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Assetti gestionali, economici e di governance delle società calcistiche: una correlazione tra investimenti e risultati sportivi in alcuni dei maggiori club internazionali

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea magistrale in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

“Assetti gestionali, economici e di governance delle società calcistiche: una

correlazione tra investimenti e risultati sportivi in alcuni dei maggiori club

internazionali”

RELATORE

Dott. Vincenzo ZARONE

Candidato

Daniele MEUCCI

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(3)

0 S

OMMARIO

1 Le società calcistiche come aziende ... 5

1.1 L’inquadramento all’interno dell’ordinamento italiano ... 6

1.1.1 La creazione del CONI e la Figc ... 6

1.1.2 La riforma del 1966 ... 7

1.1.3 Lo sport professionistico e il fine di lucro per le società ... 10

1.1.4 Il rapporto tra calciatore e società: il vincolo sportivo e la «sentenza Bosman» ... 13

1.2 I controlli sulle società ... 16

1.2.1 La Co.Vi.So.C. ... 17

2 Assetti economico-finanziari e Governance delle società ... 20

2.1 Il bilancio delle società sportive ... 20

2.1.1 Le tipicità dello Stato Patrimoniale ... 26

2.1.2 Le tipicità del Conto Economico... 29

2.1.3 Altre tipicità del calcio: la library e il brand ... 32

2.2 Gli assetti proprietari ... 34

2.2.1 Struttura e organi gestionali ... 36

2.2.2 L’aziendalizzazione delle società sportive: i modelli di governance nel calcio italiano ed europeo ... 39

3 Il contesto europeo e gli investimenti stranieri nel mondo del calcio ... 46

3.1 La situazione nei maggiori campionati europei ... 46

3.1.1 Il modello calcistico inglese... 50

3.1.2 Gli investimenti arabi ... 53

3.2 Le normative UEFA ... 55

3.2.1 Il sistema delle licenze ... 57

3.2.2 Il Fair Play Finanziario: il requisito del Break-even ... 58

4 La situazione di alcuni dei maggiori club internazionali ... 62

4.1 JUVENTUS FC ... 62 4.1.1 Risultati sportivi ... 62 4.1.2 Aspetti economico-finanziari ... 63 4.2 AC Milan ... 68 4.2.1 Risultati sportivi ... 68 4.2.2 Aspetti economico-finanziari ... 68 4.3 Chelsea ... 72 4.3.1 Risultati sportivi ... 72

(4)

4.4 Manchester City ... 75 4.4.1 Risultati sportivi ... 75 4.4.2 Aspetti economico-finanziari ... 76 4.5 Manchester United... 79 4.5.1 Risultati sportivi ... 79 4.5.2 Aspetti economico-finanziari ... 80 4.6 Leicester ... 83 4.6.1 Risultati sportivi ... 83 4.6.2 Aspetti economico-finanziari ... 83 4.7 Roma ... 87 4.7.1 Risultati sportivi ... 87

4.7.2 Aspetti economico finanziari ... 88

4.8 Real Madrid ... 91

4.8.1 Risultati sportivi ... 91

4.8.2 Aspetti economico-finanziari ... 91

5 Davvero investire tanto porta a ottenere grandi risultati sportivi? ... 94

5.1 Confronto tra le situazioni economico-finanziarie dei top club ... 94

5.2 Confronto tra i risultati sportivi ottenuti ... 101

5.2.1 Piazzamenti in campionato ... 102

5.2.2 Piazzamenti nelle coppe nazionali ... 103

5.2.3 Piazzamenti in Champions League ... 104

5.3 Il rapporto tra Ebit e risultati sportivi, rispetto al fatturato ... 105

5.3.1 Parte operativa... 106

6 Conclusioni ... 117

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1 L

E SOCIETÀ CALCISTICHE COME AZIENDE

Il gioco del calcio moderno nasce nell’Inghilterra della prima metà dell’Ottocento, quando le prime squadre delle varie scuole e dei college inglesi cercarono di trovare un punto d’incontro su quelle che saranno considerate poi le prime regole basilari del football. Il nuovo sport si diffonde molto rapidamente e già nel 1882 sono già oltre un migliaio le società attive, nate principalmente come realtà aggregative intorno alle parrocchie, ai pub e alle aziende. Nato con pura connotazione dilettantistica, ben presto però si cominciano a distribuire rimborsi spese e premi di trasferimento. Il calcio comincia a diffondersi anche Oltremanica a partire dal 1870, grazie ai tanti inglesi sparsi per il mondo. In Italia la diffusione si ha a partire dagli ultimi dieci anni del Diciannovesimo secolo: già nel 1898 nasce la prima federazione nazionale, chiamata Federazione Italiana del Football, la quale organizza il primo torneo, il primo campionato nazionale che viene svolto a Torino in una sola giornata e viene vinto dalla squadra più “antica” d’Italia, il Genoa Cricket and Football Club. Inizialmente il calcio è una pratica elitaria, ma col passare del tempo diventa sempre più una opportunità di inserimento sociale, dovuta a molteplici fattori. Uno di questi è rappresentato dall’evoluzione e dal miglioramento dei sistemi di trasporto: un esempio è l’allargamento del campionato italiano al girone Centro-Sud intorno agli anni Venti del ventesimo secolo, per vedere poi il primo vero campionato nazionale nel 1927. Le tribune sono state, nel corso degli anni, vetrine per imprenditori e manager, le tifoserie sono sempre state più o meno rappresentanti di ideologie politiche, stili di vita.

Il segreto della diffusione del gioco del calcio sta però nella sua semplicità, il gioco e le stesse regole sono mutate nel corso della sua storia ma quelle fondamentali sono rimaste immutate. Ciò che è fortemente cambiato nel corso del tempo è l’implicazione economica: se dapprima le varie società nascevano quasi come “dopolavoro”, come svago nel fine settimana, è sempre aumentata l’importanza della componente economica nei trasferimenti, negli ingaggi dei giocatori. Negli ultimi anni del 1900 lo sviluppo del calcio ha portato ad un boom pazzesco tale da far diventare il calcio, ed in particolare le società sportive, un vero settore dell’economia, che non ha risentito della crisi economica e che anzi ha fatto registrare aumenti costanti nei fatturati totali. Gli interessi economici che ruotano intorno a questo grande mondo che è il calcio riguardano moltissimi soggetti, a partire dai calciatori, agli sponsor, alle agenzie pubblicitarie, l’industria turistica e dei trasporti.

Il calcio è lo sport più praticato in Italia. È anche lo sport più seguito, grazie alla televisione, a internet e ai vari quotidiani (basti pensare che in Italia sono presenti ben 3 quotidiani sportivi, i quali lasciano

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principalmente spazio al calcio). Il volume d’affari riconducibile al calcio e allo sport in generale nel nostro paese ad inizio millennio raggiungeva già la soglia dei 25 miliardi di euro, mentre nel 2016 il solo calcio ha contributo alla crescita del PIL per una percentuale superiore allo 0,7%; è stato calcolato inoltre che il valore aggiunto generato per l’economia italiana è superiore ai 21,8 miliardi di euro mentre le famiglie e le imprese hanno beneficiato di redditi superiori a 22,5 miliardi di euro. In più le entrate fiscali legate al calcio hanno sfiorato i 9 miliardi di euro mentre l’occupazione diretta, indiretta e indotta generata è pari a 139 mila unità di lavoro qualificato e a 113 mila unità di lavoro non qualificato, ogni anno1. Questi dati confermano il fatto che, da sempre, il calcio rappresenta l’apice degli interessi degli sportivi italiani, in particolare come consumo ma anche come pratica: dalle prime quattro squadre, quelle che hanno disputato il primo campionato nel 1898, si è passati ai tesserati totali che ammontano nel 2015-2016 a 1.353.866, di cui 1.062.294 sono calciatori tesserati, 24.757 tecnici, 33.674 arbitri (di cui oltre 1.600 donne) e 233.141 dirigenti. Si contano inoltre 13.120 società e 70.868 squadre, che hanno disputato un totale di 583.340 gare ufficiali (di cui 378.547 a livello giovanile, 201.406 nei campionati dilettantistici e 3.387 in quelli professionistici). Ogni giorno in Italia si disputano in media quasi 1.600 partite ufficiali con arbitro federale, all’interno dei 17.932 campi sportivi omologati per l’attività agonistica. Il numero complessivo dei giovani calciatori tesserati ammonta a 827.784 (dato che comprende i tesserati per il Settore Giovanile e Scolastico, con l’aggiunta dei “giovani dilettanti”, dei “giovani di serie” e della categoria Juniores). L’incidenza dei giovani calciatori tesserati per la Federazione Italiana Giuoco Calcio sulla popolazione italiana è particolarmente rilevante: la fascia d’età tra i 5 e i 16 anni incide per il 19,8% della popolazione italiana di quell’età (nella fascia 11-12 anni raggiunge il picco del 24,6%)2.

1.1 L’

INQUADRAMENTO ALL

INTERNO DELL

ORDINAMENTO ITALIANO

1.1.1 La creazione del CONI e la Figc

L’intero movimento sportivo in Italia è governato dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano, costituito con la legge 16 febbraio 1942, n. 426 e successive modificazioni. A tale organo, avente

1 2016. Formiche. [Online], Il peso del calcio nell’economia italiana. 2 FIGC; Arel; Pwc, 2017. ReportCalcio 2017

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personalità giuridica e sede in Roma, vengono attribuiti «l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale e l'indirizzo di esso verso il perfezionamento atletico con particolare riguardo al miglioramento fisico e morale» (art.2), provvedendo «alla conservazione, al controllo ed all'incremento del patrimonio sportivo nazionale; coordinando e disciplina l'attività sportiva comunque e da chiunque esercitata; inoltre ha il potere di sorveglianza e di tutela su tutte le organizzazioni che si dedicano allo sport e ne ratifica, direttamente o per mezzo delle Federazioni Sportive Nazionali, gli statuti ed i regolamenti; in più appronta gli atleti ed i mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali, con riguardo alla preparazione olimpionica o per il raggiungimento di altre finalità. Il CONI si articola inoltre in una serie di organi subordinati, le Federazioni, le quali sono preposte alle diverse discipline sportive. In particolare è la Federazione Italiana Giuoco Calcio l’associazione che riunisce le società, le associazioni e tutti gli altri organismi che hanno il fine di praticare il gioco del calcio in Italia. La FIGC viene fondata a Torino il 15 marzo 1898 e mantiene il nome originale, cioè Federazione Italiana del Football, fino al 1909: sette furono le società invitate a far parte della fase costituente dell’associazione, anche se poi alcune si “dirottarono” sulla Federazione ginnica. La FIGC venne riconosciuta dalla FIFA, la Federazione internazionale, nel 1905 e fa parte della UEFA, la confederazione europea, sin dalla sua nascita nel 1954.

L’attività della FIGC è quella di dirigere e supervisionare le attività delle Nazionali e supervisionare le leghe che organizzano i campionati, a partire da quelli professionistici fino ai dilettantistici di livello interregionale, agendo tramite una rete regionale e provinciale di Comitati. Inoltre la Federazione disciplina l’affiliazione delle società, delle associazioni e degli organismi, oltre a svolgere anche attività di studio e di qualificazione per la diffusione e il miglioramento della tecnica, della tattica e dell’aspetto sociale del gioco del calcio. Oltre alle tre grandi Leghe (Nazionale Professionisti, Lega Pro e Lega Nazionale Dilettanti), la FIGC vede all’interno della propria organizzazione il Settore Giovanile e Scolastico, preposto all’organizzazione del calcio giovanile entro la maggiore età, l’Associazione Italiana Arbitri, il Settore Tecnico e le varie associazioni sindacali rappresentanti delle diverse categorie, come l’Assocalciatori e l’Associazione Italiana Allenatori di calcio.

1.1.2 La riforma del 1966

In origine le società di calcio nascono dall’aggregazione di un numero di praticati un determinato sport, come accade spesso anche oggi per molte discipline e associazioni sportive. Giuridicamente le associazioni sportive erano inquadrate nel più ampio raggruppamento delle associazioni non

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riconosciute, quindi non godevano di personalità giuridica e gli associati, tramite apporti di capitale, potevano creare un fondo comune con il quale approntare le spese per portare avanti la gestione e praticare le attività sociali. La mancanza di personalità giuridica esponeva quindi il fondo comune prima e le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione alle eventuali rivalse di terzi.

Pur non avendo finalità lucrativa e non essendo una società vera e propria, l’associazione non riconosciuta era inizialmente, ed è tutt’ora per lo sport dilettantistico, il miglior strumento per poter svolgere attività sportiva. La gestione e l’amministrazione, relativamente agli enti calcistici, era però insufficiente perché mancavano in sostanza le norme fondamentali per quanto riguarda la chiarezza, la correttezza e la trasparenza, nonostante per lo meno inizialmente le cifre che ruotavano intorno alle associazioni sportive erano di modesta entità3.

I problemi più importanti cominciano a nascere intorno agli anni ’60. Il sempre più importante ruolo sociale e sportivo porta alla proliferazione di moltissimi club calcistici, i quali diventano sempre più economicamente rilevanti. Con la nascita della UEFA negli anni ’50 si intensificano anche le competizioni ufficiali a livello europeo (la prima Coppa dei Campioni si svolse nella stagione 1955/56 con quelli che erano indicati come i 16 migliori club del momento, mentre il criterio della selezione tramite campionato entrò in vigore dall’anno successivo), quindi il tasso tecnico aumenta e con questo anche l’internazionalizzazione della disciplina. Inoltre con l’avvento della televisione, unita alle già presenti trasmissioni radiofoniche, si fa sempre più vivo l’interesse dei media nel seguire le vicende delle squadre sia in ambito nazionale e internazionale, mentre dal punto di vista prettamente economico aumentavano sempre più fortemente il livello di indebitamento e i disavanzi di gestione.

La crisi che coinvolge l’intero sistema può essere quindi ricondotta a due principali cause4:

1. L’inadeguatezza organizzati delle società, che rispondevano ancora all’ordinamento sotto forma di associazione non riconosciuta e sottostavano al divieto di finalità lucrativa. Le

3 Tanzi, A., 1999. Le società calcistiche: implicazioni economiche di un gioco. Torino: Giappichelli. 4 Ferrari, E. R., s.d. Il bilancio delle società sportive professionistiche.

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dimensioni raggiunte dal fenomeno calcistico erano tali che questa forma era diventata decisamente limitativa e la stessa associazione spesso non riusciva a fare fronte alle spese crescenti dell’attività, passando quindi da una logica in cui erano gli associati a provvedere tramite contributo al sostentamento delle attività ad una ottica sempre più rivolta al mercato, intravedendo sempre di più un senso di imprenditorialità (la prima sponsorizzazione riconosciuta pubblicamente, seppur vietata ancora dalle norme federali, fu quella del Lanerossi Vicenza S.S. nel 1967);

2. La gestione era sostanzialmente improntata ad una improvvisazione o incapacità di coloro che ne erano interessati.

La necessità era quindi quella di trasformare le associazioni sportive, uniche rappresentanti fino ad allora del calcio in Italia, in vere e proprie società che potessero quindi perseguire finalità lucrative secondo una ottica imprenditoriale. Tuttavia sussisteva un ostacolo a questo cambiamento: l’art. 25 del regolamento del CONI, il quale affermava che le società e le associazioni sportive non potevano appunto avere finalità di lucro.

Il crescente carattere professionistico nel calcio e la necessità di una gestione più efficace ed efficiente porta la FIGC ad approvare, nel 1966, due provvedimenti finalizzati a superare la forma di associazione sportiva per arrivare a quella societaria, andando quindi ad attribuire ai club personalità giuridica, condizione peraltro necessaria per potersi iscrivere l’anno successo alle competizioni.

Questa riforma, essenzialmente promossa per garantire l’applicazione di una serie di disposizioni legate alla trasparenza del bilancio, porta comunque a configurarsi un tipo di società per azioni anomalo, in quanto non era ammesso il fine di lucro. Viene infatti prevista la destinazione di eventuali utili di bilancio nel quadro delle finalità di carattere sportivo perseguite dalla società: si riconosce da una parte la possibilità di generare ricchezza attraverso l’esercizio di una attività sportiva, andando a configurare un lucro oggettivo, ma senza poter distribuire questo utile tra i soci, in qualsiasi forma, vietando di fatto il lucro soggettivo.

La riforma del 1966 tuttavia non porta i risultati inizialmente sperati, principalmente per la forma anomala di società per azioni: il disavanzo complessivo delle società delle prime due serie professionistiche aumenta, nell’arco di un decennio, da 18 miliardi di lire a 86 miliardi. Per compensare i costi crescenti della gestione era frequente il conferimento da parte dei presidenti,

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dirigenti e enti locali, nonostante si cercasse di “fare cassa” tramite le plusvalenze derivanti dalla cessione dei calciatori.

1.1.3 Lo sport professionistico e il fine di lucro per le società

Al fine di superare i problemi che si erano evidenziati con la riforma FIGC del 1966, il Legislatore interviene tramite una legge emanata dal Parlamento, la l. 23 marzo 1981, n.91, «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti».

Vengono infatti elaborate una serie di disposizioni che dovevano andare a risolvere le varie difficoltà gestionali e di bilancio che si erano evidenziate negli anni precedenti dai vari club calcistici; in particolare questo intervento va a disciplinare tutte le società sportive professionistiche e viene giuridicamente riconosciuto il lavoro sportivo, e nasce la figura dello sportivo professionista. Con la riforma del 1966, e nel contesto generale antecedente la legge 91/81, i legami tra società e calciatori potevano essere disciplinati da due rapporti:

• Il rapporto di lavoro sportivo, il quale nasceva dal contratto di ingaggio del calciatore e sulla base di questo veniva definito il rapporto che spettava al calciatore a fronte della prestazione sportiva prevista;

• Il rapporto di vincolo sportivo, con il quale la società si assicurava in via esclusiva le prestazioni sportive di un calciatore a tempo indeterminato, finché non terminava la sua carriera agonistica, con la possibilità ovviamente di precludere allo stesso calciatore di poter “giocare” per un’altra società sportiva.

La libertà contrattuale dell’atleta professionista viene garantita tramite l’abolizione del vincolo sportivo all’art.26, che specifica come «Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come «vincolo sportivo» nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società.» All’art.3 viene disciplinata la prestazione sportiva dell’atleta, che « costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme», nonostante allo stesso articolo si identifichi anche la possibilità di lavoro autonomo legato però a specifici requisiti (a patto che: l'attività sia svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la

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frequenza a sedute di preparazione od allenamento; la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno). Il rapporto di prestazione sportiva viene costituito «a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all'accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.». All’art.5 viene inoltre definita la possibilità di inserire all’interno del contratto un vincolo temporale per la scadenza del contratto, che viene fissata a massimo cinque anni dalla data di inizio del rapporto.

Una ulteriore novità introdotta dalla 91/81 riguarda la forma sociale che può essere assunta dalle società: non più esclusivamente la società per azioni, ma anche la società a responsabilità limitata, giuridicamente regolata nel Capo VII del Libro V del Codice Civile.

In ogni caso nemmeno questa norma porta ad introdurre il fine di lucro per le società professionistiche, anzi la legge nega espressamente la possibilità di lucro soggettivo amplificando l’effetto della norma federale del 1966, in particolare all’art.10 che prevede come «l’atto costitutivo deve prevedere che gli utili siano interamente reinvestiti nelle società per il perseguimento dell’attività sportiva». Proprio questa divisione netta tra reddito dell’impresa e dividendo dell’imprenditore non riconosciuto è stata indicata5 come una delle cause che ha portato

all’impossibilità delle società sportive di non riuscire a produrre risultati positivi in maniera stabile. L’ottica aziendalistica conferma questa tesi, affermando come l’impossibilità di remunerare il capitale investito non porta sostanzialmente all’attivazione di un meccanismo di autocontrollo che avrebbe benefici sull’attività esercitata.

Tuttavia per limitare le possibili insolvenze societarie, e i problemi di trasparenza che si erano evidenziati nei decenni precedenti, la stessa legge impone alle società sportive controlli molto pesanti da parte delle federazioni, controlli di merito e preventivi, i quali tuttavia vanno a vanificare

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la presenza all’interno delle società sportive del collegio sindacale, previsto obbligatoriamente per tutte le s.s. in deroga all’articolo 2488 del Codice Civile.

Allora perché si investiva ugualmente nelle società sportive, se non c’era la possibilità di veder remunerato neppure in piccola parte il capitale investito? Il ritorno che poteva avere un imprenditore poteva essere esclusivamente a livello pubblicitario, per lui e per la sua azienda, e i risultati sportivi ottenuti non erano l’obiettivo finale ma soltanto un mezzo attraverso il quale potesse aumentare il prestigio e la conoscenza delle imprese degli individui coinvolti nelle alte sfere societarie.

La legge 91/81 ha disciplinato le attività calcistiche per oltre 15 anni, durante i quali si sono fatti sempre più forti gli aspetti economici e imprenditoriali, sottolineando la necessità di una riforma anche a fronte dei numerosi fallimenti avvenuti a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. In corrispondenza anche della pronuncia da parte della Corte di Giustizia europea riguardo la cosiddetta «sentenza Bosman», da parte della FIGC e del Legislatore si ha una spinta verso il cambiamento. Questo cambiamento, dopo una serie di tentativi da parte del Parlamento, arriva con il D.L. 20 settembre 1996, n. 485, che ha convertito con modificazioni la legge 18 novembre 1996, n. 586 «Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche». Tale decreto ha accolto in parte le richieste comuni che provenivano dai club, eliminando in particolare l’obbligo di reinvestimento degli utili per approntare l’attività sportiva, andando così a configurare le società sportive, in particolare quelle legate al mondo del calcio, come delle vere e proprie società di capitali, siano esse per azioni o a responsabilità limitata, andando a superare quella anomalia riscontrata nei decenni precedenti. L’obiettivo più o meno dichiarato è quello di portare le società sportive ad adottare criteri imprenditoriali nella gestione, tipici di ogni altro tipo di azienda. Proprio a questo fine, oltre a garantire quindi un lucro sia oggettivo che soggettivo, vengono intensificati i controlli sull’operato delle società: se da una parte si mantengono quelle che sono le disposizioni dettate dal Codice Civile, obbligando tutte le società sportive professionistiche a istituire il collegio sindacale, dall’altra viene confermato il controllo della gestione amministrativa alle varie federazioni sportive, in particolare per quanto riguarda il calcio lasciando alla Co.Vi.So.C. (acronimo di Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche) i compiti di verifica del solo equilibrio finanziario con lo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati.

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1.1.4 Il rapporto tra calciatore e società: il vincolo sportivo e la «sentenza

Bosman»

Il vincolo sportivo era quel vincolo che attribuiva ad un ente sportivo il diritto di avvalersi in modo esclusivo delle prestazioni di un atleta, escludendo di fatto la possibilità per il soggetto in questione di prestare la propria opera al servizio di altre società.

La nascita del vincolo sportivo si ha in Inghilterra, dove la Football League stabilì come una volta firmato il contratto con una determinata società, l’atleta non avrebbe più potuto fornire le proprie prestazioni, “trasferirsi” ad un altro club senza l’assenso di quello di appartenenza. Già nel 1863 però venne dichiarata l’illegittimità del vincolo “perenne”, limitando quindi la durata degli impegni contrattuali a uno o due anni: se la società non avesse provveduto ad esercitare una opzione che avrebbe esteso la durata del contratto, il calciatore sarebbe stato libero di scegliersi un’altra società alla quale appartenere.

In Italia il vincolo sportivo, che in determinate situazioni permane ancora tutt’oggi, si costituiva con il tesseramento di un giocatore presso una società sportiva affiliata alla FIGC. Da tenere distinto era tuttavia il “contratto di ingaggio”, che era l’istituto attraverso il quale si configurava il rapporto di lavoro vero e proprio tra la sportiva e il calciatore. Dal 1978/79 per otto stagioni il trasferimento del vincolo era possibile ma era subordinato a tre consensi, quelli della società cedente, della società cessionaria e del calciatore professionista, mentre si poteva sciogliere esclusivamente per volontà della società o per l’inattività volontaria del calciatore. La prima ipotesi si poteva configurare soltanto in caso di mancata iscrizione della squadra al campionato per vari motivi (rinuncia, ritiro, radiazione), mentre nel secondo caso si aveva soltanto nel caso in cui il calciatore intraprendesse una onerosa procedura di dichiarazione di inattività: il calciatore era quindi posto in una situazione subordinata alla volontà della società di appartenenza, alla stregua di un oggetto, in quanto una sua eventuale opposizione al trasferimento non portava ad una rottura del vincolo in essere.

La sempre più marcata insufficienza di potere contrattuale e la necessità di garantire al calciatore la libertà personale, assieme alla sentenza 14 luglio 1976 della Corte di Giustizia europea porta all’abolizione del vincolo sportivo tramite l’art. 16 della legge 23 marzo 1981, n.91. Le società erano tenute, vista l’abolizione del vincolo sportivo nell’arco dei successivi cinque anni, ad ammortizzare nello stesso lasso di tempo il valore residuo dei costi sostenuti per l’acquisto dei calciatori che avessero avuto il vincolo a tempo indeterminato. La figura del calciatore quindi muta, passando da una situazione in cui egli non poteva essere detentore del proprio cartellino ad un regime

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contrattualistico, con il quale può andare a stipulare un nuovo contratto in altra sede; il calciatore non è più un “oggetto” di scambio delle varie società ma si identifica come un vero e proprio soggetto giuridico. Tuttavia sostanzialmente, almeno nella formulazione originale della legge, questo vincolo alla libertà contrattuale rimaneva in quanto era prevista l’”indennità di preparazione e promozione” dall’art.6, la quale prevedeva una sorta di conguaglio-risarcimento che la società firmataria del nuovo contratto doveva versare all’ultimo club dilettantistico nel quale avesse militato il calciatore. Nonostante il senso dell’indennità fosse quello di reintegrare i costi sostenuti da parte delle società per la crescita dei calciatori, l’ammontare del conguaglio poteva essere molto elevato e il calciatore, /una volta svincolato dalla società precedente, poteva scegliere di accasarsi presso una delle società che erano disposte a pagare questa somma.

La svolta definitiva si ha solamente quasi 15 anni dopo la legge 91/81, infatti soltanto con la “sentenza Bosman” si avrà anche l’abolizione dell’indennità di preparazione e promozione: il calciatore quindi sarebbe stato libero di scegliere la destinazione futura, mentre le società erano costrette, a fini economico-finanziari, a non poter più godere di tale beneficio.

Nel 1995, il belga Jean-Marc Bosman era in forza al RFC Liegi malgrado un contratto scaduto nel 1990.La sua volontà di passare al francese Dunkerque fu però vanificata, in quanto la società transalpina non offrì una contropartita sufficiente in denaro. Posto intanto fuori rosa, Bosman si rivolse alla Corte che – in base all'articolo 39 dei Trattati di Roma – dichiarò restrittivo il sistema dell'epoca. Il 15 dicembre fu approvata una nuova norma, in base alla quale i calciatori dell'Unione europea potevano trasferirsi gratuitamente, alla scadenza del contratto, ad un altro club purché facente parte di uno Stato dell'UE. Inoltre se il contratto corrente avesse una durata residua non superiore al semestre, il calciatore può firmare un precontratto gratuito con la nuova società.6

La Corte d’appello di Liegi, competente territorialmente per la richiesta del calciatore, era inizialmente propensa a rigettare le richieste del calciatore, tuttavia nel mentre inoltrò alla Corte di

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Giustizia europea la richiesta di interpretazione del Trattato della Comunità europea su due questioni: la possibilità per una società di pretendere il pagamento di una somma in caso di ingaggio di un giocatore appartenuto alla stessa seppur dopo la scadenza del contratto; le limitazioni poste da parte delle varie federazioni nazionali al numero di giocatori stranieri, seppur cittadini di Stati aderenti alla Comunità Europea.

La sentenza arrivò il 15 dicembre 1995 accogliendo il ricorso del calciatore belga, provocando sostanzialmente un terremoto nel mondo del calcio. Le limitazioni sui calciatori stranieri vennero eliminate, in quanto sostanzialmente ledevano il diritto alla libera circolazione dei lavoratori, in questo caso calciatori in società appartenenti agli stati della Comunità Europea, sia a livello internazionale quanto a livello nazionale (per quanto riguarda l’indennità di preparazione). Inoltre venne dichiarato illegale porre un limite al numero di stranieri comunitari da poter schierare in campo. Questa sentenza, a distanza di oltre 20 anni, porta tutt’ora cambiamenti spesso radicali nelle composizioni degli organici delle società professionistiche, sempre più alla ricerca di calciatori esteri più “economici” rispetto a quelli italiani, e per il calciatore ha aperto nuove opportunità professionali: la possibilità di spostarsi all’interno degli Stati UE senza limitazioni di sorta alla ricerca di nuove sfide sportive.

“[…] l'esterofilia parossistica del campionato italiano è testimoniata dal quinto posto per l'impiego dei calciatori stranieri: soltanto le leghe cipriota, inglese, portoghese, belga, italiana e turca - nell'ordine - superano la soglia del 50% (52,2%). L'Italia, insomma, è in cima alla graduatoria di chi trascura i propri talenti. Ma il dato diventa addirittura imbarazzante […] sulla percentuale dei calciatori provenienti dai vivai. Qui l'ultimo posto non ce lo toglie nessuno, con una percentuale ben al di sotto del 10% (7,8), lontano dalla Germania (14,7), dall'Inghilterra (17,5), dalla Francia (21,1) e naturalmente dalla Spagna (25,6). A poco vale il parziale cambio di rotta del Milan, che ha finalmente lanciato tre giovani azzurri: i ventenni El Shaarawy e De Sciglio, oltre al ventiduenne Balotelli, ripescato dalla Premier League. Nel caso dei due attaccanti, però, si tratta di calciatori cresciuti altrove e poi acquistati a caro prezzo. Se ne evince che il ritardo formativo accumulato dai grandi club italiani, rispetto a quelli stranieri che allevano in casa i propri talenti (Barcellona e Manchester United su tutti), difficilmente potrà essere colmato in tempi brevi.

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1.2 I

CONTROLLI SULLE SOCIETÀ

Il Legislatore ha previsto, già nell’evoluzione normativa sviscerata nelle pagine precedenti, che le federazioni sportive potessero e dovessero esercitare un controllo stringente sulle società professionistiche in generale, con lo scopo di mantenere la stabilità finanziaria delle stesse in una ottica di svolgimento regolare delle competizioni sportive alle quali queste partecipavano.

Le federazioni sportive nazionali sono associazioni con personalità giuridica di diritto privato e sono rette da norme statutarie e regolamentari, in particolare svolgono le attività sportive in armonie con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato Olimpico Internazionale, delle federazioni internazionali e del Comitato Olimpico nazionale. La Federazione Italiana Giuoco Calcio viene definita come “«associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato avente lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività del giuoco del calcio e gli aspetti ad essa connessi [ …] è l’associazione delle

società e delle associazioni che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia [...] è l’unica federazione sportiva italiana riconosciuta dal Coni, dall’Union des Associations Européennes de Football (Uefa) e dalla Fédération Internationale de Football Association (Fifa) per ogni aspetto riguardante il giuoco del calcio in campo nazionale e internazionale»7

In particolare, ai sensi dell’art. 10, quarto comma, legge n.91 del 1981, prima di procedere al deposito dell’atto costitutivo, ogni società deve necessariamente ottenere l’affiliazione da una o più federazioni nazionali riconosciute dal Coni, nel caso particolare del gioco del calcio dalla Figc. Questa affiliazione comporta una serie di obblighi di trasparenza e comunicazione: all’art. 11 si obbligano le società a dare tempestiva comunicazione di ogni variazione riguardante lo statuto o di modifiche degli amministratori e dei revisori dei conti, al massimo entro 20 giorni dalla deliberazione. Inoltre all’art. 15 si introducono obblighi di comunicazione riguardanti le società di calcio quotate in Borsa, le quali “sono tenute a comunicare, entro le 48 ore, i mutamenti nella loro partecipazione quando questi superino il 2% del capitale sociale; le successive variazioni nelle partecipazioni devono essere comunicate entro 30 giorni da quello in cui la misura dell’aumento o della diminuzione ha superato

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la metà della percentuale stessa o la partecipazione si è ridotta entro il limite percentuale. Qualora il capitale di dette società sia detenuto direttamente o indirettamente in misura superiore al 10% da società di capitali, la Figc può chiedere alla propria affiliata la comunicazione dei documenti atti a identificare le persone fisiche che lo detengono”.

Le federazioni sportive nazionali, al fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, possono procedere in caso di gravi irregolarità riscontrate alla revoca dell’affiliazione, inibendo di fatto le società dallo svolgimento di attività sportiva (art. 10, legge 91 del 1981).

1.2.1 La Co.Vi.So.C.

Per quanto riguarda il caso specifico del calcio, la Figc esercita la propria funzione di controllo della gestione delle società professionistiche ad essa affiliate tramite la Commissione per la vigilanza e il controllo delle società calcistiche professionistiche (Co.Vi.So.C). Ai sensi degli articoli 79, 80 e 81 delle Noif (Norme organizzative interne della Figc) alla Co.Vi.So.C. sono attribuite funzioni di controllo sulla gestione economico-finanziaria delle società di calcio professionistiche, che viene svolta sia mediante la richiesta di dati e documenti sia tramite ispezione presso le società.

Al fine di consentire la vigilanza sulla gestione, e per garantire un elevato grado di trasparenza, la Commissione ha previsto l’adozione da parte delle società di un piano dei conti obbligatorio e la redazione di situazioni periodiche infrannuali (a cadenza trimestrale: 30/09, 31/12, 31/3, 30/6). Sulla base di queste informazioni viene poi compilato un particolare prospetto, denominato “Prospetto Ricavi/Indebitamento”.

Il Prospetto è uno strumento che, partendo appunto dalle situazioni contabili infrannuali, rivolge la sua attenzione solo ai dati di bilancio rappresentativi della situazione dell’indebitamento e dei ricavi caratteristici.

I ricavi che devono essere presi in considerazione per il Prospetto, a norma dell’art. 85 delle Noif, sono:

• gli incassi lordi da gare, compresi gli abbonamenti ed i proventi da sponsorizzazioni;

• i proventi derivanti dalle convenzioni con Enti e società radio-televisive e altri relativi ad operazioni di pubblicità e concessioni varie;

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• i ricavi, comprensivi delle plusvalenze da negoziazione dei diritti alle prestazioni dei calciatori (ivi compresi i premi di valorizzazione ed i proventi da compartecipazione) al netto delle perdite sopportate per il medesimo titolo;

• i ricavi derivanti dalla cessione temporanea del diritto alle prestazioni di calciatori al netto delle perdite sopportate per il medesimo titolo.

Ad essi devono essere aggiunti i ricavi derivanti da contributi periodici, sia federali, sia dei soci, sia di Enti vari corrisposti con carattere di continuità da almeno tre esercizi.

L'indebitamento da considerare ai fini del calcolo del denominatore del rapporto comprende tutti i debiti e gli impegni verso terzi di qualsiasi natura, fatta eccezione per debiti infruttiferi e postergati verso soci, nonché per debiti di compartecipazioni ex art. 102 bis, sino ad un importo corrispondente al valore delle stesse iscritte nell'attivo dello stato patrimoniale. I debiti verso l’Erario sono indicati al netto degli eventuali crediti compensabili entro i dodici mesi successivi alla data dell’insorgenza. In caso di rateizzazione dei debiti verso l’Erario e/o verso gli Enti Previdenziali, si tiene conto delle rate correnti nonché di quelle in scadenza nella stagione sportiva successiva. I debiti sono, inoltre, ridotti dell'ammontare delle attività finanziarie con scadenza non superiore a 12 mesi, risultanti nella contabilità sociale alle voci “Disponibilità liquide” e “Altri titoli”. È vietata qualsiasi forma di compensazione volontaria fra debiti e crediti.

L’eventuale mancato rispetto del rapporto ricavi/indebitamento al 31 marzo o al 30 settembre, nella misura minima di 3 unità di ricavo per 1 unità di indebitamento può comportare, con provvedimento motivato della Co.Vi.So.C, la mancata ammissione delle società ad operazioni di acquisizione dei calciatori, a patto che le acquisizioni trovino totale copertura a) in contratti di cessione calciatori con altre società affiliate alla F.I.G.C., precedentemente o contestualmente depositati; b) in versamenti in conto futuro aumento di capitale irreversibili all’uopo effettuati. Il provvedimento sarà poi revocato, su istanza della società, se ristabilito il rapporto ricavi/indebitamento nella misura minima.

Nell’eventualità quest’indice assuma valori di rischio prima dell’iscrizione al campionato, andando ad indicare un grave squilibrio debitorio, la Commissione può provvedere al rigetto della richiesta di partecipazione ai campionati da parte delle società, che saranno quindi escluse.

Ogni anno sempre la stessa storia. Il calcio italiano riflette la crisi economica del nostro Paese e la Lega Pro, che da quest’anno torna all’antico con la storica

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denominazione di serie C, deve fare i conti con nuovi fallimenti che ogni estate rendono più complicata la composizione dei 3 gironi da 20 squadre. Ricordiamo che sono già fallite due società: il Como per mancata iscrizione e il Latina (già fallito durante lo scorso campionato di serie B e poi retrocesso).

In difficoltà dal punto di vista finanziario c’erano Akragas, Maceratese, Mantova e Messina e dopo le verifiche effettuate dall’Osservatorio Federale del Co.Vi.So.C, rischiano di non iscriversi anche Arezzo, Fidelis Andria, Juve Stabia e Modena. Le otto società sono state quindi escluse in prima istanza e ovviamente c’è già chi spera nel ripescaggio.

Ricordiamo di seguito le scadenze che i club dovevano rispettare per ottenere l’iscrizione al campionato.

30 giugno: consegna della documentazione che attestava gli avvenuti pagamenti di tutti gli emolumenti e/o risanamento di eventuali debiti, più versamento di 30 mila euro per l’iscrizione al campionato.

5 luglio: pagamento della fidejussione della somma pari a 350 mila euro. 7 luglio: ultima proroga al pagamento di suddetta fidejussione, documentazione di pareggio di bilancio, relativi pagamenti di stipendi e tasse ai rispettivi tesserati.8

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2 A

SSETTI ECONOMICO

-

FINANZIARI E

G

OVERNANCE

DELLE SOCIETÀ

2.1 I

L BILANCIO DELLE SOCIETÀ SPORTIVE

Negli ultimi quindici anni l’interesse verso l’economia e la gestione delle società di calcio professionistiche è notevolmente aumentato, nonostante la crisi economico-finanziaria e sportiva attraversata da molti club durante lo stesso periodo. Infatti la correttezza delle competizioni sportive è stata sempre più influenzata da fattori che vanno oltre al mero gioco del calcio, tanto che è andato man mano aumentando il divario tra le squadre top a livello europeo e tutti gli altri club: da una parte i top-8 d’Europa, dall’altra i club di prima e seconda divisione che cercano a volte a stento di sopravvivere.

Ormai è appurato come le società calcistiche possano essere considerate imprese a tutti gli effetti. Esse operano in un contesto dominato da più tipi di diritti, passando da quello comune (in particolare il Codice Civile) a quello speciale e di tipo federale. Proprio come ogni altro tipo di impresa, le società professionistiche devono

• operare secondo una logica temporale, quindi essere orientate a perdurare nel tempo, operando in condizioni di funzionamento tali da garantire una durata nel tempo a fronte delle mutevoli condizioni dell’ambiente;

• operare in autonomia;

• rispettare il principio di economicità, operando in modo efficace ed efficiente.

Duplice è anche il ruolo assunto dalle società sportive, che da un lato si pongono sul mercato come produttori di un bene, rappresentato dalle partite giocate nei confronti dei tifosi che accorrono allo stadio o davanti alla tv, e al contempo datori di lavoro dei propri lavoratori subordinati, cioè i

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calciatori. Nonostante questo il prodotto offerto non è comune, in quanto questo è caratterizzato da una serie di elementi9:

• senso di appartenenza e passione; • forte connotazione sociale;

• produzione congiunta tra i competitor in cui poca rilevanza assumono i fattori concorrenziali o di sostituibilità;

• atipicità dei meccanismi concorrenziali;

• incertezza e indeterminatezza del risultato sportivo.

Dato che il prodotto sviluppato, quello spettacolo sportivo seguito dalla maggior parte della popolazione italiana, rappresenta il fulcro fondamentale del valore della produzione per le società professionistiche, importante è la figura degli stakeholders che sono a vario titolo interessati alle vicende societarie e al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Molteplici sono le categorie di interlocutori, interessati a vario titolo alle vicende di una società professionistica di calcio:

• i soci: le società professionistiche, a norma di legge, sono tutte società di capitali quindi il capitale sociale è diviso in azioni (per le Spa) o in quote (S.r.l.);

• i calciatori professionisti: dipendenti della società in quanto legati ad essa tramite un contratto di lavoro subordinato. Essi percepiscono un emolumento e quindi sono interessati alle sorti aziendali;

• i giovani calciatori;

• le altre società calcistiche: nonostante sorta sul campo una competizione tra due squadre, è forte anche l’aspetto collaborativo legato a molteplici fattori, come le maggiori decisioni prese in seduta comune presso le assemblee delle Leghe competenti, arrivando all’organizzazione extra-calcistica di ogni incontro. Inoltre i club sono interessati vicendevolmente alle questioni economico-finanziarie per il trasferimento dei giocatori.

9 Gravina, G., 2011. Il bilancio d'esercizio e l'analisi delle performance nelle società di calcio professionistiche. Esperienza

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• I fornitori e i consulenti;

• Il pubblico, che può essere ulteriormente diviso in:

o Spettatori generici, i quali guardano al prodotto calcio come un puro servizio; o I tifosi, parte integrande del gioco del calcio, al quale guardano meno da un punto di

vista economico-finanziario e più da un punto di vista passionale, interessandosi prevalentemente ai risultati sportivi;

• Altre imprese, come quelle di sponsorizzazioni, pubblicitarie o che comunque si legano alle varie società tramite rapporti di tipo commerciale;

• I mezzi di comunicazione, che hanno assunto e continuano ad assumere sempre più un peso fondamentale sia nella gestione societaria sia in quella sportiva;

• La pubblica amministrazione, coinvolta in particolare negli ultimi anni per la repressione di atteggiamenti negativi al fine di assicurare una corretta e incolume fruizione del prodotto dal punto di vista dello spettatore;

• I finanziatori, cioè tutte quelle istituzioni e quegli enti coinvolti in sostegno di tipo economico-finanziario alle società. L’importanza e il peso degli istituti di credito soprattutto nell’ultimo decennio ha assunto ruoli particolarmente rilevanti anche nella governance stessa;

• Gli investitori istituzionali, in particolar modo per le società quotate in Borsa, nonostante recentemente si assista anche in Italia a sempre più frequenti acquisizioni di quote e azioni da parte di fondi esteri.

• Le istituzioni e gli organismi di gestione e controllo.

Il bilancio di esercizio rappresenta quindi il principale strumento per una valutazione delle performance economico-finanziarie, utilizzabile dall’imprenditore per capire la portata e la rilevanza delle sue decisioni sugli obiettivi aziendali e dagli stakeholder per interpretare l’andamento della gestione.

Nell’ultimo decennio la struttura dei bilanci delle società calcistiche è notevolmente mutata, ma ha sempre mantenuto un collegamento tra gli aspetti contabili e la sua funzione informativa. La regolamentazione del bilancio dell’impresa calcistica trova la propria definizione tramite due binari: • Dal punto di vista civilistico attraverso le disposizioni richiamate all’interno del Codice Civile e la prassi contabile; la stabilità normativa è garantita da una regolamentazione basata sul risultato.

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• Nel quadro regolamentare sportivo predisposto dai vari organi competenti, a livello nazionale il Coni e la Figc, a livello internazionale Cio, Fifa e Uefa.

Riguardo la Figc, le norme cui le società professionistiche sono soggette sono raccolte in una pubblicazione denominata “Carte federali”, pubblicata e aggiornata annualmente, che comprende disposizioni di varia natura e portata: lo Statuto della Federazione, le Norme organizzative interne (Noif), il Codice di Giustizia sportiva, il Regolamento della Lega Nazionale Professionisti, le Raccomandazioni Contabili Federali. A questi successivamente si è aggiunto il Sistema delle licenze Uefa, di cui parlerò più avanti.

Strumento fondamentale, che rappresenta tutt’ora un riferimento per le società nella predisposizione dei prospetti annuali contabili è il Piano dei Conti Federale, introdotto per la prima volta nel 1987, con il fine di rendere omogeneo il lavoro dei redattori dei bilanci e per facilitare la valutazione e il controllo delle dinamiche gestionali dei vari club. A seguito è stato più volte aggiornato al fine di uniformare il Piano alle disposizioni del Codice Civile riguardo i valori economico, finanziari e patrimoniali delle operazioni caratteristiche. Nelle ultime versioni sono state introdotte nuove voci di bilancio tipiche delle società calcistiche, in particolare legate al diverso trattamento dei proventi e degli oneri derivanti dalla cessione dei calciatori, necessarie per permettere un confronto chiaro e veloce attraverso la lettura del Conto Economico.

Sono previste nove classi di conti, ciascuna delle quali può essere ricollegata alle tabelle civilistiche: 1. Fonti di finanziamento durevoli:

0. Patrimonio netto 1. Fondi per rischi e oneri 2. Trattamento di fine rapporto 3. Obbligazioni ordinarie e convertibili 4. Debiti

5. Debiti collegati a partecipazioni 2. Immobilizzazioni:

0. Immobilizzazioni immateriali 1. Immobilizzazioni materiali 2. Immobilizzazioni finanziarie 3. Rimanenze:

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0. Rimanenze iniziali 1. Rimanenze finali 4. Crediti e debiti correnti:

0. Crediti

1. Crediti verso società di gruppo 2. Crediti tributari

3. Crediti diversi 4. Altri valori attivi 5. Debiti commerciali 6. Debiti diversi 7. Altri valori passivi 5. Liquidità:

0. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni 1. Disponibilità liquide

6. Conti accesi ai costi:

0. Costi della produzione 1. Costi per il personale

2. Ammortamenti e svalutazioni

3. Altri costi di produzione e di esercizio 4. Interessi e altri oneri finanziari

5. Rettifiche di valore di attività finanziarie 6. Oneri straordinari

7. Operazioni relative al reddito imponibile 7. Conti accesi ai ricavi:

0. Valore della produzione 1. Proventi da partecipazioni 2. Altri proventi finanziari

3. Rettifiche di valore di attività finanziarie 4. Proventi straordinari

8. Conti di risultato:

0. Conto economico di esercizio 1. Stato patrimoniale di apertura

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2. Stato patrimoniale di chiusura 9. Conti d’ordine:

0. Garanzie prestate a terzi

1. Opzioni per diritti alle prestazioni 2. Canoni di leasing

3. Factoring pro solvendo.

Il Piano dei Conti ha valenza esclusivamente federale, in quanto non esiste una normativa nazionale specifica per le società calcistiche che quindi sono obbligate esclusivamente alla redazione del bilancio secondo i dettami civilistici, e serve appunto alla Figc per le attività di controllo e verifica della situazione economico-finanziaria. I club potrebbero provvedere alla redazione di due diversi bilanci che però avrebbero sostanziale coincidenza grazie alle tabelle di conversione e raccordo. La Figc ha inoltre migliorato la propria opera di armonizzazione e unificazione contabile tramite le Raccomandazioni Contabili Federali. Questi strumenti rappresentano delle raccomandazioni di natura tecnico-contabile riguardo degli elementi caratteristici, delle voci tipiche connesse all’attività svolta, e le procedure per contabilizzare tali voci tipiche In particolare troviamo:

1. Diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori 2. Capitalizzazione costi vivaio

3. Compartecipazione ex art. 102-bis Noif 4. Cessioni temporanee di contratto 5. Crediti verso società di calcio 6. Debiti verso società di calcio 7. Versamenti soci

8. Ricavi e proventi delle società calcistiche 9. Premi individuali e collettivi ex art. 93 Noif 10. Riserva ex art. 10 comma 3 della legge 91/81.

La crisi economico-finanziaria che ha colpito il calcio professionistico italiano ha coinvolto anche il quadro strutturale dell’intero comparto; la peculiarità del settore ha sottoposto quindi a diversi adeguamenti il quadro contabile dei bilanci. Due sono state le cause principali che hanno scosso il mondo economico del calcio, la liberalizzazione dei trasferimenti degli atleti professionisti e l’avvento massiccio delle nuove tecnologie per la telediffusione; in conseguenza di ciò è aumentato

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il peso del “parco giocatori” all’interno delle attività immateriali negli stati patrimoniali e nel conto economico i ricavi del matchday sono crollati in favore di altri tipi di entrate.10

Questi cambiamenti hanno influenzato notevolmente anche la stessa visione dei conti delle aziende sportive, che non sono più solamente attori del “gioco del calcio” ma sono produttori di un evento televisivo; in questo contesto il bilancio assume sempre più importanza e diventa uno strumento indispensabile per comprendere le dinamiche operative dei club.

Le peculiarità del bilancio delle società calcistiche vanno esaminate in funzione di tre fattori: a) I destinatari;

b) Le voci di bilancio c) Il sistema dei controlli.

Il coinvolgimento gli stakeholder, sia soggetto portatore di interessi in senso stretto o portatore di capitale di rischio, è capillare e nasce dall’orientamento a investire risorse umane con la finalità di creare ricchezza.

La rappresentazione contabile non differisce da quella di una normale società commerciale, ma presenta due tipicità: il prodotto, consistente nello spettacolo calcistico, e i fattori di produzione, rappresentati dai calciatori.

Le società calcistiche, come già anticipato, hanno obbligo di redigere un bilancio sulla base del Piano dei Conti predisposto dalla Figc, al quale si aggiungono le Raccomandazioni Contabili Federali di obbligatoria applicazione: alla luce di queste indicazioni è possibile individuare, all’interno dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico, alcune voci tipiche.

2.1.1 Le tipicità dello Stato Patrimoniale

Possiamo individuare tre tipologie:

• I diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori;

10Bianchi, L. A. & Corrado, D., 2005. I bilanci delle società di calcio tra diritto comune e norme ad hoc. Analisi giuridica

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• La capitalizzazione dei costi del vivaio; • Gli accantonamenti a scopo mutualistico.

Fino al 2014 erano presenti inoltre le compartecipazioni (ex art. 102-bis Noif), istituto però abrogato dal Consiglio Federale nel maggio 2014.

2.1.1.1 I diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori

Questa voce è forse quella che caratterizza maggiormente le società calcistiche.

I diritti alle prestazioni dei giocatori si ricollegano al rapporto instaurato tra la società e l’atleta professionista alla luce della legge n. 91 del 1981: oltre ad aver abolito il vincolo sportivo, tale norma ha previsto un rapporto di lavoro mediante la stipula di un contratto tra le due controparti. La modificazione di tale rapporto può avvenire tramite la cosiddetta “cessione”, operazione che è di fondamentale importanza per l’attività gestionale-sportiva del club essendo alla base del cosiddetto calciomercato.

La negoziazione tra i club, quella che porta un calciatore a trasferirsi da un club a un altro, consiste essenzialmente nella sostituzione del contratto originario con uno nuovo, successivamente ad un accordo di trasferimento tra le società cedente e cessionaria.

Il problema che sorge in questa fase è: ad essere oggetto della negoziazione tra club è il contratto in sé stesso o l’indennizzo da riconoscere per la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro con la società originaria e la possibilità per la cessionaria di concluderne uno nuovo? La legge 91/81, art. 5 fa espressamente riferimento ad una “cessione del contratto prima della scadenza” e al contempo non ci sono riferimenti riguardanti un accordo tra le società per la risoluzione dell’originario contratto.

Per la contabilizzazione, la Figc ha stabilito tramite le Raccomandazioni Contabili che l’importo corrisposto in questa attività di cessione dei diritti alle prestazioni sportive deve essere qualificato come una posta patrimoniale attiva inclusa tra le Immobilizzazioni immateriali, alla voce B.I.8 Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori. Ciò pone quindi una questione di ammortamento del costo sostenuto in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene, in questo caso il calciatore. Le indicazioni federali prescrivono un ammortamento a quote costanti, per un numero di esercizi corrispondenti alla durata del contratto dal momento in cui questo è divenuto efficace.

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La valutazione dei calciatori ai fini dell’iscrizione in bilancio deve essere effettuata in base al costo risultante dal contratto di trasferimento.

Per quanto riguarda la valutazione di tali immobilizzazioni, devono essere indicati in Nota Integrativa:

a) Il principio contabile con cui sono stati determinati i valori dei diritti; b) Il metodo di ammortamento adottato;

c) I movimenti dei diritti nel corso dell’esercizio, come il costo globale originario, le acquisizioni, le svalutazioni;

d) Gli impegni significativi assunti con altre società per l’acquisizione e/o la cessione dei diritti; e) L’ammontare dei diritti per i quali non è iniziato l’ammortamento e quelli riferiti a calciatori

non utilizzati per infortunio o altre motivazioni.

Dal punto di vista della cedente, a fronte del corrispettivo derivante dalla cessione e dal raffronto con il costo storico potrà avere una plusvalenza in caso di saldo positivo, o una minusvalenza in caso di saldo negativo, calcolati al netto dell’ammortamento. Nel caso invece la cessione riguardi un calciatore acquistato a suo tempo senza alcun costo, si avrà una sopravvenienza di carattere straordinario da inserire in Conto Economico.

2.1.1.2 La capitalizzazione dei costi del vivaio

I vivai giovanili rappresentano un’attività di grande rilevanza strategica ed economica per i club, specialmente quelli minori. Infatti i giovani calciatori possono rappresentare una risorsa da poter “inserire” in prima squadra, e da una loro eventuale cessione le società possono trarre importanti benefici economici.

Tuttavia mantenere un vivaio, soprattutto a livelli alti, comporta l’impiego di risorse. Seppur potendo considerarli come normali costi di esercizio, in realtà questo tipo di costi assumono una caratterizzazione simile a quella dei costi di ricerca e sviluppo, se visti in ottica strategica. Proprio questa ottica consente di capitalizzare i costi del vivaio, i quali concorrono alla formazione del reddito attraverso la rilevazione delle quote di ammortamento (costanti per un massimo di 5 anni) e vengono posti, con il consenso del Collegio Sindacale e da istruzioni federali, in una voce particolare delle Immobilizzazioni immateriali con la denominazione B.I.7 Capitalizzazione costi vivaio. La capitalizzazione avviene per via indiretta tramite il Conto Economico, per cui le voci di

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costo trovano allocazione nelle rispettive voci mentre i ricavi andranno in A.4.a Valore della produzione. Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni – capitalizzazione costo vivaio.

2.1.1.3 Gli accantonamenti a scopo mutualistico

Questo tipo di accantonamenti rappresentano un’altra tipicità delle società di calcio professionistiche: alla luce dell’art. 4 della legge n. 586 del 18 novembre 1996, i club devono accantonare una quota del 10% dell’eventuale utile di esercizio in favore delle “scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico sportiva”, da inscrivere in apposita riserva nel passivo dello Stato Patrimoniale alla voce B.3 Fondi per rischi e oneri – altri.

2.1.2 Le tipicità del Conto Economico

Nell’ambito invece del Conto Economico, emergono altre tipicità che riguardano le società calcistiche:

• Ricavi da cessione dei diritti televisivi;

• Minusvalenze e plusvalenze da cessione dei diritti pluriennali all’utilizzo delle prestazioni dei calciatori;

• Ammortamento dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori; • Le cessioni temporanee.

Queste componenti, facenti parte oramai sempre più delle realtà calcistiche, sul piano contabile rilevano delle problematiche nettamente inferiori rispetto a quelle dello Stato Patrimoniale. 2.1.2.1 I ricavi da cessione dei diritti televisivi

L’avvento e la diffusione esplosiva delle nuove tecnologie di trasmissione degli eventi ha portato ad un aumento dell’importanza di queste voci nelle strutture di ricavi dei club, dovuta alla combinazione del calcio e della televisione.

I diritti televisivi in Italia vengono negoziati dalle Leghe in rappresentanza delle società, secondo un’ottica collettiva. Inizialmente in capo ai club, la forza negoziale è tornata alla Lega Calcio con la previsione di operare una ripartizione dei proventi dei diritti in base a diversi fattori:

• Il 40% distribuito equamente a tutti i partecipanti;

• Il 30% sulla base dei risultati sportivi, con un 20% in particolare ripartito sugli ultimi 5 anni di cui il 5% riferito all’ultima stagione;

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• Il 30% ripartito in 5% in base alla popolazione residente nel comune di riferimento del club, e il 25% sulla base del “bacino d’utenza”, la cui individuazione ha creato non poche discussioni in seno ai club della Serie A.

I proventi derivanti dalla cessione dei diritti televisivi devono essere inseriti in Conto Economico nel Valore della Produzione, in particolare alla voce A.5 Altri ricavi e proventi, quindi all’interno degli elementi della gestione accessoria.

Le altre maggiori Leghe europee prevedono modalità di ripartizione dei diritti simili: l’inglese Premier League e la spagnola LaLiga hanno una percentuale più alta di ripartizione equa, mentre la tedesca Bundesliga lega una fetta consistente dei diritti ai risultati sportivi degli anni precedenti. 2.1.2.2 Le minus/plusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti alle prestazioni sportive Queste rappresentano il riflesso in Conto Economico delle operazioni precedentemente descritte e contabilizzate in Stato Patrimoniale alla voce B.I.8 Diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori. Al momento della cessione infatti la società deve fare un confronto tra il corrispettivo incassato e il

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costo del diritto al netto degli ammortamenti effettuati: se è positivo si avrà una plusvalenza, in caso contrario una minusvalenza.

Le Raccomandazioni Contabili prevede una serie di specifiche operazioni, ma gli importi vengono in ogni caso inseriti in area straordinaria, o tra i Proventi Straordinari o tra gli Oneri Straordinari (rispettivamente E.20.a e E.21.a). Se il calciatore in questione è stato acquisito senza corrispettivo, quindi perché o svincolato o in scadenza del precedente contratto, oltre al credito la società rileva anche un importo pari al corrispettivo incassato dalla cessione, una sopravvenienza attiva straordinaria. Nel caso invece il calciatore abbandoni l’attività agonistica in pendenza di contratto, la società provvede a svalutare l’immobilizzazione in ottemperanza al criterio di residua utilizzazione.

2.1.2.3 L’ammortamento dei diritti pluriennali

Consiste nella quota di competenza dell’esercizio del costo sostenuto per acquisire i diritti alle prestazioni dei calciatori, che viene iscritto tra le immobilizzazioni immateriali.

L’art. 2426 del Codice Civile impone l’ammortamento in base alla residua possibilità di utilizzazione, tuttavia le Raccomandazioni Contabili, all’art. 1, per evitare disparità di ammortamento dalle varie società, adotta il criterio pro-rata temporis, determinando l’ammortamento in base alla durata del contratto.

L’ammortamento avviene in maniera indiretta, per via della sempre crescente rilevanza assunta dai diritti sportivi nel capitale investito della società di calcio: viene costituito un apposito fondo correlato da una apposita informativa per ogni calciatore. Nel caso in cui si debba far meno delle prestazioni di un calciatore (per infortunio o lunga squalifica), gli amministratori devono obbligatoriamente abbandonare il piano di ammortamento originario e provvedere alle congrue svalutazioni del caso.

2.1.2.4 Le cessioni temporanee

Questo istituto prettamente sportivo è regolato dall’art. 103 delle Noif. Viene consentito a un club, titolare per acquisizione definitiva del diritto alle prestazioni di un calciatore, la cessione dello stesso per una stagione sportiva a un’altra società. Tale cessione può essere accompagnata da un’opzione per la trasformazione dell’accordo in cessione definitiva o dalla corresponsione di un premio di valorizzazione condizionato per la cessionaria.

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Contabilmente si prevede un costo per la società cessionaria, inscritto in B.8 Spese per il godimento di beni di terzi, mentre si ha un ricavo per la cedente alla voce A.5.a Altri ricavi e proventi – ricavi da cessione temporanea di calciatori.

Nel caso in cui la società cessionaria esercitasse l’opzione di acquisto, questa andrebbe ad incrementare il costo di acquisto con l’importo pagato per la cessione a titolo temporaneo, mentre la cedente deve registrare la minusvalenza o plusvalenza senza tenere in considerazione del corrispettivo ottenuto. In ogni caso i vari accodi devono essere chiariti e inseriti nella Nota Integrativa.

2.1.3 Altre tipicità del calcio: la library e il brand

In una fase, quella attraversata negli ultimi anni dal calcio europeo, di notevole valorizzazione del prodotto calcio, stanno assumendo sempre più importanza due aspetti, che non sono direttamente riconducibili a problematiche di rappresentazione contabile: la library e la commercializzazione del marchio, il brand.

2.1.3.1 La library

La library non fa altro che esprimere il valore dei diritti di utilizzazione economica delle immagini televisive delle varie squadre, e nell’ultimo decennio ha osservato un forte aumento di importanza visto lo sviluppo tecnologico dei canali di diffusione e lo sfruttamento commerciale delle varie registrazioni: basti pensare a come le pay-tv offrano quotidianamente e tutto l’anno la possibilità di vedere on demand partite e programmi tv specializzati.

I diritti di utilizzo dell’archivio storico precedentemente acquistati dalle emittenti vengono considerati una immobilizzazione immateriale a vita indefinita da inserire in Stato Patrimoniale, vita indefinita perché è destinata a rigenerarsi continuamente per via dell’utilizzazione continua. I diritti possono essere valutati al costo oppure al fair value e sono soggetti a continue rettifiche.

2.1.3.2 Il brand

Il concetto di marchio, o brand, collegato alle società di calcio non è completamente paragonabile a quello tradizionale delle altre aziende. Il logo, il nome, i colori e quello che il club esprime sono diventati di grande diffusione e godono di ampia visibilità e popolarità, soprattutto nei top club europei e mondiali. Il marchio di una società sportiva, in particolare sportiva, si lega non solo allo spettacolo sportivo, ma anche per la correlazione con tutta un’altra serie di prodotti, gestiti attraverso politiche commerciali legate al merchandising e al licensing. Investire nel proprio marchio

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significa dunque ideare ed implementare strategie di gestione e commercializzazione del brand; attività del genere devono basarsi però su una effettiva conoscenza delle potenzialità del marchio stesso, cioè del suo valore sul mercato, in quanto soltanto conoscendo tale valore è possibile ottenere il massimo dalle negoziazioni relative ai diritti televisivi, alle sponsorizzazioni e agli altri accordi commerciali.11

Il valore di mercato dei brand sportivi viene analizzato ogni anno da Brand Finance, società inglese specializzata in analisi di brand valuement, e raccolto nel Brand Finance report. I valori dei marchi delle società sportive calcistiche viene calcolato stimando le vendite future attribuibili al marchio e il tasso di royalty che andrebbe addebitato per l’uso del marchio stesso, cioè quanto il proprietario avrebbe pagato per l’uso del brand, assumendo che non ne fosse possessore.

Il valore del brand equivale al valore attuale netto del fatturato attribuibile al brand, che viene attualizzato al netto delle tasse.

Tabella 2: il valore dei brand delle società calcistiche. Fonte: Deloitte Football Money League 2016

11 Mele, D., onlie su Sport Business Management. L'IMPORTANZA DEL BRAND NELLE SOCIETÀ CALCISTICHE: ANALISI

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Si può notare come siano ben 5 le società calcistiche europee il cui brand value supera il miliardo di euro: prima è il Manchester United, che deve incrementare il proprio valore del 44% a 1,551 miliardi, mentre la prima delle italiane è la Juventus che raggiunge quota 440 milioni, vedendo aumentare il valore del 67% grazie ai risultati sportivi raggiunti nell’ultima stagione.

2.2 G

LI ASSETTI PROPRIETARI

Le società calcistiche, alla luce anche di quanto esposto nei capitoli precedenti, presentano notevoli peculiarità, tali che non è possibile utilizzare i tradizionali criteri di misurazione dell’efficienza operativa. L’industria calcistica è “perennemente in crisi” (difficile è infatti che i ricavi superino i costi), ma rappresenta uno straordinario strumento per gli imprenditori che entrano in tale mondo; tuttavia la gestione non può prescindere dai criteri manageriali tipici della gestione aziendali, cioè:

• La cultura aziendale; • La struttura organizzativa; • Il sistema informativo.

I primi due fattori sono interdipendenti, mentre il terzo è strumentalmente funzionale; l’organizzazione deve assicurare un equilibrio tra le diverse funzioni, mentre la direzione deve operare un coordinamento tra tutte le finzioni della struttura aziendale.

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