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Principali Leggi nazionali sull’Epurazione e Istituzione della Commissione per l’Epurazione di Ponsacco

Nel decennio che va dal 1943 al 1953 le istituzioni italiane introducono una serie di provvedimenti atti a << epurare >> l’amministrazione dello Stato da funzionari, impiegati, insegnanti e collaboratori che, con il loro operato, avevano appoggiato a vari livelli il regime fascista.

Si inizia nel 1943, quando solo la Sicilia e parte del sud Italia erano libere dall’influenza nazi-fascista, Badoglio, subentrato a Mussolini alla guida del paese, già nel novembre del 1943 mostrò interesse verso l’epurazione politica richiesta a gran voce dagli antifascisti del paese e si schierò dalla parte dei prefetti che protestavano riguardo la scelta dei militari, in particolare dei carabinieri, chiamati in un primo tempo ad occuparsi delle problematiche dell’epurazione. Si inizia con il Regio Decreto n. 29- B del 28 dicembre del 1943 (G.U., serie speciale del 29 dicembre 1943) intitolato: Defascistizzazione delle Amministrazioni dello Stato,

degli Enti locali e parastatali, degli Enti comunque sottoposti a vigilanza o tutela dello Stato e delle Aziende private esercenti pubblici servizi o di interesse nazionale. Si prosegue con il Regio Decreto n. 110 del 13 aprile 1944 (G.U., serie

speciale, 19 aprile 1944, n. 20) che istituisce un Alto Commissario per la

epurazione nazionale dal fascismo. L’arrivo nel mezzogiorno degli alleati

introduce il problema della defascistizzazione nei luoghi liberati. Gli alleati si pongono il problema di come individuare chi si era iscritto al partito per

61 conservare il proprio lavoro, ma risultava apolitico o addirittura antifascista nel suo intimo, chi si era iscritto al partito per avere un lavoro, magari di un certo prestigio, e si prestava a comportamenti anche estremi per risultare convincente nel suo ruolo o percorrere la scala sociale con più facilità. Il terzo gruppo erano i fascisti della prima ora, i più estremisti, i più pericolosi, quelli da stanare e punire con più durezza, ma arrivati a questo punto anche gli alleati si resero conto che non era per niente semplice districarsi in questo puzzle. L’idea degli alleati fu di dividere i fascisti in base alla data di iscrizione al P.N.F. e in base alle cariche occupate all’interno del partito. Sempre nello stesso anno viene emanato il Decreto Legge n. 134: Punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, che all’art. 10 prevede la nomina di un Alto Commissario per la punizione dei delitti e degli illeciti e all’art. 12 di un Commissario aggiunto. Alla carica di Commissario viene chiamato Carlo Sforza, in sostituzione di Tito Zaniboni e nel ruolo di Commissario aggiunto l’esponente del partito d’azione Mario Berlinguer. Nel sud Italia i licenziamenti di personale colluso con il fascismo furono decisi più dagli alleati (Cic – Servizio Americano di Controspionaggio e Fss – omonimo inglese ) che dai comitati antifascisti per l’epurazione italiani. Gli alleati erano sospettosi riguardo a molte denunce pervenute al loro vaglio perché timorosi di incappare in vendette arbitrarie che nel paese erano all’ordine del giorno all’indomani della caduta del regime. Emanato l’11 maggio, il decreto recante norme per la << punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo >> entrò in vigore il primo giugno 1944 e allargò il campo dei punibili. Era punibile chi aveva organizzato e diretto la marcia su Roma, gli squadristi autori di violenze, gli autori del colpo di stato del 3 gennaio 1925 e tutti quelli che, con atti rilevanti avevano contribuito a mantenere il fascismo al potere; comprendeva anche i delitti contro la << fedeltà e l’onore militare >> commessi dopo l’8 settembre 1943 o agito contro norme di

62 diritto pubblico o privato, di rettitudine o di probità politica (non criminali ma sciagurati, per i quali non era prevista sanzione penale, ma veniva loro vietato di svolgere una qualsiasi professione e nei casi più gravi venivano internati). Il 27 luglio 1944 viene emanato il Decreto Legislativo Luogotenenziale n.159 denominato: Sanzioni contro il fascismo (G.U., serie speciale, 29 luglio 1944, n. 41), ritenuto dagli storici la “Magna Charta dell’epurazione politica, e nello stesso anno vengono emanati i Decreti Legislativi Luogotenenziali n. 238 dell’8 ottobre denominato: Ordinamento dell’Alto Commissariato per le sanzioni contro il

fascismo e il Decreto n. 237 dell’11 ottobre, denominato: Norme per l’acceleramento del giudizio di epurazione e per il collocamento a riposo dei dipendenti civili e militari dello Stato appartenenti ai primi quattro gradi della classificazione del personale statale.

La lista degli imputati che finirono davanti all‘Alta corte nel corso del 1944 non annoverava nomi importanti ma personaggi di modesta levatura all’interno dell’organigramma fascista, ovvero i << pesci piccoli >>. Il processo di epurazione viene “di fatto” ostacolato dai vari organi dello Stato: si doveva insistere presso il Ministero della giustizia per ottenere il distacco di un magistrato per l’attività epurativa, altri ministeri minimizzavano le richieste che provenivano dalle commissioni per l’epurazione. L’ordinanza generale n.35 promulgata nell’autunno del 1944 dall’AMG aveva dato il via alla macchina epurativa imperniata su commissioni di epurazione composte da cittadini non compromessi con il fascismo, che dovevano esaminare, attraverso questionari predisposti dall’AMG stessa, le posizioni di impiegati della pubblica amministrazione o di grandi ditte a partecipazione statale ed eventualmente decidere la sospensione dal servizio. Si dovevano evitare però i licenziamenti di massa in quanto avrebbero gettato la pubblica amministrazione nel caos e, inoltre, era ormai comprovato che

63 l’avanzamento di carriere e lo stesso mantenimento del posto di lavoro dipendevano dalla << volontà >> di servire il fascio. Nella primavera del 1945 il governo italiano mise a punto uno schema di decreto che prevedeva la procedura di epurazione per i dirigenti di grandi imprese, società di assicurazione e delle aziende di credito compromessi con il fascismo. L’élite economica del paese si oppose con tutte le sue forze, che erano molte, all’approvazione del decreto. Nella primavera del 1945 il decreto si insabbiò e poté entrare in vigore solo alcuni mesi dopo la liberazione. La spinta a epurare il settore privato arrivò decisamente dagli Alleati.

Il 9 novembre 1945 viene pubblicato il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 702 denominato: Epurazione delle pubbliche Amministrazioni, revisione degli

albi delle professioni, arti e mestieri ed epurazione delle aziende private.

La << legge Nenni >>, chiamata così dagli Alleati, entra in vigore il 14 novembre 1945, prima nell’Italia centrale e meridionale e poche settimane dopo anche nell’Italia settentrionale. Emanata per sostituire la legge del luglio 1944, la legge si poneva lo scopo di epurare l’amministrazione pubblica, ma anche le imprese private ed effettuare una << revisione degli albi delle professioni, arti e mestieri>>. La parte più importante riguardava la pubblica amministrazione perché nel decreto si metteva in evidenza che il governo aveva la facoltà di sottoporre a indagine i vertici dell’amministrazione e, in base ai risultati delle indagini, dispensare dal servizio gli elementi che avevano partecipato attivamente all’attività fascista.

Nel novembre 1945 inizia una massiccia offensiva contro l’epurazione e quindi contro << la legge Nenni >> da parte dei monarchici, democristiani e liberali al motto di: << dalla rieducazione si ricava tutto, dalla punizione si ricava poco >>

64 (Guido Gonella, esponente D.C. vicino a De Gasperi). Attacco questo sì a Nenni ma anche e soprattutto al governo Parri.

Il governo successivo, presieduto da Alcide De Gasperi, l’otto febbraio 1946 emana il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 22: Devoluzione alla Presidenza

del Consiglio dei Ministri delle attribuzioni dell’Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo, tale decreto avrebbe, con altre leggi successive,

sancito la perdita di influenza dei C.L.N. in materia di epurazione, fino alla successiva legge del 1946 che prevedeva l’amnistia e l’indulto per reati comuni, politici e militari, passata alla storia con il nome di Amnistia Togliatti, in vero, Decreto Presidenziale n. 4 del 22 giugno 1946:

“… il decreto fu il risultato di un faticoso compromesso tra le forze di sinistra e i partiti moderati che sostenevano il governo, ed entrambe le parti, in effetti, ottennero qualcosa per i rispettivi gruppi di interesse. Per le sinistre, ad esempio, si poteva considerare un successo il fatto di aver incluso tra i beneficiari del provvedimento quei partigiani che avevano compiuto atti penalmente perseguibili”.1

Negli anni successivi si susseguono leggi che, di fatto, rendono il concetto di epurazione ormai superato, l’amnistia una consuetudine ciclica nella gestione dello Stato Italiano e la questione << fascista >>una pratica mai veramente risolta nel paese.

Nella già citata relazione del Prefetto di Pisa (cap. II N.d.r.), del 30 settembre 1944, elaborata per la riunione dei Sindaci della Provincia, c’è una sezione specifica dedicata alla questione dell’Epurazione che dà l’avvio nel capoluogo e nei vari centri minori della provincia, attraverso i Comitati di Liberazione, alla

1

65 raccolta sistematica delle denunce e richieste di informazioni all’interno dei vari paesi, denunce queste vagliate dalle commissioni istituite nei paesi stessi.

Nel verbale di assemblea n. 11 del Comitato di Liberazione Nazionale di Ponsacco, redatto in data 26 dicembre 1944, si apprende che come Presidente della Sottocommissione Accertamenti e Responsabilità appartenenti al Passato Regime è stato nominato il Maresciallo Leopoldo Vanni, padre di Augusto Trento Vanni, uno dei tre abitanti di Ponsacco assassinati dai tedeschi; Vanni è presente a tale riunione in quanto necessita della firma del Presidente del Comitato di Liberazione sulle copie conformi delle dichiarazioni personali raccolte dai cittadini che hanno presentato denuncia.

66 3.2 L’Adesione al Partito Nazionale Fascista a Ponsacco

“Il regime nazista fu certamente più pervasivo e omologante di quello fascista. In Italia una consistente minoranza della popolazione riuscì a rimanere estranea al regime, sicché molti non solo non si sentirono affatto corresponsabili dei crimini del fascismo, ma poterono anche conservare quel tanto di libertà interiore che poi consentì loro di fare i nomi e di accusare pubblicamente gli autori dei crimini più efferati. A ciò si aggiunga che, mentre in Italia la liberazione dalla dittatura prima e, in seguito, la lotta contro i nazifascisti favorirono un clima di grande mobilitazione antifascista, in Germania , al contrario, una volta terminata la guerra prevalse sopra ogni altra cosa il desiderio di dimenticare e di tornare al più presto al privato”.2

Il primo iscritto alla sezione del partito fascista di Ponsacco risale al 1° dicembre 1920. Ne seguirono 27 nel 1921 e 53 nel 1922, per un totale di 81 iscritti alla fine del 1922. Tutte le date di adesione degli iscritti nell’anno 1922 sono antecedenti il 28 ottobre 1922, data della marcia su Roma, alla quale aderirono 53 abitanti di Ponsacco, alcuni giovanissimi, esempio concreto della grande capacità di attrazione esercitata da Benito Mussolini sulle giovani generazioni.

L’elenco Generale degli Iscritti al partito nazionale Fascista di Ponsacco conta nel totale 745 nominativi, su una popolazione di circa 6000 abitanti, anche se il numero deve essere ritenuto parziale o almeno non totalmente attendibile, visto che gran parte del materiale della sede del partito fascista nel paese è stato distrutto prima dell’arrivo degli alleati. L’elenco generale degli iscritti è in ordine alfabetico e riporta il giorno, mese e anno di ammissione, la paternità, il luogo e la data di nascita, la professione, la partecipazione alla Marcia su Roma e

2

67 annotazioni eventuali. Il presente registro sulla copertina riporta la scritta Anno 192_ , ma non è completata la data, che sicuramente è riferibile all’acquisto dello stesso, gli anni venti; si presume che sia stato usato fino al 1939, dato che gli ultimi iscritti risalgono al 1938.

Alla data del 24 novembre 1944 furono dattiloscritte, presumibilmente da appartenenti al Comitato di Liberazione di Ponsacco o da impiegati del Comune, su richiesta del Prefetto di Pisa, quattro liste di appartenenti al partito fascista così suddivise: la prima lista recante la titolatura di << Ante marcia >> consta di 81 nominativi, vi è riportata la paternità e la data di adesione al fascismo; una seconda lista di 54 nominativi titolata: << Nota degli Squadristi, Marcia su Roma e Loro cariche >>, la quale riporta, oltre alla paternità dei nominativi, se erano squadristi, se avevano partecipato alla marcia su Roma e, se e quali cariche rivestivano all’interno del partito. Altre due liste furono redatte, una con titolatura << Nota dei Repubblicani>>, lista di 34 nomi con specificata la paternità e una seconda lista denominata << Nota dei Repubblicani armati >> con 24 nominativi e relativa paternità. Le liste diversificate per anno di adesione, cariche ricoperte, erano fondamentali per ricostruire il << vissuto fascista >> dei soggetti esaminati all’interno del processo di epurazione che iniziava il suo cammino: erano di fatto le basi da cui far partire le indagini sull’operato dei soggetti presi in esame. Ponsacco iniziò il suo percorso di << defascistizzazione >> come gli altri paesi della provincia di Pisa, in primis recuperando i pochi e quindi parziali documenti rimasti della sede del fascio paesano che sopravvissero alla distruzione operata dai fascisti stessi, prima dell’abbandono frettoloso del paese a metà luglio del 1944, poi istituendo la commissione di cui al paragrafo 1 del presente capitolo e inizialmente passando al vaglio tutte le persone che in quegli anni avevano operato nell’amministrazione pubblica a vario titolo, impiegati comunali su posto

68 organico e anche avventizi, insegnanti, medici condotti e tutte le altre categorie segnalate dalla prefettura, ma, in contemporanea, diffondendo tra la popolazione il messaggio chiaro di denunciare in forma scritta tutte le vessazioni, meglio se suffragate da testimoni, subite da appartenenti al partito fascista. All’interno della piccola, ma significativa (per un paese di 6.000 abitanti N.d.r. ) mole di denunce pervenute alla commissione e giunte fino a noi, colpisce l’esigua quantità di denunce inizialmente prese in considerazione, ma prive di riscontro oggettivo, suffragate cioè da testimonianze solide di persone estranee di per sé al fatto, basti pensare che in diverse realtà italiane gli alleati avevano avuto grossi problemi a individuare e dividere le vere denunce di soprusi dai regolamenti di conti tra italiani con visioni politiche opposte. La realtà del piccolo centro in cui tutti si conoscono e conoscono il vissuto di interi nuclei familiari, talvolta lacerati all’interno stesso da sentimenti antifascisti e militanze fasciste che con comprensibile difficoltà coabitavano, aiuta nel rendere più complicato in questo piccolo centro lo sconfinamento verso la resa dei conti indiscriminata che si verificò inizialmente in alcune grandi città, lacerando ulteriormente nelle prime fasi di libertà ritrovata il già devastato tessuto sociale italiano.

69 3.3 Controlli e denunce presentate alla Commissione per l’Epurazione di Ponsacco da privati cittadini

All’interno dell’Archivio Storico del paese due sono i fascicoli che raccolgono il materiale riguardante l’Epurazione nel paese e sono composti da denunce e segnalazioni dei cittadini verso esponenti, simpatizzanti e informatori del Partito fascista locale, verso i tedeschi e da richieste di informazioni sui dipendenti pubblici da parte degli enti di appartenenza. La raccolta di informazioni del presente paragrafo è altresì corredata da materiale proveniente dall’Archivio di Stato di Pisa.

La serie delle denunce di privati cittadini raccolte dal CLN e presentate al vaglio della Commissione per l’Epurazione del paese abbracciano temporalmente gran parte del ventennio fascista, ventennio che in Valdera, al pari del resto d’Italia, aveva seminato paura e morte fin dagli anni ‘20, con assassini celebri nella zona, come quello di Alvaro Fantozzi, assessore alla cultura e all’assistenza sociale del comune di Pontedera e segretario della Camera del Lavoro della Valdera “che il 2 aprile del 1922, dopo ripetute minacce perpetrate a lui e a gran parte dei componenti dell’amministrazione socialista del comune di Pontedera di quegli anni, viene assassinato a colpi di pistola nei pressi di Castel del Bosco mentre si recava con un calesse noleggiato a tenere un comizio nel paese di Marti di Palaia”.3

Le denunce inoltrate dai privati cittadini alla Commissione per l’Epurazione sono varie ed eterogenee talvolta per forma, più spesso per il contenuto della denuncia,

3 A cura di L. Bani, Intestatari Strade Comunali – Biografie, Comune di Pontedera, Bandecchi e

70 e abbracciano un arco temporale che va dagli anni ’20 al ’44-’45, anche se la maggior parte si concentrano nel periodo del passaggio della guerra.

Tra le prime denunce di cui è rimasta traccia, datata 3 agosto 1944, a pochi giorni dalla liberazione del paese, è significativa la denuncia di Angiolo Chiavaccini, padre di Achille Chiavaccini, a cui è intestata una strada molto conosciuta nel paese. In questa lettera il padre denuncia il segretario politico del fascio locale, tale Antonelli Ernesto e Bianchi dott. Enrico, cap. della M.V.S.N. di Ponsacco, di aver mandato a combattere in Spagna insieme ad altri tre militi il proprio figlio Achille, morto a Santander il 15 luglio 1937, senza interpellare i medesimi, agendo così di loro iniziativa. In questa lettera traspare la disperazione di un padre che ha perso un figlio ventenne mandato << a morire >> dai superiori, senza una reale volontà di partecipazione personale, quando però ancora l’appartenenza al fascio risultava avere un grande fascino per i giovani italiani. Altre denunce inoltrate alla Commissione si riferiscono alle devastazioni della sede ponsacchina del Partito Popolare, presentate da Pellegrino Pellegrini alla Commissione e delle quali devastazioni però lo stesso accusa anche rappresentanti del Partito Comunista. Due sono le lettere a firma Pellegrini indirizzate al CLN e per conoscenza al Comitato accertamenti responsabilità politiche in data 17 febbraio 1945: “Sono a conoscenza che, il colono Fulceri della tenuta di Ospedaletto … prese parte alla devastazione del mio esercizio e della sede del Partito Popolare avvenuta nell’anno 1925”- Nella seconda lettera lo stesso denuncia un altro nominativo: “Mi si riferisce da un Brigadiere dei Carabinieri che, il signor Fabbri Ezio di Laiatico Segretario del Partito Comunista, prese parte alla devastazione del mio esercizio avvenuta nel 1925. Vi prego per quanto è possibile di fare gli accertamenti del caso”.4

In queste due denunce si evidenzia l’utilizzo della

4 Archivio Storico Comune di Ponsacco. Sezione Comitato di Liberazione Nazionale. 1944 luglio

71 <<pratica>> molto diffusa nella Valdera di spedizioni punitive di esponenti politici di fazioni opposte che perpetravano crimini nei paesi non di appartenenza ma limitrofi, scambiandosi spesso i << favori >> tra loro con il chiaro intento di rendere più complicata l’eventuale identificazione. Essendo i due soggetti nominati nelle lettere non abitanti in Ponsacco, il CLN locale ha semplicemente fatto da tramite con i CLN di appartenenza, pratica questa fondamentale per la ricostruzione di molti fatti avvenuti in zona e non.

La maggior parte delle denunce di privati cittadini si riferiscono principalmente a vessazioni di genere e gravità anche molto diverse tra loro, subite per mano di rappresentanti del partito fascista del paese o di paesi limitrofi, perpetrate in molti casi per aver rilasciato pubblicamente << ingenue >> dichiarazioni di dissenso a determinate scelte del regime in campo politico. Tra queste denunce è di rilievo quella presentata da Bracaloni Duilio, che in data 18 ottobre 1944 espone alcuni fatti a lui ‘occorsi’ a partire dal dicembre 1943:

“Durante una sera del dicembre (mi sfugge il giorno preciso) ebbi nel bar Meoni , una animata discussione direi ….. amichevole, per i rapporti di amicizia che estrapoliticamente parlando intercorrevano fra me e i sotto menzionati, certo Ferrini Osvaldo e Mugnaioni Mario; discussione impostata essenzialmente sulla negazione da parte mia dell’esistenza di uno stabile e apprezzato Governo Italiano (Governo Repubblicano), e sui controbattimenti ben immaginabili dei suddetti … Sul finire del mese di Aprile o i primi di Maggio c.a. trovandomi a casa di Marinai Sebastiano, ebbi una piccola discussione riguardante la chiamata alle armi da parte dell’ex Governo Repubblicano e la possibile o no presentazione degli interessati (con certa Giusti Letizia suocera di Mugnaioni e Ferrini Menichina madre di Ferrini ). Da una parte io sostenevo che non solo i chiamati non dovevano presentarsi, ma che anche avrei proibito a mio figlio, già da se nolente, di presentarsi al

72 Distretto; dall’altra le due donne mi disapprovavano perché naturalmente non potevano pensarla come me.

Questo piccolo fatto, se pure apparentemente non può presentare gravità degne di nota, può almeno aver accentuato in Mugnaioni e Ferrini il