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Applicazione dei PROMs (Patient-Reported Outcome Measures) in Chirurgia Robotica Toracica:esperienza preliminare

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Applicazione dei PROMS (Patient Reported Outcome Measures) in

chirurgia Robotica Toracica: esperienza preliminare

Candidato: Relatore:

Matilde Querci Prof.ssa Franca Melfi

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Indice Capitolo 1. Introduzione 1 1.1 Cenni storici 1 1.2 Epidemiologia 3 1.3 Fattori di rischio 5 1.4 Anatomia patologica 11 1.5 Clinica 15 1.6 Diagnosi 22 1.7 Stadiazione 25 1.8 Trattamento 28 1.8.1 Chirurgia 31 1.8.2 Chemioterapia 40 1.8.3 Radioterapia 41

Capitolo 2 Scopo del lavoro 55

Capitolo 3 Materiali e metodi 57

Capitolo 4 Risultati 61

Capitolo 5 Discussione 64

Capitolo 6 Conclusioni 68

Capitolo 7 Figure e tabelle 70

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Capitolo 1 Introduzione

Il tumore del polmone

1.1 Cenni Storici

Il tumore del polmone è stato considerato una patologia rara fino a 150 anni fa. Nel 1878 infatti, esso rappresentava solo l’1 % di tutti i tumori riscontrati durante esame autoptico, mentre raggiungeva già il 10-15 % agli inizi del ‘900 [1].

La sua incidenza è aumentata in seguito, parallelamente al diffondersi dell’abitudine tabagica.

La prima descrizione di tumore del polmone si deve ad Isaac Adler (1849-1918) nella sua opera intitolata “Primary Malignant Growths of The Lungs and Bronchi”.

In questo trattato venivano descritti circa 400 casi di tumore primitivo polmonare, sospetti e certi, con particolare cura nel delineare aspetti storici, eziologici, patologici e clinici.

La correlazione fra fumo di sigaretta e tumore del polmone iniziò a essere sospettata dai clinici negli anni ’30 del ‘900 quando venne osservato un incremento del numero dei casi in pazienti fumatori.

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2 Due decenni dopo il ruolo del fumo nella eziopatogenesi delle neoplasie polmonari venne confermato da uno studio caso-controllo pubblicato in Germania da Muller.

Nel 1943 il German Institute for Tobacco Hazards Reserach divulgò uno studio in cui venne riscontrato che su 109 casi di tumore del polmone solo 3 pazienti erano non fumatori.

Il tabagismo però rappresenta solo uno dei fattori di rischio per il tumore del polmone. Ad oggi, infatti, sono state riconosciute numerose altre cause coinvolte nella sua patogenesi.

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1.2 Epidemiologia

Il carcinoma polmonare è attualmente quello diagnosticato con maggiore frequenza in tutto il mondo e costituisce la causa più comune di mortalità per cancro.

L’incidenza dei nuovi casi di tumore polmonare nel 2008 negli Stati Uniti è stata stimata di 2.015.020 (si noti che nel 1950 erano 18.000) rappresentando circa il 13% delle diagnosi di cancro e il 29% dei decessi cancro-correlati [2].

Sin dai primi anni Novanta i tassi di incidenza e di mortalità relativi alle neoplasie polmonari si sono ridotti molto negli uomini, molto probabilmente in seguito alla riduzione del tabagismo nel corso dell’ultimo trentennio. Nelle donne, invece l’abitudine al fumo si è ridotta in maniera meno drastica.

Dal 1987 il numero di pazienti di sesso femminile decedute ogni anno per tumore polmonare è stato maggiore rispetto al numero dei decessi per cancro alla mammella [3].

Il carcinoma del polmone si manifesta prevalentemente tra i 40 e i 70 anni di età, con un picco di incidenza intorno ai 50-60 anni. Solo il 2% di tutti i casi compare prima dei 40 anni ed in questi ultimi la prognosi è solitamente infausta.

In Italia il tumore del polmone è uno dei più frequentemente diagnosticati e rappresenta il 18% delle diagnosi di tumore negli uomini e l’8% nelle donne.

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4 I dati riguardanti le aree coperte dal Registro Nazionale dei Tumori indicano come prima causa di morte oncologica nella popolazione italiana il tumore del polmone (con 33.386 decessi registrati nel 2014- dati ISTAT) seguito dal carcinoma del colon-retto e dal carcinoma della mammella [4].

Il tasso di sopravvivenza relativa al primo anno è aumentato del 34% nel 1975 al 41% nel 2007 grazie soprattutto al miglioramento delle tecniche diagnostiche e terapeutiche [5].

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5

1.3 Fattori di rischio

La patogenesi del tumore del polmone è multifattoriale. I principali fattori di rischio vengono classificati in modificabili e non modificabili.

I fattori di rischio modificabili comprendono: sesso, razza, età e predisposizione genica. I fattori modificabili, invece: fumo di sigaretta, fattori ambientali, occupazionali ed altre patologie polmonari non maligne in atto.

• Sesso: Il tumore del polmone è più frequente nel sesso maschile, anche se negli ultimi anni vi è stato un aumento dell’incidenza nel sesso femminile. Questa inversione di tendenza riflette la diversa diffusione del fumo di tabacco nei due generi; le donne infatti hanno iniziato a fumare più tardi ed in età più avanzata.

L’incidenza è aumentata infatti del 49% in dieci anni [8].

• Razza: La diversa incidenza del carcinoma polmonare nei vari paesi è correlata con la diversa abitudine al fumo, oltre che a fattori occupazionali e sanitari. Ad esempio, la popolazione Afroamericana ha un tasso di incidenza simile a quello delle donne occidentali proprio per la meno precoce acquisizione dell’abitudine tabagica [12].

Inoltre, povertà, occupazioni a basso reddito e bassi livelli di formazione sono associati all’aumento di incidenza di cancro

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6 polmonare, indipendentemente dallo stato socioeconomico del paese.

In Cina, ad esempio, c’è una differenza notevole di incidenza di tumore del polmone fra le categorie a reddito più alto e reddito più basso; la classe economica bassa infatti è risultata un indicatore per una diagnosi e prognosi peggiore.

• Età: Come per la maggioranza dei tumori l’avanzare dell’età è un fattore di rischio per la maggior incidenza del tumore del polmone. • Predisposizione genica: È stato stimato che al momento in cui il tumore

viene confermato clinicamente si siano verificate 10-20 mutazioni genetiche. Raggruppamenti familiari sporadici hanno suggerito una predisposizione genetica, come il rischio variabile anche tra i forti fumatori. È stato identificato un ruolo nel pleomorfismo del gene del citocromo P-450 CYP1A1. I soggetti con alcuni alleli pleomorfici di CYP1A1 hanno una maggiore capacità di metabolizzare gli agenti procancerogeni derivati dal fumo di sigaretta e, di conseguenza, hanno un rischio maggiore di sviluppare carcinoma polmonare. Analogamente, soggetti i cui i linfociti vanno incontro a riarrangiamenti cromosomici in seguito a esposizione a sostanze cancerogene correlate al fumo (genotipo sensitivo ad agenti mutageni) hanno anche un rischio decuplicato di sviluppare carcinoma polmonare rispetto ai controlli. Più recentemente studi di associazione genetica hanno dimostrato un legame interessante con

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7 il pleomorfismo nel gene del recettore nicotinico per l’acetilcolina localizzato sul cromosoma 15q25 nel carcinoma polmonare sia nei fumatori che nei non fumatori.

A conferma dell’esistenza di una base genetica, dobbiamo considerare che oltre il 25%dei tumori polmonari colpisce non fumatori. Molti di questi pazienti sono donne sotto i 50 anni con mutazioni EGFR (le più comuni), K-Ras e p53 [13], [5], [14].

• Fumo di sigaretta: L’evidenza statistica e le osservazioni cliniche hanno stabilito una correlazione inequivocabile tra fumo di tabacco e carcinoma polmonare. L’evidenza statistica è incontrovertibile: l’87% dei carcinomi del polmone si sviluppa nei fumatori o in coloro che hanno smesso di fumare di recente. In numerosi studi retrospettivi è stata dimostrata un’associazione statistica tra la frequenza di carcinoma polmonare e la quantità di sigarette fumate al giorno, la tendenza a inspirare il fumo e la durata dell’abitudine. Rispetto al non fumatore, il fumatore medio di sigarette ha un rischio 10 volte maggiore di sviluppare carcinoma polmonare e i forti fumatori (più di 40 sigarette al giorno per molti anni) hanno un rischio 60 volte maggiore. Le donne presentano una suscettibilità più alta all’ azione carcinogenetica del tabacco rispetto agli uomini. La sospensione del fumo per 10 anni riduce il rischio, ma mai fino ai livelli di controllo [19]. Il fumo passivo o la presenza di fumo di tabacco nell’ambiente, espone a numerosi agenti cancerogeni per l’uomo, per il quale non

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8 vi è alcun livello di esposizione sicuro. Si stima che circa 3000 adulti non fumatori muoiano ogni anno per carcinoma polmonare come conseguenza del fumo passivo.

• Anche il fumo della pipa e del sigaro aumenta il rischio in modo comunque molto ridotto rispetto al fumo delle sigarette. L’uso di tabacco non fumato non è certo un’alternativa sicura al fumo di sigaretta o sigaro poiché le sostanze in esso contenute possono causare tumori del cavo orale e condurre a dipendenza da nicotina [5], [16], [17].

L’evidenza clinica di neoplasia polmonare è data in gran parte dall’osservazione di alterazioni istologiche nell’epitelio di rivestimento del tratto respiratorio nei fumatori abituali. Queste modificazioni sequenziali sono state meglio documentate per il carcinoma squamocellulare, ma possono anche essere presenti in altri sottotipi istologici. Vi è dunque una correlazione lineare tra l’intensità dell’esposizione al fumo di sigaretta e l’aspetto sempre più preoccupante delle variazioni dell’epitelio, che iniziano con la metaplasia squamosa e progrediscono con displasia squamosa, carcinoma in situ e carcinoma invasivo. I carcinomi polmonari dei fumatori spesso contengono una tipica, ma non specifica, impronta molecolare relativa alle mutazioni G:C>T:A del gene p53. Tali mutazioni sono probabilmente causate dal benzoapirene, uno dei tanti carcinogeni presenti nel tabacco di sigarette [11], [19].

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9 • Rischio industriale: Alcune esposizioni professionali aumentano il rischio di sviluppare carcinoma polmonare. Le radiazioni ionizzanti somministrate ad alte dosi sono cancerogene, difatti vi è stata una maggiore incidenza di tumori polmonari tra i sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki.

Il rischio di carcinoma polmonare è aumentato dall’esposizione all’asbesto. Il tumore del polmone infatti è il tumore maligno più frequente negli individui esposti all’asbesto in particolare quando associato al fumo. I lavoratori dell’asbesto che non fumano hanno un rischio 5 volte aumentato di sviluppare carcinoma polmonare rispetto ai soggetti di controllo e quelli che fumano hanno un rischio 50-90 volte maggiore. Il periodo di latenza prima dello sviluppo del cancro del polmone è compreso fra 10 e 30 anni [13].

• Inquinamento atmosferico: È probabile che gli inquinanti atmosferici, al giorno d’oggi, svolgano un ruolo riguardo la maggiore incidenza dei carcinomi del polmone. Si è focalizzata l’attenzione sul potenziale problema dell’inquinamento in ambienti chiusi, soprattutto del Radon. Il Radon è un gas radioattivo ubiquitario che è stato correlato a livello epidemiologico ad un’aumentata frequenza di tumori polmonari nei minatori esposti a concentrazioni relativamente alte. Si ritiene che il meccanismo patogenetico sia l’inalazione e il deposito bronchiale dei prodotti radioattivi di decadimento che si legano alle particelle degli aerosol ambientali. Alcuni attribuiscono a questo insidioso

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10 cancerogeno la maggior parte dei carcinomi polmonari nei non fumatori [12].

• Patologie polmonari non maligne in atto: Anche soggetti già affetti da patologie quali enfisema o bronchite cronica, patologie che testimoniano la massiva esposizione al fumo di sigaretta, hanno una probabilità maggiore di sviluppare cancro ai polmoni.

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1.4 Anatomia patologica

La maggior parte dei tumori polmonari origina dall’epitelio bronchiale (90%); più rare sono le forme di derivazione mesenchimale o linfatica. I tumori del polmone si possono classificare secondo la localizzazione in ilari o centrali, medioparenchimali e periferici. La morfologia della lesione può essere correlata all’istologia.

La classificazione istologica del carcinoma polmonare è stata revisionata di recente ed attualmente quella raccomandata è della WHO promulgata nel 2015 [25], [26], [figura 5].

Nell’ambito dei tumori polmonari distinguiamo il NSCLC (Non Small Cell Lung Cancer) ed i carcinomi a piccole cellule (SCLC, Small Cell Lung Cancer).

Nel gruppo dei NSCLC distinguiamo: adenocarcinoma, carcinoma a cellule squamose, carcinoma indifferenziato a grandi cellule e carcinomi neuroendocrini.

Adenocarcinoma: È il tumore epiteliale maligno più frequente con differenziazione ghiandolare o produzione di mucina da parte delle cellule tumorali. L’adenocarcinoma è suddiviso in tre sottotipi acinare, papillare, e solido.

L’adenocarcinoma è il tipo di carcinoma polmonare più comune nelle donne e nei non fumatori [10]. Le lesioni variano istologicamente da tumori ben differenziati con evidenti elementi ghiandolari a lesioni

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12 papillari simili a carcinomi papillari di altri organi, a masse solide che presentano solo occasionalmente ghiandole secernenti mucina. Le mutazioni del gene K-Ras si verificano principalmente nell’adenocarcinoma, con una frequenza molto più bassa nei non fumatori (5%) rispetto ai fumatori (30%). Mutazioni e inattivazioni dei geni p53 e RB1 e p16 hanno la stessa frequenza nell’adenocarcinoma e nel carcinoma squamocellulare. Il tumore si presenta quasi sempre nelle zone periferiche del polmone sotto forma di un nodulo singolo o, più frequentemente, sotto forma di noduli molteplici diffusi, che talvolta confluiscono a provocare un addensamento simile a una polmonite, tipica dell’adenocarcinoma con pattern di crescita lepidico.

Carcinoma squamocellulare: Il carcinoma squamocellulare è per lo più riscontrato nei maschi ed è strettamente correlato ad una storia di tabagismo. Istologicamente questo tumore è caratterizzato da cheratinizzazione e/o dalla presenza di ponti intercellulari. I carcinomi squamocellulari mostrano la massima frequenza di mutazioni di p53 rispetto a tutti gli altri tipi istologici di carcinoma polmonare.

Tale forma di tumore può localizzarsi in posizione più periferica, con una metastatizzazione precoce e prognosi infausta.

Carcinoma a grandi cellule: È un tumore epiteliale maligno indifferenziato privo delle caratteristiche citologiche del carcinoma a piccole cellule e della differenziazione ghiandolare o squamosa. Le

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13 cellule hanno tipicamente grossi nuclei, nucleoli prominenti e una quota modesta di citoplasma. Questo tipo di carcinoma rappresenta probabilmente carcinomi squamocellulari e adenocarcinomi così indifferenziati da non essere più riconoscibili col microscopio ottico [12].

Carcinomi neuroendocrini: I carcinomi neuroendocrini comprendono: il carcinoide tipico, atipico ed il carcinoma a grandi cellule. Questi tipi di tumori sono un gruppo eterogeneo, con differente grado di differenziazione e malignità, accomunati da caratteristiche morfologiche, ultrastrutturali, immunoistochimiche e molecolari.

Il carcinoide polmonare è poco frequente, rappresenta lo 0,4-3% di tutte le neoplasie polmonari; viene classificato tra le neoplasie maligne per la sua tendenza a metastatizzare, anche se lentamente, soprattutto a livello linfonodale. Questo tumore ha origine dalle cellule di Kulchitsky a livello bronchiale, soprattutto in donne di età inferiore ai 60 anni. Esistono due picchi di incidenza, intorno ai 50 anni e intorno ai 30-35 anni. Il carcinoide tipico è la variante più frequente (85%), si presenta in giovane età, più tipica dei non fumatori, ha dimensioni inferiori ai 3 cm e presenta comportamento incerto. Il carcinoide atipico (15%) invece è più aggressivo, presenta solitamente dimensioni superiori ai 3 cm e diffusione linfonodale nel 40-48% dei casi. Le metastasi a distanza sono presenti nel 20% dei casi.

Il carcinoma neuroendocrino a grandi cellule è un istotipo poco frequente, con caratteristiche morfologiche e immunoistochimiche

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14 neuroendocrine. È un tumore scarsamente differenziato, con alto grado di malignità e scarsa chemoresponsività.

Il carcinoma a piccole cellule, o microcitoma (SCLC) rappresenta l’istotipo più aggressivo (12-15% delle nuove diagnosi). Questo istotipo si correla al fumo ed è più frequente nel genere maschile, la localizzazione più frequente è quella per-ilare. Si distinguono tre forme istologiche di carcinoma a piccole cellule: ‘oatcells’ (o cellule a chicco di avena), a cellule intermedie o misto [12].

Questo tumore si presenta in genere in fase avanzata, la diffusione metastatica è rapida e a vasta diffusione, spesso già ampiamente disseminata alla presentazione clinica. Rappresenta il tumore polmonare a prognosi peggiore.

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1.5 Clinica

Le manifestazioni cliniche iniziali del tumore del polmone sono estremamente eterogenee e spesso sfumate.

Le manifestazioni delle lesioni maligne polmonari sono prodotte dalla crescita o invasione locale, diffusione metastatica, o sindromi paraneoplastiche [20].

L’80% dei pazienti alla diagnosi presenta sintomatologia clinica, una minor percentuale di soggetti va incontro a una diagnosi incidentale dopo l’esecuzione di una RX torace richiesta per altro motivo [5]. I sintomi da carcinoma polmonare si possono distinguere in:

- Sintomi respiratori - Sintomi toracici - Sintomi generali

- Sindromi paraneoplastiche

- Sintomi dovuti a infiltrazioni di strutture mediastiniche - Segni e sintomi da diffusione extratoracica

Sintomi respiratori:

Il sintomo più frequente specialmente nella fase iniziale è la tosse che può essere il risultato dell’irritazione endobronchiale, infiltrazione parenchimale, o seguente ad una polmonite post- ostruttiva. È necessario soffermarsi su tale sintomo in quanto il paziente, essendo fumatore, tende a convivere con la tosse senza approfondirne eventuali, ulteriori cause. Polmoniti ricorrenti nella

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16 stessa area di distribuzione anatomica o esacerbazioni acute di una COPD dovrebbero far sospettare una neoplasia.

Anche la dispnea, soprattutto se ingravescente deve porre il sospetto di una sottesa neoplasia polmonare.

Un altro sintomo legato al tumore del polmone è l’emottisi, raramente massiva. Il paziente riferisce di trovare tracce di sangue nell’espettorato quando tossisce. Questo sintomo potrebbe essere il risultato di ascessualizzazione tumorale, erosione della parete bronchiale e quindi dei vasi, ulcerazioni delle mucose o tromboembolismo polmonare.

Tuttavia, non è frequente e se presente, può generare il sospetto dell’invasione di un grosso vaso da parte della neoplasia.

Sintomi toracici:

Qualora la neoplasia coinvolga la pleura parietale, parete toracica /o strutture circostanti si ha anche l’insorgenza di sintomi toracici. Il dolore compare quando la neoplasia inizia a sconfinare l’ambito polmonare invadendo la pleura parietale e la parete toracica. Il dolore è puntorio e localizzato se l’infiltrazione interessa la pleura parietale, di tipo muscolare se vengono ad essere interessati anche i muscoli intercostali, sordo e continuo se ad essere infiltrate sono coste o strutture ossee, urente con diffusione metamerica se sono infiltrati i nervi intercostali.

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17 Sintomi generali:

I sintomi generali sono aspecifici e sono rappresentati da febbre, astenia, anoressia, calo ponderale, nausea, vomito e malessere generale.

Sindromi paraneoplastiche:

Le sindromi paraneoplastiche non sono infrequenti nei pazienti con neoplasia polmonare, rappresentano infatti la manifestazione clinica d’esordio nel 2-5% dei pazienti. I tumori che più di frequente causano sindromi paraneoplastiche sono l’SCLC e i carcinomi scarsamente differenziati.

Le sindromi paraneoplastiche sono causate da una inappropriata secrezione ormonale da parte della neoplasia che svolge quindi una attività endocrina con associazione di segni e sintomi caratteristici che possono aiutare nella diagnosi. Le sindromi che si possono riscontrare sono la Sindrome di Cushing, la SIADH (o Sindrome da inappropriata secrezione di ADH) e l’ipercalcemia.

Le sindromi neurologiche sono disfunzioni nervose causate da un meccanismo autoimmune e non da effetti locali del tumore. Più frequentemente questo tipo di sindromi sono associate con il tumore neuroendocrino (SCLC, tumore carcinoide), e sono causate da un meccanismo cellulare T-mediato. Esse comprendono la Sindrome di Lambert-Eaton e le neuropatie periferiche.

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18 Con sindrome mediastinica si intende una situazione caratterizzata da un insieme di segni e sintomi legati alla presenza di una massa occupante spazio nel mediastino.

Tale quadro clinico può manifestarsi in maniera diversa a seconda delle dimensioni della lesione che ne è la causa e della sua velocità di crescita. Nella maggior parte dei casi è responsabile di segni e sintomi di tipo compressivo, derivanti cioè dalla compressione esercitata dalla lesione su diversi organi e strutture.

La compressione della trachea e/o dei bronchi principali è responsabile di tosse e dispnea. La compressione dell’esofago provoca invece difficoltà nella deglutizione di cibi solidi o liquidi (disfagia), mentre l’interessamento delle strutture nervose è responsabile di dolore o di alterazioni del tono della voce, che può diventare roca o tipicamente nasale (disfonia).

Il più comune quadro clinico di presentazione della Sindrome mediastinica è la Sindrome della vena cava superiore, così definita perché derivante dalla compressione esercitata dalla lesione occupante spazio a livello del mediastino sulla vena cava superiore. La sindrome è caratterizzata dalla comparsa di edema a “mantellina” (o collo proconsolare), confinato cioè alla parte alta del torace, al collo e al volto. La sindrome della Vena Cava si associa spesso alla comparsa di turgore giugulare (congestione delle grosse vene del collo che appaiono francamente dilatate) e di circoli venosi superficiali di aspetto reticolare confinati a livello dei fianchi o nella stessa sede dell’edema.

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19 Solo nelle forme più severe si assiste alla compromissione dell’attività cardiaca.

All’incirca per il 75-80% dei casi la sindrome mediastinica è ascrivibile a patologie di tipo tumorale a partenza broncopolmonare.

Anche il dotto toracico può essere interessato da una sindrome ostruttiva; se l’ostruzione del dotto si verifica a livello dello sbocco in vena succlavia si configura il quadro della sindrome di Menetriere, che si manifesta con chilotorace bilaterale recidivante, versamento peritoneale chiloso, edema dell’arto superiore e dell’emitorace sinistro.

Le sindromi neurologiche si presentano in due fasi: una prima fase irritativa dove si ha un’iperfunzione del nervo interessato ed una successiva di paralisi, in cui si assiste ad una completa perdita di funzionalità.

Le manifestazioni cliniche differiscono in base alla struttura nervosa interessata. Riportiamo i differenti quadri sintomatologici nella seguente tabella:

Nervo Fase irritativa Fase paralitica Vago Dispnea,tosse abbaiante Dolore in fossa sovraclaveare, bradicardia e scialorrea

Aumento del tono

simpatico,tachicardia

Frenico Disnpea,singhiozzo

E nevralgie Innalzamento dell’emidiaframma e paralisi Ricorrente Spasmo della

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20 Simpatico

cervicale Sindrome Parfour de Petit di (esoftalmo,midriasi e allargamento della rima palpebrale) Sindrome di Claude-Bernard-Horner(miosi,ptosi,enoftalmo) Simpatico

toracico Tachicardia vasospasmo e cutaneo

Bradicardia,vasoparalisi cutanea, iperidrosi Plesso

brachiale Nevriti, parestesie della spalla e della mano, nevralgie e dispnea Sindrome di Pancoast-Ciuffini (dolore all’arto superiore,atrofia muscolare dell’arto superiore e areflessia tendinea)

Le sindromi respiratorie si caratterizzano per interessamento tracheale e possono causare tosse stizzosa e non produttiva; respiro rumoroso con rumore aspro da stenosi detto ‘cornage’, fino a arrivare a crisi asfittiche nelle forme più critiche.

Le sindromi digestive sono dovute all’interessamento dell’esofago e la sintomatologia tipica si caratterizza per disfagia, rigurgito e scialorrea.

Altra condizione che si può ritrovare associata a neoplasie polmonari è il versamento pleurico, tipicamente unilaterale; esso può essere essudato, siero-ematico spesso recidivante.

Segni e sintomi da diffusione extra toracica:

Le metastasi a distanza sono frequenti nei pazienti con tumore al polmone, esse sono presenti già alla diagnosi in circa il 50% dei pazienti. Le sedi di metastasi più frequenti sono fegato, SNC, surreni, apparato scheletrico, cavo pleurico, polmone omolaterale e/o controlaterale.

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21 Le metastasi del SNC si manifestano con cefalea, nausea, alterazioni del sensorio, deficit focali, alterazioni della personalità.

Le metastasi ossee si presentano con dolore per lisi ossea e fratture patologiche.

Le metastasi surrenaliche ed epatiche sono in genere asintomatiche a meno che non avvenga una sostituzione completa del parenchima originario.

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1.6 Diagnosi

Il tumore del polmone solitamente si sospetta in individui con evidenza casuale di lesione endotoracica all’rx torace o che presentino segni e/o sintomi causati o da effetti locali o sistemici del tumore.

Inizialmente è fondamentale una accurata anamnesi del paziente associata all’esame obiettivo. Con l’anamnesi è possibile valutare i vari fattori di rischio ed eventuali abitudini di vita predisponenti a malattia oncologica [20].

Il passo successivo sarà la citologia dell’espettorato che deve essere raccolto in maniera corretta 3 volte a settimana per 2/3 settimane. Questa metodica ha una sensibilità del 66% e una specificità del 99% che però varia in base alla localizzazione del tumore.

La radiografia del torace, se non già eseguita, andrà effettuata sempre in proiezione antero-posteriore e laterale. L’evidenza di una lesione espansiva polmonare richiederà l’esecuzione di una TC torace con mezzo di contrasto. Grazie a questa metodica possiamo valutare la sede della lesione, la sua morfologia e i suoi rapporti con le strutture circostanti. Qualora possibile la TC va confrontata con esami precedenti per valutare eventuali variazioni nella morfologia e nelle dimensioni della lesione. Le caratteristiche di malignità per una neoformazione polmonare sono il carattere evolutivo, il diametro superiore ai 6 cm, margini irregolari, l’enhancement contrastografico, la presenza di strie di raccordo con la pleura parietale, la presenza di

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23 linfoadenopatie mediastiniche con diametro assiale minore superiore al centimetro e versamento pleurico omolaterale [21].

La TC dovrà essere estesa anche all’addome ed al cranio per la definizione del fattore “M”.

PET con FDG: La presenza di una lesione parenchimale polmonare sospetta per neoplasia richiede l’esecuzione di PET total body con glucosio marcato. Tale esame di radiodiagnostica nucleare fornisce informazioni sullo stato metabolico tipicamente aumentato nel tessuto neoplastico e quantificato numericamente rispetto ad un valore standard: il SUV (Standard Uptake Value).

Il passo successivo nel percorso diagnostico è la caratterizzazione cito-istologica ottenibile mediante diverse tecniche:

Broncoscopia: Con tale metodica è possibile esplorare direttamente l’albero bronchiale fino alle diramazioni segmentali. La fibrobroncoscopia consente inoltre il prelievo di frammenti della lesione (nel caso di tumori aggettanti nel lume bronchiale), di brushing sulla mucosa respiratoria e di esame citologico del liquido di broncolavaggio. È possibile inoltre procedere a biopsia transbronchiale mediante ago nel caso di linfoadenopatie. Quest’ultima procedura è eseguibile anche con guida ecografica (EBUS).

Uno studio randomizzato ha messo a confronto la bronscoscopia convenzionale con quella guidata dagli ultrasuoni (EBUS);

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24 quest’ultima è risultata essere migliore come metodo bioptico in tutte le stazioni tranne che nella regione sottocarenale [22].

Agoaspirato (FNAC Fine Needle Aspiration Citology) e agobiopsia (FNAB Fine Needle Aspiration Biopsy) per via percutanea vengono eseguite sotto guida ecografica o TC. Vengono applicate generalmente per lesioni periferiche e superiori ad 1 cm [23], [24].

A ulteriore completamento diagnostico è mandatorio indagare il fattore M. La tecnica diagnostica differisce in base alla sede di metastasi sospettata.

Per lesioni intracraniche le metodiche di scelta saranno la TC e la RMN. A livello osseo RX, scintigrafia e PET.

Per quanto riguarda invece l’interessamento epatico e delle ghiandole surrenali la TC addome fornirà un quadro esaustivo [25].

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1.7 Stadiazione

Per la stadiazione del tumore del polmone viene comunemente utilizzato il sistema TNM che valuta tre parametri: T: l’estensione e la localizzazione della lesione tumorale primitiva, N: la presenza di linfonodi patologici ed infine il parametro M che valuta l’eventuale presenza di metastasi a distanza. Nel 2017 è stata eseguita l’ultima revisione di tale sistema per il carcinoma polmonare e ne è stata diffusa l’VIII edizione [25], [figura7].

Il cTNM si riferisce alla stadiazione clinica del tumore, cioè allo studio pre-operatorio; il pTNM, ovvero la stadiazione patologica, si avvale dell’analisi anatomopatologica post-intervento.

Lo studio pre-operatorio può essere eseguito con differenti metodiche. Per lo studio del parametro T possono essere utilizzate: -TC con mdc che consente di apprezzare le dimensioni della lesione e l’eventuale infiltrazione delle strutture adiacenti ad essa.

-RM che è utile a stabilire i rapporti del tumore con le strutture adiacenti soprattutto i tessuti molli della parete toracica. La RMN rappresenta inoltre il gold standard per studiare il coinvolgimento del plesso brachiale, midollo spinale, parete toracica e arteria succlavia [5].

-Broncoscopia: utile nelle lesioni centrali ad indagare l’interessamento delle vie aeree ed ottenere diagnosi pre-operatoria.

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26 Per quanto riguarda lo studio del parametro N gli strumenti di cui ci si avvale sono:

-TC che consente di individuare eventuali linfadenopatie tramite la valutazione delle dimensioni dei linfonodi e dell’enhancement contrastografico.

-PET: È un esame che usa il 18-Fluorodesossiglucosio radiomarcato (18-FDG) per identificare cellule ad elevata attività metabolica [28]. -Mediastinoscopia: È l’esame che permette la visualizzazione diretta dell’area toracica compresa tra i due polmoni (mediastino) attraverso una sonda a fibre ottiche(mediastinoscopio). La mediastinoscopia prevede l’apertura chirurgica del mediastino.

-Mediastinotomia: È un esame indicato per le biopsie del mediastino anteriore a contatto con la parete toracica. L’incisione cutanea viene eseguita lungo il margine superiore della III o IV costa, e dopo aver separato le fibre del muscolo grande pettorale, si incide il muscolo intercostale accedendo direttamente al tessuto da bioptizzare.

-Toracoscopia: L’accesso alla cavità toracica si ottiene mediante il posizionamento di due-tre trocar attraverso cui si inseriscono il toracoscopio e gli strumenti di lavoro quali pinze, forbici, uncini, coagulatori e suturatrici meccaniche. Il toracoscopio è uno strumento che connesso ad una sorgente luminosa ed una telecamera che consente la visualizzazione del campo operatorio su monitor. Per poter eseguire l’intervento è necessario il collasso del polmone omolaterale, ottenuto mediante intubazione selettiva. La videotoracoscopia viene

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27 impiegata a scopo diagnostico e/o a scopo terapeutico. E’utile per la stadiazione dei linfonodi primitivi e della lesione primitiva.

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1.8 Trattamento

Il tumore del polmone va trattato con differenti strategie a seconda dello stadio, delle caratteristiche istologiche e dello status generale del paziente.

Le opzioni terapeutiche a disposizione per il trattamento del tumore del polmone sono: chirurgia, chemioterapia, radioterapia ed immunoterapia, utilizzabili singolarmente o in maniera combinata a seconda dei casi. Il trattamento di scelta per il carcinoma polmonare che garantisce un migliore overall survival è quello chirurgico con intento curativo. Tale approccio, sfortunatamente, è possibile solo in una percentuale esigua di pazienti, in quanto la maggior parte di essi presenta alla diagnosi una malattia in stadio avanzato.

Stadio I-II:

I pazienti in stadio I-II rappresentano solamente il 25-30% di tutti i pazienti a cui viene diagnosticata una neoplasia polmonare. Per i pazienti operabili la lobectomia con linfadenectomia mediastinica è considerata il gold standard [28]. La letteratura attuale ci dice che la prognosi a 5 anni di pazienti trattati chirurgicamente va dal 60 all’80% per lo stadio I e dal 30 al 50% per lo stadio II. Inoltre, la presenza di metastasi linfonodali è il più importante fattore prognostico nei tumori NSCLC resecabili. Il riscontro di linfonodi postivi riduce la OS a 5 anni di circa il 50,42% rispetto a pazienti privi di interessamento linfonodale [30]. La dissezione di più stazioni linfonodali permette una

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29 sopravvivenza maggiore anche per i pazienti in stadio I-II. Nonostante le neoplasie N0 (assenza di linfonodi metastatici) abbiano una prognosi favorevole, il 20% degli stadi I recidiva a livello linfonodale anche dopo resezione chirurgica radicale [31]. Questo dato suggerisce che vi possono essere micro-metastasi occulte, non identificate né durante la stadiazione pre-operatoria né durante l’analisi anatomopatologica.

Un’altra causa di recidiva di carcinoma polmonare a livello linfonodale è data dalle cosìddette skip metastasis (salto del linfonodo), cioè la possibilità che cellule neoplastiche possano bypassare i linfonodi regionali e metastatizzare direttamente a stazioni linfonodali a distanza.

Stadio III:

Lo stadio III appare disomogeneo poiché comprende situazioni cliniche diverse fra loro. Fanno parte di questo stadio anche le neoplasie N2, con coinvolgimento linfonodale mediastinico.

A questo stadio l’approccio terapeutico è multimodale. Il tipo di trattamento chirurgico dipende dall’estensione del tumore primario, dall’interessamento linfonodale e dall’eventuale risposta alla terapia di induzione [16]. In questi casi può essere utile attuare una chemioterapia eventualmente abbinata anche alla radioterapia pre o post-operatoria [31], [32].

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30 La modalità combinata di terapia ha portato ad un miglioramento dell’overall survival dei pazienti in stadio III.

Stadio IV:

Nello stadio IV includiamo pazienti con malattia metastatica; in questi pazienti si opta per terapie sistemiche o palliative, comunque non chirurgiche. Per pazienti che presentano una singola metastasi a livello della ghiandola surrenalica o del SNC la chirurgia può essere presa in considerazione come opzione terapeutica. Studi su metastasi sincrone e metacrone a livello surrenalico dimostrano che vi è un miglior outcome dopo rimozione della metastasi e chirurgia sulla lesione primitiva polmonare [33]; vi è infatti un aumento circa del 25% delle probabilità di sopravvivenza. Questo tipo di approccio terapeutico però è da riservare esclusivamente a pazienti selezionati; in caso di metastasi cerebrali la chirurgia non è attuabile se la radicalità richiede resezioni estese.

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1.8.1 Chirurgia

Nel trattamento del tumore del polmone la chirurgia rappresenta il trattamento di elezione per una sopravvivenza a lungo termine. La terapia chirurgica è difatti la terapia di scelta per gli stadi iniziali della neoplasia (I, II).

I pazienti candidati a chirurgia devono essere valutati nel pre-operatorio dal punto di vista sia pneumologico che cardiologico. La scelta dell’intervento da eseguire in caso di neoplasia polmonare si basa sullo stadio clinico.

L’approccio chirurgico può essere tradizionale (chirurgia open) o mini-invasivo (VATS o robotico).

Resezioni Parenchimali:

-Lobectomia: Si definisce lobectomia la completa asportazione di uno dei 5 lobi polmonari. Questo tipo di tecnica chirurgica rappresenta la terapia di scelta per gli stadi I e II del NSCLC, nei pazienti con neoplasia confinata ad un solo lobo e sufficiente riserva respiratoria [34].

-Pneumonectomia: La pneumonectomia consiste nella rimozione di un intero polmone. L’indicazione a questo tipo di intervento deriva dall’estensione della lesione neoplastica. Questa tecnica chirurgica presenta un rischio di mortalità operatoria del 7% ed il rischio è

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32 maggiore in caso di pneumonectomia destra. Una meta-analisi eseguita tra il 1990 e il 2003 ha confrontato i risultati di sopravvivenza in pazienti sottoposti a ‘sleeve lobectomy’ (ossia lobectomia con resezione circonferenziale del bronco interessato, seguita da anastomosi tra via aerea distale e la porzione prossimale del bronco principale) versus pneumonectomia. La sleeve lobectomy è risultata migliore in termini di sopravvivenza e qualità di vita, suggerendo di preferire una sleeve, se attuabile [35], [36], [46].

-Bilobectomia: La bilobectomia si esegue nel polmone destro, consiste nella rimozione del lobo medio insieme al lobo superiore o inferiore. Questo tipo di tecnica viene utilizzata allorquando il tumore sconfina la scissura e si estende anche al lobo adiacente oppure quando il bronco intermedio è interessato dalla lesione o da importante linfadenopatia.

-Segmentectomia: La segmentectomia consiste nell’asportazione di uno o più segmenti polmonari. Questo tipo di intervento è considerato ottimale per l’NSCLC di dimensioni inferiori a 2 cm.

-Resezione atipica: La resezione atipica rappresenta una resezione parenchimale che non rispetta i limiti anatomici di un segmento. Viene eseguita di solito con suturatrici meccaniche. A questo tipo di approccio si associa una sopravvivenza a 5 anni più bassa rispetto alle

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33 altre tecniche di resezione. Viene riservata a pazienti con importanti comorbidità o a scopo puramente diagnostico.

Vie di accesso al torace:

-Chirurgia tradizionale (open)

Nella chirurgia tradizionale è previsto un accesso al cavo pleurico tramite toracotomia laterale, posterolaterale o anteriore. Questo tipo di accesso comporta un importante dolore post-operatorio poiché prevede una sublussazione delle articolazioni condrosternali con conseguente irritazione del nervo intercostale.

La toracotomia laterale e posterolaterale viene fatta con paziente posizionato in decubito laterale. Solitamente l’incisione chirurgica viene effettuata al V spazio intercostale, tra V e VI costa. Nella toracotomia laterale l’incisione è lunga 10-15 cm ed origina dalla linea ascellare media estendendosi anteriormente. Vengono isolati i piani muscolari e separati i fasci del muscolo gran dentato senza reciderli, l’accesso al cavo pleurico viene poi eseguito tramite incisione sul margine costale superiore [figura 8]

Nella toracotomia posterolaterale l’accesso viene eseguito a partire dal punto medio tra il margine vertebrale della scapola e i processi spinosi della colonna vertebrale, fino alla linea ascellare anteriore, in

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34 corrispondenza del solco sottomammario o sottopettorale, passando a 3 cm circa dall’angolo scapolare inferiore. Vengono sezionati i muscoli della parete toracica. Il primo piano muscolare da sezionare è costituito dal trapezio posteriormente e dal gran dorsale anteriormente. Il secondo piano muscolare è quello costituito dal muscolo dentato anteriore. Identificato il piano costale, la scapola viene sollevata per esporre la V e la VI costa. Si ricerca la VI costa e si incide il periostio. Questa tecnica offre un accesso più ampio, ma implica la sezione dei muscoli.

Nella toracotomia anteriore il paziente viene messo in posizione supina. L’accesso viene confezionato dal margine sternale fino alla linea ascellare media sul IV spazio intercostale. Vengono sezionati i muscoli pettorale e dentato anteriore.

-Chirurgia mini-invasiva

L’evoluzione in campo tecnologico ha consentito di mettere a punto tecniche di intervento mini-invasive finalizzate a ridurre le complicanze della toracotomia standard ed i tempi di degenza postoperatoria, mantenendo risultati oncologici positivi [54], [55]. Dati in letteratura hanno dimostrato che la tecnica mini-invasiva risulta infatti essere sovrapponibile alla open in termini di sopravvivenza, mortalità e valutazione dello stato linfonodale [56].

Le tecniche mini-invasive oggi utilizzate per il trattamento del NSCLC sono la VATS e la chirurgia robotica. L’indicazione chirurgica per i

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35 diversi approcci è la stessa, vengono candidati infatti ad intervento chirurgico mini-invasivo pazienti con una lesione polmonare singola, confinata in un lobo, senza infiltrazione della parete toracica e con buona riserva cardiopolmonare.

La toracoscopia permette un minor traumatismo tissutale rispetto alla toracotomia tradizionale ed assicura una più rapida ripresa postoperatoria soprattutto in relazione alla ridotta sintomatologia dolorifica lamentata dal paziente con conseguente riduzione del tempo di degenza ospedaliera post-intervento [57]. Non deve poi essere trascurato il fatto che l’assenza della cicatrice toracotomica rende meno frequente l’insorgenza di complicanze infettive in corso di chemioterapia adiuvante [58], [59].

Tuttavia, la VATS si associa a limiti di carattere tecnico dovuti alla visione esclusivamente bidimensionale e la scarsa manovrabilità degli strumenti toracoscopici [60]. Queste difficoltà sono state superate con l’avvento della chirurgia robotica.

La storia della chirurgia robotica inizia nel contesto bellico, quando si rendeva manifesta la necessità di disporre di una tecnologia che rendesse possibile eseguire interventi a distanza per i soggetti feriti [61]. Il primo sistema robotico venne ideato per la chirurgia addominale e denominato Automated Endoscopic System for Optimal Positioning, approvato dalla US Food and Drug Administration (FDA).

La stessa compagnia che ha sviluppato questo sistema (Computer Motion, Inc., Goleta, CA, USA) creò successivamente ZEUS™ , un robot

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36 messo a punto per coadiuvare l’atto del chirurgo in interventi di mini-invasiva.

Contemporaneamente a Zeus veniva sviluppato il Da Vinci system™ dall’Intuitive Surgical (Sunnyvale, CA, USA), il cui utilizzo venne inizialmente autorizzato solo per la chirurgia addominale e cardiaca. Attualmente il Da Vinci™ Robotic System è ampiamente utilizzato in tutto il mondo in quasi tutte le discipline chirurgiche.

Quattro generazioni di robot DaVinci si sono succedute negli anni (standard, S, Si e Xi). In particolar modo il Da Vinci Si e l’Xi hanno mostrato un notevole miglioramento nell’outcome chirurgico rispetto ai precedenti in commercio [62].

La robotica rappresenta l’evoluzione della VATS, in quanto a minor trauma, minor tempo di degenza ospedaliera, minori complicanze e dolore post-operatorio, associando il tutto alle tecnologie più avanzate. Il sistema Da Vinci consente infatti una visione 3D che raggiunge una magnificazione fino a dieci volte quella reale, una migliore manovrabilità degli strumenti con 7 gradi di libertà e filtrazione del tremore fisiologico della mano del chirurgo [63].

Il Da Vinci™ è costituito dai seguenti elementi: -consolle

-robot chirurgico (o carrello)

-strumenti operatori con articolazione interna EndoWrist®.

Il primo operatore occupa la consolle dotata di un sistema di visualizzazione 3D. Inferiormente al display si trovano i master controls,

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37 destro e sinistro, utilizzati dal chirurgo per trasferire i movimenti ai bracci meccanici collegati agli strumenti chirurgici. Ogni movimento della mano, delle dita e la rotazione del polso vengono trasmessi dalla consolle in tempo reale agli strumenti robotici collegati al carrello-paziente. La consolle dispone inoltre di un sistema a pedali per l’elettrocoagulazione.

Il carrello-paziente si compone di 4 bracci meccanici. Un braccio viene riservato all’ottica tridimensionale, mentre gli altri tre consentono l’ancoraggio di uno qualsiasi degli strumenti robotici. I bracci del robot vengono ancorati nella fase di “docking” ai quattro trocar inseriti su altrettanti accessi toracici. Gli strumenti chirurgici sono stati progettati in modo da mimare i movimenti articolati di mano e polso umani; prevedono pertanto 7 gradi di movimento e 90° di angolazione.

Tecniche chirurgiche:

Video Assisted Thoracic Surgery: La tecnica VATS consente la resezione parenchimale associata a linfadenectomia mediante accessi chirurgici che non prevedano incisione dei muscoli della parete toracica e divaricazione dello spazio intercostale. Solitamente viene eseguito un accesso al VII o VIII spazio intercostale sulla linea ascellare ed una utility incision anteriormente, consentendo un più facile accesso all’ilo. L’utility incision viene confezionata al IV spazio

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38 intercostale per le lobectomie superiori o al V spazio intercostale per le lobectomie inferiori e del medio. Viene eseguita anche una terza incisone, posteriormente, vicino la punta della scapola utilizzata per spostare posteriormente il polmone e posizionare le suturatrici meccaniche [48], [50].

Chirurgia robot-assistita: la Chirurgia robot-assistita prevede il confezionamento di 4 accessi [figura 11]. L’accesso per l’ottica 30 gradi viene eseguito a livello del VII-VIII spazio intercostale sulla linea ascellare media. Posteriormente a questa incisione vengono eseguiti altri due accessi, uno sullo stesso spazio intercostale a circa 6 cm di distanza e uno nel triangolo auscultatorio, tra il margine posteriore della scapola e la colonna vertebrale. Quando le caratteristiche fisiche del paziente lo consentono si cerca di confezionare le due incisioni posteriori sullo stesso spazio intercostale utilizzato per l’ottica di modo da ridurre il dolore post- operatorio. L’ultimo accesso che si esegue è anteriore a livello del V-VI spazio intercostale a livello della linea ascellare anteriore. Viene utilizzata l’insufflazione di CO2 a basso flusso (5-7 mmHg) durante l’operazione chirurgica. Questo consente un aumento dello spazio disponibile all’interno del torace, in quanto favorisce il collasso del polmone e retrae il diaframma verso il basso. L’uso della CO2 è utile anche nei pazienti affetti da broncopneumopatia ostruttiva nei quali i fenomeni di ‘air- trapping’ rendono il collasso del polmone più difficoltoso.

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39 L’uso della chirurgia robotica nella chirurgia toracica è diventato molto diffuso negli ultimi dieci anni. Grazie alle sue caratteristiche avanzate il sistema robotico consente di eseguire un ampio range di complesse operazioni in maniera sicura e confortevole con evidenti vantaggi per il paziente. Per quanto riguarda il tumore del polmone molti studi hanno dimostrato i benefici della chirurgia robotica incluso una minor perdita di sangue e un miglioramento della rimozione linfonodale comparato con altre tecniche minimamente invasive [51]. Inoltre, gli strumenti robotici consentono di raggiungere facilmente spazi endotoracici più profondi consentendo una sicura e precisa rimozione di tumori localizzati in aree non facilmente raggiungibili in VATS o mediante toracotomia. Una delle controversie dell’utilizzo di questo tipo di approccio chirurgico è relativo ai costi molto elevati che ne rende la diffusione ben selezionata.

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1.8.2 Chemioterapia

Un trattamento sistemico chemioterapico può essere programmato in ottica neoadiuvante, adiuvante o negli stadi avanzati di malattia. Si può optare per un trattamento chemioterapico esclusivo quando la malattia è già in fase avanzata e la chirurgia non è più una strada percorribile.

La chemioterapia neoadiuvante è un tipo di trattamento che viene eseguito prima dell’intervento chirurgico per ottenere un controllo locale della malattia. Questo approccio viene utilizzato nei tumori potenzialmente resecabili, con lo scopo di ridurre la massa tumorale o linfonodale e di controllare eventuali micro-metastasi [39].

La chirurgia andrebbe programmata tra la terza e la quinta settimana dalla fine del trattamento neoadiuvante, per ovviare al problema della fibrosi dei linfonodi ilo-mediastinici indotta dai farmaci chemioterapici che potrebbe rendere difficoltoso l’isolamento dei vasi.

È stato tuttavia dimostrato come i pazienti sottoposti a trattamento neoadiuvante siano più esposti al rischio di complicanze intra e post-operatorie maggiori [40].

La chemioterapia adiuvante invece viene eseguita dopo l’exeresi chirurgica della neoplasia, con lo scopo di ottenere un controllo sistemico della malattia. Negli stadi iniziali della malattia in realtà l’utilizzo della chemioterapia adiuvante è controverso. Studi

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41 dimostrano che nello stadio IA non abbia alcun vantaggio terapeutico, mentre nello stadio IB il ruolo è tutt’ora dibattuto; mentre migliora la sopravvivenza negli stadi II e IIIA completamente resecati. Nel carcinoma polmonare viene comunemente utilizzato un regime basato sull’utilizzo del Cisplatino, che si è dimostrato aumentare la sopravvivenza. La chemioterapia diviene un trattamento di prima scelta nello stadio III B, eventualmente in associazione a radioterapia. Solitamente si usa una combinazione tra un derivato del platino (cisplatino o carboplatino) e un altro agente citotossico (tassani, pemetrexed, vinorelbina,camptotecine,gemcitabina) [41].

I regimi polichemioterapici consentono di ottenere risposte migliori, ma sono attuabili solo se le condizioni generali di salute del paziente lo consentono per la loro tossicità. Un trattamento in monoterapia deve essere preso in considerazione nei pazienti in condizioni cliniche non ottimali che si pensa non possano tollerare più di un farmaco [42], [43].

Negli adenocarcinomi sono stati individuati dei sottogruppi con particolari mutazioni genetiche, che possono beneficiare di terapie biologiche, che causano meno effetti collaterali. Per le varianti EGFR mutate si può utilizzare Gefitinib o Erlotinib, mentre per le ALK mutate Crizotinib [44]. Sono comunque una minoranza i pazienti che possono beneficiare di target therapy. Solo il 10% dei soggetti affetti da NSCLC presenta mutazione EGFR, mentre la traslocazione di ALK si riscontra nel 5% dei casi [45].

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1.8.3 Radioterapia

La radioterapia può essere considerata in regime neoadiuvante, in associazione o meno con la chemioterapia. Le indicazioni per questo approccio sono tumori non resecabili per volume o infiltrazione, come ad esempio il Tumore di Pancoast o tumori con interessamento linfonodale mediastinico.

Il trattamento radioterapico può essere proposto anche in ottica adiuvante dopo l’intervento di exeresi chirurgica in casi selezionati. Questo trattamento si può applicare in caso di malattia localmente avanzata, mancata radicalità oncologica con margine di resezione positivo dopo l’intervento chirurgico, in presenza di un esteso interessamento linfonodale. In tali pazienti il rischio di recidiva è alto. La radioterapia può essere usata anche a scopo sintomatico o palliativo in pazienti con malattia localmente avanzata, con sindromi mediastiniche o metastasi ossee. Lo scopo è antalgico e di controllo dei sintomi.

La radioterapia è l’approccio di scelta negli stadi I e II quando l’intervento chirurgico è controindicato o rifiutato dal paziente. L’intento è curativo anche se non radicale con una sopravvivenza a 5 anni del 20%.

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43 PROs

Si definisce PRO (patient reported outcome) l’“esito” riportato direttamente dal paziente, a seguito della sua diretta esperienza e mediante compilazione di un questionario, ottenuto in occasione di un percorso di cura.

Il PRO, che non è interpretato da un clinico, riguarda lo stato di salute del paziente, la sua Qualità di Vita ed il suo stato funzionale a seguito di un trattamento o un ricovero.

I parametri indagati devono essere misurati in termini assoluti ed oggettivi (un esempio emblematico è la scala del dolore).

Il PRO può inoltre essere di grande aiuto nel riportare cambiamenti da uno stato di salute globale iniziale ad uno successivo l’utilizzo di un dato farmaco: l’esempio tipico è un nuovo “onset” sul parametro “nausea” dopo la somministrazione di un antiemetico.

Il patient Rerported Outcome fornisce un’interpretazione più “olistica” su un dato sistema di cura in oggetto di studio. Ad esempio, un nuovo farmaco in corso di sperimentazione può dimostrare un buon risultato clinico in termini di sopravvivenza per una determinata popolazione, mentre il PRO può far emergere il fatto che il paziente non è compliante con la terapia e riferire effetti avversi o un peggioramento della sua Qualità di Vita.

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44 L’efficacia della terapia quindi ha varie dimensioni che includono l’effetto clinico della cura ed il beneficio avvertito dal paziente.

L’esperienza del paziente ha giocato un ruolo fondamentale nella ricerca clinica e continua ad avere importanza sempre crescente nella pratica medica: in alcuni trial farmacologici dove non è possibile un outcome oggettivo, come il grado di morbidità o qualsiasi condizione in cui l’outcome può essere osservato dal solo paziente in termine di impatto sulla salute, i PROs possono essere usati come mezzo primario di outcome.

Concetti principali valutati in PRO:

Qualità della vita correlata alla salute (health-related Quality of

Life – HRQoL)

L’HRQoL è multidimensionale; essa costituisce la valutazione del paziente su una condizione di salute, il suo trattamento, sulla propria vita quotidiana, includendo: funzione fisica, funzione psicologica, funzione sociale, funzione del ruolo, funzione emotiva, benessere, vitalità, stato di salute.

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45 Valutazione dei trattamenti, della preferenza del paziente, dei sistemi di erogazione dell’assistenza sanitaria e degli operatori sanitari, dei programmi di formazione del paziente, e dei dispositivi medicali.

Funzionamento fisico

Limitazioni fisiche e restrizioni dell’attività, includendo: cura di se stesso, deambulazione, mobilità, sonno, disabilità.

Stato psicologico

Influsso positivo o negativo e funzione cognitiva, includendo: collera, prontezza, autostima, sensazione di benessere, angoscia, capacità di affrontare la situazione.

Segni e sintomi

Racconto di sintomi fisici e psicologici o di sensazioni non osservabili direttamente, includendo: energia e affaticamento, nausea, irritabilità.

Funzionamento a livello sociale

Limitazioni nel lavoro o a scuola, partecipazione in comunità.

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46 Racconti o osservazioni sull’uso attuale dei trattamenti.

Utilità

L’utilità, o efficacia, è la capacità (percepita) di qualcosa di soddisfare bisogni o desideri. In economia sanitaria, l’utilità è l’unità di misura dell’intensità delle preferenze dei pazienti. Ad esempio, quanto sono importanti per i pazienti vari fattori come i sintomi, il dolore e la salute psicologica. È possibile quindi calcolare l’impatto di nuovi trattamenti su tali fattori e quindi sulla qualità della vita (quality of life, QoL). Si tratta di un approccio comune utilizzato dagli organismi preposti alla valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA), i quali offrono raccomandazioni sull’opportunità di finanziare i trattamenti (per esempio) da parte del Servizio sanitario nazionale.

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47 PROMs

I PROMs non sono altro che le misurazioni degli esiti ottenute dalla ricerca dei PRO (per lo più dopo somministrazione di questionari di carattere generale o specifico).

Ad oggi i PROMs sono stati utilizzati per scopi di ricerca, soprattutto come parte di un sondaggio di popolazione ed occasionalmente per monitorare la salute in una popolazione di soggetti.

La FDA (Food and Drug Administration) definisce i PROMs come un “ombrello” che incorpora ogni notizia riguardante le condizioni di salute che provengono direttamente dal paziente senza l’interpretazione del responso da parte di un clinico.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un interesse crescente nel porre il paziente “al centro” della ricerca per l’ottimizzazione delle cure, allo scopo di ottenere il massimo dalle terapie fornite dal servizio sanitario.

Il modello su cui nel corso degli anni si sono sviluppati i PROMs per varie discipline mediche è quello inglese.

Le prime esperienze di utilizzo dei PROMs si sono diffuse nel Regno Unito per monitorare le condizioni dei pazienti e per aiutare loro ed i medici nel prendere decisioni riguardanti i trattamenti sanitari.

In UK le misure di esito riferite dal paziente venivano proposte per quattro aree chirurgiche: sostituzione protesica dell’anca e del

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48 ginocchio, intervento per ernia inguinale, intervento per varici degli arti inferiori.

La valutazione dei PROMs era programmata prima e dopo l’intervento chirurgico mediante la somministrazione di due questionari comprendenti i seguenti elementi comuni:

-una misura generale dello stato di salute percepito, comune a tutti gli interventi

-una misura specifica di stato di salute riferita ad un determinato disturbo e allo specifico intervento chirurgico

-una domanda sulle modalità di vita abituali del paziente

-alcune domande volte ad indagare se il paziente è stato aiutato nella compilazione del questionario e se riteneva di avere acquisito una forma di disabilità.

In aggiunta, venivano previste una serie di domande specifiche per il questionario somministrato prima dell’intervento (ad es. informazioni anagrafiche, consenso alla compilazione, comorbilità) ed una serie di domande specifiche per il questionario somministrato dopo l’intervento (ad es. complicazioni, re-ricovero, riabilitazione).

Per ciascun paziente il dataset comprendeva:

-una serie di informazioni anagrafiche per l’identificazione del paziente, che permettono il linkage con altri database sanitari;

-una misura specifica di stato di salute percepito, riferita ad un determinato disturbo e allo specifico intervento chirurgico;

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49 -una misura generale di stato di salute percepito;

-informazioni supplementari sulla salute del paziente, ad esempio la presenza di condizioni croniche (artrite, diabete, etc.) [71].

Evoluzione nella diffusione dei PROMs

Il primo utilizzo su larga scala dei PROMs risale al 1975, quando in Svezia venne stabilito il loro uso su scala nazionale nella costituzione di database clinici malattia-specifici.

Negli anni 2000 i PROMS sono stati introdotti all’interno del sistema sanitario di alcuni stati degli USA come parametro per stabilire il rimborso per i servizi erogati. Dal 2009 è obbligatorio nel Regno Unito l’utilizzo dei PROMs per riportare i risultati su pazienti che vengono operati in elezione, come metodo di raccolta di informazioni sulla efficacia delle cure erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (NHS National Health Service).

Questo obbligo è stato imposto dal governo inglese per permettere un confronto tra i servizi sanitari e per identificare punti forti e debolezze nelle prestazioni offerte, al fine di migliorarne la qualità, la gestione e per promuoverne e standardizzarne la scelta.

Nel corso delle ultime decadi la patient-centredness è divenuta una dimensione, riconosciuta a livello internazionale. Il numero di paesi che hanno incluso la patient-centredness fra le dimensioni della

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50 qualità dell’assistenza, o quantomeno tra i principi e le priorità di un sistema sanitario, è progressivamente aumentato, includendo anche Canada, Australia, Nuova Zelanda, Francia, Germania, Danimarca, Olanda e Svizzera.

Nel nuovo ‘policy framework’ per i sistemi sanitari europei “Health 2020”, approvato nel Settembre 2012 da 53 paesi, una delle quattro aree prioritarie di azione è rappresentata dal rafforzamento del people-centred health systems (WHO,2013). Tra i concetti e gli obiettivi esplicitati in tale area prioritaria figurano, ad esempio:

- Integrate service delivery - Ensure continuity of care - Support self-care by patients

- Encouraging people to participate in new ways in their treatment

- Recognizing patient as resource and as partner

- Skills in supporting patient empowerment and self-care (per i professionisti che operano sia nel settore sanitario che sociale).

In Italia, a partire dal 2010, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AgeNaS) ha avviato un’attività specifica volta alla costruzione di un sistema di valutazione della qualità dell’assistenza sanitaria.

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51 Applicazione in campo oncologico:

L’utilizzo dei PROMs è stato esteso, da quello ortopedico, all’ ambito oncologico seppur in maniera ancora limitata.

Negli Stati Uniti, l’Institute of Medicine è chiamato in causa per prendere decisioni condivise con il paziente al fine di migliorare la qualità del servizio sanitario.

In questo ambito è stato iniziato uno studio denominato CanCORS che aveva come obiettivo quello di indagare i percorsi sanitari, le esperienze dei pazienti con il servizio sanitario e gli outcomes tra i pazienti che avevano ricevuto una recente diagnosi di carcinoma polmonare o colon-rettale nell’ambito di cinque regioni geografiche (North Carolina, Contea di Los Angeles, Iowa o Alabama).

Le analisi sono state poi regolate in base a età al momento della diagnosi, sesso, razza/etnicità, stato civile, grado di istruzione, provenienza geografica, arruolamento in un sistema sanitario integrato (per es. i pazienti del centro per Veterani), eventuali comorbilità, stato di salute precedente alla diagnosi ed eventuale depressione. Inoltre, sono state adeguate anche in base alla modalità di trattamento, istotipo del tumore e stadio.

L’Institute of Medicine ha evidenziato l’importanza di coinvolgere e informare in maniera corretta i pazienti, di condividere le decisioni, come un sistema di offerta di alta qualità del servizio sanitario.

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52 Questa indagine quindi ha reso evidente che i pazienti oncologici traggono beneficio dalla partecipazione e dalla condivisione delle decisioni mediche, anche per coloro che hanno espresso di voler avere un ruolo non attivo in questo tipo di situazione.

Qualità della vita ed applicazione dei PROMs in chirurgia robotica toracica:

L’applicazione in chirurgia toracica robotica dei PROMs è ancora in una fase iniziale di sperimentazione, non esistono ad oggi, dati in letteratura esaustivi in tale ambito.

Tuttavia, numerosi risultano gli studi riguardanti l’impatto delle resezioni polmonari sulla Quality of Life (QoL)

In accordo con i dati di letteratura il fattore che più modifica in senso peggiorativo la qualità della vita dopo resezione polmonare è l’estensione della resezione stessa. Difatti, paragonando la Quality of Life (QoL) postoperatoria in pazienti sottoposti a lobectomia versus pneumonectomia, è stato evidenziato un peggioramento considerevole dello stato generale di questi ultimi, associato ad un conseguente peggioramento della QoL.

Nel 2009, Sartipy ha analizzato retrospettivamente dati riguardanti 250 pazienti che sono stati sottoposti a resezione polmonare per NSCLC. Il gruppo svedese ha somministrato ai pazienti il questionario SF-36, prima e sei mesi dopo la chirurgia [61].

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53 È stata riscontrata una differenza statisticamente significativa nel dominio fisico tra pazienti sottoposti a lobectomia semplice e pneumonectomia (p=0.04), ma non nel dominio mentale (p= 0.72), concludendo quindi che la pneumonectomia ha un impatto negativo nell’aspetto fisico della QoL in relazione alle importanti conseguenze dell’intervento sulla funzionalità respiratoria del paziente.

Ad oggi, esistono in letteratura, studi che riguardano la valutazione della QoL dopo resezione polmonare in chirurgia robotica, che evidenziano risultati positivi [62,63,64]. Fra di essi, uno dei più importanti è sicuramente quello condotto da Cerfolio e collaboratori [65]. Il gruppo di Birmingham ha analizzato retrospettivamente 168 pazienti affetti da NSCLC trattabile chirurgicamente con tecnica robotica, ottenendo una differenza statisticamente significativa nel dominio mentale che è risultato più alto nei pazienti sottoposti a lobectomia robotica rispetto al gruppo open di controllo (p<0.001).

Cerfolio e colleghi hanno ottenuto un trend simile per il punteggio del Physical Summary a tre settimane dalla chirurgia, senza però una differenza statisticamente significativa. Questo studio conferma il ruolo crescente della chirurgia robotica non solo nei risultati oncologici, nella riduzione del tempo di degenza e nel controllo del dolore postoperatorio, ma anche nel miglioramento della QoL di pazienti

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54 affetti da NSCLC trattati con chirurgia mininvasiva rispetto alla toracotomia.

Recentemente l’European Society of Thoracic Surgeon (ESTS) ha creato un gruppo di lavoro sulla QoL e Patients Safety che ha fra i suoi compiti quello di verificare il grado di conoscenza e interesse della QoL e PRO (Patient Reported Outcomes) nella comunità chirurgica. Lo scopo finale è quello di promuovere l’inclusione dei parametri della QoL fra le misure di outcome utilizzate nei controlli chirurgici e controlli di qualità.

Lo sviluppo di questionari più specifici correlati al trattamento chirurgico potrebbe essere d’aiuto alla comunità chirurgica per implementare ricerche future sugli outcomes della QoL [74].

L’utilizzo routinario dei cosiddetti PROMs (Patient Reported Outcome Measures) ha il potenziale di aiutare a trasformare l’assistenza sanitaria. Non solo i PROMs possono aiutare i pazienti e i clinici a prendere decisioni migliori ma possono anche permettere di comparare le performance dei servizi sanitari per permettere di migliorare questi ultimi.

I PROMs dunque possono permettere dei cambiamenti nel modo in cui la sanità viene gestita e organizzata.

Riferimenti

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