• Non ci sono risultati.

Il vino e l'approccio market-driven: il caso Cerester Srl

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il vino e l'approccio market-driven: il caso Cerester Srl"

Copied!
23
0
0

Testo completo

(1)

Master Universitario di I livello Vini Italiani e Mercati Mondiali

Anno Accademico

2016/17 in collaborazione con

IL VINO E L’APPROCCIO

MARKET-DRIVEN: IL CASO

CERESTER SRL

Autore

GIULIA MARIA CIAMPOLINI

Tutor Scientifico

PIETRO TONUTTI

Tutor Aziendale –

CERESTER SRL

(2)

SOMMARIO

1. INTRODUZIONE ... 3

2. OBIETTIVI DELLO STAGE ... 5

3. ATTIVITÀ REALIZZATE ... 6

4. RISULTATI OTTENUTI ... 19

5. CONCLUSIONI ... 22

(3)

1.

INTRODUZIONE

I teorici del marketing convenzionale ci insegnano che esistono due principali modalità per delineare la propria strategia aziendale: esistono aziende che adottano un approccio cosiddetto market-driven (detto anche customer-driven) e altre che, al contrario, optano per un approccio più marcatamente product-driven.

Un’azienda market-driven fonda la propria strategia su un’accurata ricerca di mercato: il portafoglio di prodotti è frutto di un’accurata raccolta di informazioni sulle abitudini di consumo e sulle macro e micro tendenze di mercato nei Paesi di riferimento. L’assunto di base, alla guida di questa tipologia di aziende, è che la sopravvivenza dipenderà dalla soddisfazione dei bisogni del consumatore; di conseguenza il customer service rivestirà un ruolo fondamentale nell’organico aziendale: dovrà essere rapido e ineccepibile, in quanto a cortesia e disponibilità. Queste aziende porranno l’accento quindi sulla propria rapidità nell’interpretare, anticipare, soddisfare i bisogni dei consumatori (prima, durante e dopo l’acquisto del prodotto); daranno priorità alla convenienza e alla flessibilità dello stesso (offrendolo, ad esempio, in varie dimensioni e curando le informazioni reperibili online). Infine, dato che il prodotto ruota attorno al consumatore, si renderà necessario mantenere un contatto diretto con il consumatore finale, e i propri distributori.

Un’azienda product-driven tendenzialmente sviluppa il proprio prodotto, e solo successivamente cerca un mercato in cui introdurlo. L’assunto di base, alla guida di questa tipologia di aziende, è che il profitto deriverà dall’unicità del proprio prodotto finito, e dalla capacità dell’azienda di comunicarlo efficacemente nei mercati d’elezione. Concentrandosi sul proprio prodotto, invece che sui bisogni dei consumatori, questa tipologia di azienda dovrà fare leva su campagne di marketing (per informare i consumatori sull’esistenza del prodotto), sull’unicità (vera o presunta) del proprio prodotto, e sul posizionamento (convincendo il consumatore che il proprio prodotto sia il migliore sul mercato, oppure dotato di un ottimo rapporto qualità-prezzo, e così via) (Kotler e Armstrong, 2012)

Solitamente le aziende vitivinicole italiane appartengono alla seconda categoria, quindi potrebbero essere definite product-driven: producono i propri vini da generazioni e cercano di promuoverli con una strategia di story-telling mirata; al tempo stesso cercano di migliorare la propria offerta continuamente, tramite migliorie al packaging (tappo, etichetta, bottiglia), ai servizi offerti congiuntamente al vino e così via.

Il mio tirocinio si è svolto in una realtà che, in virtù delle proprie scelte aziendali, si distacca nettamente dalle tipiche aziende vitivinicole italiane.

(4)

Cerester Srl è situata a San Miniato, a metà strada tra i centri storici di Firenze e Pisa. Si tratta innanzitutto di un’azienda imbottigliatrice – non produttrice. Inizialmente Cerester Srl operava esclusivamente nel mercato dei vini sfusi, e solo recentemente ha modernizzato il reparto produttivo evolvendosi gradualmente, fino a diventare un’azienda imbottigliatrice. Attualmente Cerester Srl è attiva in entrambi i settori, con netta prevalenza del vino imbottigliato su quello sfuso.

Non avendo a carico la cura del vigneto, l’azienda è una realtà molto dinamica, che acquista vino da varie regioni italiane e crea, letteralmente, i propri prodotti sulla base delle necessità e delle caratteristiche del consumatore target nei mercati esteri di riferimento.

L’attuale portafoglio di prodotti si compone di 12 vini, sia bianchi che rossi, provenienti da quattro diverse regioni italiane. Tutti i prodotti sono attualmente in commercio in uno o più paesi esteri. Si rende quindi necessario un continuo studio dei mercati di riferimento, un aggiornamento costante sulle tendenze di consumo, e soprattutto un contatto quotidiano coi propri partner (distributori, importatori, rivenditori di ogni sorta), in modo tale da offrire prodotti che siano coerenti, credibili e che rispondano effettivamente ai bisogni del mercato in quel determinato momento.

(5)

2.

OBIETTIVI DELLO STAGE

Data la natura interdisciplinare del master, focalizzato sulla comunicazione e il marketing del vino; data inoltre la natura, chiaramente export-oriented, dell’azienda, il mio tirocinio si è svolto nell’ufficio marketing-export.

Gli obiettivi scelti in fase di discussione del progetto formativo con il mio tutor aziendale, comprendevano un graduale inserimento nell’ufficio, per comprendere le dinamiche di un’azienda di medie dimensioni, operante su vari mercati esteri. Nello specifico, le mie mansioni erano le seguenti:

• Curare i rapporti in essere con i clienti esteri

• Svolgere ricerche di mercato volte a trovare nuovi distributori e partner esteri • Redigere e tradurre schede tecniche

• Occuparsi della creazione di un gadget per il lancio di un nuovo prodotto aziendale • Supportare il personale addetto alla logistica

• Gestire la spedizione delle campionature aziendali

• Condurre eventuali degustazioni in azienda con turisti di passaggio

Tutte queste attività erano volte a fornirmi le basi per comprendere il funzionamento dell’azienda a 360 gradi, e comprendere quale fosse la filosofia alla base dello stesso.

In una realtà come quella di Cerester Srl, che fonda il proprio funzionamento sulle vendite in mercati esteri, avere una filosofia comune a tutto l’organico diviene un punto fondamentale: in primis, per avere una comunicazione efficace tra i vari addetti ai lavori; in secondo luogo, per trasmetterla ai distributori/partner commerciali nei vari mercati esteri. Per avere, in sintesi, coerenza lungo tutta la filiera, dall’imbottigliamento del prodotto, al posizionamento sullo scaffale.

(6)

3.

ATTIVITÀ REALIZZATE

Essendo Cerester una realtà molto dinamica, le mie mansioni durante il periodo di stage sono state varie; questo mi ha consentito di mettermi alla prova su più fronti e mi ha dato la possibilità di toccare con mano varie fasi del processo di marketing. Ho avuto modo di occuparmi di logistica, comunicazione, export, degustazioni in azienda.

3.1. REDAZIONE / TRADUZIONE DI SCHEDE TECNICHE

La prima sfida che mi si è posta davanti riguardava il settore di comunicazione aziendale.

Le schede tecniche dei vini avevano la necessità di essere aggiornate in quanto a progettazione, design, testi e traduzioni. Essendo in contatto costante con fornitori, distributori, clienti di ogni sorta, mantenere aggiornate le schede tecniche – sia per quanto riguarda i contenuti, che la grafica – diviene fondamentale.

Il lavoro si è articolato in tre fasi:

1. Identificazione dei punti chiave da comunicare

Questa prima fase si è resa necessaria per mantenere le schede tecniche essenziali (una cartella word) e più chiare possibile, senza eccedere in descrizioni comprensibili solo agli addetti del settore e non al consumatore medio. Questo ci ha poi consentito un doppio utilizzo delle schede tecniche: in ambito di degustazione con turisti e in ambito commerciale (di presentazione dei prodotti a potenziali partner).

2. Identificazione del lettore target

Non vi è comunicazione efficace senza un’idea chiara delle persone cui questa comunicazione è rivolta – la teoria della comunicazione sostiene che in caso di una comunicazione inefficace la colpa ricada quasi sempre sul comunicante, e non sul ricevente – per motivi che possono variare dall’interpretazione sbagliata di una determinata situazione, all’inclusione nell’oggetto della comunicazione di informazioni sbagliate o erroneamente codificate (Fill, 2006). Questa seconda fase del lavoro ci ha fatto optare per la redazione in italiano (specialmente ad uso interno) e la successiva traduzione in inglese (ad uso esterno).

3. Progettazione del layout

Un ruolo importante, oltre che dal testo, era giocato dall’impatto visivo della scheda tecnica. Abbiamo optato per un design essenziale, privo di abbellimenti superflui, per mantenere il focus sull’oggetto principe della comunicazione: il vino. Abbiamo allo stesso tempo optato per uno svecchiamento dell’immagine aziendale, per rendere più accattivante il portafoglio di prodotti aziendali.

(7)

Le principali difficoltà riscontrate riguardavano la scelta dei punti chiave e la resa linguistica di questi stessi punti – era fondamentale che fosse chiara al lettore finale la motivazione per cui certi dettagli e certe argomentazioni erano state riportate, al posto di altre: l’intento era far trasparire la filosofia aziendale attraverso le parole, le immagini, e generalmente, le scelte di redazione.

Un’altra difficoltà riguardava la scelta di un linguaggio che fosse semplice, chiaro, intellegibile, pur mantenendo i tecnicismi specifici del settore vitivinicolo – non avrebbe avuto senso creare delle schede tecniche impeccabili dal punto di vista della terminologia tecnica, che però nessuno avrebbe avuto pazienza sufficiente per leggere fino alla fine.

La traduzione ha comportato un altro tipo di riflessione. La lingua d’elezione era, per ovvi motivi riguardanti la sua diffusione a livello mondiale, l’inglese. Bisogna tenere presente che, sintatticamente parlando, l’inglese è una lingua meno ricca di sfumature dell’italiano, molto meno “poetica” in qualche modo, che si prestava benissimo all’essenzialità che ci eravamo prefissati sin dall’inizio: ciò si è rivelato utile nel momento in cui la trattazione verteva sull’abbinamento del vino al cibo, o sulla descrizione organolettica del vino (esame visivo, olfattivo, gusto-olfattivo). La natura scarna dell’inglese rendeva però, al contempo, la descrizione della storia del vino leggermente più difficile; inoltre, si rendeva necessario specificare dettagli che in italiano potevano essere tranquillamente tralasciati (come ad esempio precisazioni sulla geografia italiana).

Infine, anche il layout richiedeva alcuni accorgimenti: vi era la necessità di svecchiare l’immagine aziendale che veniva trasmessa attraverso le schede tecniche; l’anima e l’identità di ogni vino prodotto da Cerester doveva essere trasmessa chiaramente. Si presentava però, allo stesso tempo, il bisogno di comunicare anche la filosofia comune dietro ad ogni bottiglia: preservare le differenze, e raccontarle come capitoli a sé stanti, ma parte dello stesso libro.

(8)
(9)
(10)

3.2. GESTIONE DEI RAPPORTI CON I CLIENTI ESTERI

Come già precedentemente specificato, Cerester vanta un portafoglio di clienti esteri ampio ed eterogeneo; nella teoria, ogni Paese estero col quale ci si interfacci presenterà peculiarità a livello culturale, politico, economico, legislativo: ognuna di queste variabili dovrà essere presa in considerazione nel momento in cui ci si appresti ad affrontare il processo di marketing a livello internazionale. (Czinkota e Ronkainen, 2013)

Nella pratica tutto questo si traduce in precise strategie di comunicazione, di prezzo, di marketing. Durante il mio stage mi sono occupata prevalentemente degli aspetti comunicativi e di assistenza ai clienti, ai fornitori esteri, agli addetti alla logistica esterni all’azienda, gestendo la posta elettronica e le comunicazioni telefoniche provenienti dall’estero. Elencare tutte le problematiche sorte durante 450 ore di attività di back office risulterebbe noioso; sinteticamente si può dire che la priorità è

soddisfare il cliente in ogni sua esigenza, per massimizzare i profitti e assicurarsi la fidelizzazione1

futura – ergo, nel limite del possibile, gli sforzi sono concentrati sull’offrire costantemente un servizio di assistenza reattivo, rapido, efficiente.

3.3. RICERCA DI MERCATO

Parallelamente all’attività di mantenimento dei contatti esteri aziendali in essere, ho condotto una ricerca attiva su alcuni mercati per trovare nuovi partner commerciali / distributori. Questa attività è stata strutturata seguendo il modello di ricerca di marketing a 6 step di Malhotra e Dash (2011):

1) Definizione del problema

2) Sviluppo di un approccio per risolvere il problema 3) Strutturazione della ricerca

4) Raccolta dati

5) Preparazione ed analisi dei dati 6) Preparazione del report

La ricerca di mercato è stata quindi strutturata in vari passaggi, come segue: 1. Identificazione dell’oggetto di ricerca

In primo luogo è stato necessario avere ben chiaro quale fosse l’oggetto della ricerca, per evitare di raccogliere dati che in fase di analisi sarebbero risultati superflui o non rilevanti: per evitare sovrapposizioni, ho pensato di condurre una ricerca strutturata, e nel caso in cui si fossero dimostrati rilevanti più fattori, ricercare un fattore alla volta. Nel caso di Cerester, la ricerca era volta a cercare sia distributori che importatori. Quindi è stato necessario

1 Il mercato vitivinicolo italiano è caratterizzato da una profonda frammentazione dell’offerta, che

(11)

condurre due ricerche separate, in due fasi distinte. 2. Definizione dell’approccio alla ricerca

La fonte principale da cui attingere è stata data dalla navigazione sul web, congiuntamente alla consultazione di ricerche precedentemente condotte da istituti specializzati in analisi di mercato del settore. Potrebbe sembrare un’attività banale, ma la scarsità di informazioni e contatti disponibili – nonostante l’accuratezza nella ricerca – è stata abbastanza spiazzante e motivo di riflessione sull’andamento e, soprattutto, sull’apparente saturazione del mercato in alcuni Paesi esteri.

3. Raccolta dati

La raccolta dati aveva come scopo un generale immagazzinamento di informazioni, contatti, siti web, e alla loro organizzazione in un foglio Excel, destinati a una scrematura in fase di analisi dello stesso.

4. Analisi dei dati

Ultimata la fase di raccolta di dati, si è resa necessaria una fase di analisi: la lista di potenziali partner / distributori è stata messa di fronte alla filosofia aziendale di Cerester e al portafoglio di prodotti. L’obiettivo dell’analisi era stabilire quali partner / distributori potessero essere affini all’azienda e al suo modo di pensare e produrre vino.

Questa scrematura si può ottenere analizzando, per ogni potenziale partner2:

- le aziende già rappresentate, in termini di: § dimensioni

§ tipologia di vino proposto § prezzi

- politiche di marketing

- canali di distribuzione, per esempio: § supermercati

§ wine bars / enoteche § vendita online diretta

§ buyers e/o altri intermediari 5. Elaborazione dell’email di presentazione

Una volta stabilito quali partner / distributori possano fare al caso dell’azienda, avviene il passaggio alla fase più delicata e, in un certo senso, decisiva: stabilire un contatto.

L’approccio migliore sarebbe senza ombra di dubbio un contatto diretto, tramite una visita in sede, o tramite un appuntamento presso una fiera o eventi dedicati del settore. Quando però

(12)

ci si trova a interagire con Paesi stranieri, la faccenda diviene complessa poiché aumentano le risorse economiche da mettere in gioco per raggiungere, eventualmente, la meta d’elezione. Per ovviare ed evitare di sprecare risorse inutilmente (stabilire un primo contatto non è ovviamente garanzia di collaborazione e/o profitti nel futuro) si può ricorrere all’utilizzo dell’email, o del telefono. Ancora una volta, nella teoria potranno sembrare attività banali, ma nella pratica nascondono insidie.

(1) Telefono

Effettuare una telefonata potenzialmente costituisce un buon modo per stabilire un primo contatto, ma può al tempo stesso dimostrarsi complicato in caso di fusi diversi, nel caso in cui l’interlocutore non sia a proprio agio con la lingua inglese parlata, o ancora, nel caso in cui possa essere percepita come una modalità fin troppo diretta o invadente di ricercare un confronto. Quindi, come primo approccio, potrebbe essere preferibile elaborare e strutturare una email di presentazione.

(2) Email

Scrivere una email di presentazione rientra tra le attività più complesse nel processo di ricerca di mercato. Le differenze culturali e i ritmi di vita cui siamo attualmente sottoposti rendono necessari alcuni accorgimenti (che, in ogni caso, non sono assolutamente garanzia di successo, giacché non esiste una formula standard per assicurarsi una risposta – né tantomeno una risposta favorevole).

Innanzitutto, un’email di presentazione (soprattutto nel caso in cui sia diretta a paesi anglofoni) deve essere ineccepibile dal punto di vista grammaticale /sintattico; non devono inoltre essere presenti grossolani errori di battitura. Non devono essere mescolati tra loro e/o alternati linguaggio formale e informale. È utile mettersi nei panni del ricevente e provare a immaginare quale potrebbe essere la nostra reazione nel caso in cui ricevessimo una proposta commerciale in un italiano poco formale o, peggio ancora, scorretto.

In secondo luogo, un’email deve essere efficace nella propria brevità: deve essere una sintesi accattivante di ciò che l’azienda è, intende diventare, e di ciò che sta cercando in un potenziale partner. Può essere utile menzionare di aver attentamente studiato il sito web dell’interlocutore – per evitare che l’email venga direttamente cestinata o segnalata come spam.

6. Invio della campionatura

Nel caso in cui la mail di presentazione venga effettivamente letta e ci sia una dimostrazione di interesse da parte dell’interlocutore, si può procedere con l’invio di una presentazione del

(13)

portafoglio aziendale – e un successivo accordo per l’invio di una campionatura.

Dati gli elevati costi dei corrieri espressi (specialmente per le mete più lontane) si tende ad ottimizzare a scegliere quei vini che possano più facilmente fare una buona impressione, o colpire il potenziale partner, tenendo ben presente il mercato che si intende approcciare e le tendenze di consumo. Durante lo stage mi è capitato di dover inviare due campionature, a due importatori diversi; ciò che segue all’invio della campionatura è ovviamente dipendente dal tipo di feedback che si riceve: se positivo, si può intraprendere una trattativa commerciale per stabilire prezzi/modalità/tempistiche di distribuzione.

3.4. SUPPORTO ALLA LOGISTICA

In caso di feedback positivo, in seguito all’invio di una campionatura, si può instaurare un rapporto commerciale, il quale a sua volta sfocia in un articolato intrecciarsi di attività distinte ma pur sempre collegate tra loro. Una delle attività collaterali al mantenimento del rapporto commerciale è la gestione della logistica: attività di cui non mi sono dovuta occupare in prima persona, ma che ho comunque dovuto supportare durante i miei mesi da stagista.

La mia attività di supporto iniziava dalle prime fasi, e terminava con l’evasione degli ordini. L’iter standard adottato in azienda era il seguente:

a) Ricezione dell’ordine b) Conferma dell’ordine

Anche in questo caso veniva posta enfasi sulla rapidità con cui la risposta veniva data, per dare al cliente l’immagine di un’azienda sempre pronta a rispondere alle esigenze.

c) Inserimento dell’ordine

d) Creazione di una gerarchia di ordini, in una scala di urgenza

Questa fase comportava una doppia comunicazione: in primo luogo era necessario

comunicare tempestivamente con i fornitori per assicurarsi che il materiale secco (bottiglie, etichette, tappi, cartoni) fosse disponibile per assemblare l’ordine nella sua interezza, entro i termini stabiliti.

In secondo luogo era necessario comunicare con il laboratorio, incaricato di preparare le masse perché fossero disponibili per l’imbottigliamento in tempi utili.

e) Evasione dell’ordine

Anche quest’ultima fase comprendeva due differenti comunicazioni. La prima con il reparto addetto all’imbottigliamento e al confezionamento, perché rispettasse e seguisse una tabella di marcia adeguata alle tempistiche richieste dal cliente.

(14)

destinazione in tempi utili.

La logistica ed il marketing devono andare di pari passo e intrecciarsi fluidamente in qualsiasi azienda – non ha senso e soprattutto non produce profitto condurre una meticolosa ricerca di mercato, instaurare rapporti commerciali con distributori e importatori, se la logistica non sta al passo con l’approntamento degli ordini (e viceversa). Questa fluidità dipende in larga parte dalla scelta di fornitori e intermediari che siano rapidi e riescano a mantenere i ritmi aziendali, tenendo sempre ben presente che gli imprevisti e gli intoppi sono all’ordine del giorno.

3.5. REALIZZAZIONE DI UN GADGET (LANCIO DI UN NUOVO PRODOTTO) Se è vero che il vino è indiscutibilmente centro e cardine del prodotto vitivinicolo, è altrettanto vero che il consumatore medio non sceglie il prodotto da consumare solo in base alla qualità del vino; un ruolo altrettanto importante è giocato anche dai vari elementi che avvolgono il vino:

• La bottiglia e i vari contenitori (in vari forme e formati)

Ciascun formato è adatto a diverse occasioni: la bottiglia da 0.75 litri può trasmettere la propria tradizionalità, la magnum eleganza, il bag-in-box la quotidianità (o, in alcuni mercati, bassa qualità).

Anche la forma stessa della bottiglia ha la sua importanza, ma dipenderà in larga parte dalla tipologia di vino (se rosso, bianco o rosé) atta a contenere, e dalle usanze del luogo di provenienza del vino.

• L’etichetta

L’etichetta frontale potrà essere utile per catturare l’attenzione, per raccontare la filosofia aziendale e dare un’idea della storicità/freschezza del prodotto. Studi di neuromarketing applicato al vino stanno sempre più sottolineando l’importanza del contenuto dell’etichetta nel processo di orientamento (e successivo acquisto) del consumatore (Russo e Marin, 2016).

La retro-etichetta potrà essere invece utilizzata per fornire informazioni utili al consumatore più curioso (o più esperto in materia) riguardo alle caratteristiche organolettiche e anche alla sostenibilità del prodotto (tramite l’apposizione di loghi adesivi ad hoc). Dovranno esservi inoltre incluse menzioni obbligatorie. • La capsula

La capsula ha doppia funzione: protegge la parte finale del collo della bottiglia e può aggiungere un tocco d’eleganza e riconoscibilità al packaging – specialmente nel caso di capsule personalizzate o che riprendano i motivi dell’etichetta

(15)

• Il tappo

Esistono varie tipologie, e conseguentemente varie implicazioni a livello di marketing:

o Tappo di sughero

o Tappo polimerico espanso o Tappo di vetro

o Tappo a vite

Ogni tipologia ha il proprio mercato / consumatore d’elezione; ciò è dovuto in larga parte a pregiudizi e tradizioni, combinate con una certa resistenza al cambiamento di alcune fasce di consumatori (Scarso, 2014).

Oltre a questi, che rappresentano gli elementi imprescindibili per il confezionamento e la vendita del prodotto vitivinicolo, a seconda del mercato che si affronta, possono rendersi necessari o vantaggiosi altri elementi accessori, ai fini della promozione o della stimolazione delle vendite, o della comunicazione.

Durante il mio stage ho avuto modo di assistere alla creazione e al lancio di un prodotto da zero in un mercato estero. In aggiunta, ho avuto l’incarico di assistere e coordinare la realizzazione di una scatola in legno con coperchio personalizzato, atta a contenere 4 bottiglie, il cui scopo era

incentivare le vendite nel periodo di introduzione del prodotto nel mercato.

Nell’ambito della gestione del progetto, le mie mansioni consistevano nella cura del flusso continuo di informazioni tra azienda, fornitori, partner estero. Più specificatamente, le fasi che si sono rese necessarie per la realizzazione del progetto sono state le seguenti:

- Mediazione culturale tra l’azienda e il partner:

è stato infatti necessario trovare un punto di incontro tra due mentalità e due approcci al marketing simili, ma comunque differenti; intrecciare le conoscenze del mercato e l’esperienza del partner con le esigenze e le preferenze, in quanto a grafica e design, dell’azienda. Cercare di soddisfare le esigenze del partner tenendo ben presente il budget aziendale e le tempistiche richieste da entrambi i lati.

- Gestione del progetto:

mi sono occupata di richiedere preventivi, dare le linee guida per l’assemblaggio e la decorazione della scatola al fornitore prescelto, il tutto mantenendo una comunicazione costante con il partner e aggiornandolo passo passo sugli sviluppi del progetto, sui costi e sulle tempistiche necessarie.

(16)

dimostrare lavorando da remoto, facendo da ponte tra fornitori italiani, azienda e partner estero.

- Finalizzazione del progetto:

una volta ultimata la bozza grafica, mi sono occupata di presentarla al partner e, di rimando, comunicare il feedback e i cambiamenti inerenti la grafica al

fornitore. Apportate le ultime modifiche, il progetto ha preso realmente vita e la scatola è stata assemblata.

In ultima fase, ho preso accordi con un trasportatore perché le scatole arrivassero in sede aziendale in tempo per l’assemblaggio dell’ordine.

(17)

3.6. DEGUSTAZIONI IN AZIENDA

Cerester srl è situata tra Pisa e Firenze, due tra le più famose e visitate città della Toscana; non è propriamente immersa nella campagna, precisamente si trova tra San Miniato Basso e Ponte a Elsa; di conseguenza non accadeva spesso, ma poteva capitare che un gruppo di turisti stranieri di passaggio si fermasse, incuriositi dalle cisterne visibili fin dalla strada.

Nella teoria esistono dei metodi e delle strategie per condurre delle degustazioni impeccabili, tramite vari accorgimenti organizzativi.

Innanzitutto sarebbe utile suddividere l’offerta in base alle tipologie di turisti che potrebbero capitare in azienda, tenendo in conto i vari livelli di esperienza che questi potrebbero presentare (dall’inesperienza totale, al sommelier, al professionista del settore vitivinicolo) in modo tale da poter offrire sempre un servizio all’altezza delle aspettative e coinvolgente per tutti.

Per offrire un servizio ancor più puntuale potrebbero essere fatte delle simulazioni, per correggere eventualmente il tiro e rendersi conto di quanto tempo è necessario per portare a termine una visita completa della cantina, insieme alla degustazione di un numero preciso di vini.

Nelle cantine più notevoli dal punto di vista della paesaggistica e dell’architettura, e soprattutto ove il vigneto sia situato nei pressi dell’azienda, sarebbe opportuno mettere a punto vari itinerari (differenti in lunghezza e approfondimento) da proporre in base alle esigenze dei turisti.

Anche la parte della degustazione avrebbe bisogno di un’accurata pianificazione, in quanto a scelta dei vini (da servire alle giuste temperature) e alla loro sequenza di assaggio – magari da abbinare a degli stuzzichini fatti con prodotti tipici.

Altro punto fondamentale è avere una conoscenza approfondita del portafoglio di prodotti aziendale e della storia della cantina, in modo tale da non essere colti alla sprovvista da eventuali domande, e avere una serie di aneddoti e curiosità per intrattenere.

Sarebbe inoltre utile, ai fini di migliorare il servizio, raccogliere i commenti (sia positivi che negativi) dei turisti a fine degustazione (Scarso, 2014).

Questi punti sono da tenere in considerazione specialmente quando la cantina è situata in una posizione tale da far sì che le degustazioni siano un evento all’ordine del giorno (o quasi), quando l’azienda in questione ha una storia centenaria alle spalle, e così via.

Nel caso specifico della realtà aziendale dove ho svolto lo stage, bisogna fare due considerazioni: • Cerester è stata fondata nel 1994

• Non ci sono vigneti / cantine da visitare

Dati questi presupposti, si rendeva necessario ovviare e fare leva su altri punti di forza. Considerato che, essendo eventi rari, non vi era in azienda un iter standard per svolgere le

(18)

necessaria una buona dose di improvvisazione.

Per riuscire a soddisfare le esigenze dei clienti bisognava puntare su tre elementi: a. Mostrare ai turisti l’intera gamma di prodotti

Il fatto di avere ben 12 vini, provenienti da quattro regioni italiane differenti, disponibili per l’assaggio, costituiva un punto di forza non indifferente – anche se alla fine i prodotti più acquistati erano comunque quelli toscani.

b. Servire i vini alla giusta temperatura

Per essere in grado di evidenziare e, soprattutto, far notare chiaramente ai turisti le differenze tra una varietà e l’altra di uva.

c. Spiegare la filosofia aziendale e distribuire materiale informativo

È capitato spesso che, in seguito all’assaggio, i turisti chiedessero se per caso il vino fosse in vendita nei propri Paesi di provenienza; avere una brochure, le schede tecniche sempre

aggiornate, o un semplice biglietto da visita contenente sito web e contatti email si dimostrava estremamente utile.

(19)

4.

RISULTATI OTTENUTI

Alla luce della gamma di attività svolte durante le 450 ore di tirocinio, i risultati ottenuti a livello di crescita personale e professionale sono molteplici.

Innanzitutto, essendomi interfacciata direttamente con tutti i dipartimenti aziendali, questa esperienza mi ha reso più flessibile e capace di portare avanti più progetti contemporaneamente. Mi ha dato modo di conoscere ogni ambito del management dell’azienda, che fosse il contatto con un fornitore, con un cliente, la richiesta di analisi per un vino, assicurarmi del pagamento di una fattura, la richiesta di modifiche a un’etichetta al grafico di riferimento, ordinare un pezzo sostitutivo per un macchinario in panne, impacchettare dei campioni e prendere accordi con un corriere per il ritiro e la consegna. Un approccio di questo tipo può risultare difficile, e stancante, all’inizio. Può sembrare un approccio senza uno scopo ben definito: alla fine della giornata si ha la sensazione che ci si sia occupati di tutto e niente; in realtà, una volta preso il ritmo, una volta entrati nell’ottica e apprese le dinamiche, tutto acquisisce maggiore senso.

Aver avuto una visione dell’azienda a 360 gradi mi ha reso consapevole della complessità della gestione aziendale, dell’importanza di avere un team solido e affiatato per affrontare le difficoltà e gli imprevisti (che sono all’ordine del giorno). Inoltre, mi ha reso più consapevole della filiera produttiva – dal momento in cui il vino arriva in cantina, fino al carico e all’evasione di un ordine: ho avuto modo di toccare con mano ogni fase del processo e apprezzarne la complessità.

Di conseguenza, questa esperienza ha contribuito ad aumentare la mia sensibilità riguardo l’importanza di una comunicazione precisa, puntuale e chiara:

• interna all’azienda (tra i vari uffici) – è fondamentale aggiornarsi continuamente e organizzare il flusso di informazioni in modo tale che scorra fluidamente da un capo dell’azienda all’altro; altrimenti si incappa in fraintendimenti, ed errori che potrebbero ripercuotersi anche all’esterno dell’ambiente aziendale.

• esterna all’azienda (del prodotto) – altrettanto fondamentale è mantenere un rapporto continuativo coi partner esterni, intraprendere una relazione commerciale onesta e trasparente, trasmettere loro una filosofia e farla divenire parte integrante dei loro processi aziendali.

Talvolta si pone maggiore enfasi sulla comunicazione esterna, curando molto i rapporti coi propri partner aziendali; l’immagine aziendale che si dà al mondo, però, non è altro che il riflesso del meccanismo e dell’incastrarsi degli ingranaggi interni all’azienda.

(20)

Grazie alla redazione, riorganizzazione e traduzione delle schede tecniche aziendali, ho potuto mettere alla prova le mie conoscenze in ambito linguistico e svilupparle ulteriormente – ho dovuto studiare a fondo i termini specifici del linguaggio vitivinicolo e leggere schede tecniche redatte da persone madrelingua, per interiorizzare modi e maniere per rendere effettivamente efficace la comunicazione dei vari brand aziendali, senza tralasciare alcun dettaglio o sfumatura.

Questo studio preliminare mi ha consentito di conoscere il portafoglio di prodotti e mi ha fornito la sicurezza necessaria nel momento in cui mi sono ritrovata ad affrontare delle degustazioni con i turisti di passaggio; parlare in un’altra lingua di un vino che si conosce a malapena (la prima degustazione è capitata poche settimane dopo l’inizio del mio stage) può rappresentare una vera e propria sfida, quindi l’approccio mentale giusto è fondamentale. Infatti, l’avere una conoscenza approfondita di ciò di cui si sta parlando permette di concentrarsi maggiormente sulla resa linguistica e sulla scelta del registro appropriato alle varie occasioni – di fronte a un sommelier si sceglierà di approfondire determinati argomenti, di fronte a un consumatore meno esperto se ne sceglieranno altri, e si lascerà più spazio a domande, aneddoti, curiosità.

Le mie competenze riguardo la degustazione di vino sono indubbiamente migliorate: non posso ovviamente ritenermi un’esperta in materia, ma tramite la degustazione continua di varie tipologie di vini, di differenti livelli qualitativi, ho innanzitutto imparato a riconoscere i difetti che un vino può presentare, dalla riduzione all’ossidazione. Ho imparato a riconoscere i tratti distintivi di determinate varietà (specialmente di quelle che ricorrono più spesso in degustazione); tramite il confronto con enologi e produttori di passaggio in azienda ho potuto confrontarmi con dei veri professionisti del settore e capire il loro metro di giudizio, le loro scelte produttive.

Ho potuto inoltre apprendere gradualmente quali tipologie di vino preferiscono vari consumatori provenienti da differenti parti del mondo. È stato incredibile scoprire come le preferenze in quanto a varietà, colori, aromi, gradazione alcolica e residuo zuccherino (senza considerare le scelte inerenti il packaging) possano variare da un angolo del mondo all’altro.

Le mie conoscenze, per quanto riguarda i mercati esteri, sono state incrementate anche e soprattutto tramite il rapporto continuativo con i vari partner esteri: dovendomi confrontare quotidianamente con loro per lo sviluppo di vari progetti (che fossero prettamente di marketing o di partecipazione a tender vari) alla fine ho dovuto fare un grande sforzo di immedesimazione per riuscire a capire la loro mentalità, le loro esigenze, le loro preferenze.

Anche la ricerca di potenziali distributori/importatori, e la conseguente analisi delle informazioni reperibili sui loro siti web, mi ha portato a sviluppare una maggiore consapevolezza riguardo le tendenze di mercato, le problematiche comunicative e le abitudini di consumo dei Paesi che mi trovavo a investigare.

(21)

Essendo incaricata di preparare e spedire una decina di campionatura quotidianamente, ho sviluppato anche una discreta conoscenza delle documentazioni necessarie per il trasporto e lo sdoganamento delle merci.

Ogni paese fuori dall’Unione Europea ha le proprie peculiarità, e ho dovuto apprendere che per spedire campionature negli Stati Uniti è necessario notificare la merce al FDA tramite una Prior Notice; ho capito che spesso è preferibile allegare alle spedizioni destinate al Canada un documento chiamato Customs Clearance Form; per tutto il resto è necessaria una dichiarazione di libera esportazione con timbro aziendale e firma del responsabile aziendale, accompagnata da una fattura pro-forma contenente la quantità di bottiglie, la loro capacità, la tipologia di vino, la gradazione alcolica.

In ultimo, ma non per importanza, un risultato fondamentale di questa esperienza è stato acquisire notevoli doti di problem-solving e una spiccata attitudine alla diplomazia; i problemi in azienda sorgono ogni giorno, sono sempre diversi, accomunati da un unico fattore: la necessità di risolverli. Risolverli alle volte può essere incredibilmente semplice, ma imporre la propria idea e la propria soluzione non è mai la scelta più facile o la più giusta. Ascoltare, capire, interpretare, mediare le esigenze di più parti coinvolte nello stesso progetto è un compito arduo, specialmente quando si ha a che fare con un prodotto speciale come quello vitivinicolo.

(22)

5.

CONCLUSIONI

Considerati gli obiettivi proposti in fase di discussione del progetto formativo, consistenti in un graduale inserimento nell’ufficio marketing-export, volti a farmi comprendere le dinamiche di un’azienda di medie dimensioni operante su vari mercati esteri, posso affermare che questi sono stati raggiunti. Le conoscenze acquisite in fase di stage mi hanno permesso di trasformare senza difficoltà la mia condizione di stagista in una dipendente a tutti gli effetti.

Al termine dello stage sono stata assunta presso Cerester srl e attualmente lavoro in azienda.

A fine novembre 2017 ho effettuato la mia prima trasferta aziendale, andando a incontrare l’importatore col quale lavoriamo in LCBO (Liquor Control Board of Ontario); durante la permanenza in Canada abbiamo analizzato insieme l’andamento delle vendite, studiato nuove strategie di marketing per il 2018, visitato vari negozi del LCBO per verificare il posizionamento del prodotto sugli scaffali e condurre degustazioni informative con i gestori dei suddetti negozi. A partire da gennaio 2018 mi occupo di quattro clienti esteri, con l’obiettivo di seguire le vendite in vari monopoli canadesi e sviluppare il mercato islandese; curo la parte di comunicazione online/offline dell’azienda, attraverso l’ideazione e la realizzazione di siti web dedicati ai brand aziendali, il restyling di etichette esistenti, l’ideazione del packaging di nuovi prodotti da zero; continuo a dare il mio supporto al dipartimento di logistica nella ricezione/evasione degli ordini e alla risorsa incaricata di sviluppare il mercato americano nella spedizione di campioni e nella cura dei rapporti via email/telefono.

Ritengo che la mia esperienza in Cerester srl continuerà a essere stimolante e soddisfacente, nel futuro prossimo si prospettano varie sfide senza dubbio interessanti: abbiamo in cantiere di partecipare al Vinitaly, al ProWein, e altre fiere di settore.

Degustiamo spesso nuove tipologie di vino e partecipiamo a quanti più tender possiamo, per diversificare il portafoglio di prodotti aziendali e intraprendere nuove sfide.

Inoltre mi sto organizzando per effettuare delle periodiche trasferte di due/tre settimane in Canada, per svolgere ulteriori degustazioni in negozi di vari monopoli e andare a conoscere di persona altri importatori.

(23)

6.

BIBLIOGRAFIA

Czinkota, M. R. e Ronkainen, I. A. (2013) ‘International Marketing’. Cengage Learning Limited. Fill, C. (2006) ‘Simply Marketing Communications’. Pearson Education Limited.

Kotler, P. e Armstrong, G. (2012) ‘Principles of Marketing’. Pearson Education Limited. Malhotra, N. K. e Dash, S. (2011) ‘Marketing Research. An applied Orientation’. Pearson Education Limited.

Russo, V. e Marin, P (2016) ‘Comunicare il vino. Tecniche di Neuromarketing applicate’. Guerini Next srl.

Riferimenti

Documenti correlati

- posizionamento conci C3, C9, C11, C13 e C15 su soletta indurita mediante gru agente da terra lato rilevato e loro successivo spostamento lato alveo.. - montaggio conci C3, C9,

La responsabilità verso i calabresi deve essere però chiara, se viene ridisegnata la rete oncologica sul tumore alla mammella e, nonostante le proteste della Regione si va avanti

E infine, ancora a dimostrazione dell’autenticità della proposta di Rodari di far squadra con bambini e ragazzi e di dare significato profondo alla parola, viene riportata una

Leonardo Sabato, ha segnalato in data 5/06/2018 la necessità di assicurare, stante l’imminente conclusione della prima fase di ristrutturazione dell’immobile in

ABI, abiraterone; ADT, androgen deprivation therapy; AR, androgen receptor; ARV, AR splice variant; CRPC, castration-resistant prostate cancer;. ENZA, enzalutamide; FOXO1, forkhead

Fare la raccolta differenziata è importantissimo perché permette di recuperare materiali che vengono tarsformati in nuovi prodotti attraverso il riciclo.. In questo modo si evita

La formazione degli stati solido e liquido per qualsiasi sostanza suggerisce che tra le molecole o atomi di tale sostanza debbano esistere forze molecolari anche se, come nel

Queste osservazioni sono confermate dai dati di produzione specifica (produzione per ettaro) delle tre differenti zone. Muggia infatti pur essendo l’area a minor estensione è la