Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia
TESI DI LAUREA
Terapia con iloprost nella microangiopatia sclerodermica:
due regimi a confronto
Candidata
Relatore
Silvia Bilia
Prof.ssa Marta Mosca
Correlatore
Dott.ssa Alessandra Della Rossa
3
SOMMARIO
RIASSUNTO ……….…….. 5
CAPITOLO 1 La Sclerosi sistemica ………... 7
DEFINIZIONE ………... 7 CLASSIFICAZIONE ……… 7 EPIDEMIOLOGIA ...………..… 11 EZIOLOGIA ...……….... 12 PATOGENESI ……… 14 Il danno vascolare ……….…….. 14
L’attivazione immunitaria – Infiammazione ……….…. 16
La fibrosi ……… 17 CLINICA ………...……. 19 Manifestazioni cutanee ………..…………. 20 Manifestazioni gastro-intestinali ………. 25 Manifestazioni polmonari ………...….... 26 Manifestazioni cardiache ……….… 28 Manifestazioni renali ………...… 29 Manifestazioni muscolo-scheletriche ……….. 30 Altre manifestazioni ……… 30 DATI DI LABORATORIO ………. 31 DECORSO E PROGNOSI ……….. 32 TERAPIA Generale ……….... 33
4
CAPITOLO 2 La microangiopatia sclerodermica ……… 36
CLINICA: Fenomeno di Raynaud e ulcere ……….… 36
TERAPIA ………..… 41
Terapia con prostanoidi ……….. 45
CAPITOLO 3 Lo studio: confronto di due protocolli d’infusione con iloprost ... 48
SCOPO DELLA TESI ……… 48
MATERIALI E METODI ……….. 49
RISULTATI ………... 52
DISCUSSIONE ……….. 69
CONCLUSIONI ………. 76
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RIASSUNTO
La terapia con prostanoidi infusionali è utilizzata da molti anni nel trattamento della vasculopatia in pazienti con sclerosi sistemica (SSc); tuttavia, nei vari studi presenti in letteratura, il dosaggio e le modalità di somministrazione utilizzati sono molto eterogenei. Lo scopo del presente lavoro è stato valutare tollerabilità e efficacia di due diverse modalità infusionali di iloprost in una coorte monocentrica di pazienti con sclerosi sistemica (SSc). 47 pazienti consecutivi con SSc reclutati in base ai criteri EULAR 2013 sono stati inclusi (M:F=3:44, Età media 62 ± 13.9 anni, 32 pz con subset cutaneo limitato, 15 con subset diffuso; Durata di malattia media 21 anni dall’esordio del fenomeno di Raynaud (RP) e 14 anni dal 1° sintomo non Raynaud; sierologicamente 24/47 ACA+, 18/47 Scl-70+, 5/47 esclusivamente ANA+).
Tutti i pazienti sono stati trattati dapprima tra Ottobre 2014 e Marzo 2015 con iloprost 100 microgrammi in infusione continua della durata di 24-36 ore in base alla tollerabilità del paziente (periodo A). Gli stessi pazienti sono stati trattati da Ottobre 2016 a Marzo 2017 con 2 infusioni da 25 mcg ciascuna in due giornate consecutive con velocità di infusione come da scheda tecnica del farmaco (periodo B). Sono stati valutati il numero di ulcere acrali medie all’inizio e al termine di ciascun periodo, il numero di ulcere prevalenti, incidenti e cumulative, la scala VAS di severità del fenomeno di Raynaud, la tollerabilità del farmaco e la necessità di ricorrere a terapia aggiuntiva vasoattiva o terapia antibiotica per ulcere infette o ricoveri ospedalieri per peggioramento del quadro microvascolare. L’analisi statistica è stata condotta con test non parametrici e tabelle di contingenza 2 x 2 quando indicato.
Nel periodo complessivo di osservazione, 26 pazienti hanno presentato ulcera digitale, 13 (27.7%) nel periodo A e 23 (48.9%) nel periodo B. I pazienti con ulcere digitali hanno sviluppato una media di lesioni al termine del follow up di 0.68 ± 1.2 nel periodo A e 1.64 ± 1.53 nel periodo B (p=0.0273). Non è emersa differenza statisticamente significativa riguardo alla VAS severità del FdR, né nella necessità di ricorrere a terapia aggiuntiva (vasoattiva e/o antibiotica). Inoltre il numero di ospedalizzazioni per complicanze di malattia non è risultato diverso in modo statisticamente significativo nei due periodi di trattamento. Nella coorte globale (47 pazienti) è stato evidenziato un miglioramento al termine del periodo di osservazione dei singoli studi della VAS Raynaud ( p= 0.011 e p=0.087), seppure quando posti a confronto non hanno mostrato differenze significative. Il numero di ulcere
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cumulative è di 37.7 nel periodo A e 49.3 nel periodo B (p= 0.099), con 9 pazienti (19.2%) in cui le ulcere non sono andate incontro a guarigione nel periodo A e 20 (42.6%) nel periodo B (p= 0.0215). Il numero medio di ulcere acrali al termine del follow up è di 0.935 ± 0.98 nel periodo A e 0.932 ± 1.35 nel periodo B (p= 0.0226). Né il ricorso a ricovero né a terapia antibiotica ha mostrato differenze significative, sebbene 24 pazienti (51.1%) hanno avuto necessità di terapia vasoattiva incrementale nel periodo A e 12 (25.5%) nel periodo B (p= 0.0165).
Inoltre, valutando la tollerabilità del farmaco, abbiamo osservato come i pazienti trattati nel periodo A presentassero meno eventi avversi rispetto al periodo B (10.6% vs 40.4%) e in 4 casi (8.5%) tali eventi avversi hanno comportato l’interruzione del trattamento. Gli eventi avversi maggiormente riportati sono stati cefalea, nausea, flushing, vomito, contrattura dei muscoli della bocca.
I dati del nostro studio evidenziano come sia il trattamento continuo che quello discontinuo con prostanoidi consenta un buon controllo del RP nei pazienti con SSc; tuttavia, le manifestazioni maggiori della vascolopatia, in particolare le ulcere digitali, aumentano come frequenza e numero quando il paziente viene trattato con uno schema di infusione discontinuo, seppure non si evidenziano differenze riguardo lo sviluppo di complicanze vascolari maggiori (gangrena, ischemia critica digitale). Studi prospettici su casistiche più ampie potranno meglio definire lo schema terapeutico più adeguato al singolo paziente.
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Capitolo 1. LA SCLEROSI SISTEMICA
DEFINIZIONE
La Sclerodermia o Sclerosi Sistemica (SSc) è una malattia del tessuto connettivo caratterizzata da fibrosi della cute e degli organi interni, alterazioni del microcircolo e
anomalie dell’immunità umorale e cellulo-mediata1. La patologia rientra nel più esteso
gruppo definito come “spettro sclerodermico”2(Tabella 1). Il termine scleroderma, dal greco
skleros (durezza) e derma (pelle), sta ad indicare proprio l’aspetto tipico della malattia3.
Scleroderma localizzato • Morfea
• Scleroderma lineare
• En coup de sabre (“a colpo di sciabola”)
Sclerosi sistemica • Sclerosi sistemica cutanea limitata
• Sclerosi sistemica cutanea diffusa • Sclerosi sistemica sine scleroderma
Tabella 1: Lo spettro dei disordini sclerodermici
CLASSIFICAZIONE
In assenza di un test diagnostico che può accertare la presenza/ assenza della SSc, sono stati sviluppati negli anni vari criteri classificativi. I criteri classificativi non sono criteri diagnostici, in quanto la capacità di classificare correttamente un soggetto non è assoluta,
ma consentono in ambito di ricerca clinica di reclutare popolazioni omogenee di pazienti4. I
criteri classificativi sono in genere più standardizzati e meno inclusivi dei criteri utilizzati dal clinico per effettuare una diagnosi di malattia. Negli anni sono stati effettuati vari tentativi di classificare la patologia e suddividere la stessa in sottogruppi diagnostici. Solo due lavori, rispettivamente pubblicati nel 1980 e nel 2013, che considerano grosse casistiche di pazienti, hanno prodotto criteri classificativi validati.
Fino al 2013, i criteri classificativi più utilizzati sono stati quelli proposti nel 1980 dall’American Rheumatism Association (oggi American College of Rheumatology, ACR). Il criterio maggiore prevedeva la presenza di coinvolgimento sclerodermico nella porzione prossimale delle dita; i criteri minori erano rappresentati da sclerodattilia, ulcere acrali e fibrosi polmonare bibasale (Tabella 2).
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CRITERIO MAGGIORE
Sclerodermia prossimale alle aa. metacarpofalangee
Indurimento bilaterale e simmetrico della cute, dovuto ad ispessimento e tensione, prossimale alle articolazioni MTF e/o MCF
CRITERI MINORI
Sclerodattilia
Necrosi o pitting scars dei polpastrelli
Fibrosi polmonare bibasale
Indurimento con ispessimento simmetrico e tensione della cute digitale
Cicatrici picchiettate o ulcere ischemiche della punta delle dita nei pazienti con fenomeno di Raynaud o perdita di sostanza dalle dita
Aspetto a fine reticolato o reticolo- nodulare o a nido d’ape rilevato all’esame radiografico del torace con tecnica ad alta risoluzione
Tabella 2: Criteri ACR, 1980.
La diagnosi era formulata quando veniva soddisfatto il criterio maggiore o almeno due criteri
minori2.
Questi criteri tuttavia, nonostante l’alta specificità e sensibilità, mostravano i limiti di essere stati sviluppati prevalentemente su pazienti con coinvolgimento cutaneo diffuso, non includendovi molti dei pazienti con forma limitata, oltre a non prendere in considerazione parametri come l’esame capillaroscopico e il profilo autoanticorpale, di cui molti lavori contemporanei avevano sottolineato il valore diagnostico. La necessità di avere criteri che includessero un più ampio spettro di pazienti sclerodermici (dallo stadio precoce della malattia fino a quello avanzato), che considerassero le anomalie vascolari, immunologiche e fibrotiche, e che fossero adatti da applicare alla pratica clinica, ha portato all’elaborazione dei nuovi criteri classificativi proposti nel 2013 unitamente dall’ACR e dall’ European
League Against Rheumatism (EULAR) e attualmente in uso, che hanno una sensibilità del
91% ed una specificità del 92%5. Sono inclusi nei criteri le tre manifestazioni cardine della
SSc (fibrosi cutanea e degli organi interni, profilo autoanticorpale e vasculopatia), così come gli item proposti nelle precedenti classificazioni: scleroderma prossimale alle articolazioni MCF, sclerodattilia, pitting scars digitali, fibrosi polmonare basale bilaterale, fenomeno di Raynaud, anomalie capillaroscopiche.
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ITEM SUB- ITEM SCORE
Ispessimento cutaneo di entrambe le dita di entrambe le mani prossimale alle metacarpofalangee (MCF)
(criterio sufficiente)
- 9
Ispessimento cutaneo delle dita
(considerare il punteggio più alto)
Puffy fingers
Sclerodattilia delle dita
(distale alle MCF, ma prossimale alle interfalangee prossimali, IFP)
2
4
Lesioni digitali
(considerare il punteggio più alto)
Ulcere ischemiche digitali Cicatrici digitali esito di ischemia
2 3
Teleangectasie - 2
Anormalità capillaroscopiche dei capillari del letto ungueale
- 2
Ipertensione arteriosa polmonare e/o malattia interstiziale polmonare
(score massimo 2)
Ipertensione arteriosa polmonare Malattia interstiziale polmonare
2
2
Fenomeno di Raynaud - 3
Autoanticorpi SSc-correlati (anti-centromero, anti-Scl70, anti – RNA polimerasi III)
(score massimo 3)
Anti- centromero Anti – Scl-70
Anti – RNA polimerasi III
3
Tabella 3: Criteri ACR/EULAR 2013 per la classificazione della sclerosi sistemica
La presenza di ispessimento cutaneo prossimale alle articolazioni metacarpo- falangee è un criterio sufficiente per la diagnosi. Se questo criterio non è soddisfatto, viene attribuito alla presenza di ciascuna delle altre anomalie un punteggio, la cui sommatoria si considera indicativa di sclerosi sistemica se maggiore o uguale a 9.
Oltre ai precedenti lavori, la cui importanza è prevalentemente relativa all’inclusione di pazienti affetti da SSc a scopo di ricerca, nella pratica clinica si applicano distinzioni della patologia in sottogruppi che permettono di monitorare meglio l’andamento nel singolo paziente. Quella più comunemente utilizzata è la distinzione in forma cutanea limitata
(lc-10
SSc) e forma cutanea diffusa (dc-SSc), in base al coinvolgimento cutaneo rispettivamente
distale o prossimale alle articolazioni metacarpo-falangee, proposta da Le Roy e Medsger
nel 1988 e strettamente associata a differenti outcome e profili d’interessamento d’organo6.
La forma limitata è contraddistinta da un lungo periodo fra esordio del fenomeno di Raynaud e primo sintomo non Raynaud, da un impegno cutaneo modesto o assente, dalla presenza di calcificazioni cutanee e teleangectasie, e da una prognosi migliore eccetto per quei pazienti che sviluppano, tardivamente, ipertensione arteriosa polmonare (PAH). La forma diffusa è invece caratterizzata da un breve periodo intercorrente tra fenomeno di Raynaud e primo sintomo non Raynaud, impegno cutaneo esteso e rapidamente progressivo, incidenza precoce di fibrosi polmonare, interessamento gastrointestinale e miocardico, crisi renale sclerodermica. A questi due pattern va aggiunta la forma di SSc sine scleroderma, rappresentata da una quota minore di pazienti che condividono le anomalie vascolari e sierologiche della SSc senza alcun coinvolgimento cutaneo e che ha prognosi sovrapponibile
alla variante limitata7. Questa forma va sospettata nei pazienti che presentano le
manifestazioni cliniche tipiche (anomalie capillaroscopiche, interstiziopatia polmonare, PAH, miocardiopatia, disfagia) in assenza di ispessimento cutaneo.
Una parziale modifica a questa suddivisione proposta da parte di Giordano et al. prevede, oltre alla forma sine scleroderma e la forma cutanea lc-SSc, una forma intermedia in cui la sclerosi cutanea colpisce anche la parte prossimale degli arti ma risparmia il tronco, ed una
SSc diffusa con coinvolgimento di tutta la superficie corporea (Figura 1). La classificazione ha anche un valore prognostico, con prognosi tanto peggiore quanto più l’interessamento
cutaneo è esteso8.
11
Gli studi negli anni si sono sempre più concentrati nell’evidenziare e riconoscere i primi segni di malattia, per impostare un trattamento finalizzato ad arrestarne la progressione, in linea con la ‘finestra di opportunità terapeutica’ già sottolineata per altre patologie
autoimmuni come l’artrite reumatoide9,10. Recentemente l’European League Against
Rheumatism Scleroderma Trial and Research Group ha proposto i nuovi criteri VEDOSS
(Very Early Diagnosis of SSc) per una diagnosi molto precoce di sclerosi sistemica. La presenza delle tre ‘red flags’ fenomeno di Raynaud, dita a salsicciotto (puffy fingers) e positività degli anticorpi anti-nucleo (ANA) deve guidare l’esecuzione di una capillaroscopia e la ricerca di autoanticorpi specifici. Se positivo almeno uno di questi accertamenti, viene posta diagnosi di VEDOSS, a cui deve seguire uno screening per
escludere un coinvolgimento preclinico degli organi interni11.
La sclerosi sistemica può costituire parte delle cosiddette sindromi overlap, quando si associa ad altre patologie autoimmuni come lupus eritematoso sistemico, dermatomiosite e
artrite reumatoide12.
EPIDEMIOLOGIA
La sclerosi sistemica è una patologia rara. L’incidenza e la prevalenza variano significativamente in studi condotti in tempi e in aree geografiche diverse. Questa variabilità potrebbe essere dovuta sia ai diversi criteri di definizione della malattia che ai diversi metodi di accertamento adottati, oppure rispecchiare delle reali differenze geografiche e temporali.
Gli studi più recenti attestano il tasso di prevalenza a 443 casi per milione13 e il tasso di
incidenza a 21 casi per milione14. Nonostante possano essere colpite tutte le età, il picco
d’incidenza si verifica fra la terza e la quinta decade. Le donne sono coinvolte circa tre volte più degli uomini e questa differenza si accentua in termini di prevalenza nell’età fertile
quando il rapporto raggiunge i valori di 8:115.
Riguardo le differenti etnie, i dati hanno evidenziato che gli afroamericani sono coinvolti circa il doppio rispetto ai caucasici, e più spesso con esordio precoce, interessamento cutaneo diffuso e fibrosi polmonare, condizionando una peggior prognosi. Un recente studio ha ipotizzato come questa predisposizione allo sviluppo di SSc negli afroamericani non sarebbe tanto da attribuire a differenze socio-economiche o immunogenetiche, quanto ad un possibile diverso profilo di espressione di molecole anti e pro-fibrotiche tra le diverse etnie. In particolare è stato notato che i monociti di soggetti di etnia nera presentano livelli deficitari di caveolina-1 (proteina associata ad invaginazioni di membrana plasmatica dette caveole,
12
coinvolta nella regolazione cellulare indotta da chinasi e da molecole profibrotiche), che potrebbe predisporre all’interstiziopatia polmonare SSc-correlata. Dal momento che il TGF-β, nota citochina a carattere profibrotico, inibisce l’espressione di caveolina-1 e si riscontra a maggiori concentrazione plasmatiche in soggetti sani afroamericani, un’alterazione dell’equilibrio tra queste molecole non solo potrebbe essere associato alla maggiore tendenza degli afroamericani rispetto alle altre etnie a sviluppare una riparazione cicatriziale ipertrofica in cheloide, ma anche alla maggiore predisposizione a fibrosi polmonare in caso di SSc. Questo suggerisce che il ripristino di normali livelli di caveolina-1 potrebbe essere
un possibile futuro target terapeutico16.
Anche gli ispanici e i nativi americani possono presentare un quadro più grave della malattia rispetto ai caucasici. Tuttavia il più alto tasso di prevalenza mai registrato fino ad oggi è stato
riscontrato negli indiani Choctwa in Oklahoma, con 469 casi ogni 100.000 soggetti3.
EZIOLOGIA
L’eziologia della sclerosi sistemica è a tutt’oggi sconosciuta. Si ipotizza che in individui geneticamente predisposti l’incontro con determinati fattori ambientali e/o infettivi possa portare alla perdita della tolleranza immunitaria che indurrebbe, tra gli altri, l’attivazione di
meccanismi profibrotici17.
I fattori genetici svolgono un ruolo nella suscettibilità e nell’espressione della SSc. Il ruolo della genetica è supportato dall’osservazione di cluster familiari della malattia, dall’alta frequenza di altre patologie autoimmunitarie e positività ad autoanticorpi nei parenti di pazienti affetti da SSc, dalla differenza in prevalenza e manifestazioni cliniche di SSc tra differenti etnie e dalla maggiore prevalenza di alcuni antigeni HLA in differenti popolazioni
etniche affette da SSc18,19. Familiarità per sclerodermia è stata riportata nell’1,5% delle
famiglie ed il rischio di sviluppare la malattia con un parente di primo grado affetto aumenta
dalle 13 alle 15 volte20. In aggiunta a questi dati, alcuni gruppi etnici come gli indiani
Choctwa presentano un’aumentata prevalenza. Nonostante queste associazioni familiari ed etniche, gli studi sui gemelli non hanno confermato una forte base genetica, con un tasso di concordanza fra gemelli dizigoti del 5,6% e quello degli monozigoti del 4,2%. Tuttavia, la concordanza per la presenza di anticorpi antinucleo è del 40% nei primi e del 90% nei
secondi21.
I risultati più convincenti sulla predisposizione genetica sono relativi ai geni del sistema HLA. In uno studio recente la frequenza di HLA-DQA1*0501 risulta maggiore in soggetti
13
caucasici affetti da sclerodermia rispetto a soggetti sani provenienti dalle stesse aree
geografiche22. Anche se nessun HLA risulta effettivamente associato con la predisposizione
alla malattia in tutti i gruppi etnici, alcuni HLA sono maggiormente correlati alla presenza di alcuni autoanticorpi. Ad esempio gli anticorpi anti-centromero sono associati a HLA-DRB1*0101 e DQB1*0501 e gli anticorpi anti-topoisomerasi agli HLA-DRB*1101,*1104
e DQB1*0301 nei caucasici e negli afroamericani22. Come per altre malattie ad eziologia
multifattoriale inoltre, vari polimorfismi genetici potrebbero contribuire al rischio di sviluppare SSc, avendo comunque ciascun gene solo un minimo ruolo. Tra questi, polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) nel gene TN1P1, che codifica per una proteina inibente la sintesi del collagene indotta da citochine infiammatorie, possono predisporre allo
sviluppo di SSc23. Infine sempre più evidenze indicano come le modifiche epigenetiche, in
particolare l’alterazione nella metilazione del DNA delle cellule T, possano essere ulteriori
fattori coinvolti nella patogenesi della SSc24.
Gli agenti infettivi possono svolgere un ruolo nella patogenesi della SSc in persone geneticamente predisposte. E’ stato ipotizzato un ruolo di H. Pylori e Parvovirus B19, ma le
evidenze sono deboli ed indirette25-27. L’infezione da Citomegalovirus (CMV) ha invece
maggiori evidenze. L’infezione latente con CMV si pensa possa essere implicata nel danno vascolare sclerodermico, direttamente o indirettamente attraverso il meccanismo di mimetismo molecolare, condizione in cui alcune proteine del virus e delle cellule umane condividono omologhe sequenze amminoacidiche. Il siero di pazienti affetti da SSc presenta infatti anticorpi contro l’epitopo virale UL94, simile ad una proteina espressa dalle cellule endoteliali umane; incubando il siero con le cellule, quest’ultime vanno incontro ad apoptosi,
riproducendo una caratteristica della patologia vascolare sclerodemica28-30. In ultimo, sia la
dimostrazione di omologie di sequenza tra proteine retro virali e l’antigene topo isomerasi I (target dell’anticorpo Scl-70), sia l’osservazione che l’induzione dell’espressione di proteine retrovirali in fibroblasti umani dermici porta all’acquisizione di un fenotipo
simil-sclerodermico, hanno fatto ipotizzare un ruolo eziologico anche per alcuni Retrovirus31.
Numerosi fattori ambientali sono stati chiamati in causa sia per lo sviluppo di SSc che di malattie simil-sclerodermiche. La sclerodermia sembra infatti essere più frequente tra i lavoratori di miniere d’oro e carbone, evidenza che fa sospettare che il contatto con la polvere
di silicio possa essere un fattore predisponente32. Più recentemente, altre esposizioni
professionali associate includono il cloruro di vinile, il tricloroetilene ed i solventi organici. Per i fattori occupazionali gli uomini sono a maggior rischio delle donne nello sviluppo della
14
malattia. Anche pesticidi, tinture per capelli e sostanze come bleomicina, pentazocina e
cocaina potrebbero essere coinvolte33-37. In Spagna, nel 1981, si registrarono circa 20.000
casi di una malattia sistemica simile alla sclerodermia in persone che ingerirono olio di colza
adulterato38.
Infine la presenza di microchimerismo, come in altre malattie, può fare da stimolo all’attivazione del sistema immune. Il microchimerismo viene definito come la presenza di un piccolo quantitativo di cellule circolanti trasferito da un individuo all’altro durante la gravidanza, trasfusioni o trapianti di midollo o d’organo solido. E’ stato riscontrato un aumentato numero di cellule microchimeriche nel sangue periferico e nei tessuti di pazienti affetti da SSc, suggerendo come queste cellule, una volta attivate da un secondo evento,
possano scatenare una reazione simile alla graft-versus-host che può far da trigger alla SSc
39-41.
PATOGENESI
La patogenesi della sclerosi sistemica è molto complessa, caratterizzata da almeno tre processi: il danno vascolare, la fibrosi cutanea e degli organi interni e l’attivazione auto
aggressiva del sistema immune. Quale di questi processi sia il prevalente o come questi siano
temporalmente correlati non è ancora stato completamente chiarito.
Il danno vascolare
Vari studi hanno dimostrato che il danno vascolare sarebbe il meccanismo primario che
guida la patogenesi, essendo un evento precoce che precede la fibrosi42. Le alterazioni, che
coinvolgono prevalentemente il microcircolo (capillari, arteriole, fino ad arterie di piccolo calibro), vanno da un’attivazione dell’endotelio con acquisizione di proprietà proinfiammatorie, ad un danno endoteliale risultato di un’apoptosi che porta a distruzione capillare e devascolarizzazione dei tessuti, da cui risulta un’angiogenesi difettosa. Il danno endoteliale è mediato sia da citochine e altre sostanze litiche (granzima, collagenasi IV)
prodotte da linfociti T attivati, che da anticorpi anti-cellule endoteliali (AECA)43. I primi
degradano la membrana basale rilasciando in circolo frammenti di laminina e collagene di tipo IV che scatenerebbero una risposta immunitaria, umorale e cellulo-mediata, diretta contro la membrana basale stessa. Gli AECA invece innescano l’apoptosi delle cellule endoteliali, inducono l’espressione di molecole di adesione (VCAM-1 e ICAM-1, E- e P- selectina) e stimolano l’espressione di sostanze chemotattiche (IL-1, IL-8). Gli eventi che
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seguono sono: la perdita di un normale tono vasomotorio con riduzione di sostanze vasodilatatorie come l’ossido nitrico (NO) e l’incremento di vasocostrittori come
l’endotelina-144, la chemoattrazione ed adesione di cellule infiammatorie45, l’esposizione del
sub-endotelio al torrente ematico che induce l’adesione delle piastrine circolanti con iniziale deposito di fibrina e formazione di trombi intravascolari e l’attivazione di cellule muscolari lisce e la loro migrazione nell’intima dove si differenzierebbero in miofibroblasti. Queste alterazioni portano ad un incremento del danno vascolare, con proliferazione della tonaca intima e restringimento del lume vascolare con riduzione del flusso ematico; a questo corrispondono le manifestazioni cliniche come il fenomeno di Raynaud, le teleangectasie,
l’ischemia digitale e le ulcere46.
Lo stadio avanzato della malattia è invece caratterizzato da una perdita numerica di vasi, che
sembrerebbe dovuto ad una neoangiogenesi abortiva47. I livelli in circolo di cellule
progenitrici endoteliali (EPCs), che si differenzieranno poi in cellule endoteliali, sono significativamente più alti in pazienti affetti da SSc rispetto a controlli sani, anche se bassi livelli circolanti di EPCs sono associati a peggior severità di malattia e presenza di ulcere
digitali, suggerendo un loro possibile reclutamento nei tessuti ischemici e nei siti di danno48.
Inoltre le EPCs di pazienti con SSc precoce hanno in vitro una certa capacità differenziativa, ed i loro livelli circolanti sono più alti nei pazienti con malattia più avanzata, suggerendo come una loro alterata differenziazione possa essere un processo tardivo nella patogenesi
della SSc49. Inoltre il deficit del ripristino del danno vascolare SSc-indotto può essere
associato ad un’alterazione della differenziazione endoteliale delle cellule staminali
mesenchimali50. Anche lo stress ossidativo può avere un ruolo: il danno da ischemia /
riperfusione che segue il fenomeno di Raynaud genera radicali liberi dell’ossigeno (ROS) che provocano danno endoteliale e, in aggiunta, anticorpi anti- metionin-sulfossido reduttasi A (enzima di riparazione con potere antiossidante) sono significativamente aumentati in
pazienti sclerodermici con fibrosi polmonare, impegno cardiaco e danno renale51.
Negli ultimi anni è stato visto, grazie a studi mirati, che il coinvolgimento vascolare non riguarda solo i vasi di calibro più piccolo, ma anche quelli che presentano una struttura parietale più complessa, come l’arteria ulnare. In particolare uno studio del 2009 ha evidenziato che pazienti con ulcere e fenomeno di Raynaud mostrano all’angiografia un interessamento frequente di questo vaso. Il meccanismo è ancora sconosciuto, tanto più che i fattori di rischio macrovascolari non differiscono fra pazienti con o senza questo tipo di
lesione52. Un altro studio ha sottolineato che l’occlusione di questi vasi prossimali alle dita
si associa più frequentemente alla presenza di anticorpi Scl-70, alla forma dc-SSc e alla
16
Attivazione immunitaria / Infiammazione
Le alterazioni dell’immunità cellulo-mediata, umorale e innata e la flogosi tissutale persistente hanno un ruolo importante nella patogenesi della SSc.
Dati recenti mostrano come agonisti dei Toll-like receptors (TLRs), recettori appartenenti
all’immunità innata, possano agire da stimoli per la fibrosi del derma mediata dal TLR-354.
L’immunità cellulo-mediata, e la conseguente infiammazione cronica, svolge un ruolo importante dal momento che sono stati ritrovati infiltrati mononucleati nella cute e negli organi affetti dei pazienti con SSc. Se da una parte l’attivazione dei linfociti T partecipa all’induzione della fibrosi, dall’altra un’anomala attivazione cellulare B induce ipergammaglobulinemia e la produzione di numerosi autoanticorpi, ampiamente descritti
come marker di malattia55.
Gli autoanticorpi nella SSc sono altamente eterogenei e riflettono la variabilità clinica della malattia, seppure il profilo autoanticorpale è utile nella definizione e nella sottotipizzazione della patologia, come è stato recentemente sottolineato dall’inclusione di specifici anticorpi
nei criteri classificativi ACR5,56. Gli anticorpi antinucleo (ANA) sono presenti in più del
90% dei pazienti. Quelli ad alta specificità per la SSc sono gli anti- topoisomerasi I (Scl-70) e gli anti- centromero (ACA). Gli Scl-70 sono diretti contro un enzima nucleare che partecipa alla replicazione e trascrizione del DNA e sono quasi esclusivamente presenti nella forma diffusa, seppure positivi solo nel 30-40% di questi pazienti. Gli ACA sono diretti contro una regione dei cromosomi detta ‘kinetocore’, sono presenti nel 40-80% dei pazienti
con forma limitata e solo nel 2-5% con forma diffusa57. Raramente gli ACA e gli Scl-70
coesistono nello stesso paziente9. L’inclusione nei nuovi criteri ACR, oltre ai classici
autoanticorpi, degli anti- RNA polimerasi III (RNP) sta portando ad un loro dosaggio sempre più frequente nella routine clinica. Gli anti-RNP (II, III) sono meno frequenti globalmente ma più associati ad una malattia rapidamente progressiva e coinvolgimento severo d’organo.
Tra gli altri autoanticorpi (Tabella 4) ci sono gli anti-fibrillarina riscontrati nella forma
diffusa, gli anti- PM-Scl ritrovati nei pazienti con sindrome overlap lc-SSc- polimiosite e gli
anti- SS-A e/o anti-SS-B nelle sindromi overlap SSc- Sjogren9,58.
Da notare l’esistenza di un gruppo di pazienti con sindrome di Sjogren (SS) ACA+ che mostrano una specifica reattività alla proteina C centromerica e alla proteina dell’eterocromatina 1 non ritrovata né nei pazienti sclerodermici senza SS né nei pazienti con SSc con sindrome sicca. Questo gruppo di pazienti si distingue per un profilo clinico
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caratteristico, con una malattia a decorso moderato contrastata però da un maggior rischio
di sviluppare linfoma56,59.
Antigene target Frequenza % Pattern Associazioni cliniche Centromero 15-40 Kinetocore Lc-SSc ; PAH
Topoisomerasi-I 10-40 Speckled Dc-SSc; fibrosi polmonare
RNA polimerasi III 4-25 Fine speckled/ nucleolare
Crisi renale, PAH, malignità
Fibrillarina (U3RNP) 1-5 Nucleolare/ coilina
PAH, miositi, interessamento cardiaco
Pm-Scl 3-6 Nucleolare Overlap miositi
U1RNP 5-35 Speckled Overlap
Th-To 1-7 Nucleolare Lc-SSc, PAH, fibrosi polmonare
U11/U12 1-5 Nucleoalre Fibrosi polmonare
Tabella 4: Auto-anticorpi e SSc. Riadattata da Denton. Advances in pathogenesis and treatment of systemic sclerosis, 2015
I limiti derivati dall’esistenza di classificazioni della SSc basate solamente sull’interessamento cutaneo, essendo questo spesso non clinicamente apparente nelle fasi iniziali né predittivo del decorso futuro, ha suggerito la possibilità di introdurre nuove classificazioni basate sul profilo autoanticorpale, che rimane in genere costante nel tempo,
alla cui realizzazione si sta ancora lavorando56,60.
La fibrosi
La fibrosi è lo step finale della patogenesi della SSc ed è responsabile delle manifestazioni cliniche più pronunciate. E’ dovuta ad un’aumentata produzione di collagene da parte dei fibroblasti, soprattutto di tipo I e III. Non è chiaro se l’eccessiva produzione di tessuto connettivale rappresenti un’alterata risposta ad un insulto ancora sconosciuto o se sia dovuta ad una primitiva alterazione nell’espressione dei geni codificanti per proteine della matrice connettivale. E’ la persistente attivazione dei geni codificanti per il collagene che differenzia
la fibrosi incontrollata della SSc da una normale risposta ad un insulto aspecifico9. Le cellule
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fibroblasti, la produzione del collagene, e ne riducono la degradazione con il risultato netto
dell’accumulo61.
I linfociti T CD4+ (Th2) producono IL-2 e IL-4 che stimolano la proliferazione dei fibroblasti e l’apposizione del collagene. I linfociti CD4+ (Th1) una volta attivati nei soggetti normali producono IFN-α, che inibisce la sintesi di collagene da parte dei fibroblasti; nei soggetti sclerodermici invece questa inibizione non si verifica, suggerendo che questi pazienti sono incapaci di sopprimere normalmente la fibrosi. I macrofagi attivati producono IL-1, IL-6, TNF-α, TGF-β, e PDGF a loro volta tutti implicati nella proliferazione dei fibroblasti e nella sintesi del collagene. Anche i mastociti possono essere in parte responsabili: sono infatti aumentati di numero nel derma delle zone colpite e di quelle indenni, ed inoltre è stata trovata un’intensa degranulazione di queste cellule in aree cutanee
successivamente andate incontro a fibrosi62.
La fibrosi tuttavia non è promossa unicamente dalle sostanze rilasciate dall’infiltrato perivascolare, ma sarebbe indotta anche dal danno vascolare. L’endotelio danneggiato non produce più la prostaciclina, importante vasodilatatore e inibitore dell’aggregazione piastrinica. Questo porta all’attivazione delle piastrine che a loro volta producono PDGF (platelet-derived growth factor), sostanza con proprietà chemiotattiche e mitogeniche per le cellule muscolari lisce e i fibroblasti, e il TGF-b che stimola la sintesi del collagene. Queste sostanze determinano in primis l’ispessimento dell’intima, poi, infiltrando il tessuto
perivascolare, determinano anche qui la progressiva fibrosi63.
Anche l’endotelina-1, fattore vasocostrittore rilasciato dalle cellule endoteliali dopo l’esposizione al freddo ed aumentato nella SSc, stimola i fibroblasti e le cellule muscolari
lisce64-66. Normalmente questa molecola trova il suo normale antagonista nell’NO, fattore di
rilasciamento della muscolatura liscia, che in alcuni pazienti con SSc non è prodotto in modo adeguato. La vasocostrizione stessa conduce alla fibrosi, sia stimolando con l’ipossia i fibroblasti, sia con il danno da riperfusione che produce ROS, a loro volta inducenti danno
tissutale (Figura 2).
Infine, studi molti recenti, hanno dimostrato che le cellule endoteliali hanno la capacità di trasformarsi in fibroblasti e produrre matrice connettivale. Questo processo prevede che le cellule perdano coesione, cambino la loro tipica forma per diventare allungate e acquistino la capacità di migrare nei tessuti circostanti dove poi contribuiranno alla deposizione del
collagene66.
Il danno alla cellula endoteliale determina quindi una condizione che favorisce la vasocostrizione e l’obliterazione dei vasi che porta, in ultima istanza, all’ischemia cronica dei tessuti e al danno tissutale.
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Figura 2. Modello patogenetico della sclerodermia.
CLINICA
La patologia viene comunemente chiamata ‘sclerodermia’ in quanto l’aspetto più manifesto è l’indurimento cutaneo. Comunque la SSc rimane una patologia sistemica, con interessamento clinico variabile, dalla cute agli organi interni (Figura 3). All’esordio talvolta
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Figura 3. Principali manifestazioni d' interessamento d'organo nella SSc
Manifestazioni cutanee
L’interessamento cutaneo costituisce il segno più caratteristico della sclerosi sistemica, coinvolgendo quasi tutti i pazienti, fatta eccezione del piccolo sottogruppo di SSc sine scleroderma. Sia la vasculopatia che le modifiche fibrotiche e sclerosanti del derma contribuiscono a determinare le alterazioni della cute, influenzandosi reciprocamente: la vasculopatia contribuisce primitivamente a processi fibrotici ischemia-indotti, ma può anche
essere secondaria alla compressione della fibrosi perivascolare67. Le alterazioni vascolari
tipiche verranno trattate nell’apposito capitolo.
Il segno cutaneo più caratteristico è la sclerosi, la cui estensione sulla superficie corporea fa distinguere la SSc in forma limitata e diffusa. L’estensione dell’interessamento cutaneo correla in maniera inversamente proporzionale alla sopravvivenza. La sclerosi cutanea è il risultato della fibrosi, della perdita dei vasi e delle ghiandole sebacee.
Nelle fasi iniziali della malattia le mani si presentano tumefatte, condizione che può
permanere per diverse settimane (fase edematosa, puffy hands, Figura 4). Seppure l’edema
delle mani non è specifico per SSc, presentandosi anche in altre connettivopatie o in caso di scompenso cardiaco e ostruzione della vena cava superiore, deve essere considerato un segnale di allarme (‘red flag’) di esordio precoce di sclerosi sistemica (Very Early Diagnosis
Of Systemic Sclerosis: VEDOSS)67. L’edema può essere duro ed associarsi ad eritema, ma
in alcuni pazienti può mancare. Successivamente, la cute diventa gradualmente rigida, aumenta di spessore e si fa sempre più aderente al piano sottocutaneo (fase indurativa o
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sclerotica, Figura 5). Dopo molti anni di malattia la cute può tornare allo spessore normale
o diventare atrofica (fase atrofica, Figura 6-7).
Figura 4. Fase edematosa Figura 5. Fase sclerotica
Figura 6. Fase atrofica (I) Figura 7. Fase atrofica (II)
La pelle può presentarsi iperpigmentata, totalmente o solo in alcuni punti, o alternandosi ad aree ipopigmentate (cute ‘a sale e pepe’, Figura 8). Aree ipopigmentate simili alla vitiligine,
talvolta presenti, sono più frequenti a livello di sopracciglia, cuoio capelluto e tronco68.
Conseguenza della fibrosi è la secchezza della cute, che spesso si associa a prurito. L’interessamento del volto determina l’aspetto tipico dei pazienti sclerodermici: rima buccale ridotta (microstomia) con labbra sottili, appianamento delle rughe cutanee,
assottigliamento del naso e perdita della mimica facciale (Figura 9). Talvolta si ha sclerosi
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Figura 8. Cute ad aspetto 'sale e pepe' in SSc
Figura 9. Facies sclerodermica
Lo strumento migliore per la valutazione oggettiva dell’estensione e della progressione della sclerosi cutanea rimane lo score cutaneo di Rodnan modificato (MRSS, modified Rodnan skin score). Questo score consiste nell’attribuire un punteggio da zero a tre, tramite valutazione palpatoria del grado d’ispessimento della cute, a diciassette aree del corpo, sulla
base dell’entità dell’ispessimento cutaneo (Figura 10). Si attribuisce un punteggio pari a zero
in caso di pelle normale; un punto in caso di lieve ispessimento; due punti in caso di ispessimento moderato e tre punti in caso di ispessimento severo con impossibilità di sollevare la pelle in pliche. Le aree valutate sono il volto, il torace, l’addome e, da ciascun lato separatamente, le dita, il dorso della mano, l’avambraccio, il braccio, il piede, la caviglia, la gamba e la coscia. Il singolo punteggio di ciascuna area viene sommato agli altri,
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ottenendo lo score cutaneo totale, che va da un minimo di 0 ad un massimo di 51 punti69. Il
MRSS rimane il metodo più facilmente applicabile nella pratica clinica, seppure soggetto ad alcuni limiti, tra cui la difficoltà nel differenziare gradi di ispessimento dal moderato al severo e la grande variabilità interpersonale nell’attribuzione del punteggio, bias quest’ultimo che può essere superato attraverso un apprendimento ripetuto o la ripetizione della valutazione, almeno nel singolo paziente, da parte dello stesso operatore. Per superare la variabilità dello score recentemente è stata utilizzata l’ecografia per la valutazione dello spessore e della consistenza della cute: la correlazione tra MRSS e ecografia è migliore nelle
prime fasi della malattia70.
Per porre una corretta diagnosi di SSc è necessario escludere tutte le patologie che possono comportare un aumento di consistenza della cute, tra cui lo scleredema adultorium di
Buschke, lo scleredema associato a pregresse infezioni streptococciche, lo scleromixedema
(lichen mixedematosus), l’amiloidosi primaria e la sclerosi digitale e contratture nei pazienti con diabete mellito insulino-dipendente. E’ raro comunque che si creino seri problemi diagnostici tali da ricorrere all’esame bioptico, in quanto la SSc si differenzia da queste altre condizioni per la simmetricità dell’interessamento cutaneo, per il suo andamento centripeto
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Figura 10. Modified Rodnan Skin Score per la valutazione dell'ispessimento cutaneo
Alcuni pazienti, soprattutto con lc-SSc, sviluppano dei depositi sottocutanei (o
intra-articolari) di calcio, definiti calcinosi (Figura 11). Si presentano prevalentemente sopra i
punti di pressione: a livello dei tessuti periarticolari, sulla punta delle dita e sulla superficie
estensoria degli arti che può lacerarsi e far uscire il tessuto calcico71. Sono in genere
asintomatiche, ma talvolta, in base alla sede d’insorgenza, si associano a maggior rischio di complicanze come ulcere e ridotta ampiezza dei movimenti. E’ stato recentemente effettuato un tentativo di classificazione delle calcinosi, in quanto associate a diverse manifestazioni cliniche: le calcinosi ‘a schiuma’ si associano ad ipertensione polmonare, quelle ‘a pietra’ ad interessamento polmonare e quelle ‘a rete’ a pazienti fumatori e presenza di ulcere a lenta
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Figura 11. Calcinosi (frecce)
Manifestazioni gastro-intestinali
Il coinvolgimento del tratto gastro-intestinale è quasi sempre presente, seppure talvolta in
modo asintomatico, costituendo la più comune complicanza internistica della SSc73 e una
delle più precoci manifestazioni74. L’intero tratto può essere colpito, dall’orofaringe all’ano:
l’esofago presenta la più alta percentuale di coinvolgimento (75-90%); lo stomaco è interessato in almeno il 50%, l’intestino tenue nel 40-70%, il colon per il 20-50% e la regione
ano-rettale nel 50-70% dei pazienti75. La fibrosi progressiva che insorge in associazione alla
disfunzione neuromuscolare dovuta ad un aumentato deposito di collagene e di altre componenti della matrice porta a dismotilità, malassorbimento, malnutrizione e dilatazione
intestinale76.
L’esofago è interessato nei suoi due terzi distali, che presentano una componente muscolare liscia, la cui dismotilità dà origine a disfagia. Anche lo sfintere esofageo inferiore può essere danneggiato causando vari gradi di reflusso gastrico (con bruciore retrosternale e rigurgito),
da cui può insorgere esofagite che talvolta sfocia nell’esofago di Barrett77. L’interessamento
esofageo viene valutato con la manometria e la pHmetria.
Il coinvolgimento gastrico, rappresentato da gastroparesi, si manifesta con sazietà precoce,
nausea, vomito, anoressia e perdita di peso78. Una rara complicanza è l’ectasia vascolare
antrale gastrica (GAVE) o “watermelon stomach”, stomaco ad anguria, dall’aspetto endoscopico a larghe strisce che i capillari sottomucosi dilatati assumono, che sembra essere
manifestazione della microangiopatia generale79,80 ed è associata alla positività degli
autoanticorpi RNP-III. Le teleangectasie si associano ad anemia per i possibili sanguinamenti ad esse correlati.
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La riduzione della motilità del tenue può causare l’insorgenza di sintomi quali gonfiore e dolore addominale, fino a pseudo-ostruzione. Una sindrome da malassorbimento con calo ponderale, anemia e diarrea è secondaria all’eccessiva crescita batterica nell’intestino
atonico81. L’interessamento del crasso può causare stipsi cronica e fecalomi, mentre la lassità
dello sfintere anale può portare ad incontinenza fecale o, più raramente, a prolasso anale82,83.
Un aspetto a lungo sottovalutato nella SSc è la malnutrizione, a cui contribuiscono la scarsa alimentazione, l’aumento del dispendio energetico, il malassorbimento, lo stato
infiammatorio associato ad iporessia /anoressia e la ridotta apertura della rima orale56.
Manifestazioni polmonari
Le manifestazioni polmonari si presentano nei due terzi dei pazienti e costituiscono la
principale causa di morbilità e mortalità84, superando così la malattia renale per la quale oggi
sono disponibili cure efficaci. L’alveolite, l’ispessimento delle membrane e/o la modifica delle strutture microvascolari sono i segni principali di coinvolgimento polmonare, portando ai quadri che si riscontrano più frequentemente, ovvero la patologia interstiziale e l’ipertensione polmonare, talvolta presenti singolarmente o variamente combinate. Meno frequenti sono le polmoniti ab ingestis, le patologie della pleura, le teleangectasie endobronchiali con emottisi, le patologie ostruttive delle vie aeree. Si è vista inoltre nel paziente con SSc una maggior incidenza di carcinomi a cellule alveolari e broncogeni
rispetto alla popolazione generale85.
La patologia interstiziale (interstitial lung disease, ILD) esordisce tipicamente come fibrosi polmonare bibasale e colpisce sia i pazienti con forma limitata che quelli con forma diffusa, presentandosi però con maggior frequenza e gravità in questo secondo gruppo. Il rischio di
sviluppare ILD è massimo entro i primi quattro anni di malattia84. I sintomi a cui più
frequentemente si accompagna sono dispnea, tosse secca e ipossemia, talvolta emottisi nelle fasi avanzate. All’auscultazione tipico è il reperto di fini crepitii bibasilari. Le prove di funzionalità respiratoria come la spirometria con misurazione dei volumi polmonari e la misurazione della capacità di diffusione sono prevalentemente alterate nelle fasi avanzate
della patologia, mostrando più frequentemente un pattern restrittivo86: caratteristica è la
riduzione della capacità polmonare totale (TLC) e della capacità vitale forzata (FVC), sebbene il parametro più sensibile e più precocemente alterato è la capacità di diffusione del
monossido di carbonio, risultando un importante predittore di mortalità87,88. La tomografia
computerizzata ad alta risoluzione rappresenta la metodica gold standard non invasiva per la diagnosi di ILD, evidenziando l’interessamento già nelle fasi precoci che la radiografia del
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smerigliato (ground glass), espressione di alveolite, o un pattern a nido d’ape (honeycombing), in genere espressione di fibrosi stabilizzata; non si esclude comunque che un quadro a tipo ground glass, se associato a bronchiectasie di trazione, sia indicativo di fibrosi più fine, ed allo stesso modo sono possibili foci di infiammazione in un quadro
fibrotico di malattia stabilizzata (Figura 12)90. Una semplice distinzione tra interessamento
minimo e severo, basato rispettivamente su un coinvolgimento alla HRCT inferiore o superiore al 20% del parenchima, si è mostrato di facile applicabilità clinica e a valenza prognostica. Sempre maggiore è inoltre l’uso dell’ecografia polmonare come strumento sensibile per l’individuazione dell’ILD nella SSc, con la quale evidenziare parametri come le irregolarità pleuriche o le linee B permettono di monitorare l’estensione
dell’interessamento91,92. Gli anticorpi anti-topoisomerasi I (Scl-70) sono associati a maggior
rischio di sviluppare ILD, mentre gli anti-centromero (ACA) e anti- RNA polimerasi III sono
associati ad un rischio ridotto93.
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L’ipertensione arteriosa polmonare (PAH, pulmonary arterial hypertension) coinvolge meno del 10% dei pazienti ed è determinata dal restringimento, fino all’obliterazione, delle arteriole e arteriole polmonari conseguente alla fibrosi dell’intima e all’ipertrofia della
media94. La PAH può essere una complicanza tardiva della forma limitata, ma può insorgere
anche precocemente nella forma diffusa, soprattutto come complicanza di una ILD severa95.
La PAH esordisce con dispnea da sforzo, esitando in insufficienza cardiaca destra, responsabile di una prognosi estremamente sfavorevole con sopravvivenza dall’esordio a
dodici mesi del 50% in soggetti non trattati96. La pressione nell’arteria polmonare può essere
stimata con tecniche non invasive quali l’ecocardiografia, che necessita poi di una conferma
diagnostica in caso di riscontro di valori elevati mediante cateterismo del cuore destro97. Si
parla di PAH quando, in caso di misurazione emodinamica, si registra un incremento della pressione media a riposo > 25 mmHg e sotto sforzo > 30 mmHg con normale pressione atriale sinistra; i valori ecocardiografici sono rappresentati da un incremento della pressione
sistolica calcolata > 35-40 mmHg e velocità di gradiente trans mitralico > 3,4 m/s98.
Particolare attenzione meriterebbe quel gruppo di pazienti con una ‘pressione arteriosa
polmonare borderline’, ovvero con pressione media compresa tra 21 e 25 mmHg, che
rappresenta uno stadio intermedio tra pressione normale e ipertensione da monitorare con follow up più intenso, seppure non è ancora chiaro se va considerato come gruppo
prognostico a sé stante meritevole di specifica terapia99. Un indicatore della severità della
PAH è il grado di dispnea valutato secondo le classi NYHA. Per una valutazione oggettiva della capacità fisica viene eseguito il test del cammino in 6 minuti (6MWT, six-minute walking test) sebbene non sempre affidabile nei pazienti con SSc per la coesistenza di coinvolgimento muscolo-scheletrico. La combinazione tra 6MWT e DLCO potrebbe
indicare i pazienti a rischio di sviluppare PAH100. Nella diagnosi di PAH può essere d’aiuto
anche il dosaggio dell’NTproBNP101-103.
Manifestazioni cardiache
Il coinvolgimento cardiaco è comune nella SSc e contribuisce a determinare sintomi come
dispnea, affaticamento e palpitazioni104. La fibrosi interessa sia il miocardio che il tessuto di
conduzione. Fino al 43% dei pazienti asintomatici presenta fibrosi miocardica subclinica, la
quale induce un rimodellamento con possibile sviluppo di insufficienza cardiaca105. I
pazienti con SSc hanno un maggior rischio di sviluppare aterosclerosi, infarto del miocardio
e stroke106. Frequenti sono le aritmie, causate da meccanismi di rientro o infiammazione e
presenti in almeno il 50% dei pazienti. Le pericarditi, con o senza versamento, hanno
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richiedono trattamento, seppure vanno monitorate in quanto associate alla crisi renale sclerodermica, ad aritmie, a PAH e a progressione sistemica della malattia.
La miocardiopatia clinicamente conclamata è presente in meno del 10% dei soggetti ed interessa prevalentemente i pazienti con dc-SSc. Alla base delle manifestazioni cardiache si ritiene ci sia un fenomeno di vasospasmo dei piccoli vasi coronarici, analogamente a quanto avviene per il fenomeno di Raynaud, che porta al danno del muscolo cardiaco con tipico
aspetto istologico di necrosi a zolle3.
Nella pratica clinica la valutazione del coinvolgimento cardiaco si basa sulla clinica,
sull’ecocardiogramma annuale103 e il dosaggio dell’NT proBNP, che fa da supporto alla
diagnosi, anche precoce108,109. La troponina I è un accurato indice di miocitolisi. La
risonanza magnetica cardiaca permette la valutazione della riserva coronarica e può dimostrare la presenza di edema o fibrosi; è l’esame migliore da eseguire nel sospetto di
miocardite110.
Manifestazioni renali
L’impegno renale è spesso silente. Può progredire lentamente verso un’insufficienza renale o talvolta può manifestarsi bruscamente, in assenza di sintomi sentinella, con una crisi renale
sclerodermica (anche detta ipertensione maligna sclerodermica). Quest’ultima è la
manifestazione più caratteristica ed impegnativa, con esordio brusco che comprende ipertensione maligna, insufficienza renale ingravescente, disturbi visivi da retinopatia ipertensiva, cefalea, crisi epilettiche, versamento pericardico, ictus cerebrale ed edema polmonare acuto. Talvolta è presente anche anemia emolitica microangiopatica e piastrinopenia da coagulazione intravascolare. La patogenesi è legata alla vasculopatia obliterativa delle arteriole renali corticali e glomerulari, che induce un intenso stimolo del sistema renina-angiotensina-aldosterone (nefroangiosclerosi maligna, Figura 13). Prima dell’avvento degli ACE-inibitori era la prima causa di morte; oggi grazie ad una diagnosi
precoce e all’uso aggressivo di questi farmaci la prognosi è nettamente migliorata111. La crisi
renale è più frequente nella SSc diffusa e tende ad insorgere nei primi tre anni di malattia. Sono fattori di rischio per la sua insorgenza la presenza di scrosci articolari, anticorpi anti-RNA polimerasi III, anemia di nuova insorgenza e versamento pericardico.
L’altro quadro, che esita comunque in nefroangiosclerosi, è un’insufficienza renale cronica a decorso subdolo. Nei pazienti con malattia di lunga data si possono osservare le stesse modifiche istopatologiche della crisi renale sclerodermica (microangiopatia obliterativa delle arterie interlobulari ed arciformi).
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Anomalie quali proteinuria, ipertensione o creatininemia elevata non predicono future crisi renali. Il solo dosaggio della creatinina non è in genere sufficiente alla valutazione della funzione renale, visto che molti di questi soggetti hanno una massa muscolare ridotta, per
cui è necessario valutare la clearance renale112-114.
Figura 13. Alterazioni istologiche renali in un caso di crisi renale scleodermica
Manifestazioni muscolo-scheletriche
I sintomi muscolo-scheletrici sono molto comuni nei pazienti con SSc. L’interessamento articolare va da artralgie ad artriti franche, facilmente valutabili con l’ecografia. Le articolazioni più colpite includono le interfalangee prossimali, le metacarpo-falangee, i gomiti e le anche. La fibrosi progressiva della pelle inoltre induce delle contratture in flessione delle articolazioni che risultano essere significativamente disabilitanti. Gli scrosci articolari, rilevabili all’esame obiettivo, sono dovuti all’infiammazione e alla fibrosi delle guaine tendinee, e si ritrovano soprattutto alle dita, polsi, gomiti e ginocchia. Altre manifestazioni sono sinoviti, tenosinoviti, calcinosi ed acro-osteolisi, ovvero un riassorbimento osseo che interessa prevalentemente le falangi distali, ma può essere presente
anche alle coste, alle clavicole e all’angolo mandibolare83. L’astenia è un sintomo di rilievo,
causata da vari fattori come una blanda miopatia dovuta alla fibrosi muscolare, un’atrofia da disuso o da una sindrome overlap con polimiositi o dermatomiositi. I pazienti con miosite hanno maggior incidenza di positività degli anticorpi anti-RNP III, anti-Scl-70, un esteso
impegno cutaneo e un tasso di sopravvivenza ridotto115.
Altre manifestazioni
Nei pazienti affetti da SSc possono essere presenti xerostomia e xeroftalmia, la cui presenza distingue tre sottogruppi di pazienti. Il primo è costituito dai casi di sindrome overlap SSc
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con sindrome di Sjogren, positivi agli anticorpi anti-SSA e anti-SSB; il secondo gruppo comprende pazienti sclerodermici con fibrosi delle ghiandole salivari alla base della sintomatologia; al terzo gruppo appartengono quei pazienti positivi agli anticorpi ACA, che presentano una scialoadenite cronica indistinguibile dallo Sjogren primario. Spesso è presente inoltre ipotiroidismo associato ad anticorpi anti-tiroide; vi può essere anche fibrosi della ghiandola in assenza di tiroidite autoimmune.
E’ possibile riscontrare nei pazienti con SSc un impegno neurologico periferico, spesso caratterizzato da una neuropatia del trigemino, che si presenta con intorpidimento faciale lentamente progressivo, talvolta che evolve a parestesie e dolore. Può essere la manifestazione d’esordio della malattia e spesso appare nelle fasi precoci. Oltre all’interessamento dei nervi cranici è stata descritta anche una neuropatia periferica, poco comune nella forma clinica conclamata, di tipo sia sensitivo che motorio e più frequente nelle fasi avanzate; molto frequente è invece il coinvolgimento nervoso periferico
subclinico116. Riguardo l’interessamento psichiatrico, nei pazienti con SSc si ha una
maggiore prevalenza di disturbi depressivi rispetto alla popolazione generale, che correlano
in particolare con il coinvolgimento del tratto gastroenterico117.
Spesso ricorrono nei pazienti sclerodermici, in entrambi i sessi, disfunzioni sessuali. Più dell’80% degli uomini ha disfunzione erettile, che tipicamente insorge a tre anni dall’esordio
della malattia118 ed è da attribuire al ridotto afflusso di sangue al pene indotto sia dalle
alterazioni del microcircolo che dalla fibrosi del corpo penieno per eccessivo deposito di
collagene119. Nelle donne, seppure meno indagate, si ha una maggior incidenza di secchezza
vaginale, dispareunia e ulcerazione vaginale rispetto a donne con altre patologie autoimmuni. Spesso sono presenti alterazioni del ciclo mestruale, inclusa la menopausa
precoce120.
DATI DI LABORATORIO
Oltre al già citato profilo autoanticorpale caratteristico, nella sclerosi sistemica si può avere un incremento degli indici di flogosi (VES e PCR) e non è infrequente riscontrare anemia. Quest’ultima si associa a diverse cause, tra cui i sanguinamenti gastrointestinali, il deficit di vitamina B12 e acido folico per l’eccessiva crescita batterica nell’intestino atonico e/o l’uso
cronico di inibitori di pompa protonica, e l’emolisi microangiopatica93,121.
L’ipocomplementemia, ovvero ridotti livelli del complemento (C3 e C4) nel sangue, può essere presente. E’ stato evidenziato che si associa ad un particolare sottogruppo di pazienti, quelli con sindrome overlap. Infatti la percentuale di miositi e vasculiti in caso di
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ipocomplementemia è rispettivamente del 27% e 12%, contro il 12% e 2% in caso di livelli
di complemento nella norma122.
Infine, il dosaggio sierico della molecola NT-proBNP (frammento N-terminale della proforma di Brain Natriuretic Peptide, peptide natriuretico cerebrale) correla con l’impegno vascolare polmonare nella SSc. La sua importanza aumenta nelle condizioni di pressioni polmonari ‘borderline’ non ancora francamente patologiche. Elevati livelli di NT-proBNP riflettono anche il grado di coinvolgimento del ventricolo destro e sinistro (in termini di
sovraccarico, alterazione della morfologia, riduzione della contrattilità)101,102. Anche
condizioni di interessamento subclinico possono essere sospettate nel caso di riscontro di
aumentati livelli della molecola108,109.
DECORSO e PROGNOSI
Il decorso della sclerodermia è variabile e difficile da valutare nella malattia in fase precoce, almeno finché non assume le caratteristiche cliniche tipiche di uno dei vari sottogruppi. I pazienti con la forma limitata, e ACA+, presentano prognosi favorevole, esclusi quei pochi casi (10%) che dopo 10-20 anni sviluppano ipertensione polmonare. Altre cause di mortalità per i pazienti con lcSSc, ancora più rare, sono la cirrosi biliare primitiva e il malassorbimento intestinale. La sopravvivenza generale dei pazienti a 5 anni è del 90% e a 10 anni del 75%. I pazienti con la forma diffusa hanno una prognosi generalmente peggiore. I maschi, seppure colpiti con minore frequenza, hanno un decorso peggiore rispetto alle femmine. L’indice di sopravvivenza cumulativa è del 70% a 5 anni e del 55% a 10 anni.
Recentemente è stato proposto un modello prognostico per stratificare i pazienti in gruppi sulla base del rischio di mortalità a breve termine. Gli autori hanno infatti evidenziato quattro variabili indipendenti prognostiche per i pazienti con SSc: età alla prima visita, rapidità di progressione dell’ispessimento cutaneo, severità di coinvolgimento del tratto
gastro-intestinale e anemia123.
Dopo anni di malattia la cute può ammorbidirsi, oltre che grazie alla terapia, spontaneamente. La sclerodattilia, le contratture in flessione e l’atrofia della cute sono
33
TERAPIA
Ad oggi non ci sono terapie in grado di guarire la sclerodermia. L’approccio terapeutico va distinto in due target: terapia della patologia nella sua globalità, tesa ad interferire sulle tappe del processo patogenetico di base, e terapia dell’interessamento d’organo, volta a ridurre i
sintomi e migliorarne la funzionalità124. Le evidenze di efficacia terapeutica sono in genere
deboli, data la mancanza di studi randomizzati dovuto al fatto che la SSc è una malattia rara ed estremamente eterogenea. E’ pertanto importante adattare la terapia all’espressione
clinica del singolo paziente56.
Riguardo alla terapia di fondo, la mancanza di certezze sulla patogenesi impedisce l’utilizzo di un farmaco in grado di guarire la SSc. Sono stati utilizzati vari farmaci che hanno dato risultati contrastanti, tra questi D-penicillamina (oggi abbandonata), colchicina, IFN,
relaxina umana ricombinante, farmaci monoclonali anti-TGF Beta. Più recentemente sono
stati utilizzati numerosi farmaci immunosoppressivi, tra cui ciclofosfamide (CYC),
micofenolato mofetile (MMF), azatioprina (AZT), ciclosporina (CyA) e metotrexate
(MTX), che sarebbero utili nelle forme di SSc diffusa nelle fasi precoci e più in generale
nella gestione dell’interessamento cutaneo e polmonare56,125. Nell’ambito della terapia di
fondo vanno considerate anche le tecniche di aferesi. Dopo cicli di plasmaferesi si è riscontrato un miglioramento delle manifestazioni cutanee, vascolari e periferiche. Nei casi più gravi si è ricorso al trapianto autologo di midollo per cercare di eliminare i cloni cellulari inducenti autoimmunità; l’approccio trapiantologico è stato introdotto dopo l’osservazione in pazienti con emolinfopatie e concomitanti patologie autoimmuni che il trapianto era efficace anche nella cura della malattia autoimmune. Ad oggi si tende a ricorrere al trapianto
in quei pazienti con dc-SSc rapidamente progressiva a prognosi severa126,127.
Per quanto riguarda la terapia dell’interessamento d’organo, sono state pubblicate
recentemente linee guida125. La terapia dell’impegno vascolare si basa su farmaci come
calcio antagonisti, ACE-inibitori, antagonisti del recettore dell’endotelina, inibitori delle fosfodiesterasi e analoghi della prostaciclina, il cui impiego verrà trattato nel capitolo
specifico.
Il trattamento dell’impegno cutaneo è centrale nella gestione della SSc, e va dall’applicazione topica di idratanti a base di lanolina, all’impiego, nei casi più severi, di immunoterapia a base di ciclofosfamide o metotrexate entrambi in grado di migliorare il grado di fibrosi cutanea. Dati recenti dimostrerebbero l’efficacia sull’impegno cutaneo del
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In caso di interessamento polmonare, il trattamento dipende dall’entità di coinvolgimento d’organo: la terapia immunosoppressiva è indicata in caso di interessamento diffuso, basata su ciclofosfamide endovena o su micofenolato, in alternativa o in seguito alla CYC. Il riconoscimento di un’alveolite nelle fasi iniziali permette il precoce instaurarsi di un trattamento in grado di rallentare o prevenire la fibrosi. La fibrosi non è reversibile, pertanto la terapia è sintomatica o volta alla gestione delle complicanze: antibiotici nel caso di infezioni polmonari, ossigeno-terapia in caso di ipossia e vaccinazione anti-pneumococcica e anti-influenzale annuale a scopo preventivo. In caso di PAH, gli studi disponibili sono relativi alla gestione delle forme idiopatiche e secondarie (tra cui la sclerodermica) di PAH, mentre mancano studi specifici sulle forme di PAH sclerodermica. La terapia della PAH è particolarmente complessa perché deve tenere conto di molti fattori, tra cui la valutazione della severità, le misure generali e di supporto, le terapie associate e la valutazione dell’efficacia delle cure. Tra i farmaci utilizzati, dimostratisi in grado di migliorare la sintomatologia e ridurre il tasso di progressione, si hanno gli antagonisti dell’endotelina (Bosentan, Macitentan, Ambrisentan), gli inibitori della fosfodiesterasi (Sildenafil, Tadalafil), il Riociguat (stimolare della guanilato ciclasi solubile indipendentemente dal NO) e gli analoghi delle prostaciciline. Tra questi ultimi si utilizza Ventavis, forma inalatoria di iloprost, o iloprost e epoprostenolo endovena nelle PAH di grado severo; anche treprostinil
sottocute ha dimostrato buoni risultati9.
In caso di interessamento gastro-intestinale si utilizzano inibitori di pompa protonica,
antagonisti del recettore dell’istamina H2 e antagonisti della dopamina procinetici, anche
per lunghi periodi, se presente reflusso e disfagia, terapia che deve essere associata al cambiamento delle abitudini come evitare l’assunzione di caffè, alcol, cioccolata e il consumo di pasti grassi in tarda serata. In caso di stipsi si utilizzano procinetici o prodotti
ammorbidenti le feci, fino a blandi lassativi. In caso di severa perdita di peso si ricorre alla nutrizione parenterale. In caso di sindrome da malassorbimento per eccessiva crescita di
batteri sono indicati cicli di antibiotici a largo spettro.
In caso di xeroftalmia sono disponibili lacrime artificiali da utilizzare quotidianamente. Nel paziente che presenta fattori di rischio per crisi renale sclerodermica è consigliato il controllo settimanale della pressione arteriosa. Il riconoscimento della crisi deve essere gestito con immediata somministrazione di ACE-inibitori. Particolare attenzione deve essere prestata all’uso di glucocorticoidi che sembrerebbero essere associati, in particolare per dosaggi superiori a 6.5 mg di prednisone o dosaggi equivalenti, ad incrementato rischio di crisi renale. Il loro utilizzo nella SSc va eseguito con cautela, seppure si sono dimostrati efficaci per ridurre l’edema cutaneo nella fase iniziale e le algie tendinee e articolari.
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I sintomi articolari sono gestiti sia con FANS che con glucocorticoidi, seppure la fisioterapia svolge un ruolo importante nel limitare la perdita di mobilità tipica di questi pazienti. Le manifestazioni muscoloscheletriche si giovano anche di terapie immunosoppressive. Pleurite, pericardite e miosite rispondono generalmente agli steroidi a dosi medie.
Rimane complessa la gestione della calcinosi, che se complicata da sovrainfezione richiede un appropriato trattamento antibiotico, mentre nei casi particolarmente severi di calcinosi refrattarie, che limitano l’autonomia funzionale e la qualità di vita, è indicato l’intervento