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IL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE DI PONSACCO: RICOSTRUZIONE MATERIALE E MORALE DI UNA COMUNITÀ RURALE ALLA FINE DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALEIN STORIA E CIVILTÀ

Tesi di Laurea

IL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE DI PONSACCO: RICOSTRUZIONE

MATERIALE E MORALE DI UNA COMUNITÀ RURALE ALLA FINE DEL SECONDO

CONFLITTO MONDIALE

Candidata:

Luciana Bani

Relatore:

Prof. Luca Baldissara

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2

INDICE

INTRODUZIONE

L’esperienza del Comitato di Liberazione Nazionale in Italia

I.1 Il Comitato di Liberazione Alta Italia p.4

I.2 Il governo del C.L.N. in Toscana p.9

I.3 Importanza della lotta di Resistenza in Toscana nell’affermazione

del CLN a livello Nazionale p.14

I.4 L’apporto delle campagne alla lotta partigiana in Toscana p.17

CAPITOLO I

Il Comitato di Liberazione Nazionale di Ponsacco

1.1 Costituzione e intenti p.21

1.2 Gli Uomini del CLN p.24

1.3 Divisione dei compiti nel CLN p.28

CAPITOLO II

Le attività svolte dal Comitato di Liberazione di Ponsacco nella prima fase della Liberazione

2.1 Il ripristino delle attività fondamentali del paese p.31

2.2 I Rapporti con l’A.M.G. p.45

2.3 I rapporti tra C.L.N p.50

2.4 Tre casi di civili caduti a Ponsacco di cui si è occupato il C.L.N. p.57

CAPITOLO III

L’Epurazione nel paese

3.1 Principali Leggi nazionali sull’Epurazione e Istituzione

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3 3.2 L’Adesione al Partito Nazionale Fascista a Ponsacco p.66 3.3 Controlli e denunce presentate alla Commissione per l’Epurazione di

Ponsacco da privati cittadini p.69

3.4 Richieste di controlli e denunce nella Pubblica Amministrazione p.79

CAPITOLO. IV

La fase finale del lavoro svolto dal C.N.L. di Ponsacco

4.1 Problematiche subentrate nel tessuto sociale e politico di Ponsacco, con conseguente crisi politica e amministrativa del paese p.97 4.2 Dimissioni del Sindaco Pellegrino Pellegrini, nomina del secondo Sindaco provvisorio e della Giunta fino alle elezioni amministrative del 31

marzo 1946 p.108

CONCLUSIONI p.116

(4)

4 INTRODUZIONE

L’esperienza del Comitato di Liberazione Nazionale in Italia

I.1 Il Comitato di Liberazione Alta Italia

La nascita del Comitato di Liberazione Nazionale nella sua accezione ufficiale è databile al 9 settembre 1943, giorno successivo alla data dell’armistizio con gli alleati, promulgato dal generale Badoglio. La riunione del Comitato delle correnti antifasciste si tenne a Roma:

“ per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni”.1

L’idea di coloro che si erano riuniti a Roma, Ivanoe Bonomi in primis, era ancora che l’esercito potesse resistere all’attacco tedesco e che questi ultimi fossero costretti ad abbandonare la penisola in breve tempo.

A Milano la situazione era analizzata in maniera diversa e già si profilava la possibilità di una lotta partigiana per la riconquista dell’orgoglio nazionale perduto. Malgrado la prospettiva meno ottimista dei rappresentanti antifascisti del nord, la notizia che a Roma si era costituito il Comitato di Liberazione Nazionale dalle ceneri del Comitato romano, fece sì che anche a Milano si adottasse una decisione simile per allinearsi alla capitale nell’intento di realizzare, anche nella forma, un’ unica lotta per un unico popolo.

1

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5 Lo scopo del Comitato di Liberazione era quello, tra gli altri, di riacquistare dignità come popolo agli occhi degli alleati, per potersi sedere al tavolo delle trattative, una volta finita la guerra, con una posizione meno compromessa; questo poteva avvenire solo con una lotta condotta da tutto il popolo per liberarsi e riscattarsi dall’infamia fascista. Questa prospettiva si verificò nel nord Italia e non a Roma, dove la lotta partigiana fu marginale. La capitale fu liberata il 4 giugno dalle forze alleate e nello stesso periodo, il 9 giugno per la precisione, si verificò un cambiamento importante nella strategia della resistenza del nord: la costituzione del Comando Militare per l’Alta Italia,

“che fece fare un notevole passo in avanti alla Resistenza, dandole uno strumento unitario con cui affrontare i nuovi compiti imposti dalla situazione militare, allora ritenuta in rapida evoluzione ”.2

Nella deliberazione del CLNAI erano contenute le norme e la struttura: “Il Comitato Militare si trasforma in Comitato Militare per l’Alta Italia … Tutte le deliberazioni dovranno essere prese collegialmente; assegna a ciascun suo membro una funzione particolare e, per essere in grado di esercitare una effettiva direzione operativa, procede a costituire una sezione operazioni, una sezione mobilitazione e tutte le altre ritenute necessarie. Il Comando Militare deve promuovere la formazione urgente di Comandi militari regionali … i Comandi militari regionali devono stimolare la formazione di Comandi militari locali (di settore, di vallata ecc.), i quali possono anche essere nominati dai Comandi dei distaccamenti operanti nella zona”.3

2

F. Catalano, Storia del Comitato di Liberazione Alta Italia, Azzate (VA) Bompiani, 1975.

3

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6 Fino a questo momento si era ritenuto indispensabile lasciare liberi i partiti di muoversi nella costituzione delle << bande >> seguendo le logiche partitiche e quindi, senza legami che avrebbero affievolito la << lotta ideologica >>; ma passati ormai diversi mesi dall’inizio dell’attività partigiana, si sente il bisogno di dare un nuovo corso, più unitario, alla battaglia di liberazione intrapresa al nord da gruppi eterogenei per ceto sociale e credo politico di popolazione. Il Comando Militare iniziò a funzionare a pieno regime da subito,

“si faceva ubbidire da tutte o quasi le bande delle sei regioni settentrionali, provvedeva a instaurare la disciplina e persino i Tribunali militari, là dove non esistevano ancora, aveva il suo controspionaggio, emetteva quotidiani bollettini di guerra, era in rapporti organici con le missioni alleate”.4

In sostanza il CLNAI si occupava di tenere i contatti e dare le direttive generali, sia di ordine legislativo che esecutivo ai vari reparti periferici, ma i CLN territoriali non entreranno mai nelle repubbliche partigiane, che rimarranno sempre territorio autogovernato dall’interno, si limiteranno a trasmettere le indicazioni e gli ordini provenienti dal vertice del Comitato.

“L’assenza dei C.L.N. si riflette del resto sull’immediato post-liberazione, nel senso che la gracilità della loro articolazione periferica menoma le capacità stesse di resistenza dei comitati sia di fronte alle autorità alleate, sia del Governo di Roma, sia, infine (occorre non dimenticarlo) di tutte quelle forze politiche e sociali che, collocandosi in posizione attendista all’interno del movimento clandestino, avevano da sempre cercato di contenere

4

F. Catalano, op. cit., p. 167 da L. Valiani: Tutte le strade conducono a Roma, Firenze, 1947, pp.248-249.

(7)

7 l’espansione, di attuare un passaggio il più possibile indolore dalla guerra al 1dopoguerra”.5

L’attività del CLNAI aveva sempre tenuto, nel periodo di clandestinità, un duplice binario: quello di ottenere la delega del governo centrale a Roma, in modo da poter entrare in maniera ufficiale nel governo nazionale una volta ottenuta la liberazione, ma allo stesso tempo cercava di imporre alcuni risultati ottenuti per poter avere voce attiva con gli organi governativi. Questa operazione riuscirà a metà in quanto

“il C.L.N.A.I. aveva svolto, prima in attesa della delega governativa, poi come delegato del Governo di Roma, un’attività di <<governo straordinario>> o <<di fatto>> dell’Italia settentrionale. Tale attività è consistita nell’emanazione di decreti che, da un lato, tendevano a contrastare le disposizioni legislative di Salò; dall’altro, ponevano le premesse della legislazione democratica, nella prospettiva del futuro riconoscimento dell’operato del C.L.N.A.I.”.6

A questa copiosa attività si contrappone l’atteggiamento del Governo Centrale e degli alleati che avevano già previsto i compiti del CLNAI in funzione dell’arrivo e del passaggio dei poteri agli alleati stessi che, di fatto, relega il lavoro dei CLN a una pura attività di coordinamento sotto la supervisione alleata. I tre cardini del lavoro dei Comitati di liberazione al nord: l’epurazione, la giustizia e l’attività in fabbrica non raggiungono i risultati sperati, in particolare la nuova organizzazione della giustizia, che viene bloccata dal governo di Roma e dagli alleati già a un mese dalla liberazione (maggio 1945), i quali avocano a sé tale compito. Il

5

G. Grassi M. Legnani, Il governo di CLN, da AA.VV. Regioni e Stato, Bologna Il Mulino, 1975, p.73.

6

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8 passaggio dei poteri dal CLNAI all’A.M.G. si verifica il 2 maggio, ufficialmente il 1 giugno, e da quella data i CLN assumeranno una funzione consultiva perdendo ogni facoltà deliberativa. Stessa sorte toccherà ai CLN aziendali che si occupavano, tra gli altri, dei problemi riguardanti l’epurazione e che saranno sostituiti da apposite commissioni con il rappresentante dei lavoratori sullo stesso piano del rappresentante dei datori di lavoro. La spinta propulsiva al rinnovamento proposta dal governo dei CLN trova il suo stop finale nella controffensiva delle forze moderate e conservatrici, supportate dagli alleati, che assestano il futuro sviluppo del paese su binari di compromesso tra il vecchio e il nuovo, limitando di fatto l’esperienza di rottura dei Comitati di Liberazione Nazionale.

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9 I.2 Il governo del C.L.N. in Toscana

Il Comitato di Liberazione Nazionale non era un organo eletto dal popolo, ma sorto in un momento di gravi difficoltà materiali e morali degli italiani, nato per porre le basi di un governo inteso come guida alle azioni da intraprendere per liberarsi da venti anni di oppressione fascista e dall’occupazione tedesca. La legittimazione agli occhi degli alleati delle scelte fatte e delle azioni intraprese era lo scopo principale, ma non unico del Comitato, consapevole di rappresentare una nazione formalmente vinta, ma che nella propria struttura sociale nascondeva ormai da più di vent’anni pensieri politici e morali profondamente diversi fra loro, uniti nella condanna del fascismo. Da questa unione di pensieri e idee era sorto il Comitato a Roma, e quello toscano, insieme al Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia al nord aveva adottato la regola delle votazioni da espletare all’unanimità e non a maggioranza, proprio per porre l’accento sul fatto che non c’era stata investitura popolare e che le decisioni dovevano essere appoggiate da tutti i rappresentanti del popolo, senza esclusioni di sorta, per avere il più alto valore morale possibile.

Un altro aspetto:

“eminente del Comitato Toscano di L.N. fu la coscienza rigorosa con la quale esso tenne distinti i poteri e le funzioni classiche della democrazia. A Roma, per esempio, si ebbe un comando militare che non derivava che in parte e non chiaramente la propria autorità dal C.L.N. centrale, e quindi in qualche momento ne poté essere financo l’antagonista … In Toscana, fu sempre chiaro che le forze militari ed i comandi militari erano alle strette dipendenze del potere politico: e quando si verificò il caso del generale Somma, venuto a Firenze nel maggio – giugno 1944 da parte del Badoglio per il cosiddetto << trapasso dei poteri>> al di fuori del C.L.N., non si esitò

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10 a porlo fuori legge, neutralizzando del tutto l’iniziativa che intendeva contrapporsi al C.L.N., governo provvisorio”.7

Lo scopo ‘secondario’, ma non meno importante che il CTLN si era prefisso era quello di accentrare il suo operato di ricostruzione dal basso, e volere fermamente che tutte le forze antifasciste fossero ascoltate e non escluse da una votazione maggioritaria che palesava un volere fermo, ma anche difficile da poter portare avanti nel tempo.

La legittimazione anelata dai rappresentanti del CLN toscano si verificò, anche se in parte, quando arrivati a Firenze gli alleati trovarono una situazione profondamente diversa rispetto a quanto constatato nel sud Italia e a Roma: la città si era organizzata e preparata anche militarmente al loro arrivo e i capi del Comitato avevano dato direttive precise di organizzazione militare e non alla città, che rispondeva riconoscendo appieno tale autorità.

“ E’ noto che i fatti verificatesi a Firenze segnarono una svolta fondamentale nel comportamento alleato nei confronti della Resistenza italiana e dei C.L.N. che ne avevano la direzione politica … E’ importante ai nostri fini parlare del mutamento, verificatosi a Firenze, dell’atteggiamento alleato verso i C.L.N. Il 16 agosto il CTLN dichiara di rimettere i poteri di Governo provvisorio nelle mani dell’AMG, riservandosi << il compito e le funzioni di organo consultivo del Governo Alleato nella nostra qualità di legittimi rappresentanti del popolo toscano >>. Avviene allora qualcosa di molto importante perché gli alleati, a differenza di quanto farà il governo di Roma, finiscono per riconoscere questo ruolo consultivo”.8

7

C.L. Ragghianti, Disegno della Liberazione italiana, Firenze, Vallecchi, 1975, p. 29.

8

E. Rotelli, La Ricostruzione in Toscana dai CLN ai Partiti, Tomo I, Bologna Il Mulino, 1980, pp. 72-73.

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11 Il CTLN aveva provveduto ad organizzare, già nel periodo clandestino, gli uffici pubblici amministrativi, culturali ed economici con uomini designati dallo stesso Comitato e in aperta rottura con il passato regime fascista, e questi stavano già lavorando con profitto, costituendo una base importante sulla quale la popolazione dimostrava di contare. Argomento di duro scontro tra il CTLN, l’AMG e il CLN di Roma sarà la nomina del prefetto a Firenze. Le direttive alleate erano chiare: ripristinare la vecchia legislazione prefascista, scegliendo tra una terna di candidati proposti dal governo italiano. Questa << restaurazione >> ripetuta in vari settori sociali nel resto dell’Italia liberata, non si era verificata a Firenze, in quanto, come già detto, la città si era fatta trovare preparata e già funzionante e gli alleati avevano accettato di buon grado le nomine proposte dal CTLN. Sulla figura del prefetto però le aspettative del Comitato Toscano verranno disattese e si procederà alla nomina di Giulio Paternò, già Prefetto di istanza a Frosinone sotto il regime fascista, nominato dal Governo Bonomi per riaffermare il potere del Governo centrale di Roma. La tesi Toscana, contraria al vecchio stato centralistico e alle nomine politiche, ma fautrice di una teoria innovativa, quale costituire esso stesso l’organo abilitato a tenere i rapporti con il Governo Centrale e con gli Alleati non riesce ad imporsi e il CTLN dovrà cedere il passo alle decisioni del Governo Militare Alleato in accordo con il Governo Centrale di Roma.

L’attività del CTLN, nato intorno al 9 settembre 1943 dal già funzionante Comitato Interpartitico fiorentino, segue l’esempio del CLN di Roma producendo una dichiarazione in data 2 novembre 1943 nella quale si impegna ad assumere, appena possibile, il controllo politico e amministrativo locale, il nome Toscano cela l’ambizione di regionalizzare il più possibile l’operato del Comitato.

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12 L’azione del CTLN può essere divisa in tre fasi:

“un primo periodo di tempo va dalla Liberazione di Firenze (agosto 1944) alla metà dell’aprile 1945, data in cui le autorità alleate permettono lo svolgimento della sua prima riunione pubblica, il convegno provinciale dei CLN della provincia di Firenze. Si tratta di una fase che vede la resistenza del CTLN ai tentativi di diminuire la funzione nonché l’impostazione di iniziative capaci di coagulare intorno a questo organismo gli interessi vitali della popolazione della provincia di Firenze. Con il Convegno provinciale inizia la seconda fase, caratterizzata dalla realizzazione, almeno in parte, delle iniziative più significative del CTLN come quella della costituzione di un << Comitato per la Ricostruzione della Provincia di Firenze >>. La seconda fase continua per tutto il periodo che va dalla Liberazione del nord all’inizio dell’attività del Governo Parri, che conferisce un riconoscimento giuridico ai CLN … sempre in questo periodo si colloca lo svolgimento di ben tre convegni regionali dei Comitati di Liberazione della Toscana. Il termine della seconda fase può essere collocato all’inizio dell’autunno 1945 quando avvenimenti interni alla Toscana (come il fallimento della mediazione del CTLN nella vertenza mezzadrile) ed esterni (la crisi incipiente del Governo Parri) cominciarono a sminuire la portata della collaborazione dei partiti antifascisti. Inizia così la terza fase, quella discendente, che vede la caduta di Parri, la formazione del primo Ministero De Gasperi, lo svolgimento delle elezioni amministrative, fino allo scioglimento del CTLN il 26 giugno 1946, all’indomani delle elezioni per l’Assemblea Costituente”.9

“L’esperienza del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, con le immancabili luci e ombre della sua gestione politica, ha indubbiamente segnato la strada ad un cambiamento di atteggiamento di fronte all’opinione internazionale,

9

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13 essa ha mostrato che in Italia esistono forze democratiche abbastanza numerose ed efficienti per governarla, abbastanza mature per superare rivalità e divergenze in vista dei superiori interessi nazionali”.10 Tutto questo ha funzionato fino a che l’Italia è stata in un periodo di piena emergenza e gli interessi dei singoli partiti hanno allineato le proprie esigenze al bene comune.

10

Art. del 20 dicembre 1945: Riparliamo dei CLN. Tratto da P.L. Ballini, Un quotidiano della

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14 I.3 Importanza della lotta di Resistenza in Toscana nell’affermazione del CLN a livello Nazionale

La Resistenza verso il regime fascista e l’occupante tedesco ha visto un’intensificarsi di azioni e di opere in Toscana che non avevano precedenti nelle regioni centrali e ancor meno al sud e quindi paragonabili, per intensità e ampiezza, solo alle attività clandestine delle regioni del nord. “Firenze, centro operaio e intellettuale, è una delle città in cui più viva è la lotta e anche più organizzata. Una vasta rete di << tecnici >> collabora al movimento partigiano, alimentandone l’efficienza. Qui funziona << radio Cora >> organizzata dal partito d’azione, una delle fonti più utili di informazione per gli Alleati. La ragione di questo maggiore sviluppo del movimento partigiano in Toscana è nel fatto che più avanzati vi sono i rapporti sociali, più forte e influente è la classe operaia, più evoluti, consapevoli e fieri del proprio compito gli intellettuali, più svegli e indipendenti i contadini, tra cui molti sono mezzadri”.11 Contemporaneamente all’ attività partigiana di Firenze e provincia si sviluppano agglomerati di resistenza partigiana nelle zone minerarie fra Siena e Grosseto: località come Abbadia San Salvatore sul Monte Amiata, da sempre abitata da minatori abituati alle asprezze della terra e della vita, diventano luoghi ‘leggendari’ per il movimento partigiano; altri agglomerati di combattenti si trovano nelle zone di San Giovanni Valdarno, fra Arezzo e Firenze e in Val di Cecina, all’incrocio delle province di Pisa, Siena e Firenze, la lotta si spinge fino alle zone della Lunigiana, nella punta più a nord della regione. Le attività partigiane della regione si sviluppano nelle zone sì più impervie, abitate da minatori e da operai, ma vantano contatti e collaborazioni strette con i paesi e la popolazione contadina che li abita. L’azione partigiana in

11

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15 questa regione non attende più i rastrellamenti ma attacca i nemici nei paesi più vicini alle loro basi; gli uomini facenti parte dei distaccamenti partigiani si riuniscono in brigate, che prendono i nomi di compagni caduti: << Guido Boscaglia >> nella Val di Cecina, la << Pio Borri >> nell’aretino o di personalità vittime dei fascisti, come la << Spartaco Lavagnini >>. L’attività militare è integrata dall’attività politica del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, di cui è stato già illustrato l’operato nel precedente paragrafo, ma del quale è importante ribadire l’unità di intenti e la costante ricerca del raggiungimento dell’obiettivo principale: la lotta totale e senza esitazione contro il nazifascismo. La liberazione di Firenze, avvenuta l’11 agosto 1944, è una delle più belle e intense pagine della Resistenza italiana. A liberare la città dai nazifascisti parteciparono i reparti insorti nella città, ma anche i partigiani della provincia, asserragliati sulle colline e nelle zone più impervie delle province limitrofe, coordinati dal CLN locale che, dopo la Liberazione, si denominerà Comitato Toscano di Liberazione Nazionale e continuerà la sua opera di coordinamento delle azioni e delle forze in campo per la parte della Toscana non ancora liberata, e per quella parte appena liberata rappresenterà una guida verso la ricostruzione.

“La storia della Resistenza toscana non può confondersi con un fenomeno minore di storia locale. E’ la grande svolta tra la parentesi di Roma (che alla fine non insorse) e la resistenza del Nord: è il momento in cui si intuisce chiaramente, per la prima volta, la necessità di giungere attraverso una insurrezione popolare all’amministrazione popolare di una città integralmente liberata dalle forze della Resistenza. Si pone cioè qui, per la prima volta, in tutta la sua evidenza il problema politico della Resistenza come ricerca della base legale del potere che emana dalla nuova democrazia italiana”.12

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16 Il comportamento degli stessi alleati nei confronti della Resistenza toscana fu all’inizio ambivalente e contraddittorio in quanto non erano preparati a misurarsi con una organizzazione così ben radicata sul territorio e con idee, nella maggior parte dei casi chiare, su come muoversi e come raggiungere lo scopo prefissato. Il rapporto con l’AMG sarà talvolta difficile sia per i reparti partigiani, che in alcuni casi faticavano ad ottenere la loro fiducia, e soprattutto per i vari CLN dislocati in regione, che erano espressione delle correnti politiche antifasciste che componevano la società italiana, le quali non erano certo tutte ben gradite agli alleati che si erano posti l’obiettivo di “contenere” fin dal processo embrionale di libertà il dirompente messaggio ideologico del comunismo.

Il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, che già dall’11 agosto 1944 assume i pieni poteri come unico rappresentante del popolo toscano, riesce ad avere tale investitura agli occhi degli stessi toscani perché rappresentante di una comunità che ha guadagnato la propria libertà lottando e cadendo per essa, per questo non poteva avere riconoscimento più potente anche agli occhi degli alleati.

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17 I.4 L’apporto delle campagne alla lotta partigiana in Toscana

Come già dibattuto nei precedenti paragrafi la lotta di Liberazione in Toscana ha assunto una dimensione nuova e una dignità fino ad allora non ancora raggiunta nel nostro paese perché intrapresa e concertata dalla maggioranza delle parti sociali, intese come espressione della società dell’epoca; gli intenti erano comuni e lo sforzo è stato intrapreso con il medesimo impegno da abitanti della regione con interessi, cultura, aspettative di vita profondamente diversi, ma convergenti nell’obiettivo da raggiungere: sconfiggere il nazi-fascismo per riacquistare la libertà perduta.

Il presente paragrafo vuole illustrare lo sforzo prodotto da una delle classi sociali più umili, i lavoratori delle campagne, in una regione all’epoca ad alta vocazione agricola, per contribuire alla sconfitta del nazifascismo. I contadini toscani hanno avuto un ruolo di primo piano nel fiancheggiare, ideologicamente ma anche materialmente, la lotta partigiana e gli alleati inglesi e americani che si avventuravano nelle campagne della regione per ispezionare via terra i luoghi da raggiungere con le loro armate e, altresì, tessere relazioni e imbastire contatti diretti con i gruppi di antifascisti e patrioti autoctoni.

I contadini toscani, circa la metà della popolazione attiva globale della regione, dei quali più del 60% mezzadri, si erano trovati con la creazione di bande partigiane in tutto il territorio regionale, catapultati al centro dello scenario bellico come non lo erano mai stati fino a quel momento; le campagne in tutti i conflitti precedenti erano state spesso << periferia e scenario secondario >> del campo di battaglia. Con l’avvento della guerra partigiana le periferie acquistano una ribalta alla quale gli stessi contadini non erano in molti casi preparati e che farà in modo

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18 che spesso paghino pesantemente il prezzo del loro impegno in termini di vite umane: le loro e quelle dei loro cari, mogli, figli, persone anziane comprese.

“I contadini toscani non avevano tradizioni di insurrezione armata, neppure di limitata importanza. Essi, è vero, insieme ai contadini delle altre regioni , avevano formato la massa degli eserciti di tutte le guerre, in particolare della guerra ’15-’18 e di quella allora in corso, ma la loro partecipazione era avvenuta sempre nella costrizione più assoluta e nell’odio più profondo per la guerra stessa … Era proprio l’idea di dover usare le armi contro altri uomini che non faceva parte del loro bagaglio di idee”.13

Il mondo contadino si mosse in ritardo rispetto agli operai e ad altre classi sociali nella lotta armata al nazifascismo e, in gran parte, fu un appoggio << esterno >> di supporto, potremmo utilizzare il termine di << fiancheggiatori >> della Resistenza, proprio per la difficoltà ad accettare l’idea di impugnare le armi contro altri esseri umani; questo non impedì ad alcuni di loro di partecipare attivamente alla Resistenza nelle brigate partigiane, solo che li rilegò all’interno delle stesse brigate a ruoli non di primo piano e solo in rarissimi casi assunsero posizioni di comando.

Le brigate partigiane operanti in Toscana erano disseminate in tutto il territorio montano e collinare della regione da nord a sud e i rapporti con i contadini delle zone interessate erano per loro di vitale importanza per il sostentamento e non solo.

“Per la Toscana non sembra avere alcuna rispondenza l’osservazione di Pietro Secchia secondo la quale i contadini erano <<in un certo senso, specie in alcuni periodi, ‘vittime’ delle due parti: dall’una le razzie, le violenze e le

13

Gruppo di Studio sulla Resistenza nelle campagne toscane, I contadini Toscani nella Resistenza,

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19 stragi nazifasciste, dall’altra le richieste, non sempre corrisposte da immediato compenso, di viveri e bestiame da parte dei partigiani, i rischi a cui i contadini si esponevano dando assistenza, asilo, aiuto ai patrioti o anche solo per la presenza nei loro paraggi, nelle loro zone, di postazioni partigiane>> … dobbiamo rilevare che la politica dei partigiani toscani a proposito del prelievo dei viveri dai contadini fu estremamente chiara e decisa: i prodotti dovevano essere acquistati o scambiati con altri; nell’impossibilità di pagare o di scambiare venivano rilasciate delle ricevute con l’impegno di effettuare il pagamento appena possibile”.14

Le relazioni di amicizia e lealtà con i contadini rappresentavano per i partigiani uno degli aspetti basilari per sentirsi ‘al sicuro’ nel territorio dove operavano, sarebbe stato eccessivamente pericoloso perdere la loro fiducia; per questo gli elementi che potremmo definire ‘pseudo partigiani’, i quali operavano razzie e perpetravano prepotenze nei confronti dei contadini venivano individuati e, di fatto, allontanati immediatamente dalle formazioni. La consapevolezza che il loro operato di aiuto e assistenza ai partigiani e agli alleati li esponeva a rappresaglie, anche dure, come la storia ha tristemente documentato, non impediva loro di comportarsi nella maggior parte dei casi con il senso di umanità e di accoglienza che ritenevano doveroso, dimostrando di fatto un coraggio paragonabile a quello mostrato dai soldati sul campo di battaglia.

In questo periodo storico la propaganda del partito comunista e anche dei CLN nei confronti dei contadini era incentrata maggiormente sulla lotta politico-militare di Liberazione che non sul piano sociale o di classe e questo si riverberava sul loro attaccamento alla lotta di Liberazione passibile anche di sacrifici e privazioni che non tarderanno ad arrivare.

14

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20 Per concludere mi sento di affermare che il contributo del mondo rurale in Toscana è stato, nella maggior parte dei casi, fra i più genuini e privo di secondi fini o calcoli premeditati, e, al contrario dotato di una spontaneità e di una resilienza di fondo che in molti casi ha reso un servizio impagabile ai partigiani e a tutta la causa di Liberazione in Toscana. Da questa base sono partita per illustrare l’operato di persone semplici, ma dalla volontà talvolta di ferro, che hanno rianimato la vita sociale, economica, politica e spirituale di un pezzo minuscolo e all’apparenza marginale di Toscana, di Italia, di Europa, in uno dei momenti più bui e tristi a livello morale della nostra storia recente.

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21 CAPITOLO I

Il Comitato di Liberazione Nazionale di Ponsacco

1.1 Costituzione e intenti

Il Comitato di Liberazione Nazionale di Ponsacco si costituisce ufficialmente alle ore 8,30 del giorno 18 luglio 1944; la liberazione da parte delle truppe americane è avvenuta appena il giorno precedente, il 17 luglio. Come recita il verbale della prima assemblea : “in un locale della stazione di P.S. in Ponsacco, si riunivano i partigiani della banda armata, sotto il controllo del tenente Edward S. Castaldo, del IV Corpo Partigiani Americano”.1 La dicitura << partigiano >> nel presente documento sta a indicare il significato più letterale del termine: << uomo che parteggia >> e verosimilmente include alcuni membri che , effettivamente, hanno impugnato armi e vissuto per alcuni periodi in luoghi impervi della zona, ma ne include altri che potremmo definire << antifascisti >> convinti, che hanno appoggiato la lotta al nazifascismo fin dall’inizio senza esitazioni, mantenendo la loro vita lavorativa e sociale in paese, o in alcuni casi spostando la residenza in zone limitrofe, coperti spesso da un anonimato carico di azioni altrettanto utili alla causa e per questo altrettanto rischiose di quelle intraprese da chi si dava alla <<clandestinità >>. Questa dicotomia storica tra partigiano e << antifascista attivo>>, che il tempo ci ha chiarito attraverso libri esaustivi sull’argomento, non era sostanzialmente percepita dagli uomini di questo piccolo paese, come si

1

Archivio Storico di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 luglio 18 – 1946 marzo 14. Libro dei verbali, verbale n.1, p.1.

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22 presume in tanti altri borghi italiani ed europei, e a Ponsacco, all’atto costitutivo del Comitato, utilizzano il termine << partigiano >> nell’accezione più estensiva. Nella prima riunione del Comitato si delibera di costituire lo stesso con i rappresentanti dei partiti presenti all’atto della Liberazione, operanti in clandestinità dopo l’avvento del fascismo, “e di quelli sorti subito dopo”.2

I rappresentanti scelti per comporre il suddetto Comitato sono:

Avis Panichi Partito Comunista

Pellegrino Pellegrini Democrazia Cristiana Giuseppe Ferrini Partito Socialista

Luigi Valli Partito d’Azione

Giuseppe Dal Canto Partito Liberale

Il segretario designato è Montauti Mario e il cassiere Rodolfo Gonnelli. Sulle persone nominate torneremo più dettagliatamente nel paragrafo successivo. I primi tre punti sui quali si concentra l’opera del Comitato sono:

1. Formare nuove squadre partigiane per continuare la lotta al fianco degli alleati

2. Istituire una guardia armata per il servizio di pubblica sicurezza

3. Formare il centro di assistenza e lavoro per lo sgombro delle innumerevoli macerie nel paese, per il dissotterramento dei cadaveri che avevano avuto sepolture di fortuna e che ora necessitavano di sepoltura degna e per organizzare l’assistenza a tutti quelli che avevano subito disgrazie a causa della guerra.

2

(23)

23 Nel primo verbale del Comitato di Liberazione si cita chiaramente che : “ si discioglieva pertanto la banda partigiana armata che aveva agito clandestinamente fin dall’ottobre del 1943…”.3

Segue elenco di quarantaquattro nominativi che componevano il gruppo dei partigiani. A questo elenco segue un secondo elenco di dieci nominativi estrapolati dai quarantaquattro che avevano deciso di continuare la lotta sul fiume Arno per la liberazione di Pontedera e Pisa a fianco delle “Forze Alleate della V Armata (nelle persone del Tenente Edward G. Castaldo IV Corp Partisan Lisison Officier, allora di stanza in Ponsacco e col Lt. Naniel Petruzzi del C.I. Section of G.-2 Army)”.4

L’intento fondamentale di questi uomini è chiaramente illustrato a pag. 3 del già citato primo verbale: “Iniziava così per il CLN una vera funzione amministrativa dato che le pubbliche amministrazioni (Comune, Consorzio ecc) non erano ancora in grado per poter funzionare. Comincia pertanto da questo momento la fattiva opera di ricostruzione da parte di tutti i sani e onesti cittadini”.

Coloro che per tutti gli anni del fascismo avevano dovuto vivere nell’ombra, in costante allerta per la loro vita e la vita dei loro cari, finalmente si riappropriano del ruolo che gli spetta all’interno della società di appartenenza.

3

Libro dei verbali, op.cit. pp. 1-2

4

Istituto Storico della Resistenza di Firenze. Fondo della Resistenza Armata Toscana. Busta n. 6 Pisa 2009 cc XXIII Brigata Garibaldi “G. Boscaglia”. Attività della Brigata sull’Arno, p. 43.

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24 1.2 Gli Uomini del CLN

Le persone che compongono il primo CLN di Ponsacco sono persone che hanno una storia umile alle spalle, nella maggior parte dei casi lavoratori dei campi e, dopo la fine della guerra, quando il paese diventerà un discreto centro per la lavorazione del legno, spesso si occuperanno di lavori di falegnameria o di attività legate alla lavorazione del legno, che porterà un certo grado di benessere alla popolazione del paese. La semplicità della vita e la mancanza, in molti casi, di una istruzione scolastica significativa, non impediranno a questi uomini di affrontare le asperità che si paleseranno sul loro cammino in quegli anni difficili con decisione e chiarezza di intenti, scegliendo fin dall’inizio da quale parte della barricata stare e, per queste posizioni, pagare loro stessi e spesso anche le loro famiglie un contributo alto in termini di libertà personale e qualità della vita: in casi estremi anche con la vita stessa.

Il primo Presidente del CLN è stato dal 18 luglio del 1944 Pellegrino Pellegrini, che svolgerà le veci di sindaco fino a pochi mesi prima delle libere elezioni del 31 marzo 1946.

Nato nel 1891, era un contadino di forte tempra e personalità spiccia. Fonda le Leghe Bianche nella Valdera insieme all’allora giovane professore Giovanni Gronchi, futuro terzo presidente della Repubblica italiana e, allo stesso tempo, si adopera per la diffusione del pensiero politico del partito popolare nel paese.

“A Ponsacco il Pellegrini lavorò alacremente nel Partito Popolare e nelle Leghe Bianche, fu abile nel conciliare le varie tendenze, riuscendo a conquistare il mondo cattolico e contadino della zona. Impavido nell’azione e sottile nelle polemiche, raggiungeva la cocciutaggine pur di non piegarsi

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25 alla volontà altrui, specialmente degli avversari che, sul piano personale, stimava e rispettava”.5

Questo aspetto del suo carattere tornerà in primo piano quando, presidente del CLN prima e sindaco << traghettatore >> verso le libere elezioni poi, dirigerà i lavori del comune anche con pugno fermo attirando su di sé il malcontento di una parte della popolazione e degli esponenti di alcuni partiti in seno al CLN.

Durante gli anni del fascismo il Pellegrini è fatto oggetto di vessazioni di vario tipo: colpi di pistola sparati verso la sua abitazione, ai quali rispondeva regolarmente con un’arma che teneva la notte costantemente sul comodino, agguati e ‘manganellamenti’ durante gli incontri politici di simpatizzanti del partito popolare ai quali riusciva a sfuggire senza grosse conseguenze anche per l’aiuto di un amico fidatissimo infiltrato nelle file fasciste, che lo informava delle azioni di repressione incombenti contro di lui. Le azioni di intimidazione nei suoi confronti si intensificarono: infatti alla fine degli anni venti molti comunisti e socialisti furono costretti ad emigrare a causa delle continue vessazioni fisiche e morali a cui erano sottoposti. Il Pellegrini, insieme ad altri esponenti politici antifascisti rimangono, ma le sedi del partito popolare e del partito socialista del paese vengono devastate a più riprese.

“La sua vita a Ponsacco era divenuta ormai impossibile ed egli dovette scegliere l’esodo volontario, trasferendosi alla Bacchettona, località vicina a Saline di Volterra. Dopo la sua partenza , la sezione del Partito Popolare si disciolse. Molti << popolari >> conservarono intatta la fede, alcuni agirono in clandestinità e tutti rimasero in attesa di eventi nuovi che tardavano a

5

D. Chiarugi, Ponsacco fra fede e politica 1870 -1946, Ponsacco Tipolito Nuovastampa, 1984 p.70.

(26)

26 venire e che maturarono poi con la liberazione di Ponsacco il 17 luglio 1944”.6

Dopo la Liberazione alcuni partigiani ponsacchini si recarono alla Bacchettona per chiedere al Pellegrini di tornare a Ponsacco e riprendere il suo posto di lavoro: lui accettò immediatamente e divenne per acclamazione il primo Presidente del CLN di Ponsacco e il primo Sindaco dopo la Liberazione. Durante il periodo nel quale sarà chiamato a ricoprire la carica di sindaco, fino alle elezioni del 31 marzo 1946, si impegnò con rigore e dovette, il 13 novembre 1945, a pochi mesi dalle libere elezioni del 1946, cedere il ruolo di sindaco provvisorio al socialista Giuseppe Pomponi.

Il Pellegrini continuò a fare politica all’interno della sede della Democrazia Cristiana fino alle elezioni del 31 marzo del 1946, ma dopo le elezioni si allontanò dalla vita politica attiva e dal paese stesso; la morte lo raggiunge nel 1960 nella sua casa in località La Borra di Pontedera.

Gli altri rappresentanti del primo Comitato di Liberazione furono: per il partito comunista, che aveva agito clandestinamente durante il ventennio e si ricostituì dopo la liberazione Avis Panichi, partigiano, che dopo la guerra esercitò la professione di falegname; per il partito socialista, anch’esso ricostituito nel paese, Giuseppe Ferrini, nato a Ponsacco il 10 ottobre 1906, morto il 3 dicembre 1969 a Pontedera, che dagli archivi dell’anagrafe del paese risulta aver esercitato le professioni di fontaniere e sarto. Per il partito d’azione e liberale, che non avevano sedi ufficiali nel paese, furono scelti due simpatizzanti politici del luogo: Luigi Valli, nato a Ponsacco il 23 luglio 1882, coniugato con Angiola Berni, deceduto a Ponsacco il 2 novembre 1960; dalla scheda anagrafica del Comune risulta alla voce professione inabile al lavoro e Giuseppe Dal Canto, nato a Ponacco l’8 dicembre 1891, coniugato con Umiliana Cavallini, morto nel paese di nascita il 17

6

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27 giugno 1968; come professione viene indicata la voce pensionato. Nel primo verbale del CLN risultano altri due nominativi: il segretario Montauti Mario, del quale non ci sono tracce nell’archivio dell’anagrafe e il cassiere Rodolfo Gonnelli, nato a Ponsacco il 22 marzo 1902, coniugato con Mila Giusti, di professione falegname, morto il 28 aprile 1970 nel paese di nascita.

Del secondo CLN, che rimase attivo solo per pochi mesi, dal novembre 1945 al marzo 1946, si ricorda ancora oggi nel paese la figura del presidente stesso, anche lui afferente al Partito Democristiano: Danilo Chiarugi. Nato il 10 marzo del 1906 a Ponsacco, dopo la scuola media, si specializza come riparatore meccanico e lavorerà fino al 1944 in diverse officine prima di Ponsacco e, in seguito, a Marina di Pisa e Livorno. Con l’inizio dell’anno scolastico del 1944 insegna Tecnica- Pratica nelle scuole di Avviamento al Lavoro, e dalla fine degli anni sessanta si occuperà del recupero dei ragazzi disabili del centro “Stella Maris” di Montalto (Fauglia), dirigendo un gruppo di operatori. La sua attività politica all’interno del movimento cattolico e della Democrazia Cristiana, iniziata negli anni difficili del fascismo e della guerra, continuano per il resto della sua vita e culminano con la candidatura alla Camera dei Deputati nelle elezioni del 1958. La sua attività sociale non si limita alla passione politica: appassionato di lettura e di scrittura, scrive a sua volta diversi libri e articoli sulle vicende ponsacchine, si deve a lui se l’archivio del Comune di Ponsacco sul CLN è arrivato fino a noi e nel suo paese natale, ancora oggi, viene patrocinato un concorso letterario per giovani frequentanti le scuole dell’obbligo che porta il suo nome. Muore a Ponsacco il 4 maggio 1993. Insieme a lui si insediarono come nuovi componenti del CLN Biasci Loris per il partito Comunista, figlio di quel Biasci Luigi che sarà una delle due vittime ponsacchine cadute per mano dei tedeschi, Cavallini Labindo per il Partito Socialdemocratico e Grilli Angiolo per il Partito Liberale.

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28 1.3 Divisione dei compiti nel CLN

Per sbrigare le prime e più urgenti questioni di ordine amministrativo vengono nominati a capo dell’ufficio denominato Centro di assistenza e lavoro, il comunista Adelindo Falorni e il segretario del Comitato di Liberazione, il partigiano Montauti Mario, che dovranno occuparsi di arruolare il personale per lo sgombro delle macerie, il dissotterramento dei cadaveri e il ritorno ad una situazione di ordine igienico minimo del paese, per dare inizio così alla ricostruzione intesa soprattutto come ripresa delle attività commerciali fondamentali per la normalizzazione della vita della comunità. Per tale compito vengono istituite squadre composte da uomini del paese coordinati da un caposquadra che dà le direttive e controlla che il lavoro venga eseguito nei tempi prestabiliti.

Al rappresentante del partito d’azione Luigi Valli, al già citato segretario del Comitato Mario Montauti, in compagnia dell’ingegner Del Guerra, dell’avvocato Ciompi, del rappresentante del partito Comunista Adelindo Falorni, viene affidato il compito di controllare che le figure dei nuovi impiegati comunali siano rispondenti alle richieste non solo lavorative ma anche morali, norme queste regolate dalle leggi sull’epurazione del personale nei pubblici uffici.

All’interno del Comitato di Liberazione del paese viene istituito l’ufficio denominato << Ufficio accertamento sui responsabili del passato regime >>, diretto da Emilio Caroti, nominato dal Comitato, del quale ufficio fanno parte il cassiere Rodolfo Gonnelli, il segretario Mario Montauti, il rappresentante del Partito Liberale Giuseppe Dal Canto e il sig. Giuseppe Turini. Sempre all’interno dei rappresentanti del Comitato di Liberazione, più precisamente al rappresentante del partito liberale Giuseppe Dal Canto viene affidata in un primo momento la

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29 direzione provvisoria dell’ufficio che si occupa del funzionamento dei granai del popolo, anche se viene specificato che di tale funzione dovrà in futuro occuparsi “un impiegato pratico dell’amministrazione agraria e che abbia un concetto non vago dell’economia interna del paese”.7

Il sopracitato Adelindo Falorni viene incaricato di predisporre regolarmente il servizio dei laterizi, con un ufficio proprio per due ore al giorno dislocato all’interno dell’ufficio della guardia, onde evitare l‘affollamento nella sede istituzionale del Comitato. Il Presidente del comitato, Pellegrino Pellegrini si assume l’incarico di soprintendere alla macinazione e all’assistenza delle famiglie bisognose, ad Alfonsino Bani viene conferito l’incarico di ripristinare i sindacati, poi sostituito da Brunero Marinari. Quali membri portavoce degli agricoltori vengono incaricati il Presidente del Comitato di Liberazione Pellegrino Pellegrini, che dal 26 ottobre 1944 rivestirà solo la carica di sindaco provvisorio del comune di Ponsacco, il segretario Montauti Mario e il rappresentante del partito comunista all’interno del Comitato, Avis Panichi, insieme al parroco del paese Don Carlo Scalenghe.

Con lo scorrere dei mesi e il ritorno lento, ma inesorabile verso la normalità, le varie cariche amministrative attribuite in emergenza ai personaggi che compongono il CLN vengono sostituite da tecnici competenti o persone di fiducia del paese, come ad indicare che le varie forze sociali che compongono la società tornano finalmente ad appropriarsi del posto che compete loro all’interno della comunità di appartenenza.

Dalla data del 26 ottobre 1944 il Comitato di Liberazione di Ponsacco è così composto:

Turini Libero P.C.I. Presidente

7

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30

Falorni Tiepolo D.C. Membro

Ferrini Giuseppe P.S.I.U.P. Membro Dal Canto Giuseppe P. D’Azione Membro Baldacci dott. Giulio P.L.I. Membro

Giunta Comunale

Pellegrini Pellegrino D.C. Sindaco Badalassi Raffaello P.C. Assessore Ferrini Corrado P.S.I.U.P. Assessore

Valli Luigi P. D’Azione Assessore

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31 CAPITOLO II

Le attività svolte dal Comitato di Liberazione di Ponsacco nella prima fase della Liberazione

2.1 Il ripristino delle attività fondamentali del paese

Alla data del 18 luglio 1944, giorno seguente alla liberazione del paese da parte delle truppe americane, Ponsacco versava in una condizione di ‘miserevole’ bisogno, un bisogno però meno drammatico di altri centri prossimi geograficamente : Pontedera era stata bombardata innumerevoli volte e alla data del 2 settembre, giorno della sua liberazione, il numero delle abitazioni agibili era drammaticamente basso rispetto ai numeri di Ponsacco e gli sfollati pontederesi nei centri limitrofi erano molti:

“ … La popolazione, annota il prefetto Peruzzo nel settembre ’44, è tutta <<sfollata>>; non c’è neanche da pensare, per il bilancio preventivo, a tener conto dell’imposta sul consumo, o di qualunque altro tipo di imposta: occorre un immediato intervento finanziario dello stato … Poco meno di un anno dopo, nel giugno ’45, Pontedera è ancora priva di acqua potabile e la giunta comunale è alle prese col problema di dove trasferire le numerose famiglie senzatetto provvisoriamente sistemate nelle uniche case intatte disponibili, quelle del Villaggio Piaggio, che ora vengono pretese, con grande sconcerto del sindaco Fernando Caciagli, dalla Raf e dal contingente americano. Come potrebbero dunque i pontederesi ospitati a Lucca rientrare nel loro comune di residenza? Pontedera non è assolutamente in grado di accoglierli, spiega il prefetto Peruzzo scrivendo il 6 agosto ’45 al collega di

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32 Lucca Carignani per invitarlo a sospendere gli effetti di una sua ordinanza che impone agli sfollati di lasciare la città”.1

Il paese di Ponsacco prima della guerra era a vocazione prettamente agricola e la fame della popolazione durante il conflitto era stata sicuramente meno intensa, anche se questa affermazione è intesa come mero calcolo aritmetico di persone nel bisogno, che nei centri più grandi, la cui popolazione era impiegata in maggioranza nell’industria. Malgrado questi aspetti che potremmo definire ‘positivi’, con il tatto che la situazione storica richiede, il paese usciva da anni di guerra, lunga, dura, anche fratricida, e raccogliere le forze per riorganizzare la vita sociale e amministrativa non fu impresa facile per le persone chiamate ad operare il cambiamento dopo i danni della guerra e del ventennio fascista. Il paese necessitava di tutto: il grano andava raccolto e i mulini dovevano essere riparati per poter funzionare; gli acquedotti della zona avevano subito danni considerevoli e in tutta la provincia, anche nei mesi seguenti la liberazione, si presentò questo problema ostico da risolvere: l’approvvigionamento idrico continuativo.

I primi interventi urgenti furono ritenuti lo sgombro del paese dalle macerie, la degna sepoltura dei cadaveri, la raccolta e vendita dei prodotti dei campi. Per la ripulitura del paese dalle macerie che ostruivano le strade e gli spazi comuni vengono organizzate squadre di operai, come per la sepoltura dei cadaveri rinvenuti nel paese. Nel secondo verbale del Comitato di liberazione datato 4 agosto 1944, diciassette giorni dopo il primo verbale e diciotto giorni dopo la liberazione del paese, viene evidenziato un problema riguardante i proprietari delle case adiacenti le strade principali: “Se le strade non saranno sgombrate dai proprietari dei fabbricati, come a suo tempo fece questo Comitato, noi faremo

1

C. Forti, Dopoguerra in provincia. Microstorie pisani e lucchesi 1944-1948, Milano Franco Angeli, 2007, p. 50.

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33 nuovamente sgombrare le predette mediante addebito ai proprietari stessi”.2 Si deduce che il primo intervento del Comitato di ripulire le strade dalle macerie è stato veloce ed è andato a buon fine e si deve già lottare contro il mantenimento del primissimo decoro appena raggiunto.

Sempre nel secondo verbale si approvano le denunce del bestiame in possesso e del vino con relativa gradazione. Un avviso sulla denuncia di possesso del vino viene diffuso in data 15 agosto 1944 a tutta la popolazione, recante la firma del sindaco e il monito di denunciarne il possesso con relativa quantità e gradazione entro il giorno 18 agosto 1944, per non incorrere in gravi provvedimenti.

Tali avvertimenti saranno continuamente ripresentati dal Comitato per quanto riguarda il possesso del vino che, se non denunciato, contribuiva con ottimi profitti ad ingrassare la già fiorente attività del mercato nero, mai sopita né dal fascismo, né dai Comitati di Liberazione, malgrado questi ultimi abbiano provato a contrastarla con alterne fortune. Nel verbale n. 4 del 16 agosto 1944 viene dato conto del vino sequestrato, che verrà messo in commercio ad un prezzo “economico”, della multa di millecinquecento lire applicata a chi verrà trovato in possesso di vino non dichiarato. Di seguito si rende noto il destino del vino sequestrato al sig. M. U.: verrà sigillato e bloccato dall’ufficiale esattoriale e il possessore multato della tariffa precedentemente stabilita.

La situazione della richiesta di denuncia del bestiame è significativamente diversa perché, oltre ad aiutare la ricerca nel caso di furti, dava l’idea del bestiame posseduto dalla comunità, bestiame usato per il sostentamento, ma anche adibito al lavoro dei campi e al trasporto di persone. Il Comitato riceve denunce di privati cittadini del paese e dei paesi limitrofi riguardo la confisca di cavalli e altri animali già effettuata dai tedeschi e poi abbandonati nel territorio comunale e

2

Archivio Storico di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 luglio 18 – 1946 marzo 14. Libro dei verbali, verbale n.2, p.5

(34)

34 requisiti di nuovo dal CLN per il bene comune. Le questioni si protraggono nel tempo, sia perché viene ritenuto più importante l’uso pubblico, sia perché si deve riscontrare che le dichiarazioni pervenute corrispondano al vero e l’accertamento non è sempre agevole in tempi così difficili.

Sempre nel secondo verbale viene regolamentata la vendita della frutta e della verdura all’interno del paese:

“… tutti i giorni deve essere messa in vendita la verdura nei propri negozi, compreso qualsiasi genere di frutta con i seguenti prezzi stabiliti dall’ A.M.G.:

Pere £ 5 al kg.; pomodori £5 al Kg.; pesche £6 al Kg. Si proibisce la vendita dei pomodori ai rispettivi orti. Ordinanza ai venditori ambulanti di frutta. Sono pregati di esercitare detta vendita in piazza Rodolfo Valli”.3

Si evince che i luoghi e i prezzi per la vendita devono essere tenuti strettamente sotto controllo già in questi primissimi giorni dopo la liberazione e tali richiami saranno sempre presenti anche a livello provinciale, da parte del Prefetto e delle autorità provinciali del C.L.N.

Nel secondo verbale si stabilisce anche il prezzo del grano e della farina al quintale: £ 350 per il grano e £ 450 per la farina, inoltre si assegna la semola disponibile alle aziende agricole che a loro volta la distribuiranno ai coloni. Fatto curioso per la sensibilità moderna è che viene verbalizzato l’intento di pubblicare manifesti con le decisioni del Comitato da rendere pubbliche per l’attuazione delle direttive, ma espresso senza mezzi termini che le sedute del Comitato devono rimanere strettamente segrete.

3

Archivio Storico di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 luglio 18 – 1946 marzo 14. Libro dei verbali, verbale n.2, p.5

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35 Il verbale n. 4 del 16 agosto 1944 riporta la nomina del Comitato Comunale per i granai del popolo, istituito come da decreto del Governo provvisorio di Roma in data 05-03-1944. Riporta due elenchi separati:

Pellegrini Pellegrino

Montauti Mario membri portavoce degli Scalenghe Don Carlo agricoltori

Panichi Avis

Pardini Serafino

Scarsini Francesco Produttori e agricoltori Guerrini Guerrino

Fiorentini Angelo

Le lettere di nomina ai suddetti gruppi partono in data 28 agosto 1944.

Nel paese esistono quattro mulini in condizione di operare, di cui uno non lavora a pieno regime. Il mulino Ferrini è nella piena disposizione del Comitato per le esigenze del paese e insieme all’altro mulino Mugnaioni forniscono il pane ai quattro rivenditori principali del paese. Molte richieste di produzione di pane arrivano anche dai Comitati di liberazione dei paesi vicini incapaci, in quel momento, di riavviare i mulini dei loro paesi.

Il rappresentante del Comitato di Liberazione a capo dell’ufficio denominato: “Centro di assistenza per il lavoro” e il membro scelto dal Comitato stesso per occuparsi delle problematiche riguardanti i materiali da costruzione di cui il paese necessita per la ricostruzione, con una lettera scritta in data 28 agosto 1944 forniscono una prima stima scritta delle criticità rilevate, i costi dei materiali di

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36 primissima necessità, le quantità e suggeriscono, dopo un accurato esame, il metodo per procedere:

“Il locale Comitato di Liberazione Nazionale, deve prendere sotto la sua diretta dipendenza una produzione che basti a mantenere l’evasione di tutte le richieste di calce provenienti dal paese di Ponsacco; e quindi ripristinare la vecchia fornace che tuttora esiste in località “Camugliano”, previo accordo con l’amministratore della fattoria stessa, il quale potrà assecondarci nei nostri progetti, cedendoci l’esclusività di accollatari.

Per il trasporto della pietra (materiale grezzo) calcoliamo che la spesa per ogni 20 quintali della medesima dalla cava di bagni di Casciana, ammonti a L. 500, sia trasportandola con mezzo proprio (camion) sia con barrocci. Si calcola che in giorni 25 si possa produrre con un forno unico un quantitativo equivalente a Qli. 400 di calce che in totale verrebbe a costare la somma di L. 50000. Calcolando che per ogni Qle. di calce in vendita si possa ricavare L. 200 il totale a incasso verrebbe ad essere di L. 80000, con un margine di guadagno a favore di questo Comitato di L. 30000 al mese.”4

Seguono data: 28 agosto 1944 e firma dei responsabili: Montauti Mario e Falorni Adelindo.

Nel mese di agosto, ad appena pochi giorni dalla liberazione, quando il paese limitrofo di Pontedera non era ancora stato liberato, la macchina della ricostruzione e quella del soccorso sono in pieno funzionamento: il Comitato di Liberazione pubblica il 24 agosto dello stesso anno un avviso rivolto a tutti gli impresari edili del Comune:

4 Archivio Storico Comune di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 agosto

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37 “I°: Tutti i barrocci di calce che dal 25 agosto saranno trovati in transito nel nostro Comune, verranno requisiti da questo Comitato, il quale ne disporrà per i bisogni più urgenti nelle ricostruzioni edili.

II°: Qualsiasi impresario edile che abbisogna di un quantitativo di calce ne deve fare regolare domanda al Comitato, il quale rilascerà un permesso di prelevamento.

III°: Avvertiamo inoltre tutti i datori di lavoro, che entro il 30 agosto p.v., debbono presentare all’ufficio laterizi di questa organizzazione il libro degli operai assicurati per una verifica del caso”.5

Nelle settimana e mesi successivi è un susseguirsi di imprese di costruzioni che chiedono certificazioni al Comune attestanti il loro lavoro nel paese per le costruzioni e ristrutturazioni dei privati cittadini e anche per quanto riguarda i beni comunali che necessitano riparazioni o migliorie.

Sempre in data 24 agosto 1944 viene notificata da parte del Comitato di Liberazione a un gruppo di cittadini coinvolti nella ricostruzione, architetti, ingegneri, proprietari di imprese edili, la convocazione scritta che ha come oggetto una riunione di commercianti e industriali istituita per formare una cooperativa atta a “fornire regolare lavoro alla classe operaia e per l’incremento sempre maggiore da darsi alle locali industrie”.6 Pare chiaro che il problema del lavoro viene affrontato immediatamente e senza mezze misure: dobbiamo ricostruire, le cose da fare sono molte, ma dobbiamo far lavorare tutti se vogliamo far riprendere l’economia; assunto semplice ma di vitale importanza in qualunque società in crisi.

Il giorno 30 settembre 1944 durante il doppio mandato di Pellegrino Pellegrini, sindaco e presidente del CLN del paese, il prefetto della provincia Vincenzo

5

Archivio Storico di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 agosto 24 – 1946 maggio 13. Fascicolo senza intestazione. Documento del 28 agosto 1944.

6

Archivio Storico di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 agosto 24 – 1946 maggio 13. Fascicolo senza intestazione. Lettera del 24 agosto 1944 intestata agli impresari.

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38 Peruzzo convoca una riunione a Pisa dei sindaci provinciali, a ventotto giorni esatti dalla liberazione della città, e di tutte le autorità preposte alla ricostruzione per fare il punto della situazione e diramare le direttive da seguire per il tanto lavoro che ancora li aspetta:

“Signor Commissario Provinciale, le attuali difficoltà di comunicazione, anche epistolari, tra il Centro ed i Comuni della Provincia, hanno consigliato di promuovere questa riunione dei Sindaci per uno scambio di idee su alcuni importanti problemi del momento.

La soluzione dei quali dipende dall’aiuto degli Alleati, ma anche e soprattutto dalla volontà paziente e tenace dall’opera concorde di tutti i cittadini.

A questa riunione sono presenti il Ven. Arcivescovo, Sua Eccellenza Vettori, la Deputazione Provinciale, il Comitato di Liberazione e quello dei Patrioti. Mi è sembrato opportuno che vi intervenissero anche i Dirigenti di pubblici uffici statali chiamati ad affiancare più da vicino, l’opera del Prefetto nello sforzo per la ricostruzione morale e materiale.

La ringrazio perciò, Colonnello Walters, di essere venuto tra di noi. La Sua presenza qui è una nuova prova dell’interessamento che Lei svolge e certamente vorrà svolgere, per facilitare il nostro compito e per rendere meno gravi le sofferenze di queste popolazioni tanto provate dalla guerra. Ed è con vivo animo che Le porgo il deferente saluto di tutte le autorità qui presenti, dei Sindaci e quello fiducioso delle popolazioni della Provincia”.7

La riunione del 30 settembre era stata fortemente voluta dal Prefetto per dare un senso di unitarietà al lavoro dei Sindaci disseminati in tutto il territorio della Provincia. Il primo punto sul quale il Prefetto si sofferma è la detenzione abusiva di armi, con relativo uso per delinquere, che dissemina la zona di rapine e soprusi.

7

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39 In aggiunta viene posto l’accento su sedicenti incaricati dei Comitati di Liberazione locali che eseguono perquisizioni domiciliari non autorizzate in vaste zone del pisano e si prega il legittimo Comitato di Liberazione di Pisa di accertare tali fatti e farli cessare attraverso controlli stringenti e più puntuali.

Il secondo punto affrontato è il problema dell’Epurazione:

“… informo che è stato pubblicato un Regio Decreto relativo alla epurazione del personale dalle Pubbliche Amministrazioni (Regio Decreto Legge n. 29-B del 28 dicembre 1943 n.d.r ): esso riguarda sia il personale dello Stato che quello degli Enti locali. Di tale provvedimento sarà distribuita Loro copia alla fine della presente riunione.

In base a tale Decreto i Sindaci hanno facoltà di proporre al Prefetto la sospensione dal servizio di quegli elementi che si sono resi politicamente inadatti ed incompatibili a ricoprire i posti che occupano.

Ma l’opera di selezione dovrà essere fatta con tutta coscienza e serenità. Bisogna ricordare che quando si colpisce ingiustamente non si fa che seminare odio e vendetta. E noi abbiamo bisogno di concordia per poter lavorare in profondità.

Sempre in tema di epurazione, ragioni di convenienza morale e sociale, hanno consigliato il legislatore di conservare a favore dell’impiegato sospeso e della famiglia il puro stipendio a titolo di alimenti.

Al più presto farò Loro avere dei moduli da far riempire a tutto il personale in servizio di ruolo: tali moduli dovranno essere completati con due dichiarazioni, il bis e il ter, sull’adesione, data o meno, al P.F.R., e sul giuramento, presentato o no, alla repubblica Sociale.

I Sindaci, dal canto loro, potranno fornire ogni utile notizia alla Commissione per l’epurazione, Commissione che è di nomina prefettizia, e della quale faranno parte, oltre il Rappresentante della Prefettura, un Magistrato ed un rappresentante dell’Alto Commissariato per l’epurazione.

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40 Disintossicate così le amministrazioni degli elementi che saranno ritenuti indesiderabili, dovremo essere intransigenti nel pretendere da ogni impiegato pieno rendimento nel lavoro, onestà e dirittura di carattere.

Loro converranno con me che molti dei mali di cui ha sofferto e soffre la nostra Patria sono da cercarsi nella scarsa considerazione in cui, da troppi, sono stati tenuti tali valori che devono essere ripristinati in pieno; diversamente ricostruiremo sulla sabbia”.8

Nel proseguo della relazione il Prefetto si sofferma sulla figura del Segretario Comunale e sull’importanza della collaborazione con il Sindaco e chiarisce che la legge, inequivocabilmente, assegna alla Prefettura il compito di decidere sulla posizione del Segretario Comunale, ammonendo i Sindaci da scelte e decisioni arbitrarie. Di seguito una precisazione sui Comitati dei Patrioti, composizione del Comitato e controlli di veridicità sono le parole d’ordine da tenere ben presenti da parte dei Sindaci.

Uno spazio speciale viene riservato ai servizi sanitari: tutti i Comuni hanno servizio medico e ostetrico, mentre ancora difetta in vari Comuni il servizio farmaceutico; si coinvolge il Comando alleato per il reperimento di farmaci fondamentali. Il Prefetto raccomanda la massima pulizia dei paesi e l’intransigenza nel pretendere tale pulizia da parte dei Sindaci per non incorrere in ulteriori epidemie in un momento di difficoltà nel reperire farmaci. La relazione prosegue elencando le difficoltà per il reperimento del latte e per l’approvvigionamento idrico; viene richiesto con urgenza il censimento di tutto il bestiame e il blocco della macellazione, salvo che per i casi d’urgenza.

Il settore finanze pubbliche è dissestato e si possono eseguire solo le riparazioni degli edifici pubblici, le abitazioni civili al momento devono essere riparate dai

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Archivio Storico di Pisa. Sezione Prefettura di Gabinetto. Busta n. 5. Relazione del Prefetto, pp. 3, 4.

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41 proprietari privatamente, in attesa di decisioni statali sui danni di guerra; Il Prefetto si raccomanda di lasciare traccia delle spese sostenute attraverso la compilazione di moduli in dotazione ai Comuni in modo che il genio Civile del Comune possa verificare i danni e le relative spese sostenute per le riparazioni. Nella seconda parte della relazione si affronta il problema degli alloggi, dell’assistenza e soprattutto la questione degli ammassi:

“Ci sono alcuni Comuni che stanno male ed altri che stanno meglio … Mentre perdura l’attuale difficile stato delle cose bisogna disabituarsi a considerare l’ente <<Comune>> come qualcosa di separato dal restante corpo della Provincia, e questa, dal rimanente della Nazione… Conseguenza diretta di questa premessa la necessità che tutte le risorse di generi contingentati o soggetti a vincolo della Provincia, debbano costituire un’unica grande riserva, la quale, attraverso gli uffici responsabili, venga posta a disposizione del Paese … Gli ammassi devono pertanto diventare una cosa intangibile ed i Sindaci debbono essere i divulgatori di questa impellente necessità fra tutti i coltivatori, e non solo presso i grandi proprietari, ma anche e specialmente presso i coloni, i mezzadri ed i produttori in genere.

Si sa che molti di loro inventano tutte le scuse, ricorrono a tutti i sotterfugi per mantenersi una posizione privilegiata non solo per il loro fabbisogno famigliare, il che potrebbe fino ad un certo punto comprendersi, ma anche per ricavarne forti lucri con la vendita clandestina dei prodotti a prezzi esageratamente maggiorati … Perciò i Sindaci dovranno fare opera di persuasione prima che si sia obbligati ad intervenire con provvedimenti drastici e repressivi”.9

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Archivio Storico di Pisa. Sezione Prefettura di Gabinetto. Busta n. 5. Relazione del Prefetto, pp. 10, 11.

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