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Gestione integrata del paziente con fratture vertebrali da fragilita.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa

Direttore: Prof. Bruno Rossi

Tesi di Specializzazione

GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE CON

FRATTURE VERTEBRALI DA FRAGILITA'

Relatore:

Prof. ssa Gloria Raffaetà

Candidata:

Dott.ssa Francesca Falossi

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SOMMARIO 1. INTRODUZIONE

2. FRATTURE VERTEBRALI DA FRAGILITÀ

2.1. Diagnosi

2.2. Quadro clinico e disabilità

2.3. Fratture vertebrali e alterazioni dell'equilibrio

3. MANAGEMENT DELLE FRATTURE VERTEBRALI

3.1. Trattamento conservativo

3.2. Trattamento chirurgico

3.3. Trattamento farmacologico

4. TRATTAMENTO RIABILITATIVO

4.1. La prevenzione delle cadute

4.2. Postura e mobilità

4.3. La compliance al trattamento

5. GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE CON FRATTURA VERTEBRALE DA FRAGILITÀ

5.1. Esperienza preliminare

5.2. Primi risultati

5.3. Discussione

6. L'ESAME STABILOMETRICO NEL PAZIENTE CON FRATTURA VERTEBRALE DA FRAGILITÀ: PRIMA ESPERIENZA

6.1. Esame baropodometrico statico e esame stabilometrico

6.2. Scopo dello studio

6.3. Materiali e metodi

6.4. Risultati

6.5. Discussione

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1. INTRODUZIONE

L’osteoporosi è uno dei principali problemi di salute delle donne nel periodo post-menopausale ed in generale nella popolazione anziana. È stato stimato che più di 200 milioni di persone sono affette da questa patologia e approssimativamente il 30% delle donne in post-menopausa in Europa e negli USA soffrono di osteoporosi. In Italia sono quasi 4000000 le donne affette da osteoporosi (Adami, et al, 2003).

La complicanza più temibile dell’osteoporosi è la frattura , sia spontanea che associata a trauma minore. Le fratture da osteoporosi possono coinvolgere vari distretti dell’apparato scheletrico. E’ stato calcolato che una donna di 50 anni ha una probabilità del 16% di fratturarsi il collo del femore, del 15% il bacino e del 32% le vertebre ed il rischio aumenta da 5 a 8 volte dopo una prima frattura vertebrale (Pollahne, 1999). Le fratture che insorgono a seguito di osteoporosi sono causa di notevole morbilità e mortalità, basta pensare alla frattura di femore che ha un rischio di “exitus” vicino a quello del tumore alla mammella, con una mortalità stimabile intorno al 5% in fase acuta e al 15-20% entro un anno (Rossini & Piscitelli, 2005). Sono anche un’importante causa di disabilità, infatti la disabilità deambulatoria permane nel 20% dei casi dopo frattura di femore e solo il 30-40% riacquista autonomia nelle precedenti attività di vita quotidiana. Tutto questo contribuisce a rendere l’osteoporosi una malattia con un importante impatto socio-economico.

La vertebre rimangono uno dei siti maggiormente colpiti dalle fratture da fragilità anche se spesso sottostimate non solo dal punto di vista diagnostico, ma anche dal punto di vista delle loro conseguenze su morbilità e mortalità.

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2. FRATTURE VERTEBRALI DA FRAGILITÀ

Dagli inizi degli anni ’80, il progressivo invecchiamento della popolazione dei paesi occidentali ha gradualmente fatto emergere il problema dell’aumento di incidenza delle fratture negli anziani.

I tassi di prevalenza delle deformità vertebrali mostrarono un incremento con l’aumento dell’età: negli uomini, risultarono di poco superiori al 10% nella fascia di età dai 50 ai 64 anni per arrivare al 21% circa nei soggetti oltre i 75 anni mentre per le donne i corrispondenti tassi sono rispettivamente del 5,5% nella fascia giovane per arrivare al 35% nelle donne oltre i 75 anni.

È stato stimato che una donna di 50 anni ha il 15,6% di probabilità di incorrere in una frattura vertebrale (Papaioannou & Adachi, 2003). Negli Stati Uniti il numero di fratture vertebrali è di circa 700000 all’anno, con costi annuali che si avvicinano ai 13,8 billion USD (Truumees, 2001).

Sulla base della stima della composizione attuale per età della popolazione italiana si possono calcolare 1 milione e 230 mila uomini e 1 milione e 500 mila donne sopra i 50 anni affetti da almeno 1 frattura vertebrale.

Infine, i dati europei sull’incidenza ci informano che ogni anno possiamo attenderci in Italia circa 36 mila nuove fratture nei maschi e 125 mila nuove fratture nelle donne di età superiore ai 50 anni. La maggior parte delle fratture vertebrali sono asintomatiche e solo il 30-40% giungono all’osservazione clinica (Gerdhem, 2013). In generale la maggior parte di queste deformità sono cedimenti a cuneo che si collocano nel tratto dorsale intermedio (D6-D8) o al passaggio dorso lombare (D12-L1).

Nei pochi studi che hanno cercato di definire le modalità di occorrenza delle fratture vertebrali da fragilità è emerso che dal 16% al 30% dei pazienti non ricorda l’evento determinante, dal 30% al 50% riferisce una caduta ed il restante 20% circa riferisce la concomitanza con svariate attività della normale vita quotidiana come sollevare un peso, flettersi in avanti o allungarsi per raggiungere un oggetto.

Quindi, sebbene solo il 20% circa delle fratture è attribuibile a modalità di comportamento è utile precisare come sia la flessione anteriore che il sollevamento di

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Infatti le forze di compressione del rachide vengono trasmesse dai dischi intervertebrali ai piatti vertebrali e da questi distribuiti alla trama trabecolare del corpo e al sottile guscio corticale, essendo la parte trabecolare quella che porta la maggior parte del carico. La resistenza del tessuto trabecolare vertebrale, che è in relazione alla sua densità apparente e alla sua architettura, rappresenta, in condizioni abituali di carico, il fattore di maggior peso nella valutazione del rischio di frattura della vertebra.

Con l’età si può assistere ad una riduzione fino al 50% della densità minerale ossea vertebrale con una riduzione selettiva delle trabecole orizzontali e perdita della connettività trabecolare che induce, indipendentemente dalla perdita di materiale, un ulteriore indebolimento delle caratteristiche meccaniche della struttura. Di conseguenza, il carico di rottura vertebrale passa dai 25 anni ai 75 anni da circa 8000 N a meno di 2000 N.

2.1 Diagnosi

La frattura vertebrale da fragilità può presentarsi con gradi di sintomatologia molto differenti, dal dolore acutissimo che costringe a letto, alla modesta lombalgia che perdura per diversi giorni. Poiché i cedimenti vertebrali si verificano nella grande maggioranza dei casi in persone anziane che sono frequentemente soggetti a rachialgie aspecifiche, spesso non vengono riconosciuti.

Il primo passo per la diagnosi rimane comunque l’esecuzione di un esame radiologico della colonna vertebrale in proiezione laterale sul quale eseguire una valutazione morfometrica.

Da un punto di vista classificativo le fratture vertebrali possono essere:

· cuneiforme: sono particolarmente frequenti nel tratto toracico, giacché la comune presenza della cifosi in questa regione fa sì che la forza maggiore agisca anteriormente.

· a vertebra concava: quando la lesione interessa soltanto una limitante somatica.

· a lente biconcava: se la deformazione interessa le due limitanti superiore ed inferiore .

Le deformità delle lamine vertebrali, sono molto frequenti nel tratto lombare, perché la comune lordosi di questa zona provoca un'azione più intensa sull'area centrale della vertebra.

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Da un punto di vista morfologico la deformità conseguente al crollo viene in genere classificata in base al sistema codificato da Genant.Si tratta di un metodo morfometrico che valuta la diminuzione in altezza del corpo vertebrale a livello del suo muro anteriore, del punto di mezzo e del suo punto posteriore ed identifica tre gradi di deformità:

- lievi: grado 1 (riduzione in altezza del 20-25%);

- moderate: grado 2 (riduzione in altezza del 25-40%);

- severe: grado 3 (riduzione in altezza del 40% o più).

2.2 Quadro clinico e disabilità

Sebbene una buona parte delle fratture vertebrali siano asintomatiche, il sintomo principale è solitamente il dolore acuto al rachide, spesso poco responsivo ai trattamenti farmacologici. Il dolore è di tipo meccanico, provocato dalla postura eretta e dal carico; spesso recede in posizione supina. Il dolore rachideo non sempre compare in maniera acuta: può anche svilupparsi progressivamente mano a mano che la vertebra, inizialmente poco deformata, si comprime. Sono noti anche casi di fluttuazione nell’insorgenza del dolore con accentuazioni e recrudescenze a distanza di settimane o mesi. Solitamente il dolore recede nell’arco di alcune settimane o mesi, ma può anche diventare cronico, soprattutto se la frattura si associa ad una marcata deformità della vertebra, con alterazione delle curvature fisiologiche della colonna, in particolare un aumento della cifosi dorsale, e la conseguente deformazione e tensione delle strutture e dei tessuti paravertebrali.

Nella valutazione del dolore è necessario porre attenzione alla diagnosi differenziale con altre patologie osteo-articolare o extra-ossee come spondiloartrosi, entesiti, sacro ileiti, disciti, lombalgie di origine muscolare, etc.

Il dolore da frattura vertebrale è localizzato centralmente, mai laterale, in corrispondenza della vertebra fratturata. È presente dolore alla digito pressione e alla percussione. I sintomi radicolari se presenti sono di norma bilaterali ed interessano la regione toracica. Altro sintomo associato può essere la costipazione grave, fino all’ileo paralitico.

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Tra i segni evidenti all’esame obiettivo, il dorso curvo è spesso il segno patognomonico di frattura vertebrale da osteoporosi. Tipicamente infatti i corpi vertebrali toracici si deformano a cuneo con assottigliamento della parete frontale e conseguente aumento della concavità cifotica. Anche una riduzione drastica della statura in pochi mesi o anni è un segno importante che depone a favore di fratture multiple.

L’ipercifosi dorsale, la protusione della testa e nei casi più gravi la flessione della ginocchia, sono le caratteristiche principali del paziente con frattura vertebrale da fragilità. L’ipercifosi oltre a causare dolore locale, determina un inappropriato stiramento dei ligamenti e della muscolatura paravertebrale. Spesso si instaura una iperlordosi lombare compensativa, responsabile di lombalgia. Inoltre l’alterato allineamento posturale, insieme alla riduzione della mobilità rachidea determina alterazioni del controllo posturale sia in statica che in dinamica.

L’ipercifosi determina anche alterazioni a livello polmonare, come la riduzione dei volumi respiratori, ed alterazioni a livello dell’apparato gastroenterico come l’ernia iatale.

La riduzione della qualità di vita in seguito a frattura vertebrale è stata descritta come persistente per molti anni e più a lungo rispetto ad altre fratture associate a osteoporosi (Borgstrom & Zethraens, 2006). Le fratture vertebrali sono inoltre associate ad una bassa aspettativa di vita, ed a una più alta mortalità sia negli uomini che nelle donne (Center & Nguyen, 1999).

2.3 Fratture vertebrali e alterazioni equilibrio

Un importante conseguenza delle fratture vertebrali sono anche i disturbi dell’equilibrio determinati da uno sbilanciamento in avanti del baricentro del corpo con conseguente aumento del rischio di cadute e di nuove fratture. Infatti le fratture vertebrali sono associate a riduzione del controllo muscolare, paura di cadere e riduzione della funzionalità, se paragonate ad individui senza storia di frattura vertebrale (Greig et al, 2007).

L’equilibrio è un concetto multidimensionale riferito alla capacità della persona di non cadere. L’abilità di raggiungere e mantenere uno stato di equilibrio durante ogni postura o attività è chiamato “controllo posturale”. Un adeguato controllo posturale è il risultato

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di un complesso sistema cibernetico definito come sistema tonico-posturale che si articola a tre livelli. L’informazione proveniente dall’ambiente esterno giunge attraverso i recettori periferici e viene elaborata a livello del sistema nervoso centrale (corteccia sensitivo-motoria, nuclei della base, talamo, cervelletto, tronco encefalico e midollo spinale) ed inviata alle strutture effettrici (muscoli scheletrici e catene muscolari). I recettori attraverso i quali l’informazione arriva al SNC sono numerosi. I più importanti sono il sistema vestibolare, il sistema visivo, l’apparato stomatognatico ed il sistema esterocettivo, in particolare quello a livello podalico. Inoltre le informazioni posturali giungono anche attraverso i recettori muscolari, tendinei e cutanei. E’ noto che il processo di invecchiamento produce tutta una serie di cambiamenti fisiologici come ipotrofia muscolare, debolezza, riduzione della capacità visiva e dell’udito ed ognuno dei quali rappresenta un fattore di rischio per la caduta, senza contare le numerose comorbilità di cui spesso i pazienti anziani sono affetti (sindrome di Parkinson, neuropatie periferiche, artropatie, depressione, decadimento cognitivo, etc.).

Nelle persone anziane la postura subisce modificazioni che possono portare ad una riduzione dell’equilibrio e conseguentemente un aumentato rischio di caduta. Le fratture vertebrali sono associate a dolore, riduzione del controllo muscolare del tronco, paura di cadere, riduzione delle condizioni fisiche. Inoltre l’aumento della cifosi dorsale, la conseguente postura flessa, la protusione della testa contribuiscono alla perdita di equilibrio e all’aumento del rischio di caduta. Da una recente review del 2012 (Maartje & Hanna, 2012) si evince che c’è evidenza in letteratura di alterazioni del controllo posturale in pazienti osteoporotici, in pazienti con postura flessa ed in pazienti con fratture vertebrali, ma pochi sono gli studi che utilizzano indagini strumentali. Per quanto riguarda i pazienti con fratture vertebrali, (Greig et al, 2007) hanno trovato una significativa differenza fra donne con e senza fratture vertebrali per quanto riguarda il dislocamento medio antero-posteriore del COP. Secondo Ishikawa et all (Ishikawa, 2009) c’è correlazione fra lordosi lombare, inclinazione anteriore della colonna e instabilità posturale con conseguente incremento del rischio di frattura. Termoz et all (Termoz, 2008) ha dimostrato con la piattaforma dinamometrica che il meccanismo della caviglia (nel controllo dell’equilibrio) è più frequentemente utilizzato nei soggetti giovani, mentre il meccanismo delle anche è più frequentemente utilizzato nei soggetti anziani ed è anche meno accurato. Uno studio del 2009 eseguito con valutazione

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negli anziani rispetto ai soggetti giovani, dovuto ad un aumento delle oscillazioni con instabilità posturale (Woollacott, 1993).

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3. MANAGEMENT DELLE FRATTURE VERTEBRALI

Nella gestione di un paziente affetto da una frattura vertebrale da fragilità ossea si susseguono diverse fasi: il trattamento dell’evento acuto, il trattamento della malattia di fondo, le misure di prevenzione di ulteriori fratture e la fase riabilitativa.

Purtroppo ancora oggi non c’è accordo ed unanimità fra i tipi di trattamenti proposti o tra i tempi di durata. Anche in letteratura manca una standardizzazione del trattamento, per cui resta difficile anche confrontare studi diversi che dimostrino l’efficacia di un trattamento rispetto ad un altro.

Trattamento dell’evento acuto

Gli obiettivi del trattamento in fase acuta di una frattura vertebrale da fragilità ossea sono: la guarigione della frattura, il controllo del dolore ed il contenimento della deformità.

Si possono individuare due modalità di trattamento: conservativa e chirurgica, a cui si affianca comunque il trattamento farmacologico.

3.1 Trattamento conservativo

Le misure conservative più utilizzate per il trattamento delle fratture vertebrali sono il riposo, gli analgesici e l’uso di tutori ortopedici. Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, la prima scelta dovrebbe prevedere l’utilizzo di paracetamolo, in secondo i FANS anche se, considerati i rischi gastrointestinali e cardiocircolatori, il loro uso dovrebbe essere limitato. L’aggiunta di codeina o tramadolo può essere sufficiente nei casi di dolore moderato e nei casi di dolore severo può essere giustificato l’uso di ossicodone o derivati degli oppioidi (Cherubino et al, 2012). Anche alcuni farmaci utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi possono avere effetti sul dolore come per esempio il clodronato, il pamidronato, la calcitonina e il teraparatide (Rovetta & Maggiani, 2001) (Armingeat & Brondino, 2006) (Hadji & Zanchetta, 2012).

Il cardine del trattamento conservativo delle fratture vertebrali è il trattamento ortesico con il quale si perseguono tutti e tre gli obbiettivi del trattamento: controllo del dolore,

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guarigione della frattura e controllo della deformità. In letteratura purtroppo non c’è accordo ne sul tipo di corsetto da utilizzare, ne sulla durata del trattamento.

La gravità della frattura e la sintomatologia guideranno il trattamento. In caso di frattura moderata o severa secondo i criteri di Genant o potenzialmente evolutiva e per tutte le fratture con elevata sintomatologia dolorosa sarà opportuno l’utilizzo di un corsetto rigido a tre punti (detto ortesi di supporto toracolombosacrale – TLSO – dagli autori anglosassoni) per 6-12 settimane. Per le fratture lievi con basso potenziale evolutivo e con sintomatologia contenuta potrà essere utilizzato anche un corsetto di estensione attiva del tronco tipo Spinomed per 4-8 settimane.

Possibili controindicazioni all’uso del corsetto sono: una statura inferiore a 150cm, la presenza di dispnea o di malattie polmonari cronico ostruttive, la presenza di ernia iatale o inguinale, l’obesità moderata e severa e le forme più gravi di cifosi.

Per i tempi di rimozione del corsetto faranno da guida, insieme ad un controllo radiografico che potrà essere eseguito a 6-8 settimane, la riduzione della sintomatologia dolorosa e soprattutto la scomparsa del dolore elettivo alla percussione della spinosa della vertebra fratturata.

In genere, nei giorni seguenti, l’associazione del tutore con il regime di carico controllato e gli esercizi di rilassamento sono piuttosto efficaci nel contenere il dolore e l’utilizzo degli analgesici si riduce sensibilmente.

Nelle fratture moderate o severe ed in tutte quelle con elevato rischio evolutivo è buona regola eseguire una radiografia di controllo a 7-14 giorni dalla precedente per verificare che lo schiacciamento non stia progredendo. In caso di progressione bisognerà rivedere la compliance al corsetto, le istruzioni riguardo al regime di carico programmato ed eventualmente indirizzarsi verso un trattamento chirurgico.

Anche nel caso in cui il dolore persista elevato o riprenda dopo un periodo di apparente riduzione si rende necessaria una rivalutazione tenendo presente la possibilità di un ulteriore crollo vertebrale o il peggioramento di quello noto.

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3.2 Trattamento chirurgico

Il trattamento chirurgico delle fratture vertebrali da fragilità ossea si basa sulle metodiche della vertebroplastica e della cifoplastica. Il ricorso al trattamento chirurgico si pone in 3 situazioni: quando il controllo del dolore, a giudizio del paziente, è insufficiente; quando il trattamento conservativo non riesce a controllare la progressione della deformità; quando il paziente sceglie il trattamento chirurgico in virtù dei supposti vantaggi di quest’ultimo.

La vertebroplastica è stata descritta per la prima volta da Galibert nel 1987. La metodica prevede il rinforzo della struttura del corpo vertebrale mediante l’iniezione di polimetilmetacrilato (PMMA) attraverso un ago di calibro 11 o 13 inserito per via percutanea. L’ago viene introdotto nel soma vertebrale attraverso il peduncolo vertebrale (accesso transpeduncolare) o per via extrapenduncolare sotto guida ampliscopica fino al centro del corpo vertebrale ed una volta raggiunta questa posizione viene iniettato il PMMA che si infiltra nel reticolo trabecolare della vertebra rafforzandone la struttura. L’indicazione per la vertebroplastica comprende la stabilizzazione delle fratture vertebrali dolorosa dovute ad osteoporosi, metastasi, mieloma multiplo, angiomi, pseudartrosi vertebrali ed emangiomi.

La cifoplastica è un evoluzione della vertebroplastica introdotta a partire dal 2000. Essa comporta l’introduzione nel corpo vertebrale, con una cannula percutanea e con tecnica analoga alla vertebroplastica, di un palloncino gonfiabile che ha lo scopo di creare una cavità all’interno del corpo vertebrale e di sollevare eventuali avvallamenti delle limitanti, ripristinando almeno in parte l’altezza della vertebra interessata dalla frattura. Le indicazioni per la cifoplastica includono le fratture vertebrali dolorose e progressive da osteoporosi o da osteolisi, ma non è consigliata nel caso di metastasi infiltrative non osteolitiche. La maggior parte degli autori suggerisce che la correzione della deformità vertebrale possa essere ottenuta fino a 6 settimane – tre mesi dalla frattura.

Il risultato clinico più rilevante di queste metodiche è la pressoché immediata riduzione del dolore e di pari passo con la riduzione del dolore si osserva una riduzione della disabilità.

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Rimangono scarse le informazioni sulla durata del beneficio a distanza, sebbene un paio di studi confermino il mantenimento della riduzione del dolore e della disabilità a 12 mesi dall’intervento.

Le possibili complicanze per vertebro- e cifoplastica includono: stravaso di cemento dal corpo vertebrale verso il disco o lo spazio epidurale con casi riportati in letteratura in cui è stato necessario ricorrere alla decompressione chirurgica; radicolopatia da compressione; edema polmonare con infarto del miocardio; stravaso del cemento nel sistema venoso della cava e della azygos; emboli di cemento a livello polmonare; fratture costali; emorragia; infezione; pneumotorace.

Il tasso di complicanze è comunque molto basso e si stima inferiore all’1% delle fratture trattate in mani esperte.

Il trattamento va comunque intrapreso dopo un attenta valutazione del paziente e delle possibili controindicazioni:

Assolute:

- fratture o metastasi con compromissione del canale vertebrale;

- vertebra plana;

- infezioni vertebrali o sepsi;

- Alterazioni della coagulazione o rischio di sanguinamento.

Relative:

- lesioni metastatiche o fratture con muro posteriore compromesso o interessato;

- collasso con meno di 1/3 dell’altezza rimanente;

- giovane età;

- compromissione cardiopolmonare;

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3.3 Trattamento farmacologico

L’occorrenza di una frattura vertebrale comporta un incremento fino a 5 volte del rischio di una seconda frattura. Certamente, il trattamento farmacologico con farmaci attivi di dimostrata efficacia può dimezzare il rischio di frattura. Inoltre, anche una buona informazione al paziente che illustri la malattia, il significato della fragilità ossea che essa comporta ed indicazioni precise sulle attività a rischio possono modificare favorevolmente l’andamento clinico. Le prime misure preventive che devono essere prese in considerazione fin dalla prima diagnosi di frattura vertebrale sono la supplementezione di calcio (1,2-1,5 g/die) e vitamina D (600-800UI/die). La supplementazione con calcio e vitamina D, che ha un ruolo primario nell’ambito delle misure generali da adottare nel paziente osteoporotico, è raccomandata anche come associazione ad altri farmaci impiegati nel trattamento delle fratture da fragilità.

I trattamenti farmacologici principali utilizzati nella prevenzione delle fratture sono i bisfosfonati, il denosumab, il raloxifene, il teriparatide, l’ormone paratiroideo. Tutti questi farmaci si sono dimostrati efficaci nel ridurre il rischio di fratture vertebrali se somministrati con una corretta supplementazione di calcio e vitamina D. Alendronato, risedronato, zoledronato, denosumab hanno un’efficacia antifratturativa non solo a livello vertebrale, ma anche a livello degli altri siti. Questo è un dato importante nella scelta del farmaco da somministrare, in quanto, dopo una prima frattura, il rischio di rifrattura in ogni sito è indipendente dai livelli di BMD, quindi è preferibile un intervento che copra i maggiori siti di frattura (Hernlund, 2013). In generale, molti farmaci attualmente disponibili mostrano, quando utilizzati nella comune pratica clinica, delle limitazioni che riguardano principalmente il loro profilo di tollerabilità e la capacità dei pazienti di aderire a trattamenti a lungo termine. Per i bisfosfonati orali, sono le peculiari modalità di somministrazione (a digiuno, con abbondante acqua, in posizione eretta), la frequenza di somministrazione e gli effetti collaterali a livello gastroesofageo a limitarne l’uso ed a comprometterne l’aderenza a lungo termine, che risulta scarsa anche quando si utilizzano regimi con minore frequenza di somministrazione (settimanale o mensile). Per i bisfosfonati somministrati per via endovenosa invece, sono i potenziali effetti collaterali (reazioni di fase acuta) unitamente alla necessità di personale specializzato, a volte solo nel contesto di strutture ospedaliere, a limitarne la prescrizione. Per gli agenti osteoanabolici, quali teriparatide e

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PTH 1-84, è la somministrazione per via sottocutanea giornaliera unitamente al costo molto più elevato delle altre molecole a limitarne la prescrizione soltanto a categorie di pazienti con forme più gravi di osteoporosi. Un farmaco di efficacia dimostrata e che offre buona tollerabilità ed una buona compliance nel paziente è il denosumab. Il problema della compliance e soprattutto della persistenza, sono un aspetto importante nel trattamento dell’osteoporosi. C’è una grande quantità di studi che dimostra che circa il 50% dei pazienti arriva ad abbandonare il trattamento durante il primo anno dalla prescrizione. L’assunzione di una terapia antiosteoporotica per periodi inferiori ai sei mesi, non modifica la probabilità di andare incontro a eventi fratturativi. La prescrizione di un farmaco che di fatto non viene utilizzato dal paziente in modo adeguato ha implicazioni negative sull’efficacia del trattamento, che si traducono in un aumento delle prestazioni mediche e dei ricoveri ospedalieri, con un conseguente incremento dei costi di gestione della patologia e un inefficiente utilizzo delle risorse sanitarie. I nuovi farmaci con modalità di somministrazione annuale o semestrale e con maggiore tollerabilità teoricamente potrebbero aumentare l’aderenza alla terapia. Anche l’educazione ed il monitoraggio precoce in corso di trattamento hanno dimostrato aumentare la compliance dei pazienti (Clowes & Peel, 2004).

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4. TRATTAMENTO RIABILITATIVO

Il trattamento riabilitativo dei pazienti con frattura vertebrale da osteoporosi è un intervento orientato a più obiettivi e di tipo multidisciplinare, che deve inserirsi in un quadro ampio di interventi, accanto a quelli farmacologici, ortesici ed eventualmente chirurgici e alla modificazione dell’ambiente e delle abitudini di vita per evitare cadute, posture sbagliate etc.

I principali problemi da trattare in questi pazienti sono:

- il dolore;

- la mobilità articolare;

- il tono-trofismo, la forza e la resistenza muscolare;

- la deformità del rachide e le alterazioni posturali;

- l’equilibrio, la coordinazione motoria e la deambulazione;

- la disabilità e la riduzione della qualità della vita.

La difficoltà nel trattare questi tipi di pazienti è dimostrata dal fatto che molto spesso si crea un circolo vizioso in cui il dolore e la paura di nuove fratture inducono il paziente all’inattività generando ulteriore riduzione della qualità della vita, depressione, alterazioni posturali e dell’equilibrio.

Il trattamento riabilitativo deve differenziarsi in base alla fase clinica in cui si trova il paziente.

Fase acuta

Il trattamento riabilitativo in questa fase ha come obiettivi principali il controllo del dolore e la prevenzione delle complicanze legate all’immobilità. Infatti questa è la fase in cui il paziente è allettato per un periodo variabile (in media 2-3 settimane). È importante in questa fase provvedere al corretto posizionamento a letto, alla prevenzione delle piaghe da decubito, delle limitazioni articolari, dell’ipotrofia e delle retrazioni muscolari.

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Fase post-acuta

Durante questa fase il paziente inizia il training del passo e della deambulazione, il rinforzo muscolare degli arti e vengono introdotti esercizi isometrici per la muscolatura del tronco. Utili saranno anche esercizi di coordinazione motoria.

Fase dello svezzamento

In questa fase prenderanno sempre più importanza gli esercizi attivi di mobilizzazione della colonna. In particolare saranno utili esercizi isometrici ed isotonici della muscolatura anticifotizzante (muscoli estensori del rachide) e solo isometrici per i muscoli addominali.

Sebbene non ci sia chiarezza sul management delle fratture vertebrali in fase acuta e post-acuta, è ormai consolidata l’indicazione all’utilizzo di busti rigidi per periodi limitati, possibilmente sempre in associazione con un adeguato protocollo fisioterapico. Infatti, è noto che nel paziente fratturato a livello vertebrale c’è una riduzione della forza dei muscoli spinali ed un alterato controllo neuromuscolare della muscolatura paravertebrale (Briggs & Greig, 2007). L’esercizio fisico si è mostrato molto utile in vari studi per il controllo del dolore e il miglioramento della qualità di vita: contribuisce infatti al controllo dei riflessi e delle posture antalgiche e riduce l’edema associato alla frattura (Francis, 2008).

In questa fase risultano molto utili le terapie fisiche strumentali come le TENS, le correnti diadinamiche, la ionoforesi, la termoterapia, etc. Una terapia fisica che trova indicazione in questo tipo di pazienti sia per l’effetto puramente antalgico, sia per l’effetto biostimolante, è la magnetoterapia.

Fase cronica

Nella paziente con frattura vertebrale da osteoporosi il trattamento riabilitativo ha questi obiettivi principali:

- ridurre il dolore;

- aumentare la forza, la flessibilità e la capacità aerobica;

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- migliorare l’equilibrio e la coordinazione;

- prevenire le cadute e le rifratture;

- informare (regole di vita, fattori di rischio per cadute, etc.);

- prevenire la riduzione della densità minerale ossea.

Alcune reviews e meta-analisi hanno riportato effetti positivi dell’esercizio sulla densità minerale ossea, sulla forza muscolare, sulla qualità di vita, sulla riduzione delle cadute e fratture in soggetti con osteoporosi o osteopenia (De Kam & Smulders, 2009) (Li & Chien, 2009) (Wallance & Cumming, 2000). Nei soggetti con frattura vertebrale il rischio di caduta è incrementato dalla deformazione sul piano assiale. Vari RCTs hanno concluso che programmi di esercizi di rinforzo muscolare combinati ed esercizi di coordinazione, producono i migliori risultati in termini di equilibrio, BMD e funzionalità fisica (Hourigan & Nitz, 2008) (Burke & Franca, 2010). Altri RCTs riportano benefici di protocolli di esercizi nella riduzione del dolore, miglioramento della qualità di vita e coordinazione (Gold & Shipp, 2007) (Papaioannou & Adachi, 2003).

Di seguito sono riportate le raccomandazioni delle linee guida nazionali SIMFER riguardo il trattamento riabilitativo di donne osteoporotiche con storia di fratture (Bonaiuti et al 2005) (Valobra, Gatto, Monticone, 2008).

Di fronte ad una paziente con frattura vertebrale da fragilità, la scelta degli esercizi da eseguire deve tener conto principalmente della tolleranza che in queste pazienti può essere molto bassa, pertanto qualsiasi forma di esercizio deve essere avviata con intensità assai bassa. Per quanto riguarda il rinforzo muscolare occorre iniziare con bracci di leva corti e esercizi contro gravità senza pesi. Molto utili possono essere sedute di idrocinesiterapia in acqua calda o crenocinesiterapia. Infatti, sebbene non esistano evidenze che l’idrocinesiterapia sia di efficacia per il trofismo osseo, questi esercizi possono essere utili per il benessere soggettivo, per aumentare la capacità aerobica, la forza muscolare e il controllo del dolore. Esercizi di controllo sequenziale conoscitivo, esercizi di bio-feedback propriocettivo sono consigliabili per migliorare il controllo posturale e del movimento.

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- gli esercizi non devono essere di alto impatto; non devono essere effettuate torsioni e flessioni, poiché possono causare ulteriori cedimenti vertebrali;

- sono raccomandati esercizi a basso impatto usando la gravità e il solo peso del corpo;

- tutti gli esercizi devono essere progressivi in termini di intensità e impatto.

4.1 La prevenzione delle cadute

Sono di primaria importanza la rilevazione di fattori intrinseci di aumentato rischio di cadute (disturbi visivi, articolari soprattutto agli arti inferiori, ipostenia, coordinazione, equilibrio, terapie farmacologiche abituali etc) ed estrinseci (ambiente, organizzazione della giornata etc). tutti questi fattori devono essere evidenziati e per essi deve essere ricercato un rimedio. Il Tai Chi è stato studiato in letteratura dimostrando di essere efficace nella prevenzione del rischio di caduta. In generale i programmi che migliorano l’equilibrio, la forza muscolare, la coordinazione sono raccomandabili. Deve essere promossa ogni attività che migliori la coordinazione e l’equilibrio, come per esempio il semplice esercizio della posizione monopodalica ripetuta più volte al giorno. Può essere utile valutare anche la necessità di ausili per la deambulazione.

4.2 Postura e mobilità

L’ipercifosi dorsale è un segno spesso presente in queste pazienti e spesso accompagnato da dolore. L’educazione posturale e l’autocorrezione sono molto importanti per ridurre i problemi di dolore e di disturbi respiratori. Come attività ad alta compliance, va promosso il cammino veloce per 1 ora al giorno, almeno 3 volte alla settimana. Gli esercizi di rinforzo dei muscoli estensori del tronco sono importanti per prevenire il peggioramento delle deformità e la perdita ossea. Vanno incoraggiati anche esercizi di ginnastica respiratoria ed esercizi per incrementare l’espansione toracica. Lo stretching per migliorare l’estensibilità muscolotendinea deve essere compreso in ogni programma, per i maggiori gruppi muscolari degli arti superiori e di quelli inferiori.

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4.3 La compliance nei programmi di trattamento

In diversi studi è evidenziato il problema della compliance dei soggetti. L’abbandono può essere dovuto a varie cause, dalla mancanza di motivazione o interesse, a cause di forza maggiore come questioni logistiche, aggravamento dello stato di salute. Questo riguarda studi con attività fisiche diverse e si riscontra sia in gruppo di studio sottoposti ad esercizio, sia nei controlli sottoposti solo a visite periodiche. Una programmazione di esercizi a medio termine, fino a 2 anni, si è dimostrata utile sia per garantire una costanza nella partecipazione da parte dei pazienti, sia per ottenere i benefici terapeutici desiderati e mantenerli nel tempo anche dopo la cessazione del programma (Hongo & Itoi, 2007) (Sinaki & Itoi, 2002). Fra le raccomandazioni nelle Linee Guide SIMFER troviamo la personalizzazione del trattamento sul paziente in base ad età, BMD, attività fisica svolta abitualmente, rischio di cadute, insieme alla semplicità dei programmi da eseguire, la bassa intensità e la periodicità. È comunque necessaria una notevole opera di rassicurazione sui benefici a fronte dei rischi legati all’esercizio fisico, nonché di insegnamento e convincimento a praticare gli esercizi in autonomia e con costanza.

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5. GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE CON FRATTURA VERTEBRALE DA OSTEOPOROSI

Dal Febbraio 2014 è nato presso il Dipartimento delle Malattie del Muscolo, dello Scheletro e della Cute dell’Azienda-Ospedaliero-Universitario-Pisana un ambulatorio multidisciplinare per “la diagnosi, cura e riabilitazione delle fratture vertebrali da osteoporosi”.

La frattura vertebrale, oltre ad essere spesso sotto diagnosticata, è sottovalutata anche dal punto di vista delle ripercussioni che ha sulla vita quotidiana,sia in termini di sintomatologia dolorosa, che in termini di disabilità. Inoltre non esiste ad oggi un trattamento standardizzato, e molto spesso non c’è accordo tra le diverse figure specialistiche su tipologie e tempi dei trattamenti proposti. È importante inoltre garantire un trattamento appropriato che riduca il rischio di rifrattura. Questo deve essere garantito da un lato, da un buon trattamento farmacologico, calibrato sul paziente e che implica quindi un buona conoscenza delle terapie anti-osteoporotiche, dall’altro da un corretto intervento fisioterapico che oltre ad agire sulle deformità presenti, sul controllo del dolore, sul miglioramento in generale della funzionalità, deve avere fra i suoi obiettivi il miglioramento dell’equilibrio e di conseguenza la riduzione del rischio di caduta. È chiaro quindi che l’approccio a questa tipologia di pazienti deve essere di tipo multidisciplinare.

L’ ambulatorio riunisce tre diverse figure specialistiche: un fisiatra, un ortopedico ed un reumatologo. Ogni specialista, in base alle proprie competenze e specificità, contribuisce a garantire una presa in carico globale di questo tipo di paziente. Abbiamo scelto di analizzare quindi i pazienti affetti da frattura vertebrale sotto diversi aspetti, utilizzando strumenti di misura e scale specifiche per ogni ambito.

Per ogni paziente è stata compilata una scheda di raccolta dei dati anagrafici, anamnestici, clinici e per gli esami di laboratorio. La scheda offre una buona sintesi fra i dati anamnestici e i dati che meglio descrivono il paziente sotto il profilo del rischio fratturativo.

Per quanto riguarda le schede di valutazione, abbiamo scelto di inserire una scala di valutazione della qualità di vita che avesse come prospettiva quella del paziente: la scala EuroQol-5Dimension (EQ-5D) (Balestroni & Bertolotti, 2012). Questa scala, validata a

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livello europeo, è un questionario standardizzato per la misura della “Health-Related Quality of Life (HRQL), ovvero della qualità di vita correlata alla salute. Questo strumento è costituito da due sezioni distinte. Nella prima c’è una valutazione soggettiva per cinque dimensioni (mobilità, cura di se, attività quotidiane, dolore/fastidio e ansia/depressione) ognuna delle quali prevede la possibilità di scegliere un livello di gravità mediante risposte graduate da 1 a 3. La seconda sezione dell’EQ-5D include una valutazione mediante analogo visivo (VAS) rappresentata graficamente da una scala graduata che va da 0 (peggiore stato di salute possibile) a 100 (miglior stato di salute possibile) sulla quale l’intervistato indica il proprio livello di salute percepito. Infine è possibile utilizzare un algoritmo che consente un calcolo di un punteggio sintetico dello stato di salute percepito compreso fra 0 e 1 (più si avvicina ad 1, migliore è la percezione del proprio stato di salute).

Per quanto riguarda l’aspetto riabilitativo abbiamo valutato l’articolarità del rachide in toto e l’articolarità degli arti inferiori e superiori. È stata valutata la forza muscolare dei principali gruppi muscolari secondo la scala MRC.

Abbiamo scelto di eseguire il test del cammino in 20 m per valutare la deambulazione del paziente.

Per quanto riguarda i parametri antropometrici abbiamo misurato l’altezza e le curve sagittali. In particolare abbiamo misurato (in cm) la distanza occipite-muro, la freccia cervicale, la distanza piano scapolare-muro, la freccia lombare, la distanza piano gluteo-muro.

Per quanto riguarda la disabilità abbiamo scelto di utilizzare la scala Barthel (Mahoney & Barthel, 1965).

Sotto il punto di vista clinico abbiamo utilizzato la scala CIRS per valutare il grado di comorbilità e l’indice di severità dei pazienti (Parmalee et al, 1995).

Abbiamo inoltre utilizzato la scala Geriatric Depression Scale (GDS), forma breve, per valutare i pazienti dal punto di vista psicologico (Sheikh & Yesavage, 1986).

Sulla base delle valutazioni fatte viene impostata una terapia per l’osteoporosi integrata da un corretto apporto di Vitamina D e calcio, una adeguata terapia antidolorifica e un

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Per quanto riguarda il trattamento riabilitativo proposto, è importante considerare in primo luogo il tempo intercorso dalla frattura. Se una frattura è recente la scelta sarà di un trattamento prevalentemente antidolorifico. Possono essere eseguite sedute di terapia fisica strumentale, valutando ovviamente caso per caso, eventuali controindicazioni. Una terapia fisica molto indicata in questa fase sarà la magnetoterapia.

Anche la riabilitazione in ambiente termale può essere molto utile in questa fase in quanto consente di effettuare esercizi in completo scarico della colonna e quindi sicuri. Inoltre, l’acqua termale, grazie alle sue proprietà chimico-fisiche, ha un’importante azione antidolorifica e miorilassante che la rendono particolarmente adatta al trattamento di questi pazienti.

Per quanto riguarda il trattamento fisiocinesiterapico, dopo una revisione della letteratura e soprattutto alla luce di un’esperienza positiva condotta in collaborazione fra la clinica reumatologica e gli ambulatori di fisiatria della AOUP, abbiamo ideato un protocollo riabilitativo calibrato per questa tipologia di pazienti. Il protocollo, basato su sedute quotidiana della durata di 40 minuti circa, prevede esercizi in posizione supina, in posizione seduta ed in posizione eretta. La caratteristica principale di questo protocollo è quella di essere costituito da esercizi sicuri, ben tollerati da parte del paziente e soprattutto semplici, che possano essere facilmente ripetuti anche in ambito domestico. Questo per aumentare la compliance al trattamento. Inoltre alle pazienti, al termine del trattamento, viene consegnato un protocollo di esercizi, completo di figure e spiegazioni, da eseguire a domicilio.

5.1 Esperienza preliminare e primi dati

Dal Febbraio 2014 abbiamo valutato 33 pazienti, 32 donne e 1 uomo con età media di 71,9 anni (min. 55, max. 87). La tabella 1 mostra i risultati medi dei vari parametri analizzati.

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Età 71,90625 Media cadute 0,9393939 BMI 26,63 Dexa FT -2,033333 Dexa FN -2,443478 Dexa W -3,02381 Dexa L1-L4 -2,850952 Vas cervicale 2,7741935 Vas dorsale 3,3548387 Vas lomb 6,0645161 Barthel 93,833333 Test cammino in 20 m (sec) 32,841379 distanza occ (cm) 8,1166667 Freccia cerv (cm) 11,35 GDS 4,5483871 CIRS sev 1,7829032 CIRS com 3,4333333 Vit D (ng/ml) 19,104762

Tabella 1 – Risultati medi dei vari parametri analizzati

Il numero medio di cadute nell’ultimo anno è stato di circa 1. Il BMI medio è di 26,63 (leggero sovrappeso). Per quanto riguarda i valori di DEXA, la media è di -2,0 al femore intero, -2,4 al collo, -3,1 a livello del triangolo di ward, -2,8 a livello lombare.

Per quanto riguarda la sintomatologia dolorosa a livello del rachide cervicale i valori di scala vas sono di 2,8, a livello del rachide dorsale 3,3 , a livello lombare 6,1 , confermando un maggiore sintomatologia dolorosa lombare. I valori medi di vitamina D (vit D) sono 19,1 , confermando la carenza di questa vitamina nella popolazione anziana osteoporotica.

Per quanto riguarda il livello delle fratture vertebrali, la maggior parte delle fratture è a livello di D12, L1, L2 ed a seguire L4, confermando la maggior prevalenza di queste fratture a livello del passaggio dorso-lombare, seguita dal livello medio-dorsale (D7-D8-D9).

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Vertebra Fratture totali D3 0 D4 2 D5 3 D6 5 D7 7 D8 7 D9 5 D10 6 D11 5 D12 11 L1 10 L2 12 L3 8 L4 9 L5 2

Tabella 2 – Livello fratture vertebrali

Figura 1 – Grafico a barre del livello delle fratture vertebrali

La maggior parte delle pazienti aveva fratture multiple; solo otto pazienti avevano una frattura singola. Quattro pazienti avevano eseguito una vertebroplastica.

Per quanto riguarda i risultati alla scale Euroquol-5D, se confrontiamo la distribuzione percentuale delle risposte agli item nel nostro campione, abbiamo questi risultati: il 78,8% dei pazienti presenta problemi moderati per quanto riguarda la capacità di movimento, il 66,7% dei pazienti non ha problemi nella cura di sé, circa il 67% dei

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pazienti lamenta problemi moderati nelle attività di vita quotidiana. Per quanto riguarda il dolore, fastidio, malessere la percentuale dei pazienti che lamenta problemi moderati è del 75,8%, mentre sale a 21,2% la percentuale dei pazienti che lamenta problemi estremi. Per quanto riguarda l’item ansia e depressione, circa il 58% dei pazienti lamenta problemi moderati, il 9% problemi estremi.

Nessun problema Problemi moderati Problemi severi Capacità di movimento 24% 78,80% 0% Cura di se 66,70% 33,30% 3,03% Attività quotidiana 27,30% 66,70% 9,10% Dolore o fastidio 6,10% 75,80% 21,20% Ansia o depressione 36,40% 57,60% 9,10%

Tabella 3 – Risultati scala EQ-5D

Il punteggio alla VAS dell’ EQ-5D ha avuto come media il valore di 55,9 con un minimo di 20 ed un massimo di 90.

Abbiamo suddiviso i pazienti in tre gruppi in base alla gravità della postura flessa. Ci siamo basati su la distanza occipite-scoliosometro (d) per classificare arbitrariamente i gradi di postura flessa secondo la seguente regola: leggera D ≤ 5 cm, moderata 5,1÷8 cm, grave D ≥ 8 cm.

Il gruppo con distanza occipite muro < 5 cm era composto da 9 pazienti, il gruppo con distanza compresa fra 5,1 e 8 era composto da 8 pazienti, il gruppo con distanza > 8 cm era composto da 13 pazienti. Nella tabella 4 sono mostrati i valori medi delle valutazioni suddivise nei tre gruppi.

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D > 8 8 ≤ D < 5,1 D ≤ 5 Età 76,3 69,7 66,2 BMI 26,2 29 24,97 N° medio fratture 2,9 2,9 3,4 N° cadute 1,15 0,75 1,1 Dexa FT -1,55 -1,68 -2,5 Dexa FN -2,25 -2,04 -2,8 Dexa W -3,05 -2,64 -3,5 Dexa l1-l4 -2,84 -3,2 -2,9 Vas collo 3,8 2,2 2,1 Vas dorsale 3,9 4 2,3 Vas lombare 7,1 4,1 6,3 Barthel 92,7 96,9 94,4 Test cammino in 20 m (sec) 34,7 28,9 34,54 Freccia occ (cm) 11,96 6,8 3,7 Freccia cer (cm) 14,96 9,6 7,72 GDS 5,9 3,1 3,6 CIRS sev 1,8 1,84 1,7 CIRS com 3,9 3,75 2,6 Vit D (ng/ml) 22 18,76 17,65

Tabella 4 – Valori medi delle valutazioni suddivise in tre gruppi in base alla distanza occipite-scoliosometro (D)

Osservando i risultati, possiamo notare che i pazienti con distanza occipite-muro maggiore sono i pazienti più anziani (età media 76,3). Inoltre per questi pazienti il numero di cadute riportate nell’ultimo anno era leggermente maggiore (1,15). Un altro dato che emerge è che il livello del dolore a livello lombare che è maggiore per i pazienti con postura maggiormente flessa. Anche il livello di disabilità è maggiore (punteggio Barthel 92,7 rispetto a 96,9 e 94,4).

Per quanto riguarda i punteggi alla VAS alla EQ-5D, i pazienti con distanza occipite-muro maggiore o uguale a 8 cm hanno avuto una media di punteggi più bassa (54,3) rispetto ai pazienti con distanza compresa fra 8 e 5 cm (60) e minore o uguale a 5 cm (58,6).

Per quanto riguarda i livelli di frattura, si può notare la maggior frequenza di interessamento delle vertebre D12-L1-L2 nei pazienti con distanza occipite muro ≥ 8

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cm, rispetto gli altri. Nella tabella sono riportati i livelli di frattura suddivisi nei tre gruppi. Tot D ≥8 8 < D < 5,1 D ≤ 5 D3 0 0 0 0 D4 2 0 1 1 D5 3 1 1 1 D6 5 2 2 1 D7 7 2 3 0 D8 7 2 3 2 D9 5 2 1 1 D10 6 2 2 2 D11 5 2 0 2 D12 11 6 0 4 L1 10 5 2 2 L2 12 6 2 2 L3 8 2 1 4 L4 9 3 2 2 L5 2 2 0 0

Tabella 5 – Livelli di frattura suddivisi in tre gruppi in base alla distanza occipite-scoliosometro (D)

Figura 2 – Grafico a barre dei livelli di frattura suddivisi in tre gruppi in base alla distanza occipite-scoliosometro (D)

Non si osserva invece correlazione fra la presenza di fratture singole o multiple e grado

0 2 4 6 8 10 12 D3 D4 D5 D6 D7 D8 D9 D10 D11 D12 L1 L2 L3 L4 L5 D>8 5<D<8 D>8 cm

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dei pazienti aveva fratture multiple rispetto ai pazienti con distanza occipite-muro > 8 cm, dove si registra la maggior frequenza di fratture singole (3 fratture singole). Se osserviamo la media di fratture per persona, nel gruppo con distanza < 5 cm è maggiore degli altri due gruppi (3,4 contro 2,9).

5.2 Primi risultati

Dei 33 pazienti giunti al nostro ambulatorio, siamo riusciti a valutare a controllo 13 pazienti, di cui 9 avevano eseguito il protocollo riabilitativo, 4 avevano eseguito un ciclo di magnetoterapia.

Il trattamento fisiocinesiterapico prevedeva 10 sedute giornaliere della durata di 40 minuti circa ciascuna. Il trattamento era basato sul seguente protocollo:

PROTOCOLLO RIABILITATIVO

ESERCIZI IN POSIZIONE SUPINA CON GAMBE IN SCARICO SU CUBO O RULLO

 Respirazione profonda

 Retropulsione delle spalle

 Flesso-estensione degli arti superiori a mani unite con un range compreso tra 50°-120°

 Elevazione anteriore braccia alternate associando la corretta inspirazione ed espirazione

 Abduzione/adduzione degli arti superiori a gomito flesso associando la corretta inspirazione ed espirazione

 Rinforzo isometrico degli addominali

 Rinforzo isometrico degli addominali con flessione arto inferiore alternati

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POSIZIONE SEDUTA

 Riallineamento del rachide

 Elevazione delle spalle

 Retropulsione delle spalle

 Antiversione e retroversione del bacino con disco propriocettivo

 Lateralizzazione del bacino con disco propriocettivo

ESERCIZI IN POSIZIONE ERETTA IN APPOGGIO CONTRO IL MURO

 Estensione isometrica delle spalle con avambraccio pronato e mani contro il muro

 Retropulsione delle spalle mantenendo un corretto assetto posturale

 Flessione delle spalle a carico naturale fino a 90° mantenendo il rachide dorsale appoggiato

Nella tabella 6 sono riportate le valutazioni complessive iniziali (t0) dei pazienti sottoposti al protocollo riabilitativo.

AF BP CP FM GL GB MM NG MS Età 75 60 79 71 84 83 71 78 67 BMI 22,3 9 26,9 37 25,4 5 24,2 24,8 28,9 22,9 24,8 n cadute 1 1 0 2 1 4 1 1 4 n fratture 4 4 7 1 2 2 5 1 3 vertebroplasti ca no si no no no no no no No VAS cervicale 0 5 4 2 0 4 1 0 0 VAS dorsale 3 0 0 7 2 4 0 2 0 VAS lombare 8 8 7 8 2 9 6 8 3 VAS anca 10 4 0 0 6 6 0 9 5 VAS ginocchio 3 0 6 2 6 7 0 7 0 VAS caviglia 0 4 0 0 0 0 0 4 0 VAS piede 0 8 0 7 3 3 0 5 0 Altezza (cm) 155 162 156 144 155 153 163 151, 5 171 Distanza occipite (cm) 10 5 7 10 9 16 5 14,5 0 Freccia cervicale (cm) 13 9 12 14 11 17 9 13,5 6

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scapolare (cm) Freccia lombare (cm) 3 2 1 4 3,5 3 1,5 4,5 2,5 Piano gluteo (cm) 0 0 0 0 1 0 0 0 0 Test cammino in 20 m (cm) 26,1 29 35,5 33 41,9 31,2 49,5 5 20 EQ5D item 2222 2 2123 1 2122 2 2112 2 2122 3 2122 2 2223 3 1111 2 EQ5D VAS 40 70 71 55 50 70 51 80 Barthel 95 95 95 100 100 95 95 90 100 CIRS sev 1,46 1,3 1,76 1,5 1,46 1,8 2,31 2,4 1,54 CIRS com 1 1 4 2 2 4 6 7 2 GDS 10 11 4 2 2 9 8 8 1

Tabella 6 – Valutazioni complessive iniziali (t0) dei pazienti sottoposti al protocollo riabilitativo

Nella tabella 7 sono riassunte le valutazioni complessive iniziali (t0) dei pazienti sottoposti a 10 sedute di magnetoterapia della durata di 60 minuti ciascuna.

BT BBM CI PFI Età 66 74 70 72 BMI 28,8 20 29,2 29,2 n cadute 0 0 0 0 n fratture 1 4 5 5 vetebroplastica no no no No VAS collo 0 0 7 0 VAS dorsale 5 0 9 0 VAS lombare 3 10 10 5 VAS anca 0 0 0 0 VAS ginocchio 0 0 1 0 VAS caviglia 0 0 5 0 VAS piede 0 0 5 0 Altezza (cm) 159,5 148,5 155 156 Occipite (cm) 7,5 5 13,5 NV Frecc cerv (cm) 9 9,5 16,5 NV Piano scapolare (cm) 1 0 3,5 NV Freccia lombare (cm) 5 4 3 NV Piano gluteo (cm) 0 0 0 NV

Test cammino (sec) 19,48 20,5 53,43 29

EQ5D item 11122 22231 22223 11322

EQ-5D punteggio vas 95 60 80 50

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CIRS severità 1,8 1,8 2,6 1,4

CIRS comorbidità 4 3 9 1

GDS 2 3 13 7

Tabella 7 – Valutazioni complessive iniziali (t0) dei pazienti sottoposti a 10 sedute di magnetoterapia della durata di 60 minuti ciascuna

Le pazienti sono state valutate a fine trattamento (t1) mediante scala VAS, test del cammino, scala EQ-5D e la misurazione dei parametri antropometrici.

Questi sono stati i risultati espressi come differenza fra valore finale (t1) ed iniziale (t0) nei pazienti sottoposti al protocollo riabilitativo (tabella 8).

AF BP CP FM GL GB MM NG MS MEDIA VAS collo 0 3 2 0 0 1 1 -2 0 0,6 VAS dorsale 1 0 0 3 1 1 0 0 0 0,7 VAS lombare 3 5 4 3 2 3 2 1 0 2,6 VAS anca 5 0 0 0 1 0 0 0 2 0,9 VAS ginocchio 0 0 3 1 1 2 0 0 0 0,8 VAS caviglia 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0,1 VAS piede 0 0 0 0 0 0 0 3 0 0,3 Altezza (cm) 1 1 4 2 3 2 2 1,5 1,5 2 Occipite (cm) 1 0 1 1 1 5,5 -1 3 0 1,3 Freccia cervicale (cm) 2 0 2 3 1 6 1 1 1 1,9

Test cammino (sec) 2,3 1 1 -6,8 3 1,57 1,64 0,53

EQ5L Punteggio VAS 40 -20 -1 25 -17 0 15 10 6,5

Tabella 8 – Differenze tra i valori finali (t1) ed iniziali (t0) nei pazienti sottoposti al protocollo riabilitativo

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Questi sono i risultati delle pazienti espressi come differenza fra valori iniziali (t0) e valori finali (t1) sottoposte a ciclo di magnetoterapia (tabella 9).

BT BBM CI PFI MEDIA VAS collo 0 0 4 0 1 VAS dorsale 3 0 2 0 1,25 VAS lombare 3 8 2 3 4 VAS anca 0 0 0 0 0 VAS ginocchio 0 0 0 0 0 VAS caviglia 0 0 3 0 0,75 VAS piede 0 0 3 0 0,75 Altezza (cm) 0 0,5 1 0 0,38 Occipite (cm) 2,5 0 -0,5 NV 0,7 Freccia cervicale (cm) 1 0 -0,5 NV 0,17

Test cammino (sec) -0,02 -1,46 5,93 0 1,1

EQ5L punteggio Vas 5 -10 15 3,3

Tabella 9 – Differenze tra i valori finali (t1) ed iniziali (t0) nei pazienti sottoposti al ciclo di magnetoterapia

Dall’analisi dei dati emerge che sia i pazienti sottoposti al protocollo riabilitativo, sia quelli sottoposti a ciclo di magnetoterapia, hanno avuto un miglioramento della sintomatologia dolorosa, in particolare a livello del rachide lombare e dorsale. Una paziente ha avuto un miglioramento della sintomatologia dolorosa anche a livello delle anche. Una sola paziente ha lamentato un peggioramento della sintomatologia dolorosa a livello del rachide cervicale.

Prendendo in esame i pazienti sottoposti al nostro protocollo riabilitativo, per quanto riguarda il parametro altezza, c’è stato un aumento di questo parametro in tutte i pazienti con un incremento medio di 2 cm (valore min. 1 cm, max. 4 cm). Per quanto riguarda la distanza occipite-muro, nei pazienti sottoposti al nostro protocollo c’è stata

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una riduzione della distanza media di 1,2 cm (valore min. 0 cm, max. 5,5 cm). Per quanto riguarda le altre misurazioni, c'è stata una riduzione della freccia cervicale, con una media di 1,9 cm (min. 0 cm, max. 6 cm ).

Riguardo al test del cammino, un solo paziente ha avuto un peggioramento al test, mentre gli altri 8 hanno avuto una riduzione dei tempi (riduzione min. di 1 sec, max. di 3 sec).

Per quanto riguarda la scala per la misura della qualità della vita, abbiamo calcolato i punteggi complessivi degli Item prima e dopo il trattamento (figura 3).

In generale c’è stato un miglioramento dei valori del punteggio Eq-5D Index dopo il trattamento, passando da una media di 0,314 a una media di 0,504. Guardando però in analitico i dati vediamo che due pazienti hanno avuto un peggioramento dei valori dopo il trattamento. Se si analizzano i singoli domini vediamo che in questi due pazienti il peggioramento si è verificato esclusivamente nell’item attività della vita quotidiana.

Figura 3 – Grafico a barre dei valori del punteggio Eq-5D Index prima e dopo i trattamenti

Analizzando i punteggi della scala Vas Eq-5D (figura 4), possiamo dire che c'è stato un miglioramento della qualità di vita percepita, passando da un punteggio medio di 60,9 ad un punteggio medio di 67,4. 0,19 0,078 0,38 0,5 0,024 0,38 0,12 0,84 0,314 0,53 0,8 0,5 0,38 0,38 0,64 0,2 0,6 0,50375 BP CP FM GL GB MM NG MS MEDIA

Variazione punteggio Eq-5D

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Figura 4 – Grafico a barre dei valori del punteggio Vas Eq-5D Index prima e dopo i trattamenti

Analizzando però più in dettaglio i dati vediamo che due pazienti hanno avuto una vistosa riduzione del punteggio della scala. Questo presumibilmente è dovuto ad una errata interpretazione della scala al momento della compilazione. Infatti, mentre la paziente è stata istruita alla prima compilazione della scala, dopo il trattamento ha compilato la scheda in autonomia.

5.3 Discussione

L’osteoporosi e le fratture vertebrali hanno un considerevole impatto sulla qualità della vita degli individui. Questo è dovuto al dolore, alla limitazione delle attività e della partecipazione sociale e spesso ad un alterato stato psicologico. E' quindi una condizione tutt'altro che semplice da gestire, considerato anche che non sono ancora perfettamente chiariti e compresi i meccanismi responsabili della riduzione della qualità della vita. Purtroppo ad oggi non c'è chiarezza in letteratura sul tipo di trattamento da proporre a questi pazienti, né sui tempi da rispettare. L'ambulatorio multidisciplinare nasce quindi con l'intento di garantire al paziente non soltanto un corretto trattamento, ma una vera e propria presa in carico globale che riesca ad accogliere il più possibile le esigenze di questi pazienti. Abbiamo scelto di analizzare quindi i pazienti affetti da frattura vertebrale sotto diversi aspetti, utilizzando strumenti di misura e scale specifiche per ogni ambito.

40 70 71 55 50 70 51 80 60,875 80 50 70 80 33 70 66 90 67,375 BP CP FM GL GB MM NG MS MEDIA

Variazione punteggio Vas

EQ-5D

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Una delle conseguenze più frequenti di queste fratture sono le alterazioni posturali. La cifosi toracica, la protusione della testa e nei casi più gravi la flessione delle ginocchia sono le principali caratteristiche della postura flessa. Sebbene queste caratteristiche possono essere presenti anche in condizioni non legate all’osteoporosi, le fratture vertebrali da fragilità sono sicuramente un fattore predisponente. Gli effetti di questa postura alterata sono soprattutto la sintomatologia dolorosa legata ad un inappropriato allungamento muscolo-tendineo ed alla iperlordosi compensatoria, nonché un alterato controllo dell’equilibrio statico e dinamico (Balzini, 2003). Nonostante queste conseguenze, gli effetti della postura sul livello di disabilità di queste persone sono scarsamente compresi.

Se analizziamo i diversi parametri nei nostri tre gruppi, vediamo che il gruppo con distanza occipite maggiore ha un punteggio alla scala VAS maggiore degli altri due, sia a livello cervicale, che dorsale, ma soprattutto a livello lombare, cosi come è più alto il punteggio alla GDS.

Se andiamo ad osservare i risultati nel test del cammino in 20 m, notiamo che il gruppo con grado maggiore di postura flessa ha dei tempi maggiori rispetto al gruppo con grado intermedio di postura flessa, mentre i risultati si sovrappongono con i pazienti con minor alterazione posturale.

Anche per quanto riguarda il punteggio alla scala Barthel, notiamo che, nonostante il gruppo con grado maggiore di postura flessa abbia effettivamente un punteggio più basso (92,7)  indicativo di un maggior grado di disabilità  la differenza si riduce se lo paragoniamo al gruppo con minori alterazioni posturali (94,4 rispetto ai 96,9 del gruppo intermedio).

Se osserviamo meglio i tre gruppi, in effetti il gruppo con distanza occipite-muro ≥ 8cm, nonostante abbia l’età media maggiore (76,3) ed il maggior indice di comorbilità calcolato alla scala CIRS (3,9), ha punteggi VAS, Barthel, test del cammino che si discostano in maniera non significativa rispetto al gruppo con distanza occipite-muro ≤ 5cm, che invece comprende pazienti con età media più bassa (66,2) e con indice di comorbidità minore (2,6).

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hanno una media di 1,15 , maggiore dei pazienti con distanza compresa fra 8 e 5 cm (0,75).

Se prendiamo in esame i risultati del gruppo con distanza occipite-muro minore, vediamo che la media di cadute è di 1,1.

Se analizziamo il numero medio di fratture per persona nei tre gruppi, notiamo che il gruppo con distanza occipite-muro minore ha il più alto numero medio di fratture pro capite.

Questo denota la multifattorialità e la complessità di questa patologia.

Tra i trattamenti proposti, sicuramente quello fisioterapico è quello che può fornire i maggiori benefici a queste pazienti. Abbiamo proposto un protocollo riabilitativo che fosse il più possibile tollerato, a basso impatto, e soprattutto che potesse essere facilmente riproducibile anche in ambiente domestico, per aumentare la compliance al trattamento.

I primi risultati a nostra disposizione ci hanno confermato l'efficacia di questo protocollo. Infatti, analizzando i dati, possiamo notare che in generale c'è stato un miglioramento della sintomatologia dolorosa nelle pazienti trattate. Per quanto riguarda i parametri antropometrici, buoni risultati per il parametro altezza e per la distanza occipite-muro. Di più difficile valutazione le altre frecce. Buoni risultati ci sono stati anche per quanto riguarda il test del cammino. Un paziente trattato ha riferito una maggiore sicurezza durante la deambulazione alla fine delle 10 sedute di trattamento, un altro, che ad inizio trattamento deambulava con un bastone, a fine trattamento deambulava autonomamente.

Ci è sembrato interessante introdurre nella valutazione delle pazienti uno strumento per la misura della qualità di vita che utilizzasse la prospettiva del paziente. L'Eq-5D, si è rilevato in questo senso uno strumento utile, innanzitutto perché di facile compilazione, in secondo luogo perché fornisce indicazioni sia di tipo qualitativo che quantitativo sulla qualità di vita.

Prendendo in esame i pazienti sottoposti al trattamento riabilitativo, abbiamo notato che in generale c'è stato un miglioramento del punteggio medio degli item. Due pazienti hanno avuto un peggioramento del punteggio. Analizzando in dettaglio gli item della

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scala notiamo che il domini in cui si è verificato il peggioramento è stato esclusivamente "attività della vita quotidiana". Anche per quanto riguarda i punteggi alla scala vas dell'EQ-5D, sebbene in generale c'è stato un miglioramento del punteggio, due pazienti hanno avuto un peggioramento al punteggio vas. In questo caso la sensazione è che ci sia stata una errata interpretazione della scheda.

Per quanto riguarda i pazienti sottoposti a ciclo di magnetoterapia, ci sono stati buoni risultati in termini di sintomatologia dolorosa. Meno valutabili gli altri parametri.

In conclusione, abbiamo avuto buoni risultati per quanto riguarda la sintomatologia dolorosa dei pazienti sottoposti a ciclo di magnetoterapia, confermando l’utilità di questo trattamento in questa patologia. Il protocollo riabilitativo applicato ha dimostrato avere buona tollerabilità e soprattutto buona efficacia in termini di riduzione della sintomatologia dolorosa, miglioramento della funzionalità, miglioramento della qualità di vita percepita.

(39)

6. LA STABILOMETRIA NEI PAZIENTI CON FRATTURA VERTEBRALE DA FRAGILITÀ

Il problema dell'equilibrio ed il conseguente aumentato rischio di caduta è un aspetto importante nel paziente con frattura vertebrale da fragilità. La relazione tra osteoporosi, fratture vertebrali ed equilibrio è complessa. In individui con osteoporosi, la frattura vertebrale può direttamente o indirettamente influenzare l’equilibrio a causa delle conseguenza che la frattura ha sul dolore, sulle alterazioni del controllo muscolare e sulla paura di cadere (Greig et al, 2007).

Un problema che può complicare la comprensione di questa relazione è l’associazione tra fratture vertebrali ed aumento della cifosi toracica. È difficile stabilire se i disturbi dell’equilibrio sono una conseguenza dei cambiamenti posturali associati all’osteopo-rosi o se sono legati alla presenza di fattori conseguenti alla frattura, come per esempio il dolore.

Diversi studi hanno valutato i disturbi dell'equilibrio in individui con osteoporosi, in pazienti con postura flessa, in pazienti con ipercifosi ed in pazienti con frattura vertebrale. Anche se i risultati sono contrastanti, resta evidente l'importanza di una precoce diagnosi per prevenire il rischio di frattura.

Abbiamo quindi scelto di eseguire fra le valutazioni un esame baropodometrico statico ed un esame stabilometrico utilizzando una piattaforma baropodometrica modulare in dote al nostro ambulatorio.

6.1 Esame baropodometrico statico

La valutazione biometrica pressoria è un esame che permette di monitorare l'appoggio del soggetto in ortostasi. Il paziente è posizionato sulla piattaforma a piedi nudi assumendo una posizione naturale e rilassata per cinque secondi, con piedi a rotazione spontanea ed allineati alla battuta posteriore podalica. I dati osservati attraverso questo esame definiscono i “parametri di base” e devono essere correlati innanzitutto alle informazioni della morfologia plantare.

Qui di seguito si riportano le definizioni dei principali valori restituiti dall’esame baropodometrico statico da noi effettuato.

Figura

Tabella 1 – Risultati medi dei vari parametri analizzati
Figura 1 – Grafico a barre del livello delle fratture vertebrali
Tabella 3 – Risultati scala EQ-5D
Tabella 4 – Valori medi delle valutazioni suddivise in tre gruppi in base alla   distanza occipite-scoliosometro (D)
+7

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