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Il sitema di Pianificazione, Programmazione e Controllo: implicazioni pratiche

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO di ECONOMIA e MANAGEMENT

C

ORSO di

L

AUREA

S

PECIALISTICA IN:

S

TARTEGIA,

M

ANAGEMENT E

C

ONTROLLO

Tesi di LAUREA

“Il Sistema di Pianificazione, Programmazione e

Controllo: Implicazioni pratiche”

RELATORE il CANDIDATO

Prof. Luciano Marchi Giacomo Casanova

(2)
(3)

“che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,

che io possa avere la pazienza

di accettare le cose che non posso cambiare,

che io possa avere soprattutto

l’intelligenza di saperle distinguere”

(4)
(5)

INDICE

INTRODUZIONE Pag. V

1. LE DIVERSE DEFINIZIONI di PIANIFICAZIONE AZIENDALE

1. Le definizioni di Pianificazione Aziendale in dottrina 2. Confronto delle definizioni

Pag. 1 Pag. 6

2. IL SISTEMA di PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

1. I Sistemi Aziendali

1.1. La Gestione Operativa

1.2. Il Sistema di Amministrazione e Controllo 1.3. Il Sistema Organizzativo

1.4. Il Sistema della Qualità

2. La natura dell’attività di Pianificazione e Controllo

2.1. Il processo decisionale

3. Le componenti del Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo 3.1. La Struttura Organizzativa 3.2. La Struttura Informativa 3.3. Il Processo 3.4. Le rilevazioni e le informazioni Pag. 15 Pag. 16 Pag. 18 Pag. 18 Pag. 20 Pag. 23 Pag. 24 Pag. 27 Pag. 28 Pag. 31 Pag. 35 Pag. 38 3. LA PIANIFICAZIONE: IL PIANO 1. La Pianificazione Strategica

1.1 Definizione della mission e degli obiettivi strategici di fondo 1.2 L’analisi dell’ambiente e dello scenario competitivo

1.3 Definizione delle strategie aziendali

Pag. 41 Pag. 42 Pag. 44 Pag. 47

(6)

II

1.4 La redazione del Piano 1.5 L’esecuzione ed il controllo

2. La metodologia della Pianificazione: il Piano

3. Le classificazioni dei piani nella dottrina economico-aziendale 4. La dimensione descrittiva del Piano

5. Il Piano degli affari 6. Il Piano economico

6.1. La costruzione del Piano economico

6.2. la break even analysis e il break even point 6.3. La valutazione dell’equilibrio economico

7. Il Piano degli investimenti

7.1. Modalità di acquisizione dei nuovi investimenti 7.2. La valutazione comparata degli investimenti

7.2.1. pay-back period – periodo di recupero dell’investimento 7.2.2. Redditività dell’investimento (ROI)

7.2.3. Valore attuale netto (VAN)

7.2.4. Tasso interno di rendimento (I.R.R.)

7.3. La struttura del Piano degli investimenti

8. La pianificazione dei flussi finanziari

8.1. Il Piano delle Fonti e degli Impieghi 8.2. La valutazione dell’equilibrio finanziario

9. Il Piano dei finanziamenti

9.1. Scelta tra capitale proprio e capitale di terzi 9.2. Modalità di copertura del fabbisogno finanziario 9.2.1. Finanziamenti con capitale proprio

9.2.2. Finanziamenti con capitale di terzi

9.3. La struttura del Piano dei finanziamenti

10. Il Piano patrimoniale

10.1. La struttura del Piano patrimoniale

10.2. La valutazione dell’equilibrio patrimoniale

11. L’annualizzazione del Piano e la derivazione del budget

Pag. 48 Pag. 48 Pag. 49 Pag. 50 Pag. 53 Pag. 54 Pag. 58 Pag. 65 Pag. 66 Pag. 68 Pag. 71 Pag. 72 Pag. 75 Pag. 75 Pag. 76 Pag. 77 Pag. 77 Pag. 78 Pag. 79 Pag. 81 Pag. 84 Pag. 86 Pag. 86 Pag. 88 Pag. 88 Pag. 89 Pag. 92 Pag. 93 Pag. 93 Pag. 97 Pag. 98

(7)

4. LA PROGRAMMAZIONE: IL BUDGET

1. Descrizione

2. Il budget; caratteristiche fondamentali 3. Il budget non è previsione

4. Le classificazioni del budget 5. Le funzioni perseguite 6. Il calendario di budget 7. Il sistema di budget

8. Il sottosistema dei budget operativi 8.1. Il processo di costruzione 8.2. I budget dell’area commerciale

8.2.1. Il budget delle vendite

8.2.2. Il budget dei costi commerciali

8.3. Uno schema di sintesi

8.4. I budget dell’area di produzione

8.4.1. Struttura e composizione 8.4.2. La politica delle scorte 8.4.3. Il programma di produzione 8.4.4. I budget dei costi di produzione 8.4.5. Il budget degli approvvigionamenti 8.4.6. Il budget dei servizi centrali

8.5. I budget operativi: uno schema di sintesi

8.5.1. Il budget del costo del venduto 8.5.2. Il budget di conto economico

9. Il sottosistema dei budget degli investimenti 10. Il sottosistema dei budget finanziari

10.1. Il budget di tesoreria

10.2. Il prospetto delle fonti e degli impieghi

10.3. Il prospetto delle variazioni nella composizione del Capitale Circolante Netto

10.4. La situazione patrimoniale preventiva

Pag. 99 Pag. 102 Pag. 105 Pag. 105 Pag. 108 Pag. 111 Pag. 113 Pag. 114 Pag. 114 Pag. 115 Pag. 115 Pag. 124 Pag. 134 Pag. 135 Pag. 135 Pag. 137 Pag. 140 Pag. 145 Pag. 153 Pag. 155 Pag. 157 Pag. 157 Pag. 160 Pag. 164 Pag. 167 Pag. 168 Pag. 174 Pag. 178 Pag. 179

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IV

5. IMPLICAZIONI PRATICHE

1. Presentazione dell’azienda

2. Analisi della situazione economica, finanziaria e patrimoniale 3. La struttura organizzativa

4. La struttura informativa

5. Un’ulteriore criticità dell’azienda: la concentrazione della domanda

6. Le principali criticità di Alfa

7. Possibili suggerimenti

7.1. Il processo di pianificazione strategica

7.1.1. benchmarking, strumento funzionale al controllo di gestione

7.1.2. Azienda Delta: cliente rilevante o partner strategico?

7.2. La problematica reddituale: la centralità della funzione acquisti 7.3. La problematica organizzativa CONCLUSIONI Pag. 181 Pag. 184 Pag. 194 Pag. 197 Pag. 199 Pag. 200 Pag. 202 Pag. 202 Pag. 207 Pag. 208 Pag. 211 Pag. 213 Pag. 217 BIBLIOGRAFIA Pag. 221

(9)

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni la crisi economica che ha colpito i mercati internazionali ha dimostrato come per tutte le aziende, indipendentemente dal settore o dalla dimensione, sia indispensabile progettare adeguati sistemi di Pianificazione, Programmazione e Controllo ed implementare al loro interno meccanismi di misurazione e controllo delle performance. Le difficoltà economiche, finanziarie e patrimoniali, portate dalla crisi, hanno acuito in molti casi criticità strutturali e culturali spesso già esistenti nelle aziende e nel loro ruolo sociale.

Da qui discende l’importanza di consolidare in azienda l’utilizzo e l’implementazione dei tradizionali strumenti del controllo di gestione, costruendo intorno agli stessi un’adeguata cultura organizzativa.

Una simile esigenza deriva dalla crescente complessità degli scenari economico-aziendali, sempre più turbolenti e competitivi, dalle istanze provenienti dagli stakeholders, sempre più attenti e informati, nonché dalla maggior rapidità e criticità dei percorsi di cambiamento organizzativo, i quali, soprattutto in momenti di difficoltà, devono essere gestiti accuratamente attraverso i più idonei strumenti di governo e di supporto alle decisioni.

L’obiettivo di questa tesi è quello di dimostrare quanto appena detto, le aziende, tutte, siano esse di grandi o piccole dimensioni, siano aziende familiari o complessi gruppi multinazionali, hanno bisogno di Pianificare, Programmare e Controllare la propria attività. Un’azienda senza controllo di gestione è come una “nave senza timone in tempesta”, priva di un porto di arrivo, di una rotta ben tracciata e di strumenti per verificarne assiduamente il mantenimento.

Il presente lavorato è suddiviso in due parti. La prima parte, prettamente teorica, dopo aver presentato e discusso le diverse definizioni di Pianificazione e Programmazione aziendale; nel secondo capitolo, inquadra il Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo all’interno dei Sistemi Aziendali nella letteratura aziendalistica. Sempre nello stesso capitolo vengono brevemente analizzate

(10)

VI

le componenti che caratterizzano il controllo di gestione: la struttura organizzativa, la struttura informativa, il processo e le rilevazioni informazioni.

Il terzo capitolo è dedicato alla Pianificazione Strategica di lungo periodo, definita come: “il processo di decisione sugli obiettivi dell’organizzazione, su i loro cambiamenti, su le risorse da usare per il loro raggiungimento e su le politiche che debbano informare l’acquisizione, l’uso e l’assegnazione di tali risorse”. Il prodotto della Pianificazione prende il nome di Piano, e segue una dissertazione su questa metodologia, analizzata sia nella sua dimensione descrittiva che in quella più propriamente quantitativa.

Il quarto capitolo prende in considerazione la Programmazione (per alcuni autori Pianificazione di breve periodo) e la sua metodologia principale: il budget. Dopo aver motivato l’importanza dell’implementazione di tale strumento in azienda, descrivendo le funzioni perseguite attraverso il budget, vengono analizzati i budget elementari (i budget operativi, i budget degli investimenti e i budget finanziari) per giungere, poi, alla formulazione del master budget e della situazione patrimoniale preventiva.

La seconda parte si concentra su un caso pratico, prendendo in riferimento un’azienda familiare del settore oleario, vogliamo dimostrare come anche nelle realtà medio/piccole sia indispensabile la componente manageriale. Di questa azienda abbiamo evidenziato le criticità, frutto di scelte passate non razionali che hanno condotto l’azienda in questa fase iniziale di crisi; e cercheremo di proporre alcuni suggerimenti che potrebbero portare miglioramenti nella gestione dell’azienda.

L’oleificio, presente nella realtà lucchese da più di un secolo, si è sempre contraddistinto per la qualità del prodotto, ha sempre messo in primo piano il processo produttivo, attraverso importanti investimenti in macchinari ed impianti, rendendolo uno dei più sofisticati in Italia e non solo. Non ha prestato, invece, particolare attenzione alla gestione, alla managerialità e all’aspetto organizzativo; che siano proprio queste le cause della diminuita redditività dell’azienda nell’ultimo periodo?

In questa parte applicativa non abbiamo utilizzato i sofisticati strumenti del controllo di gestione, ci siamo avvalsi essenzialmente del bilancio di esercizio. Questo per dimostrare come: anche solo questo semplice documento, se opportunamente rielaborato, letto e interpretato, possa fornire una molteplicità di informazioni rilevanti da utilizzare come base in un primordiale Sistema di Pianificazione, Programmazione e

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Controllo. Si vuole sottolineare l’importanza della formazione del personale aziendale, soprattutto quello dirigenziale, che deve iniziare ad acquisire confidenza con i più semplici strumenti di controllo.

(12)
(13)

CAPITOLO 1

Le diverse definizioni di Pianificazione Aziendale.

1. Le definizioni di pianificazione aziendale in dottrina

Nell’ambito dell’economia aziendale non è difficile imbattersi nei termini pianificazione e programmazione riferiti al più generale Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo . Questo tema rientra nell’ambito del sistema di amministrazione e controllo che, insieme a quello della gestione e dell’organizzazione, costituiscono la fondamentale tripartizione dottrinale dell’economia aziendale nella visione di Zappa1. Per alcuni autori il loro significato tende ad essere il medesimo, per altri, invece, le due locuzioni presuppongono due distinti significati.

La pianificazione consiste nell’anticipazione di una serie di decisioni tra loro coordinate, dove l’output è il piano, cioè il documento strategico nel quale sono ordinati quantitativamente i dati riguardanti la gestione futura.

La programmazione, basandosi su dati previsti (obiettivi), teorizza il processo operativo per realizzarli, in rapporto ai mezzi che ha a disposizione.

Sul piano pratico, la pianificazione, sulla base della definizione delle strategie aziendali, va a dimostrare come le stesse possano essere sviluppate nell’arco temporale del medio e lungo periodo. La programmazione, invece, si focalizza sulla traduzione delle strategie evidenziate nel piano, in programmi operativi di breve termine.

Di seguito verranno esposte le diverse definizioni di pianificazione di alcuni dei più importanti studiosi di economia aziendale.

1 G. ZAPPA, Il reddito di impresa, Giuffrè Editore, Milano 1943. Nella sua teorizzazione Zappa definisce l’economia aziendale come la scienza che studia le operazioni economiche delle aziende al fine di individuare leggi o principi che consentano di raggiungere i fini a cui essa tende. Nella sua unitarietà la scienza dell’economia aziendale si riparte in organizzazione, gestione e rilevazioni, a cui fanno riferimento rispettivamente: il sistema dell’organizzazione, il sistema della gestione e il sistema di

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2

La definizione di Robert N. Anthony2

“La pianificazione strategica è il processo di decisione su gli obiettivi della

organizzazione, su i loro cambiamenti, su le risorse da usare per il loro raggiungimento e su le politiche che debbano informare l’acquisizione, l’uso e l’assegnazione di tali risorse.

Il controllo direzionale è il processo mediante il quale i manager si assicurano che le risorse siano acquisite ed impiegate in modo efficiente ed efficace per il raggiungimento degli obiettivi delle organizzazioni.

Il controllo operativo è il processo che assicura che compiti specifici siano portati a termine in maniera efficace e efficiente.”

La definizione di Melville C. Branch3.

“la pianificazione comprensiva consiste nella continua formulazione di obiettivi

per una entità organizzativa e nella guida delle sue attività verso il raggiungimento degli obiettivi formulati. La pianificazione aziendale è quel termine che designa la pianificazione comprensiva di una impresa.

La pianificazione funzionale prende in esame un particolare elemento del problema globale. Nelle aziende questo elemento potrebbe essere la produzione, la finanza, le relazioni pubbliche. Il metodo della pianificazione aziendale riflette la natura continua del processo. Le sue quattro fasi, obiettivi, piani, integrazione-decisione, conseguenze, danno vita ad un circolo procedurale di interdipendenze.

I piani sono sviluppati ed accettati per avere una base mediante la quale misurare la prestazione effettiva.

In ciascuno di questi esempi di controllo, la sequenza generale delle operazioni è la stessa. Prima di tutto vi è un meccanismo di misura. A questo segue una

2 R

OBERT N. ANTHONY, Sistemi di Pianificazione e controllo: schema di analisi, Etas Kompass Spa-Milano 1967.

3 M

ELVILLE C. BRANCH, The corporate planning process, New York, American Management Associatio, 1962.

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comparazione tra la prestazione misurata e quella standard o desiderata. Sulla base di questa comparazione si dà inizio alle azioni di controllo.”

La definizione di Preston P. Le Breton e Dale A. Henning4.

“La pianificazione, nel senso più stretto, è presente in tutte le altre funzioni,

quali organizzare, controllare, coordinare, assistere e dirigere. Ciascuna di queste funzioni è pianificata e di conseguenza questi piani sono studiati per inquadrarsi in un più grande piano specifico o in un gruppo di piani, quali l’introduzione sul mercato di un nuovo prodotto, l’entrata su di un nuovo mercato o la sostituzione di un macchinario obsoleto.”

La definizione di Ralph F. Lewis5.

“Il budget è uno strumento di natura contabile che ha due funzioni principali separate, ma correlate tra loro. La prima di queste è la pianificazione, cioè la determinazione del dove un’azione dovrebbe essere guidata e della migliore strada da seguire per giungere alla destinazione desiderata. La seconda funzione è quella del controllo, cioè il verificare che ogni elemento dell’azienda segna gli indirizzi stabiliti e il portare alla luce rapidamente i punti nei quali debbono essere fatti dei cambiamenti per assicurare i migliori risultati possibili.

Per un’azienda uno dei problemi principali è la scelta degli obiettivi.”

La definizione di Richard F. Neuschel6.

“L’attività ordinata e soddisfacente di qualsiasi grande impresa umana, di qualsiasi carattere, richiede che nella sua pianificazione ed esecuzione venga eseguita una sequenza di fasi ben definita.

4 P

RESTON P. LE BRETON E DALE A. HENNING, Planning Theory, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, Inc., 1961.

5 R

ALPH F. LEWIS, Management Uses of Accounting: Planning and Control for Profits, New York, Harper and Row, 1961.

6 R

ICHARD F. NEUSCHEL, Management by System, seconda edizione New York, McGraw-Hill Book Company Inc., 1960.

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4

Queste fasi sono: chiara definizione degli obiettivi e dello scopo dell’impresa; sviluppo delle politiche necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo; fissazione delle responsabilità, cioè costruzione di una organizzazione logica e flessibile per eseguire il lavoro; scelta di un approccio generale e di un piano d’azione; applicazione di tecniche specializzate al lavoro intrapreso; mantenimento del controllo mediante mezzi capaci di misurare i risultati raggiunti.”

La definizione di William Newman7.

“Pianificare significa stabilire ciò che dovrà essere fatto. Qui il pianificatore abbraccia una ampia serie di decisioni, tra le quali: chiarire gli obiettivi; stabilire le politiche; organizzare i programmi e i progetti specifici; determinare i metodi e le procedure; fissare i programmi operativi.

Controllare significa invece vedere se i risultati operativi sono conformi il più possibile ai piani. Questo richiede: fissare degli standard; comparare i risultati con gli standard; stabilire le necessarie azioni correttive quando l’attività non si svolge secondo i piani.

Pianificare è un concetto molto grande; esso abbraccia un’ampia varietà di idee. Infatti, molta della confusione che vi è, quando si parla di pianificazione, nasce dal fatto che la gente usa le stesse parole per esprimere concetti differenti. Pertanto può risultare utile una chiara comprensione dei differenti tipi di piani che un dirigente può usare.

I piani possono essere divisi in tre gruppi principali: obiettivi; piani particolari; piani correnti.

Vi sono due aspetti della pianificazione, la logistica (consiste nell’avere le esatte risorse disponibili al posto giusto nel momento giusto) e la strategia (l’aggiustamento di un piano anticipando quelle che saranno le reazioni di coloro i quali saranno coinvolti nel piano: concorrenti, consumatori, fornitori di materiale, dirigenti e tutti coloro che sono accomunati dal lavoro dell’azienda).

7 W

ILLIAM H. NEWMAN, Administrative Action: The Techniques of Organization and Management, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, Inc., 1963.

(17)

In una visione generale della gestione le fasi principali sono: pianificare, organizzare, raccogliere le risorse, supervisionare. Di conseguenza presumiamo (trattando del controllo) che tutte le fasi preparatorie siano state eseguite.”

La definizione di Luigi Brusa8.

“il processo con cui si cerca di costruire un certo futuro e di predisporre i

mezzi più validi per far sì che esso si realizzi. In altri termini, pianificare (o programmare) significa:

1. stabilire quali obiettivi si vogliono raggiungere in un certo periodo di tempo;

2. predisporre i mezzi per raggiungere tali obiettivi.”

La definizione di Giorgio Pellicelli9.

“pianificare significa inserire nell’attività del presente tutti gli elementi del futuro che possono essere predeterminati, tutto ciò in modo che nelle decisioni prese oggi si tenga conto sia delle modificazioni che l’ambiente può verosimilmente portare all’economia dell’impresa, sia di quanto l’impresa pensa di fare nel futuro”.

La definizione di A. Riccaboni, L. Marchi e S. Marasca10.

“Il controllo di gestione è definito come un sistema di strumenti, processi, ruoli e soluzioni mirante a indurre comportamenti individuali e organizzativi in linea con il raggiungimento degli obiettivi aziendali”.

8

BRUSA LUIGI, Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè Editore, Milano 2000. 9P

ELLICELLI GIORGIO, Strategia e pianificazione delle imprese, G. Giappichelli Editore, Torino 1992. 10 ANGELO RICCABONI, LUCIANO MARCHI, STEFANO MARASCA, Controllo di Gestione. Metodologie e

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6

2. Confronto delle definizioni

Il modello "classico", che caratterizza tuttora la linea guida con cui gli studiosi rappresentano il ciclo di pianificazione, programmazione e controllo, si fonda sull'integrazione della visione di Anthony riguardo alla struttura del sistema delle decisioni aziendali.

R. Anthony ( Sistemi di pianificazione e controllo, Etas Kompass, Milano 1967) identifica tre livelli gerarchici nel sistema delle decisioni: il livello di pianificazione

strategica, il livello di programmazione e controllo della gestione (controllo direzionale) ed il livello di controllo delle operazioni (controllo operativo).

Il livello di pianificazione strategica comprende l'insieme delle decisioni che

fissano gli obiettivi di lungo periodo riguardanti la scelta delle Aree Strategiche di Affari (ASA) nelle quali competere, le risorse umane, finanziarie e tecnologiche e le modalità con cui utilizzarle. Questa tipologia di decisioni, a causa dell'ampiezza e dell'importanza dei contenuti, risulta di pertinenza dell'Alta Direzione, con il supporto specialistico fornito dagli organi centrali di staff.

Il processo di pianificazione strategica sta oggigiorno acquistando una rilevanza primaria, in quanto è solo con esso che l'impresa è in grado di valutare l'impatto dei sempre più frequenti cambiamenti ambientali e di definire, di conseguenza, le linee di azione più appropriate per mantenere la competitività sui mercati in cui opera.

Il livello di programmazione e controllo della gestione (indicato con il termine

livello tattico, riferito al breve periodo) tende a definire le decisioni sui programmi di attività, l’assegnazione delle risorse, le procedure di attribuzione dei compiti ed il controllo dei risultati raggiunti dai centri di attività. Tutto l’iter è gestito dall'attività congiunta dei Responsabili delle Aree funzionali e dell’Alta Direzione, sulla base degli indirizzi strategici fissati in precedenza. Questo decisioni, denominate di programmazione e controllo, riguardano le scelte sugli investimenti di breve periodo, le scelte correnti di gestione per l'utilizzo ottimale delle risorse produttive e di vendita, la programmazione delle attività del periodo amministrativo (stesura dei budget aziendali) ed il controllo degli scostamenti rispetto agli obiettivi programmati per tale periodo.

Il livello di controllo delle operazioni comprende le scelte che, svolte dai Centri

di attività (reparti produttivi, uffici amministrativi, filiali di vendita, etc.), si prefiggono di programmare ed eseguire le operazioni volte alla gestione operativa dell'azienda nel breve periodo.

(19)

L'architettura del sistema delle decisioni, secondo il modello di Anthony, viene evidenziata nella Figura 1, in cui viene posto in luce il collegamento tra sistema delle decisioni e il sistema organizzativo.

Il sistema delle decisioni aziendali, attraverso la progressiva focalizzazione degli obiettivi, effettuata dai livelli gerarchici di pianificazione e programmazione, determina il "sistema delle operazioni", quell’insieme delle attività operative che determinano effetti modificativi ("risultati") sulle variabili interne ed esterne che l'impresa è in grado di influenzare.

Figura 1.

DECISIONI STRATEGICHE

DECISIONI CORRENTI di GESTIONE

DECISIONI OPERATIVE

Inoltre, questa definizione mostra alcune parole chiave che possono essere poste alla base del processo di pianificazione aziendale: decisione sugli obiettivi, cambiamenti, risorse, politiche.

Gli obiettivi sono il punto focale in quanto rappresentano ciò che l’azienda intende fare, esprimono, cioè, la mission che l’azienda si è preposta. È poi attraverso la

strategia che questi obiettivi vengono messi in atto.

LIVELLO STRATEGICO

LIVELLO DIREZIONALE

(20)

8

Le politiche sono le direttive da seguire per il raggiungimento degli obiettivi precedentemente fissati, devono quindi tenere in considerazione cambiamenti imposti dall’ambiente (sia esterno che interno), e risorse a disposizione dell’azienda.

Per Branch la pianificazione aziendale è una parte della cosiddetta

pianificazione comprensiva. Quest’ultima rappresenta il ragionamento, la formulazione

della strategia, l’elaborazione di obiettivi per guidare l’organizzazione (non necessariamente un’impresa) in vista del raggiungimento di quanto precedentemente stabilito.

La pianificazione comprensiva diventa “aziendale” quando viene posta in essere da un’azienda; quindi la pianificazione aziendale è sottosistema della più ampia e generale pianificazione comprensiva. Viene inoltre studiata da questo autore sia in ottica globale che da un punto di vista particolare: globalmente, la pianificazione è riferita all’azienda nel suo complesso; nello specifico è riferita alle singole funzioni aziendali, come la produzione, la finanza, etc.

Branch immagina la pianificazione come un sistema, un “circolo procedurale di

interdipendenze”, riferito ad un determinato processo a sua volta suddiviso in quattro

fasi:

 Obiettivi: affinché un’organizzazione possa raggiungere determinati obiettivi è necessario innanzitutto che questi siano formulati con estrema precisione e, soprattutto, che siano condivisi dalla generalità delle funzioni aziendali, oltre che chiari e comprensibili. La non condivisione degli obiettivi rischia di ostacolare il processo di pianificazione e quindi pregiudicare il raggiungimento di questi.

 Piani: per rendere concreti gli obiettivi è indispensabile che, una volta formulati, siano formalizzati in appositi piani definiti dall’autore come basi di misurazione delle performance. Il piano, infatti, costituisce uno strumento di controllo antecedente.

 Integrazione-decisione: dopo che gli obiettivi sono stati formulati, formalizzati e resi noti a tutta l’organizzazione attraverso i piani, è necessario renderli operativi, ossia diventa fondamentale prendere delle decisioni su come effettivamente metterli in pratica. Infatti, nei piani gli obiettivi vengono esposti per linee d’azione; spetta all’organo esecutivo

(21)

tradurre questi principi generali per la realizzazione degli obiettivi in veri e propri strumenti operativi da seguire.

 Conseguenze: la realizzazione degli obiettivi incide, tramite le politiche decisionali messe in atto sul sistema aziendale, sulle operazioni di gestione e sul processo di riformulazione del piano per gli anni successivi.

Si viene così a realizzare un sistema “continuo” di operazioni che diventa ciclico; dove l’ultima fase rappresenta il presupposto per il momento iniziale di tutto il percorso di pianificazione aziendale. È a questo punto che l’autore esplica il processo di controllo svolto tramite la pianificazione, ossia la misurazione delle strategie, il confronto delle performance con gli standard e le azioni di controllo.

Dalla definizione di Le Breton e Henning si evince come ogni funzione debba essere pianificata singolarmente, ma sempre tenendo in considerazione il fine istituzionale dell’azienda. Tutto ciò si ricollega al concetto di unitarietà dell’azienda in cui le singole operazioni e strategie non devono prescindere dagli obiettivi stabiliti a livello aziendale. Al contrario, devono tendere tutte al raggiungimento di questi obiettivi e ogni funzione deve pianificare e operare seguendo questi fini, perché il soddisfacimento di un obiettivo superiore e comune apporta più valore rispetto alla somma del valore creato dalle singole funzioni.

Lewis intende la pianificazione aziendale come una delle due funzioni del

budget. Il budget è per sua natura uno strumento di controllo antecedente come il piano

ma, a differenza di questo, il suo orizzonte temporale è diverso. Il piano, metodologia previsionale a lungo termine, espone le strategie e gli obiettivi che diventeranno operativi tramite il budget, rivolto invece al breve periodo.

Lewis è uno dei tanti autori che non distingue il processo di pianificazione da quello di programmazione. La pianificazione è definita dall’autore come il punto verso cui un’azione dovrebbe essere guidata, ovvero la “best way” per arrivare a soddisfare un determinato fine. Un obiettivo, infatti, può essere raggiunto in tanti modi, taluni dei quali però rischiano di distruggere valore anziché crearne. Lewis sottolinea come la definizione degli obiettivi e la scelta su come realizzarli sia la fase più difficile da implementare.

(22)

10

È a questo punto che interviene la seconda funzione del budget: il controllo; grazie a questo la direzione aziendale può valutare se gli obiettivi prefissi e le modalità per raggiungerli siano giuste ed efficaci.

La direzione può intervenire ridimensionando gli scopi iniziali, indirizzarli verso altre destinazioni, valutare quelli che hanno generato valore e quelli che invece ne hanno distrutto.

Il controllo poi può servire anche in fase di pianificazione, in modo da ridefinire le linee guida per gli anni a venire.

Neuschel prende in esame una definizione di pianificazione generica rivolta alla totalità delle azioni umane. Per poter realizzarsi deve trovare il suo fondamento in una serie di attività ben definite:

1. chiara definizione degli obiettivi e dello scopo dell’impresa: non è pensabile l’implementazione di una qualsiasi strategia senza sapere dove si vuole arrivare, cosa si vuole fare e con che mezzi.

2. sviluppo delle politiche necessarie per il raggiungimento degli obiettivi: successivamente è indispensabile sviluppare le politiche, cioè le strategie per implementare il processo volto al raggiungimento degli obiettivi.

3. fissazione delle responsabilità: l’organizzazione aziendale deve ripartite le responsabilità in merito alle scelte da operare. Alle responsabilità si devono, poi, collegare anche gli incentivi. I dirigenti che meglio riescono a mettere in atto gli obiettivi aziendali ed a raggiungerli può essere corrisposto una sorta di premio per lo sforzo praticato. Questa prassi è un modo per coinvolgere coloro che sono chiamati a implementare le strategie e quindi indirizzargli nel raggiungere al meglio i fini aziendali.

4. scelta di un approccio generale e di un piano d’azione. 5. applicazione di tecniche specializzate al lavoro intrapreso.

6. mantenimento del controllo mediante mezzi capaci di misurare i risultati

raggiunti: il controllo costituisce il punto di partenza per misurare le

performance aziendali e per capire se si è stati in grado di raggiungere gli obiettivi.

Newman definisce la pianificazione come quel processo in cui si stabilisce ciò che si deve fare. Per pianificare è necessario allora intraprendere una serie di decisioni,

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come stabilire i fini e le politiche atte a raggiungerli, organizzare i programmi e i progetti specifici, determinare i metodi e le procedure, fissare i programmi operativi.

La definizione di pianificazione data dall’autore pare voler inglobare in sé sia la pianificazione in senso lato sia la programmazione. Infatti, le prime fasi sopra elencate sono tipiche di un processo di pianificazione, mentre la fissazione di programmi operativi si esplica in modo migliore in un processo di programmazione, mediante il budget di esercizio.

Per pianificare è poi importante analizzare due aspetti:

1. la logistica: che consiste nella corretta distribuzione delle risorse, sia in termini di spazio che in termini temporali.

2. la strategia: cercare di creare il piano aziendale in modo da anticipare quelle che saranno le contromosse degli attori in gioco, come i consumatori, i concorrenti, i fornitori, e in generali tutti gli stakeholder.

Collegato imprescindibilmente al processo di pianificazione c’è la fase di controllo. Questa fase consiste nel verificare se i risultati operativi sono conformi o meno ai piani. Il suggerimento dell’autore è quello di fissare degli standard in modo da poter confrontare i risultati conseguiti con quelli programmati. In caso di discordanza in senso negativo dei risultati con gli standard è necessario intraprendere delle azioni correttive.

Da ultimo Newman ribadisce come non sia possibile effettuare il controllo senza una adeguata fase preparatoria, ossia senza la pianificazione.

La definizione del Brusa non riporta niente di nuovo rispetto a quanto abbiamo già esaminato precedentemente. Per l’autore esistono, però, due tipologie di approcci alla pianificazione:

1. pianificazione estrapolativa, in cui il futuro viene essenzialmente visto come l’estrapolazione del passato e del presente. Il Brusa sottolinea come questo tipo di pianificazione sia pressoché privo di significatività in quanto il futuro è diverso sia dal passato che dal presente;

2. pianificazione strategica che invece rappresenta il risultato dell’”esame

di possibili comportamenti alternativi di impresa, nell’ottica di un continuo sforzo di assumere una posizione attiva nei confronti dell’ambiente esterno e della propria situazione interna.”

(24)

12

La pianificazione strategica, nell’ottica temporale di medio lungo termine, rappresenta la definizione di pianificazione che meglio si adatta anche al presente studio.

Pellicelli propone la pianificazione come un pensare al futuro. Questo significa impostare sia la gestione sia l’azienda al futuro. Non è sufficiente prevedere, perché nella maggior parte dei casi la previsione di quello che accadrà dà un senso di incertezza ai piani e alle strategie che si vogliono intraprendere.

È senza dubbio preferibile pensare oggi, nel presente, a come le azioni intraprese dall’azienda andranno ad incidere sull’ambiente esterno e di conseguenza quali saranno le reazioni nei confronti della stessa da parte dell’ambiente. Soltanto ragionando con un’ottica rivolta al futuro è possibile anticipare le contromosse dei concorrenti e quindi ottenere successo sul mercato. Un’azienda che pensa solo all’oggi rimane in balia delle forze esterne e difficilmente riesce ad imporre la propria volontà sull’ambiente che la circonda.

In questo modo non si vuole eliminare il rischio o l’incertezza, bensì si vuole predisporre l’impresa a fronteggiarli, o quantomeno attutire le conseguenze negative che ne possono derivare.

Pellicelli poi classifica la pianificazione in base al tempo: pianificazione di lungo periodo (oltre cinque anni); pianificazione di medio periodo (tra uno e cinque anni);

pianificazione di breve periodo (inferiore ad un anno e coincide con il budget annuale).

Come si può notare non c’è distinzione concettuale tra pianificazione e programmazione, il fatto di prevedere una pianificazione a breve termine, fatta coincidere con la programmazione di budget, ne è la dimostrazione.

Marchi, Marasca e Riccaboni descrivono e analizzano il controllo di gestione nell’ambito del più ampio sistema di pianificazione e controllo aziendale.

Il controllo di gestione, insieme alla pianificazione strategica, può essere interpretata dagli autori, come una risposta alla non controllabilità degli eventi. In particolare, tali processi supportano l’attività decisionale dinanzi a condizioni di rischio,

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di incertezza e di complessità sia interne che esterne all’azienda. Nell’ambito della più ampia attività di direzione, la pianificazione e il controllo rappresentano due processi particolarmente rilevanti. La definizione di un sistema di pianificazione e controllo efficace ed efficiente è presupposto necessario non solo per raggiungere l’obiettivo perseguito, ma anche e soprattutto per consentire e facilitare la sopravvivenza e lo sviluppo di ogni organismo aziendale.

Per i tre autori, la Pianificazione strategica rappresenta il processo di definizione e implementazione della strategia, ovvero “il processo attraverso il quale si decidono

oggi le azioni da intraprendere per raggiungere gli obiettivi di domani”11. Attraverso il processo di pianificazione strategica, quindi, vengono definiti gli obiettivi di fondo della gestione aziendale e individuate le linee strategiche per raggiungerli.

I piani strategici di lungo periodo devono essere tradotti in obiettivi e programmi di azione aventi un orizzonte temporale di riferimento più limitato; i

programmi di azione, a loro volta, devono essere controllati e monitorati nelle loro

modalità di attuazione, al fine di verificare la corrispondenza con quanto prefissato o, eventualmente, di aggiornare e riformulare i piani di lungo periodo (processo di

feed-back).

11 P

ETER F. DRUCKER, Management: Tasks, Responsibilities, Practices, New York: Harper & Row,

(26)
(27)

CAPITOLO 2

Il sistema di Pianificazione,Programmazione e Controllo

1. I Sistemi aziendali

All’interno dell’economia aziendale prendono forma i Sistemi aziendali che consentono di studiare gli aspetti della realtà dinamica dell’azienda. Secondo la tradizione zappiana questi si distinguono fra gestione, rilevazione e organizzazione.

Nell’evoluzione dell’economia aziendale queste discipline si sono ampliate recependo anche la più recente tematica della qualità e si possono meglio spiegare in un’ottica di sistema.

Pertanto i Sistemi aziendali individuati sono:

 Sistema di Gestione; rappresentato dall’insieme di decisioni e operazioni economiche coordinate tra loro per il raggiungimento degli obiettivi aziendali;

 Sistema di Rilevazioni (o ragioneria); che raggruppa l’insieme di strumenti, operazioni e metodologie per la rilevazione e l’interpretazione dei fatti aziendali;

 Sistema Organizzativo; che si occupa della combinazione delle risorse articolate in strutture e procedure per un’efficiente gestione aziendale;  Sistema della Qualità12

; in ottica di Total Quality Management, la qualità è analizzata sia nelle sue relazioni con le attività generatrici di valore sia nell’ambito delle strategie e politiche aziendali.

12 M. SAITA, Economia e strategia aziendale, Giuffrè Editore, Milano 2001. Saita aggiunge ai tre tradizionali sistemi della tradizione zappiana il sistema della qualità.

(28)

16

Il sistema di amministrazione e controllo, il quale contiene il Sistema di

Pianificazione, Programmazione e Controllo, è l’evoluzione naturale della tradizionale

ragioneria.

Racchiudere le tre componenti, pianificazione, programmazione e controllo, nell’ambito di un unico sistema evidenzia come queste siano inevitabilmente legate tra loro.

Tra gli obiettivi caratterizzanti del sistema ritroviamo:  stabilire la direzione di marcia da seguire (mission);  definizione e comunicazione delle strategie;

 attuazione delle strategie mediante la definizione degli obiettivi a breve termine;

 assegnazione degli obiettivi e loro raggiungimento;

 misurazione, comparazione e verifica dei risultati ottenuti rispetto a quelli programmati inizialmente.

Il tutto richiede che alla base del processo sussista un solido ed accurato sistema di misurazioni della gestione e quindi di strumenti e di metodologie coerenti con l’attività svolta. Tali strumenti diventano parte integrante del sistema.

Prima di analizzare le diverse componenti del Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo, nonché delle singole parti di cui esso è composto con le relative metodologie operative, facciamo un piccolo cenno descrittivo dei Sistemi Aziendali.

1.1. La gestione operativa

Il sistema della gestione aziendale è stato il punto di svolta nel passaggio dagli studi di ragioneria a quelli di economia aziendale con l’evolversi del pensiero del Villa, del Besta e dello Zappa.

Si può affermare che la gestione aziendale non solo sia il punto di partenza dell’economia aziendale, ma rappresenta un indispensabile passaggio anche per lo studio della ragioneria; infatti, solo analizzando le operazioni economiche aziendali, si

(29)

possono percepire le modalità di rilevazione dei tre fondamentali aggregati d’azienda:

reddito, capitale e cash flow.

La gestione aziendale può essere esaminata sotto i seguenti aspetti:

Gestione sotto l’aspetto oggettivo; intesa come fotografia delle operazioni economiche che si sviluppano nell’ambito dell’azienda (gestione operativa);

Gestione sotto l’aspetto soggettivo; inteso come norme di comportamento dell’imprenditore nell’operatività aziendale relative al processo decisionale, alle modalità di comando o trasmissione degli ordini, alla esecuzione degli ordini ed al controllo della gestione aziendale.

L’evoluzione degli studi aziendali ha consentito di analizzare più dettagliatamente la gestione sotto l’aspetto soggettivo, nell’ambito delle strategie aziendali, dell’organizzazione e del controllo di gestione.

L’aspetto oggettivo prenderà in esame unicamente la gestione operativa, facendo particolare riferimento alle operazioni economiche che riguardano l’azienda nella sua interezza. Con il termine operazioni economiche si prendono in considerazione una molteplicità di fatti aziendali fra di loro intrecciati e coordinati.

Le operazioni economiche fondamentali possono essere distinte in:

 Operazioni di gestione ordinaria e straordinaria (o extragestione);  Operazioni di gestione esterna (ovvero l’ambiente esterno formato da

fornitori, clienti, banche, soci ecc.) ed operazioni di gestione interna (che riguardano il ciclo di trasformazione produttiva).

La gestione operativa esamina anche i raggruppamenti significativi di operazioni economiche, quali i processi di operazioni, i processi produttivi con i relativi cicli, la coordinazione produttiva, la combinazione produttiva e l’esercizio amministrativo. In poche parole, essa analizza i tre fondamentali aspetti della gestione aziendale: aspetto

monetario, aspetto finanziario, aspetto economico.

Questi aspetti della gestione vengono misurati dagli aggregati fondamentali, che rappresentano il sistema di valori sviluppati nell’ambito della gestione aziendale, e che sono:

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18

 Capitale, che esprime le fonti e gli impieghi relativi all’aspetto finanziario della gestione;

 Cash flow, che misura il flusso di entrata ed uscita relativo all’aspetto monetario della gestione aziendale.

1.2. Il Sistema di Amministrazione e Controllo

Il Sistema di Amministrazione e Controllo, partendo dalla ragioneria tradizionale (contabilità di bilancio) si è sviluppato recuperando sia i sistemi informativi aziendali, sia i sistemi di programmazione e controllo.

Pertanto con il termine più generale di Sistema di Amministrazione e Controllo ci si riferisce in particolare a tre sistemi13:

 Il sistema informativo; processo che consente la quantificazione dei fenomeni aziendali mediante dati che si trasformano in flussi di informazioni aziendali;

 Il sistema amministrativo; processo che consente la rilevazione delle informazioni consuntive secondo un sistema e un metodo che produce output amministrativi consuntivi;

 Il sistema di pianificazione, programmazione e controllo; l’insieme di strumenti a supporto dell’attività di direzione d’impresa. Coloro che hanno la responsabilità di “guidare” un’azienda possono infatti trovare in questo sistema un aiuto fondamentale per aumentare l’efficacia della propria azione. Processo che produce due tipologie di output:

 Il sistema di previsioni aziendali;  Il sistema di reporting.

1.3. Il Sistema Organizzativo

L’evoluzione del pensiero organizzativo da una parte ha descritto come molti studiosi abbiano tentato differenti approcci nello studio delle teorie organizzative:

(31)

quello ingegneristico di Taylor, quello sociologico a partire da Weber fino ai sociologi dell’organizzazione contemporanei, quello psicologico della scuola delle relazioni umane fino alle più recenti teorie motivazionali, quello sistemico e contingente, quello economico con Williamson e le più recenti teorie istituzionaliste.

Dall’altra parte l’analisi storica ha dimostrato che non esiste una teoria organizzativa dominante e che gli approcci pluridisciplinari agli studi organizzativi, invece di contribuire ad arricchire una disciplina dalle molteplici sfaccettature, ha creato delle barriere culturali.

Volendo sintetizzare, si concorda con Costa in “Le teorie organizzative:

introduzione”14 che sottolinea come i punti fondamentali delle teorie organizzative risentono di tre approcci fondamentali:

 Approccio oggettivo; è la teoria dell’organizzazione scientifica di Taylor, Fayol, Weber, degli studiosi razionalisti e microeconomici; in pratica l’organizzazione come strumento di chi detiene il potere utilizzato per ridurre l’imprevedibilità, per quantificare e razionalizzare i fenomeni aziendali;

 Approccio soggettivo; l’organizzazione si basa sugli individui e pertanto deve tendere a valorizzare e motivare gli individui; questo approccio è tipico della scuola delle relazioni umane e delle teorie motivazionali;  Approccio interattivo; l’organizzazione deve tenere conto sia degli

elementi oggettivi tipici dell’ambiente e sia degli elementi soggettivi legati agli individui e gruppi che operano in azienda.

Si può pertanto affermare che in economia aziendale occorre partire da un approccio interattivo che comprenda sia gli apporti delle teorie contingenti relative all’ambiente, sia gli apporti delle teorie motivazionali relative agli individui e ai gruppi.

Questo approccio integrato distingue l’organizzazione in economia aziendale dagli altri approcci presi in esame nell’ambito della storia del pensiero organizzativo.

Riprendendo l’impostazione concettuale dell’economia aziendale, l’Organizzazione deve essere analizzata:

 Nell’interrelazione con i Sistemi Aziendali (gestione, amministrazione e controllo, qualità);

14 G. COSTA in Le teorie organizzative: introduzione, in Manuale di organizzazione aziendale. Vol I, Utet, 1996.

(32)

20

 Nell’interrelazione con la Attività generatrici di valore;  Nell’interrelazione con le strategie e politiche aziendali;  Nell’interrelazione con le diverse tipologie di imprese.

1.4. Il Sistema della Qualità

Per capire l’importanza del Sistema Qualità nell’attuale sistema di imprese occorre ripercorrere il processo di evoluzione avvenuto in questi ultimi anni dal Controllo di Qualità al Sistema di Qualità.

Nei primi anni dello scorso secolo prendeva forma il controllo di qualità contemporaneamente alla crisi della domanda di mercato avvenuta negli anni venti e alla conseguente necessità, da parte delle imprese, di fornire prodotti a prezzi più bassi e a qualità più elevata. Gli studi sul controllo di qualità dagli anni ’20 agli anni ’50 erano tuttavia a contenuto prevalentemente statistico, di natura sperimentale, e poco applicati dalle imprese americane ed europee.

Solo dalla seconda guerra mondiale, grazie alle esperienze dell’industria bellica, il controllo di qualità trovava la piena affermazione non solo sul piano teorico ma anche sull’industria americana.

Negli anni ‘50 al controllo di qualità, concepito come livello di prestazione del prodotto, si affianca il concetto di affidabilità inteso come mantenimento delle prestazioni durante il ciclo di vita del prodotto .

Solo negli anni ‘60 la qualità si avviava ad assumere un contenuto manageriale con gli studi di Juran15 (1951) e di Feigenbaum16 (1961), fortemente caratterizzati da esperienze di consulenza nelle imprese americane, giapponesi ed europee.

Prendeva così forma il Controllo Totale della Qualità, fortemente legato alla qualità del prodotto e alla qualità del processo produttivo; mancava ancora quel concetto di qualità legato all’azienda che emergerà violentemente negli anni ottanta.

Una tappa di graduale avvicinamento al Sistema della Qualità è rappresentata dall’ “Assicurazione della Qualità” che si manifestava ala fine degli anni ‘70.

15 J. M. JURAN, Quality Control Handbook, Mc Graw-Hill, New York, II ediz. 1962. 16

(33)

Il termine “assicurazione” stava ad indicare che il Sistema della Qualità doveva garantire, assicurare, al cliente che il prodotto, il processo e l’organizzazione avessero la qualità richiesta.

Con la terminologia di Company Wide Quality Control si vuole indicare la via giapponese alla qualità. Il sistema giapponese del Cwqc ha qualcosa in più del tradizionale Total Quality Control americano.

Nel 1950 la Juse ( Japanese Union of Science and Engineering) decideva di invitare Deming in Giappone per insegnare il Total Quality Control a imprenditori e dirigenti giapponesi; nello stesso anno il miglioramento della qualità fu assunto come impegno fondamentale di tutta l’industria giapponese. Dal 1950 al 1970 la Juse faceva corsi sulla qualità per 14.700 tecnici, migliaia di capi reparto, migliaia di manager. Successivamente veniva fondata nel 1960 dalla Juse la rivista “Quality Control for

Foreman”, che consentiva di trasmettere i risultati raggiunti sulla qualità ad altre

aziende, ottenendo in tal modo una circolazione delle informazioni e scambi sinergici di esperienze.

Queste esperienze stanno a dimostrare come in Giappone la qualità non sia stata una metodologia proposta da studiosi e applicata da alcune imprese avanzate (come avvenuto in Italia), ma, sia piuttosto stata una scelta di fondo della Nazione per superare la concorrenza internazionale.

Il Company Wide Quality Control viene definito nello standard industriale giapponese 28101-1981:

“Un sistema di mezzi per produrre economicamente un bene o un servizio che

soddisfi le richieste del cliente. L’implementazione efficace di un controllo della qualità necessita della collaborazione di tutto il personale dell’azienda, coinvolgendo l’alta direzione, i direttori, i supervisori ed i lavoratori di tutte le aree di attività dell’azienda, quali la ricerca di mercato, la ricerca e sviluppo, la pianificazione del prodotto, i progetti, l’allestimento della produzione, gli acquisti, la direzione delle vendite, le ispezioni, le vendite ed i servizi post vendita, come pure il controllo finanziario, l’amministrazione del personale, le attività di istruzione ed educazione. Un controllo della qualità condotto in questo modo è definito Company Wide Quality Control”.

Questo progetto di qualità ha dato i migliori risultati e si ritiene che molti fattori di successo siano esportabili anche nelle altre realtà nazionali.

(34)

22

L’Europa ha scelto una via alla qualità fortemente regolamentata dalla standardizzazione, con un approccio prevalentemente tecnico riguardante la progettazione, la produzione, i controlli, i collaudi e i processi.

La normativa sulla Qualità prende il nome ISO dall’organizzazione internazionale (International Organization for Standardization), a cui aderiscono un centinaio di organizzazioni nazionali fra cui per l’Italia l’UNI.

La via europea ed italiana alla qualità si è sviluppata ulteriormente nell’ambito della certificazione della qualità che si può definire come l’attestazione rilasciata da un ente accreditato della conformità del Sistema di Qualità alle nome UNI17 EN18 ISO (9001:2000).

Il certificatore deve essere accreditato dal Sincert che garantisce della qualità della società certificatrice.

Purtroppo sulla certificazione della qualità numerosi sono i dubbi emersi nel corso degli ultimi anni in Italia. Infatti, nel consumatore è sorta l’erronea convinzione di una certificazione del prodotto, mentre in realtà si certifica l’esistenza di un manuale della qualità e la corretta attuazione del manuale nella realtà operativa. Ma ancora più pericolosa è la convinzione dell’imprenditore che con la certificazione della qualità si sia esaurito lo sforzo per l’attuazione di un Sistema Qualità.

La reazione nel mondo occidentale al Company Wide Quality Control giapponese parte dalla creazione di una nuova definizione del Sistema Qualità che prende nome di Total Quality Management.

Con tale definizione scompare il termine controllo e prende rilievo il termine gestione a sottolineare il superamento di un concetto di qualità sia del prodotto sia del sistema o processo aziendale.

Il TQM viene definito come “una filosofia di direzione che guidi il sistema verso

la soddisfazione totale del cliente e degli altri stakeholders”.

La Qualità Totale deve essere analizzata nel contesto delle scienze economico aziendali, al fine di evidenziare le relazioni esistenti tra la qualità e gli altri sistemi aziendali, quali la gestione, l’organizzazione, l’amministrazione e controllo.

Inoltre, la qualità deve essere analizzata nelle sue relazioni con le attività generatrici di valore (o anche con le funzioni e i processi aziendali) quali la logistica, la

17 UNI: Ente Nazionale Italiano di Unificazione. Associazione privata senza scopo di lucro che partecipa in rappresentanza dell’Italia all’attività normativa degli organismi internazionali ISO e CEN.

18 EN: identifica le norme elaborate dal CEN (Comité Europèen de Normalization). Le norme EN devono essere obbligatoriamente recepite dai Paesi membri CEN. La sigla diventa, nel caso dell’Italia, UNI EN.

(35)

produzione, il marketing e vendite, i servizi, gli approvvigionamenti, lo sviluppo delle tecnologie, la gestione delle risorse umane e le attività infrastrutturali19.

Infine, la qualità deve essere esaminata nell’ambito delle strategie e politiche aziendali al fine di cogliere da una parte il ruolo della qualità rispetto alle altre strategie aziendali e dall’altra di individuare la strategia vincente della qualità.

Questa molteplicità di relazioni della qualità con i Sistemi aziendali, con le attività generatrici di valore e con le strategie e politiche aziendali, fa emergere nella qualità un aspetto sistemico così rilevante da poterla definire Sistema della Qaulità.

La Qualità pertanto non è semplicemente una tecnica né una variabile strategica o organizzativa, né un’attività generatrice di valore, ma un vero e proprio Sistema con una sua autonomia scientifica di pari rilevanza rispetto agli altri fondamentali Sistemi aziendali: gestione, amministrazione e controllo, organizzazione.

2. La natura dell’attività di pianificazione e controllo

La natura dell’attività di pianificazione e controllo è essenzialmente di tipo

concettuale20, essendo rivolta a configurare sul piano immaginativo il concreto lavoro e le iniziative che hanno avuto, o che avranno, fattuale compimento. Attraverso i meccanismi di pianificazione e controllo l’uomo d’azienda si avvale di dispositivi e di strumenti logici e tecnici per aumentare la potenza d’intervento sul corso delle azioni. Si vuole, in pratica, affrontare il fondamentale problema del rischio, per ricercare soluzioni convenienti.

Più specificamente, per Pianificazione e controllo si deve intendere una tecnologia più o meno evoluta per governare l’attività umana esposta principalmente, ma non solo, alla non controllabilità degli eventi. Questa particolare tecnologia è costituita di svariati strumenti e metodologie, che formano un complesso dispositivo che si è prodotto, sviluppato e sedimentato attraverso un processo fondamentalmente di tipo culturale.

19 M. E. PORTER, Il vantaggio competitivo, Edizione di Comunità, Milano, 1987, pag. 59. Viene fatto riferimento alla Catena del Valore elaborata da Porter come strumento che mette in evidenza le relazioni tra le Attività Primarie e le Attività di Supporto. Porter classifica come Attività Primarie: Logistica in entrata, Attività operative, Logistica in uscita, Marketing e Vendite, Servizi; come Attività di Supporto: Approvvigionamento, Sviluppo della Tecnologia, Gestione Risorse Umane e Attività Infrastrutturali. 20

(36)

24

È bene specificare che l’attività di pianificazione e controllo possiede natura pervasiva e che pertanto si estende in tutte le ramificazioni dell’attività umana: nelle iniziative pubbliche e governative, in quelle militari, in quelle civili delle grandi opere, in quelle sportive, in quelle familiari e naturalmente in quelle individuali, persino in contesti sociali come gruppi e associazioni no-profit. Occorre quindi considerare l’attività di pianificazione e controllo aziendale come una specifica forma della più generale attività di pianificazione e controllo estensibile a qualsiasi iniziativa umana.

È pacifico condividere la natura pragmatica e non meramente contemplativa dell’attività di pianificazione e controllo, che mira a produrre soluzioni a problemi concreti e ad esigenze conoscitive: essa possiede, dunque, una natura strumentale rispetto a specifici fini che ne legittimano e ne sollecitano l’utilizzazione.

2.1. Il processo decisionale

Il rapporto tra pianificazione-controllo e azioni concrete non è diretto, ma è mediato da un processo logico-concettuale: il processo decisionale.

Le decisioni costituiscono le premesse delle azioni, vale a dire l’antefatto necessario per imprimere loro dei criteri di scelta, degli elementi di giudizio e di valutazione, delle preferenze, delle caratterizzazioni e delle specificità che conferiscono i requisiti della razionalità e della consapevolezza.

Le azioni umane non sono quindi mai automatiche e casuali, come quelle attribuibili invece alle macchine; presumibilmente neanche gli animali compiono gesti, per quanto detti istintivi, privi di fattori di contestualizzazione e caratterizzazioni soggettive. Anche nelle azioni ripetitive o qualificate come istintive sussiste sempre un processo decisionale a monte.

Il rapporto decisione-azione è dunque essenzialmente sequenziale, con una premessa (la decisione) ed una conseguenza (l’azione).

La continuità delle azioni modifica e complica l’ordine rigidamente sequenziale del rapporto decisione-azione, dal momento che le “azioni compiute” divengono fatti

(37)

temporale

storici, indizi, tracce, elementi di giudizio e di valutazione. Questi fatti compiuti costituiscono fonti di apprendimento che condizionano i successivi processi decisionali e, conseguentemente, il futuro corso delle azioni. Esiste, dunque, un vicendevole condizionamento delle decisioni e delle azioni.

La figura 2 illustra schematicamente questo flusso di relazioni interdipendenti, che comporta una durata di esplicazione, mettendo in campo il fattore tempo come dimensione del processo di apprendimento risultante da questo flusso circolare. Ne consegue il riconoscimento dell’importanza che esercita la memoria, come meccanismo di valorizzazione del patrimonio di relazioni decisione-azione che si sviluppano incessantemente e senza soluzione di continuità.

Il rapporto decisione-azione è dunque biunivoco e interattivo.

Figura 2.21 La reiterazione del processo decisione-azione

Per pianificazione e controllo si deve intendere un metodo razionale per impostare processi decisionali di qualità, sfruttando gli sviluppi metodologici che la tecnologia, in virtù dei progressi scientifici e dell’evoluzione delle best practice, ha saputo compiere.

21

P. BASTIA, Sistemi di pianificazione e controllo, Il Mulino, Bologna, 2001.

AZIONE DECISIONE

MEMORIA

VALUTAZIONE Durata

(38)

26

La relazione decisioni-azioni diventa, dunque, più complessa, secondo questa schematizzazione:

PIANIFICAZIONE e CONTROLLO DECISIONE AZIONE

La relazione mostra chiaramente la causalità che lega le azioni “giuste” o “sbagliate” alla presenza o all’assenza o al rigore di un metodo, ovvero alla superficialità, con cui viene condotta l’attività di pianificazione e controllo.

Si può osservare che, quando la scala dei problemi da gestire è notevole e la complessità delle azioni è critica, l’attività di pianificazione e controllo deve essere assolutamente condotta con adeguata competenza tecnica da soggetti in possesso di una cultura specifica all’altezza.

I processi decisionali sono attività umane, la cui natura è quella di organizzare l’azione conseguente, predisponendone le diverse caratterizzazioni attese: obiettivi, funzioni, tempi e sequenze, preferenze, priorità, esclusioni, confronti, contestualizzazioni.

L’azione condotta tramite un processo decisionale si può chiamare azione

organizzata, in quanto tesa ad un fine intenzionale rivelatore del punto di vista del decision maker. Questa assunzione mostra due caratteri essenziali delle azioni umane

rette da processi decisionali consapevoli: la libertà di scelta dell’attore decisionale e la

discrezionalità. Infatti, attraverso il processo decisionale, di cui è protagonista,

conferisce all’azione un patrimonio di elementi soggettivi che ne esprimono la manifestazione di libertà (intenzionalità). Inoltre, se non vi fossero processi decisionali, si avrebbero solo azioni automatiche e vincolanti, assolutamente prive di discrezionalità.

Il processo decisionale può essere di tipo intuitivo, ovvero razionale. Quello del primo tipo consiste in un processo che fa leva fondamentalmente sulla capacità immaginativa e sulle doti creative dell’uomo.

Il processo decisionale di tipo razionale è invece alimentato da una consapevole raccolta e selezione di informazioni rilevanti pertinenti al tipo di azione da intraprendere.

(39)

In concreto, comunque, intuizione e razionalità sono aspetti sempre presenti congiuntamente nei processi decisionali, con diverso grado di prevalenza dell’uno sull’altro. Il contributo dell’attività di pianificazione e controllo è principalmente rivolto all’aspetto razionale del processo decisionale, fornendo ad esso informazioni rilevanti secondo metodi non casuali, ma filtrati dalla ricerca scientifica e dalla miglior prassi professionale.

3. le componenti del Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo

Affinché il Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo sia sufficientemente ben implementato, e quindi, possa avere una qualche utilità ai fini decisionali e strategici dell’azienda, anche le sue componenti devono essere strutturate con criterio.

In particolare, il Sistema si forma di diverse componenti, tra le quali: la struttura

organizzativa dell’azienda, la struttura informativa, il processo, le rilevazioni e le informazioni di supporto al processo decisionale.

Figura 3. Schematizzazione del Sistema di Pianificazione, Programmazione e

Controllo. Struttura Informativa Struttura Organizzativa Processo Rilevazioni e Informazioni Sistema di Pianificazione, Programmazione e Controllo

Figura

Figura 2. 21   La reiterazione del processo decisione-azione
Figura  3.  Schematizzazione  del  Sistema  di  Pianificazione,  Programmazione  e  Controllo
Figura 4. Il processo di Pianificazione, Programmazione e Controllo
Figura 7. I fattori concorrenziali determinanti la configurazione strutturale del settore
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