L’astro del giorno era già alto nel cielo ma la principessa giaceva ad occhi chiusi sul letto, ancora completamente vestita.
Non si sapeva se le fosse stato concesso il sollievo del sonno. Non aveva permesso alle servitrici di svestirla e Prazedelin, infrangendo per la prima volta un ordine della sua signora, si era accovacciata sul tappeto ai piedi del letto spiando attraverso le tende damascate del baldacchino i movimenti della principessa, fino a quando, vinta dalla stanchezza, si era addormentata sul pavimento. Si svegliò solo quando a metà mattina, la vecchia Osanna entrò furtivamente con le ancelle. Margareta non si mosse. Tutte rimasero ad osservare la loro sovrana, spiando attraverso le tende e consultandosi con sguardi e sussurri appena udibili.
La principessa, infine, alzò la testa dai cuscini e chiese con veemenza notizie di suo figlio. Il Duca di Teck doveva andare da lei.
Il capitano della guardia bavarese riferì però che il Duca non si trovava nella stanza di lavoro del Sovrano a Castel Tirolo, né nella sua dimora allo Zinnenberg. Il segretario di Teck e i servitori ritenevano che potesse trovarsi persino fuori Merano. Le donne della principessa non dettero però alcun credito a queste informazioni. Girava infatti voce tra la servitù del castello che il Duca svevo avesse lavorato fino al mattino alla luce della lampada presso Zinnenberg e che poi avesse avuto, una volta fattosi giorno, un lungo colloquio con l’ambasciatore italiano. Sarebbe poi andato verso Nord, forse verso Glurens dove i Freiberger tramavano contro il vescovo di Coira, accompagnato da circa venti soldati di cavalleria. Si diceva che Loterbeck si trovasse presso Wilhalm Gneusch, cavaliere di Eppan, per questioni relative alla sicurezza del Vescovo di Trento. I riluttanti nobili tirolesi se non erano già stati tutti arrestati, si trattenevano nei loro castelli, presidiati da soldati stranieri, così come la principessa stessa a Castel Tirolo.
Per Dio e tutti i santi, cosa tramavano tali aguzzini? Che volevano fare del giovane Principe?
Adelheid, la sorella di Margareta, urlava nella sua stanza da letto, afflitta da un crescente male. Il tono stridulo strappò Margareta dalla sua pensierosità; si sollevò e guardò stupita intorno a sé.
Gradualmente, mentre veniva spogliata degli abiti maschili e vestita di quelli femminili, le sovvenne quanto era accaduto. Si alzò dal letto e corse, seguita dalle donne spaventate, verso la stanza del figlio, trovandola ancora vuota. Tornò indietro torcendosi le mani. Kathrein di Anneberg, l'unica che aveva pienamente goduto del riposo notturno era accorsa e ora voleva tranquillizzare con parole di consolazione la sua nobile compagna di giochi, che però la allontanò delicatamente. Margareta rimase per un po' a riflettere con gli occhi spalancati e infine si girò verso le sue ancelle ordinando loro di far convocare immediatamente il cavaliere Petermann di Schenna.
Prazedelin, visto che non c'era più il custode, corse dal capo della guardia. Sconvolta e tremante per paura della reazione della sua signora, tornò comunicando che la guardia aveva l'ordine di non lasciar passare nessuno.
Margareta attraversò la porta aperta e disse al capo della guardia:
“Io, come sovrana di questa terra vi ordino di convocare a Tirolo il nobile e fermo Petermann, cavaliere di Schenna!”
Il guerriero titubò.
“Chi è che comanda qui, per diritto ereditario? Volete così osare rispettare gli ordini del Duca di Teck, che disonora tanto terribilmente la vostra sovrana? Sarete gravemente puniti per mano di Sua Altissima Grazia il Margravio, mio consorte!”
L'uomo rispose, con voce incerta:
“Io posso solamente comunicarvi di aver parlato con il Duca, a cui sua altezza il Margravio stesso ha conferito pieni poteri”.
Poiché le sembrò che nel volto del bavaro si disegnasse un'espressione di scherno, presa da grandissima ira, esclamò:
“Tu, falso malvagio privo d'onore! Ti farò attaccare alla ruota di tortura finché non ti si saranno rotte tutte le ossa se non esegui immediatamente i miei ordini!”
sbarrò persino la strada quando lei provò a passargli accanto sulla scala di legno. Allora lei, perdendo d'improvviso il contegno, lo colpì in volto, attraversò velocemente le sue stanze fino al solaio da cui urlò ai guerrieri che si trovavano al di sotto delle sporgenze dei massi del castello che si delineavano ad Est sullo sfondo rosso fuoco:
“Uomini, la principessa è rinchiusa nel castello come una prigioniera. Potete sopportarlo? Mi hanno portato via il mio piccolo andando contro Dio, onore e giustizia e lo hanno sequestrato, armi alla mano.
I soldati si allarmarono un poco e si udì qualche discussione e confabulazione tra loro, ma poi rientrò subito la calma.
“Conducete da me Petermann, il cavaliere dal castello di Schenna!”, urlò, levando le braccia al cielo: “Voglio riavere subito mio figlio!”
Le donne a suo servizio l'avevano seguita standole alle calcagna, tentando invano di calmarla. Kathrein le consigliava di attendere il ritorno del consorte, che sarebbe avvenuto presto. Doveva rimanere nella Terra tra i Monti e cercare di ottenere e mantenervi l'ordine. Ma la sovrana non smise di invocare Petermann. Come poteva Kathrein comprendere la paura di Margareta, visto che i suoi figli erano sotto la fida custodia di una vecchia balia! Petermann doveva riportarle il suo bambino sottraendolo a chi gliel'aveva portato via.
“Benché il cavaliere di Schenna sia mio zio, Contessa”, disse quella di Annenberg, “voglio lo stesso consigliarvi di non fidarvi di lui, poiché sua moglie è la figlia di Konrad di Frauenberg e tale legame lo imparenta con Teck!”
Kathrein intendeva con queste parole che la sua nobile amica avrebbe dovuto così tenere di conto anche dello sfavore del giovane Frauenberg, che era stato maestro di corte e a cui aveva sottratto il suo favore e il suo ruolo a causa di un comune contadinello del Paßeyer.
Ma la principessa sollevò le spalle e disse:
“Di chi posso fidarmi allora, se non di Petermann, che non desidera nient'altro se non essere fedele e utile a me e al mio consorte e vuole stabilire tra noi una pace che duri?”
E ciò dicendo chiese di nuovo ai guerrieri, e questa volta con tono implorante, di chiamargli in tutta fretta Petermann dal Castello di Schenna.
Ma l'esercito straniero non rispose e si udì solo il vento fischiare lungo le alte mura, come a schernire il dolore altrui.
“Forse non mi hanno sentito a causa del vento, Kathrein”, disse straziata dal dubbio.
“Vostra Gazia, a me pare che loro … non abbiano voluto sentirvi”.
Allora Margareta, presa dalla disperazione, urlò tanto forte che dovevano per forza sentirla, chiedendo che il suo bambino e Petermann di Schenna fossero condotti a lei.
Là sotto, sulle rocce, niente si smosse. Ma un giovanotto ben vestito in abiti rurali che sorvegliava alcuni contadini che ancora più in basso riparavano, secondo gli antichi modi la strada del castello, aveva di sicuro udito il disperato grido della principessa che chiamava il suo bambino. Guardò in su e sventolò il cappello. La principessa e le sue servitrici videro poi come questi si separava dai contadini discendendo a cauti passi la montagna. Quando fu sotto l'ampio Kofel, però, dove lo si poteva avvistare solo dal castello, lasciò la strada curva che portava a Castel Tirolo e si mise a correre lungo i massicci e le pietre verso valle, in direzione di Schenna.
Margareta abbracciò con gioia la sua compagna di giochi, la vecchia balia e la stessa Prazedelin.
“È Pertlin!” disse la ragazza fiera, “il figlio del maestro di Paese a Tirolo”. “Il tuo innamorato, presumo” esclamò con giubilo la principessa “Gli donerò abbastanza oro e argento da farlo vivere da signore!”
Poi si gettò di nuovo sul suo letto e gemette sia per la gioia che per la dolorosa apprensione … …
Passarono alcune ore. Poi un uomo della guardia bavarese annunciò, con l'autorizzazione del Duca, il cavalier Petermann di Schenna. … Dunque non si osava impedire l'ingresso al vecchio consigliere del Margravio, l'unico di tutta la nobiltà locale che avesse ancora la sua fiducia.
Al contrario di quanto la consuetudine di corte prevedeva, la principessa non si diresse verso l'alto trono nella sala dei ricevimenti ma, spinta dalla speranza di essere tranquillizzata sul destino di Meinhard e forse addirittura di poterlo subito abbracciare, corse verso la porta del castello, mentre la stanza, ad un suo gesto, si svuotò completamente.
Era venuto indossando il suo abito da lutto rosso scuro a causa della morte del padre di alcuni mesi prima. Ma perché aveva anche un viso così triste, chino come quello di un vecchio? Come poteva giustificare Margareta con la dipartita del terzo Hainrich von Schenna il profondo abbattimento del figlio ed erede? Era come se in una notte fosse diventato grigio e vecchio.
“Vi ho fatto chiamare, Petermann, perché mi riportiate mio figlio per amor del cielo. Me lo hanno rapito empiamente e mi trattengono qui come una prigioniera. Per quale ragione permettete che la vostra principessa subisca un tale affronto? Mi si stanno usando incredibili violenza e ingiustizia! … ...”
Lui scrollò le spalle, sconsolato. Subito lei soggiunse:
“Petermann, allora, dov'è il mio bambino? Voi siete sempre stato amico fidato del mio consorte e sostenitore del suo dominio nella montagna, e non avete neppure mai smesso di stare fedelmente a mio servizio. Abbiamo inoltre un'incrollabile fiducia in voi, così come in vostro fratello Conrad, cavaliere di Glurens, e in tutti i vostri parenti più prossimi. Perché, allora, non volete essermi d'aiuto e alleggerirmi da tutti i pesi e le preoccupazioni che ho qui a Castel Tirolo e, come prima cosa, non fate in modo che mio figlio mi venga riportato senza indugio?”
“Tranquillizzatevi, Vostra Altezza, Marchionissa”, disse lui con calore, “oggi stesso si è dimostrata la vostra totale innocenza e in brevissimo tempo tutto sarà sistemato. Il Duca di Teck ha fatto arrestare il cavaliere Hartwig, lo ha fatto giudicare e lo ha di nuovo rinchiuso nella torre sulla rocca.
Nonostante appartenga alla più nobile delle dinastie, è stato interrogato e afflitto con tremende torture, allo scopo di scoprire che tipo di rapporto abbia con
voi, Vostra Altissima Grazia. Ma lui non ha ceduto a nessun dolore e, per il vostro bene, ha detto solamente che voi avete tentato ad ogni costo di far raggiungere un accordo pacifico tra il Margravio e i nobili della montagna a lui sottoposti. Per dimostrare la vostra innocenza ha patito ogni martirio e infine ha ribadito che voi non sapevate assolutamente niente di come stesse risorgendo l'assembramento e si preparasse un assalto contro il Duca di Teck”.
Margareta si era gettata tra le braccia di Kathrein dicendo, con lacrime di gioia: “E il mio piccolino? Dov'è l'amore dei miei occhi?”
“A Schenna, vostra grazia Marchionissa, in ottime mani, e le sue condizioni di salute sono buone”.
“Ma quando sarà riportato qui a Castel Tirolo il mio bambino, Petermann?” “Non mi è noto, vostra grazia, perché ciò dipende dal Duca di Teck. Ritengo però che non passeranno ancora molte ore vostra grazia, Ducissa”.
“O, vogliate darmi aiuto e supporto, Petermann, affinché io non venga trattenuta qui come una prigioniera! Chi osa offendermi con un tale impedimento! Li punirò tutti severamente, poiché osano disonorarmi e sminuirmi!”
“È partita un'ambasciata diretta a sua altezza il Margravio. Sua altissima grazia avrà premura di verificare il tutto e rifletterà all'accaduto. Verrà anche comandato quanto si ritiene necessario e giusto”.
“Rifletterà sull'accaduto”, sospirò lei, sorridendo amaramente, “rifletterà ancora per molto tempo, come ha fatto per alcuni mesi fino ad oggi. Teme Teck, perché, essendo suo debitore, gli ha dato in pegno metà del confine della Terra tra i Monti, e quindi non farà altro che rimandare la cosa”.
Petermann ascoltò queste parole, poi continuò tenace con viso triste:
“Per ciò che mi riguarda, Marchionissa, sarà mia premura cercare di trovare un accordo tra voi e il Duca di Teck. Di questo vogliate essere sicura e fiduciosa”.
“Per questo mi fido ciecamente di voi, Petermann”, disse lei tranquillizzata, porgendogli la mano. “Adesso però desidero sapere, cosa ne sarà dell'alleanza con la Repubblica di Firenze”.
“È ancora presente nella Wehrhaus, l'inviato della Signoria? Voglio parlare con lui Cavaliere Petermann, prima che lui si accinga a fare ritorno in Patria”.
“Stamani mattina il Duca ha avuto un colloquio con Boccaccio ed è stato concluso, che, per quanto riguarda l'affare, si deve attendere di conoscere l'opinione di sua altissima grazia stessa, prima di concludere l'affare”.
Nascondendo a fatica la sua agitazione lei chiese:
“E l'ambasciatore, rimarrà allora a lungo in Tirolo? Perché non si possono condurre le trattative qui?”
“È necessario che Messer Boccaccio si rimetta in viaggio verso l'Italia tra qualche ora”.
Lasciandosi completamente trasportare dalla passione lei gridò:
“Ordino che gli andiate a comunicare senza indugio che io desidero parlargli prima che parta!”
Petermann alzò le sopracciglia e disse piano, con la più grande delicatezza, che questo non sarebbe stato possibile senza l'autorizzazione del Capitaneus, poiché questi controllava ogni spostamento dell'ambasciatore.
Rabbiosa, la principessa gridò:
“Che Dio ti punisca, se sarai così ubbidiente al Duca svevo come se fossi un suo uomo, quando sei un tirolese per dinastia e nome!”
Con tali parole spietate lo congedò, seguendolo però poi fino alla porta.
“Caro, mio fidato Petermann, vogliate scuasarmi, ma io sono terribilmente oppressa e afflitta a causa del Duca. Vi prego di voler ponderare la questione poiché siete davvero giusto e assennato”.
“So bene, Ducissa, come stanno le cose”, rispose Petermann, sfiorando il pavimento con le ginocchia. “Tutto è cambiato nella regione, che Dio abbia pietà di noi!”
“Allora cercate di ottenere un colloquio con il Duca, affinché mi conceda di rivedere mio figlio e, secondo la vostra richiesta, riporti tutto al meglio”.
“Mi atterrò fedelmente al vostro volere, Ducissa”. ...
rientrare, ma tacevano tutte. Il vento si era alzato di nuovo e fischiava lungo i merli. Adelheid, la sorella della sovrana, gemeva a causa delle convulsioni.
Osanna si avvicinò per chiedere se poteva far entrare la buffona di corte, gli animali ammaestrati o la scacchiera. … Non vi fu nessuna risposta. La principessa era triste e si era stancamente accasciata, completamente immersa nei pensieri, nonostante la speranza che il suo destino potesse volgere al meglio.
Le sue serve si preoccuparono di farle mangiare qualcosa e bere del vino. Lei si sforzò di esaudirle ma poi rifiutò tutto. Più tardi chiese i rotoli di pergamena su cui era scritto con magnifiche decorazioni il pomea di Boccaccio Fiammetta. Iniziò così a leggere. Immediatamente i suoi occhi brillarono per il magico incanto.
Dopo un po’ di tempo lasciò cadere la pergamena. Perché non le avevano ancora riportato il suo bambino? Chiese a Kathrein cosa ne pensasse e questa cercò di sdrammatizzare. Non era ancora stato possibile, disse. Margareta le confidò quindi a bassa voce alcune cose da cui Kathrein dedusse che la sua nobile amica stava riflettendo per cercare di trovare il modo di realizzare un incontro con il poeta nelle ultime ore. Poi la sovrana cadde in un fiacco dormiveglia.
Era già l'ora del crepuscolo, quando si risvegliò.
Si guardò intorno. Non le avevano ancora riportato il bambino? E Kathrein di Annenberg? Dov'era la sua migliore amica? Sentì la sua mancanza. Voleva parlare con lei, l'unica a cui era solita confidare i suoi sentimenti e pensieri. Le fu comunicato che la nobile ed esimia donna si scusava, ma visto che le era stato permesso, aveva lasciato la prigionia per raggiungere in fretta il suo castello. Gli uomini di Teck avevano distrutto tutto, là. Allo stesso tempo era anche venuta a sapere che il nobile e fermo Hainzlin di Annenberg era riuscito ad ottenere dal Duca la liberazione della sua consorte, giurando su Dio e su tutti i santi del firmamento che qualsiasi cosa fosse successa non si sarebbe mai più mosso contro il Margravio o contro il Duca. La cosa più importante era però che anche la liberazione della Contessa era ormai prossima.
ogni usanza di corte, “l'esimio cavaliere di Schenna, sta riportando Sua Altissima Grazia vostro figlio Meinhard. Hartwig von Matsch ha confermato e dimostrato per la terza volta, nonostante i durissimi martiri, per il vostro bene, con tanto di giuramento, la vostra innocenza. Per questo da domani l'esercito straniero sarà allontanato dal castello!”
Allora la principessa corse nel cortile del castello, passando accanto alla guardia bavarese senza essere fermata, fece scendere dal suo piccolo cavallo il bambino accompagnato nella corte da Petermann e dal suo istitutore e lo abbracciò con impetuosa gioia. Prima di congedare il cavaliere, gli chiese con sguardo indagatore perché sembrava essere ancora tanto preoccupato e afflitto.
“Poiché da un po' di tempo tutto ciò che viene fatto qui lungo l'Adige e nella valle dell'Inn non sembra promettere niente di buono”.
Margareta sospirò, condusse il bambino, che era pallido e spaventato, nella sua stanza da letto e ordinò all'istitutore e a Prazedelin di restare con lui.
Lei stessa non riusciva a trovare pace. Avrebbe rivisto l'inviato di Firenze prima della sua partenza? Avrebbe parlato con lui? Si avvicinò al capo della guardia, questa volta con l'intenzione di chiedere che Messer Boccaccio fosse convocato da lei. Ma poi tacque, spaventata dalla possibilità che lui, disobbedendo, potesse ferire il suo orgoglio, serrò le labbra e ritornò al giaciglio del bambino.
Meinhard dormiva. La nobile madre lo osservava con gioia e dolore. Mandò terribili maledizioni a chi aveva sottratto all'amore della madre il bambino, come un ostaggio.
Tornata nella sua stanza, presa da un grande disappunto, mandò via le ancelle, che si erano subito radunate intorno a lei e avevano allestito nell’anticamera tutto il possibile per il suo divertimento. Afferrò i rotoli di pergamena di Fiammetta, lesse, lesse ancora e pianse mentre leggeva, guardando estasiata davanti a sé.
“Boccaccio, Giovanni Boccaccio!” gridò gemendo e baciando le pergamene, che le avevano appena parlato. Poi giacque per lungo tempo come in un sogno ad occhi aperti e sospirò, immaginando con occhi confusi che la sua bocca ricevesse
dalle desiderate labbra un flusso di baci paradisiaci, come se fosse diventata una riunione d'amore che non legava solo un corpo all’altro, ma anche due anime, in un’unione di amore terreno e divino che lei aveva sempre desiderato, senza mai conoscerla.
Fu un rumore di armi a scuoterla dal mondo dei suoi desideri … … …
Ringraziò Maria, la benevole madre nel cielo: era la guardia della stanza femminile, che se ne andava. Üldlin, il vecchio guardiano si annunciò con sguardo raggiante, anche se distrutto e pallido come un cadavere, con le mani avvolte in spesse bende.
Margareta gli gettò un sacchetto pieno d'oro; lui cercò inutilmente di prenderlo al volo con le braccia. Il sacchetto cadde a terra. Lei allora si avvicinò, lo sollevò con le sue mani e lo posò sul braccio teso del vecchio che piangeva. Coprendosi gli occhi gli disse di non parlare. Sapeva cosa avrebbe detto. Gli erano stati spappolati i pollici senza poter ottenere da lui una qualche lamentela contro la sua sovrana.
“Fuggi e a partire da domani riposati, Üldlin, definitivamente. Sceglierò un altro custode. Ma adesso vai subito dal nobile e fermo Saczenhofen, il maestro di