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INTRODUZIONE
Lo scopo del presente lavoro è quello di approfondire, chiarire e delineare il recente fenomeno del monitoraggio in generale e l’osservazione elettorale in particolare, su cui pochi studi, fino ad oggi, sono stati condotti, nonostante il diffuso interesse che, sempre più spesso, politologi, giuristi, sociologi e personalità del mondo accademico mostrano nei suoi confronti.
La complessità della tematica è stata affrontata attraverso la conduzione di un’analisi , che ci ha permesso di evidenziare la molteplicità degli aspetti ( storici, giuridici, metodologici e politici) che essa coinvolge, mostrandone, allo stesso tempo, la loro interdipendenza e la loro complementarietà ai fini del raggiungimento dell’obiettivo fondamentale cui tendono le missioni di monitoraggio, rappresentato, oggi, dalla promozione e dal consolidamento delle istituzioni democratiche.
Le operazioni di monitoraggio elettorale si collocano, infatti, nel più ampio contesto della democratizzazione e della promozione dei diritti umani e dei valori democratici, costituendo, in particolare, un valido strumento di “condizionabilità politica” che si pone come alternativo all’uso della forza, la cui liceità è fortemente dibattuta nel mondo internazionalista. Il dibattito apertosi in dottrina circa la natura delle missioni, talora considerate come strumenti di imposizione di un modello, quello democratico appunto, nato e sviluppatosi all’interno del mondo occidentale, riaccende l’annosa questione dell’universalità dei diritti dell’uomo, sollevando dubbi ed interrogativi sulla ammissibilità di una colonizzazione culturale di popoli estranei al sistema di valori occidentali. Non mancano, inoltre, riflessioni sulla contraddittorietà di un sistema internazionale che, se da un lato, dispiega la propria azione al fine di creare un ordine democratico globale, dall’altro, continua a presentare, al suo interno, molteplici sintomi postdemocratici.
L’inquadramento storico della materia è risultato necessario al fine di coglierne le evoluzioni e di identificarne le basi giuridiche generali. Le operazioni di assistenza elettorale si sono, infatti, mostrate come uno strumento flessibile nella mani della comunità internazionale e sono state utilizzate, con caratteristiche e modalità differenti, a seconda dei fini che essa si proponeva di raggiungere ed attuare nei diversi contesti storici in cui sono state effettuate. L’analisi compiuta ci ha portato a distinguere le operazioni della “prima generazione”, effettuate nel contesto della decolonizzazione in base ai principi che sanciscono il principio di autodeterminazione esterna dei popoli e le missioni della “seconda generazione”, dispiegate a seguito della caduta del muro di Berlino, della crisi dell’ideologia comunista e delle conseguenti ripercussioni politico-economiche nell’intero sistema dei rapporti internazionali. Le istanze di democratizzazione avanzate in molte
6 aree dell’Europa orientale, del continente sudamericano ed, in sporadici casi, in alcuni Paesi del mondo asiatico ed africano sono divenute sempre più frequenti negli ultimi decenni, anche se, oggi, lo scenario sembra essere di fronte ad ulteriori cambiamenti. L’impressionante aumento del numero dei conflitti civili ha reso, infatti, necessario ricorrere all’assistenza elettorale come strumento di prevenzione e di risoluzione dei conflitti; obiettivo, questo, raggiunto talora con esiti soddisfacenti, talaltra con esiti fallimentari. Al fenomeno in esame, si è affiancata, recentemente, un’ulteriore tendenza, consistente nell’intendere il monitoraggio non più in una mera ottica assistenzialistica, ma in una più ampia visione di “national capacity building”, di fornire, vale a dire, le adeguate competenze tecniche e le necessarie risorse materiali affinché ciascuno Stato sia in grado, in futuro, di sviluppare e consolidare una propria tradizione democratica, rendendo superfluo il ricorso ad agenti internazionali esterni. A ciò è corrisposta una modificazione dell’utilizzo delle tipologie di missioni di monitoraggio, che sempre più spesso, assumono la forma della cd. “tecnical assistance” e del cd. “training of domestic monitors”. Nonostante queste nuove tendenze registratesi negli ultimi decenni, la base giuridica generale delle missioni di monitoraggio elettorale della seconda generazione è sempre rinvenibile nel riconoscimento, in ambito internazionale, dei diritti di partecipazione politica, riconosciuti e tutelati all’interno dei principali strumenti, universali e regionali, posti a protezione dei diritti umani.
Ne è seguita una riflessione giuridica all’interno delle missioni, la quale ci ha condotto ad evincere il contenuto di tali diritti e ad identificare la base giuridica “particolare” delle operazioni di osservazione nella manifestazione del consenso dello Stato delle elezioni all’effettuazione della missione, elemento considerato da sempre indispensabile per poter procedere al dispiegamento degli osservatori internazionali. L’introduzione sulla complessita’ della metodologia, la struttura e la credibilita’ della missione segue nel capitolo terzo.