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Boccaccio. Un pretesto? Traduzione e commento di capitoli scelti del romanzo Boccaccio auf Schloss TIrol, di Heinrich von Schullern.

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Academic year: 2021

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INDICE

I. COMMENTO

0. INTRODUZIONE 4

1. VITA E OPERE DI HEINRICH VON SCHULLERN 6

2. STORIA E LEGGENDA DI MARGARETA MAULTASCH 10

2.1. Introduzione 10

2.2. Vita e corte 11

2.3. Leggenda e realtà 15

3. SCHULLERN E IL ROMANZO STORICO 17

3.1. Cenni sul romanzo storico 17

3.2. Storia del Tirolo 21

3.2.1. Il Tirolo dopo la Prima Guerra Mondiale 21

3.3. La storia nel romanzo 26

3.4. La leggenda nel romanzo 33

4. <DIE HÄSSLICHE HERZOGIN MARGARETE MAULTASCH> 36

5. RIASSUNTO DEL ROMANZO 40

5.1 Capitolo primo 40 5.2 Capitolo secondo 41 5.3 Capitolo terzo 41 5.4 Capitolo quarto 42 5.5 Capitolo quinto 43 5.6 Capitolo sesto 44 5.7 Capitolo settimo 45 5.8 Capitolo ottavo 46 5.9 Capitolo nono 47 5.10 Capitolo decimo 49 5.11 Capitolo undicesimo 51 5.12 Capitolo dodicesimo 56

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6. NOTA DEL TRADUTTORE 58

7. LA RICEZIONE DI BOCCACCIO IN GERMANIA 63

7.1 Boccaccio e Fiammetta 67

7.1.1 Boccaccio nei teatri austriaci 67

7.1.2 Margareta e Fiammetta 70

8. CONCLUSIONE 72

9. BIBLIOGRAFIA 75

II

.

BOCCACCIO A CASTEL TIROLO

(

TRADUZIONE DI CAPITOLI SCELTI DI

<

BOCCACCIO AUF SCHLOß TIROL

.

EIN MAULTASCHROMAN

>

DI HEINRICH VON SCHULLERN

)

1. RIFLESSIONI SUL ROMANZO STORICO 79

2. CAPITOLO IV 85

3. CAIPTOLO VI 100

4. CAPITOLO VII 120

(3)

0.

I

NTRODUZIONE

Questo mio lavoro nasce da un suggerimento del Professor Marco Bardini che, nell’ambito di una sua ricerca sulle riletture contemporanee di Boccaccio e del Decameron ha scovato il romanzo Boccaccio auf Schloß Tirol, che io ho poi deciso di tradurre e analizzare.

Il mio lavoro si è concentrato quindi, inizialmente, sul tentativo di capire cosa avesse portato un autore come Heinrich von Schullern a scegliere Boccaccio come personaggio chiave di un romanzo storico tirolese. Le mie ricerche si sono quindi in un primo momento indirizzate allo studio della ricezione di Boccaccio nei paesi di lingua tedesca.

In seguito però lo studio e la lettura attenta del romanzo, presupposti indispensabili per poter intraprendere il mio lavoro di traduzione, mi hanno condotta ad ampliare le ricerche su altri fronti: in primis sul romanzo storico, la sua origine, il suo sviluppo e il suo status nel momento in cui Schullern si accingeva a comporre la sua trilogia, Das Land im Gebirge.

Infine, sulla storia del Tirolo, in particolare: è apparso infatti subito evidente che tra gli intenti di Schullern vi fosse quello di descrivere, parafrasandolo, il difficile momento storico che quella regione stava attraversando.

L’analisi si è dovuta svolgere su più fronti, poiché il romanzo ha più chiavi di lettura. Sintetizzarle non è stato facile, soprattutto perché in molti punti dell’opera sono le intenzioni stesse di Schullern a risultare confuse e i suoi intenti finiscono per sovrapporsi, inglobandosi e superandosi l’un l’altro, in un risultato finale che non rende certo merito alle nobili intenzioni dell’autore.

Anche nel mio commento ho più volte rischiato di fare lo stesso errore, poiché in ogni strada su cui mi indirizzavo, se ne aprivano moltissime altre che avrebbero potuto dare origine a numerosissime e potenzialmente infinite divagazioni; mi riferisco, solo per citare un paio di significativi esempi, alle origini leggendarie del mito della principessa Margareta e alla rappresentatività di Schullern come autore tirolese. Ho però cercato di concentrarmi su quella che era stata la consegna iniziale, ossia scoprire perché Boccaccio fosse diventato protagonista di

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un romanzo del genere attraverso l’analisi dei precedenti in lingua tedesca e di cosa l’Italia e gli italiani rappresentassero agli occhi dei tirolesi nell’epoca di composizione dell’opera.

Il lavoro di commento è quindi suddiviso in due parti, che però si compenetrano: da una parte la ricerca vera e propria sul romanzo, che ha tenuto conto sia della storia del Tirolo sia delle storie e leggende della sua protagonista principale, Margareta Maultasch. È parso inoltre necessario prendere in considerazione per un confronto il celebre romanzo di simile tematica e quasi coevo, di Feuchtwanger; dall’altra parte, invece, una breve analisi della ricezione di Boccaccio in Germania, affrontata principalmente grazie al precedente illustre di Hermann Hesse e a due opere teatrali austriache del XIX secolo.

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1.

VITA

E

OPERE

DI

HEINRICH

VON

SCHULLERN

Heinrich von Schullern nasce a Innsbruck nel 1865, terzo dei quattro figli di Anton von Schullern e Pauline von Finetti.

La tranquilla vita famigliare, caratterizzata in special modo dalle estati trascorse in allegria e spensieratezza nella villa italiana della famiglia materna, e i valori morali trasmessi dal padre, anch'egli letterato, influenzeranno positivamente la vita del poeta.

Nel 1884, dopo la Matura, Schullern inizia ad interessarsi agli studi linguistici e letterari ma viene indirizzato dal padre alla carriera medica, che dovrebbe garantire un futuro economico più favorevole.

Gli ultimi anni del XIX secolo sono agitati in tutta Europa sul piano politico e sociale: i sommovimenti di questo periodo e le idee liberali del padre non potranno che influenzare la vita del giovane Heinrich, che entrerà a far parte di diverse associazioni studentesche durante la sua carriera universitaria: prima come Verkehrgast della Suevia, presso l'Università di Innsbruck, poi, nel 1886 come membro attivo della Franconia, presso l'ateneo di Graz.

Nel 1895, ancora studente, aveva fatto pubblicare Durch die brescianer Berge, ispirato alle estati della sua fanciullezza passate in Italia.

Tra il 1888 e il 1889 trascorre un anno di studio a Monaco, dove si avvicina al circolo di intellettuali guidato da Michael Georg Conrad, collaborando anche alla rivista Die Gesellschaft; le frequentazioni e gli studi condotti nella grande città gli permettono di ampliare i suoi orizzonti e fortificare le sue convinzioni politiche antiprussiane e favorevoli alla creazione di una forte Austria, forza politica vista come un bene non solo per l'Europa ma per lo stesso Reich. In questi anni inizia anche a manifestare velleità artistiche che lo porteranno a dedicarsi, sempre rimanendo nella sfera del dilettantismo, all'acquerello e alla recitazione.

Nel 1890 torna ad Innsbruck, dove svolge il suo ultimo anno di studi.

Una volta laureatosi intraprende la carriera medica a Salisburgo, città in cui iniziano anche a svilupparsi le sue aspirazioni letterarie: si iscrive infatti alla Literatur- und Kunstgesellschaft Pan e assume la direzione della sezione letteraria

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del mensile Der Kyffhäuser.

È del 1891 il matrimonio con Anna von Thurn da cui avrà, un anno dopo, l'unica figlia, Edith. Nello stesso anno viene pubblicata a Vienna la raccoltà di poesie e storie brevi Helldunkel.

Nel 1894 riesce ad entrare nel servizio medico militare: la scelta è dovuta, oltre che alla volontà di servire la patria, anche alla possibilità di lavorare solo nelle ore di servizio e di avere più tempo per dedicarsi alla pratica letteraria. Aumenta, quindi, in questo periodo la sua produzione di racconti e novelle, nei i quali si manifesta un’eccellente capacità di resa del dialogo grazie all'amore per il palcoscenico e la rappresentazione.

In questi anni la sua fama come scrittore rappresentativo del Tirolo cresce, e Schullern entra a far parte del gruppo Jungtirols, formato da giovani scrittori e poeti tirolesi. Nel 1899 pubblica Jungtirol, un moderno Musenalmanach delle montagne tirolesi curato insieme a Hugo Greinz. Nello stesso anno pubblica anche il suo primo romanzo Im Vormärz der Liebe.

Nel 1902 esce il secondo romanzo, Ärzte, che tratta delle prime esperienze di un giovane medico e sarà un vero e proprio successo letterario, tradotto all'estero. Nello stesso anno pubblica un altro romanzo di tutt'altro genere e di ambientazione italiana, Katholiken, che vede protagonista un cardinale appartenente alla famiglia de' Medici.

Già in queste opere giovanili si riscontrano elementi drammatici soprattutto per quanto riguarda la resa e la tensione dei dialoghi: l'autore è infatti interessato anche alla scrittura per il palcoscenico, a cui dedicherà diverse opere. La prima, del 1900, intitolata Die Trichine, cui seguiranno nel 1906, la raccolta di tre atti unici (Tante Julchens Diamanten, Die Sirene, Satisfaktion) intitolata Genußmenschen, e poi, nel 1926, l'opera in quattro atti Unverkäuflich gut.

Il desiderato trasferimento a Vienna avviene nel 1904, in qualità di Regimentsarzt und Sanitätschef des Lanwehrinfanterieregiments nr 24, carica che gli permette di abbandonare del tutto la pratica privata.

Il romanzo Jung-Österreich, che racconta un quarto di secolo (1884-1909) della vita del personaggio autobiografico Oskar von Werhardt, viene pubblicato

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nel 1910 e testimonia il processo di formazione della coscienza austriaca dell'autore, collocandolo di diritto tra le prime file dei sostenitori intellettuali dell'Austria, insieme a Hermann Bahr e Hugo von Hofmannsthal.

Nel 1912 pubblica la prima raccolta di poesie, Gedichte, e il romanzo Vom Blühen und Verderben. Tragödie eines Schulers, in cui narra gli effetti deleteri del metodo Vogel-Strauß, sulla scia di altre opere contemporanee che per la prima volta analizzavano i problemi educativi e pedagogici della gioventù contemporanea.

Tra il 1911 e il 1912 si trasferisce per un breve periodo a Bolzano e poi a Innsbruck con la carica di Stabsartz der Ergänzungsbezirkskommandos des II. Tiroler Kaiserjägerregimenten.

È in questo periodo che il successo letterario, sancito dalla pubblicazione di una raccolta di novelle scelte per la casa editrice Reclam, lo porta a pensare di lasciare del tutto l'attività medica, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, gli fa abbandonare l'idea per mettersi completamente a servizio in difesa della Patria.

Fino al 1918 è medico di guerra, anche sul campo, ma in quest'anno è costretto egli stesso a ricoverarsi per un affezione allo stomaco, presso l'ospedale militare di Innsbruck. L'esperienza maturata durante gli anni della guerra, troverà sfogo letterario grazie all'opera Erinnerungen eines Feldesarztes aus dem Weltkrieg, pubblicata nel 1934.

Alla fine della guerra, come molti intellettuali di quel periodo, Schullern è profondamente colpito dalla resa e dalla caduta della monarchia asburgica e dalla cessione al nemico del Südtirol: questa disillusione, vissuta come enorme ingiustizia, lo condurrà, da questo momento in poi, ad abbandonare, perlomeno apparentemente, il suo impegno per la politica e l’interesse per la storia contemporanea e a rivolgere il suo sguardo di scrittore al passato; è in questo periodo che ha inizio infatti la sua attività di accurata ricerca sulla storia tirolese e austriaca dei secoli XIV e XV.

È dal suo incessante studio che nasce la trilogia di romanzi Das Land im Gebirge, di cui fanno parte, oltre a Boccaccio auf Schloß Tirol, anche Kleinod

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Tirol (1925, sulla lotta per il controllo, l'unità e l'ampliamento del Tirolo nella seconda metà del 1400) e Der Herzog mit der leeren Tasche (sul personaggio di Friedrichs von Österreich, Conte di Tirolo), opera questa che venne in seguito anche drammatizzata.

Negli anni in cui studia e compone questi romanzi non smette di pubblicare raccolte di novelle, poesie e racconti come: Vom Garten des Glaubens (1919, 21 brevi storie sul Tirolo), Possen des Schicksals (1920, 18 racconti), Bergheimat (1925, raccolta di 56 poesie), Zwischen Welt und Bergstille (1926, raccolta di opere pubblicata in occasione del suo 60° compleanno), Aus Südtirols Vergangenheit (1928, racconti storici) e Die Welt der Träume (1932, ultima raccolta di novelle).

Schullern trascorre i suoi ultimi anni conducendo una vita ritirata, anche in seguito alla dolorosa perdita della moglie, nel 1937. Questi sono però anche anni in cui si susseguono per lui numerosi riconoscimenti pubblici che lo onorano come scrittore e poeta rappresentativo del Tirolo:

− 1943 nomina a membro onorario dell'Istituto Universitario Cernauti in Romania;

− nello stesso anno, in occasione del suo 84° compleanno la direzione del Tiroler Landestheater organizza una Schullern-Matinee con discorsi ufficiali, letture e declamazioni delle sue poesie, mentre l'Università di Innsbruck lo nomina membro onorario.

1944, in occasione dell'85° compleanno, il Bundesministerium für Unterricht e il Tiroler Landesregierung organizzano una festa di gala in suo onore.

Le ultime due opere risalgono al 1955 e sono Am Felsenquelle, una raccoltà di 36 poesie e Das Bühnetürl, opera commissionatagli dal Tiroler Landestheater in occasione del 110° anniversario della struttura e in cui descrive l'esperienza della messa in scena del suo primo dramma.

Heinrich von Schullern muore di vecchiaia presso la clinica universitaria di Innsbruck il 16 dicembre 1955.

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2.

VITA

E

LEGGENDA

DI

MARGARETA

MAULTASCH

Nel romanzo Boccaccio auf Schloß Tirol, Heinrich von Schullern, riferisce diffusamente di una serie eventi storici che vedono come assoluta protagonista Margareta Maultasch, Contessa di Tirolo e Duchessa di Carinzia.

Per comprendere quanto riportato nel romanzo è necessario senz'altro tracciare un sintetico profilo biografico della donna, che chiarisca alcuni degli avvenimenti storici più importanti e le sue abitudini di vita.

2.1. Introduzione

Non è da sottovalutare come la leggenda di questo personaggio storico abbia travalicato i confini del Tirolo, colorandosi e arricchendosi di particolari spesso del tutto inventati e leggendari, visto che le testimonianze riguardo alla sua vita personale sono ben poche.

Al diffondersi di certe leggende deve aver contribuito la sua fama di donna non convenzionale, venutasi a creare dopo la separazione dal primo marito contro il volere della Papato, e ancor più dopo il suo secondo matrimonio.

È evidente che alcune di queste leggende hanno influenzato anche Schullern, che sebbene si documentasse personalmente sulla storia del Tirolo presso gli archivi locali, non deve aver comunque disdegnato di servirsi di quanto di più leggendario e popolare potesse favorire una buona riuscita dell'intreccio narrativo.

La vita di Margareta è stata ricca di avvenimenti e dispute dinastiche.

La Contessa, unica erede che potesse nutrire ambizioni matrimoniali e di governo, portava n dote i territori di Tirolo e Carinzia, che erano strategicamente importantissimi visto che garantivano l'accesso dai territori germanici alla penisola italica. Le trame dinastiche che la videro coinvolta riguardarono le tre maggiori stirpi principesche centro-europee del tempo, i Lussemburgo, i Wittelsbach e gli Asburgo, che si contendevano la corona del Regno di Germania.

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2.2. Vita e corte

Enrico, Duca di Carinzia e Conte del Tirolo, padre di Margareta, scelse di trattare per il matrimonio della figlia con Giovanni di Lussemburgo, Re di Boemia, scegliendo infine nel 1327 come sposo per la bambina, che all'epoca aveva solo nove anni, il figlio minore di questi, Giovanni Enrico. All'età di cinque anni il bambino venne quindi portato in Tirolo affinché crescesse con la futura sposa, a cui si unì in matrimonio nel 1330.

I Wittelsbach e gli Asburgo non rinunciarono però alle loro aspirazioni territoriali, continuando a tramare per cercare di conquistare i territori ormai ottenuti con il matrimonio dai Lussemburgo e nel 1335 Margareta e Enrico corsero il serio rischio di perdere tutta la loro eredità, che fu preservata grazie all’intervento del fratello di Enrico, Carlo di Moravia che salvò il salvabile, non potendo ormai però fare a meno di cedere la Carinzia agli Asburgo.

Anche se non si recò mai in Carinzia né cercò di riconquistarla manu militari, Margareta non volle mai rassegnarsi alla perdita del ducato e si rifiutò sempre di rinunciare al titolo di “duchessa di Carinzia”, che infatti troviamo attribuitole più volte anche all'interno del romanzo.

Sul piano personale, il rapporto con il giovane marito si rivelò disastroso e già nel 1340 la contessa cercò di ottenere la separazione tramite un colpo di mano che fallì e la portò ad essere posta sotto custodia a Castel Tirolo.

Poco tempo dopo però, con un altro piano meglio congegnato, grazie anche al supporto dei potentati locali che nutrivano scontento verso il sovrano lussemburghese e all'aiuto occulto offertole da Ludovico il Bavaro, la donna riuscì a separarsi da Giovanni Enrico, facendogli trovare, il 2 novembre del 1341, la porta di Castel Tirolo sbarrata al suo ritorno da una battuta di caccia e nessun nobile del Tirolo che fosse disposto ad ospitarlo. Il lussemburghese dovette ricorrere di nuovo all'aiuto e supporto del fratello Carlo, che lo fece ritirare in Boemia.

Dopo la separazione ricominciarono le dispute dinastiche per scegliere il nuovo marito di Margareta, che videro uscire vincitore nientemeno che il primo genito

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dell'Imperatore, Ludovico. Le nozze furono celebrate nel febbraio del 1342 presso Merano.

A quest'evento seguirono però seri problemi nel rapporto con il Papato; si presentavano infatti ben due ragioni per cui il Papa era legittimato a non riconoscere questa unione: la prima la mancanza di un annullamento ufficiale del primo matrimonio tramite una sentenza del tribunale ecclesiastico, e la seconda la consaguineità tra i due sposi, che avevano gli stessi bisnonni.

I documenti storici dimostrano come la vera ragione dell'ostruzionismo ecclesiastico consistesse in realtà in una contesa tutta politica tra il Papa e l'imperatore scomunicato.

A partire dal 1342, quindi, e per i successivi diciassette anni, la coppia rimase scomunicata e i loro figli furono definiti illegittimi, mentre sui possedimenti territoriali pesava l'interdetto che determinava il divieto a svolgere qualunque servizio religioso nell'intero paese. Non si potevano quindi suonare le campane, impartire i sacramenti, accostarsi agli uffici divini o costruire istituti religiosi anche se sembra che in realtà scomunica e interdetto non turbassero più di tanto la vita religiosa di quel periodo.

Questo evento fu uno scandalo di portata internazionale che trovò risonanza in quasi tutte le cronache dell'epoca e che anche Schullern e Feuchtwanger, come vedremo, non dimenticano di inserire nei loro romanzi attraverso numerosi riferimenti, e si aggiunse alla voce sulla presunta impotenza di Giovanni Enrico, voce a cui i consulenti imperiali erano ricorsi per cercare di ottenere l'annullamento del matrimonio dal tribunale ecclesiastico.

Nel 1347 Carlo IV di Boemia, ex cognato di Margareta, invase il Tirolo per riappropriarsi con la forza militare delle terre sottratte alla sua famiglia: in quest'occasione fu Margareta stessa a guidare la difesa di Castel Tirolo; evento che lo stesso Schullern rievoca più volte nel suo romanzo.

Ludovico affidò le cariche e gli uffici più importanti ai suoi fiduciari, provenienti perlopiù dalla Baviera e dalla Svevia, continuando però a contare, perlomeno nei primi anni di governo, sul sostegno delle forze locali. I suoi più stretti collaboratori furono Konrad von Schenna, Capitano regionale e Burgravio

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di Tirolo e Tegen von Vilanders, titolare delle signorie di Feltre e Belluno che intrattenevano un ottimo rapporto con la principessa ma che si spensero improvvisamente entrambi nel 1346.

Nel 1347, dopo il tentativo di riconquista di Carlo IV, Ludovico nominò come nuovo capitano regionale Conrad von Teck, che, ricorrendo anche alle armi, ridusse a più miti consigli la nobiltà locale, che aveva sostenuto il lussemburghese nel suo tentativo di riconquista del Tirolo.

Nel 1349 si presentò l'occasione di risolvere il problema del secondo matrimonio, poiché anche Giovanni Enrico voleva risposarsi e si pervenne quindi ad una separazione ufficiale sulla base della mancata consumazione del matrimonio.

In tutti gli anni del suo regno, Ludovico si dimostrò ottimo regnante, con capacità logistiche e strategiche non indifferenti, riuscendo a governare ottimamente sia il Tirolo che il Brandeburgo e, dopo la morte del padre, anche la Baviera.

Stando ai documenti ufficiali Margareta non aveva voce in capitolo né si interessava molto alle questioni di governo, ma non eluse mai quello che era il suo ruolo istituzionale, affrontandolo però piuttosto con lo spirito di una “madre del paese”.

La principessa si dedicò infatti in prevalenza ai propri doveri di “padrona” di Castel Tirolo, dove, per gestire la corte e la propria immagine sociale disponeva di un apposito apparato organizzativo, la curia domine.

Si trattava di una vera e propria struttura gerarchica al cui vertice stava la contessa, che dispensava privilegi, benefici e denaro.

Il funzionamento della curia era affidato ad una maestra e a un maestro di corte. La prima aveva la responsabilità dell'organizzazione e del controllo etico-morale della servitù femminile, oltre a sovrintendere al governo della casa e al buon andamento del lavoro domestico. Il secondo, invece, si occupava principalmente del finanziamento della corte.

Margareta aveva inoltre intorno a sé damigelle di rango nobiliare, serve, servi ed altri collaboratori prevalentemente di sesso maschile.

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Nella cerchia ristretta della servitù femminile figuravano le domicellae, fanciulle nobili che attendevano allo svago e ai doveri di rappresentanza della duchessa, più tardi sostituite dalle cortigiane.

La corte vera e propria di Ludovico si affiancava con attività condivise alla curia domine.

La principessa attendeva agli impegni ufficiali ricevendo presso Castel Tirolo ambasciatori, nobili e uomini di corte e, a partire dagli anni cinquanta, partecipando anche a numerosi viaggi insieme al consorte.

La vita quotidiana di corte a Castel Tirolo subiva frequenti interruzioni per diverse questioni, delle cui soluzioni Margareta voleva essere sempre partecipe unitamente a Ludovico.

Il loro erede, Mainardo II, nato nel 1344, venne promesso a Margareta, figlia di Alberto II d'Asburgo e mandato a Vienna perché fosse cresciuto dai parenti austriaci, proprio come era avvenuto al primo marito della contessa del Tirolo. I due eredi si sposarono nel 1358 e un anno dopo, finalmente il Papa accettò, grazie all'intercessione di Alberto d'Asburgo, di convalidare il matrimonio tra Margareta e Ludovico.

A questi lieti eventi però seguirono nel 1361 e nel 1363 le morti improvvise di Ludovico e Mainardo, eventi che resero palese che Margareta non era avvezza a reggere le redini politiche del paese, tanto che fu prima costretta a recarsi a Norimberga per chiedere protezione e consiglio all'imperatore Carlo IV, suo ex cognato, e poi, su interessamento di Rodolfo IV d'Asburgo, che si era personalmente spinto fino in Tirolo per approfittare della situazione, a rinunciare ad ogni suo diritto ereditario e di sovranità in favore degli Asburgo, arrivando persino a lasciare la sua residenza di Castel Tirolo per trasferirsi per sempre a Vienna.

Poco si sa degli ultimi suoi anni di vita, ma l'assenza di documenti spinge a credere che tra la contessa e la casa d'Asburgo non corressero buoni rapporti, come dimostra anche il fatto che, alla sua morte, nel 1369, non venne trasposta nell'abbazia cistercense di Stams, ma seppellita invece nella chiesa dei Minoriti a Vienna, quasi si volesse allontanare dal Tirolo anche il suo ricordo.

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2.3 Leggenda e realtà

I documenti ufficiali dell'epoca non forniscono alcuna prova di una sua vita dissoluta, né della sua attitudine ad amori clandestini, così come di una sua tendenza al lusso sfrenato.

Probabilmente l'accusa di vivere una vita licenziosa fu avanzata più tardi, addirittura nel XVIII secolo, poichè l'attribuirle una passionalità fuori dal comune doveva essere in quegli anni l'unica logica risposta al quesito sul perché si sarebbe altrimenti separata dal primo marito.

Anche la sua leggendaria bruttezza, che la vede rappresentata come mostruosa e dalle labbra deformi, non ha riscontri nelle cronache, né nelle descrizioni anche figurative contemporanee. La leggenda dev'essere nata dal tentativo di interpretazione del soprannome Maultasch, che non ha un significato univoco o una spiegazione certa e che è stato a sua volta inserito nella storia della principessa da cronache di almeno un secolo successive alla sua scomparsa.

Il nome potrebbe alternativamente riferirsi alla bocca deforme, bocca a tasca letteralmente, o alla sua presunta lascivia, visto che Maultasch nel gergo medievale del 1400 significava proprio sgualdrina.

Secondo Schullern il soprannome non deriverebbe che dal Castello di Maultasch, anche se poi lui stesso nel romanzo descrive la bocca deforme della sovrana.

I documenti non riferiscono neanche di una sua tendenza al lusso sfrenato, sebbene le ricevute di acquisti di utensili, stoffe, pellicce e gioielli testimonino comunque un tenore di vita piuttosto elevato, che è confermato da Schullern nelle descrizioni delle stanze della principessa, della sua corona o delle vesti.

Del tutto privo di fondamento risulta essere il riferimento all'insodisfazione di Margareta verso il secondo marito, così come l'ipotesi che i nobili locali la volessero spingere a interrompere anche questa seconda unione, come riferito nel romanzo: pare infatti che Ludovico riuscisse a giostrarsi benissimo tra gli impegni che gli portavano i suoi vari possedimenti territoriali, anche se distanti tra loro,

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tramite numerosissimi viaggi -fu proprio durante uno di questi viaggi che morì- e che non mancasse ai doveri di marito, avendo anche scelto Castel Tirolo come residenza ufficiale.

Trova invece conferma l'ipotesi di un rapporto molto teso tra la principessa e il Duca di Teck, la cui presenza come capitano regionale la escludeva completamente da qualsiasi decisione ufficiale, anche se non è da escludere che la sua opinione e la sua influenza giocassero un qualche ruolo nelle dinamiche politiche, grazie anche alla fiducia dei potentati locali.

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3. SCHULLERN

E

IL

ROMANZO

STORICO

L'analisi degli accadimenti che caratterizzarono la vita di Heinrich von Schullern ci hanno mostrato come lo scrittore abbia deciso, ad un certo punto della sua carriera di scrittore, di dedicarsi al romanzo storico e in particolare a un tipo di romanzo storico che esaltasse la storia tirolese e le origini più antiche di quel popolo. Schullern usa quindi rilevanti personaggi della storia medievale del Tirolo per esaltare l'identità storica di questa regione.

Più avanti vedremo quali sono le ragioni storiche che spingono Schullern su questa strada, ma prima è necessario affrontare un breve excursus sul romanzo storico in generale.

3.1 Cenni sul romanzo storico

Nel momento in cui l'autore si accinge a scrivere i suoi romanzi, la narrativa storica è un genere (o sottogenere) ancora abbastanza “giovane”, ma allo stesso tempo già oggetto delle più diverse interpretazioni e realizzazioni che si differenziano anche moltissimo tra loro.

La critica è concorde nel far risalire all'opera di Walter Scott l'ingresso del romanzo storico nella storia della narrativa.

Perché Scott con il suo Waverly del 1814, venga considerato il capostipite del genere è spiegato analiticamente da Lukàcs nel suo lavoro Il romanzo storico: sebbene nei secoli precedenti ci fossero già state opere (sia drammi che romanzi) ambientate in epoche precedenti a quella di composizione e che avevano come protagonisti personaggi del passato, anche realmente esistiti (si pensi, ad esempio, ai drammi di Shakespeare), solo con Scott si avanza la pretesa di una veridicità di quanto narrato grazie all'uso attento dei dialoghi, che esprimono lo sviluppo psicologico dei personaggi, e alle dettagliate descrizioni degli abiti, delle situazioni e delle ambientazioni tipiche. Ciò che Scott fa, inoltre, è usare i grossi conflitti del passato per spiegare come si è giunti alla situazione contemporanea.

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l'Europa era stata investita a partire dalla rivoluzione francese e fino alle grandi campagne napoleoniche avevano cambiato la percezione storica generale. Fu in occasione di questi eventi infatti che il popolo, inteso come massa, sperimentò direttamente cosa fosse la guerra, rendendosi quindi protagonista per la prima volta degli eventi storici di cui fino ad allora era stato solo spettatore. Questo portò ad una mutazione delle coscienze e tutti arrivarono o poterono cominciare a rendersi conto di quanto le grandi evoluzioni, i cambiamenti e i cicli storici avessero davvero una influenza diretta sulla loro esistenza.

Gli eroi dei romanzi di Scott non sono quindi le grandi personalità storiche, ma uomini medi, nelle cui azioni si rende possibile una mediazione tra gli estremi in lotta tra loro e che rappresentano, appunto, i grandi contrasti che scuotono la società. I suoi eroi sono personalità geniali, individui fuori dalla norma come i personaggi romantici, ma sono rappresentativi di una parte di popolo assai più numerosa. Con questa scelta, inoltre, Scott evita il problema della veridicità: i suoi personaggi sono inventati ma agiscono verosimilmente nell'ambiente in cui vengono ritratti.

Ciò che conta nel romanzo storico non è dunque la narrazione degli avvenimenti, bensì la rievocazione poetica degli uomini che in questi avvenimenti hanno figurato. L'importante è far rivivere le ragioni sociali per cui gli uomini hanno pensato, sentito e agito proprio come è avvenuto nella realtà storica1.

Le trasformazioni storiche vengono rappresentante come trasformazioni della vita del popolo.

Se Scott è stato il primo vero romanziere storico, non dobbiamo pensare che con la sua opera si siano fissati dei veri e propri canoni pedissequamente seguiti dai suoi successori. Vi sono difatti tuttora molte controversie che riguardano la critica sul romanzo storico, e interrogativi di vario genere. Le domande che si possono porre in merito sono molteplici: quanto indietro nel tempo dev'essere spostata la storia perché il romanzo sia considerato “storico”? I protagonisti

1

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devono essere i grandi personaggi o ci si deve occupare della vita del popolo? Quanto fedeli si dev'essere ai fatti storici scientificamente attestati dalla storiografia? Un romanzo in cui non appaiano descrizioni di abiti o ambienti tipici, può essere lo stesso definito storico? Che lingua devono parlare i personaggi? Quella dello scrittore oppure si deve ricorrere ad una forma antichizzata? Non è facile rispondere a queste domande e tracciare un profilo esaustivo del genere, ma è lo stesso possibile elencare alcune caratteristiche che permettano di avere una panoramica sufficientemente completa su questo genere.

Contemporaneamente a Scott, anche i romantici si dedicavano alla composizione di romanzi storici; sappiamo infatti che l'idealizzazione topica del passato e del periodo medievale in particolare ebbe un ruolo fondamentale nella poetica romantica. I protagonisti di questi romanzi però differiscono moltissimo da quelli di Scott poiché altro non sono che dei malinconici romantici, la loro psicologia è difatti modernizzata, finendo per corrispondere a quella degli scrittori stessi.

Si può forse sintetizzare la presenza di diverse tendenze, dicendo che ciò che nasce con Scott è il romanzo storico d'autore, che vedrà in poeti come Manzoni, Puskin, Gogol' e Tolstoj i suoi degni eredi e continuatori; nello stesso periodo, però, la scoperta della storia da parte delle masse risveglia un vivo interesse anche verso un altro tipo di letteratura storica, a sua volta favorita dallo sviluppo dell'editoria e dall'alfabetizzazione, che dà vita a un romanzo storico che potremmo definire di consumo. Se nel primo caso gli autori illustri riescono a dare un elevato valore estetico alle loro opere tenendo presenti tanto gli accadimenti storici quanto la verosimiglianza della narrazione, delle descrizioni e dei dialoghi (grazie anche alla scelta di eroi medi), nel secondo, forse per soddisfare le esigenze di pubblico, è più vivo l'interesse per gli sviluppi di una trama intricata, la descrizione di grandi personalità e storie d'amore.

È da tener presente che anche questa suddivisione potrebbe essere definita arbitraria: lo sviluppo e le varie realizzazioni del genere dimostrano come queste due categorie possano talvolta compenetrarsi e sovrapporsi a seconda delle intenzioni dello scrittore.

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Come Eggert ricorda, però, si possono elencare elementi propri del genere che ricorrono nella poetica dei vari autori e che danno vita a diverse realizzazioni o che magari hanno finalità diverse.

Secondo Eggert, quindi, l'autore di romanzi storici non è quasi mai interessato alla descrizione cronachistica di eventi storici (questo è compito dello storico, per l'appunto). Ma, mentre alcuni autori ritengono che il romanzo storico possa avere la funzione di divulgare alle masse le scoperte e le conoscenze storiche, così da far arrivare ad un pubblico meno istruito le grandi novità in ambito storiografico che proprio in quel periodo si susseguivano, ad altri interessa piuttosto mostrare cosa sia risultato dagli sviluppi storici del passato o, magari, riflettere la situazione politica contemporanea. Dall’analisi delle tematiche del romanzo storico tedesco della seconda metà del XIX secolo si rileva che si tratta quasi sempre di trame attinenti alla riunificazione dell’Impero, attraverso l'esaltazione delle casate nobiliari più antiche il cui sviluppo si rivelò decisivo anche nella formazione del nuovo stato tedesco. Anche le leggende absburgiche vennero saccheggiate per ricavarne materiale per romanzi storici, perlomeno fino alla guerra con la Prussia del 1866.

In Zeiter starker Reglementierung der öffentlichen Meinung kann sich der historische Roman für Autoren, die in Opposition zur herrschenden Macht stehen, als ein Gebiet erweisen, auf das sie ausweichen, um in der Verfremdung des historischen Kostüms ihre Meinung zu vertreten und ihre Ideen zu propagieren2.

Venendo quindi all'opera di Schullern, sembra quindi evidente che il suo romanzo presenti molte di quelle che sono le caratteristiche principali del romanzo storico ottocentesco di consumo:

− descrive un episodio che vede come protagonisti grosse personalità, tralasciando completamente la rappresentazione degli uomini comuni;

− ambienta la sua storia in epoca medievale e in particolare descrive l'evento che vede nascere una delle più grandi casate politiche della storia;

− usa una situazione del passato per rispecchiare la realtà politica

2

Hamut Eggert, Studien zur Wirkungsgeschichte des deutschen historischen Romans 1850-1875, Frankfurt am Main, Vittorio Klostermann 1971, p. 108.

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contemporanea, visto che non può trattarla apertamente;

− crea una trama intricata e una storia d'amore improbabile che però possono attirate un pubblico più ampio;

− dichiara che i suoi studi e la sua empatia con l'epoca che descrive gli permettono una resa veritiera e verosimile della storia.

Sebbene il suo lavoro, anche di ricerca, sia stato lungo e sicuramente attento, vedremo poi come spesso nella realizzazione l'autore non riesca a mantenersi fedele alle sue stesse intenzioni.

Di seguito invece, ho cercato di tracciare sinteticamente gli elementi che collegano il romanzo alla storia contemporanea del Tirolo degli anni Venti e Trenta.

3.1. Storia del Tirolo

Alla luce di queste brevi annotazioni sul romanzo storico, possiamo tornare al romanzo in questione, Boccaccio auf Schloß Tirol, la cui composizione è stata pesantemente influenzata dalla storia contemporanea del Tirolo.

È indubbio, quindi, che per poter comprendere il lavoro di Schullern e la funzione dei suoi romanzi nell'ambito della storia culturale tirolese si rende necessaria una panoramica sulla storia della regione che chiarisca le premesse storiche su cui l'opera del poeta si innesta.

3.1.1. Il Tirolo dopo la Prima Guerra Mondiale

[Al termine della Prima Guerra Mondiale] il Sudtirolo, una comunità di secolare cultura e lingua tedesca, si preparò ad essere annesso ad un regno fondato su un diverso principio di nazionalità, che oltretutto non vantava alcuna esperienza nella gestione di così grandi minoranze linguistiche.3

È così che lo storico Lorenzo Baratter definisce, nel suo saggio Le Dolomiti del Terzo Reich, l'annessione della parte meridionale del Tirolo al Regno d'Italia del

3

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1919.

La situazione del Tirolo in quegli anni era, difatti, particolarmente complessa e risentiva pesantemente degli strascichi della Prima Guerra Mondiale e dell'insediamento del regime fascista in Italia, nonché del crescente potere dei Nazionalsocialisti in Germania.

Come si è visto, alla fine della guerra Schullern, che aveva prestato servizio sul campo come medico, aveva apparentemente abbandonato ogni interesse politico per ripiegare sullo studio approfondito della storia del Tirolo; ciò era avvenuto perché, in seguito al trattato di Pace di St. Germain del 10 Settembre 1919, che stipulava gli accordi di resa, il Südtirol, ossia la regione tirolese che si estende dal Brennero al confine con la provincia trentina, era stato ceduto all'Italia, ignorando ogni legittima attenzione a storia, origini e lingua dei sudtirolesi, oltre all'identità del popolo stesso.

Fino all'inizio del '900, infatti, la contea principesca del Tirolo formava parte integrante della Corona Asburgica che si era sempre impegnata a rispettare le nazionalità non tedesche che facevano parte dell'impero. La situazione politica era riuscita a mantenersi tale nonostante i numerosi sconvolgimenti storici (non ultime le guerre e conquiste napoleoniche) proprio a partire dalla morte, nel 1369, di Maragareta Maultasch che aveva ceduto ogni diritto ereditario agli Asburgo.

Come dicevamo, il governo austriaco aveva fino ad allora riconosciuto l'importanza della convivenza tra popoli e le diete dei Länder si erano impegnate affinché le popolazioni avessero sempre la coscienza di poter partecipare attivamente al governo della cosa pubblica.

Già durante la guerra la situazione di quella regione si differenziava da tutte le altre sia italiane che austriache: come si può immaginare, l'entrata in guerra dell'Italia a fianco di Inghilterra e Francia nel 1915, difatti, fu vissuta come un tradimento dal governo e dalla popolazione austriaci e portò alla creazione di una situazione difficilmente gestibile proprio in Tirolo: moltissimi trentini d'origine italiana erano infatti già entrati nell'esercito austriaco ed inviati in Galizia dove le milizie austriache avevano subito ingenti perdite umane. Con lo schieramento italiano in favore dell'Alleanza, inoltre, gli eserciti avversari all'Austria non

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sapevano come trattare i prigionieri trentini, mentre i volontari trentini nell'esercito italiano non trovavano alcun riconoscimento e rispetto del proprio ruolo, anche se appartenevano ai gradi più alti della milizia.

Quando, subito dopo la fine della guerra, l'esercito italiano si insediò in tutto il Tirolo, la popolazione sudtirolese e i movimenti politici locali cercarono di organizzarsi per evitare l'annessione definitiva dell'Alto Adige all'Italia. Tali organizzazioni proponevano varie soluzioni, tra cui quella di creare uno stato indipendente o, in alternativa, annesso alla Germania. Nel periodo post-bellico la regione era governata da Pecori Giraldi, Grande Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia, che cercò di stabilire rapporti di fratellanza e rispetto della diversità etnico-linguistica.

Ma nell'Agosto del 1919, con la fine dell'esperienza del governatore Pecori Giraldi, il governo italiano dispose la fondazione del commissariato generale civile per la Venezia Tridentina, istituzione il cui ruolo era quello di favorire la transizione del Tirolo verso l'Italia.

L'italianizzazione del Tirolo tedesco era un'idea fortemente propagandata da Ettore Tolomei, uno studioso tirolese irridentista che sin dal principio del XX secolo aveva cominciato ad ideare un suo programma di transizione. Alla fine del XIX secolo aveva infatti fondato la rivista La Nazione Italiana e nel 1906 Archivio per l'Alto Adige dalle cui pagine cercava di dimostrare l'italianità di quella regione, in cui l' “occupazione tedesca” non rappresentava altro che che una breve parentesi che non infrangeva i diritti italiani su quel territorio.

Subito dopo la fine della prima guerra mondiale si insediò a Bolzano con il ruolo di Commissario alla Lingua e alla Cultura dell'Alto Adige, ruolo grazie a cui fu anche inviato a Parigi nella delegazione italiana per le trattative di pace. Fu lui a battersi affinché il confine tra Austria e Italia fosse fissato all'altezza del Brennero, soprattutto per l'importanza strategica di quel passo.

La strada per l'italianizzazione del Tirolo fu poi spianata dall'elezione al Parlamento Italiano di Benito Mussolini che iniziò da subito una proficua collaborazione con Tolomei: a partire dall'Aprile del 1921 iniziò una violenta escalation di azioni squadriste volte a portare a compimento l'italianizzazione

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forzata della provincia di Bolzano.

Per far comprendere la situazione linguistica ed etnica della zona citerò un passaggio dal testo di Baratter:

All'alba del XX secolo (…) il versante del Brennero non rappresentava alcun confine, era cioè solo un valico di transito interno al Land: da questo punto, per trovare una comunità di lingua italiana, bisognava percorrere circa 115 chilometri in direzione meridionale. Tra le due parti del Tirolo meridionale, Sudtirolo e Trentino, correva una netta linea divisoria, una frontiera nascosta e invisibile che distingueva le comunità tedesche da quelle italiane: era una linea che da secoli segnava pianure, campagne, monti e colline, facendo sì che persino case e paesi, distanti tra loro qualche centinaio di metri, avessero abitanti con lingue del tutto differenti. Nella punta meridionale della provincia di Bolzano, questa linea di confine raggiungeva il paese di Salorno, località a metà strada fra le due città capoluogo. Mentre in Sudtirolo la lingua predominante era quella tedesca, in Trentino -allora chiamato anche Welschtirol- era diffuso un dialetto italiano, nato tra il XV e il XVI secolo come evoluzione del volgare ed influenzato in seguito dalla parlata veronese, veneziana e toscana4.

Il Tirolo possedeva sì quindi una zona cosiddetta italiana, ma tale zona non corrispondeva al confine tracciato dal trattato di St. Germain; in Trentino il 93% degli abitanti era di lingua ladina o italiana ma in Südtirol la situazione era capovolta: la stessa percentuale di abitanti parlava esclusivamente il tedesco.

Si deduce quindi facilmente quanto gli interventi di italianizzazione riuscirono a scuotere nel profondo le abitudini e le coscienze tirolesi. I provvedimenti d'italianizzazione, presi a partire dal 1921 e poi intensificatesi ancor più dopo l'insediamento fascista al governo, furono i più vari e finirono per sconvolgere non solo la vita pubblica del Tirolo ma anche le abitudini dei tirolesi.

La prima legge in merito (Lex Corbino), risale all'Agosto del 1921, e dispose l'iscrizione obbligatoria degli scolari italiani in scuole italiane. Non si consideravano, però, italiani solo coloro che conoscevano la lingua: la nazionalità veniva infatti stabilita da una commissione apposita (e italiana) in base a criteri quanto più arbitrari: bastava che il cognome avesse origine italiana (anche se risalente alle generazioni precedenti) o avesse uscita in vocale, ad esempio, per far diventare un bambino che aveva fino ad allora conosciuto e imparato solo la lingua tedesca, italiano.

4

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Prima ancora della marcia su Roma le violenze squadriste si riversarono in Tirolo, e nei primi giorni dell'ottobre 1922 sia il municipio di Bolzano che quello di Trento furono occupati.

Il 30 ottobre, infine, solo due giorni dopo la marcia, la lingua italiana diventò l'unica ammessa nella corrispondenza con la prefettura e un anno dopo l'uso del tedesco venne escluso da ogni attività dell'amministrazione statale, provinciale e comunale.

Nel marzo del 1923 Tolomei fu nominato Senatore del Regno d'Italia da Mussolini, acquistando così ancora più potere: in questo stesso anno infatti presentò a Bolzano il suo Programma che prevedeva una serie di misure tra cui le seguenti.

Venne vietato l'uso di qualsiasi forma ricordasse la parola Tirolo e vennero progressivamente chiusi tutti i quotidiani e le riviste di lingua tedesca.

La toponomastica venne cambiata in base al Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige5, redatto da Tolomei stesso, che conteneva traduzioni italiane dei nomi, inventate per la maggior parte da Tolomei in base a criteri arbitrari (si conta che prima del suo intervento esistessero solo 50 nomi bilingui, e lui ne creò oltre 16.000) e lo stesso valse per i cognomi. Molte famiglie si trovarono quindi a veder cambiato il proprio cognome e talvolta a dover scegliere addirittura tra due possibili traduzioni, nel completo misconoscimento della loro identità.

Il metodo in base a cui i toponimi venivano cambiati era mutevole; qualora non esistesse una forma ladina adattabile o una forma pregermanica utilizzabile, si ricorreva alla riduzione fonetica (aggiungendo la vocale finale) o alla traduzione etimologica che dava luogo a frequenti errori. Per i nomi di città veniva talvolta usato semplicemente il nome del santo patrono.

Si distrussero i sistemi creditizi su cui il Tirolo basava le proprie fondamenta economiche. Vennero poi distrutti tutti i monumenti che potessero rappresentare un qualche riferimento alla secolare cultura tedesca.

Nel '23, la legge Gentile procedette a una progressiva eliminazione dell'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole del Südtirol fino a che, nel

5

Una versione digitalizzata del Prontuario dei nomi locali dell’Alto Adige è consultabile all’indirizzo internet: http://xoomer.virgilio.it/tribunale/.

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1928, l'italiano divenne l'unica lingua insegnata in Alto-Adige. Gli insegnanti madrelingua tedeschi che non riuscivano a superare una prova di lingua italiana (la maggior parte degli stessi, quindi) venivano licenziati e, nel caso in cui fossero sorpresi ad insegnare il tedesco nelle Katakombenschulen, così definite perché si svolgevano in segreto nelle ore serali, persino arrestati e mandati al confino.

Lo stesso accadde in ambito giuridico: nei processi tutti erano tenuti a parlare italiano e gli interpreti, spesso indispensabili, dovevano essere pagati dagli imputati stessi. Se gli avvocati venivano sorpresi a parlare tedesco tra di loro ricevevano un'ammenda pecuniaria.

3.2. La storia nel romanzo

Una volta studiata la storia del Tirolo negli anni precedenti alla composizione del romanzo e ricordato il particolare interesse del poeta per la storia e la situazione politica della sua terra, anche al lettore più distratto non possono sfuggire i numerosi elementi che vengono inseriti nel romanzo e che alludono palesemente agli eventi contemporanei.

Già la scelta del soggetto stesso della narrazione è notevole in tal senso, poiché la missione di Boccaccio in Tirolo in qualità di Ambasciatore della Repubblica Fiorentina non si annovera di certo tra i momenti fondamentali della vita di Margareta Maultasch, né di quella del poeta.

Nelle rispettive biografie, difatti, tale avvenimento viene menzionato solo di sfuggita e addirittura non è neppure certo che i due si siano effettivamente incontrati.

Inoltre, per descrivere la personalità della leggendaria principessa, sarebbe stato forse più interessante approfondire il ruolo da lei svolto durante l'assedio a Castel Tirolo a opera di Carlo di Boemia, avvenuto nel 1347 e a cui si accenna svariate volte anche in questo romanzo.

L'incontro tra Boccaccio e Margareta, però, oltre a fornire lo spunto per un'improbabile storia d'amore tra i due leggendari personaggi, permette di sfruttare, come argomento principale del testo, l'incontro-scontro tra Tirolo e

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Italia.

Il romanzo si apre infatti addirittura con questa singolare “dedica”:

Die Roman-Dreiheit “Das Land Im Gebirge” ist Tirol im Nord und Süd des Brenners in Lieb und Treue zugedacht6.

Nella prefazione al suo romanzo Schullern spiega quale ritiene debba essere l'atteggiamento del poeta quando usa fatti storici come base della propria narrazione: afferma che la fedeltà agli eventi è importante se non fondamentale; non ci si può allontanare da quelle che sono le conoscenze scientifiche già acquisite, ma si ha, allo stesso tempo, la possibilità di fare piccole modifiche che non influiscano sulla sostanza e inserire elementi che la ricerca degli studiosi non ha potuto chiarire ma che sono ciononostante deducibili e verosimili. Vedremo poi come nel suo romanzo Schullern sembri tradire i suoi stessi presupposti.

La Contessa Margareta è descritta come una sovrana completamente dedita alla Terra tra i Monti: oltre a conoscerne il territorio e a vivere a diretto contatto con la sua natura (si fa spesso riferimento alle sue battute di caccia e alle sue cavalcate solitarie), ha completo appoggio e fiducia del popolo e dei potentati locali, che rispettano e attendono ogni sua decisione e proposta.

“Ünser Gredlin, ünser Gerdlin!”

Balken und Türen der hölzernen Bauernhäuschen an der Straße springen auf: Die Erbin des Lands an der Etsch und im Intal reitet durch das Dorf Tirol. (…) Rufe und Tücherschwenken, wie sie hinaussprengt aus dem Dorf und zu Pferd hinaufklimmt den steilen Fußpfad zur Burg, die weitausholende Straße verschmähend7.

Und sie liebte doch ihr Volk und hätte für jeden einzelnen Untertanen lachend ihr Leben hingegeben! … 8

In questo senso risulta quindi essere rappresentazione e figura della più pura identità tirolese. Non è da dimenticare inoltre che Margareta è stata ultima

6

Heinrich von Schullern, Boccaccio auf Schloß Tirol. Ein Maultaschroman. Inn-Verlag, Innsbruck 1932, p. 5.

7

Schullern, op. cit., p. 17.

8

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discendente della dinastia dei Tirolo, dinastia che unificò la regione dandole il nome, nonché colei che affidò il dominio delle stesse terre agli Asburgo.

Alla sua figura se ne contrappongono altre che invece non dimostrano lo stesso rispetto e amore per la terra tirolese; primo tra questi è il suo consorte Ludovico, descritto come una sovrano assente e disinteressato, che ignora le richieste e le necessità dei cavalieri del luogo e di sua moglie, affidando il dominio a un suo delegato e rischiando più volte le insurrezioni locali.

Und für dies Brandburg sollte von dem Land im Gebirg, dem Vermächtnis ihres Vaters, noch weiter an Bayern und Schwaben verschachert werden; es sollte verbluten, da man es auspreßte um der Kosten des Krieges willen9?

Um so kecker setzte er seine Anklagen gegen den Markgrafen fort und vergaß auch nicht, darauf zu verweisen, wie dieser sein 33jähriges, blühendes Gemahl einer Penelope gleich durch Monde und Jahre allein lasse, ohne, wie einst Ulisses, hierzu gezwungen zu sein10.

I dati biografici che ho analizzato, riguardo alla vita della principessa Margareta, però, non confermano questo tipo di relazione tra i due; pare infatti che i rapporti tra i coniugi fossero distesi, dato che Ludovico riusciva a gestire ottimamente, vista anche la prossimità tra Baviera e Tirolo, i territori del suo dominio oltre ad aver scelto Castel Tirolo come sua residenza ufficiale. Risulta inoltre che Margareta non si interessasse tanto alle questioni di potere quanto più al suo ruolo di padrona di casa di Castel Tirolo, mentre nel romanzo il suo ruolo politico sembra determinante, visto che i nobili locali fanno costantemente riferimento a lei riguardo ad ogni possibile decisione da prendere.

Vorsicht, äußerste Vorsicht muß walten, begehrt man, daß Margareta sich entschließe, in den Sturz ihres eigenen Gatten und Herrn zu willigen. An ihr hängt der Adel, auch die Pfaffheit trotz Bann und Interdikt. Ohne die Fürstin ist in die Städten und Gerichten nichts zu holen. (…) Zum Aufstand muß sie selbst das Zeichen geben11. “Und die Margret, unsers hochseligen Künig Hainrichen Dochter, die muß uns Beistand tun!”12.

9

Schullern, op. cit., p. 23.

10

Schullern, op. cit., p. 29.

11

Schullern, op. cit., p. 35-36.

12

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Man solle bedenken, daß sie König Hainrichs Tochter und Meinhards Mutter sei, daß die Städte und Gerichte, ja auch ein Großteil der Pfaffheit, ihrer Güte, Tapferkeit und Weisheit wegen zu ihr ständen, treu und fest, den Bischöfen von Triende und von Chur und sogar dem Papste zum Trotz. Wie also könnte der Adel allein sich undankbar und untreu erweisen13?

Anche l'incontro con Boccaccio si legherebbe al rilievo politico di Margareta: ciò che l'inviato italiano chiede alla sovrana è la sua intercessione in merito alla questione dell'alleanza contro l'Arcivescovo di Milano.

“Meiner Hilf und Fürsprach mocht Ihr sein gewiß, Messer Boccaccio. Was Ihr mir klärlich beweiset als das Best, für mein Land zu halten und zu tun, des will ich denken treulich und mit Sorgen.14”

Altri due personaggi che si oppongono al benessere del Tirolo e al potere di Margareta sono in primo luogo il Duca di Teck e poi Loterbeck, rispettivamente capitano e vicecapitano del dominio tirolese, nominati dal Margravio Ludovico per occuparsi del controllo militare e politico del territorio.

Da krampfte sie die Finger mit den spitzen Nägeln ins fleisch ihrer Händen, warf einen Blick, einen Dolchstich gleich, auf den Herzog. Sie sprang von ihrem Sitze auf, trat hart an ihn heran und es war, als wolle sie ihm einen Schlag ins Gesicht versetzen. Doch sie wandte sich mit aufeinandergrepreßten Zähnen von ihm ab und zeigte auf die Tür. Und als er einen Augenblick zögerte, wiederholte sie mit ihrem Blicke den Befehl und fügte in loderndem Zorn die Worte bei:

“Geht mir aushin unverzogenlich! Daß Euch – Gott verderb, herzoge von Teck!15”

I due personaggi sono invisi tanto a Margareta quanto ai nobili che la sostengono poiché sono stati scelti arbitrariamente dal Margravio, non all'interno del gruppo dei potenti locali ma tra le file dei combattenti bavaresi. A rappresentare, quindi, la potenza straniera che si insinua in un territorio che non conosce senza tenere presenti le necessità di chi invece vi è nato da lunga discendenza.

Der schwäbische herzog hielt alle Macht in Händen, er, der doch ein Auswärtiger war

13

Schullern, op. cit., pp. 44-45.

14

Schullern, op. cit., p. 73.

15

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und kein Herz besaß für das Land im Gebirg!16

Tornando al personaggio di Boccaccio è evidente che la sua funzione è quella di rappresentare l'Italia: non è da sottovalutare il fatto che, l'autore abbia voluto inserire il suo nome già nel titolo in modo da suggerire da subito il contrasto tra Italia e Tirolo, nonostante il personaggio appaia solo in tre capitoli del romanzo. Inoltre, mentre all'inizio viene descritto con tratti che lo designano quale uomo eccezionale sotto ogni punto di vista, il trascorrere degli eventi non fa che smentire questa impressione iniziale.

Und dieser Bürgersohn, aus einer Unehe entsprossen, er war reicher gekleidet, vornehmer als ein Edelmann im Gebirg17.

Mit feuer setzte Boccaccio seine Werburng fort, auf eine Weile zur Muttersprache Zuflucht nehmend, und überzeugte die Fürstin, daß eine Rückgabe des oberen Völtlin an Tirol durch die vereinte Macht der Verbündeten ohne Krieg zu erzwingen sei. Jetzt biete sich der Augenblick, den Weg zum Herzen Tirols zu verrammeln.

Margaretanes Blut wallte vor Begeisterung, ihrem Land zu dienen (…)18.

Boccaccio, percepito da Margareta come portatore oltre che di cultura e amore, anche di valori quali la libertà e la ribellione alla tirannide e l'estrema fedeltà alla patria, si rivela astuto e subdolo uomo politico che piega parole ed ideali a funzioni strategiche che gli servono per ottenere ciò che vuole e che è meglio per il suo paese. Seduce consapevolmente Margareta per poi tradire la sua fiducia e mettere a rischio la pace e la libertà del Tirolo.

Boccaccio inoltre per raggiungere i propri scopi politici tradisce gli stessi valori di cui si era fatto inizialmente portatore di fronte a Margareta: si allea infatti con l'Arcivescovo di Milano che aveva prima definito “tiranno”.

Lächelnd gab er kund, der Gesandte und Dichter buhle an jenem hofe um ein Bündnis für Florentiam, zugleich aber, mit des Königs Seneschalk, dem Kaufmannssohn Acciaioli, dem schönsten Mann Italias, wetteifernd, um die Gunst der königin Johanna19.

16

Schullern, op. cit., p. 71.

17

Schullern, op. cit., p. 66.

18

Schullern, op. cit., pp. 70-71.

19

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Und so erfuhr der grimme Ritter, es wäre wiederum der - Boccaz gewesen, der die fäden hielt (…) und er riß die Augen wie Scheunentore auf, als er da zu wissen bekam, der Boccaz sei dem Kaiser Karl und dem Erzbischofen Joannes zu Diensten bereit.

Er wußte nur zu berichten, daß der Boccaz das Land im Gebirg zerreißen wolle. Joannes Boccaccio20!

Tratteggiando questo personaggio, Schullern può esprimere quella è la sua idea dell'Italia al momento.

La fama negativa dell'Italia viene rafforzata anche dalla visita di Margareta alla cognata Elisabetta, presso la corte scaligera di Verona; la corte italiana che all'inizio viene descritta come elegante e avanzata dal punto di vista estetico e culturale, si rivelerebbe invece terra pagana, dimenticata da Dio e ricca di mostruosità di ogni genere.

So führe sie ein Leben voll Kummer und Herzensangst zu Verona und hege keine heißeren Wunsch als den, nach teutschen Landen zurückzukehren. Das heidnisch gewordene Italien sei gottverlassen und die Heimat aller Scheußlichkeit. Sie erzählte vom Blutrausch und den Gotteslästerungen der Tyrannen und Volkstribunen, ob sie zum Kaiser ständen oder zum Papst, wie die Altar- und Blutschänder, die guelfischen Malatesta zu Rimini. Und sie erzählte auch von einem – Skaliger, der einen tapferen, schwer verwundet in seine Gewalt gertenen Gegner vor aller Augen, ehe er ihn zu Tode martern ließ, in viehischer Art selbst beschmutzte21.

Elßpeth schrieb zu Tode erschrocken und tat ihre Sehnsucht kund, aus dieser Stadt des Grauens in die heimat zu entfliehen22.

Vediamo infatti che il personaggio che riesce a riportare la tranquillità e la pace in Tirolo è Albrecht von Österreich, cugino della sovrana, che giunge inatteso a Castello quando ormai Margareta è decisa ad assassinare il capitano succeduto al Duca di Teck, Wolfstein. Le parole di Albrecht sono assennate, delicate e lui sembra essere l'unico interessato a ciò che è meglio per il Tirolo: l'unione con la sua dinastia grazie al matrimonio di Mainardo con sua figlia.

20

Schullern, op. cit., p. 221.

21

Schullern, op. cit., p. 191.

22

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Von der Zukunft des Lands im Gebirg sprach er dann und wie es von allseit gefährdet sei. Er sprach von der nahen Verwandtschaft, die Margareta mit ihm verbinde, da ja doch weiland des Königs Hainrich Schwester löblichen Gedächtnissen mit seinem gottseligen Vater vermählt gewesen. Er sprach aber auch von den vielen und festen Banden der Verschwängerung und der Freundschaft, die zwischen dem Geschlechte der Witlspach und denen von Österreich geknüpft worden. Nicht natürlicher, als daß man sich gegen alle Feinde vereinige und schütze. Er wolle aber auch gleich den Anfang machen und eine guten Dienste anbieten, für Ludwig und Margareta die Versöhnung mit dem heiligen Stuhle und der Christenheit zu erwirken, nicht minder eine Freundschaft ohne Hinterhältigkeit, eine wahre, offenherzige Freundschaft mit Kaiser Karl.

(…)

Doch trachte er, die Ehre und Wohlfahrt seines Stammes und Namens bis an sein Ende zu schirmen. Dasselbe erhoffe er von Ludwigen und ihr, seiner lieben Muhme, was ihrer beider Sohn und das Land im Gebirg betreffe. Er bekenne offen, daß ihm das Wol des eigenen hauses am nächsten liege, wie das jedermann, als der menschlichen Natur anhaftend, verständlich erscheinen müsse; hoffe aber, seine Muhme und ihr Gemahl würden aus dem, was er anstrebe, auch den eigenen Nutzen ersehen: aus der Verbindung der beiden Geschlechter durch die Vermählung ihres Sohnes mit seiner Tochter. Sie wollten mit alle Fleiße darauf achten, daß ihre Kinder, Meinhard und Margareta, in Frieden miteinander lebten.

(…)

Ihre Kinder, Meinhard und Margareta, sollten lernen, daß nicht der Prunk am Hofe und die Ausübung tyrannischer Härte und Grausamkeit die Throne befestige, wohl aber Milde und Grechtigkeit allen Ständen gegenüber23.

Dann ließ sie ihren Notarius rufen, den Hainrichen von Ysnin und sprach ihm das in die feder und schwur bei Gott und allen Gottesheiligen, es sei ihr letzter Wille, daß die von Österreich gegen ein solches Gelöbnis an Eides Statt das Land bei der Etsch und in dem Intal sollten besitzen in Zeit und Ewigkeit24.

È questa, quindi, la visione di Schullern: ciò che è meglio per il Tirolo è l'unione con l'Austria che garantisce benessere e onore tanto per la Terra tra i Monti quanto per l'Austria.

Quest'analisi ci permette quindi comprendere come il romanzo Boccaccio auf Schloß Tirol non faccia altro che ricostruire, a partire da una base storica piuttosto esigua, una serie di avvenimenti forse verosimili, al fine di poter diffondere le considerazioni dell'autore sulla situazione storica contemporanea.

23

Schullern, op. cit., pp. 233-234.

24

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3.3. Leggenda nel romanzo

Oltre agli eventi che riguardano la storia del Tirolo, il testo è ricco anche di numerosissimi elementi attraverso i quali l'autore cerca di ricostruire fedelmente la vita e le abitudini della sovrana Margareta oltre a fornire un quadro generale della situazione tirolese dell'epoca.

Ampio spazio è dedicato alla descrizione delle vesti e dell'acconciatura della sovrana, specialmente nei primi capitoli; vengono inoltre definiti i rapporti che questa intratteneva con le sue numerose servitrici e in particolare con la sua domicella personale, Prazedelin, sostituita poi da Berbil, con le altre nobildonne del Tirolo, sue amiche e consigliere, come Kathrein von Annenberg e Adelheid von Matsch.

Nel primo capitolo vengono introdotti anche il “medico” di Margareta, Hainrich von Kemten e il maestro di corte, Wolfahrt Saczenhofen.

Nel secondo capitolo Schullern presenta, con l'espediente di una riunione segreta, i più importanti rappresentanti della nobiltà locale dell'epoca: Hainrich der Velfer, Rendl der Jüngere, der Weinegger, der Rottenburgern, Hainzlin der Annenberg, Ulreich, Johanns und Hartwig von Matsch e Friedreich von Greifensteyn.

Per tutto il romanzo, poi, l'autore non dimentica mai di sottolineare o rammentare i vari personaggi storici realmente esistiti che possono aver fatto parte della vita di Margareta e aver avuto un ruolo politico rilevante in quel periodo. È il caso, ad esempio, della cognata Elisabetta e della corte scaligera di Verona di cui, durante una visita di Margareta, si raccontano dettagliatamente le usanze.

Ci sono però due elementi sui quali è interessante soffermarsi, ovvero la presunta bruttezza e la leggendaria lascivia di Margareta; per quanto riguarda la sua bruttezza, esistono leggende che tramandano l'ipotesi secondo cui la donna avesse le labbra deturpate da un violento morso inflittole dal primo marito, Giovanni di Boemia; Feuchtwanger, invece, come vedremo, la descrive come bruttissima già da prima del matrimonio e non solo per la deformità delle labbra. Schullern, però, si affretta a chiarire nella prefazione che le dicerie riguardo alla

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bruttezza di Margareta dovevano essere subentrate in un momento successivo alla sua morte, sulla base dell'interpretazione errata del soprannome Maultasch, e fornisce persino la testimonianza di un suo autore coevo che la definirebbe pulchra nimis.

Se, sulla base di quanto affermato nella prefazione, ci si aspetterebbe che l'autore tralasciasse nella sua trattazione questa leggenda infondata, troviamo invece testimoniato assai spesso e con dovizia di particolari l'aspetto deforme del labbro della sovrana, che ella cercherebbe perennemente di coprire con un velo intorno al volto.

Aber auch den Gimpf, die weiße haube, kann sie nun missen, die ihr nach eigenem Willen, wie einer klosterfrau, nicht nur Stirn und Kinn bedeckt, auch die Unterlippe, den Männern verhüllt. Hat ihr doch der Böhem Johanns, der Lucemburger (Luzembuger), ihr erster Gatte, vorgebend, sie zu küssen, in tückischer Weise die Lippe bis herab zum kinn durchbissen. Bald nach der Hochzeit wars. Er stand im 10., im 14. Jahr sie selbst25.

Quälend oft befiel sie der Gedanke an einen schönen Burschen aus dem Paßeyr, den sie einst stäupen ließ, bis ihm die haut in fetzen vom Leibe hing. Am selben Tage, an dem sie, die fürstin, diesem elenden Jagdknecht ihre Liebe geoffenbart, umschlang er, auf die Späher nicht achtend, in brünstigen Verlangen den plumpen Leib einer Bauernmagd. Hieß es auch, er büße am Stäuppfahl für Saumseligkeit während der Jagd, so wußte er selbst doch, wofür in Wahrheit die fürstin Rache nahm26.

Als er sie küßte, wandte sie aber vom Licht der Ampel sich erschrocken ab, damit er ihren Mund nicht sehe, von dem die Schleife der Gugelhaube sich zu lösen drohte27. Wenn sie von einem Männerauge gesehen ward, deckte sie ängstlich nur ihren Mund, damit die Schande nicht sichtbar sei, die ihr, der böhemische Gatte angetan und die Zerstörung ihrer Schönheit nicht offenbar28.

Per quanto riguarda la dissolutezza dei costumi di Margareta, non c'è alcuna testimonianza autentica che avvalori l'ipotesi che si trattasse di una donna particolarmente lasciva ed è assai probabile che questa leggenda sia nata anch'essa da un'interpretazione sbagliata del suo soprannome; Schullern, però, così come Feuchtwanger, riferisce di molti amori extraconiugali di Margareta.

25

Schullern, op. cit., p. 20.

26

Schullern, op. cit., p. 77.

27

Schullern, op. cit., p. 107.

28

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