• Non ci sono risultati.

Utilitarismo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Utilitarismo"

Copied!
25
0
0

Testo completo

(1)

Utilitarismo

(2)

I fondamenti dell’utilitarismo

Che cosa è l’utilità?

Jeremy Bentham: "Per utilità si intende quella proprietà di ogni oggetto per mezzo della quale esso tende a produrre beneficio, vantaggio, piacere, bene o felicità oppure ad evitare che si verifichi quel danno, dolore, male o infelicità per quella parte il cui interesse si prende in considerazione.”

Che cosa è l’utilitarismo?

Il “massimo di felicità (utilità, piacere, benessere) per il maggior numero di persone.”

Problema: E problematico massimizzare assieme due parametri diversi come “massimo di felicità”, e “maggior numero di persone”.

(3)

Storia dell’utilitarismo

- L'utilitarismo ha le sue origini nel pensiero di David Hume, ma nei

sentimentalisti come Shaftesbury (1671-1713) e Hutcheson (1694-1746), a cui si deve la prima formulazione dell’espressione “massima felicità per il massimo numero”.

- Il primo utilitarista vero e proprio è Jeremy Bentham.

- Gli utilitaristi classici sono James Mill, John Stuart Mill, Henry Sidgwick e G.E. Moore.

- I più importanti utilitaristi contemporanei sono J.C.C. Smart, Derek Parfit e Peter Singer.

(4)

Gli origini (1): Jeremy Bentham

Per Bentham sul carattere delle persone deve prevalere l’insieme delle

conseguenze positive o negative che un’azione può avere. Questo

permette di rendere più “oggettive” le nostre valutazioni che diventano

meno dipendenti dalle reazioni emotive e dalle inclinazioni naturali degli

agenti.

Nella sua difesa dell’omosessualità, Bentham distingue una certa

antipatia verso un tipo di comportamento, che è ammissibile, dalla

condanna etica e giuridica di quel comportamento stesso, che invece non

è ammissibile se basata solo sull’antipatia.

(5)

Gli origini (2): John Stuart Mill

Per Mill la semplice algebra dei piaceri suggerita da Bentham non è accettabile. Per Mill è meglio essere un Socrate insoddisfatto che un maiale soddisfatto.

Mill introduce una distinzione tra piaceri “superiori” e “inferiori”, là dove quelli inferiori sarebbero legati alla banalità delle sensazioni mentre quelli superiori

rispecchierebbero la peculiare capacità umana che ci fa amare l’arte e dipende dall’educazione.

Problema: La distinzione qualitativa dei piaceri fa perdere l’aspetto oggettivo del calcolo utilitaristico a cui Bentham tanto teneva.

Risposta di Bentham: il calcolo utilitaristico deve tener conto di vari parametri, quali: “intensità, durata, certezza o incertezza, vicinanza o lontananza, fecondità, purezza e estensione”.

(6)

Gli origini (3): G. E. Moore

Secondo Mill “la sola evidenza che si può produrre per dimostrare che qualcosa è desiderabile è che la gente effettivamente lo desidera.”

Moore critica questa “prova” perché basata su una “fallacia naturalistica”. La

fallacia naturalistica consiste nell’introdurre surrettiziamente in un’affermazione di fatto elementi prescrittivi, in questo modo confondendo lo “is” con lo “ought” (i fatti con ciò che si dovrebbe fare).

La fallacia commessa da Mill starebbe nell’adoperare “desiderabile” con il duplice significato di ciò che si desidera e ciò che si dovrebbe desiderare. Cosa che – se vera – implicherebbe una circolarità viziosa e non una prova.

(7)

Gli origini (4): Henry Sidgwick

Gli utilitaristi del secolo ventesimo, come a vario titolo sono Moore, Russell, J. J. C. Smart, R. M. Hare, D. Parfit e P. Singer, hanno riconosciuto nei Metodi

dell’etica di Sidgwick il punto di partenza delle loro visioni teoriche.

I Metodi non sono soltanto un lavoro interno al paradigma utilitarista quanto piuttosto una trattazione sistematica dell’etica in chiave edonistica.

Sidgwick riesce riconoscere lo status morale degli animali non-umani, a rifiutare una visione meramente retributiva della pena, a difendere i diritti fondamentali delle donne, a sostenere un approccio anti-nazionalista e cosmopolitica dal punto di vista della giustizia internazionale, a distinguere con forza ogni posizione

(8)

La cesura di Rawls

Dal diciannovesimo secolo, l’utilitarismo ha finito con l’essere – perlomeno nel mondo anglosassone – la teoria normativa di default in etica, in economia e in

teoria politica. Questo trend è stato bruscamente interrotto con l’uscita di A Theory

of Justice di John Rawls.

Rawls mette in evidenza che la massimizzazione del benessere tipica della

visione utilitaristica cozza con la necessità etico-politica di avere una distribuzione giusta di risorse. Il massimo di utilità per 100 può corrispondere all’infelicità

estrema di un paio di loro. Il caso del capro espiatorio, che può pacificare una

comunità intera a spese di un solo individuo innocente, esemplifica bene il conflitto immanente tra utilità e giustizia.

(9)

Definire l’utilità (1): l’edonismo

Nella versione originaria, il benessere delle persone è considerato in termini di piacere-dolore. Parliamo in questo caso di utilitarismo edonistico.

L’utilitarismo edonistico può essere basato sulla psicologia (ognuno

empiricamente giudica il proprio piacere-dolore), oppure può essere considerato da un punto di vista etico (nel senso che si crea un obbligo morale generalizzato a perseguire il piacere anche degli altri), o infine incentrato sul valore (nel senso che l’unico valore che conta è il piacere).

Le diverse visioni possono essere riconciliate in qualche forma di utilitarismo del benessere (welfare), più qualche condizione aggiuntiva (per esempio

l’eguaglianza del benessere di tutti i soggetti interessati).

Per Bentham 'il gioco delle pulci è ugualmente buono come la poesia', se dà la stessa intensità e durata del piacere.

La qualità del piacere che proviamo giocando il gioco delle pulci o leggendo le poesie di Rilke è sempre lo stesso. Il piacere, essendo una reazione chimica, si sente sempre allo stesso modo, qualunque cosa sia che stimola il piacere. Il piacere è uno stato mentale.

(10)

Obiezioni all’edonismo

Uno dei problemi più evidenti dell’edonismo consiste nel suo essere legato di necessità a stati mentali. Non contano, in sostanza, i beni o le risorse di cui un

soggetto può disporre per l’utilitarista, quanto l’impatto di questi sulla sua psicologia. Per Robert Nozick il piacere può essere indotta artificialmente tramite farmaci (il suo esempio: experience machine). Ma in questo modo tutta la realtà sarebbe irrilevante al fine di valutare la nostra felicità complessiva. Altra questione aperta è quella

connessa alla possibilità di inganno e nel caso del cosiddetto utility monster (es. caviale).

Problema: L’edonismo conta troppo sul modo in cui mentalmente reagiamo ai beni e alle esperienze che ci toccano e troppo poco alla natura di questi.

(11)

Definire l’utilità (2): la soddisfazione delle preferenze

Il benessere umano è qualcosa di più o di diverso dalla giusta

sequenza di stati mentali.

Perciò alcuni utilitaristi propongono che l'aumento di utilità delle

persone significa la soddisfazione delle loro preferenze, qualunque

esse siano.

Gli utilitaristi che adottano questa definizione ci dicono di soddisfare

tutti i tipi di preferenze ugualmente, perché equiparano il benessere

con la soddisfazione delle preferenze.

(12)

Obiezioni alla soddisfazione delle preferenze

-

Non tutte le preferenze sono eticamente e politicamente significative

per un computo sensato delle utilità. Per esempio potrebbero non

esserlo preferenze perverse, come quelle di un sadico.

-

Il problema delle ‘preferenze adattive’: Se le persone non possono

raggiungere un certo obiettivo desiderato, poco a poco perdono il loro

desiderio per esso. La versione estrema di questo fenomeno è il

(13)

Definire l’utilità (3): le preferenze ideali

Welfare è definita come la soddisfazione delle preferenze 'razionali' o

'informati’ o ‘ideali’.

L'utilitarismo, secondo questa teoria, si propone di soddisfare le

preferenze che si basano su informazioni complete e giudizi corretti,

non soddisfacendo quelle che sono sbagliate e irrazionali.

Si cerca di fornire quelle cose che la gente ha una buona ragione a

preferire, quelle che rendono davvero la loro vita migliore.

(14)

Obiezioni alle preferenze ideali

-

Una volta che il 'requisito di esperienza' è caduto, le preferenze

informate possono essere soddisfatte, e quindi la nostra utilità

aumentata, senza che influenzano mai le nostre esperienze coscienti.

Non c'è più un metodo per misurare l'utilità.

-

La formulazione di una lista di preferenze ideali introduce una tesi a

favore dell’esistenza di beni intrinseci, moralmente raccomandabili in

quanto tale. Ma in questo modo si arriva molto vicino a forme di

(15)

Teleologia

La fondazione dell’utilitarismo è teleologica. Questo vuol dire che il buono è centrale nella teoria dal punto di vista dello scopo da perseguire.

Al contrario, le teorie deontologiche – come quelle intuizioniste e kantiane – ritengono che ci siano vincoli da soddisfare prioritari a ogni realizzazione del buono. Questi vincoli possono dipendere da svariati fattori legati al concetto di giusto, che in genere corrispondono a rapporti con altri agenti, quali lo sono impegni precedenti, relazioni speciali, meriti specifici, bisogni, e così via.

Obbiezione: L’utilitarismo trascura la responsabilità individuale. Bernard Williams parla di responsabilità negativa e questo può intaccare “l’integrità” della persona (es. scienziato nucleare).

(16)

Conseguenzialismo

Ci sono teorie della politica basate su di un’etica delle intenzioni e teorie della politica basate su di un’etica delle conseguenze. La filosofia utilitarista poggia su un retroterra etico conseguenzialista che deriva della sua natura di teoria teleologica.

Per teoria conseguenzialista si intende di solito una teoria in cui contano i risultati delle azioni sugli stati di fatto. A loro volta, gli stati di fatto sono eventi all’interno di

situazioni, assumendo che alcune azioni siano in grado di modificare (casualmente) gli stati di fatto.

Purché uno stato di fatto è considerato buono deve avere un valore in sé indipendentemente dalle conseguenze. Ciò vuol dire che – anche nell’ottica conseguenzialista – ci sono stati di fatto che hanno un “valore intrinseco”.

(17)

Welfarismo e massimizzazione

Dottrina conseguenzialista welfarista: Il conseguenzialismo richiede di perseguire metodicamente un valore (ciò che è buono) prescelto come fondamentale.

L’utilitarismo quindi aggiunge al conseguenzialismo una teoria del valore come utilità. Massimizzazione: Chi decide dovrebbe massimizzare la somma personale o collettiva di soddisfazione in termini di benessere. La massimizzazione è legata alla razionalità. Il principio di imparzialità/neutralità: Tutte le preferenze individuali contano allo stesso modo nel computo generale delle utilità.

Il problema: In teoria politica dobbiamo tenere conto di vincoli sulle massimizzazioni di utilità (la tutela dei diritti individuali e delle libertà fondamentali).

(18)

Problemi (1): Confronti interpersonale

Quando consideriamo una pluralità di persone come facciamo a calcolarne il

benessere? L’utilitarismo assume che si possano fare confronti interpersonali di utilità. Una tale misura intersoggettiva è problematica. Non ci sono impiantati in ciascuno di noi dei misuratori che indichino quanto utilità abbiamo come conseguenza di

un’azione.

Alternativa poco attraente: Secondo il Principio di Pareto bisogna scegliere quella alternativa in cui nessun membro della comunità di riferimento sta peggio e almeno uno sta meglio.

Soluzione: Confronti interpersonali sono più plausibili là dove sono limitati alla valutazione di risorse o beni specifici (beni primari).

(19)

Problemi (2): Variazioni della popolazione

Ci possono essere variazioni nel numero delle persone che compongono la comunità. Se badiamo soltanto al totale di utilità, non c’è dubbio che all’aumentare del numero delle persone che la compongono aumenti anche l’utilità globale.

Problema: Una popolazione troppo numerosa può avere un progressivo decrescere dell’utilità marginale di ognuno dei membri che compongono la comunità stessa. La soluzione è la massimizzazione dell’utilità media.

‘Conclusione ripugnante’: Per affrontare il problema della generazioni future Derek Parfit propone di massimizzare impersonalmente la quantità di vita che vale la pena vivere. Questo genera la cosiddetta “conclusione ripugnante”, secondo la quale,

massimizzando il numero delle persone esistenti si genera anche il massimo di utilità totale.

(20)

Problemi (3): Rapporti speciali, l’integrità personale e promesse

Se per esempio qualcuno ha lavorato su nostra commissione e, invece di pagarlo a lavoro eseguito, diamo i soldi a UNICEF, forse abbiamo un guadagno in termini di utilità generale ma di certo non prendiamo sul serio gli impegni precedenti.

Oppure immaginiamo di passare accanto a un laghetto e vedere due bambini che stanno per affogare. Ci accorgiamo che uno di questi due bambini è nostro figlio. Possiamo salvarne uno alla volta. Per l’utilitarismo è indifferente quale dei due salviamo per primo. Qualsiasi persona normale, invece, cercherebbe di salvare prima suo figlio e poi l’altro bambino.

(21)

Problemi (4): la giustizia distributiva

Per Rawls, contrariamente all’ipotesi teleologista, il giusto non deriva dalla semplice massimizzazione del buono in termini conseguenzialisti.

L’analogia tra scelta inidviduale e scelta colletiva: “La caratteristica più sorprendente delle tesi utilitariste sulla giustizia è che il modo in cui questa somma di soddisfazioni è distribuita tra gli individui non conta più, se non indirettamente, del modo in cui un singolo individuo distribuisce le proprie soddisfazioni nel tempo.”

Problema di giustizia distributiva: L’utilitarismo estende alla società il principio di scelta per un solo uomo, che comprime tutti gli individui in uno solo mediante gli atti immaginativi dell’osservatore imparziale simpatetico. L’utilitarismo non prende sul serio la distinzione tra persone”.

(22)

Utilitarismo della regola

Il conseguenzialismo degli atti può essere caratterizzata come una teoria che ordina gli stati di fatto dal migliore al peggiore da un punto di vista puramente impersonale.

Per l’utilitarismo delle regole non c’è bisogno di massimizzare l’utilità caso per caso, ma esistono regole intermedie basate sull’esperienza e rispettare queste regole equivale a massimizzare l’utilità.

Problema: Qualsiasi conseguenzialista coerente deve sacrificare le regole quando queste contrastano con la massimizzazione imparziale.

(23)

Scelta sociale

Kenneth Arrow estende il concetto di scelta razionale in condizioni di certezza (il decisore conosce le alternative e sa che si verificherà una di loro in seguito alla sua scelta) dal contesto di decisone individuale a quelle collettive. Così formula il famoso teorema di impossibilità che mostra l’incompatibilità di razionalità

decisionale e democrazia politica.

Sen dimostra che la capacità di decidere dipende dal fatto che l’utilitarismo

consente sia una lettura cardinale (e non solo ordinale) dell’utilità sia la possibilità di confronti interpersonali di utilità. Sono anzi proprio questi ultimi a fare sì che l’utilitarismo – al contrario delle procedure democratiche alla Arrow – abbia la possibilità di decidere là dove le procedure del tipo del voto non riescono.

(24)

Giustizia globale

One World di Peter Singer rappresenta probabilmente la versione più nota di

utilitarismo inteso come teoria della giustizia globale.

Singer parte dalla ben nota evidenza dei milioni di persone che muoiono di fame ogni anno. L’utilitarismo globale di Singer ritiene che coloro che vivono nei paesi ricchi siano responsabili non solo dei loro atti, ma anche delle loro omissioni. Ciò implica che lasciar morire le persone a causa della povertà non sia moralmente neutrale, ma sia la prova di diverse colpe morali.

Per Singer, ogni volta che facciamo delle spese superflue invece di aiutare i poveri, siamo responsabili di un qualcosa di altrettanto grave di un omicidio.

(25)

Valutazione critica dell’utilitarismo

Due soluzioni possibili per evitare i problemi sottolineati dell’utilitarismo: (1) Dividere per quanto è possibile gli aspetti privati da quelli pubblici nella

valutazione. (2) Separare meglio etica e politica nel paradigma utilitarista.

Problema di (1): In un’ottica utilitarista è il governo (lo stato) che decide in larga misura chi debba avere che cosa. L’utilitarismo implica che si sappia a monte che cosa deve avere ciascun cittadino in base al calcolo centralistico dell’utilità totale. Ad (2): Un pragmatico utilitarismo delle regole consentirebbe di optare per un utilitarismo (parziale) che non metta a rischio la libertà.

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

[r]

I vaccini sono stati una delle più grandi scoperte mediche dell’ultimo secolo: hanno salvato vite, addirittura eradicato certe malattie infettive e più in generale contribuito

[…] L’intera trattazione psicologica sulle emozioni e sugli istinti ha ricono- sciuto che questi processi sociali istintivi sono intimamente connessi con le emozioni e che molte

The impact of the new measures on Building Automation and Controls Systems in the revised Energy Performance of Buildings Directive Simone Alessandri, European Building Automation

Le imprese familiari possono, infatti, presentare caratteristiche differenti in relazione al grado di copertura delle funzioni imprenditoriali, manageriali ed operative da parte

Comparison between the results obtained by the two models shows that the algorithmic model is able to describe the structural behaviour of stellar masonry

Contestualmente allo studio radiografico propedeutico alla valutazione del ginocchio sinistro è stata eseguita una radiografia ventro-dorsale standard del bacino e una