1 LA REDAZIONE DI EUCLIDE
LE FORMULE PIU’ ELEGANTI a cura di Adriana Lanza
E’ possibile rimanere affascinati dall'eleganza di alcune formule matematiche o fisiche come se si trattasse di quadri o opere d'arte?
Di fronte alle Equazioni di Maxwell (Fig.1) Boltzmann esclamò, parafrasando il Faust di Goethe:<<Un dio scrisse questi segni>>
Fig.1
Il rapporto aureo è indicato con Φ in onore dello scultore Fidia che utilizzò la sezione aurea nelle sue opere (Fig.2).
Fig.2
Il fotografo artista J. Mullins ha incastonato nel suo quadro “Beauty”( Fig.3) l’identità di Eulero, la formula che il fisico Richard Feymann aveva definito
“ un gioiello matematico” .
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Qualche anno prima l’identità di Eulero era stata votata dai lettori del Mathematical Intelligencer come "La più bella formula matematica di sempre" e continua a essere la più votata in molti sondaggi che si susseguono grazie anche alle potenzialità del Web.
L’iniziativa di “Euclide” di selezionare le formule più eleganti, tra quelle pertinenti ai percorsi scolastici di Matematica e di Fisica, non è un sondaggio per votare <<la più bella>> ma piuttosto la ricerca degli elementi che
distinguono una formula dalle altre, sia per l’aspetto , sia per il suo significato nello specifico apparato culturale.
Alcuni commenti da parte dei collaboratori di “Euclide” Assunta Chiummariello
Io credo che il linguaggio matematico disponga di un simbolismo unico con il quale riesce a raggiungere l'armonia e l'eleganza in modo
naturale attraverso la traduzione di contenuti più o meno complessi in espressioni formali sintetiche.
A questo proposito mi viene in mente il pensiero in rime di Tartaglia e la sua traduzione simbolica, la reazione degli studenti, tra stupore e curiosità, a seguito del racconto dell'aneddoto storico, dell'ascolto della poesia e la conseguente traduzione in simbolismo matematico, molto simile a quella che ebbi io quando il prof di storia delle
matematiche all'università lo racconto' .
"...Quando che ’l cubo con le cose appresso
se agguaglia à qualche numero discreto
trovan dui altri differenti in esso.
Da poi terrai questo per consueto
che ’l loro produtto sempre sia eguale
al terzo cubo delle cose neto,
el residuo poi suo generale
delli lor lati cubi ben sotratti
3 ...
Lucia Fellicò A scuola i miei alunni mi prendevano in giro quando io facevo notare l’eleganza o la bellezza di alcune formule.
Anche la formula risolvente dell’equazione di secondo grado mostra una simmetria. Io lo facevo notare anche perché così è piu facile ricordarla a memoria:
Considerando l’equazione Si parte dal centro (b) poi si va agli estremi (a,c)
Rita Risdonne
ricordo i miei professori universitari che si sforzavano nel ricercare una certa "eleganza" nelle formule e quando io uso questo termine con i miei alunni e loro sgranano gli occhi dalla sorpresa. Per loro è
assurdo associare alla matematica la parola eleganza, poi col tempo si ricredono.
Elena Stante
Premetto che è una scelta difficile , e a questo proposito ,vorrei citare le parole di Rueben Hersh :
<< c’è un incredibile consenso attorno a ciò che è “corretto “ o “accettato” nell’ambiente della matematica. Ma insieme a tutto questo,e ugualmente importante,c’è la questione di ciò che è “interessante” o “importante” o “profondo” o “elegante”.Questi criteri variano considerevolmente da persona a persona,da specialità a specialità,da periodo a periodo. Probabilmente non sono più oggettivi dei giudizi estetici per l’arte o per la musica >>
Il senso dei matematici per la bellezza delle equazioni
La proposta di un articolo comparso tre anni fa su “Le Scienze” ha permesso un ulteriore approfondimento sul ruolo della cultura e dell'apprendimento nel gradimento estetico
http://www.lescienze.it/news/2014/03/08/news/equazioni_matematiche_arte_ bellezza-2042093/
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Fig.4
Lucia Fellicò
Ho letto l’interessante articolo che ci ha inviato Antonella Ferri, ma sono rimasta molto perplessa di fronte al secondo capoverso che qui riporto:
<<Quando i matematici dicono che le equazioni sono bellissime, non mentono. Le scansioni di imaging cerebrale mostrano che le loro menti rispondo a
equazioni "belle" allo stesso modo in cui le altre persone rispondono a splendidi quadri o a musiche magistrali. La scoperta potrebbe portare i neuroscienziati un po' più vicino alla comprensione delle basi neurali della bellezza, un
concetto sorprendentemente difficile da definire.>>
La mia perplessità nasce dal constatare che si distingue la categoria dei matematici dalle altre persone. Mi domando allora chi sono i matematici? E
cosa hanno di diverso dalle altre persone?
L’articolo dà in un certo senso la risposta quando analizza la reazione di persone che esaminano delle formule senza capirne il significato, ma questo accade in tutti i campi. Se mostro ad una persona qualsiasi lo spartito di una melodia, se questa persona conosce la musica può, oltre che apprezzare la “bellezza” o meno di quei simboli, anche
immaginare la musica che essi rappresentano, altrimenti giudica solo i segni che per lui non hanno alcun significato.
E, ripeto, questo accade in tutti i campi. Come posso chiedere ad un analfabeta se una poesia è bella mostrandogliela scritta?
E allora mi convinco sempre più che la bellezza di una formula non è di tipo estetico, è soprattutto nel suo significato. Dunque posso
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Certamente la piacevolezza di un quadro o di una musica è più immediata e non necessita di competenza, ma si tratta di un prodotto,
non di un concetto; forse è più simile alla sensazione di piacere che posso avere quando verifico nel concreto la esattezza di una formula. Ad esempio il numero di diagonali di un poligono di n lati è dato dalla formula
Se voglio conoscere il numero di diagonali di un triangolo (=0) o di un rettangolo (=2) non ho bisogno della formula, che comunque vale, ma se devo calcolare il numero di diagonali di un poligono di 10 lati è già
piu complicato. devo disegnarle tutte, senza dimenticarne nessuna e poi contarle, e per un poligono di 30 lati? E qui sta la bellezza della formula, nella sua potenza, nella sua universalità. Posso dire la stessa
cosa per la formula che dà la somma dei primi n numeri interi
e qui potrei citare l’effetto SNARC”(Associazione spazio-numerica dei codici di risposta) ovvero l’abitudine di considerare i numeri naturali come distribuiti su una striscia.
Adriana Lanza
Azzardo una risposta alle domande <<Mi domando allora chi sono i matematici? E cosa hanno di diverso dalle altre persone?>>
Penso che a tutti sia comune la soddisfazione che si prova davanti alla soluzione di un problema, in ambito lavorativo, nel gioco , nella lotta per la sopravvivenza. Quest’ultima forse ci suggerisce una chiave di lettura.
In condizioni di pericolo, in cui è essenziale trovare una soluzione nel minor tempo possibile, è abbastanza comune optare per una scelta poco
ragionevole, purché sia rapida, visto che non si ha tempo per la riflessione e per il ragionamento.
Questo spiega perché, per esempio, in condizioni di ansia, come nelle prove di verifica basate sulla velocità, molti studenti danno risposte incoerenti o
illogiche, che ci stupiscono o scandalizzano .Possiamo pensare a un retaggio ancestrale, per cui molti ragazzi per <fare prima>> si affidano a
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Il matematico cerca soluzioni chiare, motivate, razionali ma , in condizioni ottimali, anche veloci e sintetiche.
Ecco perché, le formule più belle sono armoniche , sintetiche, facili da ricordare, adatte alla risoluzione di questioni generali, in poche parole le formule più belle son le più utili , ovvero, le formule più utili ci appaiono più belle.
ANTONIO SALMERI
Adriana ha scritto una frase che mi ha sorpreso: “E’ abbastanza comune che in condizioni di pericolo in cui è essenziale trovare una soluzione nel minor tempo possibile, optare per una scelta poco ragionevole, purchè sia rapida, visto che non si ha tempo per la riflessione e il ragionamento.”
Perché mi ha sorpreso? Sarebbe stata naturale se l’avessi scritta io per altri contesti, certamente non per la matematica! Quante volte mi sono trovato in queste condizioni nel mio lavoro di progettazione dove era necessario, dico necessario per non incorrere in penali milionarie per ritardata consegna o con scadenza di tempi per presentazione di una importante offerta, trovare soluzioni fuori da ogni logica ma valide, nel giro di pochi minuti.
LE FORMULE DI MATEMATICA Geometria
Tra le formule più note segnaliamo ( Fig.5) IL TEOREMA DI PITAGORA: in ogni triangolo
rettangolo, se a e b sono le misure dei cateti e c è la misura dellipotenusa, sussiste la relazione
Intramontabile e sempre affascinante. Se ne conoscono centinaia di dimostrazioni da parte di professionisti o dilettanti
Fig.5
RELAZIONE TRA IL LATO DEL QUADRATO E LA SUA DIAGONALE
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Diretta conseguenza del Teorema di Pitagora , permise la sconvolgente scoperta dell’esistenza di grandezze tra loro incommensurabili e della necessità di introdurre i numeri irrazionali.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al seguente articolo di Attilio Frajese “ La scoperta dell’incommensurabile nel dialogo “Menone”. ( Bollettino UMI 1954)
La sezione aurea (Fig.6)
Fig.6
Prendiamo ora in considerazione alcune formule meno conosciute AREA DI UN QUADRILATERO INSCRIVIBILE IN UNA CIRCONFERENZA in funzione della lunghezza dei lati a,b,c,d
Formula di Brahamagupta
(Fig.7) Confronto con la formula di Erone
Se la lunghezza di uno dei lati, ad es. d, è nulla, si ritrova la nota formula di Erone per il calcolo dell’area di un triangolo (Fig.8)
La formula di Erone si applica a qualsiasi triangolo, ma , del resto, ogni triangolo è inscrivibile n una circonferenza
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La formula è simmetrica rispetto ad a,b, e c, in accordo col fatto che un triangolo è determinato, a meno d’isometrie, quando si conoscono le misure dei tre lati. In Fig.8: un caso notevole di triangolo i cui lati e anche l’area hanno misura espressa da un numero intero
Fig.7
Fig.8
Osservazione sui triangoli isoperimetrici
La somma
In virtù della proprietà : il prodotto di n numeri positivi aventi una data somma è massimo quando essi sono tutti uguali:
fra i triangoli di uguale perimetro, quello di area massima è il triangolo equilatero
Quadrilatero ciclico
La formula di Brahamagupta non si applica a qualsiasi quadrilatero ma solo a quelli ciclici, cioè inscrivibili in una circonferenza
La formula è simmetrica rispetto ad a,b,c e d.
Il quadrilatero, in generale, non è una figura rigida ma un quadrilatero ciclico ABCD è individuato, a meno d’isometrie, se si conoscono le lunghezze dei lati, nell’ordine prefissato (Fig.9)
Permutando la disposizione dei lati si ottiene un quadrilatero non necessariamente congruente ma di uguale area.(Fig.10)
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Fig.9 Fig.10
Osservazione sui quadrilateri isoperimetrici
La somma
In virtù della proprietà << il prodotto di n numeri positivi aventi una data somma è massimo quando essi sono tutti uguali>> si ha:
Fra i quadrilateri ciclici di uguale perimetro, quello di area massima è il quadrato.
Poiché si dimostra che fra tutti i quadrilateri di lati assegnati, quello ciclico ha area maggiore, il quadrato è il quadrilatero massimo fra tutti quelli di perimetro assegnato
RELAZIONE FRA LATI E DIAGONALI IN UN QUADRILATERO INSCRIVIBILE IN UNA CIRCONFERENZA (Teorema di Tolomeo) In un quadrilatero inscritto in una circonferenza, se a e b , c ed sono le misure delle coppie di lati opposti mentre m e n sono le misure delle diagonali, si ha
(Fig.11)
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Fig.12
Osservazioni:
a)Se ABCD è un rettangolo, si ritrova la relazione pitagorica tra lati e diagonale.
L’estensione qualsiasi quadrilatero convesso è
dove il segno di uguaglianza vale se e solo se il quadrilatero è ciclico. La relazione si presenta quindi come utile criterio per stabilire se quattro punti del piano appartengono alla stessa circonferenza, conoscendo solo le loro mutue distanze.
b) Se una diagonale, per esempio BD (Fig.12), coincide con il diametro della circonferenza circoscritta, si ha
Essendo , per teorema di Tolomeo sarà
Si ricava così la formula di addizione del seno.
In maniera analoga si può ricavare la formula di sottrazione.
Utilizzando queste e altre considerazioni geometriche Tolomeo riuscì a
costruire una tavola delle corde procedendo di mezzo grado in mezzo grado, fino a 180°.
3. VOLUME DI UN TETRAEDRO AVENTE PER FACCE QUATTRO TRIANGOLI SCALENI UGUALI
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Un solido che a torto è trascurato nei percorsi didattici è il tetraedro isoscele o equifacciale (Fig.13)
Si tratta di un tetraedro le cui facce sono triangoli tra loro congruenti, ovvero tale che ciascun spigolo è congruente al suo opposto.
Tra le interessanti proprietà di cui gode segnaliamo baricentro, circocentro e incentro coincidono
il quadrato del raggio della sfera circoscritta è pari a 1/8 della somma dei quadrati delle misure di tre spigoli aventi un vertice in comune
Fig.13
Per il calcolo del Volume esiste una formula molto elegante che richiama, nella sua struttura, la formula di Erone per l’area del triangolo
dove e d è la lunghezza del diametro della sfera circoscritta
La suddetta formula è pubblicata sul Giornale di matematica del Battaglini, 1964 da A. Salmeri. Esiste quella generale di Crelle sull'Enciclopedia delle
Matematiche elementari e sul Periodico di matematica del 1895 sempre generale ma abbastanza complessa.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al seguente articolo di Antonio Salmeri, su “Euclide”
Il tetraedro equifacciale
LA FORMULA DI EULERO PER I POLIEDRI Per qualsiasi poliedro convesso, o più in generale per ogni poliedro topologicamente equivalente a una sfera, indicati con
12 V il numero dei vertici
S il numero degli spigoli,
vale la relazione
Da questa relazione si possono dedurre alcuni vincoli circa la costruzione dei poliedri convessi.
Per esempio si osserva che tra le facce c’è sempre un triangolo, un quadrilatero o un pentagono.
Non è possibile, inoltre, costruire un poligono convesso, anche irregolare, che abbia tutte le facce esagonali. Infatti, in un poliedro a facce soltanto
esagonali, ogni vertice è comune a 3 facce ed ogni spigolo a 2 facce. Poiché qualsiasi esagono ha 6 lati e 6 vertici, tale poliedro deve dunque avere 6/3 vertici per faccia e 6/2 spigoli per faccia. Dunque, se F è il numero di facce, i numeri di spigoli S devono essere uguali a 3F ed il numero di vertici V a 2F. Si ha allora:
cioè la relazione di Eulero non sarebbe verificata.
Il biologo tedesco Ernst Haeckel nell’opera Die Radiolarien (1862,) aveva rappresentato ,con alcuni disegni, lo scheletro dei radiolari, microrganismi unicellulari presenti nel plancton oceanico. (Fig.14) La sua esperienza lo aveva indotto a disegnare una struttura poliedrica composta da
esagoni,confermata apparentemente da tutte le osservazioni effettuate col microscopio.
Fig.14
Il contrasto tra matematica e realtà si è poi risolto a favore della prima dopo che ulteriori osservazioni più accurate misero in luce la presenza di pentagoni insieme agli esagoni.
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Ritornando alla formula , osserviamo che può essere scritta anche nella forma
In tal modo si afferma che la somma algebrica a segni alterni degli elementi a dimensione 0 ( i vertici), degli elementi unidimensionali (gli spigoli) e di quelli bidimensionali(le facce) è uguale alla caratteristica di Eulero dei poliedri, che è un invariante topologico.
Si tratta di una relazione sorprendente, che accomuna figure geometriche diverse e multiformi, una relazione di tipo combinatorio che prescinde dalle caratteristiche metriche dei poliedri e induce una riflessione sulla definizione stessa di poliedro.
Il teorema è stato pubblicato nel 1752 in “Elementa doctrinae solidorum” di Eulero ,con una dimostrazione di natura più che altro empirica..
Per oltre un secolo l’interesse per la formula dei poliedrie e la ricerca di
dimostrazioni sempre più soddisfacenti o generalizzate , hanno contribuito allo sviluppo della topologia.
Per ulteriori approfondimenti si può leggere l’articolo del prof. Giuseppe De Cecco dai Quaderni di Matematica -Università del Salento. “La caratteristica di Eulero in Geometria”
Circonferenza, cerchio, poligoni regolari
Nel cerchio vale la relazione
= Nei poligoni regolari vale relazione
dove la prima fa riferimento
ai poligoni di 2n lati e la seconda ai poligoni di n lati.
Questo risultato è stato pubblicato la prima volta su “Phoenix” Rivista
trimestrale si Scienze, Lettere ed Arti, genn. – giugno 1955 (Antonio Salmeri, Un teorema sui poligoni regolari non simili) e successivamente ripreso
nell’articolo di Antonio Salmeri, Il bello e sublime nella matematica in atti della Libera Università del 2000.
IL TEOREMA DI DESCARTES SULLE CIRCONFERENZE OSCULATRICI . Si tratta di una semplice ed elegante relazione tra i raggi di quattro
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In una lettera alla principessa Elisabetta de Hervorden nel 1643, Descartes riprende l’antico Problema di Apollonio: dati tre elementi geometrici, ciascuno dei quali può essere un punto, una retta o un cerchio, determinare un cerchio tangente a ciascuno degli altri e ne propone una soluzione in un caso particolare
Date quattro circonferenze mutuamente tangenti (non più di due tangenti internamente) di raggi , rispettivamente, vale la seguente relazione:
Fig.15
Una versione più moderna tiene conto del fatto che il reciproco del raggio rappresenta la curvatura e va considerata negativa per la circonferenza alle quale le altre tre sono tangenti internamente.
Nell’esempio in figura i raggi delle cinque circonferenze hanno lunghezza
rispettivamente.
Fissate le tre circonferenze , la relazione precedente permette di determinare il raggio di una quarta circonferenza tangente a tutte e tre.
La circonferenza corrisponde a una curvatura negativa mentre la circonferenza corrisponde a una curvatura positiva
Il fisico e chimico Frederick Soddy, oltre ad aver pubblicato nel 1936 la poesia “The Kiss precise” in cui espone in versi il teorema di Descartes ne
fornì anche una dimostrazione del teorema estesa al caso di sfere tangenti. Riferimenti bibliografici
Boyer, C. B. e Merzbach, U. C. Una storia della matematica, 2a ed. New York: Wiley, 1991.
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Coxeter, H. S. M. Introduzione alla geometria, 2a ed. New York:. Wiley, pp 13-16, 1969.
Fukagawa, H. e Pedoe, D. "La Cartesio Circle teorema." §1.7 nel tempio
problemi di geometria giapponese. Winnipeg, Manitoba, Canada: Charles Babbage Foundation Research, pp 16-17 e 92, 1989.
Analisi e Teoria dei numeri L’ULTIMO TEOREMA DI FERMAT
« È impossibile separare un cubo in due cubi, o una potenza quarta in due potenze quarte, o in generale, tutte le potenze maggiori di 2 come somma della stessa potenza. Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina »
Questa è la nota ( in latino nell’originale) che Fermat scrisse nel 1637, accanto al Problema 8 dell’“Arithmetica” di Diofanto che chiede di “dividere un
quadrato assegnato in due quadrati”
L’enunciato “L’equazione non ammette soluzioni reali positive per n>2” è ora il teorema di Fermat-Wiles.
La dimostrazione di Fermat non fu mai ritrovata e da allora, per più di tre secoli, i matematici di tutto il mondo si sono invano cimentati con questo problema, divenuto ben presto famosissimo .
Nel 1995 il matematico inglese Andrè Wiles della Università di Princeton, USA, fornisce la dimostrazione, lunga circa 100 pagine , utilizzando strumenti di matematica avanzata, che Fermat non poteva conoscere .
La figura 16 si riferisce al lavoro di svolto in una scuola secondaria di primo grado, come riferisce l’insegnante, Antonella Ferri.
<<Un alunno di seconda spiega come per i triangoli rettangoli valga solo la relazione a^2+b^2 = c^2 mentre, per esempio, a^3+b^3 è diverso da c^3 .... La costruzione dei 3 cubi vuole visualizzare la terza potenza.
Si è trattato di una attività di approfondimento svolta con la metodologia del cooperative learning..
La classe seconda "media" è stata suddivisa in due gruppi di alunni
La tematica era "Pitagora e il suo teorema". Un gruppo si è interessato della vita di Pitagora, delle terne pitagoriche e di alcune dimostrazioni del teorema, l'altro gruppo della setta dei pitagorici, di alcune dimostrazioni, del "teorema"
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di Fermat e delle principali applicazioni del teorema di Pitagora. In ogni gruppo c'era il leader, l' osservatore, il timer, il grafico ognuno doveva al termine delle 2 ore settimanali di lavoro completare schede di osservazione/autovalutazione ... questo è (anche se non solo) a mio avviso, l'interessante del lavoro in CL, la fase metacognitiva.
Terminato il lavoro di ricerca i gruppi illustrano quanto "scoperto" e gli elaborati realizzati.>>
Fig.16
L'IDENTITÀ DI EULERO
E’ una semplice conseguenza della formula
con la quale Eulero dà un significato alla potenza con esponente immaginario ,ne indica il legame con le funzioni goniometriche, pone le basi per la teoria degli esponenziali e dei logaritmi nel campo complesso.
Sostituendo a il valore si ottiene una formula sorprendente in quanto contiene i cinque numeri fondamentali:
0 lo zero, senza il quale la moderna notazione posizionale non sarebbe possibile
1 il primo numero della successione dei numeri naturali π il rapporto tra circonferenza e diametro
e il numero di Nepero, base dei logaritmi naturali i l'unità immaginaria
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collegati tra loro dalle operazioni fondamentali di somma e prodotto e dal segno di uguaglianza.
Nella sua semplicità, oltre a mettere in relazione la Geometria e l'Algebra, i numeri reali e i numeri immaginari, riesce a collegare epoche e luoghi che hanno fatto la storia della Matematica, dal periodo aureo della Geometria greca agli sviluppi dell’Analisi del ‘700.
IL
TEOREMA DEI NUMERI PRIMI
Il numero di primi minori di un dato naturale n si avvicina asintoticamente al quoziente
quando n cresce indefinitamente.
Introdotta la funzione ( funzione enumerativa dei numeri primi ) che associa a ogni numero positivo n il numero dei numeri primi non superiori a n, il teorema può essere enunciato nella forma
Anche questa formula, come l’identità di Eulero, rivela una connessione tra due concetti apparentemente molto lontani.
Il legame tra numeri primi e funzione logaritmo è stata intuita da Gauss il quale , appena quindicenne, osservò una certa regolarità nella densità media dei numeri primi inferiori a 10, 100, 1000 etc. etc..La via da seguire per
arrivare a una dimostrazione fu indicata in seguito da Riemann, in un articolo del 1859, una via che passa attraverso l’analisi complessa .
La dimostrazione rigorosa è frutto del lavoro di varie generazioni di
matematici
da Dirichlet a Chebyshev, da Hadamard e de la Vallée Poussin a
Paul Erdos e Atle Selberg.
Algebra lineare
REGOLA DI CRAMER E TEOREMA DI ROUCHÉ-CAPELLI
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Dato un sistema lineare in n equazioni e n incognite
... ... ... .... ....
indicando con la matrice dei coefficienti (matrice quadrata di ordine n ), con X il vettore colonna delle n incognite e con B il vettore colonna degli n termini noti, il sistema si scrive, in forma matriciale .
Se il determinante di A è diverso da 0, il sistema ammette una sola soluzione che può essere scritta in modo diretto mediante una regola compatta ,
attribuita al matematico svizzero Gabriel Cramer , che la espose nel 1750, anche se era già nota a Leibniz, come si legge in un suo manoscritto del 1684. (Fig.17)
Regola di Cramer
dove è la matrice ottenuta sostituendo in A , al posto della colonna j-sima, la colonna dei termini noti.
Approfondimenti su Wikipedia : interpretazione geometrica-applicazione alla Geometria differenziale- criticità nell’applicazione per valori elevati di n.
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Discussione sull’esistenza e unicità delle soluzioni nel caso generale di m equazioni e n incognite
Dato un sistema lineare ,dove è una matrice , il vettore colonna delle n incognite e B il vettore colonna degli termini noti, si possono avere tre situazioni
esistenza e unicità della soluzione
esistenza di infinite soluzioni dipendenti da alcuni parametri
nessuna soluzione esistente.
Grazie al Teorema di Rouché –Capelli è possibile caratterizzare le diverse alternative semplicemente analizzando il rango della matrice (matrice incompleta) e quello della matrice (matrice completa) ottenuta aggiungendo alla matrice la colonna del vettore .
Si tratta di una relazione molto utile a livello didattico, in quanto permette di costruire un algoritmo, cioè uno schema risolutivo per stabilire se non
esistono soluzioni, se esiste una sola soluzione, se esistono infinite soluzioni. Come capita spesso , la paternità del teorema può essere attribuita anche ad alcuni precursori , tra cui Kronecker e Frobenius; è certo però che la
formulazione più nota, espressa in modo semplice e elegante, è dovuta all’italiano Alfredo Capelli http://pimedios.es/2011/11/25/el-teorema-de-rouche/
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Da http://www.treccani.it/enciclopedia/rouche-eugene_(Dizionario-delle-Scienze-Fisiche)/
Teorema di Rouché: condizione necessaria e sufficiente per l'esistenza di soluzioni di un sistema di equazioni algebriche lineari è l'annullarsi di tutti i determinanti ottenuti orlando con la colonna dei termini noti e con una riga arbitraria un minore fondamentale (ossia un minore non nullo di ordine massimo) della matrice dei coefficienti del sistema.
Teorema di Capelli: Un sistema di equazioni algebriche lineari ammette soluzioni se e solo se la matrice dei suoi coefficienti e quella ottenuta da questa aggiungendo la colonna dei termini noti, hanno lo stesso rango.
Anche nel testo di- Gaetano Fichera- Analisi Matematica – il teorema , nella seconda formulazione, è citato come Teorema di Capelli
Calcolo combinatorio-Calcolo delle Probabilità-Statistica FORMULA DEL BINOMIO DI NEWTON
(L’argomento investe più branche della Matematica)
…il binomio di Newton è bello come la Venere di Milo,il problema è che solo pochi se ne accorgono… ( Fernando Pessoa)
La formula che esprime lo sviluppo della potenza n-esima di un binomio qualsiasi è
in cui il fattore rappresenta il numero di combinazioni semplici di n oggetti , di classe k, detto appunto coefficiente binomiale. Tali coefficienti sono peraltro gli stessi che si trovano nel noto triangolo di Tartaglia ( o di Pascal).
Lo sviluppo vale per ogni coppia di numeri reali o complessi, ma più in generale vale in ogni anello commutativo.
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E’ evidente la sinteticità della formula confrontata con la lunghezza dei calcoli di un prodotto di n binomi, per valori elevati di n.
L’esponente è un qualunque intero positivo o nullo finché si rimane nell’ambito del calcolo algebrico ma la formula può essere generalizzata
anche nel caso in cui l’esponente sia un qualsiasi numero reale o complesso, a patto di sostituire la sommatoria finita con una serie infinita .
Poiché questa generalizzazione è stata realizzata da Newton , la formula è nota come Binomio di Newton.
Approfondimenti di Matematica discreta L’insieme delle parti
Fig.18
Se nella formula sostituiamo a=b=1 troviamo
cioè il numero di tutti i sottoinsiemi, compresi quelli impropri, che si possono estrarre da un insieme finito S di cardinalità n, è uguale al numero delle disposizioni con ripetizione di 2 oggetti scelti n volte.
Infatti ,volendo costruire un generico sottoinsieme A di S, si deve eseguire una procedura di n passi, con 2 alternative in ogni passo in quanto occorre decidere per ciascuno degli elementi , se includerlo oppure no in A (Fig.18)
22 La distribuzione binomiale
Fra le distribuzioni discrete, quella che meglio si adatta a varie classi di fenomeni è la distribuzione Binomiale, ovvero la distribuzione di probabilità della seguente variabile aleatoria:
supponiamo di effettuare n prove, in condizioni identiche, di un esperimento con due soli esiti possibili .
Ssia l’evento associato ad uno dei due esiti e l’evento contrario. Siano e le rispettive probabilità.
All’evento S è associata la variabile aleatoria X = (0,1,2,3…., n) che rappresenta il numero di volte che (sulle prove) si verifica S.
Poiché gli esiti delle n prove sono rappresentate da stringhe, di lunghezza n,del tipo
è facile arrivare alla formula della Binomiale che richiama quella del generico termine dello sviluppo della potenza n-sima del binomio di Newton
dove rappresenta il numero delle combinazioni semplici di n elementi , di classe k
Analisi La Serie Binomiale
è l’estensione a esponente reale della formula della potenza del binomio I coefficienti si calcolano come i coefficienti binomiali
Poichè la derivata di ordine k della funzione , calcolata in x=0, è uguale a
, la serie può essere interpretata come sviluppo in serie di Mac Laurin della funzione stessa.
23 I COEFFICIENTI FATTORIALI
Si indica con il simbolo , che si legge <<n a k>>, la somma di tutti i possibili prodotti di k numeri scelti fra i primi n termini della serie naturale
= dove rappresenta una qualsiasi combinazione di classe k dei numeri 1,2,3,...,n.
La teoria dei coefficienti fattoriali risulta analoga e simile, nelle formule, a quella dei coefficienti binomiali.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al seguente articolo di Antonio
Salmeri, Introduzione alla teoria dei coefficienti fattoriali, Giornale di
Matematiche del Battaglini, Num. Unico 1962 e riprodotto su “Euclide” N. 35 , aprile 2017
L’EQUAZIONE DELLA CURVA DI GAUSS
E’ la funzione che rappresenta la densità di probabilità di una variabile
aleatoria continua la cui variabilità è prodotta da innumerevoli piccole cause accidentali (distribuzione normale)
Le caratteristiche fondamentali della sono: • la forma a campana del grafico
• la simmetria rispetto al valor medio μ
• il massimo per quando l'ordinata vale
• quanto più x si allontana da μ tanto più f(x) decresce tendendo asintoticamente a zero
• i punti μ+σ e μ-σ sono punti di flesso.
Se X è un valore della variabile aleatoria, la probabilità che X appartenga all’intervallo
24 In particolare
La caratteristica forma a campana indica che i valori osservati si concentrano intorno al valore centrale e diventano sempre più rari man mano che si discostano da questo, sia per difetto che per eccesso.
Nell’area compresa tra – cade circa il 68% della distribuzione, tra – cade circa il 95%, – circa il 99,77%
(regola dei 3 sigma)
Fig. 19
Questa distribuzione è stata individuata nel 1733 da De Moivre per dare una valutazione approssimata della funzione di probabilità binomiale in un
elevato numero di prove; ha , successivamente, acquisito importanza quando nel 1809 Gauss ne fece uso nel contesto della teoria degli errori e nel 1835 Adolphe Quetelet l’applicò alla sociologia e all’antropologia.
Interessante il contributo di Francis Galton che costruì la nota macchina che porta il suo nome.(Fig.20)
Lo stesso Galton esprime con queste parole il suo entusiasmo nei confronti della curva di Gauss
<<Non conosco nulla capace di infiammare la fantasia quanto la forma ammirevole dell’ordine cosmico espressa dalla “legge della frequenza degli errori”. Se i Greci l’avessero conosciuta , l’avrebbero personificata e adorata
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come una divinità. Diffonde la quiete armoniosa nel disordine più selvaggio; quanto più regna l'anarchia , tanto più sovrano è il suo dominio. Appare, forma insperata e meravigliosa della regolarità, dietro il velo del caos>> Il lavoro di alcuni studenti del “Galilei” di Trieste ,relativo alla costruzione di una macchina di Galton , ha vinto il Premio Cancellieri 2016, è pubblicato sul numero 36 di “Euclide”
FIG.20
LA FORMULA DI BAYES
La formula di Bayes permette di quantificare la probabilità che un dato evento si verifichi sotto una determinata ipotesi ovvero che un certo effetto abbia alla sua origine una determinata causa .
Siano n ipotesi o cause .
La probabilità è la probabilità a priori dell’ipotesi ( o causa) La probabilità ovvero la misura di quanto è verosimile, alla luce dell’ipotesi (o di quanto facilmente la causa possa produrre l’evento )
La probabilità )= è la probabilità totale, cioè la
probabilità che l’evento si verifichi tenendo conto di tutte le possibili cause Il ragionamento inverso (base del ragionamento induttivo) è: rilevo la
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La probabilità probabilitità finale, o a posteriori, è,pertanto, la
probabilità di riaggiornata alla luce del fatto che l’evento E si è verificato
=
Formula di Bayes
Questa formula è una pietra miliare nella teoria della conoscenza statistica e sintetizza in modo elegante i processi che portano all’inferenza . E’
utilizzata:
in Medicina – come strumento efficace per la formulazione della diagnosi.
nel Diritto per valutare le prove che si adducono pro o contro la colpevolezza di un imputato.
in Informatica – i filtri anti-spam. in molte scelte quotidiane
Anche se nella risoluzione di alcuni problemi può essere più comodo il ricorso a diagrammi ( Fig.21) o tabelle ,che permettono di arrivare al risultato senza formalismi , la formula di Bayes coinvolge l’apparato concettuale che garantisce la bontà del ragionamento.
L’uso non corretto della probabilità condizionata conduce spesso a un ragionamento fallace, come la “fallacia dell’accusatore”
Esempio Il paradosso del razzista
In una città vive un nero ogni dieci abitanti. Un uomo denuncia di essere stato ,
di notte, aggredito da un nero e la polizia sa che i testimoni , in quelle
determinate condizioni di illuminazione, sbagliano solo nel 20% dei casi. Qual è la probabilità che l’aggressore sia davvero un nero?
( da :Michael Clarck- I paradossi dall’A alla Z- Cortina editore) La risposta più comune, da parte di chi non conosce bene il Calcolo delle Probabilità, o è guidato pregiudizi razziali ( o entrambe le cose) è 80%
Il calcolo giusto è invece il seguente: Ipotesi Ho : l’aggressore non è un nero P(H0)= 90%
Ipotesi H1: l’aggressore è un nero P(H1)= 10%
Indichiamo con Nd l’evento ” è stato denunciato un nero”
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Diagramma ad albero
Fig.21
Quindi la probabilità che l’aggressore sia davvero un nero è di circa il 30% ! E’ evidente l’errore logico : si confonde il valore di
=