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L'AUTONOMIA AMMINISTRATIVA DELLE REGIONI. Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza - Università di Firenze: 92

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DI FIRENZE P U B B L I C A Z I O N I D E L L A FA C O LT À D I G I U R I S P R U D E N Z A 92. MARTA PICCHI. e’ E. di to. re. L’AUTONOMIA AMMINISTRATIVA DELLE REGIONI. G. iu. ffr. LA TRADIZIONE, L’EDITTO. M I L A N O - D O T T. A . G I U F F R È. EDITORE -. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(2) G iu. ffr. e’. Ed ito. re. Ai miei genitori e a Marco. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(3) re Ed ito e’ ffr G iu © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(4) INTRODUZIONE. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. Questo lavoro costituisce il risultato di uno studio iniziato alcuni anni fa, finalizzato ad illustrare la sensibile trasformazione dei rapporti Stato/Regioni/enti locali, realizzatasi in un arco di tempo abbastanza breve, sebbene le esigenze fossero gia` evidenti nel sistema. La lunga inattuazione del dettato costituzionale ha portato alla creazione di soggetti che hanno dovuto operare nell’ambito di previsioni costituzionali pensate oltre un ventennio prima, il cui significato era ancora tutto da definire. Ciononostante, le Regioni hanno mostrato, gradualmente, la possibilita` di sperimentare assieme agli enti locali nuove modalita` d’azione, vista la capacita` di meglio percepire le istanze sociali. E` questo il motivo che ha determinato la scelta dell’argomento principale della ricerca: l’autonomia amministrativa regionale. L’‘‘amministrazione’’ puo` assumere un duplice significato: espressione di autonomia politica oppure insieme di strutture e risorse predisposte per l’esplicazione di attivita` con fine compiutamente predeterminato. Nel primo caso, l’amministrazione compie scelte di interessi rendendosi interprete dei bisogni della societa` perche´ e` dotata di rappresentativita` politica; nel secondo caso, invece, e` soltanto esecuzione della legge. L’ipotesi di lavoro e` che la funzione amministrativa nell’accezione non restrittiva, vista la sua inclinazione alla generalita`, costituisca il mezzo per valorizzare l’autonomia regionale e il carattere di ente a fini generali: la natura preminente della funzione data ad un ente posto a governare una collet-. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(5) viii. introduzione. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. tivita` non puo` che essere amministrativa. Uno Stato articolato territorialmente deve pur sempre rimuovere gli squilibri economico-sociali che incidono sullo sviluppo delle entita` regionali, senza tuttavia relegarle al ruolo di enti di decentramento amministrativo privandole, quindi, di una identita` distinta rispetto al complesso amministrativo statale. La Regione non si e` potuta affermare compiutamente quale ente di amministrazione, a causa dell’imponente apparato amministrativo statale e della progressiva crescita degli enti locali, tuttavia ha manifestato la propria vocazione amministrativa: l’ulteriore obiettivo della ricerca e`, di conseguenza, quello di verificare l’esistenza dei presupposti per poter ritenere oramai superata la ricostruzione riduttiva delle Regioni come enti di mero decentramento. Il lavoro si articola in tre parti: nella prima, dopo aver ripercorso brevemente le vicende storiche che hanno condotto all’adozione di una forma di stato regionale, vengono evidenziate le ragioni della scelta di un sistema ad amministrazione duale, passando poi ad esaminare il contenuto dell’autonomia amministrativa regionale secondo l’attuazione data all’art. 118 Cost. vt (vecchio testo), grazie anche all’importante contributo apportato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Fino alla meta` degli anni Novanta abbiamo assistito all’ampliamento delle materie regionali per mezzo degli istituti descritti in Costituzione, ma anche attraverso aperture che hanno portato le Regioni ad operare al di fuori di quanto fosse loro costituzionalmente garantito; per altro verso, pero`, e` stata compiuta una lettura riduttiva dell’autonomia regionale, tanto che gli strumenti e le sedi di cooperazione elaborati hanno sempre posto lo Stato in una posizione di supremazia. Inoltre, l’amministrazione regionale, sebbene vi siano stati dei progressivi tentativi per ergersi quale ente di sistema nei confronti delle autonomie locali, si e` piu` che altro con-. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(6) introduzione. ix. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. trapposta agli enti locali, anziche´ coordinarsi con essi: il modello che ha caratterizzato i rapporti centro-periferia e` stato quello del doppio binario (Stato/Regioni e Stato/enti locali). In aggiunta a cio`, il sistema di riparto delle competenze elaborato in sede costituente, vista la rigidita` di ripartizione dei poteri legislativi, ha determinato la creazione di strumenti in deroga, fondati sul principio dell’interesse unitario che, in forza di un’interpretazione restrittiva dell’art. 5 Cost., ha portato solitamente ad un’applicazione in danno per le Regioni. Da qui l’esigenza di superare questo elemento di rigidita`, attraverso l’introduzione di una ripartizione razionale delle competenze allo scopo di creare un sistema funzionale. L’esame della riforma amministrativa realizzata a Costituzione invariata e` l’oggetto della seconda parte del lavoro, in cui viene verificato se effettivamente si e` puntato sull’autonomia ricostruendo il sistema amministrativo dal basso per valorizzare i livelli territoriali di governo ritenendo l’amministrazione una funzione propria degli enti territorialmente piu` vicini alla collettivita`. La Germania e` il Paese che piu` compiutamente ha sviluppato un modello di c.d. federalismo amministrativo, caratterizzato per l’attribuzione in via prevalente della funzione amministrativa ad entita` subfederali; l’esame di questa esperienza, secondo uno studio volto ad evidenziare le diversita` dei due sistemi oggetto di comparazione tenendo conto delle differenti culture giuridiche, consente di riscontrare i passi avanti fatti per valorizzare il ruolo di ente di governo della Regione. In quest’ultima prospettiva, diventa importante verificare anche, per un verso, l’incidenza del processo di integrazione europea e di quello di globalizzazione nel momento in cui richiedono strutture amministrative articolate, flessibili, dotate di solidi rapporti di collaborazione per poter soddisfare tempestivamente i bisogni della comunita` rappresentata; per un. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(7) x. introduzione. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. altro verso, come la stabilita` politica dei governi regionali, prima ancora di rivederne le funzioni, costituisca il necessario presupposto per riqualificare l’autonomia delle Regioni. Passando all’illustrazione dell’intervenuta riforma del Titolo V, viene esaminato come la portata amministrativa delle Regioni sia stata amplificata: se, dunque, l’elemento qualificante del nuovo modello, piu` che l’inversione del criterio di ripartizione delle funzioni legislative, non sia l’assegnazione all’amministrazione regionale e locale di tutte le funzioni e i compiti amministrativi riguardanti la tutela degli interessi e la promozione dello sviluppo delle comunita` locali e l’aver dato al principio di sussidiarieta` e agli altri criteri ad esso funzionali il compito di garantire l’elasticita` del sistema. Il principio di sussidiarieta` ha un significato differente a seconda dell’ordinamento nel quale opera — lo dimostra l’esame comparato con l’esperienza comunitaria e quella tedesca — perche´ il suo contenuto e` influenzato dal relativo contesto normativo; tuttavia, laddove si proceda all’introduzione del principio di sussidiarieta` , nella sua dimensione verticale e/o orizzontale, si va sempre ad incidere sulla forma di stato non solo sotto il profilo dei rapporti tra i diversi livelli territoriali di governo, ma dell’insieme dei rapporti Stato/societa`, dal momento che le autonomie territoriali ricevono una valorizzazione in quanto contribuiscano all’implementazione dei valori fondamentali della Costituzione e che lo scopo di questo principio non e` quello di dare attuazione ad un sistema di divisione delle competenze finalizzato alla preservazione di spazi di potere. Sotto il profilo dei rapporti tra i diversi livelli territoriali di governo e` dunque importante l’esame delle ripercussioni del principio di sussidiarieta` su quello di cooperazione sia nei rapporti Stato/Regioni, ma anche nell’area amministrativa infrastatale che costituisce il nuovo ambito amministrativo unitario.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(8) introduzione. xi. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. Nella parte conclusiva della ricerca, viene esaminato il ruolo attribuito alle Regioni nella Costituzione riformata, guardando ai caratteri identificativi dell’autonomia amministrativa regionale e alla loro possibilita` di sviluppo per rafforzare la natura di ente esponenziale della comunita` rappresentata. Questa ricostruzione consente di evidenziare gli istituti che costituiscono i pilastri del nuovo modello individuandone i possibili riflessi, con una particolare attenzione — che ha percorso l’intero studio — alla ricostruzione della nozione di interesse unitario, nell’intento di verificare l’esistenza di una clausola di chiusura del sistema, come elemento indefettibile degli ordinamenti a struttura articolata, indipendentemente dalla sua esplicitazione nella Carta costituzione.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(9) re Ed ito e’ ffr G iu © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(10) G iu. ffr. e’. Ed ito. SISTEMA AMMINISTRATIVO E SCELTA REGIONALISTA. re. PARTE I. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(11) re Ed ito e’ ffr G iu © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(12) Capitolo I LA SCELTA DI UN SISTEMA AD AMMINISTRAZIONE DUALE Sommario: 1. L’unita` nazionale e la scelta di un sistema amministrativo accentra-. 1.. Ed ito. re. to. — 2. La soluzione adottata dalla Costituente: il sistema binario. — 3. Segue: unita` e autonomia come valori complementari. — 4. Il principio del parallelismo delle funzioni.. L’unita` nazionale e la scelta di un sistema amministrativo accentrato.. G iu. ffr. e’. I momenti piu` significativi che hanno condotto alla creazione dello Stato regionale sono connotati da implicazioni sotto il profilo dell’assetto amministrativo; percio` evidenzieremo prima le ragioni che portarono, a seguito della unificazione nazionale, alla realizzazione di un sistema amministrativo accentrato scartando la soluzione regionalista, mentre in un secondo momento parleremo degli effetti conseguenti alla creazione delle Regioni. E` importante procedere alla ricostruzione partendo dalle vicende del periodo unitario, poiche´ e` in questa fase che prende avvio l’idea della Regione quale momento di decentramento dell’apparato statale, ma soprattutto per sottolineare come, in generale, la storia delle strutture amministrative sia saldamente intrecciata alle vicende politiche e sociali. Difatti l’Italia, subito dopo il processo di unificazione, non aveva ne´ un Parlamento di grande autorevolezza, ne´ tanto meno Governi stabili; in tali condizioni, l’azione dell’am-. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(13) 4. sistema amministrativo e scelta regionalista. e’. Ed ito. re. ministrazione argino` le carenze proprie delle istituzioni rappresentative e sul momento rafforzo` , soprattutto al Sud, un tessuto sociale caratterizzato da una estrema debolezza (1). In questo modo l’amministrazione statale venne utilizzata per attrarre una pluralita` di realta` ben distinte tra loro nell’ambito politico-giuridico di un Paese le cui ultime vicende erano state caratterizzate da una certa improvvisazione e da scarsa lungimiranza. La preoccupazione di realizzare l’unita` nazionale (2) ha costituito nel nostro sistema un’idea ossessiva che ha finito col condizionare l’assetto organizzativo nazionale; in particolare, il timore di compromettere l’unificazione appena raggiunta porto` a scegliere la soluzione centralizzatrice affermando l’identita` tra unita` nazionale e forma unitaria dell’organizzazione quale dogma destinato a resistere nel tempo (3): l’idea di unita` giuridico-amministrativa ha cosı` assunto una valenza tale da determinare modelli indifferenziati di azione ed organizzazione (4).. G iu. ffr. (1) S. Sepe, Amministrazione e Storia. Problemi della evoluzione degli apparati statali dall’Unita` ai nostri giorni, Rimini, Maggioli, 1995, pag. 18 e ss. (2) Sull’unificazione quale processo che si e` potuto sviluppare, paradossalmente, visto il particolare momento di rarefazione culturale, sociale e produttiva del Paese tanto che, pur in assenza di un’autentica cultura dell’unita`, quest’ultima e` riuscita ad arginare il declino italiano determinando un’inversione di tendenza: A. Schiavone, Italiani senza Italia. Storia e identita`, Torino, Einaudi, 1998, pag. 90 e ss.; M. Berengo, Cultura e istituzioni nell’Ottocento italiano, Bologna, Il Mulino, 2004, pag. 103 e ss.; A.M. Thiesse, La creazione delle identita` nazionali in Europa, Bologna, Il Mulino, 2001, passim. (3) U. Allegretti, Autonomia regionale e unita` nazionale, in Reg., 1995, pag. 9 e ss.; Censis, Autonomie con l’Europa. Citta` e Regioni nel processo di integrazione europea, Milano, Franco Angeli, 1998, pag. 284; V. Onida, Il modello tedesco: analogie e differenze con l’Italia, in M. Degni, G. Iovinella (a cura di), Federalismo modello Germania, Roma, Ediesse, 1995, pag. 73; S. Sepe, Profili storici, in S. Sepe (a cura di), I modelli organizzativi delle amministrazioni pubbliche tra accentramento e decentramento: dalla riflessione storica alle prospettive di riforma. Atti del seminario di studio di Roma, 25 marzo 1996, Milano, Giuffre`, 1999, pag. 14. (4) M. Bertolissi, Identita` e crisi dello Stato costituzionale in Italia, Padova, Cedam, 2002, pag. 127.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(14) 5. un sistema ad amministrazione duale. Ed ito. re. Il processo storico attraverso il quale si e` giunti alla realizzazione di un sistema rigidamente accentrato e` particolarmente complesso, giacche´ sembra contrastare con le tendenze espresse in materia di organizzazione dello Stato italiano, durante la fase risorgimentale, da parte di quelle forze politiche (5) che poi hanno contribuito alla costruzione dello Stato nazionale. Nel periodo successivo alla Restaurazione (6), gli Stati italiani si erano dati, o comunque avevano conservato, un ordinamento amministrativo caratterizzato per il fatto di mantenere in vita le riforme realizzate nel periodo della dominazione napoleonica (7); cio` sebbene le correnti del moderatismo italiano, compreso lo stesso Cavour (8), soprattutto prima. G iu. ffr. e’. (5) E. Ragionieri, Accentramento e autonomie nella storia dell’Italia unita, in La Regione, 1963, pag. 11 e ss. (6) La storia rinascimentale italiana e` caratterizzata da uno sviluppo dell’ordinamento politico comunale e signorile tanto potente e capillare da pregiudicare un processo di unificazione simile a quello realizzatosi in molti Paesi europei dove l’assenza di poteri territoriali cosı` forti permise l’affermazione di un centro rispetto alle periferie. Di conseguenza, in Italia, l’unificazione oltre ad essere stata raggiunta in ritardo, e` caratterizzata per essersi sviluppata intorno ad un centro debole. Sul tema avremo modo di tornare piu` avanti, intanto vedi: S. Cassese, Lo Stato italiano e la sua riforma, Torino, CLUEB, 1998, pag. 11; M. Meriggi, Gli Stati italiani prima dell’Unita`. Una storia istituzionale, Bologna, Il Mulino, 2002, pag. 111 e ss. (7) A. De Martino, Amministrazione e societa` nel Mezzogiorno del primo Ottocento, Napoli, Jovene, 2000, pag. 44 e ss. (8) Cavour era stato per lungo tempo contrario a forme di accentramento e favorevole alla costruzione di uno Stato federale, anche presieduto dal Papa, o comunque parzialmente decentrato, poiche´ tale soluzione corrispondeva alla sua formazione e permetteva di tener conto dell’avversione e delle proteste che aveva suscitato l’applicazione della legge Rattazzi in Lombardia. Soprattutto, pero`, egli osteggiava l’idea dell’unificazione nazionale propugnata da Mazzini e temeva che l’unita` potesse portare con se´ anche la Repubblica. Al riguardo vedi: D. Mack Smith, La « casualita` » del centralismo italiano, in M. Sabella, N. Urbinati (a cura di), Quale federalismo? Interviste sull’Italia del futuro, Firenze, Vallecchi, 1994, pag. 137; B. King, Storia dell’unita` d’Italia 1814-1871, Roma, Editori Riuniti, 1960, pag. 186 e ss.; E. Ragionieri, Politica e amministrazione nello Stato unitario, in E. Rotelli (a cura di), Dal regionalismo alla Regione, Bologna, Il Mulino, 1973, pag. 53; M.L. Salvadori, Storia d’Italia e crisi di regime. Saggio sulla politica italiana 1861-1996, Bologna, Il Mulino, 1996, pag. 37 e ss. In particolare, per quanto riguarda l’iniziale posizione assunta dal governo Cavour, si puo` ricordare la nota inviata il 13 agosto 1860 dal Ministro dell’Interno Farini alla Commissione. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(15) 6. sistema amministrativo e scelta regionalista. Ed ito. re. dei moti rivoluzionari del 1848 (9), avversassero decisamente la soluzione di uno Stato di tipo accentrato secondo il modello francese (10). Di converso era apprezzato il self-government inglese (11) fondato su ampie autonomie locali e ispirato a larghi criteri di decentramento amministrativo, poiche´ si guardava alla liberta` delle amministrazioni locali come ad un possibile strumento per contenere i poteri della monarchia amministrativa (12). Questo modello era dichiaratamente avvalorato dai gruppi dirigenti dei moderati lombardi e toscani allo scopo di conservare, nell’ambito di un’organizzazione politica unitaria, una parte di quelle istituzioni amministrative autonome proprie degli Stati preunitari (13). Dunque, l’attenzione dei moderati si soffermava essen-. G iu. ffr. e’. provvisoria istituita presso il Consiglio di Stato, nella quale si affermava che se le annessioni si fossero limitate alla sola Lombardia, la creazione di soggetti amministrativi formati da parecchie Province (le Regioni appunto) poteva risultare del tutto inopportuna oltre a costituire la causa di una « dualita` pericolosa ». Tuttavia, si era proceduto anche all’annessione dell’Emilia e della Toscana e si prevedeva di ampliare ulteriormente il Regno alle Province del Sud che tanto differenti erano dal Piemonte, percio` l’istituzione di organizzazioni fondate su un’autonomia piu` larga veniva considerata come assolutamente necessaria e destinata a diventare « un disegno normale della vita italiana ». In merito vedi: C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica. Da Rattazzi a Ricasoli (1859-1866), Milano, Giuffre`, 1964, pag. 63 e ss.; R. Romeo, I problemi del decentramento in Italia a meta` del secolo XIX, in E. Rotelli, Dal regionalismo alla Regione, op. cit., pag. 78; G. Talamo, Il problema delle Regioni nella cultura politica del Risorgimento, in Aa.Vv., Le Regioni, Roma, ERI, 1971, pag. 244 e ss. (9) M. D’Addio, Progetti costituzionali di Antonio Rosmini, in F. Livorsi (a cura di), Liberta` e Stato nel 1848-49. Idee politiche e costituzionali, Milano, Giuffre`, 2001, pag. 110 e ss.; F. Livorsi, Liberta` e Stato nel 1848-49 europeo. Note e riflessioni, in F. Livorsi, Liberta` e Stato ..., op. cit., pag. 40 e ss. (10) R. Romeo, I problemi del decentramento ..., op. cit., pag. 76 e ss.; E. Ragionieri, Politica e amministrazione nello Stato ..., op. cit., pag. 44 e ss. (11) R. Segatori, I sindaci. Storia e sociologia dell’amministrazione locale in Italia dall’Unita` a oggi, Roma, Donzelli, 2003, pag. 3 e ss. (12) F. Merusi, La logica del decentramento amministrativo, effetti e conseguenze, in Amm. it., 1998, pag. 1237. (13) E. Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia dell’Italia unita, Roma, Editori Riuniti, 1979, pag. 159.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(16) 7. un sistema ad amministrazione duale. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. zialmente su due poli: l’accentramento alla francese e il decentramento all’inglese. Alcune correnti democratiche guardavano anche ad altre esperienze, come ad esempio a quella statunitense e a quella svizzera (14); tuttavia sia nei democratici che sostenevano una soluzione unitaria, che in coloro che di contro propugnavano un modello di tipo federale non vi era in alcun modo la volonta` di realizzare uno Stato accentrato. Lo stesso Mazzini, nell’articolo Dell’unita` d’Italia pubblicato nuovamente nel 1861, rigettava la soluzione di uno Stato accentrato, asserendo la necessita` di un disegno dell’ordinamento amministrativo italiano in grado di sottolineare al contempo le inscindibili esigenze dell’unita` politica e dell’autogoverno popolare a tutti i livelli di vita del Paese (15). Nel modello elaborato da Mazzini, si auspicava la realizzazione di « tre unita` politico-amministrative »: la Nazione, il Comune quale unita` primordiale e la Regione quale ente intermedio « indispensabile tra la Nazione e il Comune, additata dai caratteri territoriali secondari, dai dialetti, e dal predominio delle attitudini agricole, industriali e marittime » (16). La contingenza e per certi aspetti la casualita` degli eventi verificatisi fra l’Estate del 1860 e l’Ottobre del 1861 portarono all’attenuazione e poi al definitivo abbandono dei pro(14) L. Colucci, Carlo Cattaneo e il Regno Lombardo-Veneto, in F. Livorsi, Liberta` e Stato ..., op. cit., pag. 199 e ss.; F. Della Peruta, Unita` e federazione durante il Risorgimento, in A. Varni (a cura di), Storia dell’autonomia in Italia tra Ottocento e Novecento, Bologna, Il Mulino, 2001, pag. 21 e ss. (15) E. Ragionieri, Politica e amministrazione nello Stato ..., op. cit., pag. 47. (16) C. Vitta, Il regionalismo, Firenze, La Voce, 1923, pag. 24 e ss.; U. Chiaramonte, Il dibattito sulle autonomie nella storia d’Italia. 1796-1996 unita` , federalismo, regionalismo, decentramento, Milano, Franco Angeli, 1998, pag. 138 e ss.; V.P. Gastaldi, L’eredita` federalistica nella scuola di Cattaneo, in G. Angelini, A. Colombo, V.P. Gastaldi (a cura di), Poteri e liberta`. Autonomie e federalismo nel pensiero democratico italiano, Milano, Franco Angeli, 2001, pag. 123 e ss.; G. Woodcock, The idea of regional autonomy in Italy from Mazzini to Ambrosini, in Pol., 1986, pag. 695 e ss.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(17) 8. sistema amministrativo e scelta regionalista. getti di legge di Farini (17) e Minghetti (18). Si rigettarono, (17) U. Allegretti, Autonomia regionale ..., op. cit., pag. 10; Z. Ciuffoletti, Federalismo e regionalismo. Da Cattaneo alla Lega, Bari, Laterza, 1994, pag. 50 e ss.; V. Onida, Il regionalismo in Italia: origini, caratteri, prospettive, in Aa.Vv., Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari. Seminario 1992, Milano, Giuffre`, 1993, pag. 79 e ss.; S. Sepe, L. Mazzone, I. Portelli, G. Vetritto,. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. Lineamenti di storia dell’amministrazione italiana (1861-2002), Roma, Carocci, 2003, pag. 70 e ss.; G. Woodcock, The idea of regional ..., op. cit., pag. 696 e ss. Nel 1860, quando ancora il Ministro dell’Interno era Farini, l’istituita Commissione temporanea di legislazione, occupandosi del tema degli enti locali e delle Regioni, concepı` queste ultime non come un ente pubblico a base elettiva, ma come un governatorato presieduto da un governatore assistito da delegati delle Province. L’idea era quindi quella di creare una circoscrizione amministrativa senza proprie materie di competenza, volendo in questo modo evitare di intaccare i cardini del centralismo e di soffocare l’autonomia degli enti locali. In realta`, col progredire dei lavori, la Commissione sembro` congegnare una Regione quale ente dotato di proprie competenze ed il governatore nel duplice ruolo di rappresentante del Governo e di organo esecutivo della Regione: O. Bucci, L’ordinamento regionale. Considerazioni storico-introduttive, in P. De Camelis (a cura di), L’autonomia regionale, Roma, Edizioni Kappa, 1989, pag. 3 e ss. (18) Succeduto Minghetti a Farini, si guardo` alle Regioni come ad uno strumento provvisorio per attutire il conseguimento dell’unificazione amministrativa, lasciando ad un momento successivo la verifica circa l’opportunita` di conservarle come veri istituti di governo locale. Nel pensiero di Minghetti vi era la figura di un consorzio permanente di Province, dotato di specifiche competenze, ma privo di una finanza autonoma, bensı` derivata dalle Province medesime. In buona sostanza, le Regioni erano intese come pienamente rispettose dell’unita` della legge poiche´ ad esse erano affidate solamente funzioni amministrative e costituivano un mezzo per conciliare decentramento istituzionale e deconcentrazione burocratica; mentre il Comune e la Provincia, anche questa considerata associazione naturale attributaria di numerose competenze e dotata di un’amministrazione propria e indipendente dal Governo, erano considerati strumenti di salvaguardia del regime costituzionale per far sı` che il singolo individuo non fosse privato di enti di mediazione nei confronti dello Stato. Al riguardo vedi: P. Calandra, Storia dell’amministrazione pubblica in Italia, Bologna, Il Mulino, 1978, pag. 45 e ss.; F. Cammarano, La costruzione dello Stato e la classe dirigente, in G. Sabbatucci, V. Vidotto (a cura di), Storia d’Italia. Il nuovo Stato e la societa` civile 1861-1887, Bari, Laterza, 1995, pag. 7; L. Giovenco, L’ordinamento regionale, Roma, Jandi Sapi, 1967, pag. 3 e ss.; P.G. Grasso, Proposte di autonomia regionale agli inizi dell’Unita` d’Italia, in Pol., 1994, pag. 237 e ss.; R. Romanelli, Centralismo e autonomie, in R. Romanelli (a cura di), Storia dello Stato italiano dall’Unita` a oggi, Roma, Donzelli, 1995, pag. 126 e ss.; C. Vitta, Il regionalismo, op. cit., pag. 27 e ss. Dunque, mentre in Farini le Regioni erano le membrature dell’Italia fungendo da trait d’union tra gli enti locali e lo Stato, nel pensiero di Minghetti costituivano soltanto un espediente temporaneo per giungere poi all’unificazione amministrati-. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(18) 9. un sistema ad amministrazione duale. cosı` , anche le soluzioni del federalismo e del regionalismo (19) e si recepı`, invece, una concezione rigida dell’unita` intendendola come organizzazione unitaria (20). Tutto cio` avvenne nonostante che il federalismo venisse proposto, da parte di alcune correnti, quale migliore forma dell’unita` nazionale — pensiamo ad esempio a Cattaneo (21) e Ferrari (22) — mentre altri, fra questi lo stesso Minghet-. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. va, dal momento che l’immediata imposizione delle identiche forme e dei medesimi regolamenti — secondo quanto riferı` alla Camera il 13 marzo 1861 — avrebbe potuto determinare gravi inconvenienti e suscitare « gravi ripugnanze, senza corrispondente profitto » (Atti del Parlamento Italiano, discussione sul Progetto di legge presentato alla Camera dal Ministro dell’Interno su ‘‘Repartizione del Regno e autorita` governative’’, seduta del 13 marzo 1861, pag. 33): G. Talamo, Storia e cultura nel Risorgimento italiano, Roma, Archivio Guido Izzi, 1993, pag. 257. (19) E. Rotelli, Il federalismo ancora possibile, in S. Gambino, G. Fabbrini (a cura di), Regione e governo locale fra decentramento istituzionale e riforme. Esperienze e culture a confronto, Rimini, Maggioli, 1997, pag. 91 e ss. (20) M. Fedele, Come cambiano le amministrazioni pubbliche, Bari, Laterza, 1998, pag. 69. (21) Cattaneo riteneva che l’ordinamento italiano dovesse discendere dall’unione dei vari Stati in una Repubblica federale; all’interno degli Stati federati doveva valere un sistema autonomista capace di riequilibrare le disparita` tra le aree di maggior sviluppo e quelle caratterizzate dall’arretratezza culturale, economica e sociale. In tal senso, vedi: M. L. Betri, La questione del « discentramento » in Stefano Jacini, in A. Varni, Storia dell’autonomia in Italia ..., op. cit., pag. 100 e ss.; M. Cataluddi, Il federalismo risorgimentale, in Riv. Sc. sup. ec. fin., 2004, pag. 65 e ss.; U. Chiaramonte, Il dibattito sulle autonomie ..., op. cit., pag. 154 e ss.; F. Della Peruta, Le ideologie del federalismo italiano, in L. De Rosa, E. Di Nolfo (a cura di), Regionalismo e centralizzazione nella storia di Italia e Stati Uniti, Firenze, Olschki, 1986, pag. 155 e ss.; C. Malandrino, Federalismo. Storia, idee, modelli, Roma, Carocci, 1998, pag. 59 e ss.; F. Mazzanti Pepe, Cattaneo, il Mezzogiorno e i poteri locali, in St. amm. cost., 2002, pag. 288 e ss.; S. F. Regasto, I rapporti centro/periferia nell’esperienza (con)federale elvetica. Temi e tracce per una ricerca, in S. Gambino, G. Fabbrini, Regione e governo locale ..., op. cit., pag. 442 e ss.; E. Rotelli, Il federalismo di Carlo Cattaneo: pensiero e azione, in St. amm. cost., 2001, pag. 30 e ss.; L’eclissi del federalismo. Da Cattaneo al Partito d’azione, Bologna, Il Mulino, 2003, pag. 115 e ss. (22) Ferrari auspicava la creazione non di una, ma di piu` Repubbliche, rispettose delle autonomie storiche delle regioni: queste Repubbliche avrebbero dovuto essere riunite confederalmente in un’assemblea nazionale italiana composta dai rappresentanti dei diversi Stati italiani; la Confederazione avrebbe dovuto svolgere compiti prevalentemente di difesa comune. In tal senso, vedi: M. Cataluddi, Il federalismo risorgimentale, op. cit., pag. 69 e ss.; U. Chiaramonte, Il. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(19) 10. sistema amministrativo e scelta regionalista. ti (23), individuavano il regionalismo come strumento di unificazione (24). Le motivazioni principali di questa svolta repentina, legate alla preoccupazione unitaria, sono essenzialmente due (25):. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. dibattito sulle autonomie ..., op. cit., pag. 165 e ss.; C. Malandrino, Federalismo. Storia ..., op. cit., pag. 69 e ss.; M. Schiattone, Alle origini del federalismo italiano. Giuseppe Ferrari, Bari, Dedalo, 1996, pag. 126 e ss. (23) C. Ghisalberti, Stato unitario e federalismo in Italia, in O. Janz, P. Schiera, H. Siegrist (a cura di), Centralismo e federalismo tra Otto e Novecento. Italia e Germania a confronto, Bologna, Il Mulino, 1997, pag. 100 e ss.; D. Mack Smith, Storia d’Italia dal 1861 al 1997, Bari, Laterza, 1998, pag. 71 e ss.; G. Morra, Breve storia del pensiero federalista, Cles, Mondadori, 1993, pag. 96 e ss.; Minghetti e Rosmini, cattolici, liberali, federalisti, in Fed. lib., 1998, pag. 142 e ss.; A. Saccomanno, Autonomia comunale: principi costituzionali e sistema delle fonti del diritto, in C. Amirante, A. Saccomanno (a cura di), Il nuovo ordinamento locale, Messina, Rubbettino, 1995, pag. 17; E. Santarelli, Il regionalismo nell’Italia unita. Storia dell’idea regionalistica fino alla Repubblica, Firenze, Bulgarini, 1973, pag. 22 e ss.; A. Scirocco, In difesa del Risorgimento, Bologna, Il Mulino, 1998, pag. 154 e ss.; S. Sepe, Profili storici, op. cit., pag. 14 e ss. (24) « La Regione adunque, quale noi la concepiamo, potra` tornare accetta sı` a coloro che veggono in essa una naturale varieta` destinata a conservarsi ed a cooperare con bella armonia all’unita` nazionale, sı` a coloro che vagheggiano come fine anche l’unificazione amministrativa, ma non possono chiudere gli occhi sulle difficolta` che questa unificazione incontrerebbe d’un tratto » (Atti del Parlamento Italiano, discussione sul Progetto di legge presentato alla Camera dal Ministro dell’Interno su ‘‘Repartizione del Regno e autorita` governative’’, seduta del 13 marzo 1861, pag. 33). (25) L’abbandono di una soluzione regionalista si ha definitivamente con la successione di Ricasoli. Questi, in un discorso del luglio 1861 davanti alla Camera, dopo la sua conversione da autonomista, sostenne decisamente la tesi dell’accentramento disapprovando il progetto di legge presentato in precedenza da Minghetti nel timore che la rappresentanza regionale potesse rinvigorire i particolarismi. Vedi: A. Berselli, Marco Minghetti e le leggi di unificazione amministrativa, in F. Benvenuti, G. Miglio (a cura di), L’unificazione amministrativa ed i suoi protagonisti, Milano, Neri Pozza, 1969, pag. 340 e ss.; S. Cafiero, Questione meridionale e unita` nazionale 1861-1995, Roma, NIS, 1996, pag. 15 e ss.; P. Calandra, Storia dell’amministrazione ..., op. cit., pag. 49 e ss.; V. Marchetti, Dallo Statuto alla Costituzione. Cenni sulla vicenda dell’autonomia in un secolo di storia italiana, in P. Schiera (a cura di), Le autonomie e L’Europa. Profili storici e comparati, Bologna, Il Mulino, 1993, pag. 205 e ss.; G. Pausini, Bettino Ricasoli e l’unificazione amministrativa dello Stato italiano, in F. Benvenuti, G. Miglio, L’unificazione amministrativa ..., op. cit., pag. 395 e ss.; C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica ..., op. cit., pag. 151 e ss.; G. Woodcock, The idea of regional ..., op. cit., pag. 698.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(20) 11. un sistema ad amministrazione duale. re. in primo luogo, occorre tener conto di quel sentimento filobonapartistico che si accese nelle correnti moderate dopo l’esito dei moti rivoluzionari francesi del 1848 (26), che in parte attenuo` tutte quelle preoccupazioni che erano state manifestate negli anni precedenti verso il sistema accentrato francese (27). Ma fu soprattutto determinante l’insorgere della questione meridionale (28): nel 1860 Garibaldi (29) fu raggiunto a Napoli da Mazzini e Cattaneo (30); il pericolo, nel caso fossero riusciti a riportare una vittoria, era che l’egemonia del Piemonte sull’Italia venisse arrestata (31) e, peggio anco-. G iu. ffr. e’. Ed ito. (26) R. Price, Le rivoluzioni del 1848, Bologna, Il Mulino, 2004, passim. (27) E. Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia ..., op. cit., pag. 161. (28) T. Massarani, Studi di politica e di storia, Firenze, 1869, pag. 570 e ss., sottolinea come i gruppi moderati centrosettentrionali abbandonarono improvvisamente la strada che avevano intrapreso in materia di ordinamento amministrativo, allorquando si pose il problema della questione meridionale ed evidenzia che « la scuola dei regionalisti si fermo`, direi quasi, sovrappensiero, e domando` a se´ medesima se il suo senso ideale fosse attuabile, se il suo pacato sistema potesse adattarsi, come gia` le pareva che potesse a quel primo e piu` omogeneo nocciolo di regno, cosı` anche a questa grande novita`, di fortune, di spiriti e di famiglie. E si vide notevole fenomeno: il concetto della Regione trasmigrare nel mezzodı`, accolto, accarezzato, amplificato, e, diciamolo, derivato ad alquanto diversi propositi da quelli ond’era sorto; e la` invece dov’era sorto, esitare, farsi timido e peritoso, ridursi in termini sempre piu` stretti, e a poco a poco rincasarsi e attutire ». (29) D. Mack Smith, Garibaldi. Una grande vita in breve, Milano, Mondadori, 1994, pag. 108 e ss. (30) A.M. Banti, Il Risorgimento italiano, Bari, Laterza, 2004, pag. 111 e ss. (31) U. Allegretti, Profilo di storia costituzionale italiana. Individualismo e assolutismo nello Stato liberale, Bologna, Il Mulino, 1989, pag. 465; C.T. Altan, La nostra Italia: clientelismo, trasformismo e ribellismo dall’Unita` al 2000, Milano, Egea, 2000, pag. 35 e ss.; S. Cafiero, Questione meridionale ..., op. cit., pag. 14 e ss.; Z. Ciuffoletti, Federalismo e regionalismo ..., op. cit., pag. 51 e ss.; G. Contini, Garibaldi dittatore e il regionalismo siciliano, in N. aut., 1999, pag. 716 e ss.; A. De Bernardi, L. Ganapini, Storia d’Italia 1860-1995, Milano, Mondadori, 2000, pag. 300 e ss.; G. De Cesare, La formazione dello Stato unitario (18601871), Milano, Giuffre`, 1978, pag. 9; E. Galli della Loggia, Il brigantaggio, in G. Belardelli, L. Cafagna, E. Galli della Loggia, G. Sabbatucci (a cura di), Miti e storia dell’Italia unita, Bologna, Il Mulino, 1999, pag. 39 e ss.; P. Guichonnet, Carlo Cadorna, Luigi Federico Menabrea e le leggi del 1865, in F. Benvenuti, G. Miglio, L’unificazione amministrativa ..., op. cit., pag. 290 e ss.; G. Vesperini, I poteri locali, Catanzaro, Meridiana Libri, 1999, pag. 5 e ss.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(21) 12. sistema amministrativo e scelta regionalista. Ed ito. re. ra, che potesse essere creata per davvero una Repubblica federale (32). Per tutti questi motivi Cavour (33), credendo di poter identificare nella centralita` politica il sinonimo della nazionalita` e della centralita` amministrativa, intervenne tempestivamente imponendo un’amministrazione monarchica centralizzata (34), optando per una scelta politica nel segno della continuita` dello Stato e delle istituzioni (35), sebbene, prima dell’adozione dei relativi provvedimenti, avesse promesso all’Italia meridionale una soluzione volta a garantire un vero autogoverno delle Regioni, con un larghissimo decentramento amministrativo e un’‘‘autonomia completa’’. D’altro canto, le Regioni avrebbero potuto mantenere e anzi incrementare le differenziazioni tra i diversi ambiti territoriali; questo elemento avrebbe potuto costituire l’ammissio-. G iu. ffr. e’. (32) R. P. Coppini, Il Piemonte sabaudo e l’unificazione (1849-1861), in G. Sabbatucci, V. Vidotto, Storia d’Italia ..., op. cit., pag. 422 e ss.; C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica ..., op. cit., pag. 76 e ss. In realta` l’avventura nel Meridione non era stata programmata da Cavour che non aveva aiutato la preparazione dell’impresa garibaldina temendo possibili reazioni sul piano internazionale: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, op. cit., pag. 114 e ss.; B. King, Storia dell’unita` d’Italia ..., op. cit., pag. 172 e ss.; D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Milano, Mondadori, 1995, pag. 84 e ss. D’altro canto al Sud vi era « una sorta di irrequietezza ad alta temperatura, una naturale disponibilita` diffusa ad accogliere notizie che promettevano interventi dall’esterno e fatti nuovi »; la propaganda mazziniana lavoro` proprio in questo senso, mentre Cavour ne seppe cogliere i frutti: L. Cafagna, Cavour, Bologna, Il Mulino, 1999, pag. 206 e ss. Al riguardo, vedi anche: E. Guccione, Dall’esperienza storica siciliana le spinte verso la federazione, in Fed. soc., 1996, pag. 106 e ss.; M. Isnenghi, L’Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai giorni nostri, Bologna, Il Mulino, 2004, pag. 82 e ss.; D. Mack Smith, Da Cavour a Mussolini, Acireale, Bonanno, 1987, pag. 75 e ss.; L. Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Roma, Donzelli, 1997, pag. 33; R. Romanelli, L’Italia liberale 1861-1900, Bologna, Il Mulino, 1997, pag. 40; R. Romeo, Dal Piemonte sabaudo all’Italia liberale, Bari, Laterza, 1974, pag. 171 e ss. (33) M. L. Salvadori, Storia d’Italia e crisi di regime. Saggio sulla politica italiana 1861-2000, Bologna, Il Mulino, 2000, pag. 39 e ss. (34) G. Talamo, Storia e cultura ..., op. cit., pag. 222 e ss. (35) E. Ragionieri, Accentramento e autonomie nella storia ..., op. cit., pag. 13.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(22) 13. un sistema ad amministrazione duale. ne della relativita` dei principi posti alla base delle scelte istituzionali compiute, determinando cosı` un elemento di debolezza (36). Proprio quando Cavour realizzo` che l’autonomia regionale avrebbe rafforzato la posizione degli oppositori politici, con il rischio di accendere pericolosi focolai rivoluzionari, muto` idea e procedette nella promulgazione (37) del si-. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. (36) M.S. Giannini, Problemi dell’amministrazione delle Regioni insufficientemente sviluppate, in Riv. trim. dir. pubbl., 1962, pag. 555. (37) Questa imposizione del sistema amministrativo del Regno Sabaudo rafforzo` l’impressione che una Regione avesse operato la conquista delle altre, procedendo al loro assorbimento o ‘‘piemontesizzazione’’; l’opera di ‘‘nazionalizzazione’’ si esaurı` con l’imposizione dello Stato e della sua amministrazione. In tal senso, vedi: G. Angelini, Bovio e il riscatto del Sud, in G. Angelini, A. Colombo, V. P. gastaldi, Poteri e liberta` ..., op. cit., pag. 65 e ss.; F. Benvenuti, Mito e realta` nell’ordinamento amministrativo italiano, in F. Benvenuti, G. Miglio, L’unificazione amministrativa ..., op. cit., pag. 69 e ss.; F. Bonini, Storia della pubblica amministrazione in Italia, Firenze, Le Monnier, 2004, pag. 24 e ss.; F. Cammarano, Nazionalizzazione della politica e politicizzazione della nazione, in R. Lumley, J. Morris (a cura di), Oltre il meridionalismo. Nuove prospettive sul Mezzogiorno d’Italia, Roma, Carocci, 1999, pag. 178; E. Galli della Loggia, La « conquista regia », in G. Belardelli, L. Cafagna, E. Galli della Loggia, G. Sabbatucci, Miti e storia dell’Italia unita, op. cit., pag. 21 e ss.; D. Mack Smith, Storia d’Italia ..., op. cit., pag. 73 e ss.; T. Martines, Il Comune nel Mezzogiorno dopo l’Unita`, in Opere. Ordinamento della Repubblica. Sez. I, Lo Stato. Sez. II, Le autonomie territoriali, Milano, Giuffre`, 2000, pag. 548 e ss.; R. Martucci, Storia costituzionale italiana. Dallo Statuto Albertino alla Repubblica (1848-2001), Roma, Carocci, 2002, pag. 18 e ss.; G. Melis, Storia dell’amministrazione italiana 18611993, Bologna, Il Mulino, 1996, pag. 35 e ss.; C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica ..., op. cit., pag. 6 e ss.; I. Porciani, Identita` locale - identita` nazionale: la costruzione di una doppia appartenenza, in O. Janz, P. Schiera, H. Siegrist, Centralismo e federalismo ..., op. cit., pag. 150; E. Ragionieri, La concezione dello Stato in Gramsci, in G. Santomassimo (a cura di), Storiografia in cammino, Roma, Editori Riuniti, 1987, pag. 266 e ss.; E. Rotelli, Il regionalismo dopo l’unita`, in Foro amm., 1970, pag. 402; R. Ruffilli, La questione regionale dall’unificazione alla dittatura (1862-1942), Milano, Giuffre`, 1971, pag. 3 e ss.; A. Saccomanno, Autonomia comunale ..., op. cit., pag. 16; A. Troccoli, Il problema della ‘‘Regione’’ in Italia. Studi e saggi storici, in N. rass., 1963, pag. 3267 e ss.; G. Vignocchi, Evoluzione degli apparati politico-amministrativi italiani dall’unificazione in poi, in Aa.Vv., Studi in onore di Paolo Biscaretti di Ruffı`a, Milano, Giuffre`, 1987, pag. 1326 e ss. L’unificazione legislativa fu facilitata dal fatto che i codici preunitari avevano per lo piu` preso ad esempio i modelli napoleonici o, quando avevano seguito diversi canoni imposti da locali tradizioni normative o dall’introduzione di leggi straniere, avevano tenuto conto dello spirito informatore. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(23) 14. sistema amministrativo e scelta regionalista. stema giuridico e delle leggi piemontesi, oltre a far in modo che un corpo di amministratori settentrionali (38) si sostituisse agli amministratori nelle diverse zone del Paese (39): tutto cio`, come ebbe a dire lo Stesso, al fine « di imporre l’unita` alla parte piu` corrotta, piu` debole d’Italia » (40).. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. di quei modelli, conservando cosı` una certa uniformita` nella vita giuridica del Paese soprattutto nel settore del diritto privato « le cui istituzioni rappresentavano il tessuto fondamentale per l’esistenza di una societa` individualistica e liberale ». Tutto cio` favorı` l’unificazione legislativa culminata con l’emanazione dei codici del 1865, anch’essi fondati sugli stessi modelli napoleonici. Al riguardo, vedi piu` ampiamente: C. Ghisalberti, Unita` nazionale e unificazione giuridica in Italia, Bari, Laterza, 1996, pag. 307 e ss. Possiamo quindi ritenere che il sentimento di qualcosa di imposto riguardasse piu` che la dimensione giuridica quella politica: G. Landi, Le leggi di unificazione amministrativa del 1865 (in margine alle celebrazioni del centenario), in Aa.Vv., Scritti in memoria di Antonino Giuffre` . Diritto amministrativo e costituzionale, Diritto ecclesiastico, Diritto tributario, Milano, Giuffre`, 1967, pag. 559 e ss. (38) D. Mack Smith, La « casualita` » ..., op. cit., pag. 138 e ss.; G. Melis, L’amministrazione, in R. Romanelli, Storia dello Stato italiano ..., op. cit., pag. 187 e ss.; G. Morra, Breve storia del pensiero ..., op. cit., pag. 92 e ss.; E. Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia ..., op. cit., pag. 161. (39) S. Sepe, Identita` e ‘‘senso dello Stato’’ dei pubblici funzionari nella storia unitaria, in St. parl. pol. cost., 2001, pag. 60 e ss., sottolinea l’importanza del ruolo svolto dalle burocrazie pubbliche nella costruzione dello Stato supplendo sia al ruolo che avrebbe dovuto svolgere il Governo nei confronti della societa` civile sia nella trasmissione al centro delle esigenze locali; cosı`, l’identita` amministrativa nazionale e` stata realizzata ad opera di una ‘‘nazionalizzazione dal basso’’, portando con se´, pero`, anche tutti i difetti della classe burocratica del tempo e potremmo aggiungere del percorso che venne scelto e del circuito che venne, cosı`, realizzato. (40) R. Romeo, I problemi del decentramento ..., op. cit., pag. 79; Vita di Cavour, Bari, Laterza, 1990, pag. 499; L. Cafagna, Il saccheggio del Sud, in G. Belardelli, L. Cafagna, E. Galli della Loggia, G. Sabbatucci, Miti e storia dell’Italia unita, op. cit., pag. 51; M. S. Giannini, Problemi dell’amministrazione ..., op. cit., pag. 554; D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Bari, Laterza, 1999, pag. 516 e ss.; S. Sepe, L. Mazzone, I. Portelli, G. Vetritto, Lineamenti di storia dell’amministrazione ..., op. cit., pag. 77 e ss. In particolare, da parte di un’autorevole dottrina si afferma la necessita` della scelta in favore di uno Stato amministrativamente accentrato, in quanto era l’unica forma possibile per salvaguardare l’unita` del Paese appena raggiunta. Difatti, si ravvisa la mancanza di una classe politica che fosse capace di realizzare un tipo di autogoverno dei corpi amministrativi locali dotati di ampia autonomia in modo da sottrarsi alle pressioni delle camorre e dei potentati locali. Ancora, si sottolinea quanto fosse indispensabile una forte politica unitaria per attenuare gli squilibri fra le aree del. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(24) 15. un sistema ad amministrazione duale. Dunque, dopo il 1861 e la legge comunale e provinciale. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. Nord e quelle meridionali e consentire l’allineamento del Paese con quelli europei, ovvero per fare in modo che le strutture economiche settentrionali potessero decollare ed il Sud potesse entrare finalmente nella civilta` europea. Infine, si ritiene che fosse l’unica maniera per creare una coscienza nazionale e superare l’inesistenza, in diverse zone del Paese, di un tessuto sociale e civile in grado di operare per la costruzione dello Stato unitario. Al riguardo vedi: A. Amorth, Il problema della struttura dello Stato in Italia. Federalismo, regionalismo, autonomismo, Como, marzorati, 1945, pag. 16; V. Caianiello, Il cittadino e le trasformazioni dello Stato. (Spunti introduttivi per un consuntivo sull’attuazione del d.P.R. n. 616 del 1977), in Dir. soc., 1990, pag. 660 e ss.; Premesse storico culturali dell’ordinamento delle autonomie locali (legge n. 142 del 1990), in Aa.Vv., Scritti in onore di Pietro Virga, Milano, Giuffre`, 1994, pag. 318 e ss.; F. Cammarano, La costruzione dello Stato ..., op. cit., pag. 14 e ss.; C. Ghisalberti, Stato unitario e federalismo ..., op. cit., pag. 99 e ss.; Storia costituzionale d’Italia 1848/1994, Bari, Laterza, 2002, pag. 105 e ss.; R. Romanelli, Centralismo e autonomie, op. cit., pag. 135 e ss. Nei confronti delle considerazioni sopra riportate, possiamo osservare come, senz’altro, molto differenti sarebbero state le scelte compiute dallo stesso Cavour se questi, anziche´ essere al corrente delle sole condizioni presenti entro i confini del Piemonte e della Liguria, avesse conosciuto la profonda arretratezza del Mezzogiorno. Sulle origini del dualismo economico italiano: F. Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica dell’Italia (1861-1990), Bologna, Il Mulino, 2002, pagg. 16 e ss., 98 e ss.; D. Mack Smith, Storia della Sicilia medievale e moderna, Bari, Laterza, 1983, pag. 612 e ss.; G. Pescosolido, Unita` nazionale e sviluppo economico 1750-1913, Bari, Laterza, 1998, pag. 108 e ss.; P. Baratta, La questione meridionale e la questione industriale in Italia, secondo Pasquale Saraceno, Roma, Svimez, 2004, pag. 7 e ss. Soprattutto dobbiamo tener conto che l’aiuto del Sud a Garibaldi era essenzialmente in funzione antiborbonica e antinapoleonica; in alcun modo aleggiava il patriottismo italiano, percio` si assiste ad un paradosso dell’era risorgimentale: l’esito positivo del movimento nazionale e` in parte da imputare al separatismo regionale e successivamente proprio il rischio del separatismo regionale determino` Cavour nel prendere la decisione per un sistema amministrativo fortemente accentrato. In merito vedi: G. Berti, Art. 5, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna, Zanichelli, 1975, pag. 278 e ss.; D. Mack Smith, La « casualita` » ..., op. cit., pag. 144 e ss.; M. Stipo, Il Mezzogiorno d’Italia (ipotesi di un nuovo modello istituzionale per lo sviluppo), in Aa.Vv., Scritti in memoria di Aldo Piras, Milano, Giuffre`, 1996, pag. 583 e ss. Peraltro, e` a partire da questo momento che inizia quel processo di statalizzazione quale strategia compensativa per il Mezzogiorno: l’emarginazione dalle politiche nazionali e la perdita di autonomia viene compensata dall’ingresso del Sud nell’area protetta dello Stato e dalla destinazione di flussi consistenti di risorse pubbliche. In merito, vedi: F. Cassano, Del federalismo ben temperato, in F. Cassano, G. Cotturri (a cura di), Federalismo e Mezzogiorno, Milano, Franco Angeli, 1999, pag. 24; A. Chiti Batelli, Il problema del federalismo interno italiano visto da un federalista europeo, in Fed. soc., 1997, pag. 63 e ss.; T. Colangelo,. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(25) 16. sistema amministrativo e scelta regionalista. re. del 1865, si opto` per uno Stato politicamente accentrato (41), nel cui ambito i propositi di decentramento erano concepibili soltanto nella sfera puramente burocratica (42): una parte delle funzioni del potere esecutivo potevano essere deferite ai rappresentanti periferici del Governo (43), ma era assolutamente escluso un decentramento di potere tale da determinare la creazione di nuove magistrature elettive (44). Quindi, si puo` senz’altro affermare che alla fine del Risorgimento, in Italia, il potere politico era un potere oligarchico (45), detenuto da una sottile ed esigua e´lite dirigente (46), decisamente mal disposta ad ampliare le basi rappre-. G iu. ffr. e’. Ed ito. Autonomia e decentramento nell’articolo 5 della Costituzione, in Reg. com. loc., 1998, pag. 29 e ss.; E. Galli della Loggia, La « conquista regia », op. cit., pag. 25 e ss. (41) R. Segatori, I sindaci ..., op. cit., pag. 8 e ss. (42) Z. Ciuffoletti, Federalismo e regionalismo ..., op. cit., pag. 57; O. Janz, H. Siegrist, Centralismo e federalismo in Italia e Germania: strutture e culture a confronto, in O. Janz, P. Schiera, H. Siegrist, Centralismo e federalismo ..., op. cit., pag. 14; N. Longobardi, Il sistema politico-amministrativo e la riforma mancata. Temi, sintesi, approfondimenti, considerazioni, Torino, Giappichelli, 1999, pag. 59; L. Masella, Declino del meridionalismo unitario e centralista, in F. Cassano, G. Cotturri, Federalismo e Mezzogiorno, op. cit., pag. 31. (43) In tema di differenze fra il modello centralista realizzato a seguito dell’unificazione nazionale e quello franco-napoleonico conosciuto anche dagli Stati preunitari, vedi: M. Meriggi, Centralismo e federalismo in Italia. Le aspettative preunitarie, in O. Janz, P. Schiera, H. Siegrist, Centralismo e federalismo ..., op. cit., pag. 50 e ss.; G. Miglio, Le contraddizioni dello Stato unitario, in F. Benvenuti, G. Miglio, L’unificazione amministrativa ..., op. cit., pag. 39 e ss.; G. Mor, Centralismo e autonomie territoriali negli ultimi dieci anni: dallo Stato burocratico allo Stato dei partiti, in Aa.Vv., Studi in onore di Antonio Amorth. Scritti di diritto costituzionale e altri, Milano, Giuffre`, Vol. II, 1982, pag. 370 e ss.; S. Sepe Profili storici, op. cit., pag. 15 e ss. (44) P. G. Grasso, Proposte di autonomia ..., op. cit., pag. 258 e ss.; E. Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia ..., op. cit., pag. 163. (45) E. A. Albertoni, Statualita` e centralismo in Italia, in E.A. Albertoni (a cura di), Stati e Federazioni. Interpretazioni del federalismo, Milano, EURED, 1998, pag. 167; F. Mazzonis, La Monarchia e il Risorgimento, Bologna, Il Mulino, 2003, pag. 110. (46) E. Ragionieri, Accentramento e autonomie nella storia ..., op. cit., pag. 15; E. Rotelli, Costituzione e amministrazione dell’Italia unita, Bologna, Il Mulino, 1981, pag. 53 e ss.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(26) 17. un sistema ad amministrazione duale. Ed ito. re. sentative del nuovo Stato e la cultura di stampo statocentrico si muoveva, in ossequio al principio dell’unitaria soggettivita` dello Stato (47), in una logica di accentramento del potere e di incanalamento delle istanze sociali nelle strutture istituzionali centrali (48). Queste soluzioni adottate nella prima meta` degli anni ’60, caratterizzate, come e` stato sottolineato, dal binomio accentramento amministrativo e decentramento burocratico (49), sono sintomatiche di quell’indirizzo cui si ispirera` la classe dominante italiana (50) negli anni a venire, nell’intento di conservare e consolidare l’assetto unitario del Paese (51). Difatti, ogni qualvolta si presentera` una crisi profonda della societa` italiana, il tema dell’assetto dell’ordinamento amministrativo dello Stato, indice dei rapporti di classe e di potere affermatisi in Italia contestualmente alla realizzazione dell’unita` nazionale, si riproporra` all’attenzione e di conseguenza. G iu. ffr. e’. (47) A. De Francesco, Municipalismo e Stato unitario nel giovane Crispi, in St. amm. cost., 1996, pag. 55 e ss. (48) M. D’Orsogna, L’amministrazione per Ministeri: la crisi di un modello, in Aa.Vv., I nuovi modelli di amministrazione pubblica: problemi e prospettive, Roma, Cenform, 1997, pag. 33 e ss. Per questi motivi, anche il sentimento nazionale e` rimasto un fenomeno di e´lite, delle classi dirigenti e dei ceti medi, ma non delle masse contadine e operaie, assumendo un carattere prettamente retorico-letterario o statal-militaristico e non riuscendo, nei momenti di crisi politica e istituzionale, ad unire le masse popolari alle classi dirigenti e ai ceti medi. In merito: W. Barberis, Il bisogno di patria, Torino, Einaudi, 2004, pagg. 8 e ss., 92 e ss.; M. L. Salvadori, Storia d’Italia ..., op. cit., pag. 45; I. Porciani, Stato e nazione: l’immagine debole dell’Italia, in S. Soldani, G. Turi (a cura di), Fare gli italiani. Scuola e cultura nell’Italia contemporanea. La nascita dello Stato nazionale, Bologna, Il Mulino, 1993, pag. 389 e ss. (49) G. Melis, La burocrazia. Da monsu` Travet alla riforma del Titolo V: vizi e virtu` della burocrazia italiana, Bologna, Il Mulino, 2003, passim. (50) L’unita` venne concepita dalla classe dirigente liberale quale massima espressione della modernita`, contrapposta al particolarismo disgregatore tipico dell’organizzazione centrale dell’ancien re´gime. Al riguardo: F. Cammarano, Nazionalizzazione della politica ..., op. cit., pag. 178. (51) F. Mazzanti Pepe, Il movimento per le autonomie locali e il decentramento amministrativo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, in St. amm. cost., 1998, pag. 147 e ss.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(27) 18. sistema amministrativo e scelta regionalista. si riaccenderanno nuovamente il dibattito e le controversie in merito (52). 2.. La soluzione adottata dalla Costituente: il sistema binario.. (52). e’. Ed ito. re. Se l’idea della Regione quale strumento di decentramento burocratico dell’apparato statale ha origini lontane, in particolare nei progetti di Farini e Minghetti del 1860-61, ove si prospettava questo nuovo ente come una sorta di consorzio permanente o obbligatorio tra Province e lo si intendeva quale strumento principale dell’azione dello Stato a livello periferico (53), il disegno di creare la Regione quale ente di governo ha origini piu` recenti: il dibattito inizia dopo la Grande Guerra, durante la crisi dello Stato liberale quando il regionalismo diventa uno dei capisaldi del programma del partito Popolare Italiano e Luigi Sturzo (54) giunge alla definizione di Regione (55) come ente elettivo-rappresentativo, autonomo-autarchiE. Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia ..., op. cit., pag.. ffr. 164.. G iu. (53) C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica ..., op. cit., pag. 65 e ss. (54) S. Cafiero, Questione meridionale ..., op. cit., pag. 125 e ss.; U. Chiaramonte, Il dibattito sulle autonomie ..., op. cit., pag. 520 e ss.; M. D’Addio, Sturzo e Rosmini, in Pol., 2000, pag. 169 e ss.; L. Dalu (a cura di), Contro lo statalismo, Messina, Rubbettino, 1995, pag. 23 e ss.; G. De Rosa, Luigi Sturzo fra Toniolo e Rosmini, in Aa.Vv., Studi in onore di Feliciano Benvenuti, Modena, Mucchi, 1996, pag. 681 e ss.; U. De Siervo, Sturzo e la realizzazione delle Regioni, in Pol., 1989, pag. 43 e ss.; D. Di Nuovo, Federalismo e meridionalisti, Napoli, ESI, 1996, pag. 61 e ss.; E. Guccione, Municipalismo e federalismo in Luigi Sturzo, Torino, SEI, 1994, pag. 22 e ss.; Dal federalismo mancato al regionalismo tradito, Torino, Giappichelli, 1998, pag. 9 e ss.; E. Mattina, Una sfida per il Mezzogiorno. Sulle orme di Gaetano Salvemini per un federalismo meridionalista, Napoli, Age, 1995, pag. 14; G. Morra, Breve storia del pensiero ..., op. cit., pag. 107 e ss.; F. Nicoletti, Cattolici e laici di fronte al decentramento regionale in Italia (18601968), Firenze, Le Monnier, 1983, pag. 29 e ss.; E. Santarelli, L’ente regione. L’idea regionalistica nei suoi termini storici, politici e costituzionali, Roma, Editori Riuniti, 1960, pag. 66 e ss.; P. Viola, Il Novecento, Torino, Einaudi, 2000, pag. 71. (55) Volendo ricostruire il pensiero di Sturzo e la sua evoluzione nel tem-. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(28) 19. un sistema ad amministrazione duale. co, amministrativo-legislativo, ovvero la concepisce come un. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. po, possiamo osservare come un principio costante sia innanzitutto l’autonomismo municipale: Sturzo ritiene infatti che il Comune debba poter essere il gestore delle proprie attivita` economiche, libero dalle ingerenze dello Stato centralista assolutamente incapace di affrontare tempestivamente ed efficacemente i problemi a livello locale; solo in questa maniera e` possibile rendere i cittadini i veri protagonisti della vita politica del Paese. Fra l’altro, soprattutto all’inizio della propria attivita` politica, Sturzo considero` i rapporti del movimento cattolico con quello socialista in termini di concorrenza, anziche´ di contrapposizione; « in questa fase che segna un serio tentativo di liquidazione del clerico-moderatismo, il movimento cattolico che egli diresse presento` le caratteristiche di un movimento strettamente collegato con le rivendicazioni dei ceti popolari »: E. Ragionieri, Accentramento e autonomie nella storia ..., op. cit., pag. 27; vedi anche: V. Castronovo, R. De Felice, P. Scoppola, L’Italia del Novecento, Torino, UTET, 2004, pag. 18 e ss. Gradualmente, oltre a sostenere la causa dell’autonomia comunale, Sturzo diventa un convinto assertore delle liberta` regionali ritenendole la soluzione al divario sempre maggiore creatosi tra Nord e Sud. Dalla constatazione delle diversita` geografiche economiche e culturali presenti nelle diverse parti dell’Italia ricava l’impossibilita` di definire dal centro interventi di natura politica che possano rispettare e valorizzare tali differenze. Mentre all’inizio del Novecento pensava alla Regione quale strumento per dar vita ad un decentramento amministrativo e finanziario, successivamente ne amplia il contenuto fino a configurare la Regione quale vero e proprio ente di governo, nonostante la posizione dominante nel Partito di appartenenza, e ad affermare che « il problema che contemporaneamente all’unificazione italiana si doveva risolvere, e non fu risolto, era quello di inserire la Regione nella Nazione. Si credette di poter negare il problema stesso, per timore che risorgessero i legittimismi locali o che si formassero dei nuclei di interesse contrastanti con quelli nazionali. L’unificazione che si attuo` fu rigida e centralizzata ». Al riguardo, vedi: L. Sturzo, La Regione nella Nazione (1949), Bologna, Zanichelli, 1974, pag. 6; nonche´ A. Aquarone, L’Italia giolittiana, Bologna, Il Mulino, 1988, pag. 365 e ss.; R. Ruffilli, La questione regionale ..., op. cit., pag. 217 e ss. Le idee di Sturzo, nel primo dopoguerra, si ponevano in un clima caratterizzato, per un verso, dalla crisi dello Stato liberale e, per un altro, da una situazione di immaturita` democratica e di insufficiente unita` delle masse operaie, contadine e piccolo borghesi. Possiamo quindi vedere come, in Sturzo, l’autonomia regionale abbia senz’altro ricevuto l’elaborazione piu` coerente e convinta, rendendola indipendente da scelte di mera opportunita` politica, a differenza della posizione assunta dalle stesse forze di sinistra che, paradossalmente, hanno sempre mostrato una scarsa coscienza regionalista o, comunque, non sufficientemente matura: G. Carnevali, Nazionalismo o federalismo? Dilemmi di fine secolo, Torino, UTET, 1996, pag. 138; U. De Siervo, Sturzo e la realizzazione ..., op. cit., pag. 45; E. Rotelli, Il regionalismo di Luigi Sturzo, in Foro amm., 1972, pag. 62 e ss.; E. Rotelli, F. Traniello, Il problema delle autonomie come problema storiografico, in M. Legnani (a cura di), Regioni e Stato dalla Resistenza alla Costituzione, Bologna, Il Mulino, 1975, pag. 42 e ss.; E. Ragionieri, Accentramento e autonomie nella storia ..., op. cit., pag. 27 e ss.; E. Santarelli, L’ente regionale ..., op. cit., pag. 70.. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(29) 20. sistema amministrativo e scelta regionalista. ente autonomo che, eletto direttamente dai cittadini, sia messo in condizione di svolgere azione di governo e legislativa per le materie di competenza propria disponendo necessariamente di autonomia finanziaria (56), quale strumento per garantire una. G iu. ffr. e’. Ed ito. re. (56) In particolare, C. Pavone, Stato e istituzioni in Italia, in T. Detti, G. Gozzini (a cura di), Ernesto Ragionieri e la storiografia del dopoguerra, Milano, Franco Angeli, 2001, pag. 55 e ss., ha evidenziato come il Partito Comunista abbia prestato scarsa attenzione ai problemi istituzionali in genere e come, per questa ragione, Ernesto Ragionieri abbia rivolto i propri studi alle istituzioni e all’amministrazione per aiutare il suo partito a colmare questa lacuna. Ragionieri, fra l’altro, mostra come, nel primo dopoguerra, sul tema della riorganizzazione dello Stato italiano, accanto alle componenti giolittiana, sturziana e corporativistica vi fosse anche quella gramsciana: Antonio Gramsci, in una lettera del settembre 1923 avente ad oggetto la definizione del titolo del quotidiano del Partito Comunista (l’Unita` ), parla espressamente di realizzare una ‘‘Repubblica federale degli operai e dei contadini’’. Nel corso dei lavori dell’Assemblea Costituente, pero`, i riferimenti alle tesi gramsciane o di derivazione gramsciana non provennero da esponenti del Partito Comunista, ma da rappresentanti di altri partiti come Fiorentino Sullo ed Emilio Lussu. Secondo Ragionieri, il motivo di cio` e` da rintracciare nel fatto che, a partire dagli anni Trenta, i Comunisti promossero un processo di rinnovamento dello Stato, soprattutto puntando sul partito, ovvero su quell’elemento soggettivo piu` fortemente legato con l’esperienza e con la pratica di direzione di masse popolari. La conversione del Partito Comunista da posizioni moderatamente regionaliste e anti-federaliste a posizioni regionaliste si avra` soprattutto come conseguenza del passaggio dal Governo all’opposizione: E. Ragionieri, Il partito Comunista italiano e l’avvento della Regione in Italia, in M. Legnani, Regioni e Stato ..., op. cit., pag. 273 e ss.; P. Bonora, Regionalita`. Il concetto di Regione nell’Italia del secondo dopoguerra (1943-1970), Milano, Franco Angeli, 1984, pag. 81 e ss.; A. Ferrari, La Regione alla Costituente, in Civitas, 1981, pag. 13 e ss.; M.L.L. Sergio, De Gasperi e la « questione socialista ». L’anticomunismo democratico e l’alternativa riformista, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, pag. 133 e ss. Sul regionalismo di Antonio Gramsci vedi anche: R. Grieco, Unita` statale e decentramento, in E. Santarelli (a cura di), Dossier sulle Regioni, Bari, De Donato, 1970, pag. 350 e ss.; L. Pellicani, Gramsci e la questione comunista, Firenze, Vallecchi, 1976, pag. 23 e ss.; E. Rotelli, L’avvento della Regione in Italia. Dalla caduta del regime fascista alla Costituzione repubblicana (19431947), Milano, Giuffre`, 1967, pag. 149; P. Scoppola, Gli anni della Costituente fra politica e storia, Bologna, Il Mulino, 1980, pag. 81 e ss.; S. Ventura, Il federalismo. Il potere diviso tra centro e periferia, Bologna, Il Mulino, 2002, pag. 113 e ss. E` stato, peraltro, osservato che, a partire dagli anni ’20, Sturzo propugno` la scelta regionalista anche in funzione della risoluzione della questione agraria: percio`, il successo del regionalismo sturziano starebbe anche nel fatto che gli interessi della classe media agricola italiana trovarono un centro di imputazione proprio nella Regione. La conferma di cio` e` evidente guardando alle iniziative di cui si. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(30) 21. un sistema ad amministrazione duale. re. reale capacita` di autodeterminazione e percio`, al contempo, quale indice dei margini di autodeterminazione dell’ente stesso. Il dibattito riprende vigore dopo la Liberazione e si conclude con l’adozione della Carta costituzionale (57). In questa occasione, ancora una volta, si guardo` al federalismo come soluzione antiunitaria e quindi contraria alla tradizione che si era consolidata nel tempo, mentre la regionalizzazione assieme ad una vera autonomia dei Comuni e delle Province era considerata l’unica via che avrebbe potuto consentire la massima articolazione compatibile col principio unitario (58).. G iu. ffr. e’. Ed ito. fece promotore il Partito Popolare che, al contrario, non riuscı` mai a intervenire efficacemente nel mondo della classe operaia: E. Rotelli, L’avvento della Regione ..., op. cit., pag. 137 e ss.; P. Scoppola, La proposta politica di De Gasperi, Bologna, Il Mulino, 1998, pag. 22 e ss. Peraltro, il Partito Popolare, sotto il peso degli interessi agrari che rappresentava, anziche´ sviluppare l’aspetto piu` innovatore del programma sturziano, cerco` di mediare due (apparentemente) opposti obiettivi: da un lato, conservare sostanzialmente l’ordinamento amministrativo esistente cercando un’intesa coi gruppi dirigenti tradizionali; dall’altro, utilizzare quella parte di rivendicazioni regionalistiche in grado di integrare una linea politica volta ad affievolire la spinta innovatrice delle classi lavoratrici: E. Ragionieri, Accentramento e autonomie nella storia ..., op. cit., pag. 30. Analizzando i problemi fatti propri rispettivamente dal Partito Popolare e da quello Comunista e, quindi, gli interessi di cui si fecero promotori, possiamo allora comprendere la maggiore sensibilita` del primo a favore di soluzioni volte a riconoscere le particolarita` e le differenze locali, mentre il secondo, mosso dagli interessi delle masse operaie e, percio`, prestando attenzione a creare le medesime condizioni ovunque, caldeggio`, salvo alcune eccezioni, soluzioni dirette a realizzare l’uniformita` su tutto il territorio. (57) F. Bassanini, F. Pinto, Regione: I) organizzazione e funzioni, in Enc. giur. Treccani, 1991, pag. 1. Sulla partecipazione di Sturzo al dibattito sul regionalismo durante i lavori della Costituente tramite l’opera di Gaspare Ambrosini e sulle critiche mosse al termine dei lavori, vedi: E. Santarelli, Il regionalismo ..., op. cit., pag. 49; U. De Siervo, Le Regioni nelle prime proposte di Ambrosini, in Reg., 1993, pag. 1255 e ss.; Sturzo e Ambrosini nella progettazione delle Regioni, in N. Antonetti, U. De Siervo (a cura di), Ambrosini e Sturzo. La nascita delle Regioni, Bologna, Il Mulino, 1998, pag. 69 e ss.; Sturzo e la realizzazione ..., op. cit., pag. 46 e ss.; S. Magagnoli, Autonomie locali e Regioni nei lavori per l’elaborazione della Costituzione, in S. Magagnoli, E. Mana, L. Conte (a cura di), La formazione della Repubblica. Autonomie locali, Regioni, Governo, politica economica, Bologna, Il Mulino, 1998, pag. 97 e ss.; M. Vassaurd, Il pensiero politico e sociale di Luigi Sturzo, Brescia, Morcelliana, 1966, pag. 124 e ss. (58) U. Allegretti, Autonomia regionale ..., op. cit., pag. 10; Centralismo e federalismo nell’Italia repubblicana, in O. Janz, P. Schiera, H. Siegrist, Centra-. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

(31) 22. sistema amministrativo e scelta regionalista. re. L’avvento delle Regioni, comunque, non e` mai stato giustificato ne´ alla luce della storica divisione della penisola in regni e repubbliche ne´ in termini di peculiarita` culturali, etniche, linguistiche o storiche caratterizzanti i diversi ambiti territoriali: la riforma regionale, sia nei dibattiti durante la creazione dello Stato unitario che nel pensiero politico emerso nell’Assemblea Costituente, ha sempre avuto motivazioni essenzialmente politiche prospettandosi, prima, quale strumento per vincere le degenerazioni centraliste della Monarchia liberale e, successivamente, come il mezzo necessario per superare il centralismo liberale e l’autoritarismo fascista (59).. G iu. ffr. e’. Ed ito. lismo e federalismo ..., op. cit., pag. 347 e ss.; G. Miele, La Regione, in P. Calamandrei, A. Levi (a cura di), Commentario sistematico della Costituzione italiana, Firenze, Barbera, 1950, pag. 231 e ss.; C. Pepe, Questione meridionale e forma di Stato, in Dir. soc., 2003, pag. 379; E. Rotelli, Federalismo e presidenzialismo, Milano, Anabasi, 1994, pag. 33 e ss. Per una nuova ricostruzione del principio unitario, vedi: C. Esposito, Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art. 5 della Costituzione, in E. Rotelli, Dal regionalismo alla Regione, op. cit., pag. 97 e ss. In particolare, l’Autore si interroga sul principio di unita` dello Stato e ritiene che l’espressione, se intesa nel senso che lo Stato italiano non puo` essere uno Stato federale, assumerebbe un significato decisamente riduttivo, oltre a distorcere il senso della proposizione e a dar vita ad un’interpretazione alquanto contestabile. In realta`, Esposito afferma che la formula adottata e` destinata a risolvere nel senso dell’unita` dello Stato un problema non di ordine giuridico, ma essenzialmente politico: cio` significa di conseguenza che in sede di ripartizione politica dei poteri fra il centro e la periferia, ma anche quando si procede alla distribuzione delle competenze tra lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni, non deve essere compromessa l’unita` politica dell’Italia ed il pluralismo giuridico non deve mutare in una separazione o contrapposizione politica. (59) S. Bartole, Le Regioni alla ricerca della loro identita` culturale e storica: tentativi piu` o meno convinti di trovare una legittimazione etnica, in S. Bartole (a cura di), Le Regioni alla ricerca della loro identita` culturale e storica, Milano, Giuffre`, 1999, pag. 2 e ss.; E. Cheli, L’esperienza del regionalismo in Italia: una sintesi per l’osservatore straniero, in Citta` Reg., 1977, pag. 190; V. Crisafulli, Vicende della « questione regionale », in Reg., 1982, pag. 497 e ss.; A. Ferrari, L’idea regionalistica nella Resistenza e agli inizi della ricostruzione, in Civitas, 1981, pag. 53 e ss.; M. Luciani, Un regionalismo senza modello, in Reg., 1994, pag. 1317 e ss. Inoltre si tenga conto del fatto che, in Italia, le scelte politiche sono state elaborate in forme prive di discussione, partecipazione e scarsamente sperimentate percio` si e` parlato di una loro estraneita` a qualsiasi ideale di autogoverno democratico e di autonomia dei singoli cittadini e delle comunita` in cui. © Giuffre’ Editore - Copia riservata all'autore.

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