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Inibitori del trasportatore di xenobiotici,Glicoproteina-P: valutazione biologica della ATP-asi con cellule Caco-2

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Academic year: 2021

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2 1. INTRODUZIONE

L'ambiente è pieno di sostanze tossiche che possono attaccare le nostre cellule, che adottano svariati meccanismi di difesa: in alcuni casi usano enzimi per trasformare le molecole dannose in modo da renderle innocue, in altri casi sequestrano i composti pericolosi eliminandoli dal circolo. Un ulteriore meccanismo di difesa è costituito dalla presenza di proteine, specializzate nell’individuare le molecole velenose ed espellerle all'esterno della membrana cellulare. Questi meccanismi di difesa sono fisiologici, ma possono essere utilizzati dagli organismi patogeni per instaurare resistenza ai farmaci, come la resistenza dei batteri agli antibiotici, oppure la resistenza delle cellule tumorali ai farmaci antineoplastici.

1.1 Multiresistenza (MDR, multi drug resistance)

La multiresistenza è una condizione che permette ad organismi patogeni di resistere ad una grande varietà di farmaci o sostanze chimiche con strutture diverse e funzione mirata a sradicare l'organismo. Gli organismi che presentano multiresistenza possono essere cellule patogene, compresi organismi batterici, fungini e cellule neoplastiche.

Uno dei problemi principali nella chemioterapia del cancro è la multi resistenza : fenomeno in cui le cellule tumorali esposte ad un singolo farmaco diventano resistenti a una serie di farmaci antitumorali con strutture chimiche diverse e diversi meccanismi molecolari di azione. Questacapacità delle cellule tumorali di diventare contemporaneamente resistenti a diversi farmaci antitumorali, è infatti, la ragione

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primaria del fallimento della chemioterapia del cancro. I meccanismi utilizzati dalle cellule tumorali per acquisire la multi resistenza sono molteplici e comuni:

- Disattivazione enzimatica (ad esempio la coniugazione con glutatione) - Riduzione della permeabilità del farmaco

- Percorsi metabolici alternativi (ovvero il cancro attraverso un proprio metabolismo riesce a compensare l’effetto del farmaco)

- Aumento di efflusso del farmaco (attraverso trasportatori specifici, come la glicoproteina P, P-gP)

Dal momento che il meccanismo dell’efflusso contribuisce in modo rilevante alla multi resistenza nelle cellule tumorali, attualmente la ricerca si propone di bloccare i meccanismi specifici dell’efflusso1.

Il trattamento contro il cancro è complicato dal fatto che esiste una ampia varietà di differenti mutazioni del DNA che causano o contribuiscono alla formazione di tumori, così come una miriade di meccanismi attraverso cui le cellule resistono ai farmaci. La P-gP è stata il primo trasportatore di efflusso individuato a conferire multiresistenza.

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4 1.2 Trasportatori

I trasportatori sono proteine di membrana presenti in tutti gli organismi, che hanno lo scopo di:

1) difendere l’organismo dall’invasione di xenobiotici lipofili

2) permettere l’entrata di sostanze idrofiliche essenziali per il funzionamento cellulare

3) permettere l’uscita di cataboliti idrofili;

nel primo caso, i trasportatori sono dotati di selettività strutturale; farmaci con caratteristiche strutturali analoghe a quelle dei substrati naturali possono essere a loro volta trasportati. Nel secondo e terzo caso, i trasportatori sono dotati di scarsa o nulla selettività strutturale. La loro selettività riguarda l’acidità o basicità della sostanza da trasportare, ovvero la carica negativa o positiva della molecola (che è trasportata solo in forma ionizzata) e può inoltre dipendere dalle dimensioni e dalle caratteristiche chimico-fisiche.

Circa il 7% dei geni umani codifica proteine di trasporto.

Esistono 2 tipi di trasporti: attivo e passivo. Il trasporto attivo necessita di energia, poiché vi è un trasporto di soluti contro gradiente chimico o elettrochimico. È un trasporto vettoriale, cioè unidirezionale. Il trasporto passivo, o diffusione facilitata, avviene secondo gradiente chimico o elettrochimico e si ferma quindi al raggiungimento dell’equilibrio. È un trasporto bidirezionale. Il trasporto attivo può essere distinto in primario o secondario:

Trasporto attivo primario: si ha quando un trasportatore utilizza energia chimica o elettromagnetica per dare origine ad un gradiente chimico o elettrochimico. In

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natura esistono 6 tipi di trasportatori primari: 1) le ATPasi di tipo P (così dette perché formano un intermedio fosforilato durante il ciclo di trasporto), di cui un tipico esempio è la Na+/K+ATPasi; 2) le ATPasi di tipo F e V, presenti nelle membrane batteriche, mitocondriali e cloroplastiche, che sono pompe protoniche o di Na+; 3) le ATPasi di tipo Ars, codificate dall’operone ars di E.Coli; 4) le pompe decarbossilasi, presenti nei batteri, che convertono l’energia della decarbossilazione nella formazione di gradienti elettrochimici di Na+; 5) le rodopsine, esempio di pompe batteriche per ioni inorganici che sfruttano l’energia elettromagnetica (luce); 6) i trasportatori ABC, appartenenti alla superfamiglia ATP-binding cassette, sono i più importanti dal punto di vista farmacologico.

Trasporto attivo secondario si ha quando il trasportatore converte un gradiente elettrochimico, generato da un trasportatore primario, nel gradiente di un altro soluto. In questo tipo di trasporto, un soluto viene trasportato contro gradiente di concentrazione insieme ad un altro che è invece trasportato secondo gradiente. Questi carriers sono denominati cotrasportatori se entrambi i soluti vengono veicolati nella stessa direzione (simporto), o scambiatori se i soluti si muovono in direzioni opposte (antiporto). 2

Cinetica di trasporto

Il trasporto attivo è descritto da un’equazione del tutto analoga a quella di Michaelis-Menten

v = Vmax · C / (Km + C)

dove v indica la velocità di trasporto, C la concentrazione di substrato, Vmax la massima velocità di trasporto e Km, la costante di Michaelis, rappresenta la

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concentrazione di substrato a cui la velocità è metà della velocità massimale. Se C< Km, il flusso aumenta in proporzione alla concentrazione di substrato, mentre se Km ha un valore trascurabile rispetto a C, il flusso si avvicina ad un valore costante , rappresentato da Vmax. Se il trasporto è passivo, cioè dovuto ad una differenza di concentrazione, è necessario considerare la differenza di concentrazione ai 2 lati della membrana, quindi l’equazione diventa

v = Vmax ·∆C / (Km + ∆C)

1.3 Trasportatori di farmaci (o xenobiotici)

1.3.1 Famiglie di trasportatori: SLC e superfamiglia ABC di proteine trasportatrici ATP-dipendenti

Per quanto riguarda il trasporto di farmaci, esso è dovuto a carriers appartenenti a 2 superfamiglie di proteine che, secondo la Human Genome Organization (HUGO), sono classificati come ABC (ATP binding cassette) e SLC (solute carrier). La superfamiglia SLC (solute carrier) include geni che codificano trasportatori passivi e trasportatori attivi secondari. Sono state finora identificate 46 famiglie comprendenti 360 trasportatori. I trasportatori della famiglia SLC trasportano composti ionici e non ionici, sia endogeni che esogeni. Fa parte di questa famiglia il trasportatore a livello epatico che capta le statine. Essi sono localizzati negli organi emuntori e in quelli con funzione di barriera. Ad esempio, nel fegato i trasportatori SLC sono localizzati nella membrana basolaterale degli epatociti. Varie isoforme trasportano sostanze acide, basiche (cationi di tipo II, ovvero con 1 o 2 cariche

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positive ed elevato peso molecolare; es. chinidina, curarici) e, in misura minore, neutre. 3

La superfamiglia ABC comprende numerosi trasportatori codificati dai geni ABC. Sono trasportatori attivi e contengono 1 o 2 regioni NBD intracellulari altamente conservate, che legano e idrolizzano l’ATP. Ci sono 49 geni conosciuti per i trasportatori ABC, raggruppati in 8 famiglie che, nella nomenclatura ufficiale, vengono designate con una lettera maiuscola (da A a H), mentre in quella tradizionale vengono classificate in base alla funzione. 4

I trasportatori ABC sono quindi ATPasi, trasportano sempre il substrato dal citoplasma verso l’esterno della cellula o verso l’interno di organelli subcellulari (reticolo endoplasmatico, mitocondri, perossisomi). I trasportatori ABC partecipano anche al movimento di xenobiotici e dei loro metaboliti attraverso la superficie cellulare e le membrane degli organelli cellulari; i difetti in questi geni possono quindi essere importanti in termini di terapia del cancro e per innumerevoli disturbi farmacocinetici e farmacogenetici. I trasportatori ABC sono quindi probabili obiettivi per la terapia farmacologica. La scoperta dei geni ABC è stata importantissima: una loro mutazione infatti può portare a malattie genetiche ereditarie disastrose quali fibrosi cistica o adrenoleucodistrofia legata all’ X (X-linked ALD). Inoltre mutazioni in questi geni (e quindi difetti nelle rispettive proteine) sono deleteri non solo per il trasporto di metaboliti nelle cellule, ma anche per quello di medicinali e farmaci adatti a contrastare malattie quali cancro e vari disordini genetici. Oltretutto è assai probabile, anche se

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ancora non esistono dimostrazioni in merito, che variazioni nell’espressione delle proteine ABC derivate dal polimorfismo genetico (nel gene MDR1 sono stati individuati più di 50 polimorfismi a livello di singolo nucleotide), siano fonti di variabilità individuale nell’assorbimento e nella tolleranza ai farmaci5

1.3.2 Architettura ABC

La superfamiglia dei trasportatori ABC rappresenta una delle più grandi ed antiche famiglie di proteine, presenti dai procarioti all’uomo. Furono descritti per la prima volta nel 1971, come mediatori dell’assunzione ATP dipendente di nutrienti in batteri. Nella forma funzionante devono essere presenti 2 domini transmembrana (TMD) ciascuno con 6 α-eliche (per un totale di 12 α-eliche TM, tipiche dei trasportatori), deputati alla traslocazione del substrato, e 2 domini citosolici che idrolizzano l’ATP senza subire fosforilazione (NBD, nucleotide binding domain).

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Fig. 1.3.2 : Rappresentazione della struttura delle ABC.

Sono divisi in 2 classi: gli IMPORTATORI (solo procarioti), che presentano proteine/lipoproteine aggiuntive extracellulari che legano il substrato ad alta affinità e lo indirizzano verso i TMDs; gli ESPORTATORI (procarioti ed eucarioti), che, invece, reclutano il substrato direttamente dal citosol o addirittura dal doppio strato lipidico. 6

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1.3.3 Meccanismo di funzionamento

Il legame dell’ATP promuove una conformazione rivolta verso l’esterno (ad alta energia) mentre il rilascio dei prodotti d’idrolisi dell’ATP promuove una conformazione rivolta verso l’interno (a bassa energia). Il più semplice schema del meccanismo di trasporto invoca due stati: uno rivolto verso l’interno della cellula, conformazione con il sito di legame del substrato accessibile dall'interno delle cellule (Fig1.3.3, a) e uno rivolto verso l'esterno con una conformazione a tasca di estrusione esposti verso il mezzo esterno (Fig 1.3.3, b). Quando l’ATP è legata, NBD e TMDS conferiscono alla proteina una conformazione rivolta verso l’ esterno.

Fig. 1.3.3: a)Sito di legame rivolto verso l’interno; b)Cambiamento conformazionale ad opera dell’ATP, con estrusione del substrato.

In questa conformazione, i substrati veicolati possono sfuggire verso l’esterno illustrativo del doppio strato lipidico o nel mezzo acquoso che circonda la cellula, a seconda della loro idrofobicità. L'idrolisi di ATP causa un cambiamento di conformazione e la proteina ritorna nella conformazione rivolta verso l’interno della

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cellula. I trasportatori ABC possono quindi utilizzare un "alternanza di accesso e rilascio", primo meccanismo ipotizzato per le principali proteine di trasporto facilitato 7, con la distinzione che l’idrolisi dell’ATP è vincolante, piuttosto che l'acquisizione del substrato e quindi può controllare la conversione di uno stato nell’altro. La maggior parte dei trasportatori ABC legano e idrolizzano due molecole di ATP per ogni reazione 8,9. Tuttavia, il numero di substrati veicolato può variare in funzione della massa molecolare.

Alcuni trasportatori sono inibiti in maniera allosterica dal loro stesso substrato: i

NBD possono presentare un sito regolatorio. Il substrato legandosi a tale sito

inibisce l’attività ATPasica del NBD, bloccando i cambiamenti conformazionali del trasportatore.

Le sostanze possibilmente trasportate: zuccheri, peptidi e proteine (es. proteasi),

lipidi (eicosanoidi), steroli, vitamine, poliammine, complessi chelanti il ferro, Pi e suoi esteri, ioni solfato, cloro, cationi metallici etc.

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1.3.4 Classificazione delle ABC

Il trasportatore ABC più studiato e più importante dal punto di vista farmacologico è la glicoproteina P, denominata pure MDR1 o ABCB1, secondo la nomenclatura ufficiale. L’acronimo MDR (multidrug resistance protein) deriva dal fatto che questa proteina è stata per la prima volta individuata in cellule tumorali, alle quali conferisce resistenza ai farmaci antineoplastici.

Un altro membro della famiglia ABCB è la proteina MDR2/3 (ABCB4). La MDR2/3, espressa a livello della membrana canalicolare dell’epatocita, contribuisce alla formazione della bile mediante escrezione di fosfolipidi, principalmente fosfatidilcolina 10.

Altri importanti trasportatori di tipo ABC (appartenenti alla famiglia ABCC) sono le proteine MRP (multidrug resistance-associated proteins), le quali hanno un’omologia sequenziale solo del 15% con la glicoproteina P. Queste proteine hanno peso molecolare di 190 KDa, invece che 170 KDa, come la MDR1, e sono dotate di 3 domini transmembrana, invece che 2. Sono state finora individuate 9 isoforme della famiglia MRP, sette delle quali sono localizzate nell’epatocita. L’isoforma di gran lunga più importante di questa famiglia è la MRP2 (ABCC2), con localizzazione analoga a quella della MDR1, cioè nella membrana apicale di fegato, rene, intestino, barriera ematoencefalica e placenta. Questo carrier trasporta una grande varietà di sostanze, anche endogene, con elevato peso molecolare, che siano di per sé acide o coniugate con acidi (glicuronico, solforico, glutatione). Una funzione fondamentale della MRP2 sita nella membrana canalicolare dell’epatocita è l’escrezione nella bile della bilirubina coniugata. I topi knockout sono normali,

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tuttavia l’assenza di questa proteina nell’uomo è causa della sindrome di Dubin-Johnson, malattia genetica caratterizzata da un elevato tasso ematico di bilirubina coniugata. Altre isoforme di MRP sono localizzane nella membrana basolaterale dell’epatocita, dove espellono dalla cellula, riversandoli nel sangue, xenobiotici e metaboliti acidi formati nell’epatocita. Le isoforme più importanti sono: MRP3, indotta dalla colestasi e dal fenobarbital, che ha un’elevata affinità per i glucuronidi;

MRP4 e MRP5, che sono specifiche per i nucleotidi ciclici (cAMP e cGMP), ma trasportano anche vari xenobiotici (metotrexato e antivirali vari);

Le altre MRP, pur essendo alcune presenti in grande quantità, non hanno ancora un ruolo ben definito11.

Un ruolo non secondario, sebbene non ancora completamente definito, nella disposizione dei farmaci è pure quello della proteina BCRP (breast cancer resistance protein-ABCG2), localizzata nel fegato, nell’intestino, nelle barriere ematoencefalica e placentare e, unica tra i trasportatori ABC, nella mammella. La BCRP è responsabile della secrezione attiva di vari farmaci nel latte durante la lattazione. Questa funzione non protettiva della BCRP rimane per ora senza spiegazioni. La proteina BCRP ha un singolo dominio trans-membrana, ma diventa attiva come trasportatore solo in seguito a omodimerizzazione. Sono substrati di questo trasportatore tanto molecole idrofobiche neutre che cariche positivamente o negativamente. Vari farmaci trasportati dalla BCRP sono pure substrati della glicoproteina P e della MRP2. Anche per questo trasportatore, i topi knockout sono normali 12.

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1.4 Glicoproteina-P (P-gP)

La glicoproteina P è probabilmente una flippasi, cioè fa passare la molecola dal foglietto fosfolipidico interno a quello esterno, favorendone così l’estrusione. Essa non trasporta sostanze endogene, ma solo xenobiotici caratterizzati da: 1) struttura planare; 2) peso molecolare maggiore di circa 500 Dalton; 3) idrofobicità (con carica neutra) o anfipaticità (con la porzione idrofilica carica positivamente per la presenza di un azoto basico). La P-gP è localizzata nella membrana apicale delle cellule dei tessuti con funzione di barriera (intestino, barriera ematoencefalica, placenta, barriera ematoliquorale), degli organi emuntori (fegato e rene) e in alcuni tipi di linfociti CD4+.

Il gene MDR1 (Multidrug Resistance), che codifica per la P-gP, è altamente polimorfico 13.

: sono stati finora identificati più di 50 polimorfismi a livello di singolo nucleotide. È assai probabile, anche se non esistono ancora dimostrazioni definitive in merito, che variazioni nell’espressione della glicoproteina P, derivate dal polimorfismo genetico, siano fonti di variabilità interindividuale nell’assorbimento e nella disposizione dei farmaci.

La proteina è composta da 2 metà omologhe e simmetriche, ognuna delle quali comprende 6 domini trans membrana (TMD) raccordati da un “loop” intracellulare, che possiede un sito di legame per l’ATP.

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Fig. 1.4: Modello topologico di P-gP. Le eliche trasmembrana contrassegnate con un asterisco sono quelle coinvolte nel riconoscimento del substrato.

Fig. 1.4’ Struttura della P-gP. Visione (A) frontale e (B) posteriore . Sono etichettati i TM1-12. (Science 2009)

L'interazione tra le due unità della P-gP è fondamentale per il funzionamento della molecola, e una regione linker flessibile è sufficiente per la loro corretta interazione,

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molto probabilmente per la comunicazione tra i due siti ATP. Le due unità della P-gP nell’uomo interagiscono a formare un unico trasportatore; i maggiori legami con le sostanze risiedono nei domini transmembrana 4, 5, 6, 10, 11 e 12. La glicoproteina è glicosilata in tre siti nel primo loop extracellulare. La glicosilazione sembra essere richiesta per il traffico corretto del trasportatore alla superficie delle cellule, ma non è necessario per la funzione di trasporto della P-gP. E’ dimostrato che i siti di riconoscimento di P-gP sono grandi, flessibili e ricchi di aminoacidi in grado di dare interazioni produttive con i substrati. In particolare, i siti di riconoscimento sembrano contenere un numero insolito di amminoacidi aromatici che, oltre a legami elettrostatici, sono in grado di produrre interazioni idrofobiche 14-19

.

1.4.1 Struttura della P-gP

La radiografia della struttura di apo-Pgp a 3.8 Å rivela una cavità interna di ~ 6.000 Å3 con una separazione da 30 Å dei due domini di legame dei nucleotidi (NBD). Due strutture addizionali della glicoproteina-P con inibitori peptidici ciclici, dimostrano la presenza di siti di legame diversi nella cavità interna, capaci di

stereo-selettività che si basa su interazioni idrofobiche e aromatiche20. Nella P-gP sono

stati individuati 3 siti di legame principali (Figura 1.4.1.A e B). Il sito di legame 1 si trova al confine tra la membrana e il citosol e due altre regioni vincolanti sono situate nella parte transmembrana della proteina. Le regioni contengono più tasche e coinvolgono gli amminoacidi di tutte le TM, ma anche di altre unità strutturali della proteina. Nelle regioni le tasche sono vicine le une alle altre (Figura 1.4.1.); di conseguenza è possibile che gli xenobiotici, a seconda delle loro proprietà

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strutturali, possano legarsi a siti più idrofobici o più idrofili, oppure a più di un sito simultaneamente. Inoltre, una tasca grande di legame è stata trovata in una cavità della proteina (Figura 1.4.1. C). Studi dimostrano che sono coinvolti residui amminoacidici dei siti di legame 1, 2, e 3, e può rappresentare un "sito di fuga”, dove i composti che si legano a una di queste regioni sono liberati dalla proteina.

Figura 1.4.1. Siti di legame della P-gP. A) Tasche di legame identificate da SiteID; le tasche sono piene di sfere che circondano gli atomi di ossigeno della molecola d'acqua, lo stesso colore viene usato per riempire le sfere appartenenti alla stessa tasca. C e B) Tasche di legame individuate da Site Finder; le tasche sono piene di sfere alfa; sfere grigie indicano atomi idrofobici e sfere rosse, gli atomi idrofili, la spina dorsale delle proteine viene mostrato come un tubo blu; le parti di membrana relative ai siti di legame ed i siti di legame sono delineati con linee tratteggiate, le linee orizzontali tratteggiate indicano i confini approssimativi della membrana.

Analisi dei siti di legame hanno rivelato che essi contengono un gran numero di aminoacidi trovati ad avere un importante impatto sul funzionamento della proteina in varie mutazioni, cross-linking. Si è visto che i residui sono in grado di influenzare l'attività di trasporto di un certo numero di substrati e di inibitori della P-gP, così che le tasche potrebbero essere identificate facilmente. Purtroppo, dai dati sperimentali non possiamo delineare alcuna conclusione su un possibile coinvolgimento di particolari aminoacidi nel legame di alcuni farmaci. In assenza di dati strutturali 3D di un ligando legato a P-gP, è difficile proprio definire la

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localizzazione dei siti di legame. Residui che influenzano il trasporto dei substrati della P-gP e inibitori (antracicline, Vinca alcaloidi, la colchicina, propafenone, rodamina 123, verapamil, e loro derivati) sono stati trovati in diverse regioni di legame. E' probabile che i composti grandi, come ad esempio gli alcaloidi della Vinca, ciclosporina A, e loro analoghi, possono interagire con la P-gP nel compartimento citoplasmatico. In questa regione, come suggerito da Gruol et al.21, possono avvenire anche le interazioni iniziali di farmaci più piccoli con i loop citoplasmatici della proteina, queste interazioni possono ulteriormente influenzare l'interazione della proteina con le molecole di ATP. E’ possibile che i piccoli farmaci abbiano più siti di legame nelle diverse regioni di legame della proteina. Questi risultati sono in accordo con l'ipotesi che la P-gP ha più siti di legame per gli xenobiotici che possono comportarsi in modo diverso 22. In conclusione, la P-glicoproteina dispone di più siti di legame e può legare e / o rilasciare substrati in diversi modi. Le regioni di legame e le tasche identificate fino ad oggi possono aiutare ulteriormente gli studi sperimentali, la modellistica molecolare, e simulazioni di dinamica che mira ad un più precisa localizzazione e identificazione dei siti di legame della proteina.

1.4.2.

Ciclo di trasporto della P-gP

La P-gP può esistere in due conformazioni: una rivolta verso l’interno della cellula, ad alta affinità per i substrati (Fig.1.4.2, A); una rivolta verso l’ambiente extracellulare, a bassa affinità per i substrati (Fig.1.4.2, B). La conformazione rivolta verso l’intero della cellula, rappresenta una fase iniziale del ciclo di trasporto che è necessaria per il legame con i substrati. Nel corso del ciclo catalitico, il

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legame di ATP, stimolato dal substrato, causa probabilmente una dimerizzazione dei NBD producendo grandi cambiamenti strutturali, che portano ad una conformazione rivolta verso l'esterno.

Fig.1.4.2. Modello di trasporto del substrato della P-gP. (A)Il substrato (magenta) diffonde attraverso il doppio strato lipidico dall’ esterno della cellula ed entra nel sito di legame della P-gP. (B)L’ATP (in giallo) si lega ai NBD causando grandi cambiamenti conformazionali, promuovendo il passaggio di conformazione da: rivolta verso l’interno, all’ esterno, con l’espulsione del substrato. Il substrato è rilasciato come conseguenza di una ridotta affinità di legame, con inversione di conformazione, che può esser dovuta a cambiamenti nel contatto di residui specifici tra la P-gP ed il substrato, oppure dipende dall’ idrolisi dell’ATP. In entrambi i casi, l'idrolisi dell' ATP distrugge il dimero tra i NBD e reimposta il sistema, che ritorna alla conformazione rivolta verso l’interno, pronta per iniziare

nuovamente un ciclo di trasporto. 20 Essenzialmente ci sono due modelli ipotetici

diversi per spiegare i meccanismi di trasporto della P-gP. In un modello (Fig. 1.4.2’. A, Fase II), la formazione del dimero porta a cambiamenti conformazionali che sono comunicati al sito di legame del substrato 23. Due idrolisi sequenziali dell' ATP quindi riportano la P-gP alla conformazione di partenza (Piazza IV-VI, fig. 1.4.2’.B). Anche il modello alternativo 24-26 richiede due idrolisi dell'ATP, ma una per l’efflusso del farmaco (Fig. 1.4.2’. B, Fase II) e l'altra per ripristinare la proteina nel suo stato di partenza (Fig. 1.4.2’. B, Passo VI). Entrambi questi modelli sono

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caratterizzati dallo schema di "alternanza dei siti catalitici” proposto da Senior e collaboratori 27, secondo il quale solo uno dei due NBD idrolizza ATP in un dato momento e le due NBD si alternano durante il ciclo catalitico. Il modello rappresentato nella fig. 1.4.2’.B si basa su dati sperimentali che dimostrano che quando la P-gP si trova nello stato di transizione post-idrolisi il substrato mostra drasticamente affinità ridotta per la proteina. Ciò è stato interpretato come la conseguenza di un cambiamento conformazionale dopo l’idrolisi che guida il sito del farmaco- substrato da uno stato di alta affinità "on" a una bassa affinità "off"24,25.

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1.4.3 Substrati della P-gP

La P-gP è caratterizzata da un’attività ATPasica basale, attribuita normalmente al trasporto di substrati endogeni. Si è tentato di definire il modello farmacoforico comune dei substrati e degli inibitori di questo trasportatore. Substrati ed inibitori conosciuti sono clorochina, vinblastina, reserpina , colchicina e verapamil, così come diversi peptidi. Esistono evidenze divergenti, ma caratteristiche comuni sono state individuate nella loro idrofobicità e tendenza ad avere domini aromatici planari ed amino-gruppi terziari. L’analisi delle strutture tridimensionali rivela che i substrati tipicamente contengono gruppi accettori di legami idrogeno. Condizione limitante dell’interazione di un substrato con la P-gP è la sua diffusione nella membrana lipidica. Al contrario, la dissociazione del complesso P-gP- substrato è determinata dal numero e dalla forza dei legami a idrogeno tra substrato e trasportatore: composti con elevato potenziale di formazione di legami idrogeno agiscono generalmente da inibitori.

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1.4.4 Localizzazione della P-Gp

1.4.4.a P-gP a livello dell’epitelio intestinale

Nell'intestino, la glicoproteina-P è localizzata a livello della membrana apicale; qui gli elevati livelli di P-gP espressi possono limitare direttamente l'assorbimento orale dei farmaci e alterare la farmacocinetica. In aggiunta, la P-gP intestinale è un sito di interazioni farmaco-farmaco clinicamente significative 28

1.4.4.b P-gP a livello della barriera emato-encefalica (BEE)

La barriera emato-encefalica (BEE) è una unità anatomo-funzionale realizzata dalle particolari caratteristiche delle cellule endoteliali che compongono i vasi del Sistema Nervoso Centrale e ha principalmente una funzione di protezione del tessuto cerebrale dagli elementi nocivi presenti nel sangue, pur permettendo il passaggio di sostanze necessarie alle funzioni metaboliche.

È composta da cellule endoteliali che danno origine ad un endotelio continuo, non fenestrato. Le cellule endoteliali sono unite tra di loro da giunzioni cellulari occludenti o tight junction. Questa maggiore compattezza impedisce il passaggio di sostanze idrofile e/o con grande peso molecolare dal flusso sanguigno all'interstizio (e quindi ai neuroni) con una capacità di filtraggio molto più selettiva rispetto a quella effettuata dalle cellule endoteliali dei capillari di altre parti del corpo. Un ulteriore fattore che contribuisce alla formazione di questa unità anatomofunzionale è costituito dalle proiezioni delle cellule astrocitarie, chiamati peduncoli astrocitari,

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che circondano le cellule endoteliali della BEE, determinando un'ulteriore "barriera". Il ruolo funzionale del BEE è quello di proteggere il cervello contro xenobiotici tossici separando il cervello dalla circolazione sanguigna cerebrale. Come risultato, solo xenobiotici lipofili e farmaci possono attraversare le barriere ed entrare nel cervello attraverso la diffusione passiva. Molti ricercatori hanno dimostrato che esiste una forte correlazione positiva tra lipofilia e penetrazione cerebrale dei farmaci 29,30. Anche se la lipofilia è un fattore importante nel determinare la penetrazione cervello di droghe, molti tipi di sostanze lipofile mostrano una scarsa penetrazione attraverso la BEE. E’ stato suggerito che anche i legami ad idrogeno possono influenzare il passaggio nel cervello. Un numero elevato di legami ad idrogeno riduce la permeabilità 31. Anche la dimensione molecolare dei farmaci è un determinante importante per la penetrazione del cervello32. Tuttavia, la scarsa penetrazione attraverso la BEE di alcuni farmaci lipofili non poteva essere spiegata solo con l’elevato numero di legami a idrogeno e le dimensioni molecolari. Senza conoscere una causa precisa, questi composti sono stati considerati come ''anomali”. Non era stato fatto nessun collegamento tra la possibile funzione di efflusso di P-gP nella BEE e la scarsa penetrazione nel cervello di questi composti lipofilici osservati negli animali prima dell’osservazione della P-gP nei capillari cerebrali 33,34. Con l’utilizzo di anticorpi monoclonali, è stato dimostrato che la P-gP è altamente espressa sulla superficie apicale delle cellule endoteliali dei capillari cerebrali: la scarsa penetrazione attraverso la BEE di alcuni farmaci lipofili è dovuta principalmente al trasporto di efflusso della P-gP. Tale funzione della P-gP come trasportatore di efflusso è particolarmente rilevante per i farmaci che mostrano pronunciati effetti collaterali del SNC, quando entrano nel cervello. Il cervello è conosciuto per essere un sito di replicazione virale per il virus dell'immunodeficienza umana (HIV) ed è quindi un tessuto obiettivo importante per

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agenti antiretrovirali. Tuttavia, gli HIV proteasi inibitori, che hanno portato notevoli progressi nel trattamento dell'infezione da HIV, hanno solo limitata capacità di raggiungere il sistema nervoso centrale, infatti la maggioranza di questa classe di farmaci non è rilevato nel SNC umano dopo la somministrazione 35,36. Gli antistaminici di prima generazione sono spesso associati ad effetti collaterali come la sedazione del SNC, considerando che gli antistaminici di seconda generazione sono in genere non sedativi. In uno studio in vitro, condotto utilizzando cellule endoteliali di cervello di ratto, tutti gli antistaminici di seconda generazione testati, si sono rivelati substrati della P-gP, mentre tutti gli antistaminici di prima generazione testati non hanno mostrato affinità per la P-gP 37,38. Sulla base di questi dati, si è postulato che l'efflusso mediato dalla P-gP attraverso la BEE spiega la mancanza di effetti collaterali sul sistema nervoso centrale degli antistaminici moderni. L’iperespressione della P-gP in astrociti e neuroni, come osservato nelle malattie neurodegenerative come l'epilessia, possono rappresentare un importante meccanismo di adattamento che protegge le cellule cerebrali superstiti dalla citotossicità di composti endogeni rilasciati, per esempio il glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio e eccitotossico che è un substrato per la P-gP 39. Contrariamente agli astrociti normali, gli astrociti con sovra espressione di P-gP del tessuto cerebrale di pazienti epilettici non hanno espresso le proteine pro-apoptotica p53 e p21 e altri marcatori di apoptosi, quindi è probatorio un ruolo della P-gP nella protezione dalla morte per apoptosi 40. Recentemente è stato individuato un potenziale ruolo della P-gP nella patogenesi della malattia di Alzheimer, attraverso l’efflusso del β-amiloide. Nelle cellule gliali, le proteine ABC come la P-gP e diverse MRPs, sono coinvolte nell’efflusso di nucleotidi, che rappresentano la principale fonte cerebrale di purine extracellulari 41. Inoltre, la P-gP è implicata nella esportazione dei peptidi endogeni, tra cui ligandi oppioidi, dal cervello ai siti

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periferici di azione 42 e nei meccanismi che partecipano allo sviluppo della tolleranza alla morfina 43.

1.4.4.c P-gP a livello della placenta

La placenta è l'organo che porta in stretta apposizione la circolazione del sangue di due esseri umani, la madre ed il feto, pur mantenendo la separazione dei due sistemi sanguigni. Essa svolge numerose funzioni essenziali per il mantenimento della gravidanza ed il normale sviluppo del feto. Uno dei ruoli principali della placenta è quello di regolamentare lo scambio di nutrienti e gas tra madre e feto e ad eliminare prodotti di scarto del feto; la placenta è anche considerata il primo organo fetale esposto a sostanze esogene: è infatti riconosciuto che ogni sostanza chimica somministrata alla madre è in grado di permeare, in qualche misura, attraverso la placenta 44,45. Composti terapeutici attraversano la placenta a seconda della loro solubilità lipidica, della dimensione molecolare, del grado di ionizzazione e del legame con le proteine plasmatiche. Farmaci e xenobiotici, che sono strutturalmente correlati a composti endogeni, possono essere riconosciuti come substrati di trasportatori di nutrienti come monoamine, carnitina, nucleosidi e trasportatori di ioni organici 46,47.

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Fig. 1.4.4.c. struttura schematica della placenta umana. (A) Sezione dell'utero al termine della gravidanza; mostra il feto collegato tramite il cordone ombelicale con la placenta. Nello schema dettagliato è raffigurata la struttura del cotiledone, unità funzionale placentare. Il Corion, la parte fetale della placenta, è costituito da lastre e villi coriali che vengono lavati con il sangue materno che entra negli spazi intervillari attraverso le arterie a spirale nella decidua basale. L’ossigeno e le sostanze nutritive dal sangue materno attraversano lo strato superficiale del trofoblasto dei villi corionici, entrano nel sangue fetale e sono portati al feto attraverso vena ombelicale (rosso). Il sangue deossigenato è condotto dal feto attraverso due arterie ombelicali (blu). (B) sezioni colorate con ematossilina-eosina terminali di villi di placenta umana nel terzo trimestre (C) descrizione schematica della sezione terminale dei villi che mostra la localizzazione della P-gP a livello della membrana apicale dei microvilli di sinciziotrofoblastico e la presenza di altri trasportatori placentari di efflusso.

Studi immunoistochimici hanno rilevato la P-gP nel bordo dei microvilli del sincizio trofoblastico delle placente umane nel primo trimestre 48-50, implicando la presenza di P-gP in tutto il periodo della gravidanza ( Fig 1.4.3.c, c). Recentemente, Sun et al. Hanno dimostrato la diminuzione della P-gP nella placenta umana con l’avanzamento della gestazione 51. Dagli studi sopra, sembra evidente che la P-gP è presente nella placenta fin dalle prime fasi della gravidanza e varia fino al termine, influenzando la disponibilità degli xenobiotici per il feto. Sulla base dell’

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espressione placentare della P-gP, essa svolgerebbe un ruolo nella protezione del feto contro xenobiotici tossici. Il primo studio che conferma l'attività funzionale della P-gP nella placenta è stato realizzato da Nakamura et al. 50, che hanno dimostrato l'assorbimento P-gP-mediato della vincristina nella membrana delle vescicole di preparati di trofoblasto della placenta umana. La P-gP fornisce una protezione per il feto, limitando la penetrazione degli xenobiotici dalla circolazione materna alla fetale e, inoltre, aiuta a rimuovere i suoi cataboliti estrudendoli nel compartimento materno una volta che hanno raggiunto la circolazione fetale. Recentemente, si è visto che l’espressione della P-gP umana è controllata da estrogeni e progesterone, sia in vivo sia in modelli in vitro 52,53. L’espressione della P-gP nell'endometrio umano corrisponde con quella del recettore nucleare del progesterone e con livelli tissutali e plasmatici di progesterone 54. Allo stesso modo, Arceci et al. hanno dimostrato che la P-gP è indotta, nella secrezione epiteliale uterina a livelli elevati, dalla combinazione di estrogeni e progesterone 55.

1.4.4.d Ruolo potenziale della P-gP e MRP1 presso la barriera

emato-liquorale

Lo strato protettivo del cervello è costituito dal fluido cerebrospinale (FCS), prodotto da cellule specializzate dei ventricoli, all’interno dei quali si trova una rete di vasi sanguigni nota con il nome di plesso corioideo o coroideo. L'FCS scorre fra i vari ventricoli, all' interno del cervelletto e al midollo spinale nello spazio subaracnoideo. Dal momento che il fluido cerebrospinale viene prodotto in

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continuazione, deve avvenire un costante assorbimento di questa sostanza (normalmente nel sistema nervoso circolano fra gli 80 e i 150 ml). Il plesso coroideo è costituito da un ciuffo di vasi piali che sospingono verso l'interno l'ependima che riveste i ventricoli. L'affrontarsi dell'ependima con l'endotelio dei vasi provenienti dalla pia madre costituisce la barriera emato-liquorale (BEL). Questa barriera emato-liquorale seleziona (in base alla liposolibilità, grandezza e tramite trasporto attivo per le sostanze idrosolubili) il passaggio di sostanze dal plasma al liquor cerebrospinale e viceversa attraverso meccanismi di riassorbimento, supplendo in tal modo alla carenza di vasi linfatici del sistema nervoso centrale. Inoltre, il battito delle ciglia delle cellule ependimali favorisce la circolazione del liquido cerebrospinale. La BEL ha un ruolo significativo nello scambio di xenobiotici tra sangue e cervello per i seguenti motivi 56. In primo luogo, l'organizzazione delle giunzioni strette delle cellule epiteliali del plesso coroideo è tale da renderle più permeabili di quelle tra le cellule endoteliali del cervello. In secondo luogo, le cellule epiteliali della coroide contengono un alto livello di enzimi disintossicazione. Infatti la BEL ha un livello relativamente alto di espressione di diversi isoenzimi del citocromo P450. In terzo luogo, la BEL può anche gestire rapidamente l'efflusso di un buon numero di xenobiotici. Attualmente è stata riscontrata la presenza della P-gP e MDR1 a livello del plesso coroideo.

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Fig. 1.4.4d .Rappresentazione schematica della barriera emato-liquorale

Si è concluso che la P-gP è localizzata subapicalmente presso l'epitelio del plesso coroideo, effettuando il trasporto in direzione del FCS (fluido cerebrospinale). Al contrario, MRP1 è localizzata nella membrana basolaterale, effettuando il trasporto verso il lato del sangue delle cellule epiteliali. Nell'epitelio coroideale, P-gP e MRP1 sembrano avere le direzioni di trasporto opposto. Questo indica situazioni diverse per i composti che sono (a) i substrati sia per P-gP e MRP1, (B) i substrati solo per la P-gP, (c) i substrati solo per la MRP1, senza necessità di una

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Fig. 14.3.d’ a-d

I composti che sono substrati sia per P-gP e MRP1 (a) in realtà sono filtrati dalle cellule epiteliali coroidali, contribuendo così alla disintossicazione del plesso coroideo stesso 57. Per i composti che sono substrati solo per MRP1, senza necessità di una coniugazione (c), il fallimento di efflusso MRP1 porterà ad un maggiore afflusso netto nel liquido cerebrospinale di composti potenzialmente tossici. Infatti, l'opposto si verifica in caso di errore di trasporto da parte della P-gP al plesso coroideo, cioè, una diminuzione delle concentrazioni di FCS per questi composti che sono in realtà substrati selettivi per P-gP (b). In condizioni normali, la P-gP nel plesso coroideo contribuirebbe a concentrare i suoi substrati nel liquido

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cerebrospinale, mentre l’efflusso mediato dalla P-gP a livello della BEE contrasta la distribuzione nel resto del cervello.

1.5 P-gP ed immuno-modulazione

P-gP sembra essere coinvolta nella immuno-modulazione, attraverso la modulazione della secrezione di diverse citochine dai normali linfociti T periferici e la attraverso migrazione delle cellule dendritiche dalla periferia di linfonodi per avviare l'immunità T-mediata dei linfociti 58. Diverse evidenze sperimentali hanno indicato l’indipendenza dall’efflusso del farmaco attraverso la P-gP, per quanto riguarda l’inibizione dell’apoptosi 59-64. La modulazione dell’efflusso di citochine, la segnalazione di lipidi di ed il pH intracellulare sono stati suggeriti come modi attraverso i quali la P-gP possa influire sulla resistenza all'apoptosi cellulare 61.

1.6 Espressione della P-gP nei tumori

Anche se è generalmente accettato che l'espressione della P-gP nelle cellule tumorali è un fattore che contribuisce alla resistenza ai farmaci multifattoriale, la conferma di questa correlazione è stata difficile da stabilire, probabilmente a causa delle differenze nella popolazione di cellule tumorali e dei metodi utilizzati per misurare l’espressione della P-gP 65. Negli studi clinici di correlazione, l'espressione

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della P-gP è stimata attraverso la quantificazione di mRNA o di proteine. È ben noto che alcuni, ma non tutti, tumori umani esprimono la P-gP, la sua espressione infatti varia considerevolmente: la frequenza di espressione dell’mRNA della P-gP per i tumori non trattati va dal 7% per i tumori cerebrali e sarcomi al 100% per tumori del fegato, con una frequenza media di 40% per tutti i campioni del tumore. Allo stesso modo, la frequenza espressione della proteina P-gP di questi tumori non trattati varia dallo 0% per carcinomi della prostata, all’ 88% per i tumori dell'endometrio, con una frequenza media di 40%. Ciò significa che il 60% dei campioni tumorali esaminati non hanno espresso la P-gP (misurata da sia a livello di mRNA o proteine). In seguito al trattamento con farmaci antitumorali, è stato osservato un aumento nella frequenza di espressione della P-gP in alcuni tumori. La frequenza media di espressione della P-gP di tutti i tumori trattati è stata aumentata del 13% rispetto ai tumori non trattati. Questi risultati indicano che la P-gP nei tumori può essere espressa da meccanismi intrinseci o acquisiti.

L’ American Cancer Society riporta oltre 12 milioni di nuovi casi di cancro e 7.6 milioni di decessi nel 2007 66.Molti tumori non rispondono alla chemioterapia, poiché acquisiscono MDR (multidrug resistance), alla quale viene attribuita la causa del fallimento delle terapie 67.

Sebbene la MDR abbia cause molteplici, la maggiore forma di resistenza alla chemioterapia è correlata alla presenza di almeno tre “pompe” molecolari che trasportano attivamente i farmaci all’esterno della cellula 68. Il trasportatore con maggior prevalenza è la P-gP, appartenente alla superfamiglia delle ATP Binding Cassette (ABC).

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Fig. 1.6.1. Differenze di espressione della P-gP tra tumori trattati e non trattati. Dati concessi da

Efferth and Osieka (1993)

Nello studio condotto da Efferth e Osieka (1993) 69, la correlazione tra risposta clinica alla chemioterapia e espressione della P-gP è stata analizzata per i 1.059 tumori. Circa il 70% dei tumori senza espressione della P-gP ha risposto alla terapia farmacologica, mentre solo il 45% dei tumori con l'espressione della P-gP ha risposto alla chemioterapia. Tuttavia, è importante sottolineare che, sebbene il tasso di risposta è stata più elevata per i tumori P-gP negativi che per i tumori P-gP positivi, quasi la metà dei tumori P-gP positivo ha risposto alla chemioterapia. Questi risultati indicano chiaramente che anche se la P-gP svolge un ruolo nella resistenza, non è il solo meccanismo responsabile della resistenza ai farmaci. Pertanto, è evidente che gli sforzi per convertire la resistenza ai farmaci in

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sensibilità ai farmaci tramite la modulazione della P-gP possono solo in parte migliorare la chemioterapia.

1.7 Sviluppo degli inibitori della P-gP

Le due ragioni principali per cui si tenta una modulazione della P-gP sono: facilitare la somministrazione orale di medicinali e il trattamento diretto dei tumori in cui P-gP ostacola la consegna di farmaci terapeutici alle cellule colpite. Trial clinici sono stati effettuati con molti inibitori, con l'obiettivo di sopprimere la P-gP resistenza in chemioterapia, per la cura dei tumori P-gP positivi.

Dal punto di vista chimico gli inibitori della P-gP sono “Arilmetossifenil-derivati”.

Prima generazione: sono i primi inibitori sperimentati come tali. Fano parte di questa categoria gli inibitori del canale del calcio, come il verapamile, antisteroidi come il tamoxifene, diversi antagonisti della calmodulina e la ciclosporina A. Questi composti in vivo producono però risultati deludenti perché hanno una bassa affinità e quindi devono essere utilizzati in dosi elevate, con una inaccettabile tossicità. Inoltre molti di questi composti sono substrati di altri sistemi di trasporto ed enzimi e possono portare ad interazioni farmacocinetiche.

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ciclosporina A

Seconda generazione: per superare questi limiti sono stati sviluppati gli inibitori di seconda generazione, tra cui il (+)-verapamile ed il biricodar. Questi sono molto potenti e meno tossici dei loro predecessori, ma inibiscono in modo significativo il metabolismo e l’escrezione dei chemioterapici, producendo così tossicità con la necessità di ridurre la dose dei farmaci nei test clinici. Inoltre anche molti inibitori di seconda generazione sono substrati di altri trasportatori, soprattutto per quelli appartenenti alla famiglia della ABC; l’inibizione di queste diminuisce la capacità fisiologica di protezione delle cellule e tessuti dagli agenti citotossici.

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Terza generazione: è stata sviluppata tramite le SAR (relazioni struttura-attività) e la chimica combinatoriale per ovviare ai limiti degli inibitori di seconda generazione. Questi sono in sperimentazione clinica ed includono derivati antranilammidici, come il tariquidar ed elacridar. Questi sono molto potenti come inibitori, ma inibiscono anche la BCPR (Breast cancer resistance protein)70.

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Attualmente gli studi clinici riportano elacridar e zosuquidar in fase I, mentre la sperimentazione di tariquidar, che era in fase III, è stata sospesa per l’aumento dell’incidenza di effetti collaterali 71.

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1.8 Linea cellulare Caco-2

Caco-2 è una linea cellulare immortalizzata di adenocarcinoma intestinale umano che possiede le proprietà morfologiche e funzionali degli enterociti. Tale linea è in grado di formare un monostrato polarizzato in vitro e possiede le caratteristiche metaboliche e di trasporto dell’intestino umano. Per tali peculiarità è largamente utilizzata come modello in vitro di barriera intestinale 72. Le cellule Caco-2 coltivate su filtri permeabili formano giunzioni strette ed esprimono i trasportatori a livello apicale (ad esempio P-gP, MRP -2, BCRP) e basolaterale (ad esempio MRP-1, PEPT1). Il monostrato di Caco-2 esprime la P-gP umana ed è comunemente usato per identificare i substrati della proteina, andando a

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41 2. SCOPO DELLA TESI

La multiresistenza è un’importante causa di fallimento nel trattamento contro il cancro con agenti chemioterapici.

Il meccanismo della multi resistenza è principalmente la overespressione cellulare di alcune ABC localizzate nella membrana cellulare, come la P-gP. Questa è un trasportatore fisiologicamente espresso in molti tessuti, come la barriera emato-encefalica, dove è coinvolta nel meccanismo di protezione da agenti tossici del SNC, e l’intestino. Tale proteina è capace di trasportare molti substrati strutturalmente differenti, compresi molti farmaci usati in vari regimi terapeutici. La ricerca di inibitori con alta selettività e specificità per tale proteina è utile per modulare il comportamento farmacologico di farmaci utilizzati nei tumori resistenti ai chemio-terapici. L'inibizione del trasporto mediato della P-gP può aumentare in maniera significativa la biodisponibilità di farmaci già di per sé scarsamente assorbiti.

Nel Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Pisa sono stati sintetizzati recentemente nuovi composti con questa potenziale azione, sulla base di studi computazionali, che hanno suggerito un modello farmacoforico per substrati/inibitori della P-gP. Il presente lavoro è stato condotto con l’obiettivo di valutare funzionalmente alcuni di questi composti, in quanto gli agenti regolatori della P-gP finora trovati mostrano risultati non soddisfacenti in vivo a causa dell’elevata tossicità riscontrata.

Tutti i composti sintetizzati sono stati testati in vitro su cellule di coriocarcinoma Caco-2, modello cellulare rappresentativo del distretto intestinale umano, nel

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quale la P-gP è overespressa, con l’obiettivo di valutare preliminarmente la loro azione sull’ATPasi e scegliere, in base al loro comportamento, quali di questi saranno poi valutati con il dosaggio della [3H]-vinblastina.

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3.1 Coltura delle cellule Caco-2

La coltura delle cellule Caco-2 viene effettuata in fiasche T-75 (Sarstaed) con tappo ventilato, mantenute in mezzo di coltura DMEM (Dulbecco’s Modified Eagle Medium), al quale vengono aggiunti:

-Glutammina (2mM)

-1% amminoacidi non essenziali

-20% di siero fetale bovino (Fetal Bovine Serum)

-Penicillina (50 U/ml)

-Streptomicina (50 µg/ml)

Le cellule sono mantenute in incubatore a 37 °C, in atmosfera di CO2 al 5%. Tutte

le operazioni riguardanti la coltura cellulare sono condotte sotto cappa a flusso laminare, con un sistema di sterilizzazione a raggi U.V. quando il flusso è interrotto e in assenza dell’operatore. Le cellule Caco-2 crescono in adesione nelle fiasche di coltura, ed ogni 3-4 giorni alla coltura cellulare viene aggiunto mezzo completo fresco (contenente un indicatore di colore: all’esaurimento delle sostanze nutritive corrisponde un viramento del colore del mezzo di coltura dall’arancio al giallo, ad evidenziare la necessità di sostituire il mezzo). Arrivati in condizioni di confluenza, si procede all’espansione della coltura per trasferimento in nuove fiasche. Tale processo consiste nelle seguenti fasi: le cellule adese vengono staccate enzimaticamente dal supporto mediante trattamento con Tripsina, e dopo neutralizzazione con mezzo completo, la sospensione viene centrifugata a 200xg per 5 minuti a temperatura ambiente. Il sovranatante è

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eliminato ed il pellet cellulare è sospeso in mezzo completo. A questo punto è possibile procedere all’espansione, mediante divisione della sospensione in frazioni, a ciascuna delle quali viene aggiunto mezzo completo, seminate in diverse fiasche a seconda della densità desiderata.

3.2 Determinazione dell’ATP nelle cellule Caco-2

La determinazione della concentrazione di ATP nelle Caco-2 viene eseguita mediante l’utilizzo di un kit (ATPlite: Luminescence ATP Detection Assay System; PerkinElmer. Fig. 5.2), che sfrutta la reazione luciferina-luciferasi:

ATP + luciferina adenil-luciferina + PPi

Adenil-luciferina + O2 ossiluciferina + AMP + CO2 + luce Luciferasi - Mg++

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Fig 5.2: Metodo schematico di esecuzione del saggio, con il kit ATPlite: Luminescence ATP Detection Assay System; PerkinElmer.

3.3 Esecuzione dell’ esperimento

Questo esperimento è stato eseguito come riportato sulla scheda tecnica del kit ATPlite, di PerkinElmer Life Sciences, per la rilevazione della luminescenza tramite l’utilizzo di Victor3.

Le cellule Caco-2 in condizione di confluenza vengono staccate enzimaticamente dal supporto mediante trattamento con Tripsina, e dopo neutralizzazione con mezzo completo, la sospensione viene centrifugata a 200xg per 5 minuti a temperatura ambiente. Il sovranatante è eliminato ed il pellet cellulare è sospeso in una quantità di mezzo necessaria a seminare la sospensione di Caco-2 in una

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piastra da 96 pozzetti, in 100 μL di mezzo completo e con una densità cellulare

per pozzetto di 2 x 104. La piastra è messa in incubazione per una notte, in incubatore a 37 °C in atmosfera di CO2 al 5%.

Per l’esecuzione del saggio, il mezzo viene rimosso e vengono aggiunti 100 μL

totali di mezzo in presenza o in assenza dei composti da testare. La piastra è messa ad incubare per 2 ore, in incubatore a 37 °C in atmosfera di CO2 al 5%. Al termine dell’incubazione, vengono aggiunti 50 μL di soluzione di lisi a tutti i

pozzetti e la piastra è agitata per 5 minuti con agitatore orbitale; quindi sono aggiunti 50 μL di substrato nei pozzetti e la piastra è posta nuovamente in

agitazione come sopra riportato. Si procede quindi alla lettura della luminescenza tramite Victor3 71, dopo adattamento della piastra per 10 minuti al buio.

3.4 Valutazione dei composti di nuova sintesi

I composti testati sono stati sintetizzati dal Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Pisa. I ligandi sono derivati di nuclei fenolici e anilinici, per la precisione sono derivati del 2-[(3-metossifeniletil)fenossi] nucleo e del 2-[(3-metossifeniletil)amino] nucleo.

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48

Inizialmente sono stati sintetizzati i derivati del 2-[(3-metossifeniletil)fenossi] nucleo,      

sviluppati a partire da altre molecole, precedentemente sintetizzate, con uno scheletro comune che deriva dalla combinazione delle strutture di flavoni ed isoflavoni: [1-arilmetilossi-2-(2feniletil)benzene]. Questa struttura, che possiede entrambe le caratteristiche richieste per l’inibizione della P-gP (cioè lipofilicità e la presenza di anelli aromatici) ed una maggiore flessibilità rispetto ai flavoni, consiste in un 2-[(feniletil)fenossi] nucleo, che ha un sostituente metossilico sull’anello aromatico in posizione 3, ed è collegato a residui aril- o eteroaril-metilici. Tra questi abbiamo:

MV163

    MV 241



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49

Poi vi sono altri composti che derivano dall’aggiunta di ulteriori gruppi metossilici sugli anelli aromatici dello scheletro di base, tra cui:

     

MV 334

    

MV 397

Derivati del 2-[(3-metossifeniletil)amino] nucleo

          

Infine altri composti derivano dalla sostituzione bioisostera dell’atomo di ossigeno con uno di azoto (derivati anilinici), tra cui:

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50  !  ! " !

MV224

#$ % $ % # $ % # &' #$ % #$ % AV 29 ( ( ()* +, MV 309 -./ 01 -./ -. /

MV 254

234 342 234 234 56 MV 343

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51

789 789 : ; 8 97 8 97 78 9

MV 409

<=> ?@ @ @

Th 6

3.5 Prove di solubilità e vitalità ai solventi

La solubilità dei composti è stata valutata con solventi compatibili con l’ambiente cellulare, quali mezzo di coltura DMEM, etanolo e DMSO: lo scopo è stato quello di verificare la stabilità in soluzione di ciascun composto alla concentrazione necessaria per effettuare lo screening.

Per verificare anche la soglia di tollerabilità delle cellule per il solvente, sia per l’etanolo che per il DMSO sono state effettuate prove di vitalità, addizionandoli singolarmente al mezzo in cui sono mantenute le cellule. Le percentuali utilizzate variavano nel range tra 2% e 10%. La vitalità cellulare dopo due ore di

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incubazione con tali solventi è stata valutata mediante il saggio di determinazione dell’ATP, come descritto precedentemente

3.6 Valutazione dell’attività dei composti nei confronti dell’

ATPasi

Dopo aver proceduto come descritto nel paragrafo precedente alla verifica della stabilità dei composti e della tossicità dei solventi, tutti i composti sono stati solubilizzati in DMSO e opportunamente diluiti per ottenere una percentuale di solvente pari al 2% (tranne il composto Th6, solubile e stabile in soluzione acquosa) ed una concentrazione tra 10uM e 100uM nella prova.

L’attività dei composti sull’ATP-asi è stata valutata come descritto nel paragrafo 3.3. Sono state parallelamente effettuate prove in bianco, in presenza di solo mezzo di coltura addizionato di DMSO alla stessa percentuale utilizzata per sciogliere i composti.

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4.1 Stabilità dei composti e prove di vitalità

Ad eccezione del composto Th6, solubile in mezzo di coltura, tutti gli altri sono risultati solubili e stabili in DMSO al 2%. A questa percentuale sono stati utilizzati nelle prove successive.

Le prove di vitalità condotte sulle cellule, addizionando percentuali crescenti di solventi (da 1% a 10%), hanno mostrato una soglia di tossicità tollerata per una corretta determinazione della sperimentazione, identificata nella misura del 2%, preferibile nel caso del DMSO rispetto all’etanolo.

I risultati relativi alle prove con DMSO sono riportate in fig. 4.1.

medium 1% 2% 5% 10% 0 10000 20000 C P S

Fig. 4.1: In ordinata sono indicati i colpi per secondo (CPS); in ascissa sono riportate le diverse percentuali di DMSO utilizzate.

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I risultati relativi alle prove con etanolo sono riportate in fig. 4.1B

medium 1% 2% 5% 10% 0 10000 20000 C P S

Fig. 4.1B: In ordinata sono indicati i colpi per secondo (CPS); in ascissa sono riportate le diverse percentuali di etanolo utilizzate.

4.2 Valutazione dell’attività dei composti nei confronti dell’

ATPasi

Tutti i composti sono stati testati alla concentrazione di 100µM allo scopo di evidenziare, in modelli cellulari, la loro capacità o meno di modulare l’attività ATPasica. I risultati, riportati nelle tabelle 4.1 e 4.2, indicano con “Sì” i composti che hanno prodotto una diminuzione dell’ATP e con “No” i composti che non hanno mostrato tale azione, e che pertanto saranno selezionati per i successivi saggi biologici. Nello screening sono stati inseriti due composti, già saggiati in precedenza e riportati in letteratura, utilizzati come standard interni.

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Derivati del 2-[(3-metossifeniletil)fenossi] nucleo (X=O) e del 2-[(3-metossifeniletil)amino] nucleo (X = NH) A B C B D B E B F B G Comp. X R1 R2 R3 R4 R5 ATP-asi

MV 334 O 3-OCH3 4-OCH3 3-OCH3 4-OCH3 -- Sì

MV 397 O 3-OCH3 4-OCH3 2-OCH3 3-OCH3 -- No

MV 343 NH 3-OCH3 4-OCH3 3-OCH3 4-OCH3 -- No

AV 29 NH 3-OCH3 4-OCH3 3-OCH3 4-OCH3 5-OCH3 Sì MV 224 N-Me 3-OCH3 -- 3-OCH3 -- -- No

MV 409 NH 2-OCH3 3-OCH3 3-OCH3 4-OCH3 5-OCH3 Sì MV 254* NH 2-OCH3 3-OCH3 3-OCH3 -- -- No

* Rif. Biblio. 71 Tabella 4.1

Da questi risultati possiamo dedurre che l’ingombro sterico gioca un ruolo fondamentale per l’azione sull’ATPasi. Infatti i composti con maggior numero di sostituenti danno risposta positiva, ovvero attivazione dell’ATPasi (AV29, MV409). Inoltre, a parità di sostituenti, è importante la loro posizione sugli anelli aromatici: infatti MV334 aumenta l’azione ATPasica, mentre MV397,

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pur avendo la stessa struttura e gli stessi sostituenti, ma in posizioni diverse, non rivela tale attività.

Derivati del 2-[(3-metossifeniletil)fenossi] nucleo (X=O) e del 2-[(3-metossifeniletil)amino] nucleo (X = NH) con sostituenti eterociclici.

H IJK

L

Comp. X R Het ATP-asi

Th 6 NH –OCH3 2-imidazolo No MV 309 NH –OCH3 1,3benzodioxolo MV 241 O –OCH3 1,3benzodioxoloMV 163* O –OCH3 4-piridina Sì * Rif. Biblio. 71 Tabella 4.2

Questi dati ci fanno notare che l’imidazolo, come sostituente eterociclico, rende negativa la risposta del composto Th6, che si differenzia dagli altri in quanto l’unico che è risultato stabile in mezzo acquoso.

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Nel grafico sotto riportato ( Tabella 4.3) sono messi a confronto tutti i composti provati, alla concentrazione di 100uM, rispetto alla prova di controllo (cellule in presenza di solo mezzo e DMSO al 2%).

MV334 MV397 MV224 MV409 MV309 MV254 MV343 MV163 AV29 Th6 MV241 ctrl 0 10000 20000 30000 40000 Composti 100µµµµM C P S

*

*

Tabella 4.3

In base ai dati riportati, sono stati selezionati i composti che non presentano una significativa azione sulla ATPasi:

- MV397

- MV224 - MV343

- AV29

- Th6

Su tali composti verrà condotta un’ulteriore indagine biologica: per verificare una loro possibile azione modulatoria sulla P-gP, verranno valutati i loro effetti sull’inibizione del trasporto della vinblastina, substrato specifico per la

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glicoproteina. 73 Anche in questo caso saranno utilizzate le cellule Caco-2, seminate su supporti specifici che consentono lo svolgimento di questo saggio.

Fig. 4.2: Struttura del supporto utilizzato per la crescita del monostrato di Caco-2

Le cellule saranno tenute in coltura per 21 giorni, misurando l’integrità dei monostrati di cellule attraverso la resistenza elettrica transepiteliale (TEER, Ω x cm2), con un voltometro epiteliale. Un monostrato di Caco-2 maturo deve mostrare una TEER > 800 Ω x cm2. In ogni pozzetto dal compartimento basolaterale (BL), in assenza ed in presenza di inibitori della P-gP, verrà aggiunta [3H]-vinblastina e, dopo opportuna incubazione, verrà monitorata la sua presenza nel compartimento apicale. Per ogni composto, l’inibizione del trasporto di [3H]-vinblastina verrà calcolata come la differenza di radioattività tra il radioligando in presenza ed assenza del composto. Questa differenza sarà espressa come percentuale di inibizione per ogni singola concentrazione di farmaco.

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Figura

Fig. 1.3.2 :  Rappresentazione della struttura delle ABC.
Fig. 1.4’ Struttura della  P-gP. Visione (A)  frontale  e (B)  posteriore . Sono etichettati i TM1-12
Figura  1.4.1.  Siti  di  legame  della  P-gP.  A)  Tasche  di  legame  identificate  da  SiteID;  le  tasche  sono  piene  di  sfere  che  circondano  gli  atomi  di  ossigeno  della  molecola  d'acqua,  lo  stesso  colore  viene  usato  per  riempire  le
Fig.  1.4.4.c.  struttura  schematica  della  placenta  umana.  (A)  Sezione  dell'utero  al  termine  della  gravidanza;  mostra  il  feto  collegato  tramite  il  cordone  ombelicale  con  la  placenta
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