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La funzione pp(x) e la distribuzione dei numeri primi Nella proposizione 20 del libro IX degli Elementi

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Academic year: 2021

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Tesina di Roberta Ducato e Francesco Quartana

La funzione ππ(x) e la distribuzione dei numeri primi

Nella proposizione 20 del libro IX degli Elementi, Euclide (III secolo a.C.) dà la prova, estremamente elegante, dell’infinità dei numeri primi, cioè quei numeri interi che ammettono come divisori solamente se stessi e l’unità.

A distanza di ventitrè secoli, la prova di Euclide rimane una delle poche certezze acquisite sui numeri primi, sui quali fioriscono sempre nuove congetture e per i quali, d’altra parte, non esiste a tutt’oggi un algoritmo generatore.

A tale problema, subito dopo Euclide, si era interessato per primo il coltissimo direttore della Biblioteca di Alessandria Eratostene di Cirene, il quale mise a punto una tecnica semplice e ingegnosa per scrivere rapidamente la successione dei numeri primi. Tale tecnica, meglio nota come il Crivello di Eratostene, consiste in pratica nello scrivere in successione i naturali e nel cancellare, a partire dal numero uno, i multipli di ciascuno dei numeri successivi. I numeri sopravvissuti sono, naturalmente, tutti e soli i numeri primi.

Scoprire i misteri dei numeri primi rimase uno degli obiettivi primari per tutti i matematici dei secoli successivi, ma solo a partire dalla seconda metà del ‘700, grazie ai nuovi strumenti di indagine forniti dallo sviluppo dell’Analisi matematica, fu possibile svelarne alcune proprietà.

Dominatore assoluto nella nuova scienza dell’analisi infinitesimale fu lo svizzero Leonhard Eulero.

A questo geniale, quanto curioso matematico – visse fino all’età di 76 anni, ebbe 13 figli e, nonostante fosse diventato cieco, continuò a dedicarsi alla matematica fino al giorno della morte -, si deve una lunghissima serie di pubblicazioni in tutti i campi della matematica, dall’analisi all’algebra alla teoria dei numeri. Proprio in questo campo, nel 1736, Eulero riuscì a provare il cosiddetto piccolo teorema di Fermat, in base al quale, se p è primo e a è un naturale primo con p, allora p divide ap-a. Più tardi, nel 1754, egli ottenne un ulteriore importante risultato relativo ai numeri primi: ogni primo della forma 4n + 1 è decomponibile in modo unico nella somma di due quadrati.

All’inizio del nuovo secolo, una delle questioni ancora aperte sui numeri primi era quella di stabilire se una progressione aritmetica del tipo:

a, a + b, a + 2b, a + 3b, . . ., a + nb

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con a e b primi tra loro, contenesse infiniti numeri primi.

Tale congettura, già sollevata alla fine del ‘700 da Eulero e da Legendre, fu provata per la prima volta da Dirichlet nel 1837, che particolarizzò così quanto trovato da Euclide in passato.

La certezza che i primi erano in numero infinito, condusse i matematici a studiare la loro distribuzione all’interno dei naturali. In particolare, l’attenzione veniva indirizzata alla cosiddetta funzione π(x), la quale associa, al generico numero reale x il numero dei primi minori o eguali a x.

Per primi, Eulero e Legendre congetturarono che risultasse:

lim ( )

ln

x

x x

x

→ +∞π = 1

ovvero che l’infinità dei numeri primi fosse confrontabile con l’ordine di infinito della funzione x/lnx e, dopo di loro, il grande Gauss provò che:

( )

π x dt

t

x

ln

2

.

Sebbene molti matematici avessero esibito prove della consistenza della congettura di Eulero, nessuno riusciva a provare quello che veniva ormai definito il teorema dei numeri primi. Una prima svolta si ebbe solo nel 1859, quando Riemann riprese, estendendone lo studio a valori di z complessi, la funzione ζ(z) introdotta un secolo prima dallo stesso Eulero:

ζ z( )

nz

n

=

=

1 1

.

Finalmente, nel 1896 il teorema fu provato da Hadamard e, quasi contemporaneamente, da C.J. de la Vallée-Poussin, il quale utilizzò proprio gli studi di Riemann sulla funzione di variabile complessa ζ(z).

L’esercizio che di seguito proponiamo ha lo scopo di visualizzare l’andamento della successione π(n) e di confrontarlo con quello della successione n/lnn (n numero naturale maggiore o uguale a 2), così da verificare la validità del teorema sui numeri primi.

Esercizio 3

In teoria dei numeri si definisce la funzione π(n), che al numero naturale n associa il numero di primi minori o uguali ad n. La stima di π(n) costituisce uno dei problemi più importante della teoria dei numeri.

Possiamo fare delle congetture sul comportamento di tale funzione usando DERIVE.

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Abbiamo a disposizione la funzione di libreria NEXT_PRIME(n), che ad n associa il minimo numero primo maggiore di n. Si può definire inoltre la funzione:

v(n):=ITERATES(NEXT_PRIME(k), k, 1, n) che fornisce i primi n numeri primi. Mediante questa funzione tabulare e tracciare il grafico di π(n) e confrontarlo con la funzione f(x):=x/LN(x) e successivamente con f1(x):=x/LN(x)+x/LN2(x).

Listato in Derive 1.

2.

3.

(4)

Si osserva dal grafico come la funzione y = π(x) sia approssimata meglio dalla y = x/lnx + x/(lnx)^2 che dalla y = x/lnx.

A conclusione di quanto osservato sui numeri primi, vogliamo riportare la singolare testimonianza dello scrittore e psichiatra Oliver Sacks, il quale, nel famoso libro di racconti “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, narra le straordinarie capacità computazionali di due suoi pazienti, forse le uniche persone mai esistite che avessero penetrato davvero, senza saperlo, il mistero dei numeri primi . . .

«(. . .) Questa volta i gemelli sedevano vicini in un angolo, con un sorriso misterioso e segreto sul volto, un sorriso che non avevo mai visto prima, paghi dello strano piacere e della pace che parevano aver raggiunto. Mi avvicinai in silenzio per non disturbarli. Sembravano avvinti in una straordinaria conversazione puramente numerica. John diceva un numero, un numero di sei cifre, Michael afferrava il numero, annuiva, sorrideva e pareva assaporarlo.Poi diceva a sua volta un numero di sei cifre offrendolo a John, che a sua volta lo gustava con soddisfazione. (. . .) Tutti i numeri che i gemelli si erano scambiati, numeri di sei cifre, erano primi, cioè divisibili solo per se stessi e per l’unità.(. . .) Il giorno seguente tornai al reparto portando con me il prezioso libro dei numeri primi. Li trovai di nuovo appartati in comunione numerica, ma questa volta mi sedetti accanto a loro in silenzio. (. . .) Dopo qualche minuto decisi di unirmi anch’io e arrischiai il mio

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numero, un numero primo di otto cifre. Si voltarono entrambi verso di me, poi si bloccarono di colpo con un’espressione di intensa concentrazione e forse di stupore sui volti. Ci fu una lunga pausa, la pausa più lunga che gli avessi mai visto fare, mezzo minuto e anche più; poi, d’improvviso e simultaneamente sorrisero.(. . .)E un’ora più tardi i gemelli si scambiavano numeri primi di venti cifre, o così almeno credo, dato che non avevo modo di verificarlo».

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