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Effetti del silenziamento della 5'-Nucleotidasi citosolica di tipo II (cN-II) in un modello cellulare di carcinoma polmonare umano (A549).

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea in Biologia Applicata Alla Biomedicina

Curriculum Fisiopatologico

Tesi di Laurea Magistrale

Effetti del silenziamento della 5’-Nucleotidasi

citosolica di tipo II (cN-II) in un modello cellulare di

carcinoma polmonare umano (A549).

Relatore: Candidato:

Prof.ssa Maria Grazia Tozzi Chiara La Licata

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RIASSUNTO

Effetti del silenziamento della 5’-nucleotidasi citosolica di tipo II (CN-II) in un

modello cellulare di carcinoma polmonare umano (A549).

La 5’-nucleotidasi citosolica di tipo II (cN-II) è un enzima del catabolismo purinico appartenente ad una famiglia di fosfoesterasi con differente localizzazione, specificità di substrato e regolazione. L’enzima è stato purificato da diverse fonti e presenta una distribuzione ubiquitaria; se ne conoscono attivatori, inibitori, costanti cinetiche, struttura e meccanismo di azione. La cN-II può essere considerata un enzima bifunzionale, in quanto catalizza il trasferimento di un gruppo fosfato da un nucleotide donatore ad un nucleoside accettore, passando attraverso la formazione di un intermedio covalente enzima-fosfato. Il gruppo fosfato legato al sito attivo dell’enzima può essere idrolizzato da una molecola d’acqua oppure essere ceduto ad un nucleoside accettore (Pesi et al. 1994).

La cN-II citosolica è attiva nei confronti dei nucleosidi 6-idrossipurinici 5’-monofosfato (IMP, dIMP, GMP, dGMP, XMP) e può trasferire il gruppo fosfato ad un ristretto numero di nucleosidi come inosina, deossiinosina e alcuni analoghi utilizzati in terapie antivirali e antitumorali. Il ruolo fisiologico dell’enzima è quello di contribuire all’ omeostasi della concentrazione di IMP e di tutti i composti purinici da esso derivanti. Il meccanismo catalitico e la struttura dell’enzima, sono caratteristici della superfamiglia delle aloacido dealogenasi a cui l’enzima appartiene.

La regolazione enzimatica è complessa e dipende dalla carica energetica della cellula. ATP, ADP, (2,3 bifosfoglicerato), Ap4A (diadenosinatetrafosfato), polifosfati e alte concentrazioni di KCl attivano l’enzima, mentre il fosfato è l’unico inibitore noto; l’enzima necessita, inoltre, come cofattore Mg2+ ed ha la massima attività in ambiente riducente.

Alterazioni dell’attività della cN-II sono state evidenziate in pazienti affetti dalla sindrome di Lesch-Nyan (Pesi et al. 2000) grave disturbo neurologico e comportamentale, mentre è controverso il ruolo dell’enzima nelle neoplasie ematologiche; diversi autori mostrano come elevati livelli di mRNA della cN-II in pazienti adulti affetti da leucemia mieloide acuta e trattati con citarabina, siano un marker statisticamente significativo di un peggior successo terapeutico. Considerando che la citarabina monofosfato non è substrato dell’enzima, è stato ipotizzato che il livello dell’mRNA della cN-II rifletta lo stato proliferativo delle cellule e sia quindi un marker di una forma più severa della patologia (Galmarini et al. 2003).

In base alle caratteristiche cinetiche dell’enzima si ritiene che il ruolo della cN-II sia l’idrolisi dell’eccesso di IMP in condizioni di elevata carica energetica cellulare. In condizioni ischemiche l’attività dell’enzima decresce, prevenendo la perdita dei nucleotidi purinici.

La cN-II è risultata presente ad alti livelli in tutte le cellule che proliferano velocemente, come per esempio nella mucosa intestinale, nei tessuti ghiandolari ed in molte cellule tumorali. Queste osservazioni hanno spinto numerosi ricercatori ad approfondire le conoscenze sul ruolo dell’enzima.

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A questo scopo sono stati preparati diversi modelli cellulari silenziati per cN-II. È noto da precedenti esperimenti che un silenziamento parziale dell’enzima in cellule di astrocitoma induca apoptosi (Resta et al. 1993, Careddu et al. 2008)

.

Durante il mio studio ho utilizzato cellule di carcinoma polmonare (A549) silenziate per cN-II.

Lo studio è focalizzato sulla valutazione di eventuali differenze metaboliche e fenotipiche tra cellule controllo ingegnerizzate con un plasmide che codifica per una sequenza priva di target intracellulare (pScont) e cellule ingegnerizzate con un plasmide, in cui è inserito uno short-hairpin, per silenziare il gene che codifica per la cN-II (pScN-II). Il silenziamento del 60% è stato valutato con il metodo radio-enzimatico. I due tipi cellulari sono stati coltivati sia in assenza che in presenza di 2-deossiglucosio (20 mM), inibitore della glicolisi, al fine di valutare la capacità proliferativa delle cellule e le eventuali alterazioni metaboliche e funzionali legate alla diversa espressione della proteina. Sono stati analizzati specifici marcatori proteici quali: mTOR totale e fosforilata, PGC1-alpha, ERK totale e fosforilata, p70S6K totale e fosforilata, p53 totale e fosforilata ed LC3-II.

I risultati preliminari indicano che l’elevata espressione di cN-II, quale si trova nei tumori molto aggressivi, è legata ad un fenotipo glicolitico con alta velocità di sintesi proteica; il silenziamento di cN-II determina un fenotipo più ossidativo con aumento della massa e della funzionalità mitocondriale, una diminuzione della sintesi proteica e della motilità osservata mediante saggi di motilità, un’aumentata fosforilazione di p53 ed un incremento dell’autofagia.

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INDICE GENERALE

1 INTRODUZIONE……….. 1

1.1 5’-Nucleotidasi: struttura e caratteristiche funzionali……… 2

1.1.1 La ecto-5’-Nucleotidasi (eN)………. 3

1.1.2 Le 5’-Nucleotidasi intracellulari………... 5

1.1.2.1 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo I (cN-IA e cN-IB)………. 6

1.1.2.2 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo III (cN-III)……….. 7

1.1.2.3 5’ (3’)-Deossiribonucleotidasi citosolica (cdN)……… 7

1.1.2.4 5’(3’)-Desossiribonucleotidasi mitocondriale (mdN)……….. 7

1.2 La 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo II: caratteristiche generali……… 9

1.2.1 Distribuzione ed attività enzimatica……… 10

1.2.2 Cinetica e regolazione allosterica………. 12

1.2.3 Struttura……… 14

1.2.4 Ruolo fisiologico……… 16

1.2.4.1 Interazioni di cN-II con IPAF……… 21

1.2.5 Aspetti clinici………. 23

1.2.5.1 Sindrome di Lesch-Nyan……… 24

1.2.5.2 Azione cN-II su analoghi dei nucleosidi e leucemia cronica ed acuta… 25

1.3 Proliferazione cellulare e cN-II………. 27

1.4 Risultati preliminari ottenuti dal mio gruppo di ricerca sulle A549………... 28

1.4.1 Regolazione e principali funzioni cellulari di mTOR e della chinasi p70S6K….. 29

1.4.2 P53……….. 31

1.4.3 ERK1/2………... 32

1.4.4 PGC1a……… 34

1.4.5 Autofagia e LC3……….... 35

1.5 Il 2-deossi glucosio (2DG)……….. 36

(5)

2. MATERIALI E METODI……….. 38

2.1 Materiali………. 39

2.2 Metodi………. 39

2.2.1 Colture cellulari………. 39

2.2.2 Preparazione dell’estratto acellulare………... 39

2.2.3 Saggio del Bradford………... 40

2.2.4 Proliferazione cellulare metodo del Cristal Violetto………... 40

2.2.5 Saggio dell’attività fosfotransferasica della 5’-Nucleotidasi citosolica

di tipoII……… 41

2.2.6 Western blotting……… 41

2.2.7 Saggio di mobilità (wound healing)……….. 42

2.2.8 Analisi statistica………. 42

3. RISULTATI……… 43

3.1 Attività fosfotransferasica di cN-II nelle cellule A549 pScont E pScN-II………... 44

3.2 Curva di crescita delle cellule A549 pScont e pScN-II……….. 45

3.3 Valutazione della presenza di mTOR alle 6 ed alle 24 ore nelle cellule A549

pScont e pScNII……… 46

3.3.1 mTOR alle 6 ore………. 46

3.3.2 mTOR alle 24 ore………... 47

3.4 Valutazione della presenza di p70S6K alle 6 ed alle 24 ore nelle cellule A549

pScont e pScN-II……….. 49

3.4.1 p70S6K alle 6 ore………... 49

3.4.2 p70S6K alle 24 ore………. 50

3.5 Valutazione della presenza di p53 alle 6 ed alle 24 ore nelle cellule A549

pScont e pScN-II………... 52

3.5.1 p53 alle 6 ore……….. 52

3.5.2 p53 alle 24 ore……… 53

3.6 Valutazione della presenza di ERK1/2 alle 6 ed alle 24 ore nelle cellule A549

pScont e pScN-II……….. 55

3.6.1 ERK1/2 alle 6 ore………... 55

(6)

3.7

Valutazione della presenza di PGC1-a alle 6 ed alle 24 ore nelle cellule A549

pScont e pScN-II……….. 58

3.7.1 PGC1-a alle 6 ore……….. 58

3.7.2 PGC1-a alle 24 ore……… 59

3.8

Valutazione della presenza di LC3 I-II alle 6 ed alle 24 ore nelle cellule A549

pScont e pScN-II……….. 60

3.8.1 LC3 I-II alle 6 ore……….. 60

3.8.2 LC3 I-II alle 24 ore……… 60

3.9

Saggio di mobilità………...……… 62

4.

DISCUSSIONE……… 63

4.1 Discussione………. 64

(7)

1

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2

1.1 5’-Nucleotidasi: struttura e caratteristiche funzionali.

La 5’-Nucleotidasi, detta anche nucleotide monofosfato deidrogenasi, è un enzima la cui attività è stata studiata in cuore e muscolo scheletrico circa 60 anni fa. Come si evince dal nome, la proteina catalizza l’idrolisi di gruppi fosfato esterificati al quinto atomo di carbonio del (d)ribosio nella struttura di ribonucleotidi e deossiribonucleotidi non ciclici, liberando il nucleoside corrispondente ed un fosfato inorganico. Nonostante la sua attività sia stata descritta mediante studi su cellule vegetali e batteriche, l’enzima è largamente distribuito anche nei tessuti dei vertebrati (Zimmerman 1992).

Le 5’-Nucleotidasi sono state recentemente incluse nella superfamiglia delle Aloacido Dealogenasi (HAD) per il loro meccanismo d’azione, la loro attività magnesio-dipendente e l’allineamento delle sequenze, ottenuti attraverso studi cristallografici (Allegrini et al. 2004). I diversi tipi di proteina mostrano una bassa omologia di sequenza, tuttavia sono accomunati (ad eccezione della Nucleotidasi ectosolica) dallo stesso meccanismo di reazione che prevede la formazione di un intermedio fosforilato a livello di un residuo di acido aspartico (Asp) presente nel Motivo I, strettamente conservato (Careddu et al. 2008, Baiocchi et al. 1996).La famiglia delle Nucleotidasi nei mammiferi comprende sette diversi membri: una proteina ectosolica ancorata alla membrana mediante un’ancora glicosil-fosfatidilinositolica, cinque localizzate nel citosol ed una nella matrice mitocondriale (Bianchi e Spychala 2003, Hunsucher 2005). Spesso le specificità di substrato delle varie 5’-Nucleotidasi si sovrappongono, ma variano le loro affinità per i 5’-(d)NMPs e la capacità di idrolizzare i 2’- e 3’-NMP.Ciascuna di queste proteine gioca un ruolo fisiologico specifico in relazione alla loro localizzazione cellulare, specificità di substrato, regolazione ed organi e tessuti presi in considerazione. Più precisamente si ritiene che le 5’-Nucleotidasi siano coinvolte nella regolazione del pool di ribo- e deossiribonucleotidi intracellulari e delle vie di recupero dei nucleotidi (Careddu et al. 2008).

I nucleotidi possono essere sintetizzati attraverso due principali vie che sono espresse in cellule in attiva proliferazione oppure in cellule quiescenti (o in fase G1): mentre nel primo caso i nucleosidi monofosfato possono derivare da una sintesi de novo a partire da precursori a basso peso molecolare, nel caso di cellule quiescenti, invece, i nucleosidi monofosfato derivano da vie di recupero di basi e di nucleosidi provenienti dal turnover cellulare (Galmarini et al. 2003).

Le 5’-Nucleotidasi insieme alle nucleoside chinasi, sono due classi di enzimi che attraverso il ciclo del “substrato” (figura

1.0) regolano il metabolismo dei precursori del DNA e

dell’RNA, bilanciando l’anabolismo dei (deossi-) ribonucleotidi ed evitando l’accumulo dei (d)NTP in base alle necessità e al tipo cellulare. In questo ciclo i deossiribonucleotidi vengono degradati continuamente da una Nucleotidasi e, successivamente, i deossiribonucleosidi risultanti vengono rifosforilati da una chinasi utilizzando ATP. Il risultato netto di questo processo è l’idrolisi di ATP che darà ADP e fosfato inorganico (Pi) (Rampazzo et al. 1999).

Figura 1.0 Ciclo del substrato (da Rampazzo et al.

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1.1.1 La ecto-5’-Nucleotidasi (eN).

Ecto-5’-Nucleotidasi (eN), nota come CD73, è una proteina glicosilata che si lega alla superficie esterna della membrana plasmatica mediante un’ancora (figura 1.1) di glicosilfosfatidilinositolo (GPI) ed è localizzata in corrispondenza di subdomini di membrana noti come raft lipidici (Misumi 1990a, Misumi et al. 1990b). In particolare, 25 residui C-terminali sono sostituiti da un’ancora di glicosilfosfatidilinositolo (GPI), essenziale per permettere il legame della proteina alla membrana plasmatica. La proteina può presentare differenti pattern di glicosilazione che potrebbero essere implicati nell’efficienza catalitica e nella specificità per il substrato (Strater 2006, Hunsucher et al. 2005). Una buona percentuale della proteina associata alla membrana può essere rilasciata per omogeneizzazione (Zimmerman 1992) ad opera di fosfolipasi fosfatidilinositolo specifiche o attraverso la scissione proteolitica e dar vita alla forma solubile dell’enzima.

Dalla determinazione della struttura primaria della eN, da placenta umana (Misumi et al. 1990a) e fegato di ratto (Misumi et al. 1990b), si evince che l’enzima maturo è costituito da 548 amminoacidi, nella sua forma attiva è un dimero e le subunità che compongono la proteina hanno una massa pari a circa 61kDa (Martinez-Martinez et al. 2000). Esistono forme solubili dell’enzima (Figura 1.1) che derivano dalla forma legata alla membrana, dalla quale si staccano mediante idrolisi dell’ancora di GPI, per opera di fosfolipasi fosfatidilinositolo specifiche o attraverso la scissione proteolitica (Ogata et al. 1990). La principale funzione enzimatica è l’idrolisi dell’AMP ad adenosina. La Ecto-5’-Nucleotidasi, ha un’elevata affinità per l’AMP. Dal rapporto Vmax/Km, si ricava che i ribonucleotidi sono preferiti ai deossiribonucleotidi, nell’ordine AMP, GMP, IMP, UMP (Zimmerman 1992, Strater 2006).

A differenza delle altre Nucleotidasi, la eN non è Mg2+ dipendente, ma elevate concentrazioni di questo metallo possono incrementare l’attività catalitica. Gli inibitori dell’enzima sono: α, β-metilene-adenosina-difosfato (AMPCP), concavalina A (concentrazioni nanomolari) e nucleotide di- e tri-fosfato, così come le metilxantine, Pb2+ e Hg2+ (Zimmerman 1992, Bianchi e Spychala 2003). Il fosfato inorganico non ha effetto sull’attività enzimatica, mentre ATP e ADP hanno ruoli diversi nell’enzima isolato dall’uomo o da E. coli. Questi composti sono inibitori competitivi nell’enzima umano, mentre sono substrati nella forma isolata dal batterio.

Sulla base di omologie nella sequenza primaria la eN di mammifero è correlata con la 5’-Nucleotidasi batterica studiata in E. coli (Strater 2006). Inoltre risulta essere l’unica tra le 5’-Nucleotidasi di mammifero che non figura nella famiglia delle HAD, i caratteristici motivi proteici, infatti, dimostrano che l'enzima appartiene ad una superfamiglia di metallofosfoesterasi (Koonin 1994), i cui membri idrolizzano diversi substrati: fosfoproteine, nucleotidi ed acidi nucleici (Strater 2006).

Figura 1.1 Le due forme di eN. In alto la

forma ancorata alla membrana mediante ancora GPI. In basso la forma solubile dell’enzima. (da Zimmerman 1992).

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4

È importante notare che l'espressione dell’ecto-5'-nucleotidasi non si verifica su tutte le cellule e può essere regolata dallo sviluppo, per esempio nel timo è espressa principalmente a livello delle cellule epiteliali e nei fibroblasti reticolari (Resta et al. 1993, Resta et al. 1998). Nelle cellule neuronali, invece, l’espressione di eN è legata a determinati momenti come crescita e plasticità sinaptica. La regione del promotore prossimale del gene contiene un numero di elementi tessuto-specifici (Bianchi e Spychala 2003).

Come altri enzimi ectosolici, CD73 è implicata in funzioni non enzimatiche come l’attivazione dei linfociti T e meccanismi di adesione cellula-cellula (Resta et al. 1998, Spychala 2000). Sebbene l'eN abbia un'ampia specificità di substrato, l’adenosina monofosfato (AMP) è considerata il maggiore substrato fisiologico (Zimmerman 1992)

.

L’enzima è anche importante per il riciclo dei nucleotidi extracellulari, poiché li converte in nucleosidi che saranno poi internalizzati grazie all’azione di specifici trasportatori nucleosidici (Strater 2006). I recettori del segnale purinergico sono coinvolti in vari processi biologici che includono la neurotrasmissione, l’aggregazione piastrinica, la modulazione della risposta immunitaria, la contrazione muscolare, il controllo della proliferazione cellulare, il differenziamento e l’apoptosi (Zimmerman 1992, Goding et al. 2003).

La eN non è strutturalmente correlata con la 5’-Nucleotidasi di tipo citosolico (Walldén et al. 2007b).

Per quanto riguarda il ruolo fisiologico, poiché sia l'ATP che l'adenosina svolgono funzioni recettore-mediate, l’enzima è coinvolto in due vie principali e correlate, quali l'inattivazione e il catabolismo dell'ATP e la formazione di adenosina. L’ATP agisce attraverso i recettori purinergici (P2) (Burnstock 1991) su un’ampia varietà di tessuti inclusi il sistema cardiovascolare, muscolo liscio e scheletrico, e sistema nervoso (Zimmerman 1992). L’inattivazione extracellulare dell’ATP rappresenta un punto di controllo necessario visto il suo ruolo di mediatore intercellulare. L’ultimo passaggio catalizzato dall’enzima produrrà adenosina; quest’ultima mediante specifici recettori (P1) (Ribeiro e Sebastiao 1986, Linden et al. 1991) induce una varietà di effetti fisiologici, tra cui vasodilatazione, diminuzione del tasso di filtrazione glomerulare ed inibizione del rilascio di renina, del rilascio di neurotrasmettitori, diminuzione della risposta immunitaria ed infiammatoria o della lipolisi (Stone 1981, Gordon et al. 1986, Savic et al. 1990, Savic et al. 1991, Daval et al. 1991). Inoltre la proteina potrebbe avere funzioni che vanno oltre il suo ruolo enzimatico. L'aumentata espressione della eN sulla superficie delle cellule attivate e durante alcuni stadi della maturazione cellulare, la sua capacità di legare la fibronectina e la presenza dell'epitopo HNK-1 in alcuni tessuti, suggerisce un coinvolgimento in determinate funzioni come il riconoscimento cellulare e l’adesione cellulare o interazione cellula-matrice. Gli studi con i linfociti fanno pensare anche ad una funzione nella trasmissione del segnale dalla superficie cellulare al versante citoplasmatico (Zimmerman 1992).

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1.1.2 Le 5’-Nucleotidasi intracellulari.

Le 5’-Nucleotidasi intracellulari (sei di tipo citosolico ed una mitocondriale) sono membri della famiglia delle HAD.

Gli enzimi appartenenti a questa superfamiglia, catalizzano il trasferimento dei gruppi carbonilici o fosforici su un ampio spettro di substrati e presentano nel sito attivo un residuo di aspartato che guida la catalisi agendo da nucleofilo. Inoltre, hanno una omologia di sequenza bassa (inferiore al 10%), ma condividono quattro motivi fondamentali per la catalisi, mostrando una notevole somiglianza strutturale (Rinaldo-Matthis et al. 2002, Burroughs et al. 2006). Il motivo HAD comune è correlato, strutturalmente e filogeneticamente, a proteine appartenenti alle superfamiglie con il ripiegamento α/β di Rossmann.

Figura 1.2 Diagramma topologico del ripiegamento di Rossmann delle HAD I filamenti β sono rappresentati come frecce (in senso

N → C), ed il primo filamento del motivo, comprendente l’aspartato catalitico, è rappresentato in giallo. Gli altri filamenti del “core” conservati in tutti i membri della superfamiglia sono in blu, mentre elementi non conservati che potrebbero essere assenti in un ancestrale comune sono in grigio. Il punto di inserzione del Cap1 è rappresentato in verde, mentre quello del Cap2 è in arancione. Le linee tratteggiate rappresentano elementi che non sono presenti in tutte le proteine con questo dominio. Il loop magenta rappresenta lo “squiggle” conservato. I residui indicati sono quelli conservati. D, Aspartato, K, lisina, X qualsiasi aminoacido (da Burroughs et al. 2006).

Il dominio HAD è composto da uno “squiggle” cioè un giro di α elica ed un "flap", forcina β, situato immediatamente a valle del primo filamento β del dominio centrale. Si prevede che codesta struttura conferisca una mobilità a questi enzimi affinché si alternino tra le conformazioni “aperta” e “chiusa” (Burroughs et al. 2006).

Inoltre, la maggior parte dei membri della superfamiglia HAD possono presentare domini aggiuntivi al motivo comune, detti “Cap”, che agiscono da cappuccio sopra il sito attivo del dominio “core” e il suo scopo è quello di riconoscere il substrato e chiudere il sito attivo (Morais et al. 2000, Zhang et al. 2002). La maggior parte delle attività catalitiche conosciute sono coinvolte nel trasferimento del gruppo fosfato (Aravind e Koonin 1998) e le attività fosfoidrolasiche più diffuse sono quelle delle ATPasi e delle fosfatasi, mentre quelle meno frequenti sono le fosfomutasi e fosfoacetaldeide idrolasi (Allen e Dunaway-Mariano 1994).

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Gli appartenenti a questa superfamiglia, mostrano un meccanismo di reazione comune tramite la formazione di un intermedio enzima-fosfato e il successivo trasferimento del gruppo fosfato ad un nucleofilo accettore.

1.1.2.1 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo I (cN-IA e cN-IB).

La 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo I (cN-IA) è una proteina localizzata nel citosol, conosciuta anche come Nucleotidasi 5’-AMP-specifica per la sua elevata attività a concentrazioni millimolari di AMP (Bianchi e Spychala 2003). Successivi studi cinetici dettagliati hanno rivelato un'elevata affinità verso i monofosfati delle deossipirimidine (Garvey et al. 1998).Questa proteina è altamente espressa nel muscolo scheletrico e cardiaco, dove esplica una funzione fisiologica nella generazione del segnale dell’adenosina in risposta a deplezione di ATP nell’evento ischemico (Sala-Newby et al. 1999, Sala-Newby et al. 2000); un livello intermedio nel pancreas e cervello, mentre bassi livelli sono registrati in reni, testicoli ed utero (Hunsucker et al. 2001). Il peso molecolare della cN-IA isolata dal muscolo cardiaco umano è 41 kDa, 43 kDa nel muscolo cardiaco del cane e 40 kDa quella isolata dal cuore del piccione; l'enzima può esistere come omo-oligomero, possibilmente un tetramero (Darvish e Metting 1993, Sala-Newby et al. 1999, Hunsucker et al. 2001).

I substrati preferenziali di cN-I sono AMP (concentrazioni millimolare) ed i desossiribonucleotidi pirimidinici (concentrazioni micromolare). La massima efficienza catalitica (Vmax/Km) si ha per dCTP e TMP. La cN-IA umana ha un pH ottimale di 7,0 ed è dipendente dal Mg2+ per la sua attività. Può, inoltre, essere stimolata dall'ADP, il quale risulta il miglior attivatore e abbassando la Km per AMP a valori micromolari, e può attivarsi seppur in misura minore in presenza di GTP e dNTP a concentrazioni micromolari, ma non di ATP (Skladanowski e Newby 1990, Yamazaki et al. 1991), ciò lascia supporre che l’enzima possa essere attivato in caso di bassa carica energetica. I principali inibitori di cN-I sono dUMP ed i didesossinucleotidi pirimidinici, in particolar modo ddC e ddU; un inibitore altamente specifico è poi la 5-etinil-didesossiuridina. Il fosfato inorganico non ha alcun effetto sull’attività della cN-IA (Hunsucher et al. 2005, Sala-Newby et al. 2003). Studi condotti sulla cN-IA di piccione ed in cardiomiociti di ratto, evidenziano che la sovraespressione della cN-I, in condizioni ipossiche, porta ad un aumento di concentrazione e rilascio dell’adenosina, sia in presenza che in assenza di inibitori del suo metabolismo. È stato visto, come la concentrazione di adenosina raggiunta sia sufficiente per poter mediare una risposta fisiologica a questo nucleoside attraverso i suoi recettori extracellulari (Sala-Newby et al. 2003). Molti studi effettuati sulla cN-IA di piccione mostrano, in aggiunta, che il corrispettivo mRNA è espresso circa 5-10 volte in misura maggiore nelle fibre muscolari rosse, le quali sono dotate di un elevato metabolismo ossidativo rispetto alle bianche in cui prevale un metabolismo di tipo anaerobio (Lechward e Tkacz-Stachowska 2009).

La cN-IB è una proteina ubiquitaria, si trova principalmente in testicoli, cervello e muscolo scheletrico. Questo enzima così come la cN-IA può idrolizzare l’AMP ed è attivato dall’ADP. Sono stati condotti alcuni studi nel 2001 dai quali è emersa una certa omologia strutturale tra la cN-IB e la proteina hAIRP, (Human autoimmune infertility-related protein). Dal momento che le due proteine differiscono per tre sostituzioni amminoacidiche non conservative RT79K, S89W, L344F, si sospetta ci sia una correlazione fra la mutazione e la perdita di funzionalità dell’enzima e l’infertilità (Hunsucher et al. 2005).

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1.1.2.2 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo III (cN-III).

La cN-III, nota anche come pirimidina 5’-Nucleotidasi (p5’-NT), catalizza la defosforilazione delle pirimidine 5’-monofosfato UMP e CMP ai corrispondenti nucleosidi(Amici et al. 1997), fa parte degli enzimi HAD ed è altamente espressa nei globuli rossi a livello dei quali partecipa alla degradazione dell'RNA durante la maturazione degli eritrociti (Bianchi e Spychala 2003). Si è pensato fosse una proteina specifica dei globuli rossi, ma è stato visto che è presente, seppur in misura minore, anche in tessuti come milza, cuore, fegato, utero, testicoli, cellule linfoidi, polmone, pancreas, reni e cervello (Lu et al. 2000, Marinaki et al. 2001).

Possiede un’attività fosfotransferasica in grado di trasferire il gruppo fosfato dai nucleotidi pirimidinici ad un nucleoside accettore, di preferenza citidina (Km di 0,64 mM) ed uridina (Km di 0,79 mM)(Amici et al. 1997). Come sopracitato, ci sono evidenze sperimentali a favore dell’ipotesi che l’attività di trasferimento del gruppo fosfato sia coinvolta nella via di attivazione dei farmaci antitumorali: la cN-III, infatti, è capace di fosforilare 3’-azido-3’-deossi-timina (AZT), citosina-β-D-arabinofuranoside (AraC) e 5-fluoro-2’-deossi-uridina (5FdUrd) (Amici et al. 1997, Amici e Magni 2002). Suddetta attività è, comunque, meno efficiente della cN-II (Pesi et al. 1994).

L’attività nucleotidasica della cN-III, inoltre, pare sia responsabile della resistenza nei confronti di alcuni analoghi dei nucleosidi utilizzati come chemioterapici; infatti l’enzima è in grado di defosforilare AZTMP e araCMP (Amici e Magni 2002).

L’analisi cristallografica conferma l’appartenenza della cN-III alla superfamiglia delle HAD

Per quanto riguarda le caratteristiche molecolari ed enzimatiche, si tratta di una proteina monomerica con peso molecolare di circa 36 kDa. L'attività dipende dal Mg 2+, ed è inattivato da metalli pesanti e reagenti reattivi tiolici (Bianchi e Spychala 2003), i nucleosidi e il fosfato inibiscono l’attività enzimatica, la quale non è influenzata da ADP, ATP o 2,3-BPG. Il parametro di efficienza catalitica (Vmax/Km), mostra come il CMP sia

il miglior substrato dell’enzima, seguito dall’UMP (Amici e Magni 2002).

CN-III è l’unica Nucleotidasi conosciuta a funzionare come monomero (Amici et al. 1997, Marinaki et al. 2001).

La sequenza di cN-III coincide con quella di p36, una proteina indotta da interferone α, correlata con la formazione di inclusioni in cellule mononucleate di sangue periferico e cellule endoteliali in pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico o AIDS (Hunsucher et al. 2005). Le Nucleotidasi pirimidiniche eucariotiche sono enzimi coinvolti nel catabolismo dell’RNA e nella via di recupero delle pirimidine. Durante il processo di maturazione degli eritrociti, i nuclei e i mitocondri vengono espulsi e la carica energetica necessaria per le funzioni cellulari è prodotta attraverso la glicolisi. La cN-III è up-regolata dal catabolismo dei prodotti di degradazione dell’RNA, uridina e citidina. Pertanto la limitazione dell’attività alle sole pirimidine garantisce che le purine non vengano degradate (Rees et al. 2003, Hunsucher et al. 2005).

1.1.2.3 5’ (3’)-Deossiribonucleotidasi citosolica (cdN).

La 5’ (3’) -Deossiribonucleotidasi-citosolica (cdN) è un enzima ubiquitario, purificato per la prima volta da fegato di ratto nel 1971 ed in seguito da placenta umana (Hoglund e Reichard 1990).

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L’enzima si presenta come un omodimero ed ha una massa molecolare nativa pari a 44-45 kDa. Il pH ottimale è tra 6-6,5 e l’enzima è assolutamente dipendente dallo ione Mg2+ per esplicare la sua funzione (Hoglund e Reichard 1990). In ciascuna subunità è evidente il dominio “core” formato dal dominio di Rossmann, ed un dominio “cap” formato da un fascio di 4 eliche. La cdN umana funziona in modo efficiente con dIMP e dGMP e, inoltre, catalizza la defosforilazione dei nucleotidi nei rispettivi atomi di carbonio 2’, 3’ e 5’. Il dAMP non è tra i substrati preferiti (Mazzon et al. 2003).

L’attività dell’enzima è inibita in presenza di dIno, dUrd e Pi quando dUMP è usato come substrato, mentre l’attività con 3’-Nucleotidi viene incrementata grazie alla presenza di dGMP, dTMP, dUMP, dIMP, dIno, dGuo (Mazzon et al. 2003, Hoglund e Reichard 1990, Walldén et al. 2007a, Rampazzo et al. 2000). Contrariamente a quanto riportato per la proteina purificata dai globuli rossi umani, la cdN purificata da diverse fonti non mostra attività fosfotransferasica (Bianchi e Spychala 2003). I valori di Km per 2'- e 3' nucleotidi sono intorno a 0,3 mM senza preferenza per ribo- o deossiribonucleotidi. I 5'-desossiribonucleotidi sono substrati 10 volte migliori rispetto ai ribonucleotidi corrispondenti: in particolare il dIMP maggiore di dUMP, seguito da dGMP che è a sua volta superiore a dTMP; il dAMP è un substrato scadente. In tutti i casi i valori di Km sono compresi nell'intervallo millimolare. Tra le diverse forme di Nucleotidasi caratterizzate nelle cellule animali, la 5 '(3') - Nucleotidasi è unica per la sua preferenza per i 5'-desossiribonucleotidi. Nelle cellule intatte, una porzione di deossiribonucleotidi sintetizzati de novo è degradata come parte di un meccanismo omeostatico che regola la dimensione dei pool di desossiribonucleotidi (Hoglund e Reichard 1990). La cdN, inoltre, può influenzare l’efficacia terapeutica di analoghi di nucleosidi pirimidinici utilizzati in terapie antitumorali (paragrafo 1.2.5.2). I suddetti farmaci vengono attivati ad opera della desossinucleotide chinasi mediante una fosforilazione, formando il nucleotide monofosfato. Quest’ultimo è un substrato per la cdN, la quale defosforilandolo diminuirà la forma attiva del farmaco, riducendo così l’efficacia del trattamento. A seconda dell’affinità del nucleotide monofosfato per la cdN l’efficacia del trattamento è variabile (Walldén et al. 2007a).

1.1.2.4 5’(3’)-Desossiribonucleotidasi mitocondriale (mdN).

La 5’ (3’)-Desossiribonucleotidasi-mitocondriale (mdN) è l’unica delle Nucleotidasi descritte finora che è localizzata nella matrice mitocondriale. Si tratta di una proteina dimerica dal peso molecolare di circa 23 kDa ed un valore di pH ottimale tra 5/5,5. L’enzima catalizza l’idrolisi dei desossiribonucleotidi monofosfato pirimidinici, quali dUMP, dTMP ed esplica la sua azione anche nei confronti dei corrispettivi nucleotidi 2’/3’-monofosfato (Bianchi e Spychala 2003, Hunsucher et al. 2005). Da studi cristallografici la struttura rivela che mdN appartiene alle proteine della famiglia HAD. Con la sua alta preferenza per dUMP e dTMP, mdN mostra una specificità di substrato eccezionalmente ridotta. Le caratteristiche enzimatiche suggeriscono che mdN regola il dTTP mitocondriale e previene l'accumulo di dUTP mutageno nei mitocondri; il fenotipo mitocondriale è, quindi, fisiologicamente importante per la regolazione dei pools di desossiribonucleotidi mitocondriali (in particolare dTTP), proteggendo il genoma mitocondriale dagli effetti mutageni dovuti ad un accumulo di questi nucleotidi. La mdN ha suscitato interesse di natura clinica, in quanto potrebbe defosforilare

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analoghi di nucleotidi (paragrafo 1.2.5.2) usati nella terapia anti-HIV, riducendo uno dei principali problemi di questo trattamento come la tossicità mitocondriale (Rinaldo-Matthis et al. 2003, Walldén et al. 2007a, Hunsucher et al. 2005).

1.2 La 5’-Nucleotidasi citosolica di tipo II: caratteristiche generali.

La 5’-Nucleotidasi citosolica (cN-II) è un enzima ubiquitario che catalizza sia l’idrolisi che il trasferimento del fosfato esterificato in posizione 5’ dei nucleosidi idrossi-purina monofosfato (Tozzi et al. 1991). Il trasferimento del fosfato può produrre la fosforilazione di inosina, guanosina e loro analoghi (Banditelli et al. 1996). In aggiunta, oltre ad essere coinvolto nella regolazione del pool intracellulare di purine, l’enzima è anche responsabile dell’attivazione ed inattivazione dei farmaci anti-tumorali (Hunsucher et al. 2005, Galmarini et al. 2003).

È stato dimostrato che il meccanismo catalitico di cN-II richiede la formazione di un intermedio fosfato legato covalentemente ad un residuo di aspartato, il quale è localizzato in un motivo altamente conservato (motivo I).Quest’ultimo, insieme ad altri tre motivi conservati, è condiviso dai membri della superfamiglia delle HAD, la quale include le 5’-Nucleotidasi solubili come cN-II, cN-III, cN-IA e cN-IB, ed entrambe le 5’ (3’)-deossiribonucleotidasi citosolica e mitocondriale. Diversi aspetti concorrono a rendere unica la cN-II, come la sua complessa regolazione e l’elevata porzione di sequenza primaria conservata durante l’evoluzione (Allegrini et al. 2004).

La proteina appartiene alla famiglia delle nucleotide-idrolasi, espresse nel citosol o nella matrice mitocondriale. Si presume che questi enzimi condividano lo stesso meccanismo di reazione, ma esibiscono delle caratteristiche distintive per quanto riguarda la struttura primaria, la specificità di substrato, la regolazione e la distribuzione tissutale (Bianchi e Spychala 2003, Allegrini et al. 2001). Più specificatamente la cN-II, che è altamente specifica per IMP e GMP, è un enzima allosterico presente in almeno tre differenti conformazioni: una a bassa attività, stabilizzata da un fosfato inorganico e con una elevata Km per i suoi substrati; una conformazione ad elevata attività, stabilizzata da una serie di composti fosforilati come la diadenosina tetrafosfato, ATP, ADP, 2,3-bifosfoglicerato e l’elevata carica energetica (Allegrini et al. 2004, Pesi et al. 1994); infine una conformazione inattiva che può essere indotta da stress ossidativo ed ottenuta probabilmente mediante la formazione di un ponte disolfuro tra il C175 ed il C547 (Allegrini et al. 2004).

È stata caratterizzata la struttura cristallografica dell’enzima, ma il meccanismo molecolare che sta alla base della regolazione allosterica è ancora sconosciuto (Wallden e Nordlund 2011).

La cN-II è ampiamente espressa e la sua attività specifica è più bassa rispetto agli altri enzimi coinvolti nel metabolismo nucleotidico (Tozzi et al. 2013). La più elevata attività di questa proteina è stata misurata in tessuti neoplastici o cellule con un elevato turnover di acidi nucleici (Tozzi et al. 2003). Quindi, l'enzima sembra catalizzi la tappa limitante velocità del catabolismo e del recupero dei nucleotidi purinici.

Essendo sottoposta a regolazione allosterica, la cN-II è stata proposta come la principale proteina che si occupa di regolare la quantità di nucleotidi intracellulari e mantenere l'omeostasi nucleosidica. Infatti, in presenza di alta carica energetica, l'enzima catalizza il catabolismo dell'eccesso di IMP neosintetizzato o recuperato, che

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alla fine viene convertito in acido urico, tuttavia in caso di bassa carica energetica, cN-II consente l'accumulo di IMP intracellulare (Tozzi et al. 2013).

Diversi autori hanno dimostrato che la cN-II è coinvolta nella resistenza ai farmaci antitumorali, che sono analoghi di nucleosidi (paragrafo 1.2.5.2), anche quando i farmaci non sono substrato dell’enzima, indicando che la proteina potrebbe essere un generale marker prognostico di sopravvivenza (Dumontet et al. 1999, Falk et al. 2013)

Nel corso degli anni si sono fatti diversi tentativi volti ad ottenere modelli cellulari che esprimono livelli molto alti di cN-II o totalmente silenziati per questo enzima. In effetti è stata ottenuta un’iperespressione superiore circa 2-3 volte il valore controllo, così come una diminuzione di oltre il 70% circa dell'attività delle cellule controllo (Tozzi et al. 2013). In cellule di astrocitoma umano (ADF), il silenziamento transitorio e parziale dell’enzima induceva apoptosi (Careddu et al. 2008), mentre il parziale e costituivo knockdown della proteina causava una diminuzione della proliferazione cellulare. In entrambi i casi la concentrazione intracellulare dei nucleotidi non veniva alterata. Peraltro l’iperespressione di cN-II in cellule ADF era accompagnata da un aumento della proliferazione cellulare (Cividini et al. 2015a).

La cN-II bovina è stata espressa in Saccaromyces cerevisiae (Allegrini et al. 2013) il quale possiede una 5’-Nucleotidasi solubile, codificata dal gene ISN1 (Itoh 2001). La cN-II bovina e l’enzima del lievito (Isn1p) differiscono per specificità di substrato e regolazione. Oltretutto, l’analisi della sequenza di allineamento rivela che Isn1p non possiede nessuna significativa omologia con altre 5’-Nucleotidasi di altri eucarioti (Itoh 2001). Le cellule di lievito con cN-II silenziata mostrano, rispetto alle cellule controllo, un più corto tempo di duplicazione ed una significativa riduzione del pool di nucleosidi trifosfato e contemporaneamente una diminuzione della carica energetica (Allegrini et al. 2013). In altre parole, in diversi modelli cellulari, l’attività specifica di cN-II sembra essere correlata con la proliferazione cellulare (Tozzi et al. 2013, Cividini et al. 2015a, Allegrini et al. 2013). Allo stesso modo simili modificazioni nell’espressione di cN-II in altre linee cellulari non sempre hanno alterato il tasso di proliferazione cellulare (Bricard et al. 2016, Cividini et al. 2015b).

1.2.1 Distribuzione ed attività enzimatica.

La cN-II è stata segnalata per la prima volta nel fegato di alcuni vertebrati come pollo, ratto, maiale e rana. Successivamente l’enzima è stato isolato da vari altri tessuti di vertebrati, quali cuore di pollo, cuore e rene di ratto, polmone di suino e tessuti umani, come linfociti maligni, placenta, eritrociti, linfociti e carcinoma del colon (Itoh 1993).

Attraverso studi condotti da Itoh e mediante saggi di immunotitolazione, volti ad eliminare l'interferenza di fosfatasi non specifiche ed altre Nucleotidasi, è stata rivelata l’attività enzimatica nei mammiferi; la quale è risultata elevata in tessuti come testicoli e milza e bassa nel muscolo scheletrico e negli eritrociti. (Itoh e Yamada 1991).

Il gene che codifica per la proteina si trova nel cromosoma 10 (Galmarini et al. 2003) ed il suo mRNA è espresso in tutti i tessuti umani.

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L’attività specifica della 5’-Nucleotidasi citosolica è significativamente maggiore in estratti di cellule umane di carcinoma al colon rispetto all’attività misurata in tessuto peritumorale apparentemente normale degli stessi pazienti; questo conferma le osservazioni preliminari sul fatto che la proteina è maggiormente espressa in cellule con un’attiva sintesi di DNA e/o con un elevato turnover di acidi nucleici e loro precursori (Tozzi et al. 1991).

L’enzima è specifico per IMP (Km 0,1 mM), GMP e suoi deossiderivati corrispondenti. È attivato da ATP, ADP, 2,3-bifosfoglicerato (BPG) ed in misura minore da altri nucleoside difosfato e trifosfato (Tabella 1.1). La cN-II è, infatti, conosciuta anche come Nucleotidasi GMP-IMP specifica, in quanto preferisce come donatori del gruppo fosfato nucleosidi 6-idrossipurinici monofosfato, IMP, dIMP, GMP, dGMP e XMP. L’AMP e l’UMP, sono substrati, ma l’attività

enzimatica è più bassa rispetto a quella in presenza di IMP (Itoh et al. 1967, Spychala et al. 1988, Tozzi et al. 1991, Allegrini et al. 1997), i valori di Km per AMP e UMP, infatti, sono maggiori di 1mM e circa 10 volte più elevati rispetto alla Km per IMP (Spychala et al. 1988, Worku e Newby 1982, Pesi et al. 1994).

L'attività enzimatica dipende dalla carica energetica e dalla concentrazione di fosfato. L'inibizione da parte del fosfato inorganico (Pi) viene neutralizzata dall'ATP a concentrazioni fisiologiche e, in misura minore, da ADP (Banditelli et al. 1996, Allegrini et al. 2001, Baiocchi et al. 1996). Grazie all’antisiero specifico per la Nucleotidasi è stato possibile determinare la sua distribuzione subcellulare. Dopo colorazione immunoistochimica è emerso che la cN-II è localizzata esclusivamente nella matrice citoplasmatica (Itoh 1993).

La 5’-Nucleotidasi di tipo II è un enzima bifunzionale in quanto dotato sia di attività nucleotidasica che fosfotransferasica: l’idrolisi del fosfato di un nucleoside monofosfato 6-idrossipurinico, forma con l’enzima un intermedio covalente E-P; il fosfato può essere soggetto ad un attacco nucleofilo da parte di una molecola d’acqua (attività fosfoidrolasica) oppure ad un nucleoside accettore (attività fosfotransferasica PHT), (Figura 1.3).

L’idea secondo la quale l'idrolisi del monofosfato, come per molti enzimi che trasferiscono il fosfato, procede attraverso la formazione di un intermedio enzima-fosfato è stata avanzata nel 1982 da Worku e Newby (Worku e Newby 1982); questa ipotesi era basata su prove cinetiche. La formazione dell’intermedio fosforilato è stata successivamente dimostrata intrappolando il fosfoenzima marcato con 32P, seguito da elettroforesi e autoradiografia (Baiocchi et al. 1996).

Tabella 1.1 caratteristiche strutturali e funzionali di cN-II (Bianchi e Spychala 2003)

Figura 1.3 Attività nucleotidasica (in alto) e fosfotransferasica (in basso) della cN-II. (d)N1MP e (d)N2MP: (desossi)nucleoside

monofosfato 1 e 2. (d)N1 e (d)N2: (desossi)nucleoside 1 e 2. E: enzima, Pi: fosfato, E-P: intermedio covalente enzima-fosfato (Baiocchi et al. 1996)

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Si è visto che la formazione dell’intermedio pentacovalente e la dipendenza dal Mg2+ sono peculiarità che accomunano tutti gli enzimi appartenenti alla superfamiglia delle HAD (Baiocchi et al. 1996, Allegrini et al. 2013, Allegrini et al. 2004, Spychala et al. 1988, Pesi et al. 1994). Co2+, Mn2+, Ni2+, esercitano la solita funzione del magnesio ma per farlo si necessita di concentrazioni più alte (Spychala et al. 1988, Marques et al. 1998, Itoh 1993, Spychala et al. 1999).

Le reazioni idrolasica e fosfotransferasica, mostrano valori ottimali di pH differenti, rispettivamente 6,5 e 7,4. È di notevole importanza, inoltre, la presenza di un agente riducente come condizione favorevole all’azione dell’enzima (Banditelli et al. 1996, Pesi et al. 1994).

Condizioni fisiologiche di pH e attivatori favoriscono l’attività PHT. Questa attività dipende dalla presenza di inosina, la quale è considerata miglior accettore con una Km di circa 1 mM ed anche attivatore dell’enzima (Pesi et al. 1994). Il meccanismo di reazione suggerito designa l’idrolisi dell’intermedio fosforilato come tappa limitante della reazione, mentre il sito attivo parzialmente idrofobico spiega la preferenza dell’enzima per l’inosina invece che per la molecola d’acqua. Pertanto, in presenza di inosina il fosfato viene ceduto a questa piuttosto che alla molecola d’acqua e l’enzima agirà come fosfotransferasi.

1.2.2 Cinetica e regolazione allosterica.

Come accennato, per esplicare la propria funzione, cN-II necessita di cationi metallici bivalenti, preferibilmente Mg2+. In particolare, in presenza di circa 10 mM di Mg2+, la proteina idrolizza l'inosina

monofosfato (IMP) con un profilo cinetico di tipo iperbolico; a concentrazioni inferiori di Mg2+, la cinetica

sarà rappresentata da un profilo sigmoidale (Worku e Newby 1982).L’enzima catalizza l’idrolisi anche di altri substrati, come l'AMP, attraverso lo stesso sito attivo (Van der Berghe et al. 1977) sebbene con un profilo marcatamente sigmoidale in quest’ultimo caso. La sigmoidicità del profilo cinetico di AMP è indipendente dalla concentrazione di Mg2+.

Diverse molecole fosforilate quali ADP, ATP, BPG, (Bontemps et al. 1988, Bontemps et al. 1989), o diadenosina polifosfati (principalmente Ap4A) mostrano un effetto attivante sulla cN-II (Pinto et al. 1986,

Marques et al. 1998). Quest’ultimi influenzano la reazione enzimatica aumentando la Vmax, riducendo i valori

di Km ed agendo tutti sullo stesso sito. Con l'aggiunta di ATP, il profilo cinetico dell’AMP diventa iperbolico

e la sua Vmax è dello stesso ordine di grandezza di quella dell’IMP. Tuttavia, l'IMP mantiene una Km nettamente

inferiore e non dipende dall'ATP per la cinetica iperbolica (Spychala et al. 1988).

L’ATP protegge l'enzima contro l'inattivazione termica o l'azione della tripsina (Itoh 1993), stessa cosa fanno ADP e AMP. Va notato che l'ATP o gli altri effettori non sono direttamente coinvolti nella reazione stechiometrica (Tozzi et al. 1991), ma, piuttosto, nella regolazione allosterica, nella stabilizzazione e nell’attivazione combinata. È stato visto che altri composti come polifosfati (Marques et al. 1998) e decavanadato (Le Hir 1991) attivano cN-II con la stessa modalità degli altri attivatori.

L’unico inibitore conosciuto è l’ortofosfato, il quale agisce aumentando la Km dell’IMP circa 24 volte, mentre quella dell’inosina di 4 volte. Per quanto riguarda l’attività fosfotransferasica la Vmax non viene alterata in modo significativo, a differenza, invece, dell’attività nucleotidasica che è 2-3 volte maggiore. L’inibizione

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dovuta al fosfato può essere rimossa solo parzialmente in presenza di ADP. Pertanto a parità di condizioni, una concentrazione di 4 mM di ADP sarà sufficiente per rimuovere il 40% dell’inibizione, invece, 4 mM di ATP rimuoverà l’inibizione per l’85% (Pesi et al. 1994).

In assenza di effettori, la cN-II funge da fosfoidrolasi, ma a concentrazioni fisiologiche di ATP e fosfato, agirà da fosfotransferasi e la sua attività dipenderà dalla disponibilità di un nucleoside accettore adatto (Pesi et al. 1994). Come dimostrato sia nella cN-II bovina che in quella del muscolo cardiaco di ratto, l’attività della proteina è condizionata dalla carica energetica della cellula (Worku e Newby 1982, Pesi et al. 1994, Pesi et al. 1996).

Fisiologicamente la diadenosina tetrafosfato (Ap4A) potrebbe essere l'effettore principale in quanto attiva

l'enzima a concentrazioni di due ordini di grandezza inferiori all'ATP (Pinto et al. 1986). L’Ap4A, infatti, attiva la cN-II con una K50 micromolare (83 µM), dello stesso ordine di grandezza della sua concentrazione fisiologica, facendo capire come variazioni di tale composto possono modulare l’attività enzimatica. I nucleosidi tetrafosfati, sono stati considerati come segnali molecolari sia di natura extracellulare che intracellulare, in quanto coinvolti in processi cellulari come differenziamento e meccanismi che conducono all’apoptosi: in alcune linee cellulari umane si è visto un aumento di Ap4A durante il processo apoptotico (Vartanian et al. 1999).

Attraverso uno studio condotto su cN-II purificata da cervello di ratto, finalizzato ad evidenziare gli effetti causati da alcuni composti adenilici simili all’Ap4A si è notato che la sostituzione di una molecola di adenosina con un altro nucleoside purinico, come ad esempio Ap4G, Ap4X e Ap4I, riduce solo parzialmente l’effetto della diadenosina tetrafosfato; mentre la sostituzione dell’adenosina con un nucleoside pirimidinico come Ap4U, Ap4C, o la modifica dell’anello adenilico e del terminale 3’ idrossilico rimuove completamente l’attivazione della cN-II. È stato evidenziato, inoltre, che la lunghezza della catena di fosfati gioca un ruolo nell’attivazione enzimatica: Ap5A e Ap6A attivano l’enzima (anche se in misura minore ad Ap4A), invece Ap2A e Ap3A non lo attivano (Marques et al. 1998).

Un altro importante effettore della cN-II è il BPG, la cui K50 è nell’ordine del millimolare (Bontemps et al. 1988, Pesi et al. 1996). Un attivatore analogo al BPG è il decavanato (derivato dall’ortovanadato) che agisce a concentrazioni nanomolari sulla cN-II, ma esplica un’azione inibitoria sulle altre fosfoidrolasi (Pesi et al. 1996). In assenza degli effettori sopracitati, concentrazioni di NaCl, KCl e P pari a 300 mM promuovono la stabilizzazione e l'attivazione dell'enzima (Spychala et al. 1999), abbassando la Km per i suoi substrati (e

aumentando la Vmax nel caso dell’IMP). NaCl e KCl rendono il profilo cinetico di AMP iperbolico. Inoltre,

diversi sali di acido tricarbossilico (malato, fumarato e succinato) hanno effetti simili.

Di contro il Pi è stato segnalato per la sua capacità di aumentare la sigmoidicità dei profili cinetici (Spychala

et al. 1988), o la Km nel caso di profili iperbolici (Pesi et al. 1994). Si presume competa con il substrato nel

sito attivo allosterico, o agisce sul sito effettore (Spychala et al. 1988). ATP e Pi tendono a contrastarsi a

vicenda. Pertanto, le diverse condizioni sperimentali possono essere responsabili di diverse proprietà o comportamenti contraddittori dell'enzima. È stato anche suggerito, sulla base della caratterizzazione cinetica,

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che l'enzima abbia almeno tre siti effettori, uno per ATP, uno per ADP e uno per BPG (Allegrini et al. 2004, Pesi et al. 1998).

La CN-II è stata purificata da varie fonti ed è sempre stata descritta come omotetramero (Zimmerman 1992, Itoh 1993).In estratti di vari organi sono state messe in evidenza 2 diverse forme dell’enzima chiamate A e B. La forma A è attivata in misura maggiore sia da ADP che da BPG, i quali non modificano l’affinità dell’enzima per i substrati, ma aumentano la Vmax. Le due isoforme presentano stessa affinità per ADP (K50 di circa 2 mM) ma la forma A presenta maggiore affinità della forma B per il BPG, le rispettive K50 sono infatti 0,29 e 0,9 mM (Pesi et al. 1998). Nella forma B, inoltre, è stata notata una cooperazione tra gli effetti di ADP e BPG. Il BPG abbassa la K50 dell’ADP a 0,7 mM, valore molto vicino a quello fisiologico e a sua volta l’ADP abbassa la K50 di BPG a 0,17 mM (Pesi et al. 1998, Pesi et al. 1996).

1.2.3 Struttura.

I cDNA di cN-II al momento disponibili sono stati ottenuti da fegato di pollo, placenta umana e timo di vitello (Oka et al. 1994, Allegrini et al. 1997). La sequenza di cDNA umana ottenuta dalla placenta umana è lunga 561 basi e corrisponde ad un'unità monomerica di peso molecolare pari a 65kDa, a conferma di quanto riportato da studi precedenti i quali indicano che il peso molecolare per cN-II sia nell'intervallo dei 50-70 kDa (Spychala

et al. 1999).

Studi eseguiti su cN-II proveniente da timo di vitello, evidenziano la presenza di un residuo di arginina all'estremità C-terminale, come sito bersaglio di proteasi. Questo spiega la presenza di due forme separate di cN-II. Le due isoforme A e B, presentano una massa molecolare rispettivamente pari a 59 kDa e 54 kDa

(Allegrini et al. 2004), sono presenti nei tessuti in vivo e non derivano da eventi proteolitici accidentali durante la procedura; inoltre hanno anche un diverso comportamento cromatografico: quando una miscela con le due forme viene caricata su una colonna con ADP-agarosio (cromatografia di affinità), la forma A non interferisce con la fase stazionaria, la forma B viene trattenuta e può essere eluita in presenza di ADP (Pesi et al. 1998).

Le 5’-Nucleotidasi intracellulari condividono tre motivi conservati che sono stati trovati in enzimi della superfamiglia HAD. I tre motivi, (Figura 1.4), si trovano nel dominio simile al ripiegamento a/b di Rossmann, nonché sito di legame al fosfato catalitico in questi enzimi. Il motivo I è direttamente coinvolto nel meccanismo di reazione della 5’-Nucleotidasi (Rinaldo-Matthis et al. 2002), in cui il primo residuo di aspartato effettua un attacco nucleofilo sul fosfato del nucleoside monofosfato e il secondo residuo di aspartato dona un Figura 1.4 (a)motivi catalitici nella sequenza cN-II. Gli amminoacidi blu sono

residui catalitici conservati in altri enzimi HAD; gli amminoacidi in giallo sono residui non caricati con somiglianze in altri enzimi della famiglia HAD; gli amminoacidi rossi sono residui C-terminali coinvolti nella regolazione dell'attività di cN-II. Tra parentesi è il numero di residui omessi. (b) amminoacidi catalitici in

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protone al nucleoside di partenza. La sequenza di allineamento di questi motivi ottenuta in fosfoserinefosfatasi e mdN, e studi di mutagenesi diretta su cN-II di bovino hanno confermato il ruolo simile dei residui catalitici (Allegrini et al. 2004). Quindi, l’aspartato 54 del motivo I, l’aspartato 351 e l’aspartato 356 del motivo III coordinano il Mg2+, invece la metionina 53 e la treonina 56 del motivo I consentono il corretto posizionamento di tutti i residui di aspartato, mentre la treonina 249 del motivo II e la lisina 292 del motivo III stabilizzano l’intermedio fosforilato.

Walldén e collaboratori (2007), hanno condotto studi di cristallografia a raggi X per apprendere la struttura tridimensionale dell’enzima. Poiché la proteina completa è scarsamente solubile e non permette di raggiungere gli alti valori di concentrazione necessari per la cristallizzazione si sono utilizzati cristalli ricavati da una proteina priva dei 25 residui aminoacidi C-terminali. La cN-II è stata cristallizzata in presenza di BeF3⁻, che mima il complesso intermedio fosfoenzimatico, e di adenosina la quale mima il legame degli effettori nei siti regolatori, MgSO4 dove Mg2+ è essenziale nell’attività enzimatica, mentre lo ione SO42- mima i legami dei gruppi fosfato del substrato e dei diversi effettori.

La proteina è costituita da quattro subunità identiche, (Figura 1.5) in linea con studi precedenti a sostegno del fatto che la proteina funzioni come un tetramero.

Figura 1.5 Struttura tetramerica di cN-II. Sono evidenziati il sito attivo, i siti effettori 1 e 2 e le interfacce di subunità A e B. In rosso e giallo vengono mostrati i solfati, in arancione il magnesio ed in bianco le due adenosine. Gli atomi polari sono codificati a colori come segue: azoto in blu e ossigeno in rosso (da Walldén et al. 2007b).

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La singola subunità della cN-II è caratterizzata da un tipico dominio a/b contenente un foglietto b anti-parallelo a otto filamenti e circondato da otto a-eliche; questa struttura è simile al "dominio core" del ripiegamento di Rossmann, osservato in altre proteine della superfamiglia HAD. Il dominio “core” contiene il sito di legame per il fosfato del nucleotide substrato. La cN-II rispetto a mdN e cN-III, contiene cinque eliche aggiuntive ed alcune anse importanti per le interazioni con le subunità o nel legame con la molecola effettore (Figura 1.6) (Bianchi e Spychala 2003, Pesi et al. 1994, Allegrini et al. 1997, Pesi et al. 1998, Spychala et al. 1999).

La proteina ha, inoltre, un dominio più piccolo detto “cappuccio” caratterizzato da un fascio di 4 eliche, in maniera del tutto simile al “cap domain” che in mdN e cN-III lega la base del nucleotide (Rinaldo-Matthis et al. 2002, Wallden et al. 2005). Suddetto dominio è esteso per contenere anche due foglietti b antiparalleli composti da tre e quattro filamenti, una a-elica supplementare e due strutture ad anello che consentono il legame della molecola effettore o l’interazione tra le subunità enzimatiche, (Figura 1.6) (Walldén et al. 2007b).

Il tetramero è formato da due dimeri identici in cui i solfati legati nel sito di legame 1 per l’effettore, mediano i contatti tra le subunità nell'interfaccia A. Quest’ultima contiene 53 residui amminoacidici, di cui 19 formano legami idrogeno e 4 formano dei ponti salini con i residui della subunità adiacente. L’interfaccia B contiene 28 residui, di cui 8 creano legami idrogeno. Non sono stati trovati ponti salini su questa interfaccia. Le subunità sono legate mediante rotazioni di 180 ° attorno alle interfacce A e B. Il sito attivo di cN-II è localizzato tra il dominio “core” ed il dominio “cappuccio” come nella mdN e in cN-III. Il dominio “core” contiene i tre motivi, precedentemente citati, i quali formano il sito di legame per il fosfato del substrato e costituiscono la porzione catalitica delle 5’-Nucleotidasi e di molti enzimi appartenenti alla famiglia HAD.

1.2.4 Ruolo fisiologico.

Dal punto di vista fisiologico, il compito principale di cN-II è quello di contribuire all’omeostasi dell’IMP e di tutti i componenti purinici derivanti da esso (Tozzi et al. 2013).

L’importanza delle rispettive attività idrolasica e fosfotransferasica di cN-II nel metabolismo cellulare non è chiara. In assenza di substrati accettori di fosfato o in assenza di effettori quando sono presenti accettori di

Figura 1.6 Struttura generale di una subunità della cN-II con legati ioni solfato

(rosso e giallo), Mg2+ (verde) adenosina (arancio); il dominio “cap” è in giallo

e arancio e il core-domain è in blu e azzurro. (Modificato da Walldén et al., 2007b)

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fosfato, cN-II svolge essenzialmente la funzione di idrolasi. Come tale la sua attività è ottimale su IMP (e GMP, almeno in vitro) a pH 6,5.

L’enzima è regolato dal Pi e dalla carica energetica di adenilato nelle cellule (Itoh 1981). Nei casi di bassa energia, anossia od ischemia, quindi la deplezione di ATP e l'accumulo di Pi impediscono alla cN-II di degradare l'IMP e probabilmente il GMP. Questo limita la perdita di nucleotidi purinici a favore di nucleosidi diffusibili (Berman et al. 1988, Barsotti et al. 2003). Da studi su uccelli è emerso che la proteina ha un'elevata attività nel fegato, organo centrale in quanto ha il compito di fornire di purine tutti gli altri organi, attraverso il trasporto eritrocitario, (Itoh 1993, Tjernshaugen e Fritzson 1984) e di degradare i nucleotidi purinici in eccesso in acido urico. Questo evidenzia l'importanza catabolica dell’enzima nel controllo della concentrazione intracellulare di AMP e IMP. La proteina può anche avere un ruolo diretto nell'idrolisi dell'AMP laddove la cN-I è assente come nei leucociti polimorfonucleati (Worku e Newby 1983), sebbene con un'attività prevedibilmente bassa alla concentrazione fisiologica di Pi. È stato dimostrato, invece, che a concentrazioni fisiologiche di Pi e ATP la cN-II si comporta principalmente come fosfotransferasi. Come enzima fosfotransferasi avrà un pH ottimale intorno ai valori fisiologici 7,4 (Banditelli et al. 1996), ed è coinvolto nella fosforilazione di nucleosidi come l'inosina e la xantosina (Barsotti et al. 2005), offrendo loro un percorso alternativo di salvataggio. La cN-II può anche consentire la formazione di dIMP a partire da IMP come donatore e deossiinosina come accettore di gruppo fosfato. Questa reazione, seguita dall'interconversione di dAMP o dGMP, può bypassare la via della ribonucleotide riduttasi (Tozzi et al. 1991).

La cN-II fosforila diversi analoghi nucleosidici antivirali come 2’,3’-dideossinosina, l’Aciclovir o 8-azaguanosina (Tozzi et al. 1991). Inoltre, l’enzima come Nucleotidasi può essere coinvolto nella resistenza agli analoghi nucleosidici, utilizzati nel trattamento delle neoplasie ematologiche e di alcuni tumori solidi, invertendo il loro anabolismo funzionale (Bretonnet et al. 2005). La cN-II è coinvolta, inoltre, nel mantenimento del pool intracellulare di fosforibosil-pirofosfato PRPP, un pentoso-fosfato donatore di gruppi ribosio fosfato per la produzione di nucleotidi purinici. La regolazione della sintesi di PRPP, dovuta all’enzima PRPP-sintetasi, e la sua utilizzazione da parte della fosforibosiltransferasi sono i principali fattori che concorrono al mantenimento dei livelli intracellulari di

PRPP (Becker 2001). La cN-II partecipa alla regolazione del ciclo delle ossipurine (IMP/GMP), necessario per la regolazione dei nucleotidi 6-ossipurinici ma anche dei livelli di PRPP e Ribosio-1-P (R1P), importanti per la via di sintesi e recupero di purine e pirimidine. Il “ciclo dell’ossipurina”, anche chiamato “ciclo dei nucleosidi purinici” (Barankiewicz et al. 1982) è un percorso ciclico, composto da ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi (HPRT), nucleoside fosforilasi e cN-II (Figura 1.7). In tale ciclo

la cN-II agisce andando a produrre inosina partendo da IMP come substrato. La controparte della cN-II nel

Figura 1.7 Il ciclo dell’ossipurina. Gli enzimi protagonisti

sono:1. HPRT; 2. cN-II; 3.purina nucleoside fosforilasi (PNP). La reazione netta è l’idrolisi del 5-PRPP in Rib 1-P e pirofosfato inorganico (PPi). (da Leach et al., 1998).

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ciclo è l’enzima purina nucleoside fosforilasi, il quale scinde il substrato inosina o guanosina trasformandolo in ipoxantina o guanina e R1P. Ipoxantina e guanina sono substrati della ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi (HGPRT) che insieme al PRPP arriva a produrre il nucleoside monofosfato (IMP o GMP) e pirofosfato inorganico (PPi) (Ipata e Tozzi 2006). È stato proposto che il ciclo svolge un ruolo nella regolazione metabolica dei livelli di PRPP intracellulare, in quanto la reazione netta del ciclo è l'idrolisi del PRPP (Berman e Human 1990).

Da una serie di studi è emerso che il citosol delle cellule di cervello di ratto è particolarmente adatto per definire la cinetica del ciclo, perché l'IMP e l'inosina non agiscono come substrato di attività chinasiche e la xantina ossidasi è praticamente assente nel cervello di ratto (Barsotti et al. 2003, Mascia et al. 1999, Markley et al. 1973). Come evidenziato in Figura 1.7, la velocità del ciclo dei nucleosidi purinici e, di conseguenza, il tasso di idrolisi del PRPP con formazione di R1P, sono modulati dall'ATP, il quale agisce come attivatore della cN-II, e dal Pi che esplica la sua azione inibitoria. Il BPG potrebbe sostituire l’ATP nell’attivazione dell’enzima. Studi in vitro ed in preparati citosolici del cervello di ratto sulla cinetica del ciclo (Barsotti et al. 2003) hanno dimostrato che IMP, inosina e ipoxantina, raggiungono un livello di stato definito stazionario. Sorprendentemente, alla fine di questo stadio stazionario, la cui durata dipende dalla concentrazione iniziale di PRPP, l'ipoxantina si accumula bruscamente a causa della degradazione dell'IMP. Dall’interpretazione dei risultati si evince che mentre il PRPP viene degradato a PPi e R1P, gli intermedi vengono continuamente riciclati, ma, non appena il PRPP viene idrolizzato, l’enzima HPRT diventa inattivo; quindi il ciclo "collassa", provocando la degradazione dell'IMP da parte della cN-II e l'accumulo di ipoxantina da parte della nucleoside fosforilasi. Di conseguenza, la durata della fase stazionaria può essere considerata come una misura del tasso di consumo del PRPP. La velocità del ciclo, misurata dal tasso di idrolisi del PRPP, dipende dalla concentrazione di proteine, dagli attivatori allosterici di cN-II e dal Pi, l'inibitore allosterico. Risulta chiaro che la modulazione della cN-II potrebbe, quindi, regolare il ciclo nucleosidico delle ossipurine. L’ipotesi è che a rapporti normali bassi [Pi]/[ATP], tipico di cellule ben ossigenate, la cN-II è completamente attiva, e la velocità del ciclo massima. Come conseguenza, il pool di PRPP viene mantenuto ad un livello basso, e la via di salvataggio o sintesi de novo restano inattive. Durante l'ischemia, invece, il rapporto [Pi]/[ATP] aumenta drasticamente (Leach et al. 1998, Phillis et al. 1996), poiché la situazione è invertita la via di salvataggio o la sintesi de-novo durante la riperfusione rendono disponibile un numero sufficiente di PRPP. Questo processo, che rappresenta il vero recupero purinico, è favorito dall'aumento dei livelli base di purina nell'ischemia (Phillis et al. 1996) e dall'aumento del PRPP che accompagna la massiva degradazione dell'ATP, come avviene nel cervello dei ratti in condizioni anossiche (Barsotti et al. 2002). Un principio ampiamente accettato è che, in condizioni normali, il pool di PRPP viene mantenuto ad un livello basso, per evitare una sintesi nucleotidica eccessiva e sbilanciata. Il PRPP, "carburante" del ciclo, è un precursore obbligato del recupero delle purine, mentre il R1P, uno dei prodotti del ciclo, può essere usato per il recupero dell'uracile e l’attivazione del 5-fluorouracile (5-FU), (Ipata e Tozzi 2006).

La cN-II può partecipare inoltre alla regolazione di pools intracellulari di nucleosidi/nucleotidi adenilici, come evidenziato da esperimenti eseguiti in cellule neuronali di ratto. L’AMP derivato dall’ATP può essere

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catabolizzato secondo due possibili vie, il “pathway dell’adenosina” e il “pathway dell’IMP”. Nel primo caso abbiamo che la cN-II idrolizza l’AMP a Ado, l’adenosina deamminasi quindi la converte in inosina. Nel secondo caso abbiamo che l’AMP è deaminato ad IMP dall’adenilato deamminasi che a tal punto diventa substrato della cN-II. In condizioni normossiche quando la concentrazione di ATP è 3,6 mM la cN-II catabolizza l’AMP attraverso il “pathway dell’IMP”, con una produzione di adenosina scarsa o nulla. In aggiunta, attraverso preparazioni citosoliche del cervello di ratto, si è potuto constatare un accumulo principalmente di IMP e non di AMP o adenosina. Ciò può essere spiegato dall’inattivazione di cN-II, provocata dalla scomparsa di ATP, attivatore allosterico dell'enzima (Figura 1.8). Questa condizione aumenta anche il valore della Km per il substrato IMP che passa da un valore micromolare a uno millimolare (Pesi et al. 1994). Ad una concentrazione iniziale di 0,5 mM di ATP, l'AMP prodotto segue “la via dell’adenosina” ed aumenta

immediatamente e temporaneamente. Questo accumulo è seguito da un incremento di adenosina, inosina e ipoxantina. Ciò suggerisce una relazione tra AMP prodotto e adenosina, inosina e ipoxantina e spiega l'osservazione apparentemente paradossale per cui partendo da una minore concentrazione di ATP si ha una maggiore produzione di adenosina (Barsotti e Ipata 2004).

Lo sviluppo dei modelli cellulari dove l’espressione di una particolare proteina è stabilmente alterata è un ottimo approccio per scoprire le funzioni fisiologiche di determinate proteine, a tal proposito sono stati condotti studi in cui è stata alterata l’espressione della cN-II. Nel muscolo scheletrico umano e nel topo il silenziamento del 60% dell’attività enzimatica, ha permesso di valutare gli effetti sul metabolismo del glucosio e dei lipidi (Kulkarni et al. 2011). Si è potuto osservare che nel muscolo scheletrico il silenziamento determinava un aumento dei livelli intracellulari di AMP e, quindi, un incremento del rapporto AMP/ATP e ADP/ATP. Come conseguenza a questo cambiamento si ha l’attivazione della protein chinasi AMP dipendente (AMPK). Questi risultati dimostrano che la cN-II nel muscolo scheletrico è responsabile del mantenimento dello stato energetico cellulare attraverso la via dell’AMPK (Kulkarni et al. 2011). In cellule di astrocitoma umano (ADF), invece, lo knock-down di cN-II ottenuto grazie ad una RNAi, meccanismo epigenetico mediante il quale alcuni frammenti di RNA sono in grado di interferire con l'espressione genica, dimostrava che una diminuzione di almeno il 50% dell’enzima era accompagnata dall’attivazione della caspasi3 e da una ingente morte cellulare, apparentemente senza una significativa alterazione del pool nucleotidico intracellulare (Careddu et al. 2008).

Figura 1.8 Vie del catabolismo dell’ATP nel cervello di

ratto.1 adenilato chinasi, 2 adenilato deamminasi, 3 cN-II, 4

purina nucleoside fosforilasi,5 cN-1, 6 adenosina deamminasi (da Ipata e Tozzi 2006).

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