilla smaltata Bizantina che porta inciso il nome del mercante. Gli oggetti provenivano anche dagli eredi di coloro che avevano partecipato al Grand Tour o che avevano fatto parte della Society of Dilettanti:

“…the collection of the fourth Earl of Aberdeen, for example, presented by his son in 1861, and the

sculpture from the Temple of Athena Polias at Priene, given by the Society itself in 1869. Two years later the sixth Viscount Strangford gave three of the sculptures collected by his father, which

included the famous Late Archaic figure of the fifth century BC known as the Strangford Apollo.”36

e da mercanti che li avevano raccolti in vari luoghi del Mediterraneo senza preoccuparsi troppo di specificarne la provenienza.

Gli anni che vanno dal 1861 agli inizi del 1870 possono essere considerati come gli anni d’oro di Newton e del Museo. Dopo questo decennio, il Greek and Roman Antiquities Department non fu più in grado di procurarsi antichità allo stesso livello e questo perchè i limiti di spazio all’interno della struttura di Bloomsbury impedivano l’acquisto di sculture di grandi dimensioni; le campagne di scavo in Grecia ed in Italia erano sempre più patrocinate dagli Stati Uniti e dagli altri paesi europei, da scuole e società private come la British School at Athens,37 fondata con l’aiuto di Newton nel 1886, e soprattutto non venivano più eseguite per fornire materiale ed ampliare le collezioni dei grandi musei stranieri.

35

Per ulteriori notizie sul Natural History Museum e il suo trasloco da Bloomsbury a South Kensington si possono consultare STEARN W.T., The Natural History Museum at South Kensington: A history of the British Museum (Natural

History) 1753-1980, Heinemann 1981; British Museum: a bill intituled: An act to alter the composition of the Trustees of the British Museum, to provide for the separation from the British Museum (Natural History), to make new provision with respect of the regulation of the two museums and their collections in place of that made by the British Museum Act 1753 and enactments amending or supplementing that Act, and for purposes connected with the matters aforesaid, H.M.S.O., London 1963; THACKRAY J.C., The Natural History Museum: Nature’s treasure house, J.R. Press,

London 2001, pp. 58-77; The Natural History Museum London, enlightening the British: Knowledge, Discovery, and the

Museum in the Eighteen century, edited by Anderson R.G.W. and others, BMP, London 2003; The History of the collections contained in the Natural History departments of the British Museum, Printed by Order of The Trustees,

London 1904; A short guide to the Natural History Museum, Trustees of The British Museum (Natural History), London 1973, pp. 1-3; The Story of the Collections contained in the Natural History departments of the British Museum Vol. I, Libraries. The department of Botany. The department of geology. The department of minerals, Printed by Order of the Trustees of the British Museum, London 1904, pp. VII-XIII; The Story of the Collections contained in the Natural History

departments of the British Museum Vol. II, Appendix by Dr A. Gunther F.R.S., Printed by Order of the Trustees of The

British Museum, London 1912, pp. 29-30; pp. 38-40, pp.49.50; WILSON D.M., The British Museum. A History, The BMP, London 2002, p. 142; British Museum (Natural History) Minutes Standing Committee 25-1-36 to 27-10-44 vol. 14.

36 WILSON D.M., The British Museum. A History, The BMP, London 2002, p. 150. 37

La British School of Athens venne fondata nel 1886 dopo le scuole create dalla Francia, Germania e America. Il suo scopo è sempre stato quello di contribuire ad aiutare e facilitare le ricerche inglesi negli studi sul mondo greco dalla preistoria in avanti. E’ uno dei sette British International Research Institutes supportati dalla The British Academy. Dal punto di vista giuridico è una not-for-profit Institution (registered Charity no. 208673) ed è governata by trust deed. Il suo patron è HRH The Prince of Wales. Per ulteriori informazioni www.bsa.ac.uk

(18)

18

1.1 La collezione di antichità greco romana negli anni Trenta del Novecento

Se si confrontano le guide contemporanee del Greek and Roman Antiquities Department con quelle del periodo prebellico, si può notare che non esistono grandi differenze per quanto riguarda la quantità o la qualità degli oggetti presenti nella collezione. Le differenze, come è normale che sia, consistono nell’allestimento dei reperti nelle varie gallerie che li ospitano.

Quando si esaminano le piccole ma esaustive guide del 1928, del 1932 e del 1938 (quest’ultima riprende l’edizione del 1932), le ultime disponibili a livello temporale prima dell’inizio del conflitto mondiale, ciò che colpisce è la precisione nella descrizione dei reperti custoditi nelle sale, la spiegazione del metodo seguito per l’allestimento della collezione,38 e viene anche indicato il motivo dell’esclusione di vari oggetti che pur appartenendo alla sfera dell’arte greca e romana non sono presenti nelle sale:

“To define its scope more precisely several exceptions must be mentioned. Thus, Roman objects

found in Britain are kept a part, because their primary interest is as illustrations of an early stage of national history…The Greek papyri, including works of Huperides, Aristotele, Herandos, Bacchylides, and others, are grouped with other manuscripts of the later period. Where the streams of later Egyptian and Greek histories mingle, it is possible to make a complete separation of the

two…Some fine Greek bronzes are shown in the Waddesdon Bequest.”39-40

La guida del 1928 è sicuramente quella più esaustiva dal punto di vista delle spiegazioni, dell’apparato figurativo, dei disegni e delle fotografie, e come spiega l’autore H. B. Walters (1867-1944):

“In this guide I have attempted to give in a brief form a description of the Greek and Roman

Antiquities in the British Museum. Such facts are stated as are necessary in order that the historical positions and interest of the different groups may be understood, and points of special interest in the separate objects are also indicated. In the accounts of the several Rooms references are given to

38

A Guide to the Department of Greek and Roman Antiquities. Sixth edition. With illustration, maps and plans. London: Printed by Order of The Trustees, 1928.

39

Ivi, cit. p. 1.

40

Agli inizi del XX secolo si assiste ad una modifica dei modelli museali ereditati dai secoli precedenti e questo perché non rispondevano più alle esigenze della società che era stata interessata da cambiamenti economici, politici, sociali e soprattutto dal progresso scientifico. Vengono messi in discussione non solo la forma strutturale del museo, ma anche il ruolo che questi ricopre all’interno della società stessa perché un numero sempre più vasto di pubblico vuole usufruire delle possibilità messe a disposizione dalla cultura. Nel periodo che intercorre tra le due guerre, si vede il museo come uno strumento di comunicazione di massa e come un luogo di incontro non più solo per esperti e studiosi. Di conseguenza, il museo doveva non solo continuare a rispondere alle esigenze di questi ultimi, ma anche cercare di soddisfare gli interessi e le curiosità del pubblico moderno, e della nuova realtà con cui dovevano confrontarsi i musei si parlò nella Conferenza di Madrid del 1934. FIORIO M.T., Il Museo nella storia. Dallo studiolo alla

raccolta pubblica, Bruno Mondadori, 2011, pp. 117-133. Nella Conferenza che si svolse a Madrid nel 1934, 28

ottobre-4 novembre, l’attenzione venne posta proprio sui cambiamenti che stavano interessando il mondo museale. Alla Conferenza parteciparono storici dell’arte, direttori di musei e responsabili dei Laboratori di ricerca scientifica (per il British era presente Plenderleith, il Keeper del Research Laboratory). Durante i lavori vennero discussi vari argomenti come l’allestimento delle collezioni; le tecniche di conservazione; l’architettura dei musei; la forma delle sale e la circolazione tra i vari spazi espositivi; i metodi migliori per l’illuminazione, e la flessibilità nei criteri espositivi.

Muséographie: architecture et aménagemnt des Musée d’Art. Conference internationale d’études, Madrid 1934, 3 voll.

(19)

19

the larger catalogues, which should be consulted by those who wish to study the collections in

greater detail.”41

Mentre la guida del 1938 è una Summery Guide to the Exhibition Galleries:

“…intended to direct the visitor to the several parts of the building, and to indicate a few of the

principal objects of interest. Detailed accounts of the collections are contained in the Departmental

Guide-books…”42

In passato una copia della guida era sempre presente nelle sale, ed era a disposizione del pubblico. Le guide del 1928 e del 1938, pur occupandosi del medesimo Department si differenziano tra di loro sotto vari aspetti. Quella del 1928 è una guida specifica del Greek and Roman Antiquities Department, presenta le gallerie ad una ad una, e prima di spiegare nel dettaglio i vari reperti esposti, fornisce una breve spiegazione del periodo storico in cui furono eseguiti. Accanto al nome dell’oggetto si trova un numero che permetteva di identificare il medesimo nel catalogo, consultabile su richiesta e conservato presso gli uffici del Dipartimento; vengono fornite informazioni su un ampio numero di opere, e presenta la pianta sia del piano terra che del primo piano.

La guida del 1932 invece, pur presentando anch’essa le sale individualmente, non è solo una guida del GRA Department, ma prende in considerazioni anche le altre collezioni presenti nel Museo, non offre ampie informazioni sugli oggetti, e presenta solo quelli che attualmente vengono indicati come “star objects”43; non include il numero di riferimento per il catalogo; per l’apparato figurativo sono presenti solo fotografie, e offre solo la pianta del piano superiore. Una guida di questo genere offriva il vantaggio di poter essere utilizzata per un lungo periodo di tempo perché richiamava l’attenzione solo sugli oggetti che difficilmente sarebbero stati rimossi dalla collezione.

Gli esempi che seguono della Phigaleian Room e della Bronze Room, possono essere di aiuto per avere un’idea più precisa delle differenze tra le due guide. In quella del 1928 alla prima stanza sono dedicate otto paginette, indica a quale catalogo delle sculture si può fare riferimento per avere informazioni dettagliate sugli oggetti, e il prezzo di vendita del catalogo; propone una breve presentazione del tempio di Apollo Phigaleia con la sua pianta, parla del fregio, delle metope, e dei frammenti della statua colossale di Apollo. Poi introduce il tempio di Athena Nike; i rilievi greci votivi e sepolcrali, ed infine gli oggetti presenti nella North-West Staircase.44

Nella guida del 1932 invece, la medesima sala viene offerta al pubblico in poche righe:

“PHIGALEIAN ROOM. Greek Sculptures. Frieze from the Temple of Apollo at Phigaleia.

Tombstones from Athens: domestic scenes. [Return to Elgin room, and pass through doorway on left].”45

41

A Guide to the Department of Greek and Roman Antiquities. Sixth edition. With illustration, maps and plans. London: Printed by Order of The Trustees, 1928, p. iii.

42

Summery Guide to the Exhibition Galleries of the British Museum, with plans and illustrations. Printed by Order of The Trustees, London 1932, p. 5.

43

Da oltre 15 anni, lo staff del British utilizza i termini star objects-star pieces per indicare gli oggetti più significativi presenti in una mostra oppure che fanno parte di una collezione. L’informazione è stata fornita dal Dr. Charo Rovira, Administrator-Librarian del Greek and Roman Antiquities Department del BM, September 2018.

44

A Guide to the Department of Greek and Roman Antiquities. Sixth Edition. With illustrations, maps and plans. London: Printed by Order of the Trustees, 1928, pp. 48-55.

45

Summery Guide to the Exhibition Galleries of the British Museum, with plans and illustrations. Printed by Order of The Trustees, London 1932, p. 11.

(20)

20 Per quanto riguarda la Bronze Room, nella guida del 1928 viene proposta ai visitatori in otto pagine; fa riferimento al catalogo dei bronzi aggiungendo che una copia può essere presa in prestito per essere utilizzata nella sala; spiega da dove derivano i reperti, e da quali oggetti è formata la collezione. Poi parla dei Bronzi di Siris, degli specchi etruschi, della testa di Hypnos, e del contenuto di tutte le vetrine presenti nella sala46.

Invece, la guida del 1932 a proposito di questa stanza dice:

“BRONZE ROOM. Greek-Etruscan and Roman Antiquiites in bronze: statuettes: vases, mirrors,

head of Aphrodite (Venus) and of Hypnos (sleep), Greek portrait head of Cyrenaeom. Head of

Augustus from Meroe.”47

Esaminando la pianta del Greek and Roman Antiquities Department degli ultimi anni del 1930, si può notare che la prima sala che dava il benvenuto ai visitatori, adiacente all’ingresso, era quella della Roman Gallery formata dai busti e dalle statue degli imperatori romani tra cui Augusto (27 a.C. – 14 d.C.), Tiberio (14-37 d.C.), e Marco Aurelio (161-180 d.C.). Alle pareti si potevano ammirare mosaici raffiguranti pavimenti romani scoperti in vari siti dell’Inghilterra.

Si proseguiva con le Greek and Roman Rooms, composte da tre sale in tutto, che contenevano statue e sculture di artisti greci oppure copie romane da originali greci. I pezzi più importanti di queste stanze erano: nella seconda Graeco-Roman Room la statua che rappresenta un giovane atleta che si annoda una fascia intorno ai capelli, considerata una copia del Diadumeno48 dello scultore greco Policleto (attivo tra il 460-420 a.C. circa) di Argos, (attualmente nella Room G23 registration no. 1864,1021.4, è visibile un’altra scultura raffigurante il medesimo soggetto: si tratta del Diadumeno Farnese acquistato nel 1864 da Ferdinando II, re di Napoli e della Sicilia, e che in precedenza faceva parte della collezione Farnese di Roma); e la statua del Westmacott Athlete.49 Nella prima Graeco-Roman Room si trovavano l’Apollo di Cirene50 e l’Afrodite di Ostia;51 nella terza Graeco-Room Room c’erano l’Hermes Farnese52 derivante dall’Hermes di Prassitele

46

A Guide to the Department of Greek and Roman Antiquities. Sixth Edition. With illustrations, maps and plans. London: Printed by Order of the Trustees, 1928, pp. 138-146.

47

Summery Guide to the Exhibition Galleries of the British Museum, with plans and illustrations. Printed by Order of The Trustees, London 1932, p. 15.

48 Not on display, registration no. 1870,0712.1. The Vaison Diadumenos è il nome completo di questa scultura, nome

che deriva dalla località situata nel sud della Francia, Vaison (Vaucluse), dove fu ritrovata. Per notizie su questo reperto PRYCE F.N., SMITH A.H., Catalogue of Greek sculptures in the British Museum I-III, BMP, London 1892; JENKINS I. with FARGE C. and TURNER V., Defining Beauty: The Body in the Ancient Greek Art, cat. exhibition at The BM 26-03/05-07-2015, The BMP, London 2015, fig. 24, p.54.

49

Not on display, registration no. 1857,0807.1. Si veda JENKINS I. and TURNER V., The Greek Body, The BMP, London 2009, fig. 1, p. 9.

50

Room G22, registration no. 1861,0725.1. Si consulti JENKINS I. and TURNER V., The Greek Body, The BMP, London 2009, fig. 72, p. 80.

51

Not on display, registration no. 1805,0703.16. Copiata da un lavoro della scuola di Prassitele, informazioni sulla Towneley Venus si possono trovare in A guide to the Graeco-Roman sculptures in the department of Greek and Roman

Antiquities (synopsis of the contents of the British Museum) 2 vols., London 1874, 2nd edition 1876 and 1879, I, no. 185; SMITH A.H., A catalogue of sculptures in the department of Greek and Roman Antiquities, British Museum vol. III, London 1904, no. 1577, pp. 29-30; COOK B.F., The Townley marbles, London 1985, fig. 19, pp. 20-22.

52

Room G1/od/nr172, registration no.1864,1021.1. Per informazioni JENKINS I. and TURNER V., The Greek Body, The BMP, London 2009, fig. 38-39, p. 46.

(21)

21 (400/395–326 a.C.), e il busto di Clytie-Antonia.53 Ma era nella seconda Graeco-Roman Room che si trovava la scultura più rinomata: una copia in marmo del famoso Discobolo54 attribuito a Mirone. Seguiva la Room of Archaic Greek Sculptures che esponeva sculture che rappresentavano i progressi dell’arte greca dai suoi inizi fino alle guerre Persiane (inizio del V secolo a.C.). La maggior parte degli oggetti esposti appartenevano al VI secolo a.C. ed alcuni al VII secolo a.C., mentre il gruppo di sculture provenienti da Micene sono di datazione più antica. Gli oggetti erano raggruppati in base al loro luogo di origine e tra questi si distinguevano due colonne della porta d’ingresso al Tesoro di Atreus55 conosciuto anche come la tomba di Agamennone, l’eroe della mitologia greca; la Harpy Tomb da Xanthos in Licia56 uno dei più importanti ed elaborati lavori del periodo arcaico che si sono conservati; le grandi sculture sedute che un tempo adornavano la via sacra di Branchidae vicino a Mileto, e l’Apollo di Strangford57 un bell’esempio del tardo periodo arcaico. Adiacente si trovava una piccola stanza, un’anticamera, che ospitava la possente statua di Demetra da Cnidos.58 Ed è da quest’anticamera che si accedeva alle cinque sale che ospitavano i pezzi più pregiati della collezione.

La prima sala era la Ephesus Room che conteneva sculture e parti architettoniche provenienti dal Tempio di Diana ad Efeso59, una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico. Il tempio di Diana (Artemide), risalente al 330 a.C. fu scoperto durante gli scavi negli anni 1869-74. Dai documenti sappiamo che il tempio esisteva già quando San Paolo predicava ad Efeso60. Un gruppo di busti

53

Room G1/od/nr41, registration no. 1805,0703.79. Per ricerche su questo busto sono disponibili JONES M., CRADDOCK P., BAKER N., Fake? The Art of Deception, The BMP, London 1990, no. 3, pp. 32-33; WALKER S., Roman Art, The BMP, London 1991, fig. 33, p. 19; COOK B.F., The Townley Marbles, The BMP, London 1985, fig. 9, p. 15; COOK B.F., Greek and Roman Art in the British Museum, The BMP, London 1976, fig. 144, p. 181.

54

Room G1/od/nr64, registration no. 1805,0703.43. Per il Townley Discobolus sono disponibili JENKINS I., The

Discobolus, The BMP, London 2012; JAMES M., CRADDOCK P., BARKER N., Fake? The art of deception, The BMP,

London 1990; JENKINS I. with FARGE C. and TURNER V., Defining Beauty: The Body in ancient Greek Art, cat. exhibition at the BM 26-03/05-07-2015, The BMP, London 2015, fig.8, pp. 24-26; ANGUISSOLA A., “Roman copies of Myron’s

Discobolus”, Journal of Roman Archaeology 18, 2005, pp. 317-335.

55

Not on display, registration no. 1914,0302.1. Per il Treasury of Atreus si veda PRYCE F.N., SMITH A.H., Catalogue of

Greek Sculpture in the British Museum I-III, London, The BMP, 1892; GERE C., The Tomb of Agamemnon. Mycenae and the search for a Hero, Harvard University Press 2006, pp. 53-55; “Mycenae, city of Agamemnon” by G.E. MYLONAS,

Scientific American v191 n6, 1954, pp. 72-79; “The face of Agamemnon” by O. DICKINSON, Hesperia: The Journal of the American School of Classical Studies at Athens, v74 n3, 2005, pp. 299-308.

56 Room G15, registration no. 1848, 1020.1. Per notizie PRYCE F.N., SMITH A.H., Catalogue of Greek sculptures in the

British Museum I-III, BMP, London 1892.

57

Room G15, registration no. 1864,0220.1. Si vedano JENKINS I. and TURNER V., The Greek Body, BMP, London 2009, fig. 26-27, p. 34; “Anophe: Home of the Strangford Apollo” by R.A. McNEAL, Archaeology v20 n4, 1967, pp. 254-263.

58

Room G22, registration no. 1859,1226.26. Ulteriori informazioni per la Demeter of Knidos si possono trovare in PRYCE F.N., SMITH A.H., Catalogue of Greek sculpture in the British Museum I-III, BMP, London 1892; “Demeter of

Cnidus” by B. ASHMOLE, Journal of Hellenic Studies v71, 1951, pp. 13-28; JENKINS I. with FARGE C. and TURNER V., Defining Beauty: The Body in ancient Greek art, cat. exhibition at the BM 26-03/05-07-2015, The BMP, London 2015,

fig. 9, pp. 26-27.

59

Room 11 Small Elgin room. Per il Tempio di Diana ad Ephesus si possono consultare RICHTER G.M.A., The Sculpture

and Sculptors of the Greeks, 4th edition, New Haven and London, Yale University Press 1970, fig. 751, pp. 209-10; LETHABY W.R., Greek buildings: represented by fragments in the British Museum, B.T. Batsford, London 1908; HENDERSON A.E., The Croesus (VIth century B.C.) temple of Artemis (Diana) at Ephesus, Royal Institute of British Architects, London 1908; FERGUSSON J., The temple of Diana at Ephesus: with special reference to Mr Wood’s

discoveries of its remains, Trubner & Co., London 1883; WOOD T., Discoveries at Ephesus: including the site and remains of the Great temple of Diana, with numerous illustrations from original drawings and photographs, London

1877.

60

Summery Guide to the Exhibition Galleries of the British Museum with plans and illustration. Printed by Order of The Trustees, London 1938, p. 7.

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