• Non ci sono risultati.

Fase HBeAg negativa dell'infezione cronica da virus dell'epatite B: correlazione fra quasispecie virale e livelli di HBsAg

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Fase HBeAg negativa dell'infezione cronica da virus dell'epatite B: correlazione fra quasispecie virale e livelli di HBsAg"

Copied!
86
0
0

Testo completo

(1)

Università di Pisa

Facoltà di Medicina e Chirurgia

D

IPARTIMENTO DI

R

ICERCA

T

RASLAZIONALE E DELLE

N

UOVE

T

ECNOLOGIE IN

M

EDICINA E

C

HIRURGIA

Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato

Digerente

Direttore: Prof. Santino Marchi

Tesi di Specializzazione

F

ASE

HB

E

A

G NEGATIVA DELL

INFEZIONE CRONICA

DA VIRUS DELL

EPATITE

B:

CORRELAZIONE FRA

QUASISPECIE VIRALE E LIVELLI DI

HB

S

A

G

Relatori:

Prof.ssa Maurizia Rossana Brunetto

Dr. Piero Colombatto

(2)
(3)

INDICE

1. INTRODUZIONE

... 5

2 Biologia del virus dell’epatite B dell’uomo (HBV)

……... 6

1.2.1 Morfologia del virione ... 6

1.2.2 Genoma di HBV ... 7

1.2.3 Gene S / HBsAg ... 8

1.2.4 Gene PreC e C / HBcAg e HBeAg ... 12

1.2.5 Gene P / Polimerasi... 13

1.2.6 Gene X / Proteina X ... ... 13

3

Ciclo replicativo ... 13

4

Eterogeneità virale

... 17

1.4.1 Varianti del Gene S ... 17

1.4.2 Varianti del Gene PreC/C ... 19

1.4.3 Varianti del Gene P ... 20

1.4.4 Genotipi e sierotipi di HBV... 22

5 Epidemiologia ...

24

6

Patogenesi e storia naturale ...

26

7

Quadri clinici di epatite cronica

... 28

1.7.1 Infezione cronica HBeAg positiva ... 28

1.7.2 1.7.3 1.7.4 1.7.5 Epatite cronica HBeAg positiva………. Epatite cronica HBeAg negativa... Infezione cronica HBeAg negativa……….. Fase HBsAg negativa……….... 28 29 30 31

8

Diagnosi

... 31

1.8.1 Diagnosi sierologica di primo livello ... 32

1.8.2 Diagnosi sierologica di secondo livello ... 34

(4)

2. RAZIONALE DELLO STUDIO

... 39

3. PAZIENTI E METODI

... 40

3.1 Casistica ... ... 40

3.2 Test sierologici ... ... 41

3.3 Elaborazione dei dati e analisi statistica... 42

4. RISULTATI

……… .

4.1 Livelli di HBsAg nelle diversi fasi di infezione e/o malattia

...

...

43 43 4.1.2 Confronto tra 2 metodiche di determinazione dell’HBsAg………..…. 44

4.2 Fattori che influenzano i livelli di HBsAg

………..

47

4.3 Livelli di HBV-DNA nelle diverse fasi di infezione e/o malattia

….. 48

4.4 Ratio HBsAg/HBV-DNA nelle diverse fasi di infezione e malattia

…. 49

4.5 Prevalenza dell’intero gene S per fase di infezione e malattia

………. 50

4.5.1 Mutazioni dell’intero gene S

……… 52

4.5.2 Prevalenza delle Mutazioni nelle tre regioni del gene S: Pre-S1,

Pre-S2 e Small S

………... 53

4.5.3 Mutazioni del gene S: mutazioni puntiformi, delezioni,

inserzioni e miste

……….. 54

4.5.4 Mutazioni degli epitopi funzionali del gene S

………..……. 56

4.6 Mutazioni delle tre regioni del gene S e livelli di HBsAg

………. 57

4.7 Correlazione tra presenza delle mutazioni e livelli di HBV-DNA

e Ratio HBsAg/HBV-DNA

……… 60

5. DISCUSSIONE

... 62

6.

CONCLUSIONI

... 67

7. RIASSUNTO

... 68

(5)

1.INTRODUZIONE

Nonostante la disponibilità di un vaccino efficace, l’infezione da virus dell’epatite B (HBV) continua a rappresentare un rilevante problema di salute pubblica a livello mondiale, nonché una delle principali cause di malattia epatica, con circa 400 milioni di portatori di infezione cronica, testimoniata dalla presenza nel sangue dell’antigene di superficie di HBV (HBsAg) [1].

Lo spettro di manifestazioni cliniche legate all’infezione da HBV è molto ampio, variando dalle forme asintomatiche a quelle più severe, quali epatiti fulminanti, cirrosi ed epatocarcinoma (HCC) [2].

Il corso naturale dell’infezione e la diversità di condizioni cliniche dipendono dal tipo e dall’efficacia della risposta immune dell’ospite verso gli antigeni virali, non essendo HBV un virus direttamente citopatico [3].

E’ stato dimostrato che alcune quasispecie virali di HBV dotate di maggiore patogenicità possano selezionarsi durante la storia naturale dell’infezione sotto la pressione selettiva della risposta immune o in corso di terapia [4].

L’epidemiologia dell’infezione è in costante evoluzione: nonostante negli ultimi decenni vi sia stata una forte riduzione dell’incidenza nei Paesi sviluppati grazie alla vaccinazione, a causa dei flussi migratori si sta osservando un aumento delle nuove diagnosi in nazioni storicamente a bassa incidenza e prevalenza di infezione da HBV, Italia compresa [5].

Non è facile conoscere l’esatta prevalenza ed incidenza di HBV nel mondo, ma dati recenti sul numero di morti dovute a cirrosi epatica e/o carcinoma epatocellulare correlati ad HBV, mostrano un incremento negli ultimi anni, arrivando a oltre 780000 casi nel mondo nel 2015[6].

(6)

1.1 Biologia del virus dell’epatite B dell’uomo (HBV)

1.1.1 Morfologia del virione

Il virus dell’Epatite B è il prototipo di una famiglia di virus a DNA, chiamata Hepadnaviridae, caratterizzata da spiccato epatotropismo e da uno spettro d’ospite molto ampio, comprendente mammiferi (incluso l’uomo) e volatili [7].

La forma infettiva di HBV è un virione sferico, noto come particella di Dane, che presenta con diametro variabile compreso tra 42 e 45 nm, ed è costituito da un doppio involucro racchiudente il genoma (Figura 2).

Figura 1: Struttura del virione infettante di HBV, *concessa da M.R. Brunetto

L’envelope, che rappresenta l’involucro esterno, è formato da un doppio strato di fosfolipidi, derivanti dalla cellula ospite, e contiene 3 differenti proteine di superficie dotate di antigenicità

HBsAg (Hepatitis B Surface Antigen) distinte in base al peso molecolare in small (SHBsAg), medium (MHBsAg) e large (LHBsAg).

Le proteine di superficie sono proteine transmembrana di tipo II glicosilate, organizzate in multimeri stabilizzati da ponti disolfuro tra residui di cisteina presenti nel dominio S [8, 9].

(7)

L’involucro interno è il nucleocapside, una struttura icosaedrica elettrondensa del diametro di 28 nm, costituita da circa 180 molecole della proteina core codificata con reattività antigenica HBcAg (Hepatitis B Core Antigen). All’interno del nucleocapside è presente una singola copia di DNA

genomico, circolare a doppio filamento incompleto, ad un’estremità del quale è legata la polimerasi virale che ha anche attività di trascrittasi inversa.

1.1.2 Genoma di HBV

Il genoma di HBV è costituito da una piccola molecola di DNA circolare a doppio filamento incompleto (uno a polarità positiva e uno a polarità negativa) di circa 3200 paia di basi con

variabilità intergenotipica (da 3182 a 3248 nucleotidi).

Il filamento corto a polarità positiva si estende solamente per 2/3 della lunghezza del DNA, interrompendosi all’estremità 3’ in porzioni variabili.

Alle due estremità si descrivono due regioni ridondanti di 8-9 nucleotidi essenziali per la replicazione virale, conosciute come regioni R [10-12].

Il filamento a polarità negativa copre l’intera lunghezza del DNA e all’estremità 5’ presenta un residuo oligomerico di RNA che deriva dall’RNA pre-genomico (pgRNA) legato covalentemente.

A questo filamento troviamo legata la polimerasi virale tramite un legame fosforico [13].

Il genoma presenta un’organizzazione molto compatta (figura 2): 4 regioni codificanti dette Open Reading Frames (ORFs) , che sono parzialmente sovrapposte; in modo da permettere al virus di codificare per un numero elevato di proteine nonostante le ridotte dimensioni dell’acido nucleico. Non ci sono sequenze non codificanti e tutte le regioni regolatorie sono parte delle sequenze codificanti proteine.

Le 4 regioni codificanti distinte del DNA virale sono [14]: - S, che codifica per le proteine dell’envelope

- C, che codifica per la proteina core - P, che codifica per la polimerasi virale - X, che codifica per la proteina X

(8)

Figura 2: Organizzazione del genoma di HBV

Si notino il doppio filamento incompleto estremamente compatto e le regioni codificanti sovrapposte

1.2.3 Gene S / HBsAg

L’open reading frame S ha una lunghezza compresa tra 389 e 400 codoni, a seconda del genotipo, è diviso in tre regioni che sono il pre-S1 (108-119 aa in relazione al genotipo)[12], pre-S2 (55 aa) e il gene S (226 aa).

Codifica per le proteine i tre antigeni virali di superficie, presentanti la stessa sequenza C-terminale ma con differenze all’estremità N-C-terminale[15].

Tale regione si sovrappone alla regione che codifica per la polimerasi virale.

Numerosi fattori hanno ruolo importante nella regolazione della trascrizione, agendo su regioni

enhancer (promotrici) specifiche per ciascuna proteina.

(9)

proteine dell’envelope della particella di Dane:

- Small (S), composta da 226 amminoacidi

- Medium (M), composta da 281 amminoacidi; quelli in più rispetto alla small sono codificati dalla regione PreS2 e si presentano all’estremità N-terminale[13]

- Large (L), composta da 334-345 amminoacidi; quelli in più rispetto alla small sono codificati dalle regioni PreS1 e PreS2, e si localizzano all’estremità N-terminale.

(10)

La proteina Large [L] (p39 e gp42) è codificata dalle regioni pre-S1, pre-S2 e dal gene S

ed ha una lunghezza variabile in relazione al sottotipo/genotipo di HBV.

Tale proteina è essenziale per l’infezione e per la morfogenesi virale, essendo implicata sia nel legame del virus ai recettori cellulari che nell’assemblaggio del virione e nel suo rilascio dalla cellula, rappresenta pertanto un target importante della risposta immune B e T cellulare.

La proteina Medium [M] (p30, gp33 e gp36) è codificata dalla regione pre-S2 e dal gene

S. Essa ha un ruolo prioritario per la penetrazione del virus nell’epatocita, poiché contiene un recettore per l’albumina umana (aa 3 e aa 16).

La proteina Small [S], che corrisponde all’antigene S o HBsAg (p24 e gp26) è codificata

dal gene S e rappresenta la più piccola tra le proteine di superficie con un peso molecolare che varia da 24 a 27 KiloDalton.

Le proteine S e L sono fondamentali per la produzione del virione essendo importanti per l’assemblaggio, la secrezione e l’infettività. Il ruolo della proteina M rimane ancora da definire in quanto l’assenza di essa non altera la morfogenesi e l’infettività [16].

La struttura dell’antigene S contiene due anse (loop), come mostrato nella figura 3: il

cytosolic loop, tra gli aminoacidi 29 e 80, che interagisce con le proteine del core, e l’immunodominant loop, tra gli aminoacidi 101 e 163, localizzato all’interno del lume del

reticolo endoplasmico e successivamente, ripresentato sulla superficie di virioni secreti. Quest’ultimo loop contiene 8 residui cisteinici, i quali sono responsabili della formazione di legami disulfidici intramolecolari o intermolecolari.

All’interno della struttura dell’immunodominant loop, tra gli aminoacidi 124 e 147, si trova l’epitopo antigenico maggiore, denominato determinante a, che è il determinante antigenico comune a tutti i sottotipi (Figura 4 ).

Figura 4: Struttura della HBsAg* Khan N, Modulation of hepatitis B virus secretion by naturally occurring mutations in the S gene. J Virol 2004

(11)

Peculiarità del virus B è la presenza nel siero dei pazienti infetti di un eccesso di

particelle difettive costituite dal solo envelope senza capacità infettante, che sono da 102 a

105 volte più numerose dei virioni completi infettivi.

Possono raggiungere concentrazioni dell’ordine di centinaia di μg per mL di siero. Queste particelle, sono strutture subvirali, senza nucleocapside, con diametro di 20 nm, solitamente di forma sferoidale o filamentosa (Figura 5), che vengono formate a livello dell’apparato di Golgi[17].

HBV particles HBs Filaments HBs Spheres

Figura 5: Morfologia dei virioni completi e delle particelle difettive

I virioni sono espressione della replicazione del virus, mentre le particelle subvirali sono derivanti dalla trascrizione di singoli ORF che codificano per le proteine “s”.

Ognuna delle 3 proteine è presente in percentuali diverse nell’envelope del virione e delle particelle subvirali difettive (forma filamentosa e sferica) (Tabella 1)[16].

Tabella 1: distribuzione percentuale delle 3 proteine dell’envelope

Ai fini maturativi è di fondamentale importanza il mantenimento della stechiometria tra

Virione

Completo Filamentosa Sferica

Proteina S 70% 70% >80%

Proteina M 20% 20% 10%

Proteina L 10% 10% 1%

(12)

1.2.4 Gene PreC e C / HBcAg e HBeAg

L’ORF PreC/C presenta due codoni di inizio distanti 28 aa che rappresentano due domini: dal

codone di inizio interno ha origine il trascritto che codifica per HBcAg, la proteina core (183

aa)[10], essenziale per la formazione del nucleocapside e implicata nell’assemblaggio, nel reclutamento del pgRNA e nella costituzione del complesso pgRNA-polimerasi virale, essenziale per avviare la trascrizione inversa[18-20].

L’ HBcAg è il principale componente strutturale del nucleocapside e possiede in posizione carbossiterminale un dominio di 35 residui aminoacidici, ricco in arginina, ad elevata affinità per l’RNA e quindi favorente la formazione del capside.

La traduzione del trascritto più lungo dà origine al polipeptide PreC. Tale proteina è costituita da una sequenza leader di 29 amminoacidi all’estremità N-terminale dalla proteina del core, che ne permette il trasporto nel reticolo endoplasmatico liscio, da cui, a seguito del clivaggio dei primi 19 amminoacidi dell’estremità C-terminale, viene secreto in circolo come HBeAg.

L’HBeAg, nonostante non svolga né un ruolo strutturale né funzionale ai fini della replicazione virale, presenta una fine regolazione della sua produzione e secrezione sia a livello trascrizionale che post-trascrizionale [21-23].

L’HBeAg è oggetto di una fine regolazione e si trova in tutti gli Hepadnavirus, ciò suggerisce che il suo sia un ruolo cruciale, essendo implicato nell’interazione tra virus e ospite tramite modulazione della risposta immune[24, 25].

Sebbene HBeAg e HBcAg siano strutturalmente simili, si associano a reattività antigeniche e risposta immunologica diverse.

L’HBcAg è estremamente immunogenico (0,025 mg di HBcAg stimola produzione di anticorpi) e funziona sia come antigene T-cellulare indipendente che dipendente; innesca preferenzialmente risposte di tipo Th1 [26].

La risposta nei confronti di HBeAg è, invece, rigorosamente T-cellulare dipendente [27] e attiva preferenzialmente, ma non esclusivamente, risposte di tipo Th0 e/o Th2 che stimolano una reazione immune tollerogena [28].

L’eliminazione di HBeAg e la comparsa di anticorpi specifici si associa al controllo immunitario dell’infezione virale, ma anche alla passaggio alla fase HBeAg negativa quando la minor efficacia della risposta immune ha consentito la selezione di mutanti HBeAg difettivi [29].

(13)

1.2.5 Gene P / Polimerasi

La Polimerasi virale, proteina multifunzionale codificata dal gene P, che corrisponde ad un 80% circa dell’intera sequenza genomica di HBV è fondamentale per la replicazione del virus[30].

È composta da quattro domini differenti con specifiche attività enzimatiche:

- all’estremità N-terminale, la primasi o TP (Terminal Protein), che lega covalentemente la sequenza di riconoscimento all’estremità 5’ del pgRNA, garantendo l’inizio della sintesi della catena negativa dell’HBV-DNA[31, 32];

- a seguire uno spacer, che non si esclude possa avere ulteriori funzioni attualmente non note; - il terzo è la trascrittasi inversa (RT) dotata di attività polimerasica DNA- e RNA-dipendente, in cui si descrivono 5 regioni (A-E) a livello delle quali sono state descritte le mutazioni che vengono selezionate in corso di trattamento antivirale con analoghi nucleos(t)idici;

- il quarto ha attività ribonucleasica ed è denominato ribonucleasi H (RH) [33].

1.2.6 Gene X / Proteina X

La proteina X è codificata dal gene X tramite la trascrizione di un mRNA di 0,8 kb (154 aa). L’ORF X è parzialmente sovrapposto alla regione P (a livello N-terminale) e alla regione PreC/C (all’estremità C-terminale) [14].

Al momento il ruolo della proteina X non è stato compreso pienamente, tuttavia gli sono state attribuite attività di regolazione sulla trascrizione dei geni virali, senza un legame diretto al DNA [34], nella regolazione del ciclo cellulare, nell’inibizione dei processi riparativi e nella regolazione del meccanismo apoptotico [35-37]. È stato anche dimostrato che promuove lo sviluppo della fibrosi epatica e l’epatocarcinoma attraverso la down-regolazione di miR-30 e sfruttando la regione P4HA2 dell’mRNA [38].

1.3 Ciclo replicativo

La replicazione di HBV richiede l’interazione tra il virus e le cellule dell’ospite ed è caratterizzata da un iter che prevede diversi passaggi specifici e consequenziali, i primi dei quali riguardano l’adesione del virione sull’epatocita e l’ingresso all’interno della cellula.

I meccanismi che regolano l’adesione, il riconoscimento e l’internalizzazione virale sono schematicamente riassunti (Figura 6).

(14)

Figura 6: Pathway replicativo di HBV [44]* New Ingland Journal med

1) Adsorbimento: il virus stabilisce un’interazione con la cellula ospite; in tale processo è

stata dimostrata l’importanza della porzione N-terminale della proteina large[39, 40], che, se mutata, rende meno efficiente il processo, e del polipeptide co-trasportatore sodio-taurocolato

(NTCP): un trasportatore epatico di acidi biliari localizzato sulla membrana sinusoidale, che,

oltre a rivestire un ruolo fondamentale nell’omeostasi biliare, agisce da recettore funzionale per HBV e HDV[41, 42] (Figura 7). Il dominio preS1 (in particolare amminoacidi 2-48) interagisce direttamente con NTCP, mentre il loop antigenico dell’HBsAg (residui 104-163, localizzati tra le regioni transmembrana I e II della proteina S), stabilendo un legame reversibile con i proteoglicani eparansolfato sugli epatociti, aumenta la concentrazione di virioni HBV che aderiscono sulla superficie cellulare e favorisce, pertanto, l'interazione con i recettori NTCP [43]. È stato dimostrato che inducendo mutazioni del sito di legame su NCTP si determinano interferenze che riducono l’infettività virale, aprendo quindi prospettive anche in ambito terapeutico[44]. Gli anticorpi contro queste due regioni preS1 e S sono in grado di bloccare l'infezione da HBV [45, 46], mentre gli anticorpi specifici di altre regioni dell'HBV non coinvolte nell'infettività da HBV, come la regione PreS2, non mostrano alcuna capacità neutralizzante [47].

(15)

Figura 7: legame di HBV all’epatocita *Strategies to Inhibit Entry of HBV and HDV Into Hepatocytes Stephan Urban,Gastroenterology 2014

2) Penetrazione: al legame della regione PreS1 al NTCP segue l’ingresso del virus nella

cellula ospite attraverso il meccanismo dell’endocitosi.

I capsidi, una volta liberati dall’envelope, sfruttano la funzione di trasporto dei microtubuli cellulari per arrivare al centro di organizzazione dei microtubuli (MTOC), sito in regione peri-nucleare.

Il successivo passaggio dei capsidi attraverso il complesso del poro nucleare (NPC), struttura proteica costituita da 30 differenti proteine dette nucleoporine (Nups), è mediato dai recettori nucleari di trasporto chiamati importine α e β.

Importina α si lega all’estremità C-terminale del capside virale, che presenta anche un segnale di localizzazione nucleare (NLS) che interagisce con importina β, facilitando l’aggancio del complesso di importazione al NPC e il conseguente passaggio attraverso il poro nucleare [48].

3) Replicazione: nel nucleo avviene il completamento del tratto a singola elica del DNA

per opera delle Polimerasi dell’ospite, con successiva conversione del DNA circolare aperto in DNA circolare chiuso covalentemente (Supercoiled DNA o cccDNA), che si assembla con proteine istoniche sottoforma di mini-cromosoma. Il cccDNA serve come template trascrizionale per la RNA polimerasi II dell’ospite, che trascrive gli RNA messaggeri sub-genomici

(16)

La successiva traduzione degli RNA virali avviene in sedi diverse della cellula: l’mRNA-subgenomico viene tradotto nel reticolo endoplasmatico portando alla produzione dell’envelope e della proteina X; il pgRNA viene tradotto direttamente nel citoplasma, dove viene anche incapsidato dalle proteine del core in una struttura denominata pro-virione, nel cui interno è retrotrascritto in DNA ad opera della DNA-polimerasi RNA-dipendente virale, collocata all’estremità 5’ del pg-RNA in corrispondenza di una struttura secondaria chiamata “epsilon” (ε) che funge da sito di riconoscimento (pregenomic encapsidation signal) (Figura 8).

Figura 8: la polimerasi virale (in blu) è attaccata all’epsilon del pgRNA

Dopo la produzione di un complesso intermedio RNA/DNA, la polimerasi virale rimuove lo stampo di pg-RNA grazie alla funzione ribonucleasica e promuove la sintesi (parziale) della catena complementare di DNA (attività di polimerasi DNA-dipendente).

La sintesi del filamento S (+) non sarà completa perché le proteine del nucleocapside si legano all’elica L (-), quindi il genoma virale della progenie sarà circolare, non spiralizzato e parzialmente bicatenario[49].

4) Assemblaggio dei nuovi virioni e rilascio delle particelle virali: una volta completato

l’assemblaggio del nucleocapside, questo può essere indirizzato verso il nucleo dell’epatocita e il suo DNA andare ad incrementare il pool di cccDNA da cui origina la trascrizione, oppure acquisire l’envelope dalle membrane del reticolo endoplasmatico in cui sono inserite le glicoproteine virali di superficie. In quest’ultimo modo si formerà il virione completo che potrà essere escreto dall’epatocita.

In contemporanea al processo replicativo l’infezione da HBV può intraprendere una via parallela all’interno dell’epatocita che comprende l’integrazione di più o meno ampie sequenze nucleotidiche del genoma virale all’interno del genoma della cellula ospite.

Nonostante non sia un processo essenziale per la replicazione, rappresenta comunque un fenomeno che avviene costantemente e precocemente nella storia naturale dell’infezione. Tale

Epsilon Polymerase

Signal

3182 3100 1 5’ 3,5kb 3’

(17)

processo non ha predilezione per siti specifici e può portare in alcuni casi all’attivazione e/o all’alterazione di particolari geni implicati nel controllo e nella regolazione del ciclo cellulare, rappresentando un potenziale meccanismo patogenetico nell’epatocarcinogenesi [50, 51].

1.4 Eterogeneità virale

HBV ha una spiccata tendenza alla formazione di popolazioni virali eterogenee, cosidette “quasi specie” virali, poichè la trascrittasi inversa, implicata nella sintesi del filamento di DNA

nascente ha una ridotta capacità di “proof-reading”, quindi non riesce a correggere eventuali

errori (delezioni, inserzioni e sostituzioni nucleotidiche) che si verificano durante la

retro-trascrizione. Come conseguenza, numerosi varianti virali vengono continuamente prodotte e selezionate durante il corso dell’infezione sotto la pressione di fattori endogeni (risposta immune) o esogeni (immunoprofilassi e terapia antivirale) [4].

Data l’organizzazione estremamente compatta del genoma di HBV, con regioni codificanti parzialmente sovrapposte, anche mutazioni puntiformi in regioni critiche possono alterare in modo rilevante la regolazione della sintesi o la funzione delle proteine virali.

Ne consegue che il numero di mutazioni tollerato senza che il virus perda infettività e capacità replicativa è piuttosto limitato [52], e solo una quota estremamente ridotta di nuove “quasi specie” generate dalle mutazioni potrà diventare una popolazione virale dominante. Rispetto ai virus wild-type (WT), le varianti dell'HBV possono avere caratteristiche antigeniche modificate.

La selezione di un “mutante” dipenderà quindi dalla capacità replicativa e dagli eventuali vantaggi selettivi, come la capacità di sfuggire alla pressione immunologica e/o ambientale

(ad esempio durante una terapia antivirale con analoghi nucleos(t)idici) [53].

In tal senso, sono state identificate a carico dei geni S, C e Pol, alcune mutazioni di sicura rilevanza clinica, per le implicazioni sulla persistenza virale e sulla patogenesi [54].

1.4.5

Varianti del Gene S

Le proteine dell’envelope dell’ HBV (HBsAg), codificate dalle regioni PreS/S della ORF S, rappresentano un bersaglio di primaria importanza della risposta anticorpale neutralizzante (anti-HBs) [55, 56].

(18)

gene preS/S possono indurre uno squilibrio nella sintesi delle tre proteine di superficie, diminuendo la produzione della proteina small[1].

Un’importanza particolare assumono le mutazioni che si verificano a livello del determinante antigenico “a” (124-147aa) di HBsAg, che rappresenta sia l’epitopo maggiormente

riconosciuto dalle metodiche commerciali utilizzate nella determinazione di HBsAg [66], che il

target del vaccino ricombinante [62].

Le selezioni di varianti virali in tale regione può portare all’emergenza di ceppi virali in grado di sfuggire al vaccino, i cosiddetti “escape mutants”: in Italia è stato documentato il caso clinico di un bambino che si è infettato dalla madre nonostante avesse sviluppato adeguatamente anticorpi anti-HBsAg a seguito della profilassi vaccinale, era presente una sostituzione dell’amminoacido

Glicina con Arginina in posizione 145 (G145R) [67].

Gli studi epidemiologici non hanno però dimostrato una tendenza significativa alla selezione di varianti di questo tipo, tale da compromettere l’efficacia delle campagne vaccinali a livello globale.

Gli anticorpi neutralizzanti hanno un ruolo nella prevenzione: la presenza di anticorpi contro la regione "determinante a" conferisce l'efficacia protettiva delle immunoglobuline nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato [68] e alla vaccinazione per HBV. Tuttavia, poiché gli attuali vaccini HBV sono costituiti solo da HBsAg e non contengono la regione preS1 (con la regione 2-48 allegata che interagisce con il recettore NTCP, gli anticorpi non sono in grado di bloccare

l'interazione diretta dell'HBV con il suo recettore.

Poiché viere descritto un numero sempre crescente di mutazioni nella regione del “determinante a” in diversi isolati di HBV, stanno sorgendo preoccupazioni riguardo la logica di colpire una singola regione di infettività per la profilassi e vaccinazione. Queste preoccupazioni sono accentuate da un recente studio epidemiologico di ampia portata, che ha rivelato un'efficacia vaccinale sostanzialmente inferiore alle attese nelle aree iperendemiche di Taiwan[69].

Inoltre in un altro studio epidemiologico di Taiwan, è stato riportato che la prevalenza di mutazioni del determinante a erano aumentate dal 7,8% al 28,1%, dopo 15 anni dall’introduzione del programma di vaccinazione universale[70]. Tuttavia, dal momento che non si è verificato un significativo aumento dei nuovi casi di epatite, la prosecuzione del programma di vaccinazione di massa continua e un numero sempre maggiore di Paesi vi hanno aderito. Oltre alla vaccinazione, l'ampio uso di immunoglobuline (HBIG) dopo il trapianto di fegato aggiunge anch’esso una pressione selettiva. Dieci su 20 pazienti che hanno sviluppato un'infezione da HBV ricorrente nonostante la profilassi con immunoglobuline anti-HBs avevano sostituzioni di aminoacidi che interessano il “determinante a”, che per lo più erano assenti nei cloni di HBV isolati pre-trapianto[9].

Oltre alla regione S anche Pre-S1 e Pre-S2 sono oggetto di mutazioni, spesso evidenziate in portatori cronici d’infezione.

(19)

La regione PreS contiene infatti epitopi immunologici e domini funzionali. In particolare, le mutazioni che riguardano la regione Pre-S2 determinano la modifica di un epitopo presentato in associazione con le molecole di MHC di classe I, target dei linfociti T citotossici. I domini funzionali includono il codone di inizio del Pre-S1 e Pre-S2, il sito di legame dell’epatocita (HBS= Hepatocyte binding site), il promoter del gene S, la sequenza CCAAT box, il “Topo domain”, siti di legame delle proteine di fase acuta (HSC70=Heat shock protein 70), il sito di ancoraggio del citoplasma (CAD=Cytosolic Anchorage Determinant), il sito di legame del nucleocapside (NBS=Nucleocapsid Binding Site), il dominio della secrezione virale (VS= Viral Secretion), il sito di legame per l’albumina umana (pHSA= Polymerized Human Serum Albumin), il dominio transattivante[71].

Si ritiene quindi che tali mutanti siano selezionati dall’azione immunologica e che siano importanti nella persistenza virale, potendo probabilmente condizionare anche la patogenesi del danno epatico [72] per l’accumulo di HBsAg negli epatociti, che dà luogo alle cosiddette “ground glass cells” (cellule a vetro smerigliato) [73].

1.4.6

Varianti del Gene PreC/C

La regione PreC/C del genoma di HBV codifica la sintesi della proteina nucleocapsidica (HBcAg) e della proteina circolante “e” (HBeAg), la cui secrezione dipende dall’espressione di una specifica sequenza segnale codificata dalla regione PreC e può essere modulata sia a livello trascrizionale [24, 25] che traslazionale [23, 72].

La produzione dell’HBeAg durante le fasi iniziali dell’infezione, sembra essere una strategia che il virus attua per la persistenza nell’ospite, infatti l’HBeAg si comporta da proteina immunomodulatrice contribuendo allo stabilirsi di una sorta di “immunotolleranza” che si osserva frequentemente durante la fase dell’infezione cronica HBeAg positiva. Al contrario, quando l’immunotolleranza inizia a ridursi, la pressione immune favorisce la comparsa di varianti virali che non esprimono l’HBeAg [74]. La sostituzione Guanina-Adenosina in posizione 1896 (G1896A) è quella con l’impatto biologico più rilevante, perché determina la conversione del codone 28 della regione Pre-C in un codone di stop (UAG), determinando il blocco della produzione dell’HBeAg [29]

La prevalenza di tale mutazione è differente nei diversi genotipi di HBV (B, D, E > C, F > A) proprio a causa della sequenza nucleotidica della regione Pre-core: questa infatti, oltre a codificare

(20)

Al contrario, nel genotipo A, che presenta una citidina in posizione 1858, la comparsa della mutazione G1896A porta alla destabilizzazione di tale struttura creando uno svantaggio selettivo del mutante[75].

Figura 9: Struttura del segnale epsilon con mutazione G1896A

La produzione di HBeAg è inoltre modulata a livello trascrizionale da sequenze regolatrici quali il "basic core promoter" (BCP) e la “core upstream regulatory sequence"(CURS) [76]. Mutazioni a livello di queste sequenze regolatrici, influendo sull’indice trascrizionale del Pre-core m-RNA, sono in grado di modulare, ma non di bloccare, la sintesi dell’HBeAg [76].

Attraverso studi di storia naturale, è stato possibile dimostrare come la selezione di varianti difettive per la secrezione di HBeAg (rappresentate per il 90% da mutanti G1896A nell’area Mediterranea[23]) sia una costante nel caso della malattia cronica anti-HBe positiva. Infatti, tali mutanti emergono non appena si attiva una specifica risposta immune, e divengono la popolazione prevalente nella fase HBeAg negativa dell'infezione. Si ritiene, pertanto, che le varianti HBeAg difettive siano una strategia virale volta a garantire la persistenza dell'infezione nonostante la presenza di una specifica risposta immune antivirale.

1.4.7

Varianti del Gene P

Le mutazioni del gene P, codificante per la polimerasi virale, sono state descritte dopo l’introduzione della terapia con gli analoghi nucleos(t)idici, il cui meccanismo d’azione si basa sull’interferenza dell’attività di questo enzima.

Durante tale terapia si possono selezionare mutazioni nel sito catalitico della polimerasi che determinano la resistenza a tali farmaci. La prima a essere stata identificata è la sostituzione di una

(21)

metionina con una valina o isoleucina in posizione 204 (M204V o M204I) nel dominio C dell’enzima [77], in pazienti sottoposti a lamivudina. Questa mutazione altera il legame del farmaco col sito catalitico della polimerasi impedendone così l’attività di blocco. La selezione dei mutanti dipende dai seguenti fattori:

- fitness replicativa

- disponibilità di uno spazio cellulare per la diffusione della variante

(22)

1.4.4 Genotipi e sierotipi di HBV

HBV è classificato in 10 genotipi, di cui due di recente riscontro (I e J), che differiscono tra di loro per almeno l’8%, sulla base dei determinanti antigenici di superficie. A loro volta i genotipi si suddividono in sottogenotipi, che differiscono tra loro per il 4% e mostrano una distribuzione prevalente che varia in funzione dell’area geografica [78, 79].

I genotipi A-H con i relativi sottotipi e distribuzione geografica sono sintetizzati nella tabella sottostante (Tabella 2) e di seguito illustrati (figura 10):

Tabella 2: Distribuzione geografica dei genotipi e sottotipi

Figura 10: Distribuzione geografica dei principali genotipi di HBV

GENOTIPI SIEROTIPI DISTRIBUZIONE

GEOGRAFICA

A adw2, ayw1

Nord ed Est Europa, Nord America, Filippine Hong Kong, Africa centrale

B Adw2, ayw1 Sud-Est Asia, Cina, Giappone

C ayr, adrq-,

adrq+, adw2 Sud-Est Asia, Cina, Giappone D adw2, ayw3 Bacino del Mediterraneo, Asia

centrale e India

E ayw4 Africa sub-Sahariana

F adw4q America Latina, Polinesia

G adw2

Francia, USA

Solitamente in confezione con genotipo A

H Messico e America Latina

I Cina nord occidentale, est Indiano,

Vietnam e Laos

(23)

Il genotipo di HBV condiziona la storia naturale dell’infezione di HBV in termini di:

- propensione alla sieroconversione HBeAg/anti-HBe

- risposta alla terapia

- tendenza alla progressione verso forme di malattia più severa ed epatocarcinoma.

I fattori virologici, come i livelli di HBV DNA, di HBsAg o l’HBeAg, sono fortemente associati alla risposta al trattamento e alla progressione di malattia [80-82] ed, infatti, variano anche in funzione del genotipo di HBV.

Ad esempio, i pazienti infettati con genotipo A o B generalmente rispondono meglio al trattamento con interferone rispetto ai pazienti infetti con genotipi C e D. Il nostro gruppo ha dimostrato come il genotipo influenzi la caduta dei livelli di HBsAg in corso di terapia e conseguentemente la risposta all’IFN, essendo molto più precoce nei pazienti infettati da genotipo A.

Analogamente, la sieroconversione HBeAg/anti-HBe (che rappresenta anche un end-point di risposta al trattamento) generalmente si verifica quasi 30 anni dopo in pazienti infetti da genotipo C rispetto ai pazienti infetti con genotipi A, B e D.

I livelli di replicazione del DNA virale sono più alti nei genotipi asiatici (B e C) che nei genotipi europei (A e D) ed i livelli di HBeAg secreto risultano generalmente correlati ai livelli intracellulari di HBV-DNA.

Anche i livelli di HBsAg variano nei diversi genotipi: più elevati nel genotipo A e più bassi per il genotipo D.

Da studi dell’area asiatica abbiamo appreso che è presente una più severa evoluzione clinica nei pazienti infettati da genotipo C rispetto a quelli con genotipo B, ed anche una più frequente associazione con l’epatocarcinoma.

È stato ipotizzato che la diversa progressione di malattia nei genotipi B e C rifletta la variabilità in regione Pre S, poiché sono state riscontrate differenti varianti con delezioni tra i due genotipi[79].

Per quanto riguarda i genotipi A e D, diffusi in Europa e in India, i dati su larga scala sono limitati. Secondo uno studio condotto in Spagna i pazienti infettati dal genotipo A hanno maggiore probabilità di eliminare HBsAg e HBV-DNA, una migliore evoluzione clinica ed una minore mortalità da scompenso epatico rispetto a quelli infettati da genotipo D e F[83].

(24)

1.5

Epidemiologia

HBV è un virus estremamente infettivo; l’infezione può essere trasmessa attraverso il sangue ma anche con gli altri liquidi biologici, ed è molto frequente che avvenga tramite contatti interpersonali in ambito familiare. Da un punto di vista epidemiologico si distinguono:

• paesi ad elevata endemia (Africa, Cina e sud-est asiatico), in cui la probabilità di

esposizione ad HBV nell’arco della vita supera il 60% e l’infezione si trasmette, in assenza di una profilassi efficace, soprattutto per via verticale da madre a figlio, in epoca perinatale.

• regioni ad endemia intermedia (Bacino del Mediterraneo, Europa orientale) con un

rischio di infezione per ogni soggetto varia dal 20 al 60% e in cui la trasmissione avviene frequentemente per via orizzontale, tramite contatti intimo-sessuali e l’uso comune di oggetti contaminati (quali possono essere strumenti di igiene personale come rasoi, spazzolini da denti, etc.,)[84, 85]. La diffusione dell’infezione all’interno dello stesso nucleo familiare è comunque ancora frequente ma limitata principalmente alle coorti non vaccinate.

• paesi occidentali a bassa endemia (tra cui si colloca attualmente anche l’Italia), in cui

meno del 20% della popolazione è esposto al virus nel corso della vita, la trasmissione interessa prevalentemente gruppi a rischio come tossicodipendenti, soggetti con promiscuità sessuale, personale sanitario, residenti in istituti e nuclei familiari dei quali entra a far parte un soggetto portatore cronico di HBV (ad esempio a seguito di adozione) [86].

Tuttavia i flussi migratori modificano e rendono meno omogenee queste 3 categorie, aumentando i casi complessivamente osservati in Italia di soggetti provenienti da est Europa dell’Est e Africa, spesso portatori di genotipi diversi dal D (soprattutto A ed E).

1.6 Patogenesi e storia naturale

HBV non essendo direttamente citopatico [87] produce un’infezione che non si associa necessariamente a danno epatico. Quest’ultimo insorge quando si innesca una risposta immunitaria contro il virus.

L’espressione degli antigeni virali in associazione con gli antigeni di istocompatibilità (HLA) sulla membrana epatocitaria porta al riconoscimento degli stessi antigeni da parte della risposta immune innata (macrofagi e linfociti natural killer), responsabili del primo meccanismo di controllo dell’infezione, cui fa seguito la risposta cellulo-mediata ed umorale con produzione di cellule T specifiche (helper o citotossici) ed di anticorpi anti-HBV, che determinano in definitiva l'esito dell'infezione da HBV[3, 88]. Nei soggetti immunocompetenti in cui si sviluppa una risposta efficace nei confronti degli epitopi virali del nucleocapside (HBcAg, HBeAg),

(25)

dell’envelope (HBsAg) e della polimerasi, si osserva:

- l’inibizione mediata da citochine, in particolare IFN-gamma e TNF-alfa, della replicazione virale con caduta dei livelli di HBV-DNA circolante

- una risposta infiammatoria cellulo-mediata che determina nel fegato la clearance di un numero significativo di epatociti infettati, seguita poi dalla progressiva riduzione/scomparsa del danno necroinfiammatorio

- il controllo dell’infezione associato allo sviluppo di immunità umorale neutralizzante (anti-HBs) nei confronti dei virioni circolanti ancora presenti.

Questa situazione solitamente è osservata nei casi di epatite acuta che esitano in guarigione, mentre, qualora la risposta immune non sia sufficientemente efficace, l’infezione da HBV persiste determinando un’epatite cronica con sviluppo più o meno rapido di fibrosi e progressione in cirrosi epatica.

Durante un'infezione acuta da HBV, gli anticorpi anti-HBs e anti-HBc sono prodotti con cinetiche diverse, ma solo il rilevamento dell’anti-HBs è associato alla risoluzione della malattia e al controllo immune completo, mentre l'anti-HBc, che viene prodotto in grande quantità [12], coesiste con un alto livello di replicazione dell'HBV [89]. Pertanto, gli anticorpi anti-HBs sono considerati protettivi, mentre gli anticorpi anti-HBc sono utilizzati come marker di esposizione ad HBV, per infezione in atto o precedente [90]. I vaccini HBV sono costituiti solo da HBsAg e non contengono la regione preS1 (la regione tra gli aminoacidi 2-48 che interagisce con il recettore NTCP), pertanto gli anticorpi anti-HBs indotti dal vaccino non sono in grado di bloccare il contatto dell'HBV con il suo recettore sulla cellula. Questo è probabilmente il motivo dell'induzione dell'immunità non sterilizzante, riportata nei soggetti umani vaccinati [69] e negli scimpanzé [91] nonostante l'elevata presenza di titoli anticorpali anti-HBs.

Il numero sempre maggior di mutazioni riscontrate sul “determinante a” in diversi isolati di HBV, solleva preoccupazioni riguardo alla logica di colpire una singola regione di infettività (determinante a) per la profilassi e vaccinazione. Queste preoccupazioni sono aumentate da un recente studio epidemiologico di ampia portata, che ha rivelato un'efficacia vaccinale sostanzialmente inferiore alle attese nelle aree iperendemiche di Taiwan [92]. Inoltre, il disporre di un altro presidio profilattico o terapeutico che antagonizzi il legame di HBV con la cellula epatica, potrebbe non solo prevenire l'infezione acuta da HBV, ma anche impattare sull’evoluzione dell’infezione cronica [93].

(26)

bioumorali e istologici di danno epatico. Questa è una condizione molto frequente in bambini infettati per via verticale da madri HBeAg positive. Infatti, è stato dimostrato come l’esposizione gestazionale all’HBeAg prodotto dall’HBV materno induca nel feto la deplezione timica dei linfociti deputati al riconoscimento di antigeni non autologhi [94]. Questa condizione potrà essere mantenuta per molti anni con persistenza di elevati livelli dei marcatori di replicazione (HBeAg, HBV-DNA), associata alla negatività dei marker di danno virus-indotto (IgM anti- HBc) [84, 86, 95] e alla normalità degli enzimi di citolisi epatica.

Ad un determinato momento nel corso della storia naturale dell’infezione, può iniziare il riconoscimento degli antigeni virali da parte del sistema immunitario con il conseguente tentativo di controllo dell’infezione che si manifesta con meccanismi analoghi a quelli già descritti nel contesto dell’epatite acuta autolimitantesi: il blocco della replicazione virale citochino-mediata, l’eliminazione degli epatociti infetti[88, 94] e il richiamo dei linfociti attivati. Tuttavia, la minor efficienza e l’assenza di un’azione sincronizzata tra le diverse attività della risposta immune, impediscono spesso di raggiungere un controllo ottimale sull’infezione da HBV in una quota di pazienti. In essi, il continuo richiamo nel fegato di linfociti attivati, ma poco efficaci nel determinare una significativa riduzione del carico infettivo, rappresenta il principale momento patogenetico del danno epatico.

Tale fase di attivazione immune può persistere per molti anni con un’alternanza di remissioni e riacutizzazioni che talvolta hanno cadenze periodiche [96]. È in questo contesto che per effetto dell’azione immunologica vengono selezionate le varianti virali con mutazioni in grado di eludere la risposta immune alterando gli epitopi bersaglio della risposta immunitaria cellulo-mediata o arrestando la sintesi di proteine riconosciute dal sistema immune. Quest’ultima modalità è quella associata alla persistenza della malattia nei pazienti con epatite cronica B, HBeAg negativa / anti-HBe positiva [96], legata alla selezione delle varianti del PreC inizialmente descritte nei pazienti con infezione sostenuta dal genotipo D provenienti dal bacino del Mediterraneo [97]. La mancata produzione di HBeAg in queste varianti è dovuta principalmente alla mutazione G1986A della regione PreC, in più del 95% dei casi, che determina uno stop traslazionale con conseguente arresto della sintesi della proteina [29]. Questo tipo di mutante è stato evidenziato nelle fasi di massima esacerbazione dei fenomeni di immuno-eliminazione precedenti la sieroconversione HBeAg/anti-HBe, e costituisce la popolazione virale prevalente nella forma anti-HBe positiva dell’epatite cronica B[98]. Altre mutazioni, in particolare quelle del BCP, che si riscontrano soprattutto nei pazienti orientali con infezione sostenuta dai genotipi B e C, sono responsabili della minor della produzione di HBeAg attraverso una riduzione dell’attività trascrizionale [99].

Quindi, per quanto finora detto, la sieroconversione HBeAg/anti-HBe non rappresenta sempre il segnale di acquisizione del controllo immune sulla replicazione virale, perché può

(27)

essere dovuta al selezionarsi di varianti HBeAg difettive in presenza di un’azione immune non sufficientemente efficace a controllare l’infezione, ma sufficiente a causare la pressione

selettiva. In questo caso i livelli viremici tendono ad essere più bassi (valore medio 5 Log10

UI/mL, range 4-7 Log10 UI/mL) e fluttuanti, rispetto a quelli osservati nella fase HBeAg positiva

(valore medio 6 Log10 UI/mL, range 5-9 Log10 UI/mL).

Tuttavia, va ricordato che, in un discreto numero di casi, il passaggio dalla fase di tolleranza a quella di attivazione può segnare lo sviluppo del controllo immune efficace, che si caratterizza per:

- la sieroconversione HBeAg/anti-HBe

- la drastica riduzione dei livelli replicativi (HBV-DNA persistentemente <2.000 UI/mL) - la normalizzazione delle transaminasi

Quando questa condizione si mantiene costante nel tempo, il paziente viene definito

portatore inattivo (Inactive Carrier, IC), o più correttamente portatore di infezione cronica da

HBV a bassa replica, come indicato dalla nuova nomenclatura pubblicata nelle ultime linee guida europee [100]. In questi soggetti il rischio di riattivazione è estremamente basso, ma può diventare significativo in caso di trattamento immunosoppressivo o chemioterapico [94], che riduce l’efficienza del sistema immune.

(28)

1.7 Quadri clinici associati all’infezione cronica

Negli ultimi decenni, in Italia, una serie di fattori epidemiologici ha contribuito a modificare sia la prevalenza assoluta dell’epatite cronica B che la prevalenza relativa delle due forme, HBeAg positiva e anti-HBe positiva.

Fino agli anni ‘70 in Italia c’era una prevalenza della forma HBeAg positiva, che rappresentava più del 55% dei casi cronici. Attualmente, il 10-12% delle epatiti croniche di nuova diagnosi sono causate dall’HBV e circa il 90% è anti-HBe positiva.

A questo cambiamento epidemiologico ha contribuito sia la riduzione dei nuovi casi di infezione che l’aumentata accuratezza diagnostica con la quale sono identificati i pazienti anti-HBe positivi. Le ultime linee guida europee[100] hanno rimodulato la nomenclatura degli stadi di infezione in 5 fasi come di seguito illustrato:

1.7.1 Infezione cronica HBeAg positiva

L’infezione perinatale con virus “wild-type” generalmente si associa ad una lunga fase di immuno-tolleranza, già descritta come una fase con viremia elevata in assenza di attivazione immunologica e danno necro-infiammatorio [101].

Solitamente durante l’adolescenza la maggior parte dei portatori passa spontaneamente alla fase di immuno-attivazione sviluppando un danno epatitico. In assenza di ciò si può arrivare a osservare, in una minoranza di casi, pazienti adulti che rimangono immuno-tolleranti per tempi più lunghi.

Circa il 50-70% dei pazienti italiani giovani adulti, HBeAg positivi alla diagnosi, sieroconverte spontaneamente nel corso di un follow-up di 5-10 anni, con normalizzazione delle transaminasi e termine del processo necroinfiammatorio [88, 102]; fattori predittori positivi sono: gli elevati livelli di transaminasi, il sesso femminile e la maggiore età [102].

1.7.2 Epatite cronica HBeAg positiva

Coloro che non vanno incontro a sieroconversione spontanea, mantengono un’attività necroinfiammatoria importante con episodi di esacerbazione necrotica maggiore, che si associano a elevato rischio di progressione della malattia. Nel siero sono presenti HBeAg, elevati livelli di HBV-DNA e ALT. Nel fegato è presente moderata-severa necroinfiammazione con rapida progressione della fibrosi. È stato stimato che il tasso annuale di progressione a cirrosi sia del 2-5.5% e che l’incidenza annua di complicanze cliniche della cirrosi (ittero, ascite, sanguinamento di

(29)

varici, encefalopatia epatica, sindrome epato-renale) e di epatocarcinoma sia rispettivamente del 3.3% e del 2% [85, 102].

Generalmente tale quadro si osserva in soggetti che hanno contratto l’infezione in età adulta, e vi verifica anche dopo molti anni di infezione cronica HBeAg positiva.

La maggioranza dei pazienti, tuttavia, va incontro a sieroconversione HBeAg/anti-HBe con soppressione della carica virale e passaggio alla fase di Epatite cronica HBeAg negativa (anti-HBe positiva).

1.7.3 Epatite cronica HBeAg negativa

Tale fase è caratterizzata appunto da assenza nel siero di HBeAg associata generalmente a comparsa di anti-HBe, con livelli di HBV-DNA persistentemente elevati o in maniera fluttuante (inferiori però alla fase HBeAg positiva) ed elevati o fluttuanti valori di ALT. L’istologia epatica mostra necroinfiammazione e fibrosi. Gli studi clinici che hanno caratterizzato il profilo dell’epatite cronica B anti-HBe positiva sono stati condotti prevalentemente nel bacino del Mediterraneo, area ove vi è una netta prevalenza del genotipo D, nel quale la mutazione G1896A a livello del Pre-C è la principale responsabile della riduzione della sintesi dell’HBeAg, che è alla base di questa variante clinica dell’epatite B [75].

Solitamente si tratta di soggetti che hanno acquisito l’infezione in epoca infantile, com’è suggerito dalla frequente presenza dell’infezione da HBV a livello familiare, dall’assenza di fattori di rischio evidenti (esposizione parenterale e promiscuità sessuale) e dalla storia di pregressa HBeAg positività [103].

In questa tipologia di pazienti l’epatite cronica decorre comunemente in maniera silente per diverse decadi, raggiungendo lo stadio cirrotico a un’età media di 45 anni; successivamente, entro una decade, circa il 25% sviluppa le complicanze della cirrosi [103].

L’andamento della malattia anti-HBe positiva è variabile, e, in base alle fluttuazioni delle transaminasi e della replicazione virale, è distinto in tre profili principali caratterizzati da:

- periodiche esacerbazioni necrotiche alternate a fasi di remissione biochimica con

completa normalizzazione della citolisi epatica in cui i valori di HBV-DNA usualmente scendono

sotto 5 Log10 UI/mL

- periodiche esacerbazioni necrotiche senza fasi di remissione biochimica

(30)

estremamente fugaci, gli anticorpi hanno una emivita più lunga e pertanto il riscontro di aumentati livelli di IgM anti-HBc in un soggetto con infezione da HBV in temporanea fase di remissione biochimica fa sospettare la presenza di un danno epatitico ricorrente [104]. Uno studio nel quale sono stati seguiti per un periodo medio di 6 anni 164 pazienti anti-HBe positivi (102 con quadro istologico basale di epatite cronica e 62 con cirrosi in stadio Child A), ha dimostrato come il 50% dei soggetti con epatite cronica al basale (età media 36 anni) abbia sviluppato la cirrosi nel corso dell'osservazione, mentre solo l’8% dei pazienti è andato incontro a risoluzione dell’epatite, conseguita in tutti i casi, tranne uno, grazie al trattamento con interferone [103]. I fattori associati a un maggior rischio di progressione sono stati: l’età, la presenza di steatosi, la tendenza ad avere viremia sempre dosabile con tecniche di ibridizzazione (superiore a 5 Log10 UI/mL) e il profilo virologico associato alla persistente alterazione delle transaminasi con esacerbazioni intermittenti.

Il trattamento con interferone si è dimostrato in grado di rallentare la progressione di malattia anche nei pazienti con cirrosi, per cui nei trattati solo il 22.6% ha sviluppato complicanze nel corso del monitoraggio. Tuttavia, complessivamente, solo il 13% dei pazienti trattati ha ottenuto una risposta virolgica sostenuta con l’interferone. L’età e la presenza di fluttuazione delle IgM anti-HBc (condizione associata ai picchi necrotici intercorrenti, con o senza normalizzazione delle transaminasi) sono risultati fattori favorenti la progressione della cirrosi [103]. È interessante notare come la condizione che favorisce la progressione della malattia nei pazienti con epatite cronica in stadio iniziale è la presenza di florida replicazione virale associata a costante attività di malattia con o senza i picchi necrotici ricorrenti, mentre nei pazienti con malattia in stadio cirrotico sono gli episodi di esacerbazione che favoriscono lo sviluppo delle complicanze cliniche [103]. Ciò è dovuto al fatto che per un paziente cirrotico una necrosi severa, come quella che si osserva nel profilo di malattia a picchi, può causare una grave compromissione funzionale con scompenso clinico e indurre un forte stimolo rigenerativo con promozione neoplastica.

La risoluzione spontanea del danno epatico con acquisizione di un efficace controllo immune dell’infezione è un evento assai infrequente nell’epatite cronica B anti-HBe positiva [103]. La mortalità a 5 anni dei pazienti con epatite cronica senza cirrosi è dello 0-2%, mentre sale al 14-20% nei soggetti con cirrosi compensata e al 70-80% nei cirrotici che hanno già avuto episodi di scompenso [102].

1.7.4 Infezione cronica HBeAg negativa

Tale fase in precedenza definita "fase di portatore inattivo", è caratterizzata dalla presenza di anticorpi anti-HBeAg (anti-HBe), livelli bassi (< 2.000 IU/ml) o non rilevabili di HBV-DNA e ALT normali (inferiori a 40 U/L). Alcuni pazienti, tuttavia, possono avere fluttuazioni dei livelli di

(31)

HBV-DNA tra 2.000 e 20.000 IU/ml, ma con ALT persistentemente normali e solo minima attività necro-infiammatoria senza fibrosi o con minima fibrosi all’istologia.

Questi pazienti hanno un basso rischio di progressione verso cirrosi ed HCC se rimangono in questa fase. La perdita di HBsAg, con o senza sieroconversione anti-HBs, può verificarsi spontaneamente nell'1-3% dei casi per anno. Tipicamente, i portatori dell’infezione cronica HBeAg negativa, hanno bassi livelli di siero HBsAg, ma le soglie diagnostiche sono diverse in funzione del genotipo (<1000 IU/mL se infettati dal genotipo D) [105].

1.7.5 Fase HBsAg negativa

Questa fase, conosciuta anche come “infezione occulta”, è caratterizzata da assenza di HBsAg e presenza di anti-HBc con o senza rilevabile titolo di anti-HBs.

Tale condizione può verificarsi a causa di una mutazione del gene S (preS1, preS2 e S). Se mutata la regione degli amminoacidi 99-169 del trascritto del gene S, che è definita regione idrofila principale (MHR) e contiene l'epitopo conformazionale maggiore esposto sulla superficie esterna della particella virale (determinante a), può ridurre la sensibilità del rilevamento dell'HBsAg in sette saggi immunologici commerciali [106].

Il numero di OBI segnalati varia notevolmente in base alla popolazione e alla regione. Un'indagine ha dimostrato che la prevalenza di OBI è del 73% (24/33) in pazienti con carcinoma epatocellulare criptogenetico (HCC) [107]. Cheung et al.[108] hanno riportato un paziente con OBI persistente e linfoma che presentava 6 mutazioni non sinonime nel determinante "a" del gene S. Recentemente, è stato descritto un mutante del gene S (sP120Q + sD144A) con caratteristiche di “escape mutant”. Questo virus è stato trasmesso attraverso il parto a un bambino protetto con il vaccino e dimostrando un’attiva replicazione nel bambino per 3 anni, senza HBsAg rilevabile [109]. Le mutazioni preS / S-gene OBI sono molteplici e le più recentemente scoperte includono mutazioni puntiformi nella regione determinante "a", mutazioni premature di arresto, delezioni di grandi frammenti preS1, una mutazione del codone di inizio preS2, inserzioni di regione MHR, una mutazione introdotta dalla N-glicosilazione e una mutazione da escape mutant classica [110].

1.8 Diagnosi

(32)

virale (HBV-DNA), con sensibilità sempre crescente, ha ulteriormente contribuito a migliorare la gestione del portatore di infezione da HBV[96]: tali metodiche consentono di definire i seguenti soggetti:

- pazienti con sola esposizione al virus

- pazienti immunizzati

- pazienti infetti con o senza riplicazione virale e/o malattia epatica virus indotta

La Tabella 3 permette di spiegare il significato dei principali marcatori diagnostici utilizzati per HBV.

MARCATORI VIRALI CATEGORIE

DIAGNOSTICHE

Anti-HBs Immunità

Anti-HBc Esposizione

HBsAg Infezione

HBV-DNA, HBeAg Infezione /Replicazione IgM anti-HBc,

HBV-DNA*

Malattia HBV-indotta

Tabella 3: Significato clinico dei markers sierologici di HBV

* Livelli di HBV-DNA >2.000 UI/mL nei soggetti HBeAg negativi e >20.000 UI/mL nei soggetti HBeAg positivi sono indicativi di epatite cronica B.

1.8.1 Diagnosi sierologica di primo livello

Un soggetto che presenta nel suo organismo il virus è definito portatore dell’infezione da HBV. Il virus può essere identificato mediante la dimostrazione della presenza dell’antigene di superficie (HBsAg) nel siero, o in caso di assenza di quest’ultimo, tramite la presenza di HBV-DNA nel siero o nel fegato. Nel primo caso si parla di infezione conclamata, nel secondo di occulta. La diagnosi dell’infezione conclamata si basa sulla dimostrazione dell’HBsAg nel sangue.

La determinazione degli antigeni è influenzata dall’affinità e dall’avidità di riconoscimento dell’anticorpo presente nel test; bisogna tener conto della possibile presenza della mutazione G145R che rende meno efficiente la rilevazione di HBsAg, quantomeno da parte di alcuni kit commerciali [66].

La diagnosi di infezione occulta si basa, invece, sulla dimostrazione di HBV-DNA nel sangue e/o nel fegato di soggetti HBsAg negativi. Questo tipo di infezione suscita interesse sia per quanto

(33)

riguarda lo studio della biologia del virus che per le implicazioni cliniche, soprattutto per quello che concerne il rischio di riattivazione dell’epatite B in pazienti immunocompromessi, come quelli sottoposti a chemioterapia, e per il possibile ruolo di cofattore dell’HBV in pazienti con epatopatia cronica di altra eziologia.

Tuttavia, le criticità che sussistono nella diagnosi di infezione occulta, a causa dell’assenza di protocolli e metodiche standardizzate, dell’invasività del prelievo bioptico ed i possibili errori di campionamento non permettono di considerarla una pratica “routinaria”. Pertanto, nella pratica clinica il medico deve ricordare che:

- i soggetti con positività dei marker di avvenuta esposizione (IgG anti-HBc positivi) hanno elevata probabilità di essere portatori di infezione occulta conservando sequenze del virus nel fegato;

- l’infezione da HBV determina la presenza in circolo degli antigeni e degli omologhi anticorpi: HBsAg / anti-HBs, HBeAg / anti-HBe. Si deve pertanto tener conto che gli immunocomplessi Ag-Ab possono determinare bassi titoli di anti-HBs in un’infezione cronica con bassa produzione antigenica, mentre alti titoli di anti-HBs indicano una risposta anticorpale spiccata in assenza di significativa produzione antigenica. Per quanto riguarda l’anti-HBc, considerato il fatto che HBcAg non circola in forma libera nel sangue, abbiamo che bassi titoli di HBc sono indicativi di una minima o assente esposizione antigenica, mentre alti titoli di anti-HBc sono indicativi di suggestiva e significativa stimolazione antigenica ancora in atto.

Per tale ragione la presenza di titoli medio-alti (>1/100) di anti-HBc associata a negatività di anti-HBs, può essere la spia di un’infezione occulta, per cui, in caso di immunosoppressione o chemioterapia, tali pazienti devono essere monitorati per cogliere precocemente l’eventuale ricomparsa dell’infezione conclamata e/o sottoposti a profilassi antivirale.

Nel soggetto con infezione da HBV deve comunque sempre essere esclusa la presenza dell’infezione da HDV con la ricerca degli anticorpi anti-HDV.

Riassumendo abbiamo (Tabella 4):

Bassi titoli Alti titoli

Anti-HBs Persistenza Ab da esposizione

pregressa andata in risoluzione oppure

infezione cronica con bassa

Risposta Ab spiccata senza significativa produzione residua

(34)

1.8.2 Diagnosi sierologica di secondo livello: caratterizzazione

dell’infezione e identificazione del paziente con malattia epatica da HBV

La caratterizzazione del profilo virologico nel portatore cronico di HBsAg è fondamentale per definire la fase di infezione, stimare il rischio evolutivo in caso di epatite e valutare la necessità o meno del trattamento antivirale

A tale scopo si determinano proteine (antigeni), acidi nucleici virali e la risposta immunologica umorale (anticorpi) del soggetto infettato; il pattern di tali marcatori risulta dall’equilibrio virus/ospite e varia nel corso dell’infezione nello stesso individuo. L’unico marcatore virale che descrive una caratteristica costitutiva del virus infettante è il genotipo.

L’HBV-DNA rappresenta l’unico marcatore di infezione e replicazione virale che indica anche la presenza di malattia epatica virus indotta. Secondo le linee guida dell’AASLD e dell’EASL il cut-off di 2000 UI/mL serve per distinguere tra:

- epatite cronica B: quando è >2000 UI/mL nel soggetto anti-HBe positivo, oppure

quando è >20000 UI/mL nel soggetto HBeAg positivo in fase di immuno-attivazione;

- infezione cronica senza epatite: quando è persistentemente <2000 UI/mL associa alla

assenza di malattia epatica nel soggetto anti-HBe positivo.

Inizialmente il cut-off per distinguere tra epatite cronica e infezione cronica era stato posto a 20.000 UI/mL. Tale limite, tuttavia, includeva tra i portatori di infezione anche una quota non trascurabile di pazienti anti-HBe positivi con epatite cronica attiva, il 40% dei quali presentava fluttuazioni importanti della viremia, che però solo raramente possono scendere <2000 UI/mL. Per ovviare a questo inconveniente la soglia è stata abbassata a 2000 UI/mL, con il rischio però di classificare automaticamente come malati tutti i portatori con bassa replicazione virale (compresa tra 2000-20000 UI/mL), che generalmente non presentano un significativo danno epatico HBV-indotto.

Nel soggetto anti-HBe positivo l’accurata definizione dello stato replicativo si ottiene effettuando più misurazioni del valore dell’HBV-DNA durante un periodo di osservazione che deve essere almeno di 12 mesi con cadenza trimestrale. In questo modo è possibile scoprire eventuali risalite della viremia e identificare così il soggetto con vera infezione attiva.

Come noto in molti ambiti della medicina, l’uso complementare di più marcatori con diversi significati biologici permette di migliorare l’inquadramento diagnostico. Nel caso specifico del paziente con epatite da HBV in aggiunta all’HBV-DNA ed alle transaminasi (ALT in particolare), la quantizzazione dell’HBsAg circolante (qHBsAg) ha assunto un ruolo rilevante nella definizione

(35)

dello stato di malattia.

Sappiamo, infatti, che i livelli circolanti di HBsAg variano in maniera significativa nelle varie fasi: tendono a ridursi progressivamente passando dalla fase di immuno-tolleranza a quella di immuno-controllo/bassa replica [111, 112]; quanto più sono bassi i valori di HBsAg tanto maggiore è il controllo immune dell’infezione [111, 113]. In particolare, uno studio condotto su più di 200 soggetti portatori di HBsAg, anti-HBe positivi, nei portatori di infezione da genotipo D, livelli di HBsAg <1000 UI/mL correlano con l’assenza di epatite cronica e la condizione combinata, in un singolo punto, di HBV-DNA <2000 UI/mL e HBsAg <1000 UI/mL, identifichi il portatore di infezione senza epatite con un’accuratezza diagnostica del 94.3% (sensibilità 91.1%, specificità 95.4%, VPP 87.9%, VPN 96.7%) [105]. Tali dati sono stati recentemente confermati su casistiche orientali in portatori infettati da genotipo B e C [114].

Anche livelli di HBV-DNA persistentemente <20.000 UI/mL per almeno un anno e transaminasi normali predicono un esito clinico benigno; questa condizione, infatti, è stata associata alla transizione verso lo stato d’infezione inattiva nel 43% dei soggetti, con circa il 20% che perde l’HBsAg entro 5 anni. [115]. Ciò conferma che il monitoraggio dei livelli di HBV-DNA per almeno 1 anno è l'approccio diagnostico più accurato per definire correttamente la fase di infezione, quando alla prima osservazione non si verifichi la condizione combinata di HBV-DNA<2000 UI/mL e HBsAg<1000 UI/mL nei soggetti con genotipo B C e D [105]. Recentemente, nel 2016, è stato anche dimostrato in uno studio retrospettivo di oltre 300 portatori cronici di HBsAg che il singolo riscontro di HBsAg <100 UI/mL identifica il portatore inattivo con elevate specificità [116].

Gli anticorpi IgM anti-HBc sono il marker di danno HBV indotto universalmente utilizzato nella diagnostica dell’epatite acuta, ma anche nella valutazione dell’infezione cronica è stato dimostrato come livelli di IgM anti-HBc >0,200 IMx index o >7 UI PEI correlino con la presenza

di epatite cronica B [114].

Per un accurato inquadramento del portatore di infezione da HBV si effettua pertanto:

- ricerca di HBeAg e anti-HBe grazie alla quale possiamo individuare il soggetto

o HBeAg positivo → portatore in fase di tolleranza o di attivazione

o Anti-HBe positivo → portatore in fase di attivazione o di controllo

- dosaggio quantitativo di HBV-DNA che nel caso di

Riferimenti

Documenti correlati

Nei paragrafi precedenti sono stati sintetizzati i risultati emersi a seguito di una accurata indagine sullo stato della ricerca scientifica, in ambito nazionale e

STUDIO DELLA PREVALENZA DELLE INFEZIONI DA ENTEROVIRUS ED ALTRI VIRUS ENTEROTROPI IN.. PAZIENTI CON O SENZA INFEZIONE

HBsAg positività era presente nel 6.8% dei casi (nessuno era anti-HDV positivo); anticorpi anti-HCV erano rilevabili nel 3.4% dei soggetti esaminati; anti-HIV erano presenti nel

Nelle onde superficiali, all’aumentare della lunghezza d’onda λ, aumenta la profondità della parte di sottosuolo interessata dalla perturbazione: quindi le velocità di fase alle

La formazione degli stati solido e liquido per qualsiasi sostanza suggerisce che tra le molecole o atomi di tale sostanza debbano esistere forze molecolari anche se, come nel

- posizionamento conci C3, C9, C11, C13 e C15 su soletta indurita mediante gru agente da terra lato rilevato e loro successivo spostamento lato alveo.. - montaggio conci C3, C9,

L’infezio- ne-malattia da Mycobacterium tuberculosis è infatti endemica nel Continente Nero e mostra una prevalenza nei soggetti sieropositivi nettamente superiore rispetto

Tutti i pazienti ad ogni accesso vengono sottoposti a Triage: durante la valutazione verrà registrata l’eventuale presenza o sviluppo nei giorni precedenti di episodi