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Variazioni latitudinali dell?effetto di invertebrati sul biofilm di costa rocciosa

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Scienze M.F.N.

Corso di Laurea Specialistica in Biologia Marina

Anno Accademico 2007/2008

Variazioni latitudinali

dell'effetto di invertebrati sul

biofilm di costa rocciosa

Relatori:

Prof. Lisandro Benedetti-Cecchi

Dr. Elena Maggi

Candidato:

Vincenzo Gennusa

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RIASSUNTO

Il microfitobentos (o biofilm) ricopre la maggior parte delle superfici immerse in acqua. Esso è composto principalmente da batteri, diatomee, cianobatteri e propaguli macroalgali e rappresenta, nella porzione intertidale di costa rocciosa, la maggiore frazione di biomassa prodotta e consumata in situ. Nonostante la sua importanza, esso risulta scarsamente studiato in Mediterraneo.

Lo studio del biofilm ha preso in considerazione vari habitat acquatici, ma con un interesse maggiormente rivolto ai substrati molli rispetto a quelli rocciosi, soprattutto a causa delle difficoltà nella raccolta, identificazione e quantificazione degli organismi su substrato duro. Le tecniche maggiormente usate su costa rocciosa sono rappresentate da stime indirette basate sulla quantità di clorofilla, o la conta e riconoscimento diretti degli organismi, che tuttavia implicano il grattaggio della superficie, richiedendo quindi un campionamento distruttivo e un consumo notevole di tempo.

Negli ultimi anni, tuttavia, si sono sviluppate alcune tecniche di campionamento non distruttivo, quali l’utilizzo del Pulse Amplitude Modulated Fluorometer (PAM). Questo metodo, che permette di effettuare misure in vivo sulla fluorescenza della clorofilla a, si è infatti dimostrato una tecnica semplice e veloce, adatta a studi su microalghe bentoniche, ma finora scarsamente utilizzato su substrati duri.

Gli studi condotti sul biofilm di costa rocciosa si sono concentrati sulla descrizione di pattern di distribuzione spaziale e temporale, sull’effetto dell’erbivorismo e di variazioni nel microhabitat. Tali studi hanno evidenziato l’effetto di diverse specie di gasteropodi sull’abbondanza e distribuzione del microfitobentos, ma anche di gradienti verticali, latitudinali e stagionali, e come variazioni di temperatura e diversi tempi di esposizione all’aria possano modificare sia il popolamento microalgale che l’attività di pascolamento degli erbivori. Ad oggi, tuttavia, pochi studi sperimentali hanno testato l’effetto di più di uno di questi fattori contemporaneamente.

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Il presente studio è stato condotto sulla battigia di costa rocciosa, e ha testato l’ipotesi che la biomassa e l’attività fotosintetica del biofilm (sia su roccia che sugli scudi degli ctamali) siano influenzate dall’attività di erbivorismo delle patelle e dalla densità degli ctamali, e che l’intensità di tali effetti possa variare al variare della latitudine. In particolare, ci aspettiamo che la presenza delle patelle influenzi negativamente la biomassa del biofilm (in quanto quest’ultimo rappresenta la principale fonte di cibo di questi erbivori), ma non la sua attività fotosintetica. Si ipotizza inoltre che la presenza degli ctamali possa avere effetti positivi sui popolamenti microfitobentonici. Gli ctamali infatti, dove presenti a elevate densità, da un lato possono mantenere elevato lo stato di umettazione diminuendo la temperatura del microhabitat durante l’esposizione all’aria, dall’altro inibire l’attività di erbivoria delle patelle, esercitando quindi un effetto positivo sia diretto che indiretto sulla biomassa e sull’attività fotosintetica del biofilm. Si propone inoltre che tali effetti possano variare in intensità in relazione alle condizioni climatiche, quindi che possano variare con la latitudine.

Lo studio è stato condotto tra l’inverno 2007 e la primavera 2008, in due regioni italiane (Toscana e Sicilia) a diversa latitudine. In ciascuna regione sono stati scelti due siti, e in ciascun sito è stato allestito lo stesso esperimento, con il fattore Erbivori (3 livelli: Esclusione, Controllo e Controllo Artefatto) incrociato al fattore Densità di ctamali (3 livelli: 100%, 50% e 0% dell’abbondanza media osservata in ciascun sito). Per ciascuna combinazione sono presenti 3 repliche. I campionamenti sono stati effettuati attraverso l’utilizzo del PAM in 2 date: dopo circa 1 mese (T1) e 3 mesi (T2) dal set-up dell’esperimento

I risultati preliminari mostrano un effetto positivo della densità degli ctamali sulla biomassa del biofilm su roccia al tempo T1, ma soltanto in un sito ad entrambe le latitudini, e una variabilità tra siti nella “qualità” dell’attività fotosintetica del microfitobentos presente sugli scudi dei cirripedi. Ulteriori analisi permetteranno di testare tutte le ipotesi prese in esame.

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Capitolo 1

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1 – INTRODUZIONE

Nell’ambiente naturale i microrganismi tendono a non rimanere singole cellule isolate, ma ad organizzarsi in popolamenti plurispecifici (films, flocculati e fanghi biologici), distribuendosi in maniera ubiquitaria sia in ambiente terrestre che acquatico. Questi aggregati crescono e si sviluppano colonizzando qualsiasi superficie a disposizione, sia naturale che artificiale, in condizioni ambientali anche estreme. Il termine biofilm viene comunemente utilizzato per indicare tutti questi tipi di associazione microbica a prescindere dalla struttura biologica e dall’ambiente in cui esse si formano.

Il biofilm marino può essere definito come una matrice organica, formata da biopolimeri poco solubili in acqua, nella quale vivono e si riproducono organismi che formano uno strato biologico che ricopre la superficie. Esso è composto principalmente da batteri, diatomee, funghi, protozoi e propaguli macroalgali. Ogni superficie immersa in mare viene immediatamente ricoperta da un sottile strato di biofilm che rappresenta la prima fase della colonizzazione biologica. Il suo sviluppo prevede varie fasi (adesione, colonizzazione, accumulazione, e dispersione), modulate temporalmente da un range di fattori biologici, fisico-chimici e ambientali (Relini 2003). I meccanismi di formazione del biofilm, la sua struttura e composizione specifica dipendono anche dalle caratteristiche della superficie del substrato (Taylor et al. 1994). La formazione del biofilm genera, solitamente, le condizioni favorevoli per l’insediamento del macrofouling, che continua così il processo di colonizzazione della superficie.

Il ruolo del biofilm nell’ecologia della comunità bentoniche è stato spesso sottovalutato, e pochi studi sono stati condotti su di esso, se comparati con la notevole produzione scientifica rivolta agli altri organismi presenti nei diversi habitat bentonici.

Il biofilm, oltre a rappresentare la maggiore frazione di biomassa prodotta e consumata in situ nella porzione intertidale di costa rocciosa (Castenholz 1961; Nicotri 1977), gioca un ruolo

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fondamentale durante l’insediamento delle forme larvali e dei propaguli e la successione del benthos (Wahl 1989). Generalmente la fase di esplorazione del substrato da parte delle larve pronte all’insediamento viene modulata da una serie complessa di interazioni tra fattori ambientali biotici ed abiotici. Stimoli fisico-chimici, natura del substrato, luce, temperatura, disponibilità di cibo e presenza di conspecifici sono solo alcuni dei fattori coinvolti e ampiamente studiati (Relini 2003). Il biofilm altera le proprietà fisico-chimiche dei substrati immersi nell’ambiente acquatico, modificando e regolando i comportamenti larvali di esplorazione e insediamento in un ampia gamma di invertebrati marini (Wieczorek & Todd 1998; Qian 1999). Tale funzione è stata investigata sotto l'aspetto biologico (Wieczorek et al. 1995; Wieczorek & Todd 1997), chimico (Rittschof et al. 1984), e fisico (Tsurumi & Fusetani 1998).

Lo studio del biofilm in ecologia ha interessato diversi habitat acquatici, con un'attenzione maggiormente rivolta ai substrati molli rispetto a quelli di costa rocciosa. Una ricerca su un database di letteratura scientifica (Web of Science), comprendente articoli dal 1960 al 2007, ha restituito 150-200 articoli riguardanti studi su microalghe su substrati molli ma soltanto 20 per le coste rocciose. Questa carenza di studi nell'ambito di costa rocciosa è da ricercare soprattutto nelle difficoltà di raccolta, identificazione e quantificazione del microfitobentos su substrato duro (Underwood 1984a; Hill & Hawkins 1990). Le tecniche maggiormente usate su costa rocciosa sono rappresentate da stime indirette della biomassa microalgale basate sulla quantità di clorofilla (Underwood 1984a; Underwood et al. 2005), o la conta e il riconoscimento diretti degli organismi (Hill & Hawkins 1990; Underwood 1984a). Entrambe le tecniche implicano il grattaggio della superficie, richiedendo quindi un campionamento di tipo distruttivo e un notevole impiego di tempo.

Negli ultimi anni, tuttavia, si sono sviluppate tecniche di campionamento non distruttivo per lo studio del microfitobentos. L'uso dello spettrofotometro (Murphy et al. 2005), delle fotografie digitali all'infrarosso (Murphy et al. 2004; Murphy et al. 2006) e del

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PAM (Pulse Amplitude Modulated fluorometer) (Serodio et al. 1997; Jesus et al. 2005) hanno permesso di rendere più rapidi e non distruttivi i campionamenti su costa rocciosa. Serodio et

al. (1997) hanno dimostrato che il PAM può rappresentare un semplice e veloce metodo per lo

studio dei popolamenti microalgali attraverso la misura in vivo della fluorescenza della clorofilla a. Le tecniche di fluorescenza comportano misure di energia luminosa emessa da pigmenti associati al processo di fotosintesi. I fotoni che colpiscono gli elettroni delle molecole di clorofilla causano un salto di questi ultimi dall'orbitale occupato ad uno con un maggior contenuto energetico. Il ritorno dell'elettrone alla sua posizione originaria produce un rilascio di energia sotto diverse forme: calore, passaggio di energia a molecole vicine di clorofilla, energia incanalata nel processo di fotosintesi ed emissione di fluorescenza. Quest'ultima rappresenta un'emissione luminosa nella banda del rosso con bassa energia ed elevata lunghezza d'onda. Poiché questi processi sono tra loro competitivi, massimizzando uno di essi, ad esempio la fluorescenza, è possibile avere informazioni sull'attività fotosintetica. In particolare, il PAM permette di ottenere, in seguito ad un impulso di luce saturante, stime dell'attività fotosintetica, quali il tasso relativo di flusso di elettroni (rETR) e la misura della “qualità” dell'attività fotosintetica (Yield). Inoltre, i valori di Fo15 (fluorescenza

minima dopo 15 min. di adattamento al buio) sono risultati essere correlati positivamente con la biomassa microalgale (Serodio et al. 1997)

Gli ecosistemi di battigia sono molto dinamici e periodicamente soggetti ad ampi periodi di immersione e di essiccamento, all'azione meccanica delle onde ed a forti variazioni di temperatura. Questi fattori sono responsabili della grande produttività delle zone di battigia, attraverso il rinnovo di nutrienti, spazio e luce (Lamontagne et al. 1989), ma allo stesso tempo rappresentano fonti di stress per gli organismi presenti.

La maggior parte degli studi sul biofilm è stata condotta in zone interessate da forti escursioni di marea, quali le coste atlantiche dell'Europa e le coste dell'Australia (Underwood 1984°, Hill & Hawkins 1991). Gli studi condotti sul biofilm di substrato molle hanno

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dimostrato un comportamento migratorio del microfitobentos durante i periodi di bassa marea. La prolungata esposizione a livelli saturanti di irradiamento è la maggior fonte di stress per gli apparati fotosintetici e causa una potenziale perdita della produttività microfitobentonica (Serodio et al. 2008). L'eccessiva energia luminosa assorbita dai fotosistemi non viene usata per la fotosintesi o dissipata sotto forma di calore, ma causa fotoinibizione, danni reversibili o permanenti agli apparati fotosintetici. Le diatomee bentoniche riescono a rispondere all'eccessiva luce attuando una migrazione all'interno del substrato molle. Esse si spostano dalle zone superficiali del substrato, quando durante i cicli intermareali quest'ultime sono esposte all'aria, alle zone meno illuminate del sedimento attuando così una forma di fotoprotezione (Serodio et al. 2001, Underwood 2002). Queste modalità di distribuzione sono state osservate in quasi tutte le zone estuarili dell'Europa, dove la componente principale del microfitobentos è rappresentata dalle diatomee (Tolhurst et al. 2003).

Gli studi condotti sul biofilm di costa rocciosa si sono concentrati sulla descrizione delle modalità di distribuzione spaziale e temporale dei microrganismi, e su alcune della cause che generano tali modalità, tra cui l’effetto dell’erbivoria, di variazioni nel microhabitat e del ruolo relativo di processi top-down (perdita di biomassa) e bottom-up (fattori che stimolano la produzione di biomassa). I microrganismi del biofilm hanno mostrato variazioni stagionali di abbondanza in tutte le aree temperate del mondo, con un incremento durante l'inverno e una diminuzione dell'abbondanza durante i mesi estivi (Underwood 1984b, Jenkins et al. 2001, Hill & Hawkins 1991). Recenti lavori, effettuati su costa rocciosa in NE Atlantico, hanno mostrato che l'abbondanza del biofilm è regolata dalle interazioni degli effetti stagionali con gli stress da emersione, combinato con l'incremento dell'attività di erbivoria durante l'estate (Thompson et al. 2004). Thompson et al. (2004) effettuando campionamenti stagionali, attraverso microscopio a scansione elettronica ed estrazione di clorofilla, a 3 diverse altezze sul livello medio di bassa marea di popolamenti microfitobentonici, ha stabilito che

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l'abbondanza in termini di biomassa e tipologia di specie sono maggiormente influenzate dallo stress da emersione in interazione con gli andamenti stagionali nell'attività di pascolo degli erbivori.

I molluschi gasteropodi giocano un ruolo fondamentale nella strutturazione delle comunità bentoniche di costa rocciosa. Con la loro presenza esercitano un effetto top-down sul popolamento microalgale, in quanto quest'ultimo rappresenta la loro principale fonte di cibo (Jenkins et al. 2001). L'effetto dell'erbivoria varia tuttavia in funzione di diverse scale spaziali e temporali. L'attività delle patelle, ad esempio, risulta elevata durante l'estate e l'autunno, mentre la densità e la diversità di specie di questi erbivori incrementa al diminuire della latitudine (Jenkins et al. 2001). La presenza degli erbivori può tuttavia influenzare anche positivamente il popolamento microfitobentonico; la deposizione di muco può infatti rappresentare una trappola per i nutrienti, ed insieme all'escrezione stimolare la crescita microalgale (Carpenter 1986, Davies & Hawkins 1998). Ad oggi, gli studi condotti hanno evidenziato principalmente l’effetto di diverse specie di gasteropodi sull’abbondanza e distribuzione del microfitobentos, ma anche di gradienti verticali, latitudinali (Morelissen & Harley 2007) e stagionali (Nicotri 1977). La temperatura ha un’importate influenza sulla distribuzione e sull'abbondanza degli organismi che costituiscono il film microbico (Somero 2002), in quanto può condizionare importanti interazioni biologiche come la predazione e la competizione (Sanford 2001). Le variazioni di temperatura associate a diversi tempi di esposizione all’aria possono modificare sia il popolamento microalgale che l’attività di pascolo degli erbivori (Thompson et al. 2004). La latitudine (Morelissen & Harley 2007) è stata considerata un fattore importante per la distribuzione dei popolamenti microalgali in quanto, lungo un gradiente latitudinale, è possibile tener in considerazione sia la temperatura che il diverso irradiamento solare delle latitudini considerate.

Il cirripede Chthamalus stellatus (Poli) è un invertebrato sessile dei popolamenti di battigia del Mediterraneo settentrionale. Questo organismo può trovarsi a varie altezze sulle

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rocce ma, solitamente, è molto abbondante nella fascia più alta della zona di battigia (da 0,4 a 0,7 m sul livello medio di bassa marea) nonostante le considerevoli variazioni che si riscontrano tra siti (Benedetti-Cecchi et al. 1999, Menconi et al. 1999). Nella fascia intertidale di costa rocciosa, l'interazione tra le patelle e i crostacei cirripedi può avere importanti influenze sui popolamenti locali. Gli ctamali, dove presenti, garantiscono la sopravvivenza delle giovani patelle, aumentando l'ombreggiamento e riducendo l'azione meccanica delle onde (Lewis & Bowman 1975). Al contrario, i cirripedi riducono la superficie di pascolamento degli adulti di patella e diminuiscono l'attività di erbivoria sulle comunità microalgali presenti. (Benedetti-Cecchi 2000, Lewis & Bowman 1975).

Ad oggi, pochi studi sperimentali hanno testato l’effetto di tutti questi fattori sul microfitobentos contemporaneamente. La presenti tesi affronta queste tematiche attraverso un esperimento effettuato sulla battigia di costa rocciosa. Il modello testato prevede che la fluorescenza minima Fo e l’attività fotosintetica del biofilm (sia su roccia che sugli scudi degli ctamali) siano influenzate dall’attività di erbivoria delle patelle e dalla densità degli ctamali, e che l’intensità di tali effetti possa variare al variare della latitudine. In particolare, ci aspettiamo che la presenza delle patelle influenzi negativamente la fluorescenza minima Fo del biofilm (supponendo una buona correlazione positiva con la sua biomassa), ma non la sua attività fotosintetica. Si ipotizza inoltre che la presenza degli ctamali possa avere effetti positivi sui popolamenti microfitobentonici. Gli ctamali infatti, dove presenti a elevate densità, da un lato possono mantenere elevato lo stato di umettazione diminuendo la temperatura del microhabitat durante l’esposizione all’aria, dall’altro inibire l’attività di erbivoria delle patelle (Benedetti-Cecchi 2000), esercitando quindi un effetto positivo sia diretto che indiretto sulla biomassa e sull’attività fotosintetica del biofilm. Si propone inoltre che tali effetti possano variare di intensità in relazione alle condizioni climatiche (irradiamento solare, temperatura), quindi che possano variare con la latitudine.

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Capitolo 2

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2 – MATERIALI E METODI

2.1Siti di studio e popolamenti

Lo studio è stato svolto in ambiente di battigia di costa rocciosa, in due regioni italiane a differente latitudine (Nord-Toscana/Liguria e Sud-Sicilia). L’esperimento è stato ripetuto in due siti a ciascuna latitudine. I due siti a Nord sono situati nel Mar Ligure (Mediterraneo nord-occidentale): Calafuria (43° 28' N, 10° 20' E) e Punta Bianca (44° 02' N, 9° 59' E) (Fig. 2.1). La costa di Calafuria (Livorno) è rivolta ad Ovest-Sud-Ovest ed è particolarmente battuta dal moto ondoso essendo esposta ai venti del III e del IV quadrante, anche se i venti più costanti risultano essere quelli provenienti dal I e dal II (Cinelli 1969). La roccia è costituita da arenaria che, notevolmente soggetta a fenomeni di erosione, fa sì che il substrato risulti talora frastagliato e ricco di anfratti e fratture.

La zona di Punta Bianca (La Spezia) è collocata tra il golfo di La Spezia e la foce del Magra, dove si protende in mare il promontorio del Caprione, le cui alte coste a falesia sono a tratti interrotte da insenature. L'estremità meridionale del promontorio, Punta Bianca, deve il suo nome alla colorazione delle rocce che vi affiorano, uno spesso strato di calcare bianco. La zona è esposta a Sud-Ovest, ed è battuta da venti del III e del IV quadrante.

I siti alla latitudine Sud sono più vicini tra loro rispetto ai siti a Nord (una distanza di circa 10Km rispetto ad alcune decine di Km a settentrione), per la mancanza di siti con le stesse caratteristiche di pendenza ed orientamento del substrato e di popolamenti paragonabili a distanze maggiori. I siti sono localizzati all'interno del golfo di Isola delle Femmine (Palermo): Isola (38° 11' N, 13° 14' E) e Ciachea (38° 10' N, 13° 13' E) (Fig. 2.2).

Le due località hanno un clima prettamente mediterraneo, caldo e secco in estate e con precipitazioni concentrate soprattutto nel semestre autunnale-invernale. Nei mesi più freddi le temperature non scendono mai sotto lo zero. La media termica annuale è di circa 20° C, e nei mesi più caldi le temperature massime si aggirano intorno ai 31° C. L'area in cui sono ubicati i

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siti è caratterizzata dalla presenza di rocce carbonatiche, prevalentemente calcaree. Queste rocce costituiscono l'ossatura dei monti di Palermo e risalgono ai periodi geologici del Mesozoico e Terziario. L'esperimento è stato allestito sulla battigia ad un altezza variabile tra 0 e 0,5 m al di sopra del livello medio di bassa marea. A questa altezza sulla costa i popolamenti sono caratterizzati dalla presenza, talora ad alte densità, di cirripedi appartenenti al genere Chthamalus spp. Mentre in Sicilia l’unica specie presente è C. stellatus (Pannacciulli, pers. obs.), nei siti a Nord è talora presente la specie C. montagui, che nel sito di Punta Bianca può raggiungere densità paragonabili a quelle di C. stellatus. Sono inoltre presenti alghe corallinacee incrostanti, l’alga bruna incrostante Ralfsia verrucosa (Agardh) ed alghe filamentose, tra cui alghe verdi del genere Cladophora spp. e Chaetomorpha aerea (Dillwyn) e l’alga rossa Polysiphonia sertularioides (Grateloup). Frequenti su tutto il substrato della fascia studiata si trovano colonie di cianobatteri appartenenti per lo più alle specie Rivularia atria (Roth) e Rivularia mesenterica (Thuret). Gli erbivori più comuni sono rappresentati da patelle quali Patella aspera (Roding), P. coerulea (Linnè) e Patella rustica (Linnè) (quest’ultima presente esclusivamente nei siti a Nord), e da altri gasteropodi quali

Melaraphes neritoides (Linnè) e, lungo le coste siciliane, Echinolittorina punctata (Gmelin).

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B

A

Fig. 2.2 Mappa dei due siti di studio alla latitudine Sud.

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2.2Disegno sperimentale

Lo studio è stato condotto tra l’inverno 2007 e la primavera 2008, in due regioni italiane a diversa latitudine. In ciascuna regione sono stati scelti due siti, e in ciascun sito è stato allestito lo stesso esperimento.

Prima del avvio dell'esperimento si è proceduto alla stima del ricoprimento medio percentuale di ctamali presenti in ciascun sito tramite l'utilizzo di una griglia metallica di 15x15 cm, suddivisa in 16 sotto-quadrati. Il ricoprimento in ciascun sotto-quadrato è stato indicato con un valore da 0 a 4, e il ricoprimento totale determinato sommando le coperture parziali ottenute dai vari sotto-quadrati (Benedetti-Cecchi et al. 1996). Le stime di ricoprimento così ottenute sono state trasformate in valori percentuali attraverso una proporzione.

Successivamente sono stati scelti nella fascia di battigia, compresa tra 0 e 0,5 m sul livello medio di bassa marea, 27 unità sperimentali di 15x15 cm, caratterizzate da un ricoprimento percentuale di ctamali vicino al valor medio del sito in considerazione. Alla prima fase di individuazione e campionamento dei quadrati è succeduta una seconda fase, in cui le densità degli ctamali sono state modificate allo scopo di ottenere 3 diversi livelli di ricoprimento %: 9 quadrati in cui il ricoprimento di cirripedi è stato mantenuto al 100% del valore iniziale, 9 in cui il ricoprimento è stato ridotto al 50% e 9 quadrati in cui gli ctamali sono stati completamente eliminati (0%). Il disegno sperimentale ha previsto inoltre la presenza di un ulteriore fattore (“Erbivori”) incrociato al primo (“Densità di ctamali”), e caratterizzato da 3 livelli: Esclusione, Controllo e Controllo Artefatto, (Fig. 2.4).

Si è quindi proceduto all'istallazione di gabbiette metalliche per l’esclusione delle patelle, in ciascuna di 3 repliche per ciascun livello del fattore “Densità di ctamali”. Altre 3 repliche sono state assegnate al livello di “Controllo”, ed infine le ultime 3 repliche sono state assegnate al livello di “Controllo Artefatto” per la presenza della rete metallica, che ha

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previsto l’installazione di un totale di 9 gabbiette munite di aperture su ciascun lato per permettere l’ingresso delle patelle. Il fissaggio delle gabbiette è stato realizzato attraverso l'uso di tasselli e viti e con stucco epossidico bicomponente (Subcoat S, Veneziani), mentre i quadrati di controllo sono stati soltanto delimitati gli angoli con stucco per facilitarne il ritrovamento.

Per ciascuna data di campionamento sono state effettuate misurazioni con il PAM, sia alla luce (per ottenere valori di rETR) che al buio (per ottenere valori di Fo e Yield).

2.3 Pulse Amplitude Modulated (PAM) fluorometer

I dati di fluorescenza sono stati raccolti mediante un Diving PAM (Walz, Germany). La fluorescenza è la capacità di alcuni materiali di emettere luce quando vengono colpiti da raggi ultravioletti o da altri tipi di radiazioni (anche luce visibile, in tal caso emettono luce di colore diverso. Il fenomeno della fluorescenza è determinato dall'assorbimento di energia da parte degli atomi, in seguito a questo assorbimento d'energia gli elettroni si spostano da un livello energetico ad uno superiore, la permanenza al livello energetico superiore è brevissima, dell'ordine dei miliardesimi di secondo, dopo di che gli elettroni tornano al livello energetico originario liberando l'energia assorbita sotto forma di radiazioni elettromagnetiche. Poiché la resa energetica non è mai del 100% le radiazioni liberate saranno di lunghezza d'onda superiore, e quindi di energia minore, rispetto a quella dell'energia di eccitazione, così se questa è ottenuta con raggi ultravioletti le radiazioni liberate saranno sotto forma di luce visibile o di raggi infrarossi.

Il principio di funzionamento dello strumento è schematizzato in Fig. 2.4. Dopo una fase di adattamento al buio quando i fotoni colpiscono i fotopigmenti, i centri di reazione risultano completamente aperti. A questo punto lo strumento misura la fluorescenza minima (Fo) e successivamente emette un impulso luminoso saturante. Quest'ultimo satura tutti i

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centri di fotoreazione, facendoli chiudere e riemettendo una fluorescenza massima (Fm). Il rapporto (Fm-Fo)/Fm è indicato col termine YIELD. Questo rapporto indica l’efficienza di utilizzo della luce, talora riportata come “stato di salute” dei fotosistemi.

In condizione di luce, i centri di reazione risultano in parte aperti. La lettura della fluorescenza minima, a parità di condizioni, risulterà maggiore rispetto alla misurazione al buio. Mentre la fluorescenza massima risulterà più bassa, in quanto parte dei centri di reazione saranno impegnati nel processo della fotosintesi. In queste condizioni viene misurato il tasso di trasporto degli elettroni: ETR = Yield x PPFD x 0.5 x PAR, dove PPFD indica la densità del flusso di elettroni (µmol m-2 s –1), 0.5 in quanto il flusso di elettroni viene diviso

egualmente per i due fotosistemi e PAR indica la radiazione fotosinteticamente attiva letta dal PAM al momento della misurazione, attraverso un sensore posto il più vicino possibile all’area campionata. Tale valore viene tuttavia normalmente utilizzato in termini di trasporto relativo (rETR), cioè per unità di radiazione fotosinteticamente attiva.

2.4 Raccolta e analisi dei dati

La prima fase della raccolta dei dati ha previsto le misurazioni, per ciascuna replica, della fluorescenza dopo una fase di adattamento al buio. Per fare ciò, in ciascuna unità sperimentale sono stati posti 3 tettini oscuranti del diametro di 5 cm. Dopo 15 minuti sono state effettuate 3 misurazioni, sia sulla roccia che sugli scudi degli ctamali per i trattamenti dove questi organismi erano presenti, per ottenere i valori di F015 e Yield. Dopo un successivo

riadattamento alla luce, sono state effettuate 3 letture dell’rETR in ciascuna replica, sia su ctamali (ove presenti) che su roccia con tre repliche ciascuno. Per evitare fonti di confusione nelle misure di fluorescenza, prima di ciascuna misurazione le unità sperimentali sono state adeguatamente bagnate. La presenza o meno di acqua, infatti, può provocare variazioni nei valori di F015 indipendenti dalla presenza e quantità del microfitobentos (Maggi et al.

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submitted). Ad ogni data di campionamento sono stati inoltre conteggiati gli erbivori presenti (patelle, littorine e monodonte), e campionate le percentuali di ricoprimento degli ctamali in ogni quadrato.

A causa della diversa composizione del substrato nei vari siti di studio, si è proceduto alla raccolta di campioni di roccia da ciascun sito, per misurare la loro fluorescenza naturale (non dovuta cioè alla presenza di microalghe) e ottenere misure standardizzate delle variabili di risposta. Le rocce sono state portate in laboratorio e trattate con acido muriatico per eliminare tutte le fonti biologiche di fluorescenza. Si è proceduto quindi alla misurazione della fluorescenza minima (F0) sulle rocce bagnate. Mediando i valori di fluorescenza ottenuti

in presenza di Yield nullo, sono stati ottenuti i valori riportati in Tab. 2.1, successivamente sottratti dai valori di F0 raccolti nei siti corrispondenti.

I dati raccolti (F015, Yield, rETR) sono stati analizzati mediate analisi della varianza

(ANOVA). Il disegno sperimentale ha previsto il fattore “Latitudine” con 2 livelli (Nord, Sud) random; il fattore “Sito” con 2 livelli (Sito 1, Sito 2) random e gerarchizzato all'interno del fattore Latitudine, il fattore “Erbivori” con 3 livelli (Esclusione, Controllo, Controllo Artefatto), fisso e ortogonale agli altri fattori, ed infine il fattore “Densità di ctamali”con 3 livelli (100%, 50%, 0%), fisso ed incrociato con tutti gli altri fattori. Prima di ciascuna analisi è stata valutata l'omogeneità delle varianze attraverso il test C di Cochran (Winer 1971, Underwood 1997). Nel caso di risultati significativi, è stato effettuato un test per confronti multipli a posteriori utilizzando il test SNK (Student – Newman – Keuls).

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Fig. 2.3 Principio di funzionamento del Pulse Amplitude Modulated fluorometer.

Tab. 2.1 Fluorescenza naturale media (+1ES) delle rocce in ciascun sito.

Siti Fluorescenza (Fo)

___________________________________________________________________________ Calafuria 11,17 ± 1,49

Punta Bianca 5,67 ± 0,61

Ciachea 444,67 ± 50,63

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Capitolo 3

RISULTATI

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3 - RISULTATI

Dall'esame dei dati attraverso l'analisi della varianza è emersa una generale variabilità della fluorescenza, in termini di F0 e attività fotosintetica (Yield e rETR), tra le 2 latitudini

considerate e tra siti.

Nel caso dell’ Fo, è stata evidenziata una differenza significativa tra valori a Nord rispetto a quelli a Sud. In particolare, i valori di F0 sono risultati maggiori a Sud; questo

risultato è stato osservato sia su roccia ad entrambi le date di campionamento (Fig. 3.1, Tab. 3.1 e 3.2), che su ctamali al Tempo2 (Fig. 3.2 , Tab. 3.4). Inoltre, i valori di Fo hanno evidenziato un‘elevata variabilità tra siti, su roccia ad entrambi i tempi (Fig. 3.1, Tab. 3.1 e 3.2), e sugli scudi degli ctamali al Tempo 2 (Fig. 3.2, Tab. 3.4).

Nel caso dell'Yield, è stato riscontrato un effetto significativo dell’interazione tra latitudine e abbondanza di ctamali su roccia al Tempo1 e su ctamali al Tempo2 (Fig. 3.3 e Fig. 3.4 / Tab. 3.5 e 3.8). In particolare, i valori di Yield su roccia al Tempo 1 mostrano una migliore “qualità dell’attività fotosintetica” del biofilm a Nord quando il ricoprimento % di ctamali viene ridotto del 50% (SNK; NORD: 50% > 100%; livello 0% assente in questa analisi; vedi capitolo “Materiali e metodi”), al contrario, i valori di Yield sugli scudi degli ctamali al Tempo 2 a Sud risultano maggiori ad abbondanze di ctamali maggiori (SNK; SUD: 100% > 50%). Infine, al Tempo 1 l'unica differenza significativa nei valori ottenuti dalle misurazioni sugli ctamali è risultata al livello dei siti (Fig. 3.4, Tab. 3.7 e 3.8).

I valori relativi al trasporto degli elettroni (rETR) sono risultati variabili tra siti ad entrambe le date di campionamento (Fig. 3.5, Tab. 3.9 e 3.10) .

(24)

Tab. 3.1 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Fluorescenza minima (Fo) su

roccia al Tempo 1. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 69.5131 19.18 <0.05 Si(La) 2 3.6241 5.61 <0.01 Er 2 0.7443 1.93 >0.2 Ch 2 2.4168 0.92 >0.4 LaXEr 2 0.8656 2.24 >0.2 LaXCh 2 1.1543 0.44 >0.6 ErXSi(La) 4 0.3860 0.60 >0.6 ChXSi(La) 4 2.6217 4.06 <0.01 ErXCh 4 0.3520 0.52 >0.7 LaXErXCh 4 0.6453 0.95 >0.4 ErXChXSi(La) 8 0.6815 1.06 >0.4 Residuo 72 0.6460 Cochran's Test C = 0.1983 (p < 0.05)

(25)

Tab. 3.2. Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di fluorescenza minima (Fo) su

roccia al Tempo 2. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 19781072.1231 39.12 <0.02 Si(La) 2 505667.1379 3.21 <0.02 Er 2 147144.7026 1.06 >0.4 Ch 2 23652.2722 0.13 >0.7 LaXEr 2 63203.2119 0.46 >0.7 LaXCh 2 56871.5510 0.31 >0.8 ErXSi(La) 4 138378.8158 0.88 >0.5 chXSi(La) 4 184225.8296 1.17 >0.4 ErXCh 4 46337.3886 0.48 >0.8 LaXErXCh 4 73966.5854 0.77 >0.5 ChXErXSi(La) 8 96425.1455 0.61 >0.7 Residuo 72 157623.7764 Cochran's Test C = 0.1436 (p < 0.05)

(26)

a – T1

NORD SUD F o ( u n ità a rb itr ar ia ) v a lo r m e d io + 1 E S ; n = 2 7 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 Sito 1 Sito 2

b – T2

NORD SUD 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 Sito 1 Sito 2 F o (u ni tà a rb itr ar ia ) va lo r m ed io + 1 E S ; n = 27

Fig. 3.1 Valori di fluorescenza minima Fo misurati su roccia in ciascun sito alle 2 latitudini,

(27)

Tab. 3.3 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Fluorescenza minima (Fo) sugli

scudi degli ctamali al Tempo 1. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 5746142.6604 4.67 >0.2 Si(La) 2 1229656.4081 4.96 <0.01 Er 2 114823.2656 0.30 >0.7 Ch 1 6998.1943 0.04 >0.8 LaXEr 2 224229.4807 0.58 >0.5 LaXCh 1 257702.4094 1.60 >0.3 ErXSi(La) 4 384215.2802 1.55 >0.2 ChXSi(La) 2 161395.4529 0.65 >0.5 ErXCh 2 104517.0472 0.26 >0.7 LaXErXCh 2 188891.3511 0.47 >0.6 ChXErXSi(La) 4 405638.3124 1.64 >0.1 Residuo 48 248075.3785 Cochran's Test C = 0.1577 (p < 0.05)

(28)

Tab. 3.4 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Fluorescenza minima (Fo) sugli

scudi degli ctamali al Tempo 2. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 5.0039 33.10 <0.02 Si(La) 2 0.1512 1.47 >0.2 Er 2 0.0432 0.19 >0.8 Ch 1 0.0081 3.23 >0.2 LaXEr 2 0.0747 0.33 >0.7 LaXCh 1 0.0002 0.09 >0.7 ErXSi(La) 4 0.2272 2.21 <0.08 ChXSi(La) 2 0.0025 0.02 >0.9 ErXCh 2 0.0447 1.52 >0.3 LaXErXCh 2 0.0079 0.27 >0.7 ChXErXSi(La) 4 0.0294 0.29 >0.8 Residuo 48 0.1029 Cochran's Test C = 0.2113 (p<0,05)

(29)

a – T1

NORD SUD 0 500 1000 1500 2000 Sito 1 Sito 2 F o ( u ni tà a rb itr ar ia ) v al o r m e di o + 1 E S ; n = 18

b - T2

NORD SUD 0 500 1000 1500 2000 Sito 1 Sito 2 F o (uni tà ar bi tr ar ia) v al or m edi o + 1E S ; n= 18

Fig. 3.2 Valori di fluorescenza minima Fo misurati sugli scudi degli ctamali in ciascun sito

(30)

Tab. 3.5 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Yield roccia al Tempo 1. Le

probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate in grassetto. La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 0.3867 3.36 >0.2 Si(La) 2 0.1151 9.06 <0.05 Er 2 0.0091 0.98 >0.4 Ch 1 0.0122 0.96 >0.3 LaXEr 2 0.0070 0.75 >0.5 LaXCh 1 0.0838 6.60 >0.0 ErXSi(La) 4 0.0093 0.73 >0.5 *ChXSi(La) 2 0.0166 ErXCh 2 0.0074 0.88 >0.4 LaXErXCh 2 0.0053 0.63 >0.5 ChXErXSi(La) 4 0.0084 0.66 >0.6 *Residuo 48 0.0125 1-POOLED DATA 0.6341 50 <0.01 Cochran's Test C = 0.1608 (p< 0,05)

(31)

Tab. 3.6 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Yield roccia al Tempo 2. Le

probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate in grassetto. La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 2.2679 72.86 <0.01 Si(La) 2 0.0311 1.91 >0.1 Er 2 0.0343 1.82 >0.2 Ch 2 0.0016 0.09 >0.9 LaXEr 2 0.0396 2.10 >0.2 LaXCh 2 0.0188 1.00 >0.4 ErXSi(La) 4 0.0189 1.16 >0.3 ChXSi(La) 4 0.0188 1.16 >0.3 ErXCh 4 0.0330 3.55 >0.06 LaXErXCh 4 0.0025 0.27 >0.8 ChXErXSi(La) 8 0.0093 0.57 >0.7 Residuo 72 0.0163 Cochran's Test C = 0.1733 (p< 0,05)

(32)

a - T1

Nord Sud 0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 50% 100% Y ie ld ( va lo r m ed io + 1 E S ; n= 27 )

b - T2

Nord Sud Y ie ld ( va lo r m ed io + 1 E S ; n = 27 ) 0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 Sito 1 Sito 2

(33)

Tab. 3.7 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Yield sugli scudi degli ctamali

al Tempo 1. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate

in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 0.0823 0.50 >0.5 si(La) 2 0.1653 12.56 <0.05 er 2 0.0124 6.39 >0.05 ch 1 0.0088 0.62 >0.5 LaXer 2 0.0023 1.18 >0.3 LaXch 1 0.0016 0.11 >0.7 erXsi(La) 4 0.0019 0.15 >0.9 chXsi(La) 2 0.0141 1.07 >0.3 erXch 2 0.0232 4.68 >0.08 LaXerXch 2 0.0021 0.42 >0.6 chXerXsi(La) 4 0.0049 0.38 >0.8 Residuo 48 0.0132 Cochran's Test C = 0.1608 (p< 0,05)

(34)

Tab. 3.8 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Yield sugli scudi degli ctamali

al Tempo 2. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate

in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 0.1271 1.87 >0.3 Si(La) 2 0.0679 8.59 <0.05 Er 2 0.0006 0.09 >0.9 Ch 1 0.0342 4.33 >0.04 LaXEr 2 0.0034 0.49 >0.6 LaXCh 1 0.0444 5.62 <0.05 ErXSi(La) 4 0.0068 0.86 >0.4 *ChXSi(La) 2 0.0050 ErXCh 2 0.0018 0.20 >0.8 LaXErXCh 2 0.0090 0.99 >0.4 ChXErXSi(La) 4 0.0091 1.15 >0.3 *Residuo 48 0.0080 1-POOLED DATA 0.3947 50 <0.05 Cochran's Test C = 0.1733 (p< 0,05)

(35)

a – T1

Nord Sud 0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 Sito 1 Sito 2 Y ie ld ( va lo r m ed io + 1 E S ; n = 27 )

b – T2

Nord Sud 0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 50% 100% Y iel d (v al or m edi o + 1 E S ; n= 27)

(36)

Tab. 3.9 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di rETR sugli scudi degli ctamali

al Tempo 1. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate

in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 0.0002 0.00 >0.9 Si(La) 2 0.0984 51.24 <0.05 Er 2 0.0021 2.45 >0.2 Ch 1 0.0019 0.68 >0.4 LaXEr 2 0.0012 1.36 >0.3 LaXCh 1 0.0007 0.24 >0.6 ErXSi(La) 4 0.0008 0.44 >0.7 ChXSi(La) 2 0.0028 1.44 >0.2 ErXCh 2 0.0002 0.07 >0.9 LaXErXCh 2 0.0005 0.25 >0.7 ChXErXSi(La) 4 0.0022 1.13 >0.3 Residuo 48 0.0019 Cochran's Test C = 0.1067 (p< 0,05)

(37)

Tab. 3.10 Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di rETR sugli scudi degli ctamali

al Tempo 1. Le probabilità che sono risultate significative per l’interpretazione sono indicate

in grassetto.

La= Latitudine; Si(La)= Sito; Er= Erbivori; Ch= ricoprimento % di ctamali.

Sorgente di Variabilità g.d.l. MS F p La 1 0.0942 2.10 >0.2 Si(La) 2 0.0448 32.00 <0.05 Er 2 0.0007 0.50 >0.6 Ch 1 0.0000 0.02 >0.9 LaXEr 2 0.0039 2.79 >0.07 LaXCh 1 0.0001 0.04 >0.8 *ErXSi(La) 4 0.0012 ChXSi(La) 2 0.0019 1.36 >0.2 ErXCh 2 0.0024 3.06 >0.1 LaXErXCh 2 0.0016 2.00 >0.2 ChXErXSi(La) 4 0.0008 0.57 >0.6 *Residuo 48 0.0015 1-POOLED DATA 0.0744 52 <0.05 Cochran's Test C = 0.2219 (p< 0,05)

(38)

a – T1

NORD SUD 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 Sito 1 Sito 2 T asso d i t ra sp o rt o re la tivo d e gl i e le tt ro n i (va lo r m e d io + 1 E S ; n= 1 8)

b – T2

NORD SUD T a ss o d i t ra sp o rt o r el a tiv o d eg li e le tt ro n i (v a lo r m e d io + 1 E S ; n = 1 8 ) 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 Sito 1 Sito 2

Fig. 3.5 Valori di rETR misurati sugli scudi degli ctamali in ciascun sito alle 2 latitudini al

(39)

Capitolo 4

(40)

4 - DISCUSSIONI

Lo scopo della presente tesi è stato quello di testare il modello che l’attività di erbivorismo delle patelle e l’abbondanza di ctamali influenzino la fluorescenza minima del biofilm (sia su roccia che sugli scudi degli ctamali), ma solo l’abbondanza dei cirripedi abbia un effetto sull’attività fotosintetica di questi organismi, e che l’intensità di tali effetti possa variare al variare della latitudine.

I risultati supportano solo parzialmente il modello proposto. I valori Yield su roccia al Tempo 1 e sugli scudi degli ctamali al Tempo 2 risultano influenzati in modo significativo dall'interazione tra la latitudine e la densità di ctamali. In particolare, a Nord la qualità dell’attività fotosintetica del biofilm risulta maggiore nei trattamenti in cui i cirripedi sono stati ridotti del 50% rispetto ai quadrati in cui i ricoprimenti di ctamali sono stati lasciati intatti; a Sud si presenta la situazione inversa, con valori di Yield maggiori a maggior densità di ctamali (100%>50%). Studi precedenti su battigia di costa rocciosa mostrano che gli ctamali, dove presenti ad elevate densità, migliorano il microhabitat dei popolamenti microalgali, garantendo un miglior livello di umettazione e una conseguente diminuzione della temperatura (Benedetti-Cecchi 2000). Questo risulterebbe valido nei siti a Sud, dove temperatura e irradiamento solare sono maggiori rispetto a Nord, per cui densità maggiori di ctamali assicurano un miglior stato di salute al biofilm. Al contrario, a Nord la temperatura e l'irraggiamento potrebbero rappresentare fattori limitanti per i popolamenti microfitobentonici. E’ quindi possibile che una maggiore densità di ctamali rappresenti una fonte di ombreggiamento troppo elevata per il biofilm, con conseguente diminuzione della qualità fotosintetica. Questo viene avvalorato dal fatto che i risultati di questa analisi sono riferiti a tempi di campionamento diversi. Il secondo campionamento alla latitudine Sud è stato infatti condotto in primavera, sicuramente la data piu “calda” rispetto agli altri campionamenti.

(41)

Il modello proposto viene invece rigettato in termini di effetti sulla fluorescenza minima F0 15 in quanto vi è una:

-Mancanza di effetti sia degli erbivori che della densità di ctamali.

- Mancanza effetto erbivori. Questo potrebbe essere dovuto a diverse cause, come la presenza di grazer minori. Studi passati mostrano il ruolo delle patelle come principali consumatori di biofilm su costa rocciosa (Jenkins et al. 2001) sottovalutando l'attività di erbivorismo svolta da grazer minori quali chitoni, littorine e monodonte. Il conteggio degli organismi, ad ogni data di campionamento ha mostrato tuttavia un elevato numero di

Melaraphes neritoides nelle unità sperimentali, sia nei controlli che nei trattamenti di

esclusione o controllo artefatto. Questi organismi, piccoli di dimensione ma abbondanti in numero, non essendo escluse dalla gabbietta hanno continuano ad esercitare la loro attività di erbivorismo, mascherando possibilmente un effetto delle patelle. Un’altra causa del mancato effetto degli erbivori potrebbe essere dovuto alla pressione di pascolamento da parte di patelle piccole che possono entrare e uscire dalle gabbiette. Le gabbiette dovrebbero escludere l’ingresso di patelle dalle unità sperimentali. Questo si realizza ottimamente se vengono prese in considerazione patelle di medie dimensioni, non sono invece escluse piccole patelle che riescono a passare tra le maglie della gabbietta. Questa situazione si è verificata in un sito a Sud. A Ciachea sono state ritrovate patelle di piccole dimensioni nelle esclusioni (Esclusione T1: 1,78 ± 1,35; T2: 1,55 ± 1,12 (numero medio di patelle + ES; n=3); Controllo Artefatto T1: 2,89 ± 2,72; T2: 4,11 ± 2,55 (numero medio di patelle + ES; n=3); Controllo T1: 6,55 ± 4,83; T2: 15,00 ± 9,94 (numero medio di patelle + ES; n=3)).

La distribuzione e l'abbondanza delle patelle è influenzata dalla presenza degli ctamali. Questi ultimi, dove presenti a elevate densità garantiscono la sopravvivenza dei giovanili di patella e riducono le aree dove gli adulti possono nutrirsi. D'altro canto, i giovanili esercitano una pressione di pascolamento superiore nelle aree dove gli adulti

(42)

sono esclusi (Creese 1982). Come dimostrato da precedenti studi, un’altra causa potrebbe essere rappresentata dal ridotto effetto del pascolo delle patelle in inverno. Le variazioni stagionali dell’attività di erbivorismo delle patelle sono caratterizzate da incrementi della pressione di grazing durante l’estate e l’autunno (Jenkins et al. 2001) a questo vanno aggiunte le relazioni che intercorrono tra il ciclo riproduttivo e l’attività di pascolamento. Orton et al. (1956) dimostra che lo sviluppo delle gonadi in

P. vulgata in autunno/inverno corrisponde ad una diminuzione del pascolo delle patelle

nella stagione suddetta.

-Fo15 potrebbe non essere una buona stima di biomassa. Studi condotti sul biofilm

correlano positivamente i valori di Fo15con le concentrazioni di clorofilla a, suggerendo

che l'uso della fluorescenza minima dopo un adattamento al buio di 15 min. può essere usata come metodo in situ per poter stimare la biomassa microalgale (Honeywill et al. 2002, Serodio et al. 1997). E’ tuttavia possibile che la stessa buona correlazione non esista per il nostro sistema di studio. Sarebbe necessario effettuare campionamenti di fluorescenza tramite il PAM correlandoli a campionamenti di tipo distruttivo(Underwood 1984a, Thompson 1999).

-mancanza effetto ctamali su Fo. Nonostante l’effetto degli ctamali sia presente sulla qualità dell’attività fotosintetica (Yield), esso non risulta significativo sul Fo; si osserva invece un effetto importante della latitudine. Elevati valori di F0 15 sono stati riscontrati

nei siti a Sud, sia su roccia sia su ctamali, in tre date di campionamento su quattro rispetto ai siti localizzati a Nord. E’ possibile che a Sud condizioni climatiche favorevoli favoriscano lo sviluppo dei popolamenti microalgali. O che il substrato calcareo sia più favorevole rispetto ai due presenti a Nord. Tale effetto potrebbe aver mascherato quello degli ctamali. La composizione del substrato potrebbe essere anche la causa delle differenze tra siti a Nord (poiché le microalghe crescono per una certa profondità (Relini & Faimali 2003). Oltre la tipologia di substrato, anche il tipo di superficie può giocare un

(43)

ruolo importante. La rugosità e la presenza di superfici non omogenee influenzano infatti sia le microalghe, in termini di composizione e abbondanza, che l’attività di pascolamento degli erbivori (Hutchinson et al. 2006).

La variabilità tra siti è stata riscontrata in quasi tutte le analisi condotte. Nonostante un’intensa ricerca, non è stato possibile trovare siti paragonabili come avremmo voluto. Oltre alla differente composizione chimica della roccia tra i siti a Nord, a Sud Ciachea presenta caratteristiche peculiari, quali moto ondoso più ridotto ed eutrofizzazione elevata, possibile causa dello sviluppo di un popolamento diverso dagli altri siti, con presenza di mitili (con la complessa fauna associata costituita da numerose specie di policheti, crostacei antipodi) ed alghe appartenenti al generi Ulva, Anche questa variabilità potrebbe aver mascherato l’effetto degli ctamali.

Il presente studio ha voluto realizzare un’analisi di tutti i fattori presi poco in considerazione dagli studi passati ed introdurre un approccio mai realizzato nello studio del biofilm. Dalla realizzazione di questa tesi è emerso che gli ctamali influenzano la qualità dell’attività fotosintetica (Yield), ma in modo diverso a diverse latitudini, che la quantità di attività fotosintetica (rETR) varia soltanto al livello di siti, almeno quella relativa a campionamenti sugli scudi degli ctamali e che la mancanza di effetto degli erbivori sul biofilm potrebbe essere causata sicuramente dalla presenza di erbivori di piccole dimensioni ma abbondanti in numero.

La presente tesi ha realizzato uno studio che ha previsto l’utilizzo del PAM su costa rocciosa, strumento scarsamente utilizzato in questo tipo di habitat nelle indagini sul biofilm. Nonostante le buone potenzialità dello strumento (quali la facilità e velocità di campionamento), i risultati ottenuti suggeriscono di considerare con cautela i valori della fluorescenza minima (misurata dopo adattamento dei fotosistemi al buio) quale stima della biomassa microalgale; e di effettuare campionamenti distruttivi per confermare l’eventuale presenza di una buona correlazioni tra le due variabili, come riscontrato in alcuni substrati

(44)

molli (Honeywill et al. 2002, Serodio et al. 1997).

E’ da sottolineare infine l’importanza di questo lavoro, quale primo studio manipolativo sul biofilm di coste rocciose italiane, che si aggiunge agli studi condotti sulle coste atlantiche e pacifiche (Nicotri 1977,Underwood 1984a, Fuji et al. 1991, Hill & Hawkins 1991).

(45)
(46)

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(54)

Ringraziamenti

Vorrei soprattutto ringraziare il Prof. Lisandro Benedetti-Cecchi per avermi dato l’opportunità di realizzare questa tesi e per aver rivoluzionato

il mio modo di vedere l’ecologia.

Un grazie particolare a Elena e Pietro per essermi stati “vicini” in tutti momenti... per l'ottima guida che Elena è stata per me, a mare e fuori,

per la Splendida mamma che è e che sarà. Vorrei ringraziare Tutti i ragazzi del laboratorio.

Non dimenticherò mai le gite in pulmino a Calafuria e i pranzi da Tomei, ma un grazie particolare va a Silvia e Denise,

più che due compagne d’avventura, due amiche.

Più che un ringraziamento a Laura, Vale e Sergio per aver vissuto con me, dall'inizio alla fine, la nostra Avventura pisana.

Un ringraziamento a Casa Evade, in particolare ad Alessandro ed Eleonora per essere degli ottimi compagni di viaggio e splendidi coinquilini.

Un Grazie a Ciccino per essermi sempre vicino anche quando lontano, a Toni e Mari per gli ottimi amici che sono sempre stati e che saranno. Un infinito Grazie ai miei genitori per esser stati la forza del mio andare avanti,

per avermi incoraggiato in tutti i momenti della mia vita. A mio fratello Alessandro e ai miei nonni Pietro, Concetta e Teresa,

ma soprattutto ad Emanuela per essere sempre stata vicino a me, in tutti i momenti, belli e brutti;

hai sempre portato un sorriso e serenità... a tutti Grazie!

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Figura

Fig. 2.2 Mappa dei due siti di studio alla latitudine Sud.
Fig. 2.3 Principio di funzionamento del Pulse Amplitude Modulated fluorometer.
Fig. 2.4 Schematizzazione del disegno sperimentale.
Tab. 3.1  Analisi della varianza (ANOVA) relativa ai valori di Fluorescenza minima (Fo) su
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