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INEA informa : la terra in cammino. A. 3, n. 12 (dic. 2010)

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Academic year: 2021

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1 Battuta d’arresto per agricoltura, silvicoltura e pesca:

-8,3% in termini correnti e -2,5% in termini reali

Giunto ormai alla LXIII edizione, l’Annuario dell’Agricoltura Italiana elaborato dall’INEA fotografa le criticità rilevate nel corso del 2009 e contestualmente suggerisce indicazioni per le strategie necessarie al rafforzamento della competitività e della stabilità dell’agricoltura italiana.

Nel 2009 il prodotto mondiale ha registrato una contrazione dello 0,6%; in particolare l’area dell’euro è stata caratterizzata dalla più grave flessione del PIL dal dopoguerra (-4,1%). La crisi generalizzata ha

causato, sebbene la crescita dei prezzi internazionali dei prodotti agricoli abbiano subìto un significativo rallentamento, un aumento della malnutrizione nel mondo.

La caduta dei prezzi (-9,7%) ha nuovamente contraddistinto l’annata agricola nell’Unione Europea, nonostante si sia verificato un nuovo rialzo di quelli degli input (+6,7%), legati all’andamento dei prezzi dell’energia, dei mangimi e dei fertilizzanti. Le dirette conseguenze sono state sia che il valore aggiunto dell’agricoltura ai prezzi di base si è bruscamente ridotto, sia la contrazione dei redditi agricoli reali per unità di lavoro, particolarmente acuta nel nostro paese.

In Italia tutti i principali settori produttivi hanno provocato la contrazione del PIL nazionale in termini

reali (-5,4%), anche se il tasso di contrazione, registrato dall’agricoltura, è stato relativamente inferiore; in termini correnti, invece, il tasso di decremento è stato decisamente più consistente, con la conseguente diminuzione dell’apporto dell’agricoltura al PIL nazionale, sceso al 2,2%.

Segnali negativi giungono anche dalla branca agricoltura, silvicoltura e pesca, che interrompono il trend positivo del biennio precedente, registrando nel 2009 una brusca battuta d’arresto del valore della produzione(-8,3% in termini correnti e -2,5% in termini reali). La maggiore flessione dell’andamento dei prezzi dei prodotti agricoli rispetto a quelli dei mezzi tecnici ha avuto ripercussioni negative sull’andamento del valore aggiunto ai prezzi di base (25.084 milioni di euro correnti pari a -11,5%) e, conseguentemente, sulla dimensione del valore aggiunto agricolo per unità di lavoro, il cui livello medio è sceso ulteriormente, aumentando il divario rispetto agli altri settori (circa il 42% del totale generale). Evidente è stata la contrazione che ha contraddistinto la produzione agricola, il cui contraltare sono stati il lieve contributo dei servizi connessi e un modesto decremento del valore della produzione delle attività secondarie (trasformazione e agriturismo). Nel complesso, i servizi connessi e le attività secondarie ormai giocano un ruolo strategico nell’attenuazione dei ricorrenti fenomeni di variabilità dell’agricoltura, a causa della loro minore dipendenza dai fattori congiunturali (eventi climatici, patologie, fluttuazioni dei mercati).

Battuta d’arresto anche per l’industria alimentare italiana, che risente degli effetti negativi della congiuntura economica internazionale, seppur in misura minore. Nonostante il decremento del valore aggiunto in termini reali (-1,4%), l’incidenza dell’alimentare sull’industria è salita al 10% e la quota dell’alimentare sul sistema economico si è attestata all’1,9%. Nel confronto internazionale, nonostante gli andamenti negativi del fatturato globale, l’industria alimentare italiana ha mantenuto nell’anno la terza posizione per importanza in ambito europeo.

L’andamento negativo delle esportazioni ha avuto ripercussioni sugli esiti delle performance del sistema agro-alimentare nazionale: la contrazione degli scambi agro-alimentari, meno drastici rispetto al totale della bilancia commerciale, infatti ha interessato le esportazioni e le importazioni (-7,4% e -9,8%). Ne deriva, quindi, che il saldo ha raggiunto il valore più basso degli ultimi anni (-6,2 miliardi di euro) con un evidente calo del grado di apertura rispetto al 2008. Tale contrazione ha investito particolarmente i prodotti agricoli e in misura minore i beni dell’industria alimentare e delle bevande.

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2 Anche la domanda interna ha risentito della perdurante crisi economica: la flessione della spesa alimentare (-1,7%) ne è la prova. Ma non solo. Per il terzo anno consecutivo l’aumento dei prezzi al consumo dei beni alimentari ha superato quello dell’indice generale dei prezzi al consumo: crescita dei prezzi di vendita, una sostanziale riduzione delle quantità acquistate, cambiamento qualitativo negli acquisiti sono stati alcuni dei fenomeni maggiormente riscontrati. Cresce l’interesse per il binomio alimentazione/salute, sottolineato dall’affermazione dei cosiddetti alimenti funzionali, con un consistente aumento del fatturato (+4,4%).

Risente chiaramente del calo dei consumi alimentari anche la distribuzione commerciale: per la prima volta nell’ultimo decennio, infatti, le vendite al dettaglio hanno subìto una variazione negativa. Solo i moderni canali distributivi, con un forte orientamento al prezzo, hanno confermato l’andamento positivo. Emergono, inoltre, modalità di acquisto a carattere alternativo, quali i mercati dei contadini o i gruppi di acquisto solidale, che riescono a proporre a prezzi competitivi i prodotti locali. Parallelamente, le insegne della distribuzione moderna hanno reagito all’affermazione dei nuovi bisogni di acquisto sviluppando la presenza di prodotti a marchio d’insegna, biologici, DOP e IGP.

Il sistema creditizio ha confermato la tendenza al restringimento delle concessioni di finanziamenti a favore delle imprese agricole (inasprimento dei criteri di valutazione e innalzamento delle garanzie richieste); in Italia sono state intraprese iniziative pubbliche (confidi, fondi di garanzia) e private (specifiche convenzioni, prodotti finanziari rivolti a soddisfare esigenze del settore, clausole per la flessibilità) nel tentativo di contenere quest’orientamento, ma i finanziamenti al settore si sono attestati, a 38,7 miliardi di euro, con un incremento solamente del 3,3%, e una considerevole riduzione del peso del credito agevolato. Gli investimenti fissi lordi in agricoltura, in aggiunta, hanno intensificato la tendenza negativa, in atto già dal 2005.

Tutto questo ha avuto implicazioni negative anche per la domanda e per l’offerta di terra: la leva del risparmio, infatti, da sola, senza ulteriori finanziamenti, non è sufficiente a rinvigorire il mercato fondiario, anche a causa del contestuale brusco calo dei redditi agricoli, del consistente aumento dei prezzi dei mezzi tecnici, delle ricorrenti difficoltà di mercato. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalle attività in competizione con quella agricola, come la concessione di “diritti di superficie” per la realizzazione di impianti per le energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico).

Il 2009, segnato da numerose difficoltà e tensioni, ha visto le politiche agricole nazionali giocare un ruolo fondamentale, grazie al sostegno di 15,5 miliardi di euro, oltre il 10% in più rispetto all’anno precedente. In base all’analisi del consolidato, il sostegno risulta formato principalmente da trasferimenti (79%) e, in seconda istanza, da agevolazioni (trasferimenti virtuali). Considerando le voci di spesa la più significativa è data dal pagamento unico (32% del totale), segno dell’irrigidimento della struttura della spesa a beneficio del sistema agricolo nazionale.

L’andamento dei mercati hanno messo in risalto l’esigenza di strumenti in grado di contribuire ad una maggiore stabilità per il settore agricolo nazionale. La tutela dei redditi agricoli, il contenimento degli effetti della volatilità dei prezzi, il riequilibrio dei rapporti di mercato fra gli protagonisti della filiera, la maggiore competitività dell’agricoltura italiana sono solo alcune delle priorità individuate. Approccio questo, correlato allo sviluppo dei programmi di assicurazione, legati ancora ai soli eventi naturali (calamità, avversità atmosferiche, epizoozie, malattie, infestazioni), agli strumenti di coordinamento della filiera, tra cui spicca la contrattazione collettiva (contratti di filiera e contratti quadro) e all’interprofessione. Una risposta alle difficoltà nazionali, quali la frammentazione aziendale, la disomogeneità della produzione, la carenza di standard qualitativi, può essere fornita dall’intesa preventiva tra operatori della filiera. A titolo esemplificativo si può citare la diffusione di accordi contrattuali tra aziende agricole e imprese di trasformazione, per l’introduzione di specifici processi produttivi (contract farming).

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3 Nonostante le principali variabili economiche mostrino nel 2009 segnali preoccupanti, il settore agricolo offre anche segnali di vivacità e di capacità di sviluppo da non sottovalutare, né da un punto di vista economico, né da quello delle relazioni intessute dall’agricoltura con la società civile.

In fase di assestamento si presentano le attività agrituristiche, con un lieve calo del fatturato medio aziendale dovuto alla diminuzione della domanda. Sebbene persistano elementi di vitalità, testimoniati dall’elevata nati-mortalità delle aziende (fenomeno che interessa in prevalenza le regioni storicamente forti) affiorano nel settore i primi segni di flessione, cui il settore risponde,ampliando i servizi offerti. L’enogastronomia rappresenta una delle leve motivazionali più rilevanti nella scelta da parte dei turisti: ne è testimonianza il sempre crescente turismo del vino, nonostante persistano alcune difficoltà, quali le molte strade del vino ufficialmente riconosciute e non funzionanti. L’attività agrituristica assicura il raggiungimento di risultati reddituali importanti, se esercitata con un’adeguata preparazione professionale, con investimenti e interventi di miglioramento e diversificazione. Questo è possibile solo grazie ad uno specifico sostegno pubblico.

Segnali moderatamente positivi provengono anche dalle produzioni a denominazione di origine (DOP

-IGP), che registrano aumenti degli operatori agricoli, dei trasformatori, delle superfici e degli

allevamenti, a consolidamento di un andamento di più lungo periodo.

Se da un lato si è verificato un potenziamento degli investimenti, dall’altro i risultati produttivi non hanno tenuto il passo, sebbene il valore della produzione sia aumentato del +3% (circa 5,3 miliardi di euro), grazie all’innalzamento dei prezzi all’origine. Viceversa il mercato al consumo, stimato in 9,4 miliardi di euro, è sceso del 2,8%, a causa della stagnazione degli acquisti domestici. Continuano ancora, quindi, alcune difficoltà commerciali legate a tutte le tipologie di prodotti a denominazione, dai più consolidati ai minori.

Da notare la situazione che investe il settore biologico, che registra da un lato il recupero di superfici investite, e dall’altro una fuoriuscita di aziende, particolarmente di piccole dimensioni, incapaci di centrare risultati soddisfacenti. Dati alla mano emerge sempre più la tendenza alla riduzione degli ordinamenti estensivi (cereali, foraggere e prati pascolo), che cedono il posto a coltivazioni più intensive (arboree). In ogni caso, anche nel 2009, il settore si conferma in considerevole crescita, con un peso in termini di vendite al dettaglio che rappresenta il 3% dei consumi agro-alimentari delle famiglie italiane. Per quanto riguarda le questioni ambientali, gli spazi verdi dei territori periurbani acquistano una sempre maggiore rilevanza, anche per la presenza di paesaggi rurali tradizionali, oggi maggiormente salvaguardati, ma ulteriormente valorizzabili proprio grazie ad attività agricole produttive. Più problematico risulta l’apporto dell’agricoltura alla riduzione dei gas a effetto serra: il 6,6% delle emissioni totali dell’Italia, infatti, proviene dal settore agricolo, attraverso fertilizzanti, altre emissioni dei suoli agricoli, coltivazione del riso e metano derivante dagli allevamenti. Senza considerare che devono essere incluse nel bilancio carbonico del ciclo produttivo anche attività ausiliarie, quali trasporto, trasformazione, distribuzione. Questo significa che favorendo sistemi di produzione localizzati, modelli di consumo a filiere corte e regimi dietetici mediterranei, l’agricoltura potrebbe contribuire in misura maggiore al contenimento della CO2. Per quanto riguarda l’apporto fornito alle fonti energetiche

rinnovabili, è da segnalare un sostanzioso aumento di quelle non tradizionali, eolico, fotovoltaico, rifiuti e biomasse, pari al 34% del totale delle rinnovabili. In particolare, i biocombustibili hanno superato in importanza il biogas, mentre le biomasse di origine legnosa sono ancora lontane dal dato medio europeo.

In conclusione, ha acquistato sempre più rilevanza la dimensione sociale dell’agricoltura, la capacità cioè di coesione sociale sia attraverso l’utilizzo delle risorse del territorio sia rispondendo alle esigenze della popolazione. A titolo esemplificativo, vengono indicate due tipologie di attività: quelle rivolte all’infanzia (agrinidi da zero a 3 anni ed agriasili o da 3 a 6 anni), in risposta alla bassa offerta di servizi, e

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4 quelle indirizzate alla cultura della legalità, quali iniziative intraprese all’interno o all’esterno delle carceri con il coinvolgimento di (ex)detenuti, o interventi realizzati sulle terre confiscate alla mafia.

di Micaela Conterio estratto dalla Presentazione dell’Annuario dell’agricoltura italiana

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