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Valutazione delle performance nella prospettiva del rapporto con i fornitori

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Academic year: 2021

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Sommario

Introduzione ... iii

Capitolo 1 – Cosa significa misurare le performance di un’azienda ... 1

1.1 L’evoluzione dei sistemi di misurazione delle performance ... 1

1.2 Determinazione del valore ... 4

1.3 Progettazione di un sistema di valutazione delle performance ... 7

1.4 Integrazione strategica della Supply Chain ... 10

1.5 L’importanza della responsabilizzazione manageriale ... 13

Capitolo 2 – I vantaggi associati alla misurazione delle performance nella catena di fornitura ... 15

2.1 Cenni introduttivi ... 15

2.2 Miglioramento attività produttive ... 18

2.3 ISO 9001:2015 - "Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti" ... 23

2.3.1 ISO 9001:2015 – capitolo 8.4: Controllo dei processi, prodotti e servizi forniti dall’esterno ... 27

2.4 Condivisione degli obiettivi strategici ... 31

2.5 Problematiche legate alla catena di fornitura ... 35

Capitolo 3 – L’importanza di una partnership efficace: Relazione fornitore-cliente-consumatore... 41

3.1 Evoluzione del rapporto cliente-fornitore ... 41

3.2 Supplier Relationship Management ... 46

3.3 Vendor Rating ... 50

3.4 KPI... 55

3.5 Criteri di selezione ... 59

Capitolo 4 – Caso aziendale : Tradimalt Spa ... 62

4.1 Presentazione dell’azienda ... 62

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ii

4.3 Punti di forza e di debolezza ... 71

4.4 Le relazioni ... 73

4.5 Misurazione delle prestazioni, applicazione di due cruscotti a confronto: Prisma e Cubo delle performance ... 75

Conclusione ... 83

Bibliografia ... 85

Sitografia ... 88

Appendice ... 89

Indice delle figure ... 92

Indice delle tabelle ... 93

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Introduzione

Il presente elaborato ha l’obiettivo di mettere in evidenza, attraverso una parte teorica e una parte relativa ad un caso pratico, i vantaggi, le procedure e come si sia evoluta nel tempo la misurazione delle performance in un proficuo e duraturo rapporto con i fornitori. Al termine “performance” possono essere assegnati almeno tre distinti significati: a) risultato ottenuto, b) processo costruito per raggiungerlo e c) modalità con le quali le azioni di un’organizzazione vengono percepite al suo interno e nel suo contesto operativo di riferimento.

In relazione a quest’ultima accezione, si rileva che i molti stakeholder, con cui le imprese costruiscono relazioni, sono fortemente interessati alle loro performance e ad una loro puntuale rendicontazione sotto diverse prospettive (capacità di generare utili e/o liquidità, capacità occupazionale, sostenibilità ambientale, qualità, legittimazione sociale, ecc.). Allo stesso tempo, i soggetti protagonisti dei fatti aziendali salienti (collaboratori interni ed esterni all’impresa), hanno un interesse altrettanto significativo, se non superiore, alla corretta valorizzazione delle performance lavorative individuali e collettive.

Un sistema di gestione delle performance o Performance Management (PM) può essere inteso come un processo volto a creare un’idea condivisa di che cosa e come si voglia ottenere e gestire il personale in modo tale da aumentare le probabilità di ottenere i risultati desiderati.

Il sistema di gestione delle performance va declinato attraverso le variabili chiave della strategia aziendale e allineato a questa; la performance, infatti, è il risultato mai definitivo di un sistema dinamico, in cui le competenze individuali e i ruoli sono legati da un insieme di procedure e politiche in grado di alimentare, rinnovare e trasformare le competenze organizzative.

Seguendo questo indirizzo, un Performance Management System (PMS) mira al raccordo di sistemi manageriali di governo delle aziende a supporto delle funzioni di programmazione, controllo e valutazione dei risultati e, allo stesso tempo, se idoneamente strutturato, contribuisce ad alimentare percorsi di cambiamento degli assetti, dei processi operativi, dei sistemi direzionali e della cultura organizzativa.

Per mantenersi competitive, le aziende necessitano di strumenti e di informazioni che evidenzino in modo immediato e diretto l’andamento delle proprie performance.

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iv

I primi modelli di misurazione delle performance facevano riferimento alla classificazione delle responsabilità, il tema della misurazione era quasi essenzialmente limitato agli indicatori contabili, alla determinazione degli standard e all’individuazione delle responsabilità degli scostamenti dal budget.

Misurare le performance significava confrontare i risultati economici ottenuti con quelli programmati, avendo cura di separare le diverse responsabilità: in tale ottica, i sistemi di misurazione erano orientati prevalentemente al breve periodo, verso l’interno dell’azienda e verso la dimensione economico-finanziaria della gestione. Negli ultimi anni, però, è cresciuta la consapevolezza che non basta più individuare i centri di responsabilità, coerentemente con i livelli gerarchici decisionali, ma le prestazioni aziendali devono discendere da un preciso disegno strategico e, pertanto, vanno individuati i fattori critici di successo da misurare e monitorare, condividendo e comunicando attraverso il corretto linguaggio, le prestazioni ai vari livelli aziendali. Nel primo capitolo si presenta un quadro generale dell’argomento, passando da una visione a 360 gradi, fino ad arrivare ad una prospettiva interna aziendale e come sia importante il processo di progettazione di un sistema di valutazione delle performance al fine di diffonderlo a tutti i livelli aziendali.

Nel secondo capitolo, vengono elencati una serie di vantaggi associati alla misurazione delle perfomance nella catena di fornitura, in quanto anche la figura del fornitore in sé ha subito delle evoluzioni del corso del tempo e i possibili problemi legati all’intera catena di fornitura.

Nel terzo capitolo si è focalizzato sul concetto di partnership, per una relazione bilaterale che punti al conseguimento di vantaggi reciproci.

Dalla nascita del supplier relationship management, all’individuazione dei fattori critici di successo per la selezione di un buon partner commerciale.

Infine il quarto capitolo si è focalizzato sul caso aziendale preso in esame, l’azienda siciliana Tradimalt, che nonostante le sue piccole dimensioni, è in crescita ed investe in ricerca e sviluppo per garantire performance superiori dei loro prodotti rispetto a quelli dei competitors.

Il settore edile è uno dei più rilevanti dell'economia nazionale ed è riconosciuto come trainante dello sviluppo di un paese: è molto vasto e variegato, comprendendo oltre che le imprese edili propriamente dette, anche tutto l'indotto costituito dai produttori di materiali e servizi. Le imprese presentano caratteristiche gestionali peculiari, che richiedono un approccio specifico alla gestione, ben diverso rispetto alle altre imprese.

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Capitolo 1

Cosa significa misurare le performance di un’azienda

1.1 – Evoluzione dei sistemi di gestione delle performance

Prima di vedere cosa è cambiato e da cosa dipende un sistema di gestione delle performance, è bene sottolineare il suo aspetto caratteristico della misurazione e valutazione, ovvero l'elemento di diffusione ed intersezione rispetto agli altri sistemi operativi aziendali. Entrambi questi due processi rientrano nell’ambito di gestione delle risorse umane, di pianificazione strategica, di definizione del bilancio, di collegamento tra obiettivi e risorse, di comunicazione1.

Secondo G. Bouckaert (presidente dell'Istituto internazionale di scienze amministrative) bisogna considerare due aspetti che rendono il concetto di performance multidimensionale:

 Ampiezza della performance (span): input -> output -> outcome intermedi e finali;  Profondità della performance (depth): società -> organizzazioni -> politiche /

programmi -> individui / gruppi.

Uno degli elementi caratterizzanti quando parliamo di azienda è la sua dimensione. Più è grande, più c’è la necessità di misurare e valutare le sue performance. Tutto ciò deve essere associato da un coinvolgimento a tutti i livelli gerarchici della cultura aziendale. Se parliamo di azienda semplice, con bassi livelli operativi, il controllo di gestione nella maggioranza dei casi significa misurare i risultati (si confronta il risultato del periodo rispetto al periodo precedente).

Il contesto organizzativo condiziona la complessità del controllo di gestione: se il contesto organizzativo è semplice, il controllo di gestione non serve, basta il bilancio. Quando si innesca, invece, la crescita dimensionale, che porta ad un cambiamento del modello organizzativo, allora il sistema di pianificazione e controllo diventa quasi una necessità. Per processo di sistemi di misurazione delle performance si intende il complesso dei processi, delle tecniche, degli strumenti volti a rilevare i risultati conseguiti, non solo economico-finanziari, ma anche allineati con gli obiettivi strategici. Quindi questi rientrano in quel pacchetto di strumenti di controllo che un’azienda deve avere a disposizione per supportare il processo decisionale.

1 Progetto di Ricerca “La misurazione e la valutazione della performance nella PA Centrale” – Scuola

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Questo sistema utilizza un cruscotto di indicatori ampio che, da un lato, vanno ad evidenziare sia i punti di forza e di debolezza che serviranno a guidare l’azienda e dall’altro, portano a minimizzare i comportamenti opportunisti o elusivi che potrebbero distorcere il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Dagli anni ‘70/’80 si inizia a parlare dell’utilizzo di questi indicatori con significato diverso a seconda dell’arco di tempo considerato.

L’evoluzione subita nel tempo dal sistema di misurazione deriva dai cambiamenti intervenuti nella “filosofia” aziendale, che hanno influenzano anche il sistema di controllo. È stato sinteticamente considerato il passaggio dalla “filosofia” aziendale rivolta alle dinamiche interne all’azienda alla “filosofia” rivolta all’esterno.

In presenza di una cultura rivolta all’interno dell’azienda, il sistema di misurazione delle performance è progettato per accogliere misure economico-finanziarie (margini di profitto, variazioni di budget, fatturato, ROI).

Man mano che le tensioni competitive sono aumentate, il ricorso a strategie di innovazione e diversificazione ha messo in evidenza la criticità di nuove leve operative, collegate in molti casi a risorse immateriali, e quindi si è manifestata l’esigenza di misurare tali leve per scopi di pianificazione e controllo.

In questo modo vengono evidenziati i limiti delle misurazioni economico-finanziarie che non riescono ad esprimere efficacemente né i risultati degli sforzi gestionali compiuti sulle leve operative, né il contributo allo sviluppo della redditività complessiva.

La necessità di “staccarsi” dal passato, genera a sua volta, la necessità di introdurre nuove misure di pianificazione, programmazione e controllo. Il cambiamento si realizza con l’utilizzo di sistemi di controllo in cui vengono enfatizzati2:

La dimensione temporale dei risultati, utilizzando misure di medio- lungo termine

accanto a quelle di breve;

La dimensione spaziale;

I destinatari della performance, utilizzando indicatori che rappresentino i risultati aziendali considerando diverse categorie di soggetti coinvolti nella gestione;  La multidimensionalità dei risultati, utilizzando indicatori di controllo di diversa

natura.

2 La misurazione delle performance per le piccole imprese. Strumenti di misurazione e processi di

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3

Con l’apertura all’esterno dell’azienda, la qualità, il tempo e la flessibilità sono i nuovi fattori critici di successo che, assieme all’efficienza, permettono di conseguire il vantaggio competitivo.

Pertanto di tali fattori è satura la strategia che, attraverso il sistema di controllo, influenza il sistema di misurazione3.

In questo contesto, i tradizionali sistemi di misurazione delle performance di natura economico-finanziaria presentono dei limiti largamente esaminati in letteratura; ne consegue che, il sistema di misurazione dovrebbe avere una struttura multidimensionale, che accolga misure quantitative e qualitative; misure finanziarie e non finanziarie. Si cerca di individuare le variabili-causa e le variabili-effetto per capire i nessi che le collegano ed identificare le azioni convenienti per guidare le scelte della gestione. Ciò porta ad utilizzare nuovi strumenti di misurazione. In particolare, si riconosce che le misure non finanziarie pur avendo, per loro natura, un carattere più operativo, nella realtà assumono rilevanza strategica. Sfruttando anche le potenzialità offerte dall’Information Technology, vengono pertanto sviluppati modelli concettuali globali per la rappresentazione delle performance aziendali. In tal modo, il sistema di misurazione è infatti di supporto alle necessità della gestione aziendale.

I manager utilizzano sistemi di misurazione delle performance per seguire il grado di realizzazione della strategia di business, confrontando i risultati effettivi con gli obiettivi e le finalità strategiche. Un sistema di misurazione, di solito, comprende metodi sistematici di fissazione degli obiettivi dell’impresa insieme a rapporti periodici sui risultati, che indicano i progressi rispetto a quegli obiettivi.

Il problema della misura della performance, delle persone e delle organizzazioni in cui lavorano è sempre stato cruciale. Perché il principio “non puoi controllare quello che non misuri”, attributo a volte a Drucker, altre volte a Deming, per circa trent’anni non è mai stato messo in discussione. Oggi si fa strada il dubbio che non solo misurare non sia sufficiente ma che, in certi casi, sia dannoso e che il possibile danno sia aggravato dall’agganciare incentivi alla misura della performance. La filosofia di fondo dei futuri sistemi di Performance Management evolverà su meno competizione e più sviluppo individuale, in un’ottica collaborativa con il seguente spostamento dell’attenzione dagli obiettivi individuali a quelli del team. L’idea è che i sistemi, per comportarsi così,

3 Nuove tendenze nei sistemi di controllo e di misurazione delle performance - Rosa Alba Miraglia –

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dovranno essere riprogettati nelle logiche di misura e controllo. Ad esempio moltiplicando i momenti di osservazione, prevedendo più flessibilità degli obiettivi e feedback di valutazione che da programmati e standardizzati, diventeranno più continui e flessibili4.

1.2 – Determinazione del valore

L’attuale contesto in cui si trovano ad operare le aziende impone loro di assumere la creazione del valore come obiettivo fondamentale dell’attività; ciò per due fondamentali ragioni: perché si deve necessariamente rendere conto agli investitori esterni all’azienda e perché la misura della creazione del valore è l’occasione per confrontare la propria performance con quella del resto del mercato. Questa situazione ha dato l’avvio al filone di studi sulla teoria del valore dell’impresa, considerata un elemento in grado di aprire nuove ed interessanti prospettive di ricerca. Per venire incontro alle attese di azionisti e stakeholders aziendali e per raggiungere i propri obiettivi, l’impresa è spinta al cambiamento e all’innovazione nel processo operativo delle tecnologie in una continua ricerca di nuova opportunità di profitto e nuove aree di business. Tali iniziative e cambiamenti, provenienti sia dall’interno che dall’esterno, espongono inevitabilmente le aziende ad eventi che possono mettere in pericolo la creazione di valore nel tempo. Il valore creato è un indicatore chiave per misurare e valutare la performance di un’azienda. Questo indicatore (Economic Profit o EVA) rappresenta anche il perno di un vasto sistema, noto come Value Based Management, comprende diversi processi gestionali, dalla pianificazione strategica all’incentivazione delle risorse, in grado di contribuire efficacemente a creare valore nel tempo. Il Value Based Management (VBM) può essere definito come: “un approccio ai problemi gestionali dell'impresa per il quale il principale obiettivo da perseguire è la massimizzazione della ricchezza per gli azionisti. Gli obiettivi d'impresa, il suo sistema, le strategie, i processi, le tecniche di analisi, le misurazioni delle performance e la cultura dell'impresa stessa trovano nella massimizzazione della ricchezza per gli azionisti, il loro obiettivo “guida” (Definizione di Arnold – 2000)5.

Il VBM è molto diverso dai sistemi di pianificazione in stile anni '60, che davano per scontato che le strutture di comando e controllo top-down non potessero funzionare bene.

4 Come evolvono i sistemi di performance management? – Harvard Business Review Italia 2017 5 La creazione di valore nelle aziende italiane – Harvard Business Review Italia 2007

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Al contrario, invita i manager a utilizzare metriche prestazionali basate sul valore per prendere decisioni migliori e quando è implementato bene, porta un enorme vantaggio. La gestione basata sul valore può essere meglio intesa come un’unione tra una mentalità per la creazione di valore e i processi dei sistemi di gestione necessari per tradurre quella mentalità in azione. Presi da soli, entrambi gli elementi sono insufficienti, ma insieme, possono avere un impatto enorme e duraturo6.

Esistono quattro processi di gestione che regolano collettivamente l'adozione di VBM e che sono collegati ad ogni livello aziendale:

L’implementazione del Value Based Management dovrebbe essere impostata con una visione sistemica e una coerenza complessiva tra le sue parti e dovrebbe essere guidata da un leader autorevole (top down) coinvolgendo al tempo stesso l’intera struttura (bottom-up).

Gli obiettivi finalizzati alla creazione di nuovo valore hanno portato ad una revisione del contenuto e della struttura dei sistemi informativo-contabili aziendali e all’adozione di nuovi strumenti di monitoraggio e misurazione delle prestazioni. Questi “nuovi” sistemi di controllo e valutazione delle performance aziendali sono molto diversi da quelli tradizionali, culminati con l’introduzione dell’Economic Value Added (EVA) cioè un indicatore studiato negli anni '90 dall'economista americano Bennet Stewart, per la valutazione dell'operato del management e, più in generale, anche della capacità dell'azienda di creare e distruggere valore. L'EVA va comunque considerato non solo come semplice misura di performance, ma deve essere anche reputato come il fondamento di una nuova gestione finanziaria al livello corporate, che guida l'azienda nelle decisioni di “capital bugeting” e alla predisposizione del budget operativo annuale. Questa metodologia consente anche di allineare gli interessi degli azionisti con quelli dei

6 What is value-based management? McKinsey Quarterly

Sviluppo strategia per massimizzare il valore Fattori chiave di valore (obiettivi) piani d'azione e budge sistemi di misurazione e incentivazione delle prestazioni

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managers, in ragione del fatto che la retribuzione dei primi è legata al valore assunto dall'EVA nel periodo considerato7.

In un mercato in continua evoluzione, in cui le aziende devono sempre più confrontarsi con una concorrenza agguerrita, il modello dell’EVA sembra essere uno degli strumenti fondamentali affinché un’azienda possa operare con successo nella creazione di valore e nel raggiungimento degli obiettivi di performance delineati.

L'implementazione di tale modello è un processo altamente specifico dell'azienda e si è più propensi ad utilizzarlo se sono presenti queste caratteristiche:

 La struttura aziendale è costituita da unità di business relativamente autonome, piuttosto che una grande unità o un'organizzazione matrice con risorse condivise;  I forti incentivi legati alla ricchezza manageriale sono legati alle prestazioni della

business unit, piuttosto che agli obiettivi aziendali;

 I dirigenti delle unità di business sono motivati da incentivi a lungo termine8. Si può affermare con sicurezza che il valore di un’azienda risulta essere influenzato da parametri misurabili attraverso indicatori economico-finanziari, ma è anche vero che la performance di valore dipende dall’andamento di ulteriori variabili che sfuggono alla misurazione tradizionale di tipo contabile. Esse sono riconducibili a fattori critici di successo e alle variabili da cui dipende l’ottenimento e il mantenimento nel tempo di vantaggi competitivi.

7 La performance del valore. Per l'analisi aziendale - Fabrizio Di Lazzaro – Giappichelli Editore 2013 8 EVA and Value-Based Management - S. David Young and Stephen F. O’Byrne - 2000 McGraw-Hill

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1.3 – Progettazione di un sistema di valutazione delle performance

Possiamo definire i sistemi di misurazione di performance come “l’insieme di strumenti e processi in grado di orientare i manager verso l’adozione di comportamenti validi a produrre risultati in un futuro più o meno immediato”9.

La misurazione delle performance ha una doppia finalità: la prima è quella di fornire informazioni sulla gestione aziendale e sulle prestazioni dell’intera organizzazione nel realizzare il disegno strategico, mettendo in evidenza problemi ed anomalie; la seconda è quella di orientare ed influenzare i comportamenti dei soggetti che operano in azienda e che incidono sulla performance con il loro lavoro e le loro decisioni.

Ne consegue che la progettazione di un sistema di performance richieda una stretta integrazione tra competenze di natura manageriale, organizzativa e contabile.

Molti studi dimostrano che l’impulso al raggiungimento dei risultati è correlato positivamente con il grado di precisione nella misurazione. Ma molti studiosi propongono tesi contrarie: misurazioni non accurate possono addirittura indurre effetti benefici sulla motivazione del personale, spingendo ad un maggiore impegno per mostrare le proprie capacità di raggiungere i risultati.

Altri autori affermano che l’utilizzo troppo spinto delle misure di performance può generare, in alcuni soggetti, paura di essere valutati, stimolando azioni di ostacolo o alimentando il dissenso, soprattutto quando le informazioni sono molto diffuse all’interno dell’organizzazione10.

Detto ciò, la progettazione di un sistema di valutazione delle performance segue delle fasi11:

1. Comprensione degli obiettivi strategici e di performance dell’azienda; 2. Conoscenza dell’organizzazione che opera per conseguire la performance; 3. Definizione del sistema di indicatori di performance.

La fase 1 è necessaria per esplicitare l’orientamento strategico dell’azienda e cioè delle modalità con le quali si rapporta con l’ambiente definendo gli obiettivi, scegliendo il campo di attività in cui operare e le logiche competitive da adottare.

9 A conceptual and operational delineation of performance in Business Performance Measurement

(Andy Neely) - M Lebas, K Euske - 2012

10 La misurazione delle performance per le piccole imprese. Strumenti di misurazione e processi di

controllo – Nicola Castellano – Giappichelli Editore 2012

11 La progettazione del sistema di misurazione della performance aziendale - Riccardo Silvi – Giappichelli

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La comprensione degli obiettivi e dei livelli di performance attesi, richiede un’attenta analisi della formula imprenditoriale che mira ad interpretare:

 Il sistema competitivo in cui opera l’azienda e i bisogni del cliente;  Le caratteristiche di beni e servizi e le annesse modalità di offerta;

 La struttura tecnico-produttiva, commerciale, direzionale e

finanziaria-patrimoniale dell’azienda.

La fase 2 ha come obiettivo la conoscenza propria e intrinseca dell’azienda in modo da conseguire il livello di performance desiderato. Occorre precisare che la performance complessiva è il risultato di una pluralità di azioni intermedie messe in atto dalle unità organizzative e che, spesso, tali azioni sono distanti nel tempo o nello spazio o non sono immediatamente percepibili. Per questo motivo, a fine di una corretta progettazione, occorre conoscere:

 Le unità organizzative coinvolte nell’attuazione della strategia aziendale e nel conseguimento della performance;

 Le relazioni esistenti tra le varie unità che si concretizzano in scambi di servizi necessari al loro funzionamento;

 Le attività svolte dalle unità per realizzare relazioni dirette al conseguimento della performance;

 I processi chiave per realizzare una determinata prestazione strategicamente rilevante.

La fase 3 è quella che definisce come la performance viene interpretata in relazione al miglioramento di efficienza ed efficacia dei sistemi organizzativi e gestionali dell’azienda. Per cui gli indicatori da considerare saranno di efficienza, efficacia ed economicità e riguarderanno: a livello di sintesi, l’azienda nella sua globalità (risultato economico-finanziario atteso o conseguito), mentre a livello analitico, i risultati delle azioni organizzative e gestionali poste in essere dai vari enti che compongono l’azienda (performance attese o conseguite dalle azioni organizzative e gestionali che concorrono alla performance globale).

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9

Di seguito vengono schematizzate le 3 fasi della progettazione.

Comprensione degli obiettivi strategici e di performance • Analisi sistema competitivo • Analisi sistema di offerta • Analisi struttura Conoscenza dell'organizzazione che opera per conseguire la

performance

• Individuazione unità organizzative

• Definizione delle relazioni tra unità organizzative • Analisi attività

organizzative

• Definizione dei processi rilevanti

Definizione degli indicatori di performance • Indicatori di economicità • Indicatori di efficienza • Indicatori di efficacia

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1.4 – Integrazione Strategica della Supply Chain

I sistemi di gestione e di produzione moderni prevedono un’integrazione tra le operations tra cliente e fornitore che vada dalla collaborazione nelle fasi di progettazione e sviluppo del prodotto, alla sincronizzazione delle attività produttive. I risultati di questo approccio collaborativo sono evidenti nel miglioramento delle prestazioni sia dal lato prodotto (qualità, innovazione, ecc.), sia su quello del servizio (tempi di consegna, affidabilità, ecc.). Ad oggi le aziende continuano a negoziare annualmente con le loro reti consolidate di fornitori. Ne consegue che ogni volta che un produttore deve procurarsi un volume di articoli critici in condizioni competitive complesse, la gestione dell'offerta è rilevante. Maggiore è l'incertezza delle relazioni con i fornitori, gli sviluppi tecnologici e la disponibilità fisica di tali articoli, più diventa importante la gestione dell'offerta12. Il fornitore deve esser visto come un partner che può fornire un valore aggiunto significativo per il conseguimento di un obiettivo di miglioramento delle performance comune.

Un altro importante cambiamento riguarda il passaggio da un’attenzione limitata al singolo rapporto cliente-fornitore, ad un’attenzione estesa al complesso di tutti gli attori che costituiscono la Supply Chain. In questo senso, dev’essere concepita come un sistema del valore alla cui generazione contribuiscono tutti gli attori organizzativi, ciascuno secondo ben individuate competenze. In quest’ottica, il successo del sistema dipende dalla capacità di interazione dei singoli nodi della rete e dall’uso intensivo della tecnologia interattiva. La connessione continua con clienti, fornitori, dipendenti dell’impresa diventa essenziale e base imprescindibile del nuovo modello d’impresa, nel quale i flussi fisici ed informativi devono essere estesi anche all’esterno dell’impresa stessa al fine di connettere tra loro i diversi soggetti del sistema, il centro con la sua periferia.

L'evoluzione della gestione della Supply Chain è stata caratterizzata da un crescente grado di integrazione di compiti separati, una tendenza che è stata sottolineata negli anni '60 come un'area chiave per futuri miglioramenti della produttività poiché il sistema era molto frammentato. Sebbene i compiti che compongono la logistica siano rimasti relativamente simili, inizialmente si sono consolidati in due distinte funzioni legate alla gestione dei materiali e alla distribuzione fisica durante gli anni '70 e '80. Questo processo si è spostato

12 Purchasing Must Become Supply Management - Peter Kraljic – Harvard Business Review – September

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11

ulteriormente negli anni '90, quando la globalizzazione ha stimolato un'integrazione funzionale e l'emergere della logistica, tanto che tutti gli elementi della catena di approvvigionamento sono diventati parte di un'unica prospettiva gestionale.

Figura 1- The Evolution of Supply Chain Management Fonte: https://transportgeography.org/?page_id=4438

Ciascuna entità organizzativa presente lungo la catena (clienti, fornitori, produttori, distributori) deve acquisire una visione unitaria del ciclo logistico, quale condizione indispensabile per migliorare l’efficienza complessiva. Il modello di Supply Chain, presuppone, infatti, che ciascuna entità condivida con tutte le altre, non solo le soluzioni logistiche finalizzate a contenere i costi globali ed a fornire il servizio desiderato dal consumatore finale, ma anche le soluzioni commerciali.

In generale, è possibile individuare in quelli che seguono alcuni dei principali miglioramenti connessi con l’adozione di un approccio collaborativo nella gestione della Supply Chain13:

1. Maggior coordinamento di tutte le attività logistiche realizzateall’interno del

canale, in particolare nel ciclo ordine consegna in modo

da ottenere una diminuzione dei costi di gestione derivanti da ridondanze quali

13 I nuovi rapporti tra industria e distribuzione. Le aree e gli strumenti per la partnership - Alberto

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12

elevati livelli di scorte, capacità produttive inutilizzate e da incrementare il valore aggiunto per il consumatore finale, grazie al miglioramento del livello di servizio; 2. Riduzione dei tempi di attuazione dei processi logistici in modo da incrementare l’efficienza e limitare gli effetti negativi connessi alle incertezze derivanti da cicli di pianificazione troppo lunghi;

3. La standardizzazione delle procedure e delle modalità di

confezionamento, imballaggio, nonché una maggiore sincronizzazione nelle

attività di ricezione e controllo della merce, evitando la realizzazione di attività che non producono valore aggiunto e che aumentano i costi del sistema;

4. La centralizzazione dei flussi fisici delle merci, in modo da poter minimizzare i costi grazie al conseguimento di economie di scala gestionali (automatizzazione stoccaggio, packing, ecc).

Il principio di base è che i membri devono contribuire al successo della Supply Chain e partecipare ai benefici di efficienza ed efficacia generati a livello di sistema complessivo, piuttosto che cercare il proprio specifico vantaggio.

Ne consegue, pertanto, che la relazione di collaborazione tra partner diversi non deve essere caratterizzata da asimmetrie di potere, ma, al contrario, rappresenta una strategia reciproca di apprendimento.

Trasformare la propria Supply Chain ricercando una crescente integrazione con i partner, impone la presa di coscienza che solo attraverso questa progressiva integrazione sia possibile da un lato ridurre strutturalmente i costi, dall’altro rispondere in maniera adeguata alla crescente dinamicità, apertura e competitività dei mercati. Raggiunto quindi all’interno di un’azienda un chiaro e forte grado di committment verso l’integrazione, lo step successivo consiste nel rispondere al seguente quesito: come selezionare i partner su cui puntare per raggiungere l’integrazione della propria Supply Chain?

L’integrazione non può infatti essere un processo da implementare con tutti i fornitori/clienti. Se una azienda classifica la maggioranza dei propri interlocutori commerciali come partner o potenziali tali, significa che o non è chiara la definizione di partner oppure la strategia di partnership non è portata avanti correttamente.

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1.5 – L’importanza della responsabilizzazione manageriale

Opinione comune è considerare la mancanza di performance aziendale come il risultato della crisi economica e non c’è dubbio che molte aziende stiano attraversando un momento estremamente difficile. Ma sarebbe sbagliato attribuire tutte le responsabilità al ciclo economico. Purtroppo i problemi sono spesso anche interni e comprendono sia elementi di natura strategica, sia la frequente mancanza di una sana e rigorosa gestione. La gestione e il controllo delle performance aziendali sono come una rete che collega molti aspetti del successo di un’azienda. Quando essa è inefficace ne darà prova in tutto, dal senso di appartenenza dei dipendenti alla crescita dell’azienda stessa. Il trucco sta nel riuscire a identificare i segnali di una cattiva gestione.

Solo se ci si sente responsabili per la performance aziendale, si potrà ragionare su come rafforzare la propria organizzazione in modo continuativo.

Per fare ciò è necessaria una responsabilizzazione manageriale consapevole, che si può definire attraverso dei momenti:

 Assegnazione responsabilità economiche. È fondamentale disaggregare il conto

economico (e se necessario lo stato patrimoniale) e assegnare, in modo esplicito e pubblico, la responsabilità di gestione di ogni sua linea a un componente della prima linea dell’azienda.

 Assegnazione obiettivi. Tutto il management team deve avere come obiettivo principale il reddito dell’azienda. Gli obiettivi devono essere inseriti a budget e l’assegnazione deve essere ben chiara.

 Controllo risultati operativi ed economici. La verifica della performance dovrà essere fatta sulla base di report di controllo economico ed operativo che dovranno contenere gli indicatori e i driver descrittivi dei fenomeni in oggetto. Susseguiranno degli incontri utili per definire, ed eventualmente ripetere, i principi chiave della condotta aziendale. Il vertice dovrà prendere nota del risultato delle conversazioni e degli ulteriori impegni presi (da riverificare negli incontri successivi)14.

Jack Welch, presidente e CEO di General Electric, affermò: “Il più grande vantaggio competitivo di un'organizzazione è la sua capacità di imparare e di tradurre rapidamente in azioni ciò che ha appreso.” Da qui è facile intuire l’importante valore di questi

14 Il nemico mortale della performance aziendale: l’assenza di responsabilizzazione - Harvard Business

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14 meccanismi.

Altri elementi possono aiutare una proficua responsabilizzazione manageriale: un sistema premiante che non è disallineato dai veri obiettivi aziendali; delle strutture di controllo che si assicurano in particolare che la rappresentazione che viene data ai fenomeni aziendali sia veritiera; un’organizzazione poco verticistica dove le informazioni circolano più liberamente.

Gli alti dirigenti sono stati a lungo frustrati dalla scarsa connessione tra le strategie e i programmi che essi elaborano e l’effettiva condotta dei manager della loro azienda. Ogni volta che un manager alloca delle risorse, tale decisione spinge l’azienda verso un maggiore o minore allineamento con la strategia annunciata.

La chiave di tutto questo è il rigore e l’attenzione al dettaglio.

La presenza e l’applicazione costante di un metodo sono, in questo caso, il vero motore di produzione della performance.

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Capitolo 2

I vantaggi associati alla misurazione delle performance nella catena di

fornitura

2.1 – Cenni introduttivi

L’attenta osservazione dei modi con cui si esprimono le relazioni fra industria e distribuzione, nell’attuale struttura dei mercati, fa emergere un’estrema varietà di casi e di situazioni reali, che rendono assai incerti e problematici gli sforzi di concettualizzazione ed ancor di più di generalizzazione in materia.

Concretamente, le relazioni, si qualificano in modo diverso da quanto ipotizzato nella letteratura dell’economia neoclassica, che porta a incentrare gli studi sull’aspetto contrattualistico-negoziale delle relazioni fra fornitore e cliente, trascurando ogni altro aspetto e problema.

Uno degli argomenti più dibattuti nel mondo industriale e commerciale attuale riguarda l’incidenza degli approvvigionamenti sui fatturati aziendali. Mentre in passato la tendenza a determinarne l’entità risultava prerogativa pressoché unica delle grandi imprese, è ormai riconosciuto come tale fenomeno coinvolga anche realtà di dimensioni contenute.

Come diretta conseguenza di questo, i rapporti con i fornitori, un tempo basati e limitati esclusivamente su un’intensa contrattazione economica, sono oggi divenuti critici ed estremamente complessi da gestire. Problematiche come la scelta del fornitore più appropriato, la sicurezza e l’affidabilità delle consegne, nonché il ruolo giocato nella relazione dagli equilibri di potere, sono aspetti che necessitano di chiare e ben definite strategie decisionali.

Le modalità di rapporto tra acquirente e fornitori hanno conosciuto negli ultimi decenni profondi cambiamenti.

Le trasformazioni che si sono realizzate nei rapporti tra imprese acquirenti e fornitrici possono essere ricondotte, oltre che a processi imitativi delle pratiche di fornitura giapponesi, ad una prospettiva storico-evolutiva. Infatti occorre riconoscere che una prima risposta al crescente bisogno di nuove modalità di conduzione delle relazioni di fornitura sia stata fornita con l’avvento della produzione flessibile, o snella, e con l’adozione delle logiche del just-in-time applicate alle scelte di approvvigionamento. Più recentemente, fattori diversi ma pur sempre riconducibili alla sempre più veloce dinamica tecnologica, che tende a rendere rapidamente obsoleti i nuovi prodotti e ad

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aumentarne la complessità di progettazione e di realizzazione, hanno spinto e continuano a spingere le imprese a rafforzare l’integrazione con i propri fornitori anche a livello strategico, coinvolgendoli sui rischi e sulle opportunità potenziali del business con responsabilità specifica di coproduttori.

Essa rappresenta di fatto, in realtà, la tappa finale dell’evoluzione della logistica.

Fino agli anni ’60 le responsabilità logistiche erano frammentate tra diverse funzioni aziendali. La programmazione era affidata alla funzione produzione che la gestiva in un’ottica di ottimizzazione della capacità produttiva. La distribuzione fisica era affidata al commerciale come parte dell’evasione degli ordini; i rapporti con i fornitori erano impostati in un’ottica di pura negoziazione sul prezzo, senza dare troppa importanza agli aspetti di qualità e di affidabilità degli approvvigionamenti. L’intero processo si caratterizzava per la presenza, ai diversi stadi, di scorte e di ridondanze e per una mancata visione complessiva sulle performance logistiche e sulle opportunità di miglioramento. Le prime timide forme di evoluzione verso la gestione di un insieme strutturato di attività si registrano nel corso degli anni ‘70, quando le aziende incominciano a ricercare miglioramenti nell’ambito della distribuzione fisica (dal magazzino di stabilimento al cliente) attraverso opportuni interventi di razionalizzazione volti all’ottimizzazione dei diversi segmenti del ciclo distributivo.

A partire dagli anni ‘80, in seguito all’introduzione nelle aziende di nuove logiche gestionali (material requirements planning, just in time, ecc.), l’attenzione si sposta repentinamente sulla gestione dei materiali: viene coniata l’espressione «logistica dei materiali» (o altri sinonimi quali «logistica industriale o «materials management») per indicare le attività volte ad assicurare la corretta acquisizione, movimentazione e gestione dei materiali al fine di garantire il costante e tempestivo rifornimento alla produzione e agli altri enti utilizzatori.

La fase successiva del percorso evolutivo segna in realtà un radicale cambiamento perché comporta la trasformazione della logistica da insieme di attività operative a sistema interfunzionale che si pone come mezzo per il raggiungimento di più elevati livelli di performance.

Emerge il concetto di logistica integrata, sintetizzato in modo preciso nella definizione proposta dal Council of Logistics Management nel 1986 secondo cui essa rappresenta il processo per mezzo del quale pianificare, attuare e controllare il flusso delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti, e dei relativi flussi di informazioni, dal luogo

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di origine al luogo di consumo, in modo da renderlo il più possibile efficiente e conforme alle esigenze dei clienti.

Anche altri autori riflettono questa nuova concezione definendo la logistica come il processo con il quale gestire in maniera strategica il trasferimento e lo stoccaggio, attraverso e in varie infrastrutture aziendali, di materie prime, componenti e prodotti finiti affinché possano giungere dai produttori ai consumatori.

L’ultimo stadio del processo evolutivo, che conduce alla nascita del concetto di Supply Chain Management (SCM) è caratterizzato dalla presa di coscienza da parte delle aziende che il miglioramento nella gestione dei flussi all’interno della catena logistica non può prescindere dal fattivo coinvolgimento degli attori esterni, soprattutto di quelli che possono contribuire a elevare il valore percepito dal cliente.

In questa ottica, tale concetto non deve essere inteso come sinonimo di logistica integrata, ma come un nuovo sistema di management in cui la singola azienda diventa parte di una rete di entità organizzative che integrano i propri processi di business per fornire prodotti, servizi e informazioni che creano valore per il consumatore.

L’importanza di misurare le performance non è una novità in ambito aziendale, tuttavia, rappresenta un’area di sviluppo recente in relazione alle performance sociali e ambientali e un tema attuale per quanto riguarda specificatamente la gestione responsabile dei fornitori che mira a migliorare gli impatti dei processi produttivi delle imprese.

La misurazione delle performance non può prescindere dal coinvolgimento attivo dei fornitori, al fine di poter compiere un’analisi accurata sia dei risultati positivi o negativi ottenuti, sia degli eventuali obiettivi di miglioramento per il futuro. Da ciò è possibile intuire come la misurazione delle performance lungo la catena di fornitura sia un’attività complessa.

L’introduzione di questi sistemi di misurazione può aiutare a raggiungere obiettivi come: contribuire al miglioramento delle attività produttive, favorire l’allineamento con gli obiettivi strategici e supportare la comunicazione verso gli stakeholder15.

15 Strategie e performance della gestione responsabile dei fornitori - Laura Maria Ferri – Giappichelli

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2.2 – Miglioramento attività produttive

La storia dei rapporti industria-distribuzione vede il passaggio da una fase, quella del mercante-imprenditore, caratterizzata da un predominio del momento distributivo, ad una fase, quella dell’avvento dei prodotti di marca e della pubblicità, in cui l’industria ha tentato di riappropriarsi di un maggior potere di mercato (inteso come capacità d’influenza sulle scelte del consumatore finale), per arrivare all’ultima fase, quella del sopravvento della grande impresa distributrice, in cui viene a realizzarsi uno spostamento a valle del potere di mercato.

Ciò in virtù di una elevata forza contrattuale e di una capacità di manovrare i processi di formazione ed evoluzione delle preferenze del consumatore che le imprese della grande distribuzione vengono ad acquisire, spesso in contrasto con gli obiettivi e gli interessi dei produttori.

Le relazioni di natura strategica tra industria e distribuzione emergono tendenzialmente in tutte le situazioni in cui le due parti riconoscono l’opportunità e la convenienza nella gestione delle rispettive attività proiettate nel medio-lungo periodo e basate sulla considerazione e sul riconoscimento dei vantaggi ottenibili tramite una interazione tra le specifiche competenze e risorse nell’approcciare il mercato e nell’affrontare la concorrenza.

Per migliorare le attività produttive, l’azienda può promuovere processi di capacity building in grado di stimolare lo sviluppo di percorsi proficui di miglioramento continuo, consolidando le competenze distintive di ciascun fornitore e supportando l’acquisizione di nuove risorse laddove dovessero evidenziarsi delle carenze.

Ad esempio, un’azienda potrebbe accorgersi che alcuni fornitori sono bravi nel minimizzare l’utilizzo di risorse naturali nei processi produttivi, mentre altri presentano delle inefficienze. A questo punto, potrebbe decidere di promuovere momenti di formazione durante i quali condividere le diverse esperienze e in tal modo da un lato motiverebbe i fornitori più capaci valorizzandone l’impegno e riconoscendone l’importanza per l’intera catena di fornitura, dall’altro stimolerebbe quelli meno capaci a implementare azioni di miglioramento da sperimentare o già sperimentate da altre organizzazioni.

Oppure l’azienda potrebbe accorgersi che un fornitore sta introducendo l’utilizzo di sostanze naturali al posto di quelle chimiche con risultati positivi, ma su una fetta minore della produzione a causa dei costi elevati di conversione. Potrebbe, quindi fornire

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supporto per l’ampliamento dell’intervento finanziando il progetto oppure apportando competenze tecniche.

I benefici potrebbero risultare proprio nello scambio reciproco di conoscenze e nello sviluppo condiviso di nuove capacità.

Inoltre la disponibilità di informazioni relative alle performance ottenute dai fornitori, permette di valutare meglio i progressi ottenuti grazie a particolari politiche o iniziative, di pianificare meglio le attività nel medio e lungo periodo e di definire obiettivi sfidant i e realizzabili allo stesso tempo.

In questo modo possono accadere ricadute positive anche sulla motivazione del fornitore, che potrebbe sentirsi stimolato a continuare il percorso di miglioramento continuo e instaurare così una partnership duratura16.

Da un punto di vista operativo, un network di fornitori ampio, clienti sempre più esigenti, così come l’esistenza di una forte interdipendenza tra società diverse, comportano un coordinamento dell’intera catena realmente complesso e soggetto a molti rischi.

Inoltre, sempre maggiore integrazione e snellezza della catena di approvvigionamento rendono più probabile gli effetti delle incertezze e della volatilità della domanda sugli altri anelli della catena.

Le interruzioni della catena di fornitura possono comportare anche numerose altre conseguenze, tra cui:

 Perdita di clienti;

 Danni di immagine, reputazione e brand;

 Oneri economici;

 Riduzione del livello di servizio al cliente;

 Incapacità di soddisfare i requisiti legali o regolamentari;

 Ritardi nei progetti, produzioni o altri piani strategici di crescita.

Per questi motivi il modello elaborato da Kraljic, nacque come un approccio aziendale che veniva considerato una leva competitiva strategica e in 30 anni è diventato lo strumento base per una gestione organizzata della catena di fornitura.

16 Strategie e performance della gestione responsabile dei fornitori - Laura Maria Ferri – Giappichelli

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L’obiettivo del modello elaborato nel 1983 è di “individuare delle politiche differenziate di approvvigionamento, al fine di ottimizzare l’impiego di risorse nel processo, pur garantendo la fornitura in termini di tempi, costi e qualità17”.

Uno dei concetti principali dell’approccio è costituito dal fatto di essere pensato per un portafoglio di prodotti, cioè una collezione di articoli tra loro diversi, ma anche correlati. La gestione del portafoglio, in generale, si concentra sulle interdipendenze delle decisioni manageriali e mette l’accento su un approccio integrato. È un modo per gestire in maniera sistemica.

Inoltre privilegia l’insieme rispetto alle sue componenti e riflette l’importanza dell’equilibrio nella collezione di elementi, in presenza di scarsità di risorse.

L’approccio è fortemente orientato al prodotto della fornitura, la classificazione degli acquisti e la definizione delle relative politiche, infatti, viene effettuata a partire dall’analisi di caratteristiche proprie del prodotto.

Il modello si sviluppa attorno a una classificazione degli stadi evolutivi della funzione acquisti in funzione di due variabili, ritenute fondamentali:

 L’importanza degli acquisti (profit impact): intesa come impatto che l’articolo acquistato ha sul contesto produttivo ed economico aziendale in termini di valore aggiunto, incidenza sui costi totali e dipendenza;

 La complessità del mercato di riferimento (supply risk): intesa come livello di reperibilità e rischio di fornitura, misurata dalle condizioni di equilibrio tra domanda e offerta, dalla presenza di servizi sostitutivi e dalla facilità e dal costo del cambio fornitore che caratterizzano quel determinato mercato.

Tutti i prodotti e servizi devono essere aggregati in classi merceologiche, che seguono comuni trend evoluitivi e permettono di definire comuni logiche di gestione.

Sulla base delle variabili individuate è possibile rappresentare il portafoglio di acquisti di un’azienda nella matrice di Kraljic suddividendola in base alla reperibilità, dovuta alla complessità del mercato di riferimento, e l’importanza degli acquisti.

17 Articolo n. 2 marzo 2014 di Claudio Vettor, Sistemic Manager, su AD-net, The Association for supply

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Figura 2 – Matrice di Kraljic Fonte Wikipedia

Le 4 classi nelle quali raggruppare gli acquisti sono:

Non critici: sono articoli con importanza secondaria rispetto alla produzione, provenienti da mercati stabili con elevata concorrenza. Per un’adeguata politica di approvvigionamento è importante standardizzare questo tipo di prodotti in modo da semplificare la gestione degli acquisti ottimizzando i volumi in entrata e la gestione delle scorte. Talvolta per l’acquisto di questo tipo di prodotti si sceglie la delega diretta della gestione ad altri reparti aziendali.

Effetto moltiplicativo: la loro gestione, buona o cattiva, ha un impatto

significativo sulla gestione. Sono articoli importanti per il processo produttivo aziendale ma provenienti da mercati facilmente accessibili. Le politiche di approvvigionamento di questi articoli sono volte allo sfruttamento del potere contrattuale aziendale, alla ricerca di fornitori vantaggiosi e di prodotti sostitutivi, negoziando sul prezzo e ottimizzando i fluissi fisici in entrata.  Collo di bottiglia: articoli meno importanti dal punto di vista aziendale ma

comunque critici per la provenienza da mercati complessi e/o rischiosi. Per le politiche di approvvigionamento adeguata di questi articoli è importante un controllo continuo del mercato e dei fornitori, cercando di cerare rapporti di collaborazione di medio-lungo termine senza focalizzarsi troppo sul prezzo, e un’attenta valutazione delle giacenze per garantire sufficienti scorte.

Strategici: sono articoli rari o di grande valore, difficili da gestire a causa della estrema rilevanza per l’azienda e per la provenienza da mercati complessi e/o rischiosi. Per le politiche di approvvigionamento adeguata di questi articoli è

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importante effettuare analisi dei rischi di stock-out e definire le azioni di

risposta, valutare con attenzione l’alternativa di produzione interna, effettuare un controllo continuo del mercato e dei fornitori, sviluppare relazioni di lungo termine e collaborazione con i fornitori.

Nel tempo l’approccio di Kraljic ha conosciuto un grande successo in termini di utilizzo ed è stato oggetto di numerose “revisioni” in letteratura da parte di molti studiosi e esperti. Nella tabella seguente vengono riassunti i principali aspetti positivi e negativi dell’approccio18.

Figura 3 – Pro e contro matrice di Krajlic

Fonte: Ad Net- The association for supply chain e operations management – 2014

Alcune organizzazioni danno formalità alle relazioni con i fornitori invitandoli a

sottoscrivere degli accordi sul livello di servizio (Service-level agreement). Questi sono definizioni delle caratteristiche del servizio e della relazione che intercorre tra azienda e fornitori.

Le problematiche coperte possono includere i tempi di risposta, la gamma dei servizi, l’affidabilità nella fornitura e così via. Si possono concordare anche i confini di responsabilità e dei parametri appropriati per la misurazione delle prestazioni.

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Anche se vengono descritti come meccanismi per governare la relazione quotidiana detta, questi accordi si dimostrano spesso inadeguati perché sono pensati per formalizzare i termini del rapporto, ma vengono usati solo per risolvere delle controversie.

Per funzionare concretamente, questi accordi, dovrebbero essere trattati come documenti di lavoro che stabiliscono i dettagli delle relazioni quotidiane sulla base dell’esperienza. Se usati correttamente, codificano le conoscenze che entrambe le parti hanno acquisito lavorando insieme19.

2.3 ISO 9001:2015 – "Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti"

Con l’abolizione delle barriere fisiche, tecniche e fiscali l’Europa è diventata uno spazio senza frontiere interne e uno dei primi obiettivi della Comunità Europea è stato quello di garantire la qualità dei prodotti e dei servizi nel mercato europeo.

Per assicurare ciò l’ISO (International Organization for Standardization) ha redatto un set di standard organizzativi a cui le aziende possono conformarsi, se ritengono opportuno, un sistema di gestione della qualità: le ormai famose norme ISO 9000, recepite in Italia come UNI EN ISO 9000.

I criteri e i principi definiti all’interno del modello normativo ISO 9000 sono universali, ciò vuol dire che si possono applicare in tutto il mondo, a prescindere dalla dimensione dell’organizzazione e a tutti i settori produttivi. Il loro scopo è di regolamentare gli accordi o gli scambi commerciali in modo che le aspettative di acquirente e venditore possano essere mutuamente soddisfatte

Questa garanzia si ottiene dopo aver sostenuto una serie di controlli sistematici, rigorosi e soprattutto indipendenti, da parte di un Organismo di certificazione, quindi l’organizzazione che decide di adottare le norme ISO garantisce che il risultato finale sia conforme ai requisiti che sono richiesti ai fini di una buona qualità mettendolo in relazione alle esigenze del cliente-utente.

La normativa si presenta come un modello flessibile, basato su criteri e principi generali e non su rigide prescrizioni di dettaglio, ma l’estrema flessibilità interpretativa è anche un punto di debolezza perché permette interpretazioni indulgenti.

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Altro elemento che genera confusione è ritenere che le norme ISO 9000 vadano ad incidere sul modo in cui l’organizzazione deve produrre determinati prodotti/servizi, intesa come la somma dei risultati ottenuti rispetto alle risorse utilizzate.

Lo schema ISO invece si concentra sulla tipologia di controllo del processo, valutando l’efficacia del comportamento organizzativo rispetto agli obiettivi prefissati.

La ISO 9001:2015 è stata pubblicata il 22 settembre 2015 ed è l'ultima versione, attualmente in vigore, della ISO 9001. Mantiene lo stesso titolo della precedente versione, ovvero: UNI EN ISO 9001:2015 "Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti".

Al contrario della revisione del 2008, la quale è avvenuta senza apportare modifiche sostanziali ai requisiti contenuti nella norma, la revisione del 2015 ha introdotto notevoli cambiamenti e novità.

La nuova norma adotta, infatti, la “High Level Structure”, struttura di alto livello elaborata dall'ISO, comune a tutte le norme di sistemi di gestione, e soggiace, quindi a tutte le novità che essa introduce.

Tutte le nuove norme possiedono una struttura di 10 capitoli, di cui i primi tre e l'introduzione sono comuni a tutte le norme relative ai sistemi di gestione, i rimanenti sette capitoli sono specifici del sistema di gestione in questione, in questo caso il sistema di gestione della qualità.

Esaminando la ISO 9001:2015, è possibile osservare che le principali novità rispetto alla precedente versione discendono dalla struttura di alto livello che la stessa norma ha adottato. Possiamo sintetizzare le principali novità come segue:

 Nuova articolazione della norma e sequenza dei contenuti, in seguito all'adozione

della struttura di alto livello definita nell'Annex SL delle Direttive ISO - Parte I;  Introduzione di uno specifico requisito che richiede l'adozione del Risk Based

Thinking per supportare e migliorare la comprensione e l'applicazione dell'approccio per processi;

 Maggiore flessibilità riguardo alla documentazione;

 Introduzione di nuovi requisiti che riguardano il “contesto dell'organizzazione" e le “parti interessate”;

 Maggiore focus sul tema della Leadership.

In particolare, la focalizzazione su contesto, parti interessate e rischio, può essere riscontrata in modo diretto all'interno della norma, vista l'introduzione di nuovi punti che richiedono all'organizzazione:

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 Di comprendere il proprio contesto esterno/interno;

 Di esaminare i bisogni e le aspettative delle parti interessate;

 Di determinare su tale base i fattori e i requisiti che possono avere impatto sul sistema di gestione per la qualità;

 Di determinare rischi e opportunità da affrontare al fine di assicurare l'efficacia del sistema di gestione per la qualità e il suo continuo miglioramento.

Una corretta applicazione dei requisiti presenti nella struttura HLS prevede l'utilizzo dell'approccio risk based thinking, al quale vanno ricondotti i concetti di rischi e opportunità espressamente previsti dalla ISO 9001:2015, e che si può dire rappresenti l'elemento distintivo della norma.

Tale approccio rappresenta un nuovo modo di gestione per la qualità basato sulla capacità dell'organizzazione di agire e assumere decisioni che siano conseguenza ed effetto di una valutazione razionale dei rischi e delle opportunità, e quindi delle possibili conseguenze positive o negative delle proprie scelte.

Quando parliamo di rischio ci riferiamo, in relazione ai sistemi di gestione per la qualità, all'incertezza legata al raggiungimento dei principali obiettivi, che la ISO 9001 riconosce nei seguenti:

 Generare fiducia nella capacità dell’organizzazione di fornire, con regolarità, ai propri clienti, prodotti e servizi conformi ai requisiti;

 Accrescere la customer satisfaction.

È necessario, per poter essere sicuri che il proprio sistema di gestione produca i risultati sperati, che l'organizzazione gestisca in modo preventivo tali rischi.

Il risk-based thinking è un approccio che permette di considerare il rischio come parte integrante dei processi e del sistema di gestione in generale, oltre che del processo decisionale proprio dell'organizzazione. La gestione del rischio non è quindi separata e indipendente dai processi e dalle singole attività, anzi deve essere necessariamente inclusa negli stessi.

Altra importante novità introdotta con la norma ISO 9001:2015, concerne la semplificazione della documentazione del sistema. È prevista, infatti, una maggiore flessibilità per le aziende, che sono libere, adesso, di scegliere quale documentazione conservare.

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Spostando l’attenzione sul tema principale, il punto 8 "ATTIVITA' OPERATIVE", analizzato in particolar modo nel punto 8.4 successivamente, comprende tutte le attività operative che vanno dalla pianificazione al post-consegna.

L’organizzazione deve pianificare, attuare e tenere sotto controllo i processi critici e le loro interazioni che sono necessari per soddisfare i requisiti per la fornitura di prodotti e l’erogazione dei servizi e per attuare le azioni per affrontare rischi e opportunità determinate al punto 6 (pianificazione) (8.1).

L'organizzazione deve determinare i requisiti relativi al prodotto o al servizio, prendendo in considerazione quelli stabiliti dal cliente, quelli non specificati, ma necessari per l'uso previsto, quelli cogenti relativi al prodotto o servizio e quelli derivanti dalle altre parti interessate rilevanti. Una volta definiti questi requisiti, devono essere rivisti dall’organizzazione, in modo da assicurare che siano stati compresi, che eventuali anomalie vengano risolte e che l’organizzazione abbia la capacità di soddisfarli (8.2). L’organizzazione deve, quindi, stabilire, attuare e mantenere un processo di progettazione e sviluppo appropriato ad assicurare la successiva fornitura di prodotti ed erogazione dei servizi (8.3).

Un altro aspetto delle attività operative è l'approvvigionamento da fornitori esterni. La norma prevede che l’organizzazione assicuri che i processi, prodotti e servizi forniti dall’esterno siano conformi ai requisiti, e di conseguenza deve determinare i controlli da attuare nei casi in cui:

 I prodotti e servizi sono destinati ad essere incorporati nei prodotti e servizi dell’organizzazione;

 I prodotti e servizi sono forniti al cliente dai fornitori esterni per conto dell’organizzazione;

 Un processo, o una sua parte, viene fornito da un fornitore esterno.

Si passa quindi alla produzione e all'erogazione dei servizi (8.5), e al successivo rilascio di prodotti e servizi (8.6).

L’organizzazione deve, in particolare, verificare che i requisiti dei prodotti e dei servizi siano stati soddisfatti, e solo dopo effettuare il rilascio. I prodotti non conformi ai requisiti devono essere identificati e tenuti sotto controllo, in modo da prevenirne l’utilizzo o la consegna involontari (8.7).

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Figura 4 - Struttura della ISO 9001:2015 Fonte:http://www.distrettohtmb.it

2.3.1 ISO 9001:2015 – capitolo 8.4: Controllo dei processi, prodotti e servizi forniti dall’esterno

L’ambiente competitivo attuale soggetto a continue variazioni può causare il deterioramento delle risorse immateriali, quindi è necessario che l’organizzazione alimenti nel tempo la disponibilità degli asset intangibili attivando processi di accrescimento del proprio capitale intellettuale. L’impresa può ricercare nella collaborazione con clienti e fornitori nuove leve per rafforzare il proprio posizionamento competitivo, la sua capacità è sempre più legata al livello di efficienza ed efficacia della catena di fornitura di cui fa parte.

La competizione non avviene più tra imprese, ma tra reti di imprese e filiere, in quanto la concezione della partnership si è ampliata impostando l’attenzione sulla condivisione delle informazioni e sulla realizzazione di piani e investimenti congiunti.

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In tempi recenti, la diffusione di approcci collaborativi alla produzione del valore è uno dei fenomeni che ha maggiormente caratterizzato i rapporti clienti-fornitori e questo, in particolare, nei contesti molto competitivi dove l’innovazione e la diffusione di nuove conoscenze sono fattori critici per lo sviluppo del vantaggio competitivo.

Un’impresa che voglia eccellere rispetto alla concorrenza non può limitare lo sviluppo di processi di business al riconoscimento della conformità ai requisiti di una norma di riferimento, ma deve essere capace di generare qualità competitiva nei rapporti di fornitura. Tale capacità richiede strategie adeguate, lo sviluppo di una partnership, processi performanti ed un ostante impegno al miglioramento continuo e all’innovazione20.

Il punto 8.4 della ISO 9001:2015 ha come fine ultimo quello di accertarsi che i processi, i prodotti e i servizi che l'organizzazione acquista da un fornitore esterno, consentano all'azienda di garantire al proprio cliente la conformità del prodotto/servizio finale. Si compone di tre sotto punti:

 8.4.1 - "Generale"

 8.4.2 - “Tipo ed estensione del controllo degli approvvigionamenti"  8.4.3 - "Informazioni relative ai fornitori"

Nel punto 8.4 è opportuno considerare “…il potenziale impatto dei processi, prodotti e servizi forniti dall’esterno sulla capacità dell’organizzazione di soddisfare con regolarità i requisiti del cliente e quelli cogenti applicabili...’’

La norma focalizza l’impegno di una strutturata capacità di gestione del rischio sostanziale ottenendo una adeguata visibilità sui problemi delle prestazioni dei fornitori, degli outsoucers e dei relativi rischi di approvvigionamento portando gli stessi ad una più ampia collaborazione (partnership).

Scopo principale del presente requisito è assicurare che i necessari processi, prodotti e servizi, forniti dall’esterno (es. la componentistica del proprio prodotto) consentano all’organizzazione di garantire la conformità del proprio prodotto/servizio ai requisiti del cliente.

1. In primo luogo, è necessario avere fiducia nel fornitore esterno del processo, prodotto o servizio. Occorre aver istituito qualche forma di valutazione iniziale, tenendo conto che non tutti i fornitori hanno lo stesso impatto sul prodotto o

20 Qualità per competere: Approcci, modelli e misure per il successo durevole delle organizzazioni per

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servizio finale. È indispensabile determinare e applicare criteri di selezione, valutazione e rivalutazione dei fornitori. Si dovrebbero quindi decidere e attuare controlli su quanto fornito dall’esterno alla luce del potenziale impatto sulla conformità del prodotto servizio finale (gestione dei rischi).

2. Un secondo passo nell’assicurazione della conformità del processo, prodotto o servizio acquistato all’esterno consiste nel far pervenire tutte le informazioni necessarie al fornitore, che non deve essere costretto a intuire ciò che è necessario, poiché la chiarezza è essenziale, non solo in termini di specifiche prodotto, ma anche di qualifiche dell’operatore, controllo e assicurazione qualità, documentazione, tempi di consegna, ecc.

I requisiti specificati al momento dell’acquisto dovrebbero inoltre essere verificati sotto il profilo dell’adeguatezza prima di essere comunicati al fornitore esterno. Tra le informazioni documentate tipiche vi sono: i preventivi del fornitore, gli ordini di acquisto, i contratti e le revisioni documentate ad essi collegate.

3. Un terzo passaggio consiste nella verifica del processo, prodotto o servizio di cui ci si è approvvigionati. È possibile procedere in molti modi, prima della spedizione o alla ricezione, ad esempio con ispezioni sulle consegne ricevute o con la registrazione dei test effettuati, oppure mediante la verifica del certificato di conformità di un prodotto. Alcune organizzazioni intraprendono verifiche ispettive dei principali fornitori o presenziano al momento dei test di accettazione. Fra le attività potrebbe essere prevista una verifica congiunta con il fornitore presso le sue sedi.

4. Come quarto passo, è necessario rivalutare i fornitori con cadenza periodica (o con continuità) rispetto a criteri predefiniti. I risultati della valutazione e rivalutazione dei fornitori devono essere tenuti aggiornati e potrebbero consistere in referenze, specifiche di prodotto, risultanze di audit, dati prestazionali o sulle difettosità, ecc. Sebbene non richiesto dalla norma, alcune organizzazioni scelgono di compilare un elenco dei fornitori approvati per facilità di consultazione21.

Un'organizzazione è tenuta a stabilire e ad utilizzare dei processi che consentano un'adeguata valutazione, selezione e controllo di ciò che viene fornito dall'esterno e di

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