Università degli Studi di Pisa
Facoltà di Scienze Politiche
Tesi di laurea
PROCESSI DI TRASFORMAZIONE DEMOGRAFICA
DELLA VALDERA NEGLI ULTIMI CINQUANT’ANNI.
Candidato/a
Relatore
Luisa Pratelli Prof. Odo Barsotti
INDICE
INTRODUZIONE p. 4
I. UNO SGUARDO SULLE TENDENZE DEMOGRAFICHE ITALIANE
I.1. La popolazione italiana all’inizio del nuovo millennio p. 6
I.2. L’Italia, paese di anziani p. 11
I.3. Sempre meno figli per le coppie italiane p. 17
I.4. L’immigrazione: fenomeno in crescita p. 23
II. LA POPOLAZIONE IN TOSCANA
II.1. L’andamento demografico dagli anni ’50 p. 30
II.2. Il fenomeno dell’invecchiamento p. 32
II.2.1. Indicatori sintetici p. 35
II.3. Il saldo naturale persiste negativo p. 36
II.4. Aumenta il numero di soggiornanti stranieri p. 37
III. LA VALDERA ED I SUOI COMUNI
III.1. Introduzione al capitolo p. 40
III.2. Il territorio della Valdera p. 41
III.3.Variazioni di popolazione nel cinquantennio
considerato p. 43
III.4. La dinamica tra i sessi p. 47
III.5. La struttura per età p. 50
III.6. Bilancio demografico intorno agli anni di censimento p. 59
III.7. Tassi generici di natalità e di mortalità p. 65
III.8. Tassi generici di immigrazione e di emigrazione p. 72
IV. IL PROCESSO DI REDISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE
NEL TERRITORIO DELLA VALDERA p. 81
NOTE CONCLUSIVE p. 86
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI p. 89
LINK INTERNET p. 93
INTRODUZIONE
Gli ultimi cinquant’anni sono stati caratterizzati da cambiamenti socio-economici molto importanti. Conseguentemente sono andati affermandosi nuovi fenomeni demografici che hanno modificato profondamente la struttura della nostra società.
Scopo di questo studio è analizzare le trasformazioni demografiche avvenute nel SEL 12 Valdera e confrontarle con quanto si è verificato a livello provinciale, regionale e nazionale.
Nel primo capitolo vengono tracciate le principali linee di sviluppo dell’Italia, come quadro generale di riferimento per lo studio dei fenomeni a livello locale.
Attraverso l’analisi dei dati censuari e anagrafici, vengono messe in luce le principali tendenze affermatesi: l’invecchiamento della popolazione, la caduta della natalità e il crescente afflusso di immigrati stranieri.
Nel secondo capitolo scendiamo a livello regionale evidenziando come la Toscana presenti caratteri ancora più accentuati rispetto all’Italia.
Nel terzo capitolo vediamo come la Valdera vada ad inserirsi all’interno di tale situazione regionale, mettendo in evidenza gli scostamenti della realtà locale dal quadro provinciale e dalla Toscana, seppure in presenza di comuni tendenze di fondo.
Si esamina in primo luogo l’evoluzione della popolazione negli ultimi cinquant’anni e si individuano le modificazioni della struttura per sesso e per età avvenute nel periodo, dopodiché si evidenziano i fenomeni di movimento per rilevare l’impatto che la dinamica demografica ha avuto sulla struttura e sulla distribuzione territoriale della popolazione.
Queste analisi vengono effettuate per ogni singolo comune tenendo però costantemente in primo piano Pontedera, individuabile come fulcro demografico ed economico del SEL.
Il quarto ed ultimo capitolo opera un tentativo di sintesi analizzando il processo di redistribuzione della popolazione all’interno della Valdera nel cinquantennio considerato, e delineando le fasi di transizione del modello di insediamento residenziale.
I. UNO SGUARDO SULLE TENDENZE DEMOGRAFICHE ITALIANE.
I.1. La popolazione italiana agli inizi del nuovo millennio.
Negli ultimi cinquant’anni l’Italia ha registrato grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche. La popolazione italiana è così mutata nella sua struttura e nei suoi comportamenti.
E’ quindi necessario fare un quadro delle principali tendenze demografiche che si sono delineate: la caduta della natalità, il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’immigrazione.
In Italia il 14° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni è stato effettuato in data del 21 ottobre 20011.
Secondo i dati diffusi dall’ISTAT, la popolazione residente in Italia al censimento del 2001 ammonta a 56.995.744 unità.
A livello di ripartizione territoriale, la popolazione risulta così distribuita: il 26,2% nel nord-ovest, il 18,7% nel nord-est, il 19,1% nel centro, il 24,2% nel sud e l’11,6% nelle isole.
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I dati definitivi del censimento del 2001 sono stati diffusi dall’ISTAT il 16 giugno 2004.
FIG. I.1. Distribuzione della popolazione in Italia, 2001. nord-ovest; 26,20% nord-est; 18,70% centro; 19,10% sud; 24,20% isole; 11,60% Fonte: dati ISTAT.
La popolazione è aumentata di 217.713 unità rispetto al precedente censimento del 1991 (0,38%).
Prendendo in considerazione la struttura per sesso, il numero di femmine ammonta a 29.408.762 unità contro le 27.586.982 unità dei maschi; in Italia quindi si contano 93,8 uomini ogni 100 donne.
La regione in cui il rapporto di mascolinità presenta il valore più basso è la Liguria (89,2%), mentre la Basilicata presenta quello più elevato (96,6%).
TAB. I.1. Popolazione residente per sesso e rapporto di mascolinità per regione, 2001. Popolazione totale Popolazione maschile Popolazione femminile Rm (a) Piemonte 4.214.677 2.034.161 2.180.516 93,3 Valle D’ Aosta 119.548 58.563 60.985 96,0 Lombardia 9.032.554 4.373.289 4.659.265 93,9 Trentino-Alto Adige 940.016 460.011 480.005 95,8 Veneto 4.527.694 2.204.420 2.323.274 94,9 Friuli-Venezia Giulia 1.183.764 569.002 614.762 92,6 Liguria 1.571.783 740.922 830.861 89,2 Emilia-Romagna 3.983.346 1.925.322 2.058.024 93,6 Toscana 3.497.806 1.680.940 1.816.866 92,5 Umbria 825.826 399.162 426.664 93,6 Marche 1.470.581 713.872 756.709 94,3 Lazio 5.112.413 2.450.848 2.661.565 92,1 Abruzzo 1.262.392 612.477 649.915 94,2 Molise 320.601 155.841 164.760 94,6 Campania 5.701.931 2.778.532 2.923.399 95,0 Puglia 4.020.707 1.951.278 2.069.429 94,3 Basilicata 597.768 293.755 304.013 96,6 Calabria 2.011.466 983.807 1.027.659 95,7 Sicilia 4.968.991 2.401.542 2.567.449 93,5 Sardegna 1.631.880 799.238 832.642 96,0 Nord-ovest 14.938.562 7.206.935 7.731.627 93,2 Nord-est 10.634.820 5.158.755 5.476.065 94,2 Centro 10.906.626 5.244.822 5.661.804 92,6 Sud 13.914.865 6.775.690 7.139.175 94,9 Isole 6.600.871 3.200.780 3.400.091 94,1 ITALIA 56.995.744 27.586.982 29.408.762 93,8 a
Rm = rapporto percentuale tra il numero di persone di sesso maschile e il numero di
persone di sesso femminile Fonte: dati ISTAT
FIG. I.2. Popolazione residente per sesso e regione, 2001.
Fonte: dati ISTAT.
I dati censuari possono essere “aggiornati” ricorrendo alle informazioni provenienti dalle registrazioni anagrafiche2. Com’è noto, però, i due tipi di dati non sono perfettamente comparabili vista la diversità delle due fonti.
2
L’anagrafe della popolazione rappresenta il sistema continuo di registrazioni della popolazione residente. Viene continuamente aggiornata tramite iscrizioni per nascita da genitori residenti nel comune, cancellazioni per morte di residenti e iscrizioni/cancellazioni per trasferimento di residenza da/per altro comune o da/per l’estero. 0 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000 6.000.000 7.000.000 8.000.000 9.000.000 10.000.000 P ie m o n te V a lle D ’ A o s ta L o m b a rd ia T re n ti n o -A lt o A d ig e V e n e to F ri u li-V e n e z ia G iu lia L ig u ri a E m ili a -R o m a g n a T o s c a n a U m b ri a M a rc h e L a z io A b ru z z o M o lis e C a m p a n ia P u g lia B a s ili c a ta C a la b ri a S ic ili a S a rd e g n a Popolazione m. Popolazione f.
Il 27 giugno 2005 l’ISTAT ha comunicato i dati relativi alla popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2004 risultanti dalle registrazioni anagrafiche degli individui negli 8.101 comuni3.
Al 31 dicembre 2004 la popolazione residente in Italia ammonta a 58.462.375 unità, di cui il 51,5% donne ed il 48,5% uomini.
In tale data la distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica assegna al Nord-Ovest 15.438.441 abitanti (il 26,4% del totale), al Nord-Est 11.030.650 ( 18,9%), al Centro 11.245.959 ( 19,2%), al Sud 14.084.192 (24,1%) e alle Isole 6.663.133 ( 11,4%).
Rispetto al 31 dicembre dell’anno precedente c’è stato un incremento di popolazione di 574.130 unità, cioè pari all’1,0 %, derivante dalla somma del saldo naturale che ha assunto valori positivi, pari a +15.941 unità, e del saldo migratorio di +558.189 unità. La popolazione ha registrato una crescita non trascurabile, ma è da tener presente il fatto che tale incremento è legato in larga misura alle iscrizioni anagrafiche successive alle regolarizzazioni degli stranieri presenti in Italia, che sono proseguite per tutto il 2004.
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Tali dati sono calcolati a partire dalla popolazione legale dichiarata sulla base delle risultanze del 14° Censimento generale della popolazione effettuato il 21 ottobre 2001. Il calcolo è effettuato sulla base dei dati relativi al movimento naturale (iscrizioni per nascita e cancellazioni per morte) e migratorio (iscrizione e cancellazione per trasferimento di residenza) verificatosi nei comuni nel periodo 22 ottobre- 31 dicembre 2001 e negli anni 2002, 2003 e 2004.
Altro elemento su cui posare l’attenzione è il valore del saldo naturale che è risultato per la prima volta positivo dal 1992. Si tratta indubbiamente di un dato confortante, ma ancora non sufficiente per poter pronosticare una vera e propria inversione di tendenza dei comportamenti connessi alla fecondità.
I.2. L’Italia: paese di anziani.
Analizzando la struttura per età della popolazione residente in Italia, appare chiaro che un fenomeno che si sta sempre più accentuando è quello dell’invecchiamento, che si presenta come un processo caratteristico di tutte le società sviluppate e deriva dall’interazione di dinamiche demografiche e sociali, come l’incremento della sopravvivenza e la contrazione della fecondità. L’Italia è uno dei paesi a più elevato invecchiamento, in quanto l’incidenza di anziani sulla popolazione è tra le più alte dei paesi industrializzati. Le persone di 65 anni e più sono salite da 8.700.185 unità nel 1991 a 10.646.874 unità nel 2001. In valori percentuali c’è dunque stato un passaggio dal 15,3% al 18,7%.
Anche la popolazione di 75 anni e più e quella degli ultraottantacinquenni hanno subito un aumento sensibile: la prima è passata dal 6,7% del 1991 all’8,4% del 2001; i secondi sono saliti dall’1,3% al 2,2%.
Se diamo uno sguardo alla struttura per sesso della popolazione residente delle due fasce di età considerate, non desta stupore che la percentuale maggiore sia quella relativa alle donne, che costituiscono rispettivamente il 63,7% ed il 70,1% del totale della popolazione.
Infine gli ultracentenari nell’ultimo decennio sono quasi raddoppiati, passando da 3.345 unità a 6.313 unità (di cui l’82,9% è costituito da donne, mentre il 17,1% da uomini).
FIG. I.3. Valori percentuali di diverse classi di età anziane, 1991-2001.
15,3 6,7 1,3 18,7 8,4 2,2 0,0 4,0 8,0 12,0 16,0 20,0
65 e più 75 e più 85 e più
1991 2001
Fonte: dati ISTAT.
TAB. I.2. Popolazione per fasce di età superiori ai 65 anni, 2001. Valori percentuali.
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Percentuale sul totale della popolazione residente.
2
Percentuale sul totale della popolazione residente di 75 anni e più.
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Percentuale sul totale della popolazione residente di 85 anni e più. Fonte: dati ISTAT.
Popolazione 75 anni e più1 Donne 75 anni e più2 Popolazione 85 anni e più1 Donne 85 anni e più3 Piemonte 9,4 64,9 2,6 72,2 Valle D’ Aosta 8,6 65,5 2,3 72,0 Lombardia 7,8 67,3 2,1 75,4 Trentino-Alto Adige 7,9 65,9 2,1 72,9 Bolzano 7,1 65,4 1,8 71,8 Trento 8,7 66,2 2,4 73,8 Veneto 8,3 66,1 2,3 73,5 Friuli-Venezia Giulia 10,6 67,2 3,0 74,7 Liguria 12,2 65,1 3,4 71,8 Emilia-Romagna 10,8 63,3 3,0 70,0 Toscana 10,8 63,1 2,9 69,8 Umbria 10,9 61,4 2,7 67,5 Marche 10,4 62,0 2,8 68,5 Lazio 7,7 62,7 1,8 68,5 Abruzzo 9,4 61,5 2,4 66,6 Molise 9,8 61,1 2,6 65,8 Campania 5,9 63,1 1,3 68,4 Puglia 6,8 60,9 1,7 65,8 Basilicata 8,0 59,1 2,0 62,6 Calabria 7,5 60,7 1,9 64,5 Sicilia 7,4 60,3 1,8 64,1 Sardegna 7,0 60,8 1,8 63,8 Nord-ovest 8,7 66,2 2,4 73,8 Nord-est 9,5 65,0 2,6 72,1 Centro 9,3 62,6 2,4 69,0 Sud 6,9 61,6 1,7 66,4 Isole 7,3 60,4 1,8 64,0 ITALIA 8,4 63,7 2,2 70,1
TAB. I.3. Popolazione residente di 100 anni e più, 2001.
1
Percentuale sul totale della popolazione residente.
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Percentuale sul totale della popolazione residente di 100 anni e più. Fonte: dati ISTAT.
La tabella I.4. mostra i valori dell’indice di vecchiaia (il rapporto tra la popolazione con 65 anni e più e quella con meno di 15 anni), e fornisce un’immagine di sintesi della struttura della popolazione italiana e delle differenze regionali. Nel corso del decennio intercensuario l’indice di
Popolazione 100 anni e più1 Donne 100 anni e più4
Piemonte 598 505 Valle D’ Aosta 15 14 Lombardia 940 823 Trentino-Alto Adige 118 106 Bolzano 35 30 Trento 83 76 Veneto 542 472 Friuli-Venezia Giulia 226 208 Liguria 320 282 Emilia-Romagna 597 502 Toscana 506 436 Umbria 89 71 Marche 182 156 Lazio 399 309 Abruzzo 171 140 Molise 44 38 Campania 386 300 Puglia 324 257 Basilicata 43 32 Calabria 214 146 Sicilia 412 302 Sardegna 187 134 Nord-ovest 1.873 1.624 Nord-est 1.483 1.288 Centro 1.176 972 Sud 1.182 913 Isole 599 436 ITALIA 6.313 5.233
vecchiaia è passato dal 96,6% del 1991 al 131,4% del 2001. L’incremento di tale valore indica che il numero delle persone con più di 65 anni ha superato nettamente in un solo decennio il numero di persone con meno di 14 anni.
A livello territoriale il processo d’invecchiamento appare assai differenziato. Al Nord ed al Centro esso mostra una maggiore intensità: il valore più alto dell’indice si trova in Liguria (241,6%), seguita da Emilia-Romagna (192,9%), Toscana (192,3%), Friuli-Venezia Giulia (187,5%), Umbria (186,3%). Nel Mezzogiorno il fenomeno è meno evidente, ed in due regioni, la Campania (76,9%) e la Puglia (95,2%), la soglia di parità del 100 per cento non è ancora stata superata.
TAB. I.4. Indice di vecchiaia, 2001.
Fonte: dati ISTAT
Come detto in precedenza, il crescente invecchiamento della popolazione è strettamente legato all’incremento della sopravvivenza ed alla diminuzione dei livelli di fecondità.
Iv Piemonte 175,9 Valle D’ Aosta 148,6 Lombardia 138,1 Trentino-Alto Adige 105,6 Veneto 135,7 Friuli-Venezia Giulia 187,5 Liguria 241,6 Emilia-Romagna 192,9 Toscana 192,3 Umbria 186,3 Marche 168,9 Lazio 129,9 Abruzzo 146,9 Molise 148,4 Campania 76,9 Puglia 95,2 Basilicata 118,9 Calabria 102,3 Sicilia 98,7 Sardegna 116,1 Nord-ovest 157,6 Nord-est 157,0 Centro 157,3 Sud 93,9 Isole 102,3 ITALIA 131,4
Come ricordano Baldi ed Azevedo (2000, pagg.92-93), “secondo le spiegazioni più moderne4 l’incremento della sopravvivenza si è ottenuto grazie a quattro fattori fondamentali: l’aumento delle sussistenze e il miglioramento della dieta alimentare; il progresso medico nella vaccinazione e terapia; il miglioramento nell’igiene personale; il miglioramento dell’igiene pubblica”.
Grazie a questi fattori , la speranza di vita è continuata ad aumentare; nel 2002 ha raggiunto i 77,1 anni per i maschi e gli 83,0 per le femmine.
I.3. Sempre meno figli per le coppie italiane.
La caduta della fecondità è un fenomeno che è andato accrescendosi dalla metà degli anni sessanta ad oggi.
Gli anni ’60 segnano il passaggio da una società prevalentemente agricola ad una caratterizzata dall’industrializzazione, con conseguenti ripercussioni a livello demografico. Assistiamo quindi ad una grande ripresa della
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La classificazione tradizionale si caratterizza per le contrapposizioni tra fattori economici e medici, prendendo in considerazione il fatto che alcuni progressi medici trovano la loro origine nel miglioramento dell’ambiente (Baldi, De Azevedo, 2000).
natalità, tanto che si suole utilizzare il termine “baby boom” per indicare tale tendenza, culminata nel 1964.
Dando uno sguardo ai dati censuari degli ultimi cinquant’anni notiamo come la fecondità sia andata progressivamente contraendosi: nel 1961 il numero medio di figli per donna5 era pari a 2,4, così come nel 1971, nel 1981 scendeva a 1,6, nel 1991 a 1,3, per poi arrivare al valore di 1,2 nel 2001. Nel 2004 la stima del numero medio di figli per donna è pari a 1,33.
FIG. 1.4. Andamento del tasso di fecondità, 1951-2001.
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011
Fonte: dati ISTAT
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Numero medio di figli per donna o tasso di fecondità totale. Somma dei quozienti specifici di fecondità calcolati rapportando, per ogni età feconda (da 15 a 49 anni), il numero di nati vivi all’ammontare medio annuo della popolazione femminile. Esprime in un dato anno di calendario il numero medio di figli per donna.
Tale percorso non si è manifestato in tempi coincidenti e con un andamento uniforme in tutte le zone d’Italia. Tuttavia, nell’ultimo quarto di secolo le differenze sono andate riducendosi, anche se non sono scomparse completamente.
L’ Italia, con un tasso di fecondità totale pari a 1,3, è grandemente al di sotto della soglia di 2,16 figli per donna che è stimato essere il valore di rimpiazzo che assicura il ricambio generazionale della popolazione.
La tendenza che si è delineata è quella della società “del figlio unico” (Livi Bacci, 2001).
Le spiegazioni inerenti a questo fenomeno risultano molteplici. Innanzi tutto a partire dagli anni ’60 si è verificata una generalizzata disponibilità di mezzi contraccettivi efficaci, ma da tener presente è anche il ribaltamento di valori e comportamenti individuali e del modo di concepire la famiglia. Le spiegazioni del fenomeno sono, quindi, di diversa natura, ma due appaiono particolarmente rilevanti: la prima di ordine “economico”, la seconda di ordine “sociologico” (Livi Bacci, 2001).
La prima parte dal presupposto che la decisione di una coppia di avere dei figli deriva dal calcolo costi-benefici. I benefici sono indubbi: essi
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Con tale valore una generazione viene esattamente rimpiazzata dalla successiva. Per ogni 100 bambine nascono 106 bambini circa; è perciò necessario che 100 donne mettano al mondo 100 bambine e 106 bambini, cioè 206 figli. Considerando anche l’incidenza della mortalità fino agli anni del periodo fertile (usualmente 15 anni di età), il valore di rimpiazzo è di 2,1 figli per donna.
possono portare reddito alla famiglia (soprattutto nel passato i figli producevano reddito fin da piccoli), e costituiscono un sostegno alla vecchiaia dei genitori. Ciò comporta però costi molteplici legati al loro mantenimento, alla loro istruzione e anche al tempo loro dedicato, tolto necessariamente ad un eventuale lavoro e quindi con potenziale perdita di reddito. Rispetto al passato i costi sono grandemente aumentati, poiché i figli richiedono un alto livello di istruzione e rimangono a lungo economicamente dipendenti dalla famiglia. La situazione attuale di una bassa fecondità si può spiegare quindi col fatto che il calcolo costi-benefici si è deteriorata in senso negativo.
La spiegazione di carattere sociologico parte invece dal presupposto che la nascita dei figli si scontra con il desiderio di realizzare progetti; le persone infatti mostrano una sempre crescente volontà di “affermare” la loro personalità, di sviluppare le loro potenzialità. Proprio per questo conflitto le coppie tendono ad avere meno figli e il loro istinto materno o paterno è spesso soddisfatto dal figli unico (Livi Bacci, 2001).
La bassa natalità costituisce un elemento negativo per lo sviluppo di una società. Infatti, il grande declino delle nascite congiunto al prolungamento della vita media porta all’invecchiamento della popolazione.
Convinzione diffusa è quella che le conseguenze negative di tale fenomeno possono in parte trovare un rimedio nell’immigrazione. Si tratta
però di una soluzione parziale e non risolutiva in quanto, anche se ci trovassimo di fronte ad un’immigrazione molto sostenuta, gli effetti dell’invecchiamento si farebbero ugualmente sentire. La forza lavoro con il tempo diminuirebbe e l’invecchiamento raggiungerebbe valori molto elevati con tutti i problemi ad esso connessi anche a livello di sistema pubblico (sanità e previdenza).
Negli anni più recenti la situazione sembra però, seppure lentamente, cambiare. L’incremento delle nascite si sta dimostrando un fenomeno lieve ma costante e nel 2004 ha presentato valori più accentuati. E’ però da tener presente che il fenomeno è da mettere in relazione con la maggior presenza straniera regolare. Le regioni del Centro-Nord registrano valori percentuali di gran lunga superiori alla media nazionale proprio per il fatto che in tali zone la presenza straniera è più stabile e radicata (ISTAT, 2005).
TAB.I.5. Popolazione residente al 31 dicembre 2004 e variazioni rispetto al 2003 per
ripartizione geografica.
Popolazione al 31-12-2004 Variazione rispetto al 31-12-2003
Ripartizione geografica
Maschi Femmine Tot % Assoluta % Nord-ovest 7.493.203 7.945.238 15.438.441 26,4 221.916 1,5 Nord-est 5.380.080 5.650.570 11.030.650 18,9 146.621 1,3 Centro 5.415.770 5.830.189 11.245.959 19,2 121.900 1,1 Sud 6.854.041 7.230.151 14.084.192 24,1 66.918 0,5 Isole 3.233.710 3.429.423 6.663.133 11,4 16.775 0,3 Italia 28.376.804 30.085.571 58.462.375 100,0 574.130 1,0 Fonte: dati ISTAT.
FIG.I.5. Andamento delle nascite e delle morti negli ultimi 13 anni, 1992-2004.
575.216 552.587 536.665 526.064 536.740 540.048 532.843 537.242 543.039 535.282 538.198 544.063 562.599 545.038 555.043 557.513 555.203 557.756 564.679 576.911 571.356 560.241 548.254 557.393 586.468 546.658 520.000 530.000 540.000 550.000 560.000 570.000 580.000 590.000 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 Nati Morti
I.3. L’immigrazione: fenomeno in crescita.
La percezione dell’immigrazione come rilevante fenomeno sociale, nel nostro paese è iniziata nel 19817.
Nel corso degli anni ’90 si è assistito a consistenti flussi in entrata: tra il censimento del 1991 e quello del 2001 la presenza di immigrati è triplicata, passando da 356.159 a più di un milione di presenze (1.334.889).
I risultati definitivi del censimento della popolazione del 2001 sono stati diffusi dall’ISTAT solo il 16 giugno 2004 e questo indica quante siano le difficoltà legate all’elaborazione dei dati riguardanti l’immigrazione.
Nell’ultimo decennio intercensuario la popolazione straniera residente, come abbiamo visto, ha subito un incremento veramente consistente pari al 274,8%.
E’ inoltre necessario mettere in evidenza il fatto che la rilevazione censuaria non può ritenersi completamente esaustiva, in quanto il fenomeno in questione è estremamente complesso e i dati presentati mostrano valori sicuramente inferiori alle sue dimensioni reali poiché, come sappiamo, una grande porzione di esso è costituita dall’immigrazione irregolare e quindi non censita.
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Nel 1981 viene ratificata dall’Italia la convenzione dell’Organizzazione Internazionale del lavoro sulla tutela dei lavoratori migranti e il contrasto dei flussi irregolari.
Analizzando il fenomeno a livello territoriale, la distribuzione degli immigrati privilegia il settentrione (Nord-Ovest 35,1%, Nord-Est 26,7%), seguito dal Centro (25,0%) e dal Mezzogiorno (13,2%).
Come vediamo nella FIG.I.5. il confronto con il 1991 fa emergere un aumento della concentrazione nel Nord, che ha guadagnato in totale 10 punti percentuali.
Se vogliamo analizzare per il 2001 l’incidenza percentuale degli stranieri sui residenti, essa, con un valore percentuale del 2,3%, è quasi quadruplicata rispetto al 1991 dove ammontava allo 0,6%.
L’area a più alta incidenza di immigrati è il Nord-Est (3,4%), seguita dal Nord-Ovest e dal Centro (entrambi 3,1%), mentre il Meridione sta al di sotto dell’1%.
FIG. I.5. Dislocamento della popolazione straniera in Italia, 1991-2001. 31,8 20,4 29,3 10,3 8,2 35,1 26,7 25 8,7 4,5 0 5 10 15 20 25 30 35 40
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
1991 2001
Fonte: dati ISTAT.
L’immigrazione è dunque diventata un fenomeno dalle dimensioni sempre più estese e sono moltissimi gli enti e le organizzazioni, statali e non, che cercano di valutarlo, sia a livello numerico sia in riferimento a tutte le problematiche che esso può presentare.
Per riportare dati ancor più recenti rispetto a quelli del 2001, risulta molto interessante ricorrere al Dossier Statistico 20048 (Caritas/Migrantes, 2004).
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A tesi ultimata, è stato pubblicato (in data 27 ottobre 2005) il XV Dossier Statistico
2005 (Caritas/Migrantes, 2005). Vengono qui riportati i dati di maggior interesse. All’inizio del 2005, secondo la stima Caritas/Migrantes, gli immigrati regolari in Italia ammontano a 2.786.000 unità. La ripartizione geografica dell’immigrazione assegna il 59,3% del totale al Nord (di cui il 34,0% al Nord-Ovest e il 25,3% al Nord-Est), il 27,1% al Centro, il 9,9% al Sud e il 3,7% alle Isole.
La Caritas stima che nel 2003 il numero di soggiornanti stranieri, a livello nazionale, ammonta a 2.598.223 unità, con un’incidenza del 4,5% sulla popolazione.
In linea con le tendenze emerse dai dati censuari, il Dossier mostra che nella ripartizione territoriale, la popolazione immigrata è di gran lunga maggiore al nord con circa il 60% del totale (1 milione e 500mila immigrati, con netta prevalenza della Lombardia). Il 30% della popolazione immigrata si trova al centro (710mila immigrati con prevalenza del Lazio) e il 10% nel Meridione (375mila immigrati e dove la prima regione risulta essere la Campania).
TAB. I.6. Cittadini stranieri per regione, 2003.
Regioni Sogg.(Min.Int.) % sogg. Stima
Dossier % donne % minori Val d’Aosta 3.792 0,2 4.550 49,3 16,7 Piemonte 167.615 7,6 202.573 48,2 17,3 Lombardia 502.610 22,9 606.116 44,7 17,1 Liguria 57.834 2,6 67,306 51,7 14,1 Nord Ovest 731.851 33,4 880.545 46,1 16,9 Trentino A.A. 43.366 2,0 52.484 45,0 17,4 Veneto 213.798 9,7 264.074 44,9 19,0 Friuli V.G 62.052 2,8 71.589 48,6 13,3 Emilia Romagna 217.576 9,9 263.414 46,9 17,3 Nord Est 536.972 24,5 651.562 46,1 17,6 Nord 1.268.823 57,8 1.532.107 100,0 17,2 Toscana 175.026 8,0 206.723 49,7 15,3 Umbria 43.845 2,0 52.643 53,5 16,7 Marche 64.989 3,0 80.608 49,5 19,4 Lazio 330.695 15,1 368.794 53,3 10,3 Centro 614.555 28,0 708.767 51,9 13,3 Abruzzo 32.873 1,5 39.116 51,5 16,0 Campania 111.596 5,1 120.835 57,9 7,6 Molise 3.635 0,2 4.257 57,3 14,6 Basilicata 5.782 0,3 6.694 48,5 13,6 Puglia 43.163 2,0 52.170 42,8 17,3 Calabria 33.485 1,5 37.880 45,7 11,6 Sud 230.534 10,5 260.951 52,1 11,7 Sicilia 65.194 3,0 79.359 45,9 17,8 Sardegna 14.893 0,7 17.039 51,1 12,6 Isole 80.087 3,7 96.398 46,8 16,9 Italia 2.193.999 100,0 2.598.223 48,4 15,6
Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT.
Secondo le stime del Dossier i primi tre gruppi nazionali di cui è significativa la presenza nel nostro paese nel 2003 sono la Romania, l’ Albania e il Marocco, la consistenza dei quali è andata aumentando. Al quarto posto nella graduatoria dei paesi a più largo spettro di emigrazione troviamo l’ Ucraina e al quinto la Cina. Nella fascia tra le 70 e le 60 mila
presenze si collocano le Filippine, la Polonia e la Tunisia. Ampio risulta essere il gruppo di paesi con più di 40.000 presenze quali gli Stati Uniti, il Senegal, l’India, il Perù, l’Ecuador, la Serbia, l’Egitto e lo Sri Lanka.
TAB. I.7. Immigrati: nazionalità, 2003.
Paesi Soggiornanti % sul totale
Romania 239.426 10,9 Albania 233.616 10,6 Marocco 227.940 10,4 Ucraina 112.802 5,1 Cina Popolare 100.109 4,6 Filippine 73.847 3,4 Polonia 65.847 3,0 Tunisia 60.572 2,8
Stati Uniti D’America 48.286 2,2
Senegal 47.762 2,2 India 47.170 2,1 Perù 46.964 2,1 Ecuador 45.859 2,1 Serbia-Montenegro 45.302 2,1 Egitto 44.798 2,0 Sri Lanka 41.539 1,9 Germania 37.159 1,7 Moldavia 36.361 1,7 Macedonia 33.656 1,5 Bangladesh 32.391 1,5 Pakistan 30.506 1,4 Brasile 26.858 1,2 Francia 26.540 1,2 Regno Unito 25.100 1,1 Nigeria 24.986 1,1 Ghana 23.060 1,1 Spagna 21.843 1,0 Croazia 21.336 1,0 Russia 18.924 0,9 Svizzera 17.832 0,8 Ignota 2.975 0,1 Apolidi 886 0,0 Totale 2.193.999 100,0
Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno.
In riferimento alla struttura per sesso dell’immigrazione, in passato essa si è caratterizzata per una maggiore presenza maschile, tanto che nel 1991 la percentuale dei maschi ammontava al 58% del totale, mentre la Caritas ha calcolato che nel 2003 tale valore è sceso al 51,6% . Si è così raggiunto un sostanziale equilibrio tra i due sessi, anche se per alcuni gruppi nazionali la presenza risulta essere ancora sbilanciata.
Per quanto riguarda la struttura per età, secondo le stime del Dossier la percentuale dei minori costituisce il 15,6% della popolazione straniera, la classe di età tra i 15 e i 40 anni il 58,5%, quella di 41-60 anni il 21,1% e gli ultrasessantenni il 10%.
I coniugati sono la metà del totale (49,9%), con una flessione di due punti rispetto all’anno precedente.
E’ da tener presente, però, che i dati presentati non esauriscono il problema dell’immigrazione, ma ne mostrano solo una faccia, quella regolare. Stimare la presenza degli immigrati irregolari risulta un compito estremamente complesso; possiamo comunque citare alcune stime.
Secondo il IX Rapporto ISMU gli irregolari nel 2003, a livello nazionale, ammonterebbero a circa 200.000 unità; i sindacati confederali stimano 600.000 presenze irregolari, mentre il rapporto Eurispes 2004 ipotizza la presenza di 800.000 persone (Cfr. Caritas/Migrantes, 2004).
II. LA POPOLAZIONE IN TOSCANA.
II.1. L’andamento demografico dagli anni ’50.
La Toscana comprende 287 comuni, di cui ben 236 con al massimo 15.000 abitanti.
Nel complesso non siamo di fronte ad una regione densamente abitata: si contano circa 152 abitanti per chilometro quadrato contro una media nazionale di 189 (IRPET, 2001).
La densità della Toscana risulta tutt’altro che omogenea: si va dalle zone metropolitane ad alta densità demografica come l’area fiorentina, ad aree poco popolate quali la Toscana meridionale.
Possiamo affermare che la popolazione toscana è grandemente concentrata lungo il bacino dell’Arno, soprattutto nella sua parte inferiore, nella pianura che da Firenze e Prato si estende verso la costa.
E’ ora necessario presentare un quadro della Toscana negli ultimi cinquant’anni, per analizzare le trasformazioni strutturali avvenute nella regione: come vedremo, essa riproduce e per alcuni aspetti perfino accentua i trends che caratterizzano il modello demografico italiano.
Come si evince dalla FIG.II.1., nei primi tre decenni considerati, la popolazione ha subito un notevole incremento. Successivamente, si assiste
ad un’inversione di tendenza: tra il 1981 ed il 1991 è calata di 51.105 unità, vale a dire in termini percentuali dell’1,4%. Il censimento del 2001 ha confermato il trend di declino demografico, anche se con valori meno elevati (-0,9%).
La popolazione residente risultante dai dati anagrafici negli anni successivi al Censimento, sembra registrare un netto recupero, tanto che al 31 dicembre 2002 la popolazione sale a 3.516.296 unità e alla stessa data dell’anno successivo aumenta dell’1,4%. Al 31 dicembre 2004 la popolazione residente registra un ulteriore incremento di circa 32.000 abitanti rispetto al 2003, pari allo 0,9% della popolazione.
La variazione demografica del 2004 deriva dalle seguenti voci di bilancio: il saldo naturale mostra valori negativi (-7.386 unità), mentre il saldo migratorio è positivo sia in relazione alle iscrizioni dall’estero, sia a quelle interne (rispettivamente +28.403 e +8.247 unità).
Ma come già abbiamo sottolineato a livello nazionale, è necessario interpretare con cautela tali dati in quanto sono attribuibili in parte alle rettifiche post-censuarie9 e alle registrazioni di stranieri regolarizzati con la recente sanatoria.
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Le rettifiche post-censuarie indicano il saldo tra le iscrizioni di persone residenti sfuggite al censimento e le cancellazioni di persone censite più volte o censite in un comune dove non avevano l’effettiva residenza.
In Toscana il problema del saldo naturale negativo si presenta dal 1977 e, anche nel 2004, nessuna delle sue 10 province registra un saldo naturale positivo.
FIG.II.1. Andamento della popolazione toscana, 1951-2001 dati censuari; 2002-2004
Dati anagrafici.
Fonte: dati ISTAT.
III.1. Il fenomeno dell’invecchiamento.
Facendo un confronto tra il XIII ed il XIV censimento della popolazione, ci troviamo di fronte alla situazione che, come abbiamo visto nel capitolo precedente, sta caratterizzando l’intera nazione: il numero degli anziani sta
3.100.000 3.150.000 3.200.000 3.250.000 3.300.000 3.350.000 3.400.000 3.450.000 3.500.000 3.550.000 3.600.000 3.650.000 1941 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011
crescendo e in Toscana il fenomeno è ancora più marcato che a livello nazionale.
Dalla FIG.II.2 si può notare come la popolazione anziana abbia subito un consistente incremento per tutte e tre le classi di età considerate.
FIG.II.2. Popolazione di diverse classi di età, 1991-2001.
0 100.000 200.000 300.000 400.000 500.000 600.000 700.000 800.000 900.000
65 e più 75 e più 85 e più
1991 2001
Fonte: dati ISTAT.
La popolazione con 65 anni e più rilevata dal Censimento 2001 ammonta a 785.747 unità, vale a dire il 22,5% della popolazione della regione, contro una percentuale del 18,7% dell’Italia.
Anche per quanto riguarda gli ultrasettantacinquenni e gli ultraottantacinquenni, la Toscana presenta valori percentuali più elevati rispetto alla media nazionale: i primi costituiscono il 10,8% della
popolazione totale, mentre i secondi il 2,9%; i valori dell’Italia ammontano invece, come osservato, rispettivamente a 8,4% e 2,2%.
La figura II.3. riporta il confronto fra i valori percentuali della popolazione toscana e quella italiana appartenente alle tre classi di età sopra menzionate.
FIG. II.3. Valori percentuali a confronto di alcune classi di età, 2001.
18,7 8,4 2,2 22,5 10,8 2,9 0 5 10 15 20 25 65 e + 75 e + 85 e + Italia Toscana Fonte: dati ISTAT.
II.2.1. Indicatori sintetici.
Come è noto, per misurare “sinteticamente” la struttura per età della popolazione si ricorre usualmente all’indice di vecchiaia e all’indice di dipendenza10.
Nella FIG.II.4. vengono rappresentati i valori di tali indici al censimento del 1991 e del 2001 e vengono confrontati con quelli riferiti all’intero paese.
La Toscana, con il valore di 192,3, risulta la regione con il più alto indice di vecchiaia dopo la Liguria (241,6) e l’Emilia Romagna (192,9).
Anche l’indice di dipendenza, a livello regionale, presenta valori più elevati rispetto alla media nazionale (51,9 contro 49,0).
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L’indice di dipendenza è il rapporto, riferito a 100, tra la popolazione in età non lavorativa (tra 0 e 14 anni e al di sopra di 65 anni) e la popolazione in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni).
FIG. II.4. Principali indicatori demografici a confronto, 1991-2001. 158,3 192,3 46,8 51,9 96,6 131,4 45,3 49 0 50 100 150 200 250 1991 2001 1991 2001 Indice di vecchiaia Indice di dipendenza
Toscana Italia
Fonte: dati ISTAT.
II.3. Il saldo naturale persiste negativo.
In Toscana il saldo naturale assume valori negativi da molti anni. Questo perché si è verificata progressivamente una diminuzione del numero delle nascite e un incremento del numero delle morti, per effetto, come già detto, della progressiva diminuzione della fecondità e del processo di invecchiamento della popolazione.
E’ però da tener presente che, da alcuni anni, il numero delle nascite sta aumentando; questa tendenza ha registrato una maggiore intensità nel 2004, anno in cui nella regione si è assistito ad un incremento percentuale di
nascite del 9,3% rispetto all’anno precedente. Come abbiamo già detto per l’Italia, questo andamento è, almeno in parte, da mettere in relazione all’apporto del fenomeno migratorio che in Toscana si presenta particolarmente intenso.
L’incremento delle nascite trova corrispondenza nella ripresa della fecondità, tendenza che si è innescata dalla metà degli anni ’90.
Nel 2004 il tasso di fecondità totale è stimato essere pari a 1,26 e tale valore risulta essere il più elevato negli ultimi 14 anni.
Nonostante questo incremento, la Toscana registra ancora valori al di sotto della media nazionale che nel 2004, come già ricordato, è stimata essere pari a 1,33.
II.4. Aumenta il numero di soggiornanti stranieri.
Il numero dei soggiornanti regolari in Toscana è passato dai 111.457 del 31/12/2002 ai 175.026 del 31/12/2003 (un aumento del 57%).
L’incremento è superiore a quello medio nazionale del 45,1% e, comunque, sottostimato in quanto non include i minori registrati nel permesso di soggiorno dei genitori stimati dal Dossier Caritas 2004 in 31.697 unità.
Se così fosse , quindi si giungerebbe ad una stima complessiva di circa 206.000 immigrati regolarmente soggiornanti sul territorio regionale.
A livello provinciale, l’incremento più elevato è registrato da Firenze (72,4%), seguita da Prato (69,7%) e da Lucca (68,2%).
Le altre province possono essere distinte in due gruppi:
- quelle che si collocano al di sopra dell’incremento medio nazionale (45,1%): Grosseto (60,4%) e Livorno (46,5%);
- quelle che si pongono al di sotto di tale valore: Massa Carrara (43,8%), Arezzo (42,8%), Pisa (42%), Siena (39,3%) e Pistoia (39%).
Gli albanesi (17,7%), i cinesi (13,3%), i romeni (10,9%), i marocchini (7,6%) e i polacchi (3,2%) costituiscono i primi cinque gruppi nazionali che coprono ben il 52,7% di tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti in Toscana.
TAB. II.1. Immigrati: provenienze, 2003.
Paesi Valore assoluto Valore percentuale
Albania 31.037 17,7 Cina Popolare 23.329 13,3 Romania 19.126 10,9 Marocco 13.216 7,6 Polonia 5.538 3,2 Filippine 5.496 3,1 Stati Uniti 5.430 3,1 Ucraina 4.986 2,8 Senegal 4.826 2.8 Germania 3.916 2,2 Perù 3.373 1,9 Serbia-Montenegro 3.094 1,8 Sri-Lanka 2.560 1,5 Tunisia 2.378 1,4 Regno Unito 2.361 1,3 India 2.314 1,3 Brasile 2.055 1,2 Macedonia 1.959 1,1 Svizzera 1.930 1,1 Pakistan 1.887 1,1 Totale 175.026 100,0
Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’ Interno.
III. LA VALDERA E I SUOI COMUNI
III.1. Introduzione al capitolo.
Dopo aver presentato un quadro generale dei principali fenomeni demografici delineatisi in Italia, si è visto come la Toscana segua e per certi aspetti accentui i trends caratterizzanti il modello italiano.
In questo capitolo, attraverso i dati censuari che vanno dal 1951 al 2001, e i dati anagrafici relativi agli anni intorno ai cinque censimenti11, ci proponiamo di analizzare la Valdera, uno dei quattro SEL della Toscana, in riferimento alla consistenza numerica, alle caratteristiche strutturali e alla dinamica della popolazione.
Queste analisi vengono effettuate per ogni singolo comune tenendo però costantemente in primo piano Pontedera, individuabile come fulcro demografico ed economico del SEL.
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Per le analisi dei fenomeni di movimento vengono utilizzati i dati anagrafici relativi all’anno di censimento, al biennio precedente e a quello successivo.
III.2. Il territorio della Valdera.
Con la deliberazione consiliare n. 219 del luglio 1999 è stata istituzionalizzata la ripartizione della Regione Toscana in sistemi economici locali (SEL)12.
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E’ divenuta pratica ampiamente diffusa per studi economici e demografici riferirsi ai SEL come unità elementari d’indagine. In Toscana sono stati istituzionalizzati 33 SEL.
La zona della Valdera (SEL 12 nella programmazione regionale) è costituita da 14 comuni: Bientina, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina, Lajatico, Lari, Palaia, Peccioli, Ponsacco, Pontedera, Terricciola, Vicopisano.
La Valdera, un territorio che raggruppa comuni diversi tra loro per dimensione e densità, nel suo complesso occupa circa ¼ dell’intera provincia di Pisa che ha un’estensione di 2.444,38 kmq.
Pontedera può essere individuata come il fulcro demografico ed economico della Valdera. Insieme a Ponsacco si trova in una posizione geografica baricentrica alla zona che prende il nome dal fiume che la attraversa, l’Era.
TAB.III.1. Area, densità e tipologia morfologica dei 14 comuni della Valdera.
Comuni Superficie Km2 Densità Tipologia morfologica
Bientina 29,3 209,1 Piano
Calcinaia 15 574,3 Piano
Capannoli 22,7 224,8 Piano Colle Casciana Terme 36,4 97,1 Colle
Chianni 62,1 25,2 Colle
Crespina 27,0 138,8 Piano
Lajatico 72,5 19,2 Colle
Lari 45,1 179,1 Piano Colle
Palaia 73,8 61,3 Colle
Peccioli 92,6 52,2 Piano Colle
Ponsacco 19,9 632,2 Piano
Pontedera 46,0 565,1 Piano
Terricciola 43,4 90,5 Piano Colle
Vicopisano 26,9 Colle
III.3. Variazioni di popolazione nel cinquantennio considerato.
Analizzando i censimenti che vanno dal 1951 al 2001, possiamo evidenziare la peculiarità della traiettoria di sviluppo sperimentata dalla Valdera rispetto a quella seguita dalla regione e dalla provincia. Nei cinque decenni considerati, si osservano dinamiche piuttosto articolate.
L’analisi di lungo periodo, riferita cioè all’ultimo cinquantennio, mostra che la popolazione complessiva dei 14 comuni che costituiscono la Valdera ha registrato una variazione positiva, salendo da 89.486 del 1951 a 96.910 unità del 2001, vale a dire un incremento percentuale dell’8,3%, lievemente più basso rispetto a quelli della provincia (9,9%) e della regione (10,7%).
FIG. III.1. Popolazione residente in Valdera, 1951-2001.
Fonte: dati ISTAT.
89486 90173 90520 94765 95079 96910 89000 90000 91000 92000 93000 94000 95000 96000 97000 98000 1941 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011
In particolare si è assistito ad una sostanziale stabilità del numero di abitanti fra il 1951 ed il 1971 (in un periodo in cui la popolazione della regione cresceva ad un ritmo del 4-5% ogni decennio), seguita da un intenso incremento negli anni ’70. Negli anni ’80 e ’90 la popolazione è continuata a crescere ma a ritmi meno sostenuti, a fronte però di una contrazione demografica dell’intera provincia di Pisa e ad una sostanziale stabilità, nell’ultimo decennio, della regione.
FIG.III.2. Andamento della popolazione, 1951-2001. Numeri indice (1951=100)
98 100 102 104 106 108 110 112 114 116 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011 Valdera Toscana Provincia Pisa
Fonte: dati ISTAT.
Dopo aver presentato un quadro d’insieme della zona, è opportuno effettuare un’analisi più puntuale dei 14 comuni per porre in evidenza situazioni tra loro diversificate.
Come si nota dalla FIG. III.3., i 14 comuni, nel corso del cinquantennio considerato, hanno seguito percorsi molto differenti tra loro.
FIG.III.3. Andamento della popolazione nei comuni della Valdera, 1951-2001.
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000 11000 12000 13000 14000 15000 16000 17000 18000 19000 20000 21000 22000 23000 24000 25000 26000 27000 28000 29000 30000 1941 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011
Bientina Calcinaia Capannoli Casciana T. Chianni
Crespina Lajatico Lari Palaia Peccioli
Ponsacco Pontedera Terricciola Vicopisano
Calcinaia e Chianni appaiono i comuni rispettivamente con il maggior incremento ed il maggior decremento demografico. Calcinaia, infatti, nei cinquant’anni, ha più che raddoppiato la sua popolazione (120,0%), mentre Chianni ha visto ridurre la propria di circa la metà (-53,2%).
Da notare che tra i 14 comuni dell’area, sei (Bientina, Calcinaia, Capannoli, Ponsacco, Pontedera, Vicopisano) hanno registrato nel cinquantennio un aumento complessivo di popolazione, mentre i restanti 8 (Casciana T., Chianni, Crespina, Lajatico, Lari, Palaia, Peccioli, Terricciola) hanno subito un decremento.
Passiamo ora ad un’analisi più dettagliata.
Negli anni ’50 e ’60 si è assistito ad un aumento demografico di Pontedera, di Ponsacco e di altri comuni limitrofi, Bientina, Calcinaia e Capannoli. All’incremento demografico di questi, è corrisposta la diminuzione dei comuni più rurali di Chianni, Lajatico, Peccioli, Casciana Terme, Crespina, Lari, Palaia, Terricciola. Negli anni ’70 alcuni comuni hanno continuato a perdere popolazione (Chianni, Lajatico, Peccioli ), mentre per altri la dinamica si è invertita e si è assistito ad un incremento demografico (Casciana Terme, Crespina). Pontedera, centro maggiormente urbanizzato della zona, dopo gli anni ’80, ha visto un ridimensionamento della popolazione. Altri comuni non hanno invece mai fermato la loro crescita (Bientina, Ponsacco, Capannoli e Calcinaia).
III.4. La dinamica tra i sessi.
Molto interessante risulta ora un’analisi differenziata tra la popolazione maschile e quella femminile per individuare il differente comportamento della dinamica dei due sessi.
Un elemento che subito appare evidente è che la capacità di accrescimento della popolazione femminile è di gran lunga maggiore di quella maschile; le femmine infatti nel cinquantennio considerato sono aumentate del 10,7%, contro un incremento maschile del 5,9%.
A livello dei singoli comuni, anche se con diverse differenze, nelle aree in cui si assiste ad un incremento di popolazione, quello delle femmine risulta maggiore rispetto a quello dei maschi, escluso il comune di Bientina, dove l’incremento maschile supera di 4,7 punti percentuali quello femminile. Nei comuni in cui la popolazione complessiva diminuisce, le femmine hanno decrementi inferiori rispetto all’altro sesso.
I valori del rapporto di mascolinità mostrano con più evidenza le dinamiche differenziali tra i vari comuni nel cinquantennio considerato. Il grafico successivo ci aiuta a visualizzare la situazione.
FIG.III.4. Variazione del rapporto di mascolinità nei comuni della Valdera, 1951-2001. Numeri indice (1951=100). 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Bientina Calcinaia Capannoli Casciana T Chianni Crespina Lajatico Lari Palaia Peccioli Ponsacco Pontedera Terricciola Vicopisano Valdera
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
La Valdera, dagli anni ’50 agli anni ’80, vede diminuire sensibilmente il rapporto di mascolinità: il numero delle femmine diviene preponderante rispetto al numero dei maschi. Al censimento del 1991 quest’ultimi dimostrano di recuperare terreno, ma la situazione risulta ancora favorevole per le donne. All’ultimo censimento la popolazione maschile rispetto a
quella femminile risulta stabile. I valori del 2001 sono un poco superiori rispetto a quelli nazionali e a quelli regionali.
FIG.III.5. Valore del rapporto di mascolinità in Italia, Toscana e Valdera, 2001.
93,8 92,5 94,2 91,5 92 92,5 93 93,5 94 94,5
Italia Toscana Valdera
Italia Toscana Valdera
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
La tendenza delineata si riscontra, sia pure con diversa intensità, in tutti i comuni dell’area ed e strettamente legata al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. I maggiori rischi di morte a cui sono sottoposti i maschi durante tutto il ciclo di vita comportano che la popolazione tanto più è invecchiata quanto più è composta da donne. E’ da sottolineare, infine, che all’ultimo censimento 9 comuni su 14 hanno registrato, rispetto a dieci anni prima, un incremento della popolazione leggermente maggiore rispetto a
quello della popolazione femminile (il rapporto di mascolinità è, se pur di poco, aumentato).
III.5. La struttura per età.
Come è noto, l’altra variabile fondamentale per lo studio di una popolazione è l’età.
Il cambiamento avvenuto negli ultimi cinquant’anni nella popolazione della Valdera può essere colto dall’osservazione delle modificazioni del profilo delle piramidi delle età.
Innanzi tutto appare evidente come le classi di età giovanili siano andate riducendosi a partire dal 1971 e, come al contempo, siano andate ampliandosi quelle anziane.
Altro elemento fondamentale è l’asimmetria che emerge tra il lato delle donne e quello degli uomini.
Iniziamo dal primo aspetto: lo sbilanciamento del rapporto tra popolazione giovane e anziana. Possiamo osservare l’andamento della popolazione appartenente alle classi di età giovanili che stanno alla base delle piramidi delle età.
Nel 1951, in Valdera, sia il numero dei maschi che quello delle femmine residenti con meno di 5 anni, è ampiamente al di sopra delle 3000 unità, valore che inizia a scendere nel decennio successivo. Nel 1971, la “coorte” di bambini con meno di 5 anni cresce rispetto al decennio precedente. Inoltre la piramide mostra una maggiore ampiezza anche in prossimità della classe di età compresa tra i 5 e i 9 anni: questo incremento è un effetto diretto del baby-boom verificatosi nei primi anni ’60. A partire dal 1981 il numero dei bambini inizia a calare in maniera molto sostenuta, e solo al 2001 si può notare un leggero ampliamento della base della piramide che indica una lieve ripresa delle nascite.
L’andamento delle classi più anziane (al di sopra dei 65 anni), mostra una situazione rovesciata. Analizzando le piramidi delle età, la prima lettura può risultare fuorviante, poiché il vertice, con il passare dei censimenti, sembra ridursi. La risposta sta nel fatto che, fino al 1991, i censimenti della popolazione si fermano nella ripartizione per classi di età, alla classe 75 e più, se non addirittura a quella 60 o 65 e più. Conseguenza di rilievo è che fino al 1991, quando viene inserita la classe 85 e più, i vecchi e i grandi vecchi risultano “invisibili”. La motivazione è che, fino a pochi anni fa, il numero di persone con oltre 80-85 anni era contenuto e quindi il loro peso proporzionale era trascurabile.
Relativamente al secondo aspetto, è interessante osservare come varia il “profilo” della piramide nelle sue due parti. La base risulta più ampia sul versante maschile, poiché, come detto in precedenza, il numero di maschi alla nascita è superiore al numero delle femmine. Pian piano la differenza va attenuandosi, fino ad arrivare alle classi più anziane dove si nota un evidente vantaggio per la componente femminile.
Analizzando le classi d’età intermedie, è importante tener presente che le generazioni di donne che sono nate nel baby-boom degli anni ’60 si stanno allontanando dall’età riproduttiva, cedendo il posto alle meno numerose generazioni successive: questo fenomeno, fermo restando il livello di fecondità, rende plausibile l’ipotesi che il declino delle classi giovanili divenga più marcato in futuro.
FIG. III.6. Piramidi delle età della Valdera, 1951-2001.
1951
1971
1981
...Fonte: elaborazione dati ISTAT.
1991
Accanto alle piramidi dell’età è interessante analizzare le usuali misure sintetiche della struttura per età: l’indice di vecchiaia e l’indice di dipendenza.
L’indice di vecchiaia mostra che nella Valdera la popolazione di sessantacinque anni e più ha progressivamente guadagnato rispetto a quella in età inferiore a quindici anni.
Nel 1951 tale indice presenta un valore appena superiore a 50 e ciò significa che la popolazione anziana è pressappoco la metà rispetto a quella giovane. Progressivamente il valore cresce e nel 1981 supera la soglia dei 100. Nei due decenni successivi il valore aumenta di oltre il 70% e, nel 2001, ogni cento ragazzi di età inferiore ai quindici anni si contano più di 180 anziani.
FIG.III.7. Indici di vecchiaia della Valdera, 1951-2001. 53,3 71,2 82 106,2 156,1 182,8 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 1951 1961 1971 1981 1991 2001
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
L’indice di dipendenza demografica non ha presentato, nel corso del cinquantennio, incrementi così elevati come l’indice di vecchiaia. Dalla FIG. III.8. si nota che dal 1961 il valore di tale indice ha subito un incremento per poi discendere nel 1991 e di nuovo crescere nel decennio successivo. L’aumento non ha assunto dimensioni particolarmente evidenti perché l’incremento della popolazione in età anziana è stato quasi del tutto compensato dalla grande diminuzione dei giovani.
FIG. III.8. Indici di dipendenza della Valdera, 1951-2001. 46 44 53,2 57,1 50 52,8 0 10 20 30 40 50 60 1951 1961 1971 1981 1991 2001
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
La situazione analizzata risulta in linea con quella che caratterizza anche le realtà italiana e toscana.
Se facciamo un confronto tra i valori assunti dall’indice di vecchiaia negli ultimi due censimenti, risulta che la Valdera presenta ad entrambe le date valori al di sopra della media nazionale, ma leggermente al di sotto di quella regionale. Per quanto riguarda l’indice di dipendenza, invece, è la Valdera ad assumere valori più elevati ad entrambi i censimenti.
FIG.III.9. Principali indicatori della struttura per età a confronto, 1991-2001. 96,6 131,4 45,3 49 158,5 192,3 46,8 51,9 156,1 182,8 50 52,8 0 50 100 150 200 250 1991 2001 1991 2001
Indice di vecchiaia Indice di dipendenza
Italia Toscana Valdera
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
III.6. Bilancio demografico intorno agli anni di censimento.
Abbiamo finora messo in evidenza i cambiamenti strutturali della popolazione della Valdera negli ultimi cinquant’anni. E’ ora necessario fare un’analisi dei fenomeni di movimento, indispensabili per spiegare come sono avvenute tali modificazioni strutturali. Per effettuare questo tipo di analisi costruiamo dei bilanci demografici intorno alla data dei censimenti13 dal 1951 al 2001. A tale proposito ci serviamo della fonte anagrafica che, come è noto, fornisce i dati di movimento.
13
Sono stati costruiti i bilanci intorno ai censimenti per ridurre le “distorsioni” dovute all’effetto del caso.
La figura successiva mostra l’andamento del saldo naturale, del saldo migratorio e del saldo totale intorno ai cinque censimenti considerati.
FIG.III.10. Bilancio demografico intorno ai censimenti, 1961-2001. Saldo naturale,
saldo migratorio e saldo totale della Valdera.
-4000 -2000 0 2000 4000 6000 8000 10000 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 S.N. S.M. S.T.
Fonte: elaborazione dati ISTAT
Come emerge dalla FIG.III.10., il saldo complessivo risulta al di sotto dello zero solo per il primo periodo considerato (anni intorno al censimento del 1961), dopodiché assume valori sempre positivi; esso è il risultato di una compensazione tra un saldo naturale quasi sempre negativo, ed un saldo migratorio sempre positivo e crescente. Ciò significa che i flussi migratori sono divenuti una risorsa insostituibile per contrastare una
diminuzione della popolazione dovuta ad un numero di nascite sempre più in declino.
FIG.III.11. Saldo naturale, migratorio e totale, bilanci demografici intorno agli anni di
censimento, 1961-2001. -3000 -2000 -1000 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 1961 1971 1981 1991 2001 S.N. S.M. S.T. Fonte: elaborazione dati ISTAT.
Analizziamo ora in che misura il saldo naturale e il saldo migratorio hanno determinato un incremento o un decremento della popolazione.
Il 1961, come abbiamo già detto, è l’unico anno in cui il saldo totale appare negativo; tale valore deriva da un saldo naturale vicino alle 2000 unità che non riesce a compensare un saldo migratorio fortemente negativo. Negli anni intorno al 1971 la Valdera registra un incremento di popolazione che dipende da un saldo naturale e da un saldo migratorio entrambi positivi; il primo, però, presenta valori leggermente più elevati rispetto al secondo. Dieci anni dopo la situazione subisce un totale
ribaltamento: la popolazione del territorio continua la sua ascesa, ma essa è dovuta esclusivamente a fattori esogeni. Il saldo naturale cade bruscamente ad un valore di -1.031 unità, mentre il saldo migratorio indica un eccesso di flussi in entrata rispetto a quelli in uscita. Negli anni ’80 si accentua ancor più la tendenza messa in atto nel decennio precedente tanto che, nel quinquennio intorno al censimento, il saldo naturale diviene ancor più negativo e la migrazione netta registra un valore positivo ancor più alto. Gli anni intorno all’ultimo censimento mostrano la componente naturale leggermente in ripresa, se pur sempre negativa, ed un flusso migratorio netto molto elevato.
Scendendo ad analizzare le realtà comunali, notiamo che la situazione è molto articolata.
Le FIG. successive rappresentano i quozienti per 1000 abitanti rispettivamente del saldo naturale e di quello migratorio.
FIG.III.12. Saldo naturale, quozienti per mille abitanti. Valori degli anni intorno ai censimenti, 1951-2001. -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 B ie n tin a C a lc in a ia C a p a n n o li C a s c ia n a T . C h ia n n i C re s p in a L a ja tic o L a ri P a la ia P e c c io li P o n s a c c o P o n te d e ra T e rr ic c io la V ic o p is a n o 1961 1971 1981 1991 2001
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
Possiamo notare innanzi tutto che negli anni intorno al 1961 la popolazione ha visto in ogni comune un numero di nati maggiore rispetto al numero di morti. Nel corso di questo quinquennio il saldo naturale ha presentato valori particolarmente positivi per Ponsacco, seguito da Capannoli, Pontedera e Peccioli. Il valore minore è stato registrato da Lajatico. Gli anni intorno al 1971 hanno segnato per tre comuni (Casciana Terme, Chianni e Lajatico) un valore di segno negativo del saldo naturale; i comuni che nel quinquennio precedente mostravano valori più elevati occupano anche in questo periodo la posizioni di maggiore rilievo.
Nel 1981, tutti i 14 comuni presentano un saldo naturale negativo. Il fenomeno appare più evidente per Lajatico e Pontedera, mentre
Ponsacco (-0,5) e Capannoli (-1) sono appena al di sotto dello zero. Nel 1991 la situazione è sempre quella di un’eccedenza di morti sui nati per tutti i comuni, anche se la situazione appare meno marcata e nel 2001 per due comuni (Calcinaia e Crespina), il saldo naturale diviene positivo.
FIG.III.13. Saldo migratorio, quozienti per mille abitanti. Valori degli anni intorno ai
censimenti, 1951-2001. -200 -150 -100 -50 0 50 100 150 B ie n tin a C a lc in a ia C a p a n n o li C a s c ia n a T . C h ia n n i C re s p in a L a ja tic o L a ri P a la ia P e c c io li P o n s a c c o P o n te d e ra T e rr ic c io la V ic o p is a n o 1961 1971 1981 1991 2001
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
Per quanto riguarda il saldo migratorio la situazione appare diversa. Si parte dal quinquennio intorno al 1961 in cui 10 comuni presentano valori estremamente negativi, per arrivare al quinquennio intorno al 2001 in cui ogni comune presenta un’eccedenza dei flussi in entrata su quelli in uscita. Pontedera vede per tutti i periodi considerati (all’infuori del 1981 dove presenta un valore di -3 per mille e del 1991 di -2,3 per mille), un numero
di immigrati superiore del numero di emigrati. Anche Ponsacco, Bientina e Calcinaia mostrano un andamento positivo in tutti i quinquenni.
III.7. Tassi generici di natalità e di mortalità.
Per valutare e confrontare il contributo relativo che ciascuna delle due componenti del movimento naturale ha dato alla variazione della popolazione dei singoli comuni, passiamo ora ad analizzare in dettaglio l’andamento dei tassi grezzi di natalità e di mortalità nei quinquenni considerati14.
Nell’intera zona della Valdera, dagli anni ’60 agli anni ’90, si assiste ad un andamento decrescente del tasso di natalità che presenta un declino particolarmente intenso durante gli anni ’70. Negli anni intorno al 2001 c’è una ripresa del suo valore, che passa da 7,8 a 8,6 nati per mille abitanti.
14
Il tasso di natalità intorno agli anni di censimento è stato calcolato ponendo al numeratore il valore medio dei nati vivi in cinque anni (l’anno di censimento, i due anni precedenti e i due anni successivi) e al denominatore l’ammontare medio della popolazione nell’anno di censimento, ottenuto dividendo per due la somma della popolazione residente al 1 gennaio e al 31 dicembre di quell’anno.
Al contrario, il tasso di mortalità presenta un andamento crescente. Negli anni intorno al 1981 si abbassa leggermente, per poi crescere nuovamente nel periodo successivo.
FIG.III.14. Tassi generici natalità e di mortalità della Valdera intorno agli anni di
censimento, 1961-2001. 0 2 4 6 8 10 12 14 16 1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010 TN TM
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
L’analisi all’interno del territorio della Valdera rivela che la diminuzione del tasso grezzo di natalità è generalizzata a tutti i comuni.
TAB.III.2. Tassi generici di natalità intorno agli anni di censimento, 1961-2001.
Fonte: elaborazione dati ISTAT.
Negli anni intorno al 1961, il valore più basso dei comuni del SEL è quello registrato da Crespina e Lajatico, con 11,9 nati ogni 1000 abitanti, mentre Ponsacco presenta il valore più elevato, al di sopra del 17 per mille. Intorno al 1971 solo tre comuni (Bientina, Lari e Palaia) mostrano un tasso di natalità superiore al decennio precedente, mentre i restanti conoscono una diminuzione della natalità. Tale trend negativo continua nei due decenni successivi, tranne qualche lieve incremento nel 1991, fino ad arrivare al 2001 in cui si assiste ad una ripresa della natalità in tutti i comuni ad eccezione di Chianni e Vicopisano.
1961 1971 1981 1991 2001 Bientina 12,1 14 10 8,8 9,5 Calcinaia 15 14,8 9,9 8,9 10 Capannoli 15,8 15,4 10,6 8,7 9,3 Casciana T. 14,9 11,7 8,9 8,6 10,1 Chianni 12,1 11,9 8,4 8,6 6,8 Crespina 11,9 11 8,6 7,1 11,2 Lajatico 11,9 9,9 4,7 6 7,4 Lari 12,6 12,9 8,7 7,9 8 Palaia 12,7 13,1 8,4 6,6 8,2 Peccioli 14,2 13,3 9,4 6,9 7,9 Ponsacco 17,4 15,9 9,9 9 9 Pontedera 14,7 14,1 8,9 7,3 7,7 Terricciola 12,8 11,8 10 6,7 9,8 Vicopisano 13,3 11,9 8 8,1 7,9 Valdera 14,1 13,6 9,1 7,8 8,6