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Tra class action e conciliazione

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Academic year: 2021

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Sommario

1. Conciliazione e class action. – 2. Lavori preparatori. – 3.

Retroat-tività del nuovo istituto? – 4. Quadro nazionale e comunitario. – 5. Class action? – 6. Oggetto del processo e del giudicato: di regola i diritti. – 7. Diritti individuali “omogenei”. – 8. Azioni seriali.

– 9. Profili funzionali salienti. – 10. Campo di applicazione. – 11.

Legittimazione ad agire. – 12. Adesione come forma di “opt in”.

– 13. Adesione: natura ed effetti. – 14. Rapporto tra promotore

e aderente. – 15. Poteri processuali dell’attore collettivo. – 16. Giudizio di ammissibilità. – 17. Intervento del pubblico ministero nel giudizio di ammissibilità. – 18. Pubblicità dell’azione collettiva.

– 19. Determinazione del corso del procedimento. – 20. Contenuti

della sentenza. – 21. Esecuzione della sentenza. – 22. Preclusione della riproposizione dell’azione collettiva. – 23. Profili processuali minori (rinvio). – 24. Conclusioni.

1. Conciliazione e class action

In un fascicolo monografico dedicato ai metodi negoziali di composizione delle controversie, in particolare alla conci-liazione, l’inserimento di un saggio sulla class action (rectius: azione collettiva risarcitoria) si giustifica in re ipsa(1).

(1) Per l’apparato bibliografico si rinvia a R. CAPONI, Una letteratura di

interro-gativi in attesa della giurisprudenza, in Foro it., 2008, V, c. 180, cui adde, usciti

nel frattempo, il fascicolo monografico Class, Action! (?), a cura di R. LENER e M.

RESCIGNO, in Analisi giuridica dell’economia, 1/2008; P. BIAVATI, Le prospettive

dell’azione collettiva risarcitoria nel diritto dell’Unione europea, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, p. 1373; R. CAPONI, La class action in materia di tutela del

consumatore in Italia, in Foro it., 2008, V, c. 281; ID., Variabilità dell’oggetto del

processo (nell’azione collettiva risarcitoria), in Riv. dir. proc., 2009, p. 47; ID., The

collective redress action in the Italian legal system, in Era Forum, (107), 2009; A.

Tra class action e conciliazione

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La garanzia di una efficiente risoluzione delle controver-sie seriali di modico valore non è data tanto dalla possibilità di conciliarle, quanto dalla possibilità di trarle ad oggetto di un’azione collettiva risarcitoria dinanzi alla giustizia statale. In caso di danni di massa per i soggetti lesi coinvolti, ma di entità così lieve che non vale la pena di dedurli in giudizio isolatamente, e nemmeno di porli a fondamento di un’istanza di conciliazione, l’aggregazione processuale delle pretese in-dividuali ad opera di un rappresentante, come previsto dall’art. 140-bis cod. cons., abbatte in misura maggiore i costi di tempo e di denaro per far valere le singole pretese rispetto al ricorso agli strumenti di conciliazione. La class action costituisce quindi l’elemento fondamentale di una risposta giudiziaria tesa a rimuovere le ragioni della rinuncia dei consumatori e degli utenti.

In secondo luogo, la class action organizza una reazione compatta dei consumatori nei confronti dell’illecito pluriof-fensivo dell’impresa. Essa esprime quindi un’efficacia di deterrenza nei confronti di quest’ultima che la reazione “alla spicciolata” dei consumatori dinanzi agli organismi di conci-liazione certamente non può avere.

In terzo luogo, la class action funziona un poco come “un aspirapolvere” nei confronti degli strumenti di conciliazione, liberandoli dal pulviscolo delle controversie seriali di modico valore (in cui può avere spazio solo un negoziato posizionale su vasta scala), liberando risorse per i tentativi di conciliazione individualizzati e valorizzando così la competenza professionale e l’opera del conciliatore.

In altri termini, l’introduzione della class action costituisce un tassello fondamentale di una strategia tesa al miglioramento delle condizioni della giustizia civile nel settore delle

contro-GIUSSANI, Azione collettiva risarcitoria e determinazione del quantum, in Riv. dir.

proc., 2009, p. 339; R. DONZELLI, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi,

Napoli, Jovene, 2008; ID., voce Interessi collettivi e diffusi, in Enc. giur. Treccani,

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versie dei consumatori, diretta quindi ad evitare che i metodi alternativi di composizione delle controversie si trasformino in un modo per svendere una risposta ad una domanda di giustizia frustrata dall’indisponibilità di un’alternativa efficiente dinanzi alla giustizia civile statale.

Infatti, la conciliazione non è un rimedio all’inefficienza della giustizia civile. Al contrario, la sua prospettiva di succes-so è legata al recupero di efficienza di quest’ultima, alla sua capacità di offrire utilità ulteriori, pur rispetto ad un congruo sistema di risoluzione giudiziale delle controversie.

2. Lavori preparatori

In questi ultimi anni sono stati presentati in Parlamento molti progetti di legge per introdurre una disciplina della class

action.

Fino alla fine del 2007, le prospettive di approvazione erano incerte, anche a causa della diversità di soluzioni proposte. Poi, per una improvvisa e casuale svolta dei lavori parla-mentari, si giunge alla fine del 2007 all’approvazione di una nuova norma, inserita nel codice del consumo: l’art. 140-bis, che reca la rubrica “azione collettiva risarcitoria”(2).

L’art. 140-bis cod. cons. presenta molte lacune di disciplina, dovute anche ai tempi ristretti in cui la nuova norma è stata adottata.

In considerazione della necessità di colmare queste lacune con un successivo intervento legislativo, l’inizio di applicazione della riforma è stato posticipato due volte. Attualmente è fissato alla fine di giugno del 2009.

Il presente saggio ha ad oggetto il testo dell’art. 140-bis cod. cons. risultante dalla proposta di modifica governativa n. 30.0.1, che aggiunge l’art. 30-bis al d.d.l. n. 1195, recante

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disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (A.S. 1195).

Dal 9 aprile 2009 il testo è all’esame della commissione in Senato. Per comodità, esso si indica nel prosieguo come “emendamento governativo”(3).

(3) Ecco il testo: “1. L’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è sostituito dal seguente:

“Art. 140-bis. – (Azione di classe). – 1. I diritti individuali omogenei dei consu-matori e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili anche attraverso l’azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

2. L’azione tutela:

a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei

con-fronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;

b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei

confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto con-trattuale;

c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti

da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.

3. I consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente articolo aderiscono all’azione di classe, senza ministero di difensore. L’adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo, salvo quanto previsto dal comma 15. L’atto di adesione, contenente, oltre all’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria, è depositato in cancelleria, anche tramite l’attore, nel termine di cui al comma 9, lettera b). Gli effetti sulla prescrizione ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del codice civile decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che hanno aderito successivamente, dal deposito dell’atto di adesione.

4. La domanda è proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della Regione in cui ha sede l’impresa, ma per la Valle d’Aosta è competente il Tribuna-le di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il Tribunale di Venezia, per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise è competente il Tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è competente il Tribunale di Napoli. Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale.

5. La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adito, il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità.

6. All’esito della prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull’ammissibi-lità della domanda, ma può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini

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Al momento della stesura del presente saggio (fine di apri-le 2009), apri-le sorti dell’emendamento governativo sono ancora incerte (tenuto conto anche della presenza di emendamenti parlamentari) ed incerto è anche l’inizio di applicazione della riforma.

del decidere è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. La domanda è dichiarata inammissibile, quando è manifestamente infondata, quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l’identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2, nonché quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe.

7. L’ordinanza che decide sulla ammissibilità è reclamabile davanti alla corte d’ap-pello nel termine perentorio di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione se anteriore. Sul reclamo la corte d’appello decide con ordinanza in camera di con-siglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il reclamo dell’ordinanza ammissiva non sospende il procedimento davanti al tribunale.

8. Con l’ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile, e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente.

9. Con l’ordinanza con cui ammette l’azione il tribunale fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. L’esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda. Con la stessa ordinanza il tribunale:

a) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i

criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione;

b) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di

quello per l’esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell’attore, sono depositati in cancelleria. Copia dell’ordinanza è trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet. 10. È escluso l’intervento di terzi ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile.

11. Con l’ordinanza con cui ammette l’azione il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l’equa, efficace e sol-lecita gestione del processo. Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ri-tiene più opportuno l’istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.

12. Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a

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La mia speranza è che l’emendamento governativo venga approvato tendenzialmente nella sua versione attuale. Quan-d’anche ciò non accadesse, credo comunque che la scrittura di questo saggio non sia vana e che non ne sia vana la lettura, perché l’emendamento governativo, per l’equilibrio di fondo delle soluzioni proposte, costituirà un decisivo punto di riferi-mento per gli sviluppi futuri.

3. Retroattività del nuovo istituto?

Il tema della azione collettiva risarcitoria in materia di tutela del consumatore, al pari di altri che attirano attualmente

l’inte-coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme. In caso di accoglimento di un’azione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate. La sentenza diviene esecutiva decorsi 180 giorni dalla pubblicazione. I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza.

13. La Corte, richiesta dei provvedimenti di cui all’articolo 283 del codice di pro-cedura civile, tiene altresì conto dell’entità complessiva della somma gravante sul debitore, del numero dei creditori, nonché delle connesse difficoltà di ripetizione in caso di accoglimento del gravame. La Corte può comunque disporre che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore sia depositata e resti vincolata nelle forme ritenute più opportune. 14. La sentenza che definisce il giudizio fa stato anche nei confronti degli ade-renti.

È fatta salva l’azione individuale dei soggetti che non aderiscono all’azione collettiva. Non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l’adesione assegnato dal giu-dice ai sensi del comma 9. Quelle proposte entro detto termine sono riunite d’ufficio se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adito ordina la cancellazione della causa dal ruolo assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice.

15. Le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito. Gli stessi diritti sono fatti salvi anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo”. 2. Le disposizioni dell’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, si applicano, anche retroattivamente, agli illeciti compiuti successivamente al 30 giugno 2008”.

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resse degli studiosi(4), suggerisce di abbattere quelle barriere

mentali, che, come riflesso dei settori scientifico-disciplinari, condizionano così frequentemente in Italia le ricerche e lo stesso modo di ragionare degli studiosi.

Non è possibile esaminare il nuovo istituto unicamente sotto il profilo processuale, ovvero solo sotto il profilo sostanziale. I due profili si fondono. L’affermazione non è retorica, ma orienta la percezione dell’impatto sistematico delle nuove disposizioni e la loro interpretazione.

Così, per svolgere un primo esempio, l’emendamento governativo prevede che l’azione collettiva risarcitoria possa applicarsi agli illeciti compiuti dopo il 30 giugno 2008 e qua-lifica l’applicazione come “retroattiva”(5). Tale qualificazione

è inadeguata: se si introducono nuove disposizioni processuali, come accade con l’azione collettiva risarcitoria, esse veicolano immediatamente la deduzione in giudizio dei diritti sorti in un momento anteriore rispetto a quello in cui si agisce.

Ci troviamo dinanzi ad una conseguenza normale dell’effetto immediato di nuove norme processuali, che in questo caso è anzi incongruamente limitato ai crediti risarcitori o restitutori sorti dopo il 30 giugno 2008 e non si estende anche, come do-vrebbe accadere, ai crediti non ancora prescritti, sorti prima di quella data, per i quali resta a disposizione l’ordinaria disciplina processuale(6).

(4) Un altro tema che si inscrive in questo contesto è l’incidenza dell’autonomia privata nella disciplina del processo civile, con cui la disciplina dell’azione collet-tiva risarcitoria presenta non a caso punti di contatto: si pensi alla qualificazione del rapporto tra il proponente e gli aderenti all’azione. Cfr. R. CAPONI, Autonomia

privata e processo civile: gli accordi processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., suppl.

2008, p. 99.

(5) Per una rimeditazione ab imis sulla nozione di retroattività della legge, v. M. LUCIANI, Il dissolvimento della retroattività. Una questione fondamentale del diritto

intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione econo-mica, in Giur. it., 2007, pp. 1825 e 2089.

(6) Per una rimeditazione sul tema dell’efficacia delle norme processuali nel tem-po, v. R. CAPONI, Tempus regit processum. Un appunto sull’efficacia delle norme

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Tuttavia l’appellativo di retroattività è indice della percezione che il nuovo istituto rende effettiva l’azionabilità di una vasta serie di diritti che in precedenza ne erano sostanzialmente privi e che esso quindi penetra a fondo nel tessuto del diritto sostanziale.

Infatti, in caso di danni di massa per i soggetti lesi coinvol-ti, ma di entità così lieve da non valere la pena di dedurli in giudizio isolatamente, l’aggregazione processuale delle pretese individuali ad opera di un rappresentante, come previsto dal-l’art. 140-bis, abbatte i costi e costituisce quindi l’elemento fondamentale di una risposta giudiziaria tesa a rimuovere le ragioni dell’atteggiamento rinunciatario dei consumatori e degli utenti dinanzi al torto subito.

Nuova è certo solo la possibilità effettiva di far valere un diritto in giudizio, ma è come se esso nascesse ex novo sul piano della realtà (quasi ubi remedium, ibi ius), al di là della declamazione dei testi di legge, in tutti quei casi in cui l’ina-dempimento dell’obbligo costringeva finora il consumatore alla rinuncia, o a valersi tutt’al più della conciliazione amministrata dalle camere di commercio(7), a causa della sproporzione tra

il valore della singola controversia, normalmente modico, e le spese per il ricorso individuale alla tutela giurisdizionale. Da ciò l’impressione falsa, ma imponente, di retroattività.

4. Quadro nazionale e comunitario

L’azione collettiva risarcitoria è istituita(8) quale “nuovo

strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali

(7) Per un recente approfondito riesame, v. S. IANNICELLI, La conciliazione

stragiu-diziale delle controversie: modelli differenti e dubbi interpretativi, in Obbligazioni e contratti, 2008, p. 146; P. BARTOLOMUCCI, Conciliazione extragiudiziale, in Digesto

civ., aggiorn., I, Torino, 2007, p. 211.

(8) Cfr. il comma 445 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2008), in G.U. n. 300 del 28 dicembre 2007, suppl. ord. n. 285.

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volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti”(9),

nonché in conformità “ai principi stabiliti dalla normativa co-munitaria volti ad innalzare i livelli di tutela”(10).

Sul fronte delle azioni collettive risarcitorie, l’attuale quadro comunitario non reca indicazioni univoche.

Incerte rimangono le prospettive dopo la presentazione, il 27 novembre 2008, del libro verde sui “mezzi di ricorso collettivo dei consumatori”, da parte della Commissione europea(11).

In precedenza, il 2 aprile 2008, la Commissione aveva pub-blicato il libro bianco in materia di risarcimento del danno per

(9) Il quadro delle misure italiane in questo settore rinviene il suo punto di riferi-mento fondamentale nel codice del consumo (d.lgs. 206/2005), come modificato da ultimo dai seguenti atti normativi:

a) il d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146, di “Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa

alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il regolamento (CE) 2006/2004”; questo strumento normativo sostituisce gli artt. da 18 a 27 e 57 cod. cons., nonché l’art. 14 del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 190;

b) il d.lgs. 23 ottobre 2007, n. 221, recante disposizioni correttive ed integrative

del codice del consumo.

La scelta di affiancare al codice civile un corpo unitario di regole speciali per la tutela dei consumatori, seguendo il modello francese e non il tedesco, non è stata “né facile, né indolore” (così G. VETTORI, Disposizioni generali e finalità, in ID. (a

cura di), Codice del consumo, Padova, 2007, p. 3), poiché essa solleva il problema del rapporto tra la disciplina del codice del consumo e la disciplina generale, non solo con riferimento al contratto. Il raccordo è appena profilato dall’art. 38 cod. cons.: per quanto non previsto da esso “ai contratti conclusi tra il consumatore ed il professionista si applicano le disposizioni del codice civile”.

Infatti il codice del consumo non è sufficiente a coprire tutta l’area della protezione dei consumatori, come si constata dalla stessa definizione del campo di applicazione dell’azione risarcitoria in forma collettiva.

(10) Il quadro della normativa comunitaria diretta ad innalzare i livelli di tutela del consumatore, muove dall’art. 153 in correlazione con l’art. 95 del Trattato CE. Per quanto riguarda l’azione giudiziale delle associazioni dei consumatori, essa è sta-ta previssta-ta in una serie di direttive: in tema di pubblicità ingannevole (84/450/CEE), in tema clausole abusive (93/13/CEE), in tema di contratti a distanza (97/7/CEE), in tema di provvedimenti inibitori (98/27/CEE). Esse riguardano essenzialmente le azioni inibitorie, non le azioni risarcitorie.

(11) Sull’opportunità che il formante europeo batta in questa materia un colpo di qualità, v. C. CONSOLO, È legge una disposizione sull’azione collettiva risarcitoria:

si è scelta la via svedese dello “opt in” anziché quella danese dello “opt out” e il filtro (“L’inutil precauzione”), in Corr. giur., 2008, pp. 5 e 9.

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violazione delle norme antitrust comunitarie. In questo quadro la Commissione ha raccomandato l’adozione di azioni rappre-sentative, proposte da enti qualificati, che agiscono in nome di soggetti identificati o identificabili, oppure l’adozione di azioni collettive con modalità opt in, in cui le vittime decidono di aggregare in una sola azione le proprie richieste individuali di risarcimento danni.

5. Class action?

L’emendamento governativo ribattezza l’“azione collettiva risarcitoria” in “azione di classe”(12), ma sarebbe stato

oppor-tuno mantenere la vecchia denominazione, che appartiene alla tradizione terminologica italiana ed europea (collective redress

action) e connota meglio lo strumento, distinguendolo dalle

azioni collettive inibitorie.

In realtà si è lontani dall’introduzione della class action di stampo nordamericano. Così è perché la class action statuni-tense trae alimento non tanto dalla pur raffinata disciplina della

Rule 23 delle Federal Rules of Civil Procedure, bensì piuttosto

dalla mentalità degli avvocati e dei giudici chiamati ad appli-carla, nonché dalle regole che disciplinano il finanziamento delle spese processuali (contingency fees).

Nell’ordinamento italiano manca qualsiasi previsione diretta ad agevolare il finanziamento delle azioni collettive risarci-torie.

La materia delle spese e degli onorari professionali è com-pletamente sottoposta alle regole generali, che tuttavia dal 2006 non conoscono più il divieto del patto di quota lite e consentono all’avvocato di pattuire con il cliente un onorario commisurato al risultato.

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In effetti la tutela collettiva nel processo civile mette in gioco una ridefinizione del ruolo dell’avvocatura, accanto a quello delle associazioni dei consumatori, come possibile fattore di catalizzazione e di aggregazione della difesa degli interessi col-lettivi. Ciò costituisce uno dei nodi centrali dell’intera materia della tutela collettiva.

L’efficienza dei rimedi giurisdizionali diretti a tutelare gli interessi individuali omogenei non dipende infatti unicamente da un adeguato atteggiarsi della disciplina processuale, bensì anche dal talento organizzativo di studi legali, i quali, agevolati da una determinazione del proprio onorario commisurata al risultato(13), sappiano proiettarsi in questa nuova dimensione

della attività professionale(14), nonché dalla capacità del giudice

di accertare in sede di giudizio di ammissibilità – come si vedrà meglio in seguito la “sana e robusta costituzione” dell’iniziativa collettiva.

(13) Sulla possibilità di concludere un patto di quota lite tra avvocato e cliente, dopo l’abrogazione dell’art. 2233, comma 3, c.c. ad opera del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, v. L. DITTRICH, Profili applicativi del

patto di quota lite, in Riv. dir. proc., 2007, p. 1141. In tema C. CONSOLO, Pubblicità,

tariffa, quota lite: chi ha più ragione?, in Rass. for., 2006, p. 1399. Per la difesa del

divieto del patto di quota lite, pur dopo la modifica legislativa, v. G. SCARSELLI, Il

decreto Bersani e le tariffe forensi, in Foro it., 2007, IV, c. 23.

Su tutta la problematica, un colpo d’ala è venuto dalla Corte costituzionale tedesca, 12 dicembre 2006, in Foro it., 2007, IV, c. 408, con nota di R. CAPONI, Parziale

incostituzionalità del divieto di patto di quota lite nell’ordinamento tedesco. La

Corte tedesca ritiene che il divieto legislativo di onorari forensi di risultato non sia compatibile con la garanzia costituzionale della libertà della professione (art. 12 GG), poiché non prevede una eccezione nel caso in cui l’avvocato, nel concordare un compenso commisurato al risultato, tenga conto di particolari circostanze che riguardano la persona del cliente, che altrimenti lo indurrebbero a rinunciare a far valere i propri diritti. Sulla base di questa sentenza è stata adottata in Germania la nuova disciplina del 12 giugno 2008 sul divieto di pattuizione di un onorario commisurato al risultato.

(14) Su questo aspetto richiama l’attenzione da un quindicennio C. CONSOLO, Class

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6. Oggetto del processo e del giudicato: di regola i diritti L’azione collettiva risarcitoria crea una nuova figura di liti-sconsorzio facoltativo, che si può definire “aggregato”, poiché dà luogo ad una aggregazione di azioni seriali (le “adesioni”) tese a far valere diritti individuali omogenei” di consumatori o utenti nei confronti dell’impresa convenuta(15).

L’azione si esaurisce nel cumulo e nella gestione congiunta delle azioni individuali degli aderenti ad opera di un compo-nente della “classe”, che può agire da solo oppure “mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa”(16), per

l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risar-cimento del danno e alle restituzioni.

In altri termini, l’iniziativa del promotore è diretta a cata-lizzare e gestire cumulativamente singole pretese degli altri soggetti lesi. Egli deduce in giudizio fin dall’inizio i singoli diritti al risarcimento e alla restituzione di somme di cui si affermano titolari i consumatori e gli utenti aderenti alla sua iniziativa.

Oggetto del giudicato reso nel processo collettivo sono per-tanto i singoli crediti risarcitori e restitutori fatti valere dagli aderenti, mentre “è fatta salva l’azione individuale dei soggetti che non aderiscono all’azione collettiva”(17).

Questa tesi, già accreditabile sulla base del testo originario dell’art. 140-bis cod. cons., riceve conferma dalla proposta di riforma governativa.

In altri termini, i soggetti lesi si trovano dinanzi ad una al-ternativa fondamentale: esercitare l’azione in forma individuale ovvero esercitarla in forma collettiva. In entrambi i casi, oggetto

(15) Già adottata in riferimento all’originario testo dell’art. 140-bis, v. R. CAPONI,

Litisconsorzio “aggregato”. L’azione risarcitoria in forma collettiva dei consuma-tori, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, p. 819, la definizione esce rafforzata sulla

base del nuovo testo.

(16) Cfr. art. 140-bis, comma 1, proposizione 2, cod. cons. (17) Cfr. art. 140-bis, comma 14, proposizione 2, cod. cons.

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del giudicato sono i crediti risarcitori e restitutori dei singoli. In entrambi i casi il potere di azione è dei singoli, che nel secondo caso possono farsi promotori dell’iniziativa collettiva o aderire a quella proposta da un altro soggetto leso, oppure da un’associazione o da un comitato.

La ricostruzione appena proposta deve fare i conti con la variegata tipologia delle controversie collettive risarcitorie. Poiché è difficile modificare questa realtà, conviene rendere flessibile la ricostruzione.

Esempio. L’illecito plurioffensivo consiste nella produzione e vendita di un prodotto nocivo per la salute umana. L’accer-tamento dell’an e del quantum del danno subito da ciascun consumatore dipende da un giudizio individualizzato, calibrato sulle circostanze che hanno determinato il danno nel singolo caso. È meritevole di essere sostenuta (e conforme al canone di efficienza della giustizia civile) una interpretazione orien-tata alla conseguenza di escludere di impegnare il processo collettivo nel giudizio individualizzato relativo ad uno o più dei diritti cumulati. L’oggetto del processo e del giudicato può essere in questo caso limitato alla questione comune attinente alla responsabilità dell’impresa convenuta.

La tesi che coglie eccezionalmente l’oggetto del processo e del giudicato nell’azione collettiva risarcitoria in un qualcosa di diverso da un diritto o comunque da una situazione sogget-tiva sostanziale non incontra un ostacolo insuperabile nell’art. 24 Cost. Come le altre garanzie costituzionali, l’art. 24 Cost. è esposto al bilanciamento con altri valori costituzionali. In-valicabile è solo il suo contenuto essenziale, che consiste nel dischiudere sempre la tutela giurisdizionale dei diritti attraverso un processo a cognizione piena.

Ciò non esclude la possibilità di limitare l’oggetto del pro-cesso ad una questione comune ad una serie di cause, quando ciò sia lo strumento per conseguire economia processuale.

La materia della tutela collettiva richiede infatti di elaborare dei concetti in grado di trovare un punto di equilibrio tra la realizzazione delle garanzie individuali nel singolo processo

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e le esigenze organizzative delle risorse dell’amministrazione della giustizia, che hanno ad oggetto la gestione della serie dei processi(18).

Questi concetti possono rivelarsi utili per orientare la solu-zione di una serie di problemi. Se si intende percorrere con cau-tela questa strada, entra in gioco quel canone di proporzionalità, efficacemente scolpito nell’art. 1 delle Rules of civil procedure inglesi, laddove si spiega che trattare una causa secondo giu-stizia include, per quanto sia praticabile, tra l’altro: “attribuire ad essa una quota appropriata delle risorse del giudice, tenendo conto della necessità di riservare le risorse agli altri casi”. Così inteso, il principio di proporzionalità può essere am-bientato nell’esperienza processuale italiana come un risvolto del valore costituzionale della efficienza nella disciplina del processo, che si desume dall’affermazione della sua ragionevole durata (art. 111, comma 2, Cost.).

In questo quadro rilevano valutazioni di efficienza, che sono per definizione diverse da un ordinamento all’altro, e diver-se all’interno dello stesso ordinamento nel corso del tempo, poiché muovono dalla considerazione dello stato delle risorse dell’amministrazione della giustizia in un certo ordinamento, in un dato momento storico.

Riportando il discorso sull’azione collettiva risarcitoria, serve allo scopo una norma che consenta al giudice – in col-laborazione con le parti – di limitare in concreto (in sede di giudizio di ammissibilità) l’oggetto del processo e del giudicato alla questione della responsabilità dell’impresa convenuta.

Vi è questa norma nell’emendamento governativo? Si direb-be di sì.

Innanzitutto, l’art. 140-bis, comma 1, profila distintamen-te l’azione per l’accertamento della responsabilità, rispetto

(18) Per un più ampio discorso sul punto, v. R. CAPONI, Il nuovo giudizio di

cas-sazione civile: la decisione nel merito, in Foro it., 2007, V, c. 129; ID., Divieto di

frazionamento giudiziale del credito: applicazione del principio di proporzionalità nella giustizia civile?, in Foro it., 2008, I, c. 1519.

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all’azione di condanna (che le due ipotesi siano congiunte attraverso una “e” e non disgiunte attraverso una “o” significa poco). In secondo luogo, con la sentenza che accoglie la do-manda il giudice può limitarsi a stabilire il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione delle somme dovute(19): quindi

non una sentenza di condanna (poiché manca il requisito della attuale liquidità), bensì una sentenza di accertamento qualifi-cato, cui deve seguire un’ulteriore fase (negoziale o giudiziale) di determinazione del quantum dovuto ai singoli aderenti. Ciò presuppone logicamente che l’oggetto del processo collettivo possa essere limitato alla questione comune relativa alla responsabilità dell’impresa e che questa operazione debba essere già svolta dal giudice in sede di giudizio di ammissibilità, ove egli è chiamato a definire “i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione”(20).

Infatti, con l’adesione il singolo fa valere sicuramente il proprio diritto individuale, ma quando le caratteristiche di quest’ultimo richiedano un accertamento individualizzato, il giudice può eccezionalmente limitare l’oggetto del processo e del giudicato collettivo.

Rispetto alla soluzione appena proposta, si prospetta una obiezione: la scelta giudiziale tra modelli alternativi di oggetto del processo limita un aspetto fondamentale del principio di-spositivo in senso sostanziale, cioè il dominio della autonomia delle parti, non solo nella determinazione dell’inizio e della fine del processo, ma anche del suo oggetto.

L’obiezione è seria e costringe ad una replica articolata. Innanzitutto, vagliare l’incidenza del principio dispositivo nel processo civile non equivale a discettare dell’eterno ritorno dell’identico. Nel panorama europeo, l’incidenza del principio

(19) Cfr. art. 140-bis, comma 12. (20) Cfr. art. 140-bis, comma 9, lett. a).

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dispositivo non è identica nei vari ordinamenti. L’elemento in cui si registrano più sfaccettature è probabilmente proprio quello relativo alla delimitazione dell’oggetto del processo e del giudicato. Si passa dalla ristretta soluzione tedesca, in cui l’oggetto del processo e del giudicato è delimitato dalla richiesta della parte, individuata attraverso i fatti allegati, alla intermedia soluzione italiana, in cui la legge e non solo la volontà delle parti può contribuire alla delimitazione oggettiva del giudicato (art. 34 c.p.c.), per arrivare all’ampia soluzione inglese, che può precludere ogni nuova considerazione dei fatti oggetto della decisione giudiziale.

L’art. 34 c.p.c. consente una estensione dell’oggetto del processo alle questioni pregiudiziali (e quindi una limitazione dell’autonomia delle parti) dettata da ragioni di economia ed efficienza della tutela giurisdizionale, valutate in via generale ed astratta dal legislatore. La soluzione prima proposta consente una restrizione dell’oggetto del processo collettivo risarcito-rio dettata da ragioni di economia ed efficienza della tutela giurisdizionale, valutate in concreto dal giudice. In entrambi i casi il principio dispositivo è limitato da ragioni attinenti alla funzionalità del processo, che nel secondo caso non sono certamente più deboli.

Contro questo ragionamento si prospetta la seguente obiezione finale: problematica non è tanto la limitazione del principio dispositivo in sé, quanto il fatto che essa sia affidata all’apprezzamento e alla scelta del giudice nel caso concreto. Ciò metterebbe a repentaglio la garanzia costituzionale della imparzialità del giudice.

Anche questa obiezione si espone ad una replica, che con-sente di confermare la soluzione proposta.

La previsione di un aumento di poteri del giudice è frequen-temente accompagnata dal rilievo critico che tale aumento mina o può minare la sua imparzialità.

Ciò è accaduto in particolare con la previsione dei poteri istruttori d’ufficio del giudice.

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Ammesso e non concesso che l’esercizio del potere di de-limitare l’oggetto del processo paghi qualche leggero prezzo sul piano della imparzialità psicologica del giudice, nel quadro di quel bilanciamento di valori costituzionali cui deve ispirarsi la disciplina della tutela collettiva giurisdizionale, quel prezzo non sembra superiore a quello collegato all’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio e merita di essere pagato(21).

7. Diritti individuali “omogenei”

Un approfondimento merita la nozione di diritti individuali “omogenei”.

Con quest’ultima espressione tecnica – impiegata nel nuovo testo dell’art. 140-bis, comma 1, cod. cons. – la legge presup-pone che la nozione di tutela collettiva indichi due ipotesi tra di loro tendenzialmente diverse: a) la tutela di un interesse essenzialmente “superindividuale”; b) la tutela di interessi in realtà individuali, che rinvengono il loro carattere collettivo nel fatto di ritrovarsi con analoga consistenza in capo a più soggetti (interessi individuali “omogenei” o “isomorfi”)(22).

Nella ipotesi sub a), di cui l’art. 140-bis non si occupa, l’espressione interesse “superindividuale” indica l’interesse di più soggetti verso un bene che ha (anche, oppure solo) una dimensione non suscettibile di appropriazione e godimento esclusivi(23). Esempi: la concorrenza, la correttezza nelle

(21) Per un più ampio discorso sul punto, v. R. CAPONI, Variabilità dell’oggetto del

processo (nell’azione collettiva risarcitoria), cit., p. 47.

(22) Per la precisazione concettuale dell’espressione “interessi individuali omo-genei”, v. soprattutto A. PELLEGRINI GRINOVER, New Trends in Standing and Res

Iudicata in Collective Suits, rapporto generale al XIII congresso internazionale di

diritto processuale (Salvador/Bahia, 16-22 settembre 2007).

(23) A tale proposito v. N. TROCKER, voce Interessi collettivi e diffusi, in Enc. giur.,

vol. XVII, Roma, 1989. Sul tema v. la recente monografia di R. DONZELLI, La tutela

giurisdizionale degli interessi collettivi, cit.; nonché in precedenza, C. PETRILLO, La

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pratiche commerciali, l’ambiente, la salute, la sicurezza delle condizioni di lavoro(24).

Completamente diverso è il panorama che si dischiude nella seconda ipotesi (sub b), la sola di cui l’art. 140-bis si occupa. Tutela collettiva designa in questo caso la tutela di una pluralità di diritti individuali che proteggono interessi omogenei.

Non vi è una unica o unitaria condotta illecita che aggredisce il bene collettivo, bensì vi è una unica condotta illecita, ovvero più condotte illecite contestuali o parallele, che aggrediscono più beni individuali e quindi ledono diritti di cui sono titolari singoli individui.

A differenza dell’interesse superindividuale, l’interesse indi-viduale omogeneo non si indirizza verso un unico bene collet-tivo, non suscettibile di appropriazione e godimento esclusivi, bensì verso un bene individuale. Esso sorge dopo il verificarsi di un illecito plurioffensivo ed è tensione della volontà, propria in modo identico di più soggetti lesi, verso un bene individuale ristoratore.

La condotta lesiva provoca pertanto quella crisi di coope-razione, apprezzabile nel contesto di uno specifico rapporto intersoggettivo, che fornisce l’occasione del ricorso alla tutela giurisdizionale dei diritti da parte dei singoli individui. Essi affermano in giudizio la lesione (il pericolo di lesione, la con-testazione) di un proprio diritto, per chiederne il ristoro. Esempi: il prodotto dannoso fonte di responsabilità del produttore nei confronti di più soggetti; la clausola vessatoria inserita in contratti stipulati da più consumatori o utenti me-diante moduli o formulari; la pratica commerciale ingannevole o aggressiva che ha condotto parimenti alla conclusione di contratti da parte di più consumatori. Dall’illecito sorgono diritti al risarcimento o alle restituzioni, connessi dall’identità delle questioni da risolvere per accertare la loro esistenza o dall’identità del fatto costitutivo.

(24) Per un più ampio discorso sul punto, v. R. CAPONI, Azioni collettive: interessi

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8. Azioni seriali

In caso di contestuali iniziative processuali dirette a far vale-re intevale-ressi individuali omogenei, si hanno le c.d. azioni seriali, rientranti tradizionalmente entro lo schema del litisconsorzio facoltativo proprio e improprio (art. 103 c.p.c.)(25).

Esempi: più consumatori agiscono (o più frequentemente eccepiscono) in giudizio la nullità delle clausole vessatorie inserite nei concreti contratti da loro stipulati e chiedono il risarcimento del danno o la restituzione delle somme. Più con-sumatori fanno valere in giudizio la scorrettezza delle pratiche commerciali che li hanno identicamente indotti a stipulare i contratti e chiedono il risarcimento del danno o la restituzione delle somme.

Nel settore degli interessi individuali omogenei, le questioni affrontate, pur di notevole importanza pratica, hanno un impatto sistematico più modesto rispetto a quelle suscitate dalla tutela degli interessi superindividuali.

In primo luogo, non è in discussione l’ordinaria legittimazio-ne ad agire in capo a ciascuno dei soggetti lesi. Sarebbe fuori luogo aggiungere che si tratta di legittimazione disgiunta, poiché non siamo nel campo delle obbligazioni indivisibili o solidali. Non si tratta di una unica prestazione, bensì si tratta di tante prestazioni risarcitorie o restitutorie quanti sono i soggetti lesi. In secondo luogo, si tratta di dare una adeguata disciplina dello svolgimento del processo collettivo, a cominciare dalla pubblicità dell’atto introduttivo del giudizio, per finire con la efficacia e stabilità dei provvedimenti di tutela.

(25) In ipotesi di illecito plurioffensivo, generato da una unica condotta illecita, ovvero da più condotte illecite contestuali o parallele, l’art. 103 c.p.c. consente che più soggetti lesi possano agire in giudizio, cumulando nello stesso processo più cause connesse per il titolo (causa petendi, fatto costitutivo) o per le identiche questioni da cui dipende totalmente o parzialmente la loro decisione.

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9. Profili funzionali salienti

L’azione collettiva risarcitoria o “azione di classe” assolve a una pluralità di funzioni.

In primo luogo, come già detto, essa realizza la garanzia dell’accesso alla giustizia per le controversie di modico valore. In caso di danni di massa per i soggetti lesi coinvolti, ma di entità così lieve che non vale la pena di dedurli in giudizio iso-latamente, l’aggregazione processuale delle pretese individuali ad opera di un rappresentante, come previsto dall’art. 140-bis cod. cons., abbatte i costi e costituisce quindi l’elemento fonda-mentale di una risposta giudiziaria tesa a rimuovere le ragioni della rinuncia dei consumatori e degli utenti.

In questo caso, il nuovo strumento non serve a finalità di economia e di efficienza processuale, bensì a far emergere un contenzioso latente, che altrimenti non avrebbe modo di ma-nifestarsi a causa della sproporzione tra il valore della singola controversia, normalmente modico, e le spese per il ricorso individuale alla tutela giurisdizionale.

Oltre al profilo teso al ristoro individuale dei soggetti lesi, il nuovo strumento presenta – in secondo luogo – anche profilo di deterrenza nei confronti della commissione di illeciti dannosi per una cerchia più o meno ampia di consumatori. In questo settore, l’iniziativa giudiziaria collettiva privata si affianca all’attività pubblica di prevenzione e di controllo nei confronti del potere economico dell’impresa, come sorta di potere ge-nerato dalla società civile, contrapposto al potere economico dell’impresa.

In questo senso il processo civile italiano (al pari di quello di altri paesi europei che hanno introdotto azioni collettive, anche risarcitorie) si arricchisce di una nuova funzione, tradizional-mente affidata nell’Europa continentale alla cura dello Stato e della pubblica amministrazione: la funzione di regolazione e di controllo delle condotte sociali ed economiche che incidono non tanto sugli interessi di un individuo isolato, quanto sugli interessi di una collettività di individui.

(21)

In terzo luogo, l’azione collettiva risarcitoria realizza una finalità di economia e efficienza processuale nelle controversie che altrimenti sarebbero affidate alla normale disciplina del processo con pluralità di parti.

10. Campo di applicazione

Il nuovo istituto si applica a fattispecie di illecito pluriof-fensivo tipizzate, finora inserite nell’ambito del litisconsorzio facoltativo: “a) i diritti contrattuali di una pluralità di consuma-tori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile; b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato pro-dotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale; c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticon-correnziali”(26).

La riformulazione del campo di applicazione elimina l’ir-razionale esclusione delle ipotesi ex art. 1342 c.c. e limita il precedente riferimento agli atti illeciti extracontrattuali alla responsabilità del produttore.

Se ne affida l’esame dettagliato agli studiosi di diritto so-stanziale.

11. Legittimazione ad agire

La disciplina della legittimazione ad agire in via collettiva sbocca finalmente nel riconoscimento di quest’ultima in capo al singolo componente della classe dei soggetti lesi.

L’esito è opportuno e marca la differenza tra la tutela dei

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diritti individuali omogenei e la tutela degli interessi supe-rindividuali, su cui si è già richiamata l’attenzione. Esso era già dischiuso dall’estensione della legittimazione ad agire ad associazioni locali – diverse da quelle registrate – e a comitati sorti appositamente per organizzare una reazione giurisdizio-nale collettiva all’illecito dannoso.

Ciò non esclude evidentemente che l’attività delle associa-zioni dei consumatori o dei comitati possa favorire un’aggre-gazione più efficiente delle iniziative individuali, specialmente in caso di danni di massa per i soggetti lesi coinvolti, ma di lieve entità.

A questo punto l’azione collettiva risarcitoria potrà essere promossa dal singolo componente della classe oppure dalle as-sociazioni dei consumatori o da comitati fondati ad hoc, senza necessità che associazioni o comitati si rendano cessionari dei diritti individuali(27).

Legittimata passiva è l’“impresa” cui è imputato l’illecito(28).

Aperto è il problema se il termine possa indicare in modo ellittico il “professionista”, vale a dire “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività impren-ditoriale, commerciale, artigianale o professionale”(29).

12. Adesione come forma di “opt in”

I consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela prevista dall’art. 140-bis cod. cons. “aderiscono all’azione di classe”(30).

(27) Su questo punto l’art. 140-bis, comma 1, cod. cons. avrebbe potuto essere più chiaro. Sui problemi posti dalla legittimazione ad agire degli enti collettivi si rinvia a R. CAPONI, Litisconsorzio “aggregato”. L’azione risarcitoria in forma collettiva

dei consumatori, cit., p. 826 ss.

(28) Cfr. art. 140-bis, comma 4, proposizione 1.

(29) Cfr. art. 3, comma 1, lett. c) cod. cons., dopo le modifiche apportate dal d.lgs. 221/2007.

(23)

Così l’ordinamento italiano esprime la sua predilezione per il sistema in cui il soggetto leso deve attivarsi se vuole essere incluso fra i destinatari degli effetti della sentenza (opt in), an-ziché per il sistema contrapposto – tipico di alcune ipotesi della

class action statunitense – in cui tutti i diritti lesi dall’illecito

sono dedotti in giudizio una volta per tutte dal rappresentante della classe e il singolo deve attivarsi se vuole essere escluso dal novero dei destinatari degli effetti della sentenza (opt out)(31).

L’alternativa tra opt in e opt out è al centro del dibattito in

Italia, come in altri paesi europei.

Non è il caso di ritornare a valutare gli argomenti favorevoli e contrari a ciascuno dei due sistemi.

Si possono solo segnalare due aspetti relativi all’esperienza italiana.

In primo luogo, progredisce lentamente la consapevolezza che l’opt out si presenta come la soluzione più funzionale alla realizzazione degli obiettivi dell’azione collettiva risarcitoria. In secondo luogo progredisce la consapevolezza che l’opt

out non incontra ostacoli di ordine costituzionale, quanto

meno nelle settore delle controversie di modesta entità (small

claims), o meglio – come detto – nel settore delle controversie

che hanno un valore talmente basso che non verrebbero portate all’attenzione delle corti se non in modo aggregato, attraverso l’esercizio di un’azione collettiva(32).

Su questa strada si è mossa già qualche pronuncia giurispru-denziale.

È del 30 aprile 2008 un provvedimento del tribunale di Roma, investito con un ricorso cautelare ex art. 140, comma

(31) Cfr. A. GIUSSANI, Azioni collettive risarcitorie nel processo civile, Bologna, Il

Mulino, 2008, p. 225, secondo cui l’esame delle esperienze straniere di tutela col-lettiva più avanzate, come quella statunitense, dimostra che l’adozione del sistema di opt in è una tappa intermedia verso l’opt out.

(32) Si apre l’alternativa se affidare l’individuazione di questo limite di valore al giudice nel caso concreto, come è preferibile, seguendo così l’esempio della legge danese, ovvero ad una norma giuridica, come era previsto in una proposta legislativa francese poi abbandonata.

(24)

8, cod. cons., con cui l’emittente di pay Tv Sky Italia s.r.l. è stata condannata a restituire agli abbonati le somme di denaro, indebitamente percepite rispetto alle pattuizioni contrattuali, per l’automatico invio di nuova rivista con i programmi te-levisivi(33). In altri termini, il Tribunale di Roma ha adottato

un provvedimento di condanna alla restituzione di somme di denaro a vantaggio dei singoli abbonati, in quanto “misura ido-nea a correggere o eliminare gli effetti dannosi della violazione accertata”, ex art. 140, comma 1, lett. b) cod. cons.

Dunque è stata di fatto accolta una specie di class action diretta alla restituzione di somme di denaro, promossa da un’associazione dei consumatori attraverso la richiesta di un provvedimento cautelare per ingiunzione ex art. 140 cod. cons.(34).

13. Adesione: natura ed effetti

L’adesione – per il cui compimento non è necessario il ministero di difensore – è un atto complesso. Formalmente unitario, esso racchiude due componenti: la prima è intesa a conferire un mandato all’attore collettivo (con elezione di do-micilio). La seconda è intesa ad esercitare l’azione nei confronti dell’impresa convenuta, in via di principio con tutti gli effetti sostanziali e processuali che il nostro ordinamento collega all’atto di esercizio dell’azione. Pertanto l’atto indica il diritto fatto valere dal consumatore e i correlativi fatti costitutivi, con la documentazione probatoria, ed è depositato in cancelleria. Gli effetti dell’atto di esercizio dell’azione, non solo l’ef-fetto interruttivo-sospensivo della prescrizione, ma anche la litispendenza, decorrono dalla notificazione della domanda

(33) Cfr. Trib. Roma, 30 aprile 2008, in Foro it., 2008, I, c. 2679, con nota di A.D. DE SANTIS.

(34) Per un più ampio discorso sul punto, v. R. CAPONI, La class action in materia

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giudiziale(35) o dal deposito dell’atto di adesione in cancelleria,

che potrà avvenire – e normalmente avverrà – tramite l’attore, entro il termine fissato dal giudice ai sensi dell’art. 140-bis, comma 9, lett. b)(36).

Con l’adesione i soggetti acquistano la qualità di parte del processo solo in senso sostanziale. Gli aderenti non compiono gli atti processuali, né subiscono gli effetti del processo in termini di spese(37).

Evidente è l’utilità dell’adesione. Poiché non siamo nel campo delle obbligazioni indivisibili o solidali, non si applica l’art. 1306 c.c. Il soggetto che non ha aderito non può giovarsi degli effetti del giudicato favorevole. L’adesione è dunque lo strumento attraverso il quale i consumatori o gli utenti possono opporre all’impresa la sentenza che accoglie la domanda. L’altra faccia della medaglia è la “rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo”(38), nonché

la soggezione agli effetti della sentenza che rigetta la domanda.

14. Rapporto tra promotore e aderente

Tra il promotore dell’azione collettiva e l’aderente sorge un rapporto obbligatorio, fondato su un contratto che si può

(35) Con il dischiudersi di un problema di responsabilità del promotore dell’azione collettiva che introduca la causa tardivamente rispetto a chi ha tempestivamente aderito.

(36) Così il nuovo testo dell’art. 140-bis elimina l’irrazionale (precedente) previsio-ne della possibilità di aderire fino al momento della precisazioprevisio-ne delle conclusioni nel giudizio di appello.

(37) La necessità di reperire i mezzi per il finanziamento dell’azione può peraltro indurre il promotore a richiedere all’aderente la corresponsione di una somma di denaro adeguata al valore del singolo diritto dedotto in giudizio (arg. ex art. 1719 c.c.).

(38) Cfr. art. 140-bis, comma 3, proposizione 2.

Tuttavia la rinuncia non vale più in caso di rinuncia o transazione intervenuta tra le parti del processo collettivo, cui l’aderente non abbia consentito, ovvero nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo (cfr. art. 140-bis, comma 15).

(26)

qualificare come mandato con rappresentanza(39). Pur se si

mantiene fede all’orientamento consolidato che intende il requisito della spendita del nome del rappresentato in modo rigoroso ed esige una dichiarazione espressa e univoca, affer-mando l’inammissibilità di una contemplatio domini tacita, tale requisito è rispettato con l’allegazione nel processo dei nomi e delle generalità degli aderenti. Il mandato ha per contenuto il compimento della serie di atti giuridici diretti alla gestione del processo collettivo.

L’applicazione delle norme sul mandato offre una base normativa per risolvere alcuni problemi tra il promotore e l’aderente, come quello della revoca dell’adesione(40).

15. Poteri processuali dell’attore collettivo

L’attore collettivo può compiere validamente tutti gli atti che non presuppongono la capacità di disporre dei diritti (altrui) oggetto della controversia, a partire dalla nomina del difenso-re(41).

Salvo patto contrario al momento dell’adesione, l’attore col-lettivo può rinunciare validamente agli atti del processo senza premunirsi dell’assenso degli aderenti. Questi ultimi tornano così ad essere posti dinanzi all’alternativa di esercitare l’azione in forma individuale ovvero in forma collettiva. Viceversa, salvo

(39) Lo stesso art. 140-bis, comma 1 qualifica in termini di mandato il rapporto tra promotore e aderente quando il primo sia un’associazione, ma il discorso evidente-mente non cambia quando il promotore sia un singolo componente della classe. (40) Il tema della revoca dell’adesione sarebbe peraltro meritevole di una disci-plina ad hoc. Attualmente, il promotore che intenda prevenire la revoca nel corso del processo deve inserire nella propria proposta una clausola di irrevocabilità. In questo caso l’aderente può egualmente revocare, ma risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa, come ad esempio la mala gestio del processo (arg. ex art. 1723 c.c.).

(41) Se del caso l’interrogatorio formale e il giuramento possono essere deferiti al singolo aderente, nelle ipotesi eccezionali in cui il sapere del singolo aderente rilevi ai fini della risoluzione di una questione di fatto comune.

(27)

patto contrario, l’attore collettivo non può prestare acquiescenza alla sentenza di merito di rigetto senza premunirsi dell’assenso degli aderenti, perché la rinuncia ad impugnare implica in tal caso disposizione del diritto.

Molto delicata, a causa dei possibili abusi, è l’attribuzione al promotore, al momento dell’adesione, del potere di transigere o conciliare la controversia. Ciò rafforza evidentemente la sua posizione dinanzi al convenuto. L’azione collettiva risarcitoria può conseguire il massimo di efficienza, se essa si conclude con una transazione collettiva, quando l’andamento del pro-cesso, congiunto alla ravvicinata prospettiva di una pronuncia di condanna, induca il convenuto a proporre anticipatamente il pagamento di una somma ai soggetti lesi, a definitiva composi-zione della controversia. In ogni caso, le rinunce e le transazioni intervenute tra l’attore collettivo e il convenuto non pregiudi-cano i diritti degli aderenti, che non vi abbiano espressamente consentito(42) o che non le abbiano ratificate.

16. Giudizio di ammissibilità

L’ammissibilità dell’azione collettiva risarcitoria è sottoposta ad un giudizio preliminare di carattere sommario(43), che si

conclude in senso negativo quando la domanda è manifesta-mente infondata, quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l’identità dei diritti individuali tutelabili, nonché quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe(44).

(42) Così l’art. 140-bis, comma 15.

(43) Sui giudizi preliminari e sommari di ammissibilità in generale, v. R. CAPONI,

Litisconsorzio “aggregato”. L’azione risarcitoria in forma collettiva dei consuma-tori, cit., p. 833 ss.

(44) Cfr. art. 140-bis, comma 6. Con l’ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile, e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente (cfr. art. 140-bis, comma 8).

(28)

La previsione di un giudizio di ammissibilità è opportuna. Esso serve da un lato all’interesse sostanziale della pluralità dei soggetti, che si affermano lesi nei loro diritti omogenei, a far valere in giudizio le loro pretese in modo aggregato ed effettivo. Dall’altro lato, tale valutazione serve al contrapposto interesse dell’impresa convenuta in giudizio ad evitare il dan-no ingiusto all’immagine conseguente alla pubblicità dei contenuti di una domanda collettiva che è manifestamente infondata oppure che non è occasionata da un illecito effetti-vamente seriale(45).

Con la riformulazione dei criteri del giudizio di ammissi-bilità rispetto al testo originario dell’art. 140-bis, esso compie ulteriori passi in direzione della certification, conosciuta nel-l’esperienza statunitense della class action. I passi avanti si colgono sotto il profilo dell’ingresso di un criterio omologo alla adeguacy of representation, prevista dalla Rule 23 delle

Federal Rules of Civil Procedure, cioè la capacità dell’attore

di curare adeguatamente l’interesse della classe (se del caso valutata comparativamente, nella ipotesi in cui vi siano più promotori) nonché di un criterio omologo a quello della

commo-nality, parimenti prevista dalla Rule 23, cioè l’identità (rectius:

l’omogeneità) dei diritti individuali tutelabili attraverso l’azione collettiva risarcitoria.

17. Intervento del pubblico ministero nel giudizio di

ammis-sibilità

Limitatamente al giudizio di ammissibilità può intervenire il pubblico ministero. A tal fine l’atto introduttivo dell’azione collettiva è notificato presso il suo ufficio(46).

(45) Per un più ampio discorso sul punto, cfr. R. CAPONI, Litisconsorzio “aggregato”.

L’azione risarcitoria in forma collettiva dei consumatori, cit., p. 836 ss.

(29)

La previsione è opportuna ed è stata anticipata da iniziati-ve della prassi. Si segnala una circolare della Procura genera-le della Repubblica di Torino, occasionata dall’entrata in vi-gore dell’art. 140-bis cod. cons.(47). Si richiede alle

cancelle-rie delle sezioni civili di segnalare alla procura la pendenza di processi civili relativi alla tutela del risparmio, alla tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti (anche sulla base della proposizione di un’azione collettiva risarcitoria), alla tutela del diritto alla salute, alla violazione del dovere di sicurezza nei luoghi di lavoro, o alla violazione delle norme a tutela dell’ambiente e del territorio. La segnalazione serve a valuta-re la sussistenza del “pubblico intevaluta-resse” che legittima il pubblico ministero all’intervento in causa ai sensi dell’art. 70, comma 3, c.p.c.

Il colpo d’ala della Procura generale torinese rispolvera una norma praticamente dimenticata e si impone alla riflessione dei realisti, il cui cinismo è sempre esposto alla fallacia natu-ralistica: il fatto che la norma sia stata trascurata finora non impone che debba esserlo per tutto il futuro(48). Esso si impone

anche alla meditazione degli entusiasti fautori dello sviluppo unidirezionale verso il mitico private enforcement.

La realtà è per fortuna più complessa, sebbene si debba attendere che i fatti seguano alle parole.

L’iniziativa della Procura generale torinese, per il suo valore esemplare, è idonea a promuovere una riflessione teorica sulla nozione di pubblico interesse ex art. 70, comma 3, c.p.c. In una materia in cui pubblico e privato si intersecano, essa deve essere uno snodo fondamentale(49). Il silenzio conservato sul

punto dalla odierna letteratura di diritto processuale civile è

(47) Cfr. Foro it., 2008, V, c. 216.

(48) Più in generale, contro il determinismo di chi ritiene che quello in cui viviamo è il solo mondo possibile, cfr. L. FERRAJOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della

democrazia, 2, Teoria della democrazia, Bari, Laterza, 2007, p. 611.

(49) Infatti essa è più volte citata da A. PIZZORUSSO, Interesse pubblico e interessi

(30)

assordante. Se la terminologia appare vetusta, si può aggiornar-la(50). In ogni caso, occorre muovere da questa nozione, anche

per andare oltre.

Adesso si è risvegliato opportunamente anche il legislatore.

18. Pubblicità dell’azione collettiva

Se l’azione è dichiarata ammissibile, “il tribunale fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. L’esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda”. Contestualmente il tribunale: “a) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione; b) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla sca-denza di quello per l’esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell’attore, sono depositati in cancelleria”(51).

L’esigenza di adottare un sistema di pubblicità dell’atto in-troduttivo dell’azione collettiva, in grado di rendere edotti della pendenza del giudizio tutti i membri della classe interessata, è stata avvertita fin dai primi studi sulla tutela giurisdizionale degli interessi collettivi(52).

Lo strumento è molto delicato, specialmente se la domanda collettiva viene poi rigettata. A seconda delle forme di pubbli-cità adottate, i danni arrecati nel frattempo all’immagine

del-(50) Fondamentali i contributi sul tema della letteratura tedesca: cfr., tra i tanti, P. HÄBERLE, Öffentliches Interesse als Juristisches Problem, Bad Homburg, 1970; J.

ISENSEE, Gemeinwohl im Verfassungsstaat, in Handbuch des Staatsrechts, a cura di

J. ISENSEE e P. KIRCHHOF, I, Heidelberg, 1995.

(51) Cfr. art. 140-bis, comma 9.

(52) Cfr. A. PROTO PISANI, Appunti preliminari per uno studio sulla tutela

giuri-sdizionale degli interessi collettivi (o più esattamente: superindividuali) innanzi al giudice civile ordinario), in Dir. e giur., 1974, pp. 801 ss. e 811.

(31)

l’impresa convenuta possono essere notevoli. Il legislatore ha affidato la soluzione del problema alla valutazione in concreto del giudice, salvo prevedere che “ulteriori forme di pubblicità” siano curate dal Ministero dello sviluppo economico, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito Internet.

19. Determinazione del corso del procedimento

Sempre con la stessa ordinanza con cui ammette l’azione, “il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l’equa, efficace e sollecita ge-stione del processo. Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ritiene più opportuno l’istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”(53).

Il canone di proporzionalità nell’impiego delle risorse giudi-ziali – cui si è accennato indietro – ha suggerito di configurare la disciplina del processo collettivo all’esito di un bilanciamento di valori costituzionali, che colloca su un piatto della bilancia le garanzie costituzionali che sorreggono il modello tradizio-nale di tutela giurisdiziotradizio-nale dei diritti nel singolo processo, e sull’altro piatto l’efficienza di un processo complesso in re

ipsa, ancorché opportunamente depurato dell’intervento di

terzi(54).

(53) Cfr. art. 140-bis, comma 11.

(54) Cfr. art. 140-bis, comma 11. La precedente previsione dell’intervento dei sin-goli nella causa collettiva era superflua e incongrua rispetto ad una delle finalità, quella di economia processuale, perseguita dalla introduzione dell’azione collettiva risarcitoria.

(32)

Ne è uscita parzialmente sacrificata la predeterminazione legale dello svolgimento del processo, a vantaggio di una determinazione giudiziale calibrata sulle caratteristiche della concreta controversia.

20. Contenuti della sentenza

“Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme”(55).

Come già anticipato, si prevedono due possibili varianti di contenuto dell’accoglimento della domanda: un contenuto di condanna, che costituirà la regola e si applicherà in tutte le ipo-tesi in cui dall’accertamento della responsabilità del convenuto scaturisca automaticamente la determinazione della somma da restituire, ovvero un contenuto di accertamento limitato alla responsabilità dell’impresa, laddove eccezionalmente vi sia bisogno di un giudizio individualizzato che può essere svolto non nel processo collettivo, bensì in un successivo giudizio limitato al quantum ovvero può essere oggetto di trattative interindividuali o collettive.

Il tema della liquidazione del danno risarcibile costituisce uno degli aspetti più delicati dell’azione collettiva risarcitoria e meriterebbe una trattazione ad hoc: infatti “benché in svariate occasioni l’illecito possa ledere una pluralità di soggetti in modo identico, causando a tutti un identico danno, nella mag-gioranza delle ipotesi l’incidenza dell’illecito sul patrimonio delle sue vittime è diversificata. In questi ultimi casi, occorre inevitabilmente scegliere fra due mali: procedere alla liquida-zione su base individuale, rinunciando alle economie di scala

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