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Indicatori prognostici dei pazienti con insufficienza renale sottoposti a dialisi: valutazione di linee guida

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Indicatori prognostici dei pazienti con

insufficienza renale sottoposti a dialisi:

valutazione di linee guida

Relatore:

Prof.ssa Grazia Guidi

Candidato:

Lucrezia Bernicchi

Correlatore:

Dott.ssa Francesca Perondi

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Alla mia famiglia, a Dario e Giorgia, senza il vostro amore niente di tutto questo sarebbe stato possibile.

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“Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, ed io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine. Chiunque voglia privarmi della mia dignità, è destinato a perdere” Nelson Madiba Mandela

“And in the end, the love you take is equal to the love you make.” The Beatles

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INDICE

RIASSUNTO/ABSTRACT ... 9

PREMESSA ... 10

PARTE GENERALE ... 11

CAPITOLO 1: INSUFFICIENZA RENALE ACUTA ... 12

1.1 Definizione ... 12 1.2 Eziologia ... 14 1.2.1 Iperazotemia prerenale ... 15 1.2.2 Iperazotemia renale ... 18 1.2.2.1 Cause ischemiche ... 22 1.2.2.2 Nefropatie primarie ... 23 1.2.2.3 Nefrotossicità ... 24 1.2.3 Iperazotemia postrenale ... 28

1.3 Fisiopatologia dell’insufficienza renale acuta ... 29

1.3.1 Fase iniziale ... 29

1.3.2 Fase di estensione ... 29

1.3.3 Fase di mantenimento ... 30

1.3.4 Fase di guarigione ... 30

1.4 Manifestazioni cliniche dell’insufficienza renale acuta... 33

1.4.1 Disordini dell’equilibrio fluidico ... 33

1.4.2 Inadeguata produzione di urina ... 34

1.4.3 Distrurbi degli equilibri acido-base e fluido-elettrolitico ... 35

1.4.4 Intossicazione uremica ... 37

1.4.5 Complicazioni cardiovascolari ... 38

1.4.6 Complicazioni polmonari... 39

(5)

1.4.8 Diagnosi ... 40 1.4.9 Anamnesi ... 40 1.4.10 Esame clinico ... 41 1.4.11 Diagnostica di laboratorio ... 42 1.4.11.1 Emocromo ... 42 1.4.11.2 Profilo biochimico ... 43

1.4.11.3 Esame delle urine ... 44

1.4.12 Diagnostica per immagini ... 46

1.4.13 Altri test diagnostici ... 47

CAPITOLO 2 PREVENZIONE E TERAPIA DELL’INSUFFICIENZA RENALE ACUTA ... 48

2.1 Prevenzione ... 48 2.1.1 Fattori di rischio ... 48 2.1.2 Monitoraggio ... 50 2.1.3 Misure preventive ... 51 2.2 Terapia ... 52 2.2.1 Generalità ... 52 2.2.2 Terapia medica ... 52 2.2.2.1 Fluidoterapia ... 53

2.2.2.2 Promozione della diuresi... 54

2.2.2.3 Trattamento dei disturbi elettrolitici ed acido-base ... 55

2.2.2.4 Correzione delle manifestazioni uremiche ... 56

2.2.2.5 Trattamento nutrizionale ... 57

2.3 Terapia sostitutiva ... 58

2.3.1 Principi di emodialisi ... 59

2.3.2 Indicazione per l’emodialisi ... 61

2.3.3 Accesso vascolare per l’emodialisi ... 62

2.3.4 Dializzatore ... 63

(6)

2.3.6 Circuito extracorporeo ... 65

2.3.7 Anticoagulazione ... 65

2.3.8 Prescrizione dell’emodialisi ... 66

2.3.9 Complicazioni in corso di emodialisi ... 69

CAPITOLO 3 PROGNOSI DELL’INSUFFICIENZA RENALE ACUTA ... 72

3.1 Introduzione ... 72

3.2 Prognosi in medicina umana ... 73

3.2.1 Classificazione RIFLE ... 75

3.2.2 Classificazione AKIN ... 77

3.2.3 RIFLE ed AKIN a confronto ... 78

3.3 Prognosi in medicina veterinaria ... 79

3.3.1 Classificazione AKI ... 81

3.3.2 Scoring system per la valutazione prognostica di cani con AKI sottoposti ad emodialisi ... 85

3.3.2.1 Analisi dei parametri presi in considerazione per la costruzione dello scoring system ... 88

3.3.2.2 Caratteristiche dei modelli ... 89

3.3.2.3 Accuratezza dei modelli a confronto ... 91

PARTE SPERIMENTALE ... 93

CAPITOLO 4 SCOPO DELLA TESI ... 94

CAPITOLO 5 MATERIALI E METODI ... 95

5.1 Casistica ... 95 5.2 Criteri di inclusione ... 98 5.3 Procedure effettuate ... 99 5.4 Analisi statistica ... 103 CAPITOLO 6 RISULTATI ... 104 6.1 Segnalamento ... 104 6.2 Eziologia ... 107

(7)

6.2.1 Relazione tra eziologia e sopravvivenza ... 108

6.3 Classificazione AKI ... 109

6.4 Applicazione dei modelli di Segev ... 110

6.5 Analisi statistica ... 114

6.5.1 Calcolo del valore predittivo e della sensibilità e specificità dei modelli di Segev .. 114

6.5.1.1 Modello A ... 114

6.5.1.2 Modello B ... 115

6.5.1.3 Modello C ... 116

6.5.2 Correlazione di Pearson tra modello A e B ... 117

6.5.3 Correlazione di Pearson tra il punteggio del modello A e B e la gravità dell’AKI ... 1Errore. Il segnalibro non è definito. 6.5.4 Valutazione dell’influenza dei parametri richiesti da Segev sull’outcome1Errore. Il segnalibro non è definito. 6.5.4.1 Produzione urinaria ed outcome ... 119

6.5.4.2 Grado AKI ed outcome ... 120

6.5.4.3 Complicazioni respiratorie ed outcome ... 121

6.5.4.4 CID ed outcome ... 122

6.5.4.5 Creatinina plasmatica ed outcome ... 123

6.5.4.6 Peso corporeo ed outcome ... 124

6.5.4.7 Globuli rossi ed outcome ... 125

6.5.4.8 Linfociti ed outcome ... 126

6.5.4.9 Albumina ed outcome ... 127

6.5.4.10 ALT ed outcome ... 128

6.5.4.11 Fosforo ed outcome ... 129

6.5.4.12 Calcio ione ed outcome ... 130

6.5.4.13 Anion gap ed outcome ... 131

6.5.4.14 Pancreatite ed outcome ... 132

(8)

6.5.4.16 Curva Kaplan-Meier di sopravvivenza ... 134

CAPITOLO 7 DISCUSSIONE ... 135

CAPITOLO 8 CONCLUSIONI ... 143

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RIASSUNTO

Parole chiave: cane, AKI, emodialisi, outcome

Scopo dello studio: validare l’attendibilità dei modelli A, B e C proposti da Segev (Segev et. al, 2008) nella previsione dell’outcome di cani affetti da insufficienza renale acuta sottoposti a trattamento emodialitico intermittente e verificare l’influenza che alcune variabili cliniche hanno sull’outcome di tali pazienti.

Materiali e metodi: in questo studio sono stati inclusi 41 cani, trattati mediante emodialisi, con evidenze anamnestiche, cliniche, di diagnostica per immagini e di laboratorio riferibili ad AKI ed a riacutizzazione di nefropatia cronica (AKI/CKD). Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad anamnesi, visita clinica, profilo ematobiochimico, coagulativo, emogasanalisi, analisi delle urine, ecografia addominale, radiografia toracica e cateterizzazione, per il monitoraggio della produzione urinaria. Ad ognuno di essi sono state applicate la classificazione AKI ed i modelli predittivi di Segev.

Risultati: è emerso che il modello A possiede sensibilità e specificità rispettivamente pari a 52% e 88 %, il modello B pari a 83% e 82 %, mentre il modello C ha sia sensibilità che specificità uguali a 75 %. Mediante test di Pearson è stata evidenziata una correlazione lineare positiva tra il punteggio dei due modelli (p <0,0001) ed una correlazione presente tra il punteggio del modello A ed la gravità dell’AKI (p= 0,03). Dall’analisi statistica mediante test chiquadro è risultata una differenza statisticamente significativa tra il numero di pazienti sopravvissuti e deceduti in rapporto alla produzione urinaria (p= 0,05) ed alla presenza di complicazioni respiratorie (p= 0,0120), pancreatite (p= 0,02) e SIRS (p= 0,02) al momento della presentazione al centro di emodialisi. Dall’applicazione del test t-student unpaired, è infine emersa una differenza statisticamente significativa tra le medie delle concentrazioni iniziali di creatinina (p= 0,005) e fosforo (p= 0,008) tra i pazienti con outcome positivo e negativo.

Conclusioni: Da questo studio è emerso che i modelli di Segev, soprattutto il B e C, hanno un’elevata capacità di predire l’outcome di pazienti canini con insufficienza renale acuta sottoposti ad emodialisi, associata ad un’elevata percentuale di corrette classificazioni. Questi modelli non devono sostituire un’appropriata valutazione clinica del paziente, né essere considerati come unico strumento prognostico ma la loro applicazione, unita alla visita clinica ed all’osservazione dei principali parametri in grado di influenzare l’outcome emersi in questo studio, può aiutare molto il clinico nella scelta, non sempre facile, di intraprendere o meno la terapia emodialitica e di emettere una prognosi più precisa possibile.

ABSTRACT

Key words: dogs, AKI, hemodialysis, outcome

Objects: the aim of this study is to validate the reliability of Segev’s models A, B and C (Segev et al. 2008) in the outcome prediction in dogs with acute kidney injury (AKI) managed by hemodialysis, and to evalute the ability of clinical variables to influence these patient’s outcome.

Materials and Methods: this study includes 41 dogs, managed by intemittent hemodialysis, with anamnestic, clinical, imaging and laboratory findings of AKI and AKI/CKD. All patients were subjected to medical history, clinical examination, complete blood count, serum biochemistry, coagulation profile, blood gas analysis, urinalysis, abdominal ultrasound, chest X-ray and catheterization, to monitoring the urinary output. AKI classification and predictive models of AKI Segev had been applied to all cases. Results: model A has sensitivity and specificity, respectively 52 % and 88 %, model B 83 % and 82 %, while model C has both sensitivity specificity equal to 75 %. By Pearson test was highlighted a positive linear correlation between the score of the two models A and B (p < 0.0001) and a correlation between the score of the Model A and AKI’s severity (p = 0.03). Chisquared test showed a statistically significant difference between the number of patients who survived and died in relation to urinary output (p = 0.05) and to the presence of respiratory complications (p = 0.0120), pancreatitis (p = 0.02) and SIRS (p = 0.02) at the time of presentation. T- test unpaired finally revealed a statistically significant difference between the averages of initial concentrations of creatinine (p = 0.005) and phosphorus (P = 0.008) between patients with positive and negative outcome.

Conclusions: in this study, Segev’s model, especially B and C, were found to have high outcome predictive power in dog managed by hemodialysis, associated with a high percentage of correct classifications. These models should not replace proper clinical assessment nor should they serve as a sole prognostic tool, but their application, combined with clinical examination and observation of the the main parameters that can influence the outcome, emerged by this study, can help clinicians in the decision to or not to initiate the dialytic therapy and to issue a prognosis as precise as possible.

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PREMESSA

Le terapie sostitutive renali extracorporee (Extracorporeal Renal Replacement Therapies- ERRT) e le tecniche di purificazione ematica costituiscono una realtà in continua espansione nel panorama veterinario mondiale (Lippi, Perondi et al., 2014). L’emodialisi è il trattamento di scelta per i pazienti nefropatici che non rispondono alla terapia medica e, in medicina veterinaria, l’insufficienza renale acuta è l’indicazione più comune per il ricorso a questa metodica terapeutica (Langston, 2011).

I principali fattori che influenzano la prognosi dell’insufficienza renale acuta nel cane includono la reversibilità del danno a carico del rene (che dipende principalmente dalla sua gravità e dalle cause sottostanti), la presenza di patologie concomitanti e di eventuali complicazioni, ed il trattamento medico disponibile (Segev, 2011).

Recentemente, in uno studio di Segev et al. è stato introdotto un sistema clinico di punteggio per la previsione dell’outcome in cani con AKI sottoposti ad emodialisi, che si basa su dati che sono comunemente disponibili prima della seduta di emodialisi ed indipendenti dalla causa scatenante, sebbene la conoscenza della specifica eziologia, anche se spesso non è nota, migliori l’accuratezza della previsione.

La decisione di intraprendere o no la terapia emodialitica è spesso difficoltosa sia per il clinico che per il proprietario, dato l’elevato costo e l’outcome incerto del paziente. Con la previsione di un outcome favorevole, un maggior numero di proprietari potrebbe essere più incline a scegliere questa procedura clinica avanzata rispetto all’eutanasia e quindi i modelli predittivi proposti da Segev, che devono tutt’oggi essere validati da altri studi, assumono una grande importanza in medicina veterinaria.

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PARTE

GENERALE

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CAPITOLO 1

INSUFFICIENZA RENALE ACUTA

1.1 DEFINIZIONE

L’insufficienza renale acuta o Acute Kidney Injury (AKI), è una sindrome caratterizzata da una rapida diminuzione della funzione escretoria renale (da ore a giorni), con accumulo di prodotti del catabolismo azotato, quali la creatinina e l’urea. Altre manifestazioni includono, la diminuzione della produzione urinaria (non sempre presente), accumulo di acidi del metabolismo e aumento della concentrazione di potassio e fosfati (R.Bellomo, Kellum AJ et al. 2012).

In contrasto con l’insufficienza renale cronica o Chronic Kidney Injury (CKD), l’AKI è potenzialmente reversibile in particolar modo nelle fasi iniziali, prima dello sviluppo di ARF (Acute Renal Failure). Potrebbe esserlo, anche negli stadi avanzati se l’animale sopravvive alle complicazioni indotte dalla patologia, se la causa predisponente all’AKI viene eliminata e se il danno renale con il tempo viene riparato (Cowgill e Langston, 2011).

Attualmente, in medicina umana è stato introdotto il termine AKI, che ha sostituito la precedente definizione ARF, per meglio comprendere l’ampio spettro di patologie renali acute e sottolineare come AKI rappresenti un insieme di danni sia parenchimali che funzionali, da quelli di minore a quelli di maggiore entità (Kellum et al. 2007, Himmelfarb et al. 2008, Zatelli e Cowgill 2014).

Il danno renale acuto infatti può non essere clinicamente rilevabile negli stadi iniziali ma, nonostante questo, può portare comunque ad una insufficienza d’organo e culminare con la necessità di terapia renale sostitutiva (Renal Replacement Therapy, RRT) o addirittura con la morte del soggetto (Mehta et al. 2007, Kellum et al. 2007, Cowgill e Langston 2011).

Una definizione univoca di AKI non è stata stabilita né in medicina veterinaria né in quella umana. Per sottolineare in modo migliore come la definizione di AKI comprenda una moltitudine di danni renali, in medicina umana sono state proposte diverse

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classificazioni cliniche (RIFLE, AKIN) per fornire criteri diagnostici oggettivi, stadiare l’estensione, la durata del danno renale e predirne gli esiti clinici. Tra i diversi sistemi sono presenti notevoli sovrapposizioni e i criteri utilizzati per la classificazione si basano su variazioni della velocità di filtrazione glomerulare o GFR (Glomerular Filtration Rate), della creatinina sierica, della produzione urinaria e sulla durata della sintomatologia (Mehta e Chertow 2003).

Nelle linee guida KDIGO 2012 l’AKI è definita come un’alterazione della funzionalità renale che determina un incremento della creatininemia ≥ 0.3 mg/dl (≥ 26.5 µmol/l) nelle 48 ore o un aumento della concentrazione di creatinina sierica di 1.5 volte rispetto al valore normale nell’arco di 7 giorni, o una riduzione di 0.5 ml/kg/h del volume urinario per 6 ore (KDIGO Clinical Practice Guideline for Acute Kindney Injury 2012).

Nella tabella I sono illustrati i criteri di classificazione di AKI secondo linee guida KDIGO 2012.

CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DI INSUFFICIENZA RENALE ACUTA KDIGO 2012 Incremento creatininemia ≥ 0.3 mg/dl in 48 ore

Incremento creatinina sierica di 1,5 volte rispetto al valore normale in 7 giorni Riduzione del volume urinario di 0.5 ml/kg/h per 6 ore

Tabella I: Criteri Di Classificazione Insufficienza Renale Acuta KDIGO 2012

Sfortunatamente i criteri utilizzati per classificare la patologia in medicina umana non sono interamente applicabili ai pazienti veterinari.

Nei pazienti umani l’AKI è una patologia che si manifesta comunemente in regime di ricovero ospedaliero, mentre negli animali si manifesta generalmente al di fuori dell’ambito ospedaliero e di conseguenza l’evoluzione della patologia, ma anche l’entità della variazione della velocità di filtrazione glomerulare, dell’azotemia e/o della produzione urinaria, spesso non sono né stimabili né quantificabili con precisione (Zatelli e Cowgill 2014).

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1.2 EZIOLOGIA

L’eziologia dell’insufficienza renale acuta è multifattoriale ma classificabile come: 1) prerenale, 2) renale o 3) postrenale a seconda dell’origine, dell’estensione e della durata delle cause che hanno determinato tale sindrome (vedi figura_I). Concettualmente ogni categoria è facile da distinguere, ma talvolta più cause possono essere concomitanti in un unico paziente: alterazioni prerenali o postrenali possono infatti determinare un danno renale intrinseco (Cowgill e Langston 2011).

Molto spesso i pazienti vengono presentati con uremia acuta che per una corretta valutazione diagnostica, gestionale e terapeutica, deve essere successivamente differenziata nelle sue diverse componenti (Zatelli e Cowgill, 2014).

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1.2.1 Iperazotemia prerenale

Per iperazotemia prerenale s’ intende la diminuzione funzionale della velocità di filtrazione glomerulare provocata dalla riduzione del flusso ematico renale e della pressione di perfusione o dall’aumento della resistenza vascolare renale.

È un’alterazione funzionale della GFR, completamente reversibile tramite un supporto tempestivo all’alterazione emodinamica in corso, senza conseguenze morfologiche a danno del parenchima renale (Cowgill e Francey 2005).

Essa è correntemente chiamata AKI volume-responsiva (Kellum 2007).

L’iperazotemia prerenale si sviluppa come una risposta neurale e umorale secondaria a carenze emodinamiche come l’ipovolemia e l’ipoperfusione, con lo scopo di preservare la perfusione di organi vitali, come il cuore e il cervello (Conger 2001).

In seguito ad alterazioni emodinamiche si ha l’attivazione del sistema nervoso simpatico (SNS), del sistema renina-angiotensina- aldosterone ed il rilascio dell’ormone antidiuretico (ADH, antidiuretic hormon), i quali promuovono, attraverso la conservazione di sali e acqua, la concentrazione delle urine e l’oliguria, nel tentativo di ripristinare il volume ematico (Cowgill e Francey 2005).

Quando la pressione sanguigna sistemica media (MAP) supera gli 80 mmHg, la filtrazione glomerulare riesce ad autoregolarsi; tuttavia, quando le carenze emodinamiche sono gravi o persistenti (MAP inferiore a 80mmHg) e superano la capacità di autoregolazione del glomerulo, la filtrazione non avviene. Dato che i meccanismi compensatori renali si attivano in risposta alla compromissione emodinamica e/o alla riduzione della massa renale funzionale, anche piccole riduzioni aggiuntive della perfusione renale o dell’emodinamica glomerulare sono sufficienti per determinare un ulteriore peggioramento della filtrazione renale (Grauer 1995).

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Figura II: Rappresentazione schematica della patogenesi dell’AKI prerenale. ADH: ormone antidiuretico, ALD: aldosterone, ET-1: endotelina 1, TBX trombossano. Da: Zatelli, Malattie renali del cane e del gatto – Manuale di diagnosi e terapia 2014.

Una delle cause principali di iperazotemia prerenale, è l’insufficiente afflusso ematico al rene, che si può avere per scompenso cardiaco, collasso periferico o shock, diminuzione del volume sanguigno per emorragia e disidratazione per vomito o diarrea. La disidratazione è uno dei più comuni e importanti fattori di rischio che determinano insufficienza renale acuta. Studi in medicina umana indicano che è in grado di incrementare il rischio di sviluppo di AKI di un fattore dieci (Brezis et al., 1991).

Ipotensione/ Ipovolemia Emorragia

Disidratazione

Shock ipotensivo/ cardiogeno/settico Anestesia profonda/prolungata Colpi di calore

Traumi / Ustioni

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Una lieve azotemia, l’aumento del peso specifico delle urine e la diminuzione dell’escrezione di sodio sono tutti segni distintivi dell’azotemia prerenale.

Data la scarsa produzione urinaria, che si manifesta in corso di tale patologia, il riassorbimento tubulare dell’urea può aumentare in modo sproporzionato rispetto a quello della creatinina, causando aumenti variabili del rapporto BUN/ creatinina (Finco e Duncan 1976, Anderson 2001).

I segni più comuni in corso di AKI prerenale sono riportate in tabella III.

PRINCIPALI SEGNI DELL’IPERAZOTEMIA PRERENALE

Lieve azotemia; creatinina sierica ≤ 4 mg/dl e BUN < 80 mg/dl

Aumento del peso specifico delle urine (> 1,040 nel cane e > 1,045 nel gatto)

Ridotta escrezione di sodio; concentrazione sodio urinario < 20 mEq/L e escrezione frazionata di sodio < 1%

TabellaI II: principali segni dell’iperazotemia prerenale

L’iperazotemia e l’aumento del peso specifico urinario sono caratteristici dell’ azotemia prerenale, ma possono essere mascherati da condizioni sottostanti come: la CKD, l’insufficienza surrenalica e quella epatica, che ostacolano sia il riassorbimento renale di soluti sia la capacità renale di concentrare le urine. In animali con insufficienza cardiaca preesistente e/o CKD compensata, l’AKI prerenale può svilupparsi anche in seguito a lievi alterazioni emodinamiche ed è legata all’attivazione dei meccanismi autoregolatori per la conservazione della pressione basale di filtrazione. In modo analogo, i farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) ed i farmaci ACE inibitori possono aggravare l’AKI prerenale, scompensando la funzione glomerulare, la cui filtrazione dipende dalla compensazione emodinamica glomerulare mediata dalle prostaglandine e dall’angiotensina II (Hirsh 2007, Cowgill e Langston 2011).

L’ipoperfusione renale prolungata può causare alterazioni strutturali secondarie al danno ischemico cellulare, che possono indurre iperazotemia renale.

Pancreatiti, vasculiti, ipoproteinemia, insufficienza epatica, torsione gastrica e colpo di calore sono esempi di stati patologici che inducono distrubi emodinamici con la

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tendenza a causare AKI prerenale progressiva e, di conseguenza, iperazotemia renale (Grauer e Lane, 1995).

1.2.2 Iperazotemia renale

L’iperazotemia renale, definita anche AKI intrinseca o organica, è il risultato di un danno a carico del parenchima renale e può essere classificata, in base alla sede iniziale del danno, come 1) vascolare primaria, 2) glomerulare ,3) tubulare o 4) interstiziale (Cowgill e Francey 2005).

Si verifica, per una alterazione a carico del glomerulo, del tubulo, del tessuto interstiziale o vascolare del nefrone che provoca una riduzione brusca della GFR che, a sua volta, determina un eccessivo aumento in circolo di cataboliti azotati. L’AKI organica è caratterizzata, oltre che da iperazotemia e da disordini del metabolismo idroelettrolitico, dalla brusca insorgenza di oliguria, la cui fisiopatologia non è ancora stata ben chiarita: essa potrebbe essere dovuta ad una marcata vasocostrizione renale, ad una ostruzione dei tubuli renali, ad una diminuita permeabilità glomerulare e/o ad anomalie del riassorbimento del filtrato attraverso le pareti tubulari danneggiate (Guidi, 2006).

L’escrezione frazionata del sodio offre un valido aiuto per differenziare l’AKI prerenale dalla renale. L’escrezione frazionata di sodio corrisponde alla clearance del sodio rapportata con la clearance della creatinina, come espresso dalla seguente formula:

Escrezione frazionata Na = sodio nelle urine x creatinina sierica x 100 sodio sierico x creatinina nelle urine

In caso di iperazotemia prerenale, la velocità di filtrazione glomerulare è limitata, ma i tubuli sono ancora efficienti e quindi vengono eliminate urine piuttosto concentrate con basso contenuto di sodio. Invece, in caso di AKI renale, le urine risultano essere piuttosto diluite con alto contenuto di sodio per effetto di deficit di riassorbimento dell’acqua e del sodio (Herold, 2010).

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AKI RENALE AKI PRERENALE

Peso specifico urine Isostenuria o urine

leggermente concentrate

Iperstenuria

Clearance del sodio > 2% < 1%

Rapporto creatinina

urinaria/ creatinina sierica

< 10 : 1 > 20: 1

Na urinario > 25 mEq/l <10-20 mEq/l

Tabella III: differenze AKI renale e AKI prerenale. (Grauer G.F in Nelson R.W. Couto C.G. Small Animal Internal Medicine e Guidi. G in Ailuropatie dal sintomo alla terapia)

I reni sono molto sensibili agli effetti indotti da sostanze tossiche e dall’ischemia a causa di particolari caratteristiche anatomiche e fisiologiche.

Innanzitutto la notevole quantità di sangue che arriva a livello renale, circa il 20 % della gittata cardiaca, fa sì che ad essi giungano sostante tossiche in quantità maggiori di quelle che raggiungono gli altri organi. In particolare la corticale renale è più sensibile della midollare poiché riceve il 90% di sangue che giunge al rene e possiede un’ampia superficie endoteliale. Le cellule tubulari prossimali e la parte più spessa della porzione ascendente dell’ansa di Henle, sono quelle maggiormente interessate da fenomeni ischemici e tossici in quanto, hanno un’elevata attività metabolica e sono sensibili all’ipossia e alle carenze di sostanze nutritive. Le sostanze tossiche distruggono il substrato metabolico necessario alla formazione di ATP, mentre l’ischemia causa un rapido calo delle sue riserve. La conseguente riduzione di energia che ne deriva, causa l’inattivazione della pompa sodio-potassio (Na/K) con rigonfiamento e morte delle cellule (Grauer, 2007).

Un altro fattore importante che predispone i reni a fenomeni tossici/ischemici è il fatto che le cellule dell’epitelio tubulare, riassorbendo acqua e elettroliti dal filtrato glomerulare, possono essere esposte a elevate quantità di tossici che possono accumularsi all’interno delle cellule stesse. In modo analogo, il sistema controcorrente di moltiplicazione può concentrare queste sostanze all’interno della midollare.

Infine, dato che, i reni intervengono attivamente nella biotrasformazione di molti composti, talvolta può succedere che il metabolismo a cui vanno incontro le sostanze

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xenobiotiche a livello renale, può determinare la produzione di sostanze più tossiche del composto di partenza, come riportato nelle intossicazioni da glicole etilenico (Nelson e Couto, 2009).

La causa più frequente di AKI organica è la necrosi tubulare di origine infettiva (Proteus spp., E. Coli, Pseudomonas spp., Staphylococcus spp., Klebsiella spp., Enterobacter spp.), tossica o ischemica, o ischemica e ostruttiva insieme (Guidi, 2006).

Nella necrosi tubulare acuta, si ha la disepitelizzazione del tubulo renale e la successiva caduta di cellule epiteliali nel lume, che formano cilindri in grado di ostruire il lume tubulare. Inoltre, il tubulo disepitelizzato permette il passaggio di soluti e acqua presenti nell’ ultrafiltrato dal lume verso l’interstizio, causando il fenomeno della retrodiffusione. Tale fenomeno determina gravi modificazioni delle caratteristiche del comparto interstiziale, portando ad una disfunzione d’organo associata a alterazioni dell’equilibrio idroelettrolitico e acido-base (Zatelli, 2014).

Per scopi clinici l’AKI renale può essere classificata in base alla causa. Secondo tale classificazione l’insufficienza renale acuta organica può svilupparsi in seguito a ischemia renale, nefropatie primarie, nefrotossicità e/o patologie sistemiche con manifestazioni renali (Cowgill e Francey 2005).

Nel cane la causa principale di AKI sono le nefrotossine che possono avere origine esogena o endogena e appartenere a diverse classi chimiche tra cui solventi, composti organici e farmaci (Behrend et al 1996, Vaden et al. 1997).

Le più comuni tossine causa di AKI nel cane sono: il glicole etilenico, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e gli aminoglicosidi. Le nefropatie renali primarie includono patologie immunitarie, neoplastiche o degenerative che colpiscono primariamente il rene. Infine, le patologie sistemiche possono determinare anch’esse uremia, alterando l’emodinamica renale o creando una risposta infiammatoria sistemica (Langston 2010).

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Ischemia renale Shock (ipovolemico, emorragico, settico

o ipotensivo)

Riduzione output cardiaco Anestesia profonda

Ipertermia/ ipotermia Reazione da trasfusione Iperviscosità/ policitemia Fans

Nefropatie primarie Infezioni: leptospirosi, pielonefrite,

epatite infettiva canina

Patologie immunomediate: lupus

eritematoso sistemico (LES),

glomerulonefrite acuta Neoplasie: linfoma

Varie: “Alabama Rot” (vasculopatia cutanea e renale)

Nefrotossicità Tossine endogene

Tossine esogene Farmaci

Patologie sistemiche con manifestazioni renali

Infezioni: peritonite infettiva felina(FIP), babesiosi, leishmaniosi, endocardite batterica

Pancreatite, Sindrome epatorenale Sindrome della risposta infiammatoria sistemica, Sepsi, insufficienza organica multipla, coagulopatia intravascolare disseminata, Insufficienza cardiaca Lupus eritematoso sistemico Ipertensione maligna

Sindrome da iperviscosità: policitemia, mieloma multiplo

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1.2.2.1 Cause ischemiche

I fattori emodinamici che promuovono l’insufficienza renale intrinseca sono gli stessi responsabili dell’azotemia prerenale, ma in questo caso, tali eventi sono progrediti in gravità e/o nel tempo fino a generare danni morfologici che non possono regredire rapidamente. L’ischemia dovuta a ipotensione prolungata, ipovolemia, collasso circolatorio ed eccessiva vasocostrizione renale predispone di conseguenza i pazienti all’AKI renale come estensione dell’azotemia prerenale (Cowgill e Francey 2005). L’ischemia renale può svilupparsi in seguito a trombosi delle arterie e delle vene renali, coagulazione vasale disseminata (Disseminated Intravascular Coagulation o DIC), trasfusioni tra gruppi sanguigni non compatibili o trombi settici. Vasculiti, pancreatiti, ipoproteinemia, scompenso cardiaco e torsione gastrica sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di tale patologia (Vaden et al. 1997).

In figura III è schematizzata la patogenesi della necrosi tubulare acuta di natura ischemica.

Figura III: Rappresentazione schematica della patogenesi della necrosi tubulare acuta di natura ischemica. FTG: feedback tubulo glomerulare Da: Zatelli, Malattie renali del cane e del gatto – Manuale di diagnosi e terapia 2014.

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1.2.2.2 Nefropatie primarie

Le Nefropatie Primarie includono condizioni 1) infettive, 2) immunomediate, 3) neoplastiche o 4) degenerative, con ripercussione primaria sul rene (Cowgill e Francey 2005).

Tra le cause infettive, le più diffuse sono la pielonefrite e la leptospirosi.

La pielonefrite è generalmente dovuta al reflusso uretrale di batteri nell’urina di animali con infezioni del tratto urinario inferiore, ma talvolta può avere origine ematogena. La maggior parte di infezioni del tratto urinario (74%) sono causate da batteri Gram negativi; l’Escherichia Coli è il batterio più comune, presente dal 37 al 45% dei casi. Condizioni predisponenti per lo sviluppo di pielonefrite sono: anormalità strutturali e anatomiche del tratto urinario, cateterizzazione, disordini della minzione e ridotta risposta immunitaria (Langston 2010, Cowgill e Langston 2011).

La leptospirosi è una zoonosi batterica causata da spirochete del genere Leptospira. Questa patologia è in continuo aumento sia in medicina veterinaria che umana, poiché può persistere nella fauna selvatica e domestica come infezione subclinica (Adin e Cowgill 2000).

Le leptospire sono batteri Gram negativi, mobili ed aerobi obbligati. All’interno del genere Leptospira vengono riconosciute due specie: interrogans, che è generalmente patogena per l’uomo e per altri mammiferi, e biflexa, che comprende le leptospire saprofite e non patogene (Farina 2006 e Guerra 2009).

Recentemente sono state identificate più di 200 sierovarianti e 23 sierogruppi patogeni (Levett, 2001, Guerra 2009).

La prevalenza della leptospirosi è stagionale; è diagnosticata da luglio a dicembre nell’emisfero nord e da gennaio a giugno nell’emisfero sud (Cowgill e Langston 2011). Dopo la diffusione mondiale del vaccino, l’incidenza della “classica” leptospirosi, storicamente determinata da L. interrogans sierovariante icterohaemorrhagiae e

canicola, è diminuita (Rentiko et al. 1992).

Attualmente le più comuni sierovarianti registrate in cani negli Stati Uniti includono

Leptospira sier. autumnalis, grippotyphosa, bratislava e pomona (Adin e Cowgill 2000,

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Le leptospire colonizzano i tubuli renali dell’ospite di mantenimento e sono escrete nelle urine in modo da stabilire una riserva nell’ambiente. Gli ospiti accidentali, come cane e uomo, sono esposti ai batteri tramite il diretto contatto con urine, sangue o tessuti infetti ma la trasmissione può avvenire anche mediante morso, per contatto venereo e per via transplacentare. I microrganismi possono accedere al flusso sanguigno mediante le mucose e/o la cute non integra (Guerra, 2009).

All’interno dell’ospite accidentale, le leptospire iniziano un’intensa fase di riproduzione già a partire dal giorno dopo la penetrazione nello spazio vascolare. Dopo la fase leptospiremica, che dura pochi giorni, attaccano l’endotelio vasale determinando danni vascolari, vasculiti, emorragie, flogosi e alterazioni del sistema coagulativo. Inoltre invadono una grande varietà di organi compresi, reni, fegato, milza, sistema nervoso centrale (SNC), occhi e apparato genitale. L'entità del danno agli organi interni varia a seconda della virulenza del microrganismo e della suscettibilità dell’ospite (Midwinter et al. 1994).

I segni clinici di leptospirosi nel cane possono essere aspecifici. I segni di insufficienza epatica, renale e l’alterazione della coagulazione, di solito sono quelli predominanti. La gravità dei sintomi clinici dipende dall'età e dall’immunocompetenza dell'ospite, da fattori ambientali e soprattutto dalla virulenza e dalla quantità dei batteri acquisiti. I cuccioli (meno di 6 mesi) sono più gravemente colpiti e presentano spesso disfunzione epatica (Goldstein 2006).

La leptospirosi è comunque generalmente associata ad un danno renale reversibile e ad un alto tasso di sopravvivenza, anche se talvolta la compromissione è così severa da dover ricorrere ad emodialisi (Segev 2011).

1.2.2.3 Nefrotossicita’

L’AKI organica è frequentemente causata dall’esposizione a tossine endogene o esogene. Le nefrotossine includono composti organici, prodotti chimici, agenti terapeutici e biotossine che possono determinare danni subletali, apoptosi e/o necrosi dell’epitelio tubulare. Alcune nefrotossine provocano flogosi interstiziale o ostruzione tubulare per precipitazione intraluminale, altre riducono la perfusione renale con conseguente ischemia e morte cellulare (Rumbeiha e Murphy 2009).

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Le nefrotossine possono inoltre determinare danni da radicali liberi, interferire con le funzioni lisosomiali e la fosforilazione ossidativa, ed attivare endonucleasi e proteasi (Pannu e Nadim 2008).

Le principali nefrotossine sono indicate in tabella V.

Agenti terapeutici

Antibiotici; Aminoglicosidi, Fluorochinoloni, Tetracicline, Cefalosporine FANS; Aspirina, Fenilbutazone, Ibuprofene

ACE inibitori

Anestetici; Metossifluorano Antifungini; Amfotericina B

Chemioterapici antitumorali; Cisplatino, Doxorubicina Immunosoppressori; Ciclosporine

Agenti non terapeutici

Metalli pesanti; Mercurio, Urano, Piombo, Sali di Bismuto, Cromo, Cadmio, Rame Composti organici; Glicole etilenico, Tetracloruro di carbonio, Cloroformio, Pesticidi, Erbicidi, Lumachicidi, Solventi

Piante; Uva/uva passa, Giglio

Agenti Vari; Difosfonati, Veleno d’ape o di serpente

Tossine endogene Nefrosi pigmentaria Emoglobina

Mioglobina

Tabella V: Principali cause di AKI organica (Da: Cowgill e Francey 2005 modificata)

Alcuni farmaci usati abitualmente in medicina veterinaria, come i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), gli ACE inibitori e gli aminoglicosidi, sono

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potenzialmente nefrotossici se somministrati in dose eccessiva e/o ad animali con rischio di AKI elevato (Cowgill e Langston 2011).

I FANS inibiscono le ciclossigenasi renali che mediano la produzione di prostaglandine vasodilatatorie, le quali regolano il flusso ematico renale e la GFR quando la perfusione renale è compromessa (Taber e Mueller 2006).

L’inibizione della sintesi di prostaglandine da parte dei FANS promuove la perdita della vasodilatazione controregolatoria alle lesioni ischemiche, intensificando la resistenza vascolare e aggravando l’ipoperfusione renale. Il principale effetto tossico legato all’uso di FANS negli animali è l’ischemia renale, raramente associata alla necrosi papillare che può svilupparsi secondariamente alle modificazioni emodinamiche (Cowgill e Francey, 2005).

La nefrotossicità da FANS si manifesta con maggiore gravità in pazienti con concomitante insufficienza cardiaca congestizia, sindrome nefrosica, insufficienza renale, cirrosi ed ipertensione (Eknoyan, 2001).

Gli ACE inibitori possono indurre AKI attraverso alterazioni emodinamiche glomerulari, ipoperfusione renale e ischemia tubulare. I veterinari dovrebbero monitorare in modo accurato le concentrazioni di creatinina sierica prima e durante la terapia con FANS o ACE inibitori, per prevenire l’insorgenza di insufficienza renale da questi indotta. Il trattamento deve essere quindi sospeso o le dosi devono essere ridotte se viene documentato un incremento di creatininemia (Cowgill e Francey 2005).

Gli aminoglicosidi sono antibiotici altamente nefrotossici che causano lesioni tubulari dirette o disfunzioni tubulari con perdita di soluti filtrati (Dillon, 2001).

Questi antibiotici sono liberamente filtrati a livello glomerulare e interagiscono con i fosfolipidi carichi negativamente, presenti sulla membrana dell’orletto a spazzola del tubulo prossimale, concentrandosi nell’epitelio prossimale mediante pinocitosi. Una volta giunti all’interno della cellula, gli aminoglicosidi determinano interruzione delle attività citosoliche, mitocondriali e lisosomiali promuovendo la morte cellulare (Pannu e Nadim, 2008).

L’avvelenamento da glicole etilenico è una delle più comuni cause di AKI ed è uno degli avvelenamenti più diffusi negli animali da compagnia, soprattutto nel cane, e l’antigelo utilizzato per le automobili è generalmente la fonte d’intossicazione più frequente (Segev et al., 2008).

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L’avvelenamento è dovuto all’azione diretta dei metaboliti del glicole etilenico (glicoaldeide, acido glicossilico, glicolato e acido ossalico) sull’epitelio tubulare e alla deposizione di ossalato di calcio nel lume dei tubuli e dell’interstizio. Il riconoscimento e la decontaminazione precoce dal glicole etilenico sono fondamentali per prevenire o minimizzare il danno a carico dei reni e di altri apparati, come il sistema nervoso centrale (Segev et al., 2008, Rumbeiha e Murphy 2009).

L’avvelenamento da glicole causa, infatti, specifiche disfunzioni del sistema nervoso centrale che possono comparire prima dell’esordio o in contemporanea allo sviluppo dell’insufficienza renale manifesta (Cowgill e Francey, 2005).

La nefrotossicità associata all’ingestione di piante è diventata un’importante causa di insufficienza renale negli animali domestici.

L’ingestione di piante del genere Lilium o Hemerocallis è una causa comune di AKI nel gatto, con un tasso di mortalità compreso tra il 50% ed il 100 % (Lippi et al., 2013) La tossicità è riproducibile con estratti idrosolubili derivanti dai fiori e della foglie, ma la tossina responsabile dei danni non è tuttora stata identificata (Rumbeiha et al., 2004).

L’intossicazione da giglio causa, oltre a depressione ed anoressia, una rapida insorgenza di sintomi gastroenterici, che tendono a placarsi dopo sei ore dalla comparsa. Il gatto sviluppa poliuria nelle 12- 30 ore post esposizione, mentre la fase anurica si manifesta 24-48 ore dopo l’ingestione, accompagnata, nella maggior parte dei gatti, dalla presenza di segni clinici di uremia dopo 30-73 ore (Lippi et.al, 2013). La nefrotossicità del giglio è associata ad una estesa necrosi dell’epitelio del tubulo renale prossimale e del pancreas (Langston 2002). La sopravvivenza del gatto intossicato da giglio è strettamente correlata alla precocità di intervento; senza trattamento generalmente si ha la morte 3-7 giorni dopo l’ingestione (Lippi et al.,2013).

Nel cane l’intossicazione da uva o da uva passa, può determinare l’insorgenza di insufficienza renale acuta, caratterizzata da vomito ed incremento dell’azotemia in 24 ore (Eubig et al., 2005).

Recentemente l’AKI, è stata associata all’assunzione di alimenti per animali, contaminati da melamina, sostanze melamino correlate e acido cianidrico; la relazione tra melamina e acido cianidrico è responsabile della produzione di cristalli insolubili a

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livello dl tubulo renale distale, con conseguente compromissione della funzionalità renale (Nelson e Couto, 2009).

1.2.3 Iperazotemia postrenale

L’AKI postrenale è caratterizzata da ostruzione o da deviazione del flusso di urina e conseguente accumulo dei prodotti dell’escrezione all’interno dell’organismo.

Le cause più comuni di AKI postrenale includono l’ostruzione parziale o completa dell’uretra o della vescica da parte di coaguli ematici, uroliti, tappi mucosi o lesioni occupanti spazio intra- o extraluminali. In caso di ostruzione urinaria si ha un aumento della pressione intratubulare che sconvolge l’equilibro tra pressione oncotica e idrostatica e determina ultrafiltrazione glomerulare con conseguente riduzione della GFR (Cowgill e Langston 2011).

L’azotemia si risolve velocemente dopo che il flusso urinario è stato ristabilito, ma possono svilupparsi danni renali temporanei o permanenti se l’intervento non è effettuato precocemente (Cowgill e Francey, 2005).

L’ostruzione uretrale è attualmente la causa principale di AKI in gatti sottoposti a emodialisi (Langston 2010).

L’incidenza di uroliti nel gatto è infatti molto elevata e la maggior parte di questi calcoli (98%) è composta da ossalati di calcio (Kyles e Westropp, 2009).

Inoltre, rotture a livello del tratto urinario possono determinare AKI postrenale in seguito al dirottamente dell’urina nello spazio retro peritoneale, nella cavità peritoneale o nel canale pelvico con conseguente sviluppo di oliguria e uremia (Cowgill e Francey, 2005).

L’urina causa una reazione infiammatoria a carico dei tessuti, che in cavità addominale può portare a peritonite asettica. Al contrario, la perdita di urina nell’addome di animali con infezione a carico del tratto urinario, può invece condurre a peritonite settica (Langston 2010).

In caso di rottura di una parte del tratto urinario, l’azotemia è rapidamente reversibile se viene corretta la diversione urinaria; ad esempio mediante l’applicazione di catetere

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urinario che bypassa la rottura dell’uretra, mediante drenaggio peritoneale e/o intervento chirurgico (Cowgill e Langston 2011).

1.3 FISIOPATOLOGIA DELL’INSUFFICIENZA RENALE ACUTA

L’AKI può essere classificata in 4 fasi; iniziale, di estensione, di mantenimento e di guarigione (Cowgill e Langston, 2011).

1.3.1 Fase iniziale

La fase iniziale è caratterizzata da assenza di segni clinici ed è secondaria ad un insulto renale, che può essere di natura nefrotossica, ostruttiva o ischemica, e continua fino a quando non si ha un cambiamento evidenziabile della funzionalità renale (Langston 2010).

Il tempo necessario alla manifestazione clinica di tale modificazione è variabile, e dipende dalla natura e dalla gravità dell’insulto (Finn, 2001).

In questa fase la lesione a livello del parenchima renale evolve e l’epitelio tubulare subisce un danno sub letale ma potenzialmente reversibile (Heyman, 2002).

L’intervento terapeutico precoce in fase iniziale ha elevate probabilità di ridurre la progressione e la gravità del danno renale, ma in molti casi i segni clinici sono difficili da diagnosticare e i biomarker non sono sufficientemente sensibili per rilevare il danno (Cowgill e Langston 2011).

1.3.2 Fase di estensione

Durante la fase di estensione, il rene subisce alterazioni della perfusione, prolungata ipossia, flogosi secondaria, e danno epiteliale ed endoteliale continuo (Cowgill e Francey, 2005).

La vasocostrizione intrarenale e l’ostruzione capillare, l’ipoperfusione e l’ipossia nella fase di estensione riducono la concentrazione di ATP negli epiteli sensibili alterando

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l’attività della pompa Na/K ATP dipendente, e innescano gonfiore cellulare e morte delle cellule per necrosi ed apoptosi (Padanillam, 2003).

Le cellule epiteliali colpite in maniera meno grave subiscono la perdita dell’orletto a spazzola a livello della superficie apicale, la perdita della polarità e il distacco di cellule dalla membrana basale (Langston 2010).

Le conseguenze funzionali sono rappresentate dal declino progressivo della filtrazione glomerulare, dalla perdita della capacità di concentrare l’urina e lo sviluppo di oliguria e azotemia (Cowgill e Francey, 2005).

1.3.3 Fase di mantenimento

La fase di mantenimento dura da pochi giorni ad alcune settimane, anche se la durata generalmente oscilla tra una e tre settimane, e se prolungata può determinare una ridotta velocità di guarigione e la probabilità di un danno renale permanente (Finn 2001, Cowgill e Francey 2005).

In questa fase di solito, si ha la diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare, l’alterazione del flusso ematico regionale e lo sviluppo di complicazioni legate all’uremia.

La produzione urinaria può aumentare o diminuire e le urine sono molto simili all’ultrafiltrato glomerulare con piccole modificazioni grazie all’intervento dei processi tubulari. Nella fase di mantenimento si instaura una quantità critica di danni a carico del parenchima renale che potrebbero non essere reversibili (Cowgill e Langston, 2011).

1.3.4 Fase di guarigione

La guarigione renale dipende dalla risoluzione di danni cellulari subletali ed avviene mediante il ripristino della polarità cellulare, la migrazione di cellule vitali a livello delle lacune della membrana basale, la rimozione di cellule necrotiche e di cilindri intratubulari, e infine mediante la rigenerazione delle cellule renali con il conseguente ripopolamento dell’epitelio tubulare (Racusen 2001; Clarkson et al. 2008).

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La perdita di differenziazione che avviene a carico delle cellule epiteliali vitali dei tubuli renali, che in seguito proliferano e migrano a livello delle lacune della membrana basale, è uno dei principali metodi di riparazione del danno renale (Clarkson et al., 2008; Devarajan 2009). Le cellule che vanno incontro a tale fenomeno, esprimono sia la vimentina (normalmente presente nelle cellule mesenchimali ma non nelle cellule renali differenziate), sia marker di attività mitogenica (Liu, 2008).

Al processo di rigenerazione tubulare, oltre a queste cellule, partecipano anche le cellule staminali responsabili dell’organogenesi renale, localizzate nelle papille renali, che possono attivarsi e contribuire alla riparazione del danno renale (Clarkson et al., 2008). L’infusione di cellule staminali può avere azione nefroprotettiva. Tuttavia, i risultati sembrano essere correlati più agli effetti paracrini, come ad esempio la produzione di fattori di crescita, piuttosto che al diretto contributo al ripopolamento delle nuove cellule epiteliali (Lange et al., 2005; Krause e Cantley , 2005; Cowgill e Langston, 2011). I processi di rigenerazione sono indotti da agenti mitogeni, motogeni e morfogeni tra cui: il fattore di crescita insulino-simile-1 (IGF-1 ,Insulin Like-Growth

Factor-1), il fattore di crescita epidermico (EGF, Epidermal Growth Factor), il fattore di

crescita dei fibroblasti (FGF, Fibroblast Growth Factor), il fattore di crescita nervoso (NGF, Nerve Growth Factor) e il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF,

Vascular Endothelial Growth Factor) (Ichimura e Bonventre, 2001).

Questi fattori di riparazione possono però contribuire essi stessi alla fibrosi e altri aspetti deleteri della patogenesi e della progressione del danno renale (Cowgill e Francey, 2005). Nei pazienti oligurici o anurici questa fase è caratterizzata da un aumento della produzione urinaria, accompagnata da una riduzione della concentrazione di sodio escreto nelle urine. In questi animali, la perdita di sodio può essere così grave da causare una profonda deplezione di volume, che può ritardare o interrompere i processi di guarigione o addirittura causare lesioni renali aggiuntive (Finn 2001, Liu et. al 2008, Langston 2010). L’aumento della produzione urinaria in questa fase può però non corrispondere a miglioramenti significativi della GFR, per cui i cambiamenti nell’azotemia possono restare “indietro” rispetto alla riparazione tubulare (Cowgill e Francey, 2005). Nei pazienti non oligurici, una modificazione della produzione urinaria può non essere un indice utile di guarigione. Al contrario, la riduzione di creatinina, urea e BUN è indice di miglioramento della clearence renale,

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mentre l’aumento della concentrazione delle urine e la riduzione della perdita di sodio sono un indice di miglioramento della funzione tubulare (Cowgill e Langston 2011). In figura IV è schematizzata il processo fisiopatologico dell’AKI.

Figura IV: Rappresentazione schematica della fisiopatologia dell’AKI. Da: Cowgill e Langston, 2011. Nella fase A, le cellule epiteliali, in seguito ad un insulto, riportano danni al citoscheletro e perdono la loro polarità. Nella fase B, l’orletto a spazzola viene perso, le cellule vanno incontro a necrosi e/o apoptosi e si staccano dalla membrana basale, contribuendo alla formazione di detriti luminali che possono portare alla formazione di cristalli. Nell fase C, è evidenziato come le cellule sopravvissute inizino a perdere la loro differenziazione, a proliferare e migrare. Inoltre sia le cellule staminali presenti nel rene che quelle provenienti dal midollo osseo, possono partecipare al processo di riparazione. Nella fase D tali cellule staminali, producono fattori di crescita in grado di favorire la riparazione. In fase E, le cellule vanno incontro nuovamente a differenziazione e la polarità è ripristinata.

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1.4 MANIFESTAZIONI CLINICHE DELL’ INSUFFICIENZA RENALE ACUTA

Le manifestazioni cliniche dell’uremia acuta derivano dalla natura multisistemica della sindrome. Studi condotti sul cane indicano che, solitamente, alla presentazione e nelle prime fasi di trattamento dell’AKI sono coinvolti quattro o più sistemici organici (Cowgill e Francey, 2005).

Nelle fasi iniziali di AKI i segni clinici sono pochi e aspecifici, mentre negli stadi avanzati sono multisistemici e gravi (Cowgill e Langston, 2011).

A parità di azotemia, i segni clinici presenti in animali con AKI tendono a essere più gravi di quelli osservati nei soggetti con CKD (Nelson e Couto, 2009).

Gli animali con insufficienza renale acuta presentano recente (inferiore ad una settimana) insorgenza di anoressia, polidipsia, letargia, vomito o nausea, poliuria o oliguria/anuria e debolezza. L’esame fisico può rilevare un variabile grado di disidratazione, alitosi uremica o ulcere orali con severa uremia, dolore addominale, ingrossamento renale, tachicardia o bradicardia (Langston, 2010).

Le principali conseguenze cliniche dell’AKI includono alterazioni a carico dei fluidi corporei, inadeguata produzione urinaria, disordini elettrolitici ed acido-base, intossicazione uremica e complicazioni cardiovascolari, polmonari e neurologiche.

1.4.1 Disordini dell’equilibrio fluidico

Molte cause di insufficienza renale acuta determinano riduzione dell’apporto e/o eccessiva perdita di fluidi attraverso vomito, diarrea o poliuria con conseguente disidratazione, ipovolemia e ipotensione (Grauer, 1998).

La disidratazione favorisce l’ipoperfusione renale e causa azotemia prerenale, mentre l’ipovolemia estesa promuove l’ulteriore compromissione della perfusione renale, aggrava l’azotemia e predispone i reni a lesioni ischemiche aggiuntive (Cowgill e Francey, 2005).

Al contrario, la fluidoterapia eccessivamente aggressiva può provocare ipervolemia e iperidratazione, causare quindi versamento pleurico, edema polmonare e periferico,

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insufficienza cardiaca congestizia (CHF, Congestive Heart Failure) e ipertensione sistemica (Cowgill e Langston 2011).

Per evitare queste complicazioni iatrogene, molto comuni in corso di ospedalizzazione di pazienti con AKI, è essenziale eseguire misurazioni seriali del peso corporeo dei pazienti durante il ricovero e monitorare ad intervalli regolari il loro stato di idratazione mediante la valutazione della frequenza cardiaca, delle caratteristiche del polso, del tempo di riempimento capillare, del grado di umidità delle mucose, dell’auscultazione del torace, del turgore della pelle, della produzione di lacrime, della pressione sanguigna, delle proteine plasmatiche e dell’ematocrito. La bioimpedenza fornisce informazioni aggiuntive che permettono di quantificare le modificazioni della distribuzione dei fluidi negli spazi intra ed extracellulari (Elliot et al., 2002; Cowgill 2004).

1.4.2 Inadeguata produzione di urina

L’oliguria e l’anuria sono caratteristiche critiche dell’uremia acuta. Per anuria si intende la mancata produzione di urina (< 0.08 ml/kg/h), mentre per quanto riguarda l’oliguria sono presenti numerose definizioni in letteratura; viene descritta come una condizione in cui la produzione urinaria è inferiore a 0.27 mL/kg/h (English, 1974), inferiore a 0.48 ml/kg/h (Polzin, 1989) e inferiore a 1-2 ml/kg/h (Haskins, 1979).

Cowgill e Francey (2005), definiscono come oliguria la produzione di urina inferiore a 1 ml/kg/h, in cani o gatti reidratati, euvolemici o ipervolemici, trattati con fluidoterapia endovenosa o con diuretici.

È fondamentale stabilire se l’oliguria o l’anuria siano secondarie a cause postrenali, mediante la valutazione della dimensione della vescica e della pervietà dell’uretra, o a cause prerenali. L’oliguria “patologica” deve essere infatti distinta dagli stati oligurici fisiologicamente conseguenti a disordini prerenali, che rispondono alla somministrazione di fluidi (Cowgill e Langston, 2011)

Negli animali oligo-anurici la ritenzione di soluti, l’iperkaliemia, l’iperidratazione e l’acidosi metabolica sono tendenzialmente più gravi che nei pazienti con patologia non oligurica. La persistente oligo-anuria rende inoltre rischiosa la somministrazione di

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fluidi parenterali, enterali ed emoderivati, nonostante la necessità di questi da parte dei pazienti (Cowgill e Francey, 2005).

1.4.3 Disturbi degli equilibri acido-base e fluido elettrolitico

Spesso, in corso di uremia acuta, gli squilibri elettrolitici sono le complicazioni più pericolose per la sopravvivenza, e sono causati dalla compromissione della funzione escretoria del rene danneggiato.

Il disturbo più importante è l’iperkaliemia, che può essere aggravata ulteriormente da inappropriate somministrazioni di potassio presente nei fluidi enterali o parenterali e dall’acidosi metabolica (Cowgill e Francey, 2005).

L’iperpotassiemia, si sviluppa a causa del trasferimento di potassio dal comparto intracellulare, dove è presente in grande quantità, al comparto extracellulare in cui la concentrazione di questo elettrolita è minima.

Questo disturbo elettrolitico è causato: da un’escrezione inadeguata di potassio dovuta ad una diminuita filtrazione, dalla diminuzione dell’escrezione di sodio a livello dei dotti collettori della corticale, da lesioni ai siti di escrezione del potassio lungo i nefroni, dalla riduzione della concentrazione di aldosterone e/o dalla resistenza all’aldosterone e dai diuretici bloccanti i canali del sodio (Giebisch, 1979; Schaefer e Woldford, 2005; Di Bartola e Morais, 2006).

L’iperpotassiemia può essere ulteriormente aggravata dalla lisi cellulare e dal rilascio di potassio dalle scorte intracellulari (lesioni da incidente, lisi tumorale, miositi), da rilascio di potassio dalle cellule associato ad acidosi sistemica, dall’aumento del carico di potassio dovuto alla dieta, dalle soluzioni somministrate per via parenterale e dai farmaci che interferiscono con l’omeostasi renale del potassio, come i bloccanti beta-adrenergici e gli ACE inibitori (Mount e Zandi-Nejad, 2008; Segev et al. 2010).

Gli effetti indesiderati dell’iperpotassiemia derivano dalla riduzione dei gradienti transmembranari del potassio e dai cambiamenti nell’eccitabilità della membrana cellulare, ovvero dall’aumentato potenziale di membrana a riposo, e dalla sua persistente depolarizzazione. Le cellule periferiche conducenti e contrattili, sono le più colpite dai cambiamenti indotti dall’iperpotassemia, che causano debolezza muscolare

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generalizzata, riduzione della contrattilità cardiaca, disturbi della conduzione cardiaca, aritmie cardiache ed disturbi neurologici (Di Bartola e De Morais, 2006).

Le alterazioni elettrocardiografiche indotte dall’iperkaliemia moderata (potassio sierico 6.8-8.5 mEq/L) comprendono riduzione dell’ampiezza delle onde P, prolungamento degli intervalli PQ, QRS e QT, sottoslivellamento del segmento ST nelle derivate inferiori e disturbi della ripolarizzazione. Livelli sierici di potassio compresi tra 8.5 e 10 mEq/L inducono un ulteriore aumento del potenziale di riposo delle cellule atriali con arresto della depolarizzazione e della conduzione atriale. Le principali anomalie nell’ECG sono rappresentate da assenza di onde P, intervalli R-R irregolari e prolungamento dell’intervallo QT. Infine, livelli sierici di potassio superiori a 11.6 mEq/L inducono asistolia atriale e ventricolare ma anche flutter ventricolare e fibrillazione ventricolare. Tutte le alterazione elettrofisiologiche ed elettrocardiografiche indotte dall’aumento della potassemia sono comunque reversibili con il ripristino delle normali concentrazioni del potassio (Santilli e Perego, 2009).

Le anomalie del sodio sierico in corso di AKI sono spesso iatrogene e indotte dalla fluidoterapia inappropriata e dall’uso eccessivo di sodio bicarbonato.

L’iponatremia può essere causata dalla perdita eccessiva di sodio dovuta a vomito, pancreatite, somministrazione di diuretici o insufficienza adrenergica. Inoltre, può essere associata alla diluizione transitoria dopo somministrazione di mannitolo, destrosio ipertonico o soluzioni di colloidi sintetici, per spostamento dell’acqua libera dallo spazio intracellulare a quello extracellulare. L’ipernatremia, che indica un’eccessiva perdita di acqua libera, è generalmente una complicazione della somministrazione eccessiva di soluzioni saline ipertoniche o di sodio bicarbonato (Cowgill e Francey, 2005).

L’acidosi metabolica è una complicazione clinica prevedibile dell’insufficienza renale acuta, data la partecipazione del rene alla regolazione dell’equilibrio acido-base. Si sviluppa per l’eccessiva produzione di metaboliti acidi non volatili, per la diminuzione della filtrazione del carico acido, per il diminuito riassorbimento di bicarbonato e per la produzione di ammoniaca messa in atto per facilitare l’escrezione acida netta (Cowgill e Langston, 2011).

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La gravità dell’acidosi può essere aggravata da una chetoacidosi diabetica concomitante, da acidosi lattica o dall’intossicazione da glicole etilenico o salicilati. Una grave acidosi metabolica determina tachipnea ed aumento della respirazione tidalica con respiro di Kussmaul, diminuzione della contrattilità cardiaca, aritmie cardiache, vasodilatazione arteriosa periferica e vasocostrizione centrale ed ottundimento del sensorio, letargia, stupore e coma come sintomi neurologici (Di Bartola, 2006).

L’acidosi metabolica induce inoltre insulino-resistenza e aumenta il catabolismo proteico, contribuendo ulteriormente all’azotemia e all’atrofia muscolare (Williams et al., 1991; Cowgill e Francey, 2005).

1.4.4 Intossicazione uremica

La riduzione acuta della filtrazione renale causa il rapido accumulo di una gamma di tossine uremiche all’interno dell’organismo. Queste tossine, in base alle loro caratteristiche chimiche e fisiche, possono essere suddivise in tre grandi gruppi;

1) Composti idrosolubili, di peso molecolare inferiore a 500 Dalton, non legati a proteine (non protein-bound). I capostipiti di questa classe sono l’urea e la creatinina, che sono rimossi facilmente da qualunque strategia dialitica.

2) Composti idrosolubili a più elevato peso molecolare (> 500 Da)

3) Composti liposolubili e/o protein-bound. La maggior parte dei soluti di questo gruppo hanno un basso peso molecolare, prima di legarsi a proteine, e sono di difficile eliminazione da parte delle maggiori tecniche dialitiche, poiché la loro rimozione dipende largamente dall’equilibrio fra le frazioni libere e legate (Basile et al., 2010).

Nel loro insieme, le tossine uremiche contribuiscono alle caratteristiche multisistemiche dell’uremia acuta in modo direttamente proporzionale alla gravità dell’azotemia e allo stadio di AKI. L’ipergastrinemia, dovuta ad aumentata secrezione di gastrina e/o ad una sua ridotta clearance renale, la ridotta produzione di muco, la conversione dell’urea in ammoniaca e gli effetti centrali indotti dalle tossine uremiche, contribuiscono collettivamente alle manifestazioni gastroenteriche che si hanno in corso di AKI (Cowgill e Francey, 2005).

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I sintomi gastrointestinali dovuti all’uremia includono; anoressia, nausea, vomito, stomatite, ulcere orali, gastrite, ematemesi, sanguinamento gastrointestinale, enterocolite, diarrea, necrosi linguale, intussuscezione e ileo (Krawiec, 1996).

La pancreatite, generalmente identificata comunemente come causa e come complicazione dell’insufficienza renale acuta, si sviluppa nel 10% dei cani con AKI gravissima come sottocomponente del coinvolgimento gastroenterico (Francey, 2003; Cowgill e Francey, 2005).

Le principali alterazioni della coagulazione e la conseguente tendenza all’emorragia, indotte dalle tossine uremiche, sono dovute principalmente alla compromissione dell’interazione piastrine-parete vasale e piastrine-piastrine, e comprendono: petecchie, ecchimosi, sanguinamenti gastrointestinali, epistassi e sanguinamenti dai margini gengivali e dalle sedi di prelievo venoso (Galbusera et al., 2009).

1.4.5 Complicazioni cardiovascolari

Come possibili conseguenze dell’uremia a carico dell’apparato circolatorio si possono osservare: sovraccarico volumetrico, aritmie cardiache, cardiomegalia, insufficienza cardiaca e ipertensione. Meno spesso possono verificarsi pericarditi, effusioni pericardiche e tamponamento cardiaco. Le anormalità della contrattilità e nell’eccitabilità del miocardio possono essere causate o peggiorate dall’ipovolemia, dall’acidosi, dall’iperpotassiemia o da altre tossine uremiche. Le alterazioni elettrocardiografiche sono bradicardia, contrazioni premature sopraventricolari o ventricolari, e tachicardia parossistica ventricolare. L’arresto cardiaco può derivare da una grave iperpotassiemia o dagli squilibri metabolici collettivi, acido-basici ed elettrolitici dell’uremia acuta (Cowigll e Francey 2005).

Circa l’80% dei cani con uremia grave sviluppa ipertensione sistemica che, se non risolta, può causare distacco di retina, emorragia retinica, ifema, progressiva cecità, ulteriore danno renale, ischemia miocardica, encefalopatia, emorragia cerebro vascolare e demenza (Bargtes, 1996).

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1.4.6 Complicazioni polmonari

La malattia respiratoria è comune negli animali gravemente iperazotemici, molto spesso pericolosa per la sopravvivenza e, a volte, refrattaria alla terapia.

In letteratura è riportato che la sintomatologia respiratoria è presente in un terzo di cani con AKI al momento della presentazione in clinica, e che la sua prevalenza tende ad aumentare in corso di ospedalizzazione (Francey, 2004).

Inoltre, in medicina umana il 55-86% dei pazienti con insufficienza renale acuta presenta coinvolgimento dell’apparato respiratorio, il quale viene considerato un segno prognostico altamente negativo (Bouchard e Mehta, 2009).

Le principali complicazioni respiratorie in corso di uremia sono, in ordine di frequenza, l’edema polmonare, il versamento pleurico, la polmonite, l’emorragia polmonare, la polmonite uremica e il tromboembolismo a carico dell’arteria polmonare. Inoltre, a causa dell’eccessiva somministrazione di fluidi e del sovraccarico volumetrico possono svilupparsi edemi interstiziali e/o alveolari (Cowgill e Francey, 2005).

Sono stata evidenziate quattro cause predisponenti per lo sviluppo di edema polmonare in pazienti con AKI: 1) sovraccarico di fluidi, 2) alterazioni della funzionalità del ventricolo sinistro, 3) aumentata permeabilità dei capillari polmonari e 4) danno polmonare acuto (ALI, acute lung injury) (Faubel, 2008).

In alcuni casi di leptospirosi, sono radiograficamente evidenziabili gravi infiltrati polmonari generalizzati a macchia di leopardo, da interstiziali ad alveolari, associati a disfunzione polmonare (Bauman e Fluckiger,2001).

1.4.7 Disordini neuromuscolari

Le manifestazioni neurologiche dell’uremia acuta riflettono le alterazioni diffuse e non specifiche della corteccia cerebrale e della funzione neuromuscolare periferica; esse sono chiamate con il termine generico di encefalopatie uremiche.

L’encefalopatia uremica può essere causata da uremia, ipertensione, alterazioni dell’equilibrio acido-base, disordini elettrolitici e da tossicità indotta da tossici e/o da alcuni farmaci come gli antagonisti dei recettori H-2 e il metoclopramide, che possono a sua volta indurre alterazioni neurologiche in animali uremici anche alle convenzionali

Figura

Figura I: Cause eziologiche di AKI. Da: Langston, 2010.
Tabella II: principali cause di AKI prerenale
Tabella III: differenze AKI renale e AKI prerenale. (Grauer G.F in Nelson R.W. Couto C.G
Tabella IV: cause di AKI renale (Cowgill e Francey 2005, Cowgill e Langston 2011)
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