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L’Aquila, 6 aprile 2009: la gestione dell’emergenza, la promozione della coesione e della salute sociale/L’Aquila, April 6, 2009: the emergency management, the promotion of cohesiveness and social health

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Psicologia dell’Emergenza

e

dell’Assistenza Umanitaria

SEMESTRALE DELLA FEDERAZIONE PSICOLOGI PER I POPOLI

Numero 14, 2015

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Gian Piero Turchi, Federica Sassoli, Marco Lorenzi, Francesca

Bu-solo, Cataldo Abatematteo, Lisa Fantelli, Elisabetta Lucchini

L’Aquila, 6 aprile 2009: la gestione

dell’emer-genza, la promozione della coesione e della

sa-lute sociale

This work is part of Progetto Vela, a project that aims at "the promotion of health" in communities struck by natural and humanitarian emergencies. It is an initiative organized by a research group from University of Padova (FISSPA Department - Philosophy, Sociology, Pedagogy and Psychology), born in October 2011 with the goal to investigate the outcome on the interactive structure of the community of L’Aquila, meaning how it is shaping its own social reality, after the earthquake of April 6, 2009. The opening words of the article are dedicated to a theoretical re-flection on how elements such as "catastrophe", "health" and "emergency" are known, which led to assume the relevance of investigating them as they are con-figured by the members of the community, instead of considering them as static entities. In line with these assumptions, through specific survey protocols, we re-searched the discourse modes that shape the "health" of L’Aquila before the earthquake, during the hours of post-earthquake emergency, today and in the future. The protocols were administered to different roles (citizens, merchants, teachers, law enforcement officers, Civil Protection operators, doctors and psy-chologists), in order to collect the words of all the voices of the community. The findings showed that the people of L’Aquila still see their community as "living a catastrophe" and linked to the earthquake, which pervaded, and still pervades, the community’s biography (in past, present and future perspective) with a high rate of potential social disintegration.

Il presente lavoro nasce nell’ambito del Progetto Vela, che si pone come obiettivo generale "la promozione della salute” in comunità colpite da emergenza sia natu-rale che umanitaria. Il Progetto è un’iniziativa elaborata da un gruppo di ricercato-ri afferenti all’Università degli Studi di Padova (dipartimento FISPPA – Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata), nato nell’ottobre 2011 con l’obietti-vo di indagare quali siano state le ricadute negli assetti interattivi della comunità aquilana, ossia come essa configuri la propria realtà sociale, in seguito al sisma del 6 aprile 2009. L’incipit dell’articolo consiste in una riflessione teorico-conoscitiva sulla relazione tra “catastrofe”, “salute” ed “emergenza”, che ha porta-to ad assumere la rilevanza di indagarli per come sono configurati dai membri della comunità, anziché considerarli entità statiche di per sé. Coerentemente con questi assunti, attraverso appositi protocolli di indagine, sono state indagate le modalità discorsive che configurano la "salute" del territorio aquilano prima del sisma, nelle ore di urgenza del post-sisma, allo stato attuale e in proiezione futura. I protocolli sono stati somministrati a diversi ruoli (cittadini, commercianti, inse-gnanti, forze dell’ordine, operatori della protezione civile, medici e psicologi), in modo da raccogliere il testo di tutte le voci della comunità aquilana. Quanto emer-so ha mostrato che gli aquilani tuttora configurano la loro comunità come "catastrofica" e dunque associata all’evento sismico; dunque quest’ultimo ha per-vaso, e pervade, la biografia della comunità aquilana (sia in prospettiva passata, che presente, che futura) con alto tasso di potenziale disgregazione sociale. Parole chiave: emergenza, comunità, catastrofe, salute sociale e coesione. Riassunto

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Introduzione

La gestione delle emergenze in Italia e nel mondo continua ad essere drammaticamente un argomento di massima attualità. Da secoli il nostro pae-se è soggetto a eventi naturali che ne scuotono il terreno o allagano le città con danni enormi sia sul piano dei costi finanziari che, soprattutto, di quelli relati-vi alla comunità sociale. Tuttarelati-via, ancora oggi, come dimostrano anche i recen-ti avvenimenrecen-ti nella città di Genova, disponiamo di piani di emergenza che non sempre sono riconosciuti come efficaci e utili, prima di tutto dalle comu-nità coinvolte.

L’attuale metodologia vigente in Italia, definita e implementata dalla Pro-tezione Civile, è chiamata Metodo Augustus (Galanti, 1998) e prevede un in-sieme di linee guida atte a fronteggiare le questioni urgenti che una comunità colpita da un evento catastrofico deve affrontare. Le strategie messe in campo sono certamente necessarie ed efficaci nel provvedere a gestire (e in alcuni casi a eliminare) quelle cause che potrebbero gravare sulle condizioni fisico-sanitarie e logistico-strutturali della popolazione. Tuttavia la ricerca svolta, in linea con le più recenti pubblicazioni in ambito d’emergenza, mette in eviden-za che la gestione di tutti gli aspetti urgenti, per quanto imprescindibile, non è sufficiente a garantire la promozione della salute sociale (Turchi e Della Torre, 2007) e della coesione (Turchi e Romanelli, 2013) entro la comunità colpita. Tali aspetti richiedono ulteriori interventi e modalità di gestione dedicate nel post-urgenza. Per cui, alla luce delle riflessioni successive, ciò che si propone è di spostare il focus dal soddisfacimento delle richieste urgenti che scaturisco-no dalla catastrofe, alla gestione efficiente dell’emergenza, e quindi, andando oltre l’hic et nunc, si coinvolge la comunità in un intervento che si muove in otti-ca futura, promuovendo la coesione sociale.

Com’è noto, l’ambito della psicologia che si occupa dello studio e della gestione di comunità colpite da calamità naturali prende il nome di psicologia dell’emergenza (Pierantoni, 2009), e interviene in seguito a eventi detti catastrofi-ci, siano essi naturali o prodotti dall’uomo, che coinvolgono singoli individui, gruppi, o intere comunità.1 L’articolo mira ad aprire una riflessione sui punti di

forza e gli aspetti critici di quanto prodotto sino ad ora in letteratura e, conse-guentemente, dei piani di emergenza ad oggi disponibili. Tale analisi si avvarrà sia di riflessioni teorico-epistemolgiche che di dati di ricerca, grazie a uno stu-dio svolto entro la comunità de L’Aquila, dove il 6 aprile 2009 un sisma ha scosso violentemente il terreno su cui sorge la città, provocando 309 vittime,

1 Si tratta tuttavia di una disciplina giovane in Italia. Si iniziò a teorizzare sulla psicologia

dell’emergenza in seguito al terremoto in Irpinia nel 1980. Luigi Ranzato, in particolare, propone come data di nascita il 10 ottobre 1997, giorno in cui a Roma il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi approvò un comunicato (pubblicato nel Giornale dell’Ordine n. 5, anno IV, novembre 1997) con il quale si attivava l’intera comunità degli psicologi italiani a seguito del terremoto dell’Umbria. L’interesse per la psicologia dell’emergenza è cresciuto notevolmente nel tempo sino ad arrivare nel 1999 alla costituzione della Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza.

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oltre 1.500 feriti e circa 10 miliardi di euro di danni stimati. L’indagine ha con-sentito di scattare una fotografia di come la comunità descriva se stessa e rac-conti la vita a L’Aquila oggi, a distanza di circa cinque anni dall’evento, ma anche di come parli del passato precedente al terremoto, di come descriva la fase del post-sisma nel 2009 e, infine, di come anticipi il proprio assetto tra qualche anno. Quindi, la ricerca de L’Aquila vuole essere un primo passo per disporre, su basi scientifiche, di dati che descrivano cosa si generi interattiva-mente in una comunità colpita da un evento di questo tipo; a sua volta, quanto rilevato ha rappresentato una solida base per discutere di come si possa fonda-re la scelta delle metodologie d’intervento da adottafonda-re per la gestione delle e-mergenze, tenendo conto che queste ultime sono direttamente interconnesse con gli assetti della comunità (Turchi e Gherardini, 2014). Ad oggi si dispone già di un’ampia letteratura in merito alla gestione dell’emergenza e, seguendo-ne la storia, è chiaramente visibile (come in tutti gli ambiti della psicologia) il percorso da una concezione puramente biomedica a un paradigma di tipo biopsicosociale: nel corso degli anni si è passati infatti da interventi esclusiva-mente sanitari – ove l’attenzione era centrata su bisogni primari come il recu-pero delle vittime e il nutrimento e la sistemazione dei superstiti – a una con-cezione in cui l’obiettivo degli interventi diviene “il completo benessere psico-fisico degli individui e quindi anche quello di un benessere psicologi-co” (Miozzo, 2002).

In realtà è l’emergenza che sussume le urgenze, e non viceversa, come per senso comune si è portati erroneamente a pensare (con effetti sul piano opera-tivo). Vediamo di entrare nel merito. Emergenza indica, già a partire dall’etimo (Migliorini e Duro, 1950), “l’atto dell’emergere” e si riferisce a tutto ciò che si produce in seguito a un evento che possa in una qualche misura modificare l’assetto di una comunità, attenendosi a un piano prettamente descrittivo di ciò che accade. Urgenza invece si definisce, sempre a partire dall’etimo, come “il fatto, la condizione di essere urgente; situazione che richiede interventi imme-diati e rapidi”. Ora, per stabilire che un intervento debba avvenire “immediatamente e rapidamente”, occorre essere nella condizione di rintrac-ciare cause e conseguenze dell’evento su cui s’intende agire: è soltanto a parti-re dalla disponibilità di una legge deterministica che diviene possibile costrui-re progettazioni che abbiano l’obiettivo di ripristinacostrui-re le condizioni pcostrui-receden- preceden-ti, ossia quelle ante l’intervento della noxa causalis. La definizione di emergenza proposta da Sbattella (2009), “situazione interattiva caratterizzata dalla pre-senza di una minaccia; da una richiesta di attivazione rapida e di rapide deci-sioni; dalla percezione di una sproporizione improvvisa tra bisogno (cresciuto per intensità, ampiezza, numerosità, ritmo) e potenziale di risposta attivabile dalle risorse immediatamente disponibili; da un clima emotivo congruente”, è prova dello stato dell’arte cui è giunta la riflessione sull’emergenza, che ancora rimane principalmente ancorata agli aspetti urgenti e ad essi si “riduce”. La centralità è assunta, per esempio, dagli interventi medici dove, a fronte di uno stato di anormalità/modifica delle unità anatomo-funzionali, sia possibile pre-vedere le conseguenze sanitarie per il paziente e agire per estirparne le cause (o attenuarle), ristabilendo la normalità (la condizione sanitaria). Viceversa,

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come accennato, il costrutto di emergenza poggia su un piano unicamente de-scrittivo e ingloba tutti quegli accadimenti che, inserendosi nella storia di una comunità, ne comportano il cambiamento (per quanto forzato e improvviso). Infatti, nel descrivere l’emergenza non si aggiunge alcuna connotazione valo-riale su quanto accaduto (come “bene” o “male”, “meglio” o “peggio”), né si de-finisce con certezza quale sarà l’assetto della comunità in seguito all’evento occorso. Nei casi di emergenza, quindi, non si agisce sulla base di una proget-tazione preventiva fondata su leggi di causa-effetto; bensì le scelte d’interven-to poggiano sull’anticipazione di come il cambiamend’interven-to avvenud’interven-to avvicini o distanzi gli assetti interattivi della comunità da obiettivi di coesione e salute sociale.

Essendo quindi il Metodo Augustus una progettazione costruita a priori, esso esprime la sua massima portata ed efficacia laddove si possano rintraccia-re gli effetti dovuti a un evento causante, quindi nel risponderintraccia-re alle urgenze. Nella pratica, invece, esso viene applicato trasversalmente e indistintamente anche laddove gli effetti dell’evento non siano dati da cause. Nel tentativo di estendere tale efficacia anche a tutti gli aspetti che non rientrano in una logica deterministica, il Metodo Augustus individua come causa la “calamità natura-le” e come conseguenza lo “stato di emergenza” (tutto ciò che accade in segui-to). Nell’ottica del Metodo Augustus “lo stato di emergenza” è concettualizza-to come una fase della gestione delle urgenze, e configuraconcettualizza-to dunque come un insieme di interventi mirati all’annullamento degli effetti della causa terremo-to. La popolazione è vista come “vittima” degli effetti del sisma e priva degli strumenti per fronteggiarlo, divenendo per questo oggetto di mera assistenza da parte delle figure “esperte”. Questo modo di procedere considera l’evento calamitoso come causa, deterministicamente intesa, di quanto accade nella comunità anche rispetto al suo assetto interattivo. Così, però, l’intervento si esaurisce nell’uso di tale impostazione “causa-effetto”, perdendo di vista tutte le possibili ricadute dell’evento stesso nei confronti degli assetti interattivi della comunità: ad oggi, Augustus, che si è evoluto di pari passo alle più recen-ti teorizzazioni dell’emergenza, contempla anche gli aspetrecen-ti sociali e psicologi-ci, intervenendovi tuttavia nella medesima ottica d’urgenza (quindi determini-stica) con cui opera sugli aspetti biologici e strutturali. Viceversa, laddove ci si sposti su un piano (non su uno “stato”, dovuto all’urgenza) di emergenza (ossia, tutto ciò che accade in seguito all’evento calamitoso), la componente interattiva e psicosociale può essere considerata in anticipazione, ma non in previsione (non esistendo una legge causale lineare). In tale piano, l’urgenza è pilotata dall’emergenza (e non viceversa, come accade nel Metodo Augustus): gli interventi urgenti sugli effetti della catastrofe non sono più fine a se stessi, ma divengono strategia di un progetto più ampio che mira alla promozione della salute, intesa come coesione sociale e responsabilità condivisa (Turchi e Gherardini, 2014) fra i membri della comunità. Per cui, quando si presenta un evento come un sisma, possiamo sicuramente prevedere che esso comporterà una serie di effetti (che divengono oggetto dell’intervento urgente, per cui di-sponiamo delle efficaci linee guida dell’Augustus). Parallelamente però, si veri-fica anche una modiveri-fica dell’assetto interattivo della comunità (che non risulta urgente): sarà possibile gestire quest’ultimo a partire da un piano di

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emergen-za che contempli l’elemento di configurazione nuovo, ovvero la catastrofe, che fino all’attimo prima non era presente. Non solo, ma sarà necessario considera-re che le stesse modalità messe in campo nel configuraconsidera-re l’urgenza possano divenire a loro volta degli aspetti emergenti che concorrono a modificare (ulteriormente, insieme all’evento calamitoso stesso) l’assetto interattivo della comunità colpita. Ecco la ragione per cui l’emergenza non può essere uno stato (come dichiarato dalle autorità competenti), ma un piano d’intervento in cui viene necessariamente sussunta anche la fase d’assolvimento delle richieste urgenti (Turchi, 2014).

A fronte di tutto ciò, possiamo dunque aggiungere ciò che segue; quando avviene un terremoto (come nella fattispecie de L’Aquila), non tutto ciò che accade in seguito in termini di assetto della comunità (tra gli altri, famiglie che piangono la morte di uno o più parenti e/o conoscenti; cittadini che chiedono di tornare nella propria casa a prescindere dal suo stato; altri cittadini che fon-dano nuove associazioni; giovani che lamentano la mancanza di luoghi di in-contro e aggregazione; attività produttive che risultano completamente o par-zialmente interrotte ecc.) si pone come effetto diretto dello scuotimento della terra. Ciò che possiamo dire è che tutto ciò che abbiamo descritto in parentesi avviene (può avvenire) in seguito, e dunque che il sisma, inserendosi nella bio-grafia della comunità, ne ha modificato in un certo grado l’assetto interattivo (Turchi e Gherardini, 2014). Le ricadute pragmatiche di tale cambiamento rappresentano delle possibilità che non sono prevedibili nelle loro manifesta-zioni ma soltanto anticipabili a fronte dell’assetto interattivo vigente della co-munità ante l’evento catastrofico. Alla luce di quanto sopra, la costruzione di una progettazione preventiva definita a priori diviene una strategia efficace soltanto per la parte dell’urgenza mentre tutto ciò che emerge(rà) nel post-sisma (compresa, come già asserito, la gestione dell’urgenza stessa) dipenderà in larga misura dal caso e, soprattutto, da quanto fosse già in salute e coesa la comunità colpita.

Entro il Metodo Augustus è l’urgenza che sussume l’emergenza, e questo per la comunità può comportare possibili criticità successive in termini di coe-sione e salute sociale. Invece, a fronte di quanto argomentato, certamente tutto ciò che è urgente è (anche) emergente e, per quanto non tutto ciò che è emer-gente sia (anche) uremer-gente, ciò non di meno può essere ugualmente rilevante, in quanto riguarda le interazioni della comunità e il suo sviluppo in termini di coesione e salute sociale dopo l’evento catastrofico.

Ed è per quanto affermato sino a qui che in Italia possiamo dire di dispor-re di un’adeguata metodologia di risposta alle urgenze che ci permette di coa-diuvare le comunità colpite da eventi naturali, come sismi e alluvioni, nel fare fronte alle necessità fisiologiche della popolazione; si intendono tutti gli aspet-ti legaaspet-ti all’assistenza sanitaria e alle quesaspet-tioni logisaspet-tico-alimentari (come le strutture dormitorio e la distribuzione di pasti). Ad oggi risulta, invece, tra-scurata tutta la componente di emergenza che non è definibile come urgente, e per la quale non disponiamo di leggi deterministiche di tipo meccanicistico (volte dunque a eliminare la causa o ad attenuarne gli effetti). La ricerca con-dotta nella città de L’Aquila ha fornito solide basi per descrivere come la man-cata considerazione dell’emergenza, nella sua componente non-urgente, in un

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piano di intervento per la comunità, possa impattare sulla stessa, allontanan-dola dalla salute sociale e incrinandone pericolosamente, in termini di pro-spettiva futura, la coesione. Conseguentemente, l’indagine offre degli spunti per sviluppare un piano di emergenza che comprenda la gestione di tutti que-gli aspetti che, per quanto non-urgenti, sono ugualmente fondamentali (in quanto comunque emergenti) per promuovere la salute e la coesione di una comunità.

Prima di entrare maggiormente nel merito delle caratteristiche della ricer-ca, dell’analisi dei dati e dei risultati, verranno ora approfondite le basi teorico-epistemologiche e metodologiche che hanno guidato la ricerca stessa.

Riflessioni teorico-epistemologiche e metodologia di analisi

Inizialmente, come si conviene in qualsiasi indagine scientifica, è stata svolta un’ampia e accurata riflessione epistemologica (Abbagnano, 1981; Khun, 1962; Marhaba, 2008) che ha garantito la rigorosità della ricerca, affinché quanto prodotto corrisponda ai presupposti fondativi richiesti dall’oggetto indagato (Turchi e Della Torre, 2007; Turchi, 2009; Turchi, Fumagalli e Paita, 2010).

Nello studiare quanto accaduto a L’Aquila il 6 aprile 2009, il primo passo è stato quello di distinguere tra l’evento terremoto e la catastrofe, spesso conside-rati equivalenti nell’uso comune dei termini, ma che invece devono essere ne-cessariamente distinti per senso scientifico. Il primo termine fa riferimento a un evento naturale consistente in un “movimento/scuotimento della terra”,2

oggetto di studio di scienze come la geofisica e la sismologia. Viceversa, l’acce-zione catastrofica che diamo all’evento terremoto è generata dalla comunità e nella comunità: infatti, sono le modalità interattive impiegate dai membri della comunità – nel caso specifico dagli aquilani – a creare e mantenere la configu-razione dell’evento terremoto come di una realtà “catastrofica”.

Tale imprescindibile distinzione rende possibile collocare scientificamen-te l’oggetto d’indagine “evento catastrofico” all’inscientificamen-terno di un appropriato ap-parato conoscitivo. L’oggetto di studio terremoto appartiene alle scienze moni-ste – dove osservato e osservatore sono distinti e dove l’osservato, pur elimi-nando l’osservatore, continua a esistere indipendentemente da esso, in quanto aderente al “percetto” – e si colloca all’interno di paradigmi meccanicistici (quelli della meccanica e della fisica classica, per intenderci). Diversamente, l’oggetto d’indagine catastrofe non sussisterebbe senza l’osservatore che lo ge-nera come tale – pertanto, eliminando l’osservatore, la catastrofe, che non aderi-sce ad alcun percetto, scomparirebbe – collocandosi dunque entro paradigmi interazionistici (quelli della chimica e della fisica quantistica, sempre per in-tenderci; si veda Blumer, 2006). Tale riflessione epistemologica rispetto alla

2 Terremoto deriva dal latino terraemotu(m), propr. movimento (motus) della terra

(terrae, genit. di terra) e indica una scossa o vibrazione rapida e improvvisa della crosta terrestre (Zanichelli, 2002).

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collocazione dell’oggetto di studio all’interno dell’appropriata cornice conosci-tiva – paradigma narrativistico (Turchi, 2009) – ha permesso di individuare obiettivo, strategie e strumenti coerenti con tale piano conoscitivo; la realtà della “catastrofe”, quindi, non è considerata a priori, come ente indipendente dall’osservatore, ma si considera una configurazione generata da e nella intera-zione di tutti coloro che la “narrano”, e quindi ne costruiscono il senso (di real-tà catastrofica; si veda Berger e Luckmann, 1969).

Principali caratteristiche della presente ricerca

Paradigma di riferimento: Narrativistico

Oggetto di studio: Costrutto di “evento catastrofico”

Metodologia di analisi: MADIT

Strumenti: Protocolli a domande aperte

Dunque, posto che l’obiettivo della ricerca è stato quello di studiare come un “evento catastrofico” abbia impattato sulla comunità aquilana, l’oggetto di studio non è stato indagato come fosse un “immutabile dato di fatto” poiché, al contrario, esso si modifica costantemente in virtù dell’assetto interattivo-dialogico della comunità stessa. Tale assetto, per quanto si modifichi costante-mente, può oscillare da una configurazione che attribuisce e mantiene la cen-tralità dell’evento catastrofico nella vita e nello sviluppo della comunità a una configurazione opposta che colloca l’evento catastrofico come uno fra gli even-ti possibili, per quanto notevole e drammaeven-ticamente rilevante, che sono avve-nuti e possono avvenire entro la comunità. Dunque il costrutto di catastrofe è in continuo divenire e, nel suo inarrestabile cammino, può produrre realtà inte-rattive diverse tra loro, più o meno generatrici di salute e coesione (Heisenberg, 1971). L’oggetto d’indagine della ricerca viene quindi conosciuto entro il processo stesso che lo genera (da cui non si può prescindere) e tale presupposto rappresenta un imprescindibile assunto epistemologico di par-tenza su cui fondare qualsiasi tipologia di intervento: come conosciamo stabili-sce cosa conosciamo (Salvini, 2004).

Coerentemente con tali considerazioni, la ricerca ha rilevato le interazio-ni che si generano fra le produziointerazio-ni discorsive delle voci del territorio aquilano nel configurare i vari aspetti che caratterizzano la propria comunità, fornendo un quadro di quanto esse contribuiscano a obiettivi di salute sociale e/o quanto, viceversa, mantengano lo stato di catastrofe.

La salute sociale, secondo la concezione conoscitiva sopra descritta, è defi-nibile come “l’insieme delle modalità discorsivamente intese di configurazione della realtà, in virtù delle quali vengono anticipati gli scenari interattivo-dialogici che si generano a fronte di determinate scelte o condotte operate dai

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membri di una (certa) comunità” (Turchi e Della Torre, 2007). Pertanto, se-condo la stessa linea argomentativa proposta per il costrutto di catastrofe, an-che la salute sociale si pone sul piano delle interazioni (che nel presente contri-buto definiamo anche “dialogiche”, in quanto generate nell’uso del linguaggio all’interno di una comunità). Catastrofe e salute sociale non rappresentano quindi due realtà ontologicamente date, percepibili, inevitabili e immutabili, bensì sono intese come “opposte” configurazioni interattivo-dialogiche cui la comunità può tendere; graficamente potremmo immaginare un continuum che va dal costrutto di catastrofe a quello di salute sociale, come sotto riportato.

3 Un repertorio discorsivo è una modalità finita di costruzione della realtà,

linguistica-mente intesa, con valenza pragmatica, che raggruppa anche più enunciati (denominati “arcipelaghi di significato”), articolata in frasi concatenate e diffusa con valenza di asserzio-ne di verità, volta a geasserzio-nerare, o costruire, e a manteasserzio-nere una coerenza narrativa.

Una comunità spostata verso la polarità del costrutto di catastrofe mette in campo una serie di modalità interattivo-dialogiche che diminuiscono le pos-sibilità di cambiamento e quindi di gestione delle criticità emerse a fronte del-l’evento calamitoso nella direzione della salute sociale. Chiameremo repertori di mantenimento3 (Turchi, 2007; 2009; Turchi e Orrù, 2014) tutte le produzioni

discorsive che contribuiscono a generare un assetto interattivo-dialogico che configura il sisma come “catastrofe” che ha colpito la comunità e che la carat-terizza; un assetto di questo tipo tenderà a ridurre le possibilità che l’evento calamitoso sia considerato comunque un’occasione, per quanto drammatica, in cui si possa produrre salute sociale. Viceversa, quando la comunità è tesa alla salute sociale, fa uso di modalità interattivo-dialogiche che promuovono il cam-biamento e favoriscano la presa in carico di tutti gli aspetti che insorgono (sia urgenti che emergenti) quando un evento calamitoso la colpisce. Chiameremo queste modalità repertori generativi (Turchi, 2007; 2009; Turchi e Orrù, 2014); si tratta in altre parole di tutte le produzioni discorsive che garantiscono il “fluire” degli avvenimenti e la modifica delle situazioni considerate critiche, per cui, anche in concomitanza di un evento calamitoso, per quanto tragico e drammatico esso sia, diviene possibile generare salute sociale.

La tavola periodica dei repertori discorsivi riportata nella Figura 2 (pagina se-guente) definisce le proprietà processuali che caratterizzano le regole d’uso del linguaggio ordinario: i repertori, appunto. Tali proprietà consentono di individuare quanto le modalità utilizzate dai membri di una comunità

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Fig ura 2. T av ola per iod ica de i re per to ri d isc ors ivi, ov ver o le pr op rie pro ces su ali ch e c ar at ter izz an o le re go le d ’us o d el li ng uag gio or din ar io.

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4 Emergenza, atto dell’emergere, dal latino emergere, composto da ex emergere

“tuffare”, “sommergere”.

buiscano al mantenimento della catastrofe o al fluire verso la salute sociale. Come abbiamo già accennato, la classe dei repertori discorsivi di mantenimento rap-presenta l’insieme delle modalità d’uso del linguaggio ordinario che non con-sentono di produrre uno spostamento verso assetti interattivo-dialogici “altri”; per esempio, nel caso di una calamità naturale, tali repertori tenderanno a cri-stallizzare la comunità nel suo stato di “vittima di una catastrofe” e a non per-metterne un’evoluzione verso la salute. Viceversa definiamo la classe dei reper-tori discorsivi generativi come l’insieme delle regole d’uso del linguaggio ordi-nario che consentono di produrre uno spostamento verso assetti interattivo-dialogici “altri” da quelli già resi disponibili; per esempio, sempre nel caso di calamità naturale, queste modalità avranno una spinta generatrice che indiriz-zerà la comunità verso la presa in carico di se stessa e di quanto accaduto, nel-la direzione delnel-la salute e delnel-la propria coesione sociale. La tavonel-la di Figura 2, inoltre, definisce una terza modalità d’uso del linguaggio (rappresentata grafi-camente al centro), quella dei repertori discorsivi ibridi, che definiscono modalità “intermedie” e che possono interagire con quelli di mantenimento e generativi.

La tavola consente quindi al ricercatore (e all’operatore), attraverso la denominazione dei repertori usati dalla comunità, di avere un dato, che chia-meremo peso dialogico, sul grado di generatività e/o mantenimento del suo as-setto interattivo. Nel caso specifico, la tavola ha permesso di valutare quanto la comunità aquilana mantenga la configurazione di catastrofe e/o sia tesa alla salute sociale, nel raccontare se stessa oggi, prima del 2009 e in prospettiva futu-ra.

Come anticipato nell’Introduzione, un’ulteriore riflessione epistemologi-ca è stata condotta a proposito del costrutto di emergenza.4 Anche in questo

caso, nell’uso comune del termine esso viene spesso impiegato, erroneamente, come sinonimo di “urgenza”, per indicare un evento che deve essere preso in gestione il più rapidamente possibile. Diversamente, in termini metodologici oltre che epistemologici, in questo contributo si fa riferimento al valore di e-mergenza come “un evento che emerge”, inserendolo in una dimensione descrit-tiva, per cui non è esaurito da ciò che risulta urgente. Pertanto, il costrutto emergenza sarà considerato in riferimento alla medesima cornice teorica utiliz-zata per catastrofe e salute sociale. Alla luce di quanto precede, definiamo emer-genza naturale (e anche umanitaria) “un evento che può modificare in gradi diversi, che variano in un continuum che oscilla da ininfluente a completamente influente, l’assetto interattivo-dialogico della comunità coinvolta, tanto da mi-narne la salute e la coesione sociale, così come la prospettiva di mantenimento/ sviluppo; la gestione di tale evento sarà tanto più efficace quanto più si opera nel mantenimento/perseguimento della salute e coesione sociale della comuni-tà coinvolta nell’emergenza naturale (o umanitaria) attraverso l’attivazione/ incremento della massa interattivo-dialogica fra i membri che la compongono, in base a criteri di salute e responsabilità condivisa” (Turchi, 2014). In base a

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tale definizione possiamo quindi immaginare graficamente (si veda la Figura 3) un continuum che va da emergenza ininfluente a emergenza completamente influente, che indicherà quanto e come l’evento emerso (nel caso dell’Aquila, il sisma) abbia impattato sull’assetto interattivo-dialogico della comunità.

Figura 3. L’impatto dell’evento emerso sulla comunità interattivo-dialogica. Un’emergenza spostata verso il polo ininfluente sarà indicativa di una co-munità che ha usato l’evento per avanzare verso orizzonti futuri nella direzio-ne della salute sociale. Nel caso della specifica ricerca su l’Aquila, l’evento-terremoto tenderebbe ad essere ininfluente per l’assetto della comunità se vi fos-se un forte cambiamento nella direzione della salute sociale, da prima del terre-moto a oggi e in prospettiva futura. Viceversa, il sisma tenderebbe ad essere completamente influente se vi fosse una staticità nell’assetto interattivo-dialogico che mantenga immobile la realtà di catastrofe da prima a dopo l’evento; ciò im-plicherebbe che il terremoto ha pervaso l’intero assetto della comunità, facen-do sì che sia il resoconto passato sia quello presente sia quello futuro siano usati discorsivamente per rendere attuale e immutabile la catastrofe.

Sintetizzando, la ricerca ha indagato i costrutti qui presentati per descri-vere i cambiamenti nell’assetto interattivo-dialogico della comunità aquilana coinvolta nel sisma del 6 aprile 2009, offrendo indici numerici del grado di sa-lute sociale/catastrofe della comunità e della “forza” con cui l’emergenza, e la gestio-ne della stessa, abbia influenzato la sua configurazione interattivo-dialogica ge-nerale.

La ricerca

Avvalendoci del contributo di Taylor e Frazier (1989) – i quali hanno pro-posto una classificazione delle “vittime” che include non solo i diretti interes-sati ma anche i soggetti in stretto rapporto con loro, i soccorritori e tutte le figure professionali che operano nella gestione dell’emergenza – sono stati somministrati appositi protocolli di indagine durante l’inverno 2013-2014, per rilevare le varie “voci” (la stratificazione dei diversi ruoli) che compongono la comunità aquilana e che, interagendo tra di loro, configurano le realtà interat-tivo-dialogiche di catastrofe/salute sociale. Queste ultime sono state individuate dalle seguenti aree d’indagine:

1. criticità relative al sisma 2. ricostruzione

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3. risorse strutturali e strumentali 4. economia e lavoro

5. istruzione 6. sicurezza

Vediamole ora nel dettaglio. L’area d’indagine “criticità relative al sisma” rileva le produzioni discorsive utilizzate per costruire la configurazione di “ruolo del cittadino” a L’Aquila; l’area è stata scelta in quanto, a fronte del veri-ficarsi del sisma del 6 aprile 2009, è anticipabile che i cittadini aquilani narrino sé stessi e siano narrati (da terzi) esclusivamente in termini di “vittime” e “terremotati”, collocandosi come bisognosi di assistenza (urgente) piuttosto che come risorse (emergenti) per l’intera comunità. Se così fosse, il protocollo rileverebbe un assetto interattivo per cui, da un lato, i cittadini mettono in campo processi di delega e, dall’altro, gli esperti offrono servizi su un piano assistenzialistico. L’area d’indagine “ricostruzione” invece, come si evince dal nome, indaga le produzioni discorsive che ruotano nella comunità aquilana intorno alla realtà della “ricostruzione”, intesa come l’insieme di tutte le attivi-tà che hanno riguardato la costruzione di nuovi alloggi, complessi scolastici e la dislocazione di attività commerciali e amministrative, così come il ripristino di quanto potesse essere ricostruito come precedentemente all’evento. È anti-cipabile che, entro lo scenario aquilano scaturito in seguito al sisma, tali aspet-ti possano divenire occasione per la generazione di teorie di senso comune sul proprio stato di “vittima”, e che contribuiscano, inoltre, a mantenere la confi-gurazione di catastrofe. È possibile infatti immaginare che siano venuti a man-care i luoghi considerati identitari dalla comunità e che tale trasformazione abbia mutato la matrice, non solo viaria, ma anche di interazioni fra gli abitan-ti del territorio. L’area “risorse strutturali e strumentali” si riferisce alla descri-zione delle produzioni discorsive che configurano tutte le attività e gli stru-menti a disposizione della comunità (risorse strutturali, eventi, offerta ricrea-tiva, trasporti, offerta di servizi sociosanitari, efficacia ed efficienza dei servizi stessi). L’area è considerata uno degli aspetti di competenza del ruolo del cit-tadino, che in quanto tale può divenire occasione di teorie configuranti il co-strutto di catastrofe; questo, per esempio, nel momento in cui il cittadino si po-ne in termini assistenzialistici po-nei confronti della gestiopo-ne delle risorse del ter-ritorio, mettendo in campo modalità che non anticipano e/o gestiscono le criti-cità che vi rientrano, bensì le mantengono configurandole come “problematiche”. L’area d’indagine “lavoro ed economia” rileva le produzioni discorsive della comunità che ruotano intorno all’assetto socioeconomico della stessa. Si anticipa che anche quest’ultimo possa divenire occasione per confi-gurare la catastrofe, nei termini in cui siano individuate delle “problematiche” nelle misure di sostegno e nei piani di sviluppo che colgano, in modo più o me-no adeguato, le necessità del territorio (è possibile, per esempio, immaginare che emergano delle criticità in merito alla gestione delle risorse destinate al sostegno delle attività economiche, nonché alla delocalizzazione delle stesse); se le suddette “problematiche” sono sancite come tali, e la comunità non mette in campo modalità interattive utili alla loro gestione, essa si troverà in uno

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sta-to di stallo per cui si mantiene un’accezione catastrofica dei fatti. Per quanto attiene all’area “istruzione”, questa nasce nell’anticipazione che i cambiamenti gestionali nell’ambito scolastico/universitario che sono stati attuati successi-vamente al sisma abbiano generato sul piano interattivo produzioni discorsive di senso comune che concorrono al mantenimento della catastrofe (per esem-pio, in riferimento all’evento “ri-organizzazione dell’istruzione”). In seguito al 6 aprile 2009, si prospettano infatti trasformazioni possibili sia a livello delle “strutture” che a livello del “servizio”, così come a livello di vita quotidiana, le quali possono essere configurate, dai ruoli direttamente coinvolti, come criti-che rispetto al perseguimento degli obiettivi criti-che entro tale ambito ci si pone. Infine, l’area d’indagine “sicurezza” rileva le produzioni discorsive che configu-rano la realtà “percezione della sicurezza propria e della comunità in cui si vive”, appunto, nell’anticipazione che queste possano divenire occasione per costruire legami di causa-effetto che mantengono la catastrofe come un fatto immutabile (per esempio, tra “categorie di edifici” ed eventi come il “crollo” o il “sentirsi non sicuri”). Tali teorie, costruirebbero la mancata sicurezza come “immutabile” e “inevitabile”, concorrendo a mantenerla tale e riducendo le possibilità di cambiamento verso assetti di salute.

Il protocollo è stato congegnato in modo che i rispondenti avessero ampia possibilità di raccontare la propria visione delle cose (rispetto alle diverse aree di indagine) e di scegliere le modalità discorsive con cui farlo. Le varie sezioni del protocollo (che corrispondono alle aree d’indagine elencate sopra) sono state somministrate a più rispondenti (in totale sono stati distribuiti circa 2.000 protocolli d’indagine, di cui poco più di 1.600 sono risultati validi, in quanto completati nella loro interezza), in modo da raccogliere il testo di tutte le “voci” che compongono la comunità (per esempio, l’area istruzione è stata somministrata agli studenti, ai docenti e ai genitori degli studenti; l’area sicu-rezza sia ai cittadini che agli enti che si occupano di tale ambito, come i vigili del fuoco, le forze dell’ordine, l’amministrazione comunale, la protezione civile ecc.). Ognuna delle sei sezioni su cui si articola il protocollo d’indagine è com-posta in modo tale da consentire ai rispondenti di offrire una descrizione degli elementi posti e, nel processo di analisi, di denominare i repertori discorsivi utilizzati. Inoltre, il protocollo fa riferimento a un asse temporale, per cui le domande si riferiscono al tempo attuale, a quello antecedente il sisma e a quel-lo futuro, rilevando dunque la configurazione della comunità oggi (e in pro-spettiva futura) – Tempo 1/T1 – così come la configurazione prima dell’evento calamitoso – Tempo 0/T0. Questo ha consentito di avanzare delle riflessioni su come l’evento abbia impattato sull’assetto interattivo-dialogico della comunità e il grado in cui questa si è modificata. Inoltre, è stata inserita anche una linea parallela che ha approfondito la configurazione discorsiva degli aquilani nei giorni appena successivi al terremoto, prodotta dai principali mass media loca-li e nazionaloca-li (sia testate giornaloca-listiche che radiotelevisive): nello specifico è stata analizzata la configurazione di ciò che, nell’uso comune, è chiamato “stato di emergenza” (si veda l’Introduzione).

Le risposte ai protocolli e il testo rilevato tramite i mass media sono stati elaborati con un software di analisi del testo appositamente predisposto dai

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ricercatori dell’Università degli Studi di Padova (Turchi, 2011). Tale software oltre a rilevare i contenuti offerti dai rispondenti, raggruppandoli in macroaree chiamate arcipelaghi di significato, ha consentito di denominare le modalità inte-rattive utilizzate, ovvero i repertori discorsivi che descrivono il processo di configurazione (discorsivamente inteso) dell’oggetto di indagine. Pertanto, nel continuum che va da catastrofe a salute sociale, attraverso la teoria della misura di cui si dispone (che assegna un peso dialogico alla configurazione discorsiva raccolta, si veda la Figura 2), si è in grado di rilevare quanto e come la comuni-tà aquilana si avvicini e tenda all’una o all’altra polaricomuni-tà del continuum stesso. Ossia la ricerca è in grado di descrivere un quadro sia di quali, in termini di contenuto, siano gli aspetti critici indicati dagli aquilani, ma anche, e soprat-tutto, di come, entro il processo interattivo-dialogico che caratterizza la comu-nità, essi configurino tali aspetti critici (se in un’ottica generatrice di salute sociale o di mantenimento della catastrofe). Dunque, la ricerca offre una serie d’indicazioni (espresse in indici numerici, che corrispondono ai pesi dialogici) di come la comunità aquilana era ed è proiettata verso una gestione efficace degli aspetti critici che sono emersi, che emergono e che si anticipa potrebbero emergere. Questi indici, hanno permesso al contempo di rilevare l’esigenza della comunità aquilana in termini di salute sociale, divenendo una base su cui avanzare proposte operative d’intervento precise e mirate. In aggiunta, questi interventi risultano strutturati in modo tale da divenire possibili oggetti di valutazione attraverso una successiva rilevazione dell’assetto interattivo-dialogico della comunità nel post-intervento.

I risultati

Come prefigurato nei precedenti paragrafi, l’indagine concerne come gli aquilani configurino sei aree d’indagine: criticità relative al sisma, ricostruzio-ne, risorse strutturali e strumentali, economia e lavoro, istruzione e sicurezza. Per ogni area è stato individuato il grado di mantenimento della realtà, su una scala che va da >0 a <10, dove il valore 0 rappresenta la polarità relativa al co-strutto di catastrofe e il valore 10 la polarità del costrutto di salute sociale. Come accennato, a questi poli si potrà (solamente) tendere, senza potersi collocare nell’estremità della polarità, che rappresenta un punto teorico. Questo perché risulta pragmaticamente impossibile una configurazione in cui la totalità delle interazioni sia pervasa dall’evento e volta a mantenere uno stato di catastrofe. In tal caso, la comunità risulterebbe scomparsa e implosa su se stessa. Allo stesso modo, non potrà mai esserci il caso di una comunità in cui ogni singola interazione usi l’evento calamitoso per promuovere soltanto opportunità futu-re di salute sociale, senza mai fermarsi per realizzarne alcuna (anche in questo caso la polarità individua un punto soltanto teorico).

Nei seguenti schemi vediamo il peso dialogico della configurazione della comunità aquilana rispetto alle varie aree, sia nel periodo prima del sisma (Figura 4) che ad oggi (Figura 5).

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I grafici mostrano che gli aquilani, nel descrivere il passato precedente al sisma e lo stato attuale, mettono in campo modalità che tendono a rendere stabile e cristallizzata la catastrofe. Nello specifico, nessuna area, né al T0 né al T1, supera il peso dialogico di 3,5/10, mostrando un basso grado di dialogicità5

a prescindere dal contenuto trattato (ossia a prescindere dall’area indagata).

5 Per dialogicità si intende ciò che nella configurazione assume un valore (definito dalla

Figure 4 e 5. Il peso dialogico della configurazione della comunità aquilana rispetto alle va-rie aree, prima del sisma (sopra) e a cinque anni dal sisma (sotto).

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Criticità rispetto al sisma: nel complesso i dati mostrano che gli aspetti legati al sisma sono usati, interattivamente e discorsivamente, dagli aquilani per ren-dere stabile la realtà attuale/futura e circoscrivere le possibilità di cambiamen-to; si osserva un leggero aumento di dialogicità tra T0 e T1 (da 1,7 a 1,9), il che indica la presenza di assetti maggiormente generativi a proposito della situa-zione attuale legata al sisma, piuttosto che di quella precedente.

Ricostruzione: in generale i risultati mettono in luce che gli aquilani si ser-vono anche dell’argomento della ricostruzione per mantenere la realtà statica, con un lieve calo di dialogicità tra T0 e T1 (da 3,4 a 3,3). In confronto alle altre aree della ricerca, la ricostruzione è quella che ha dato i punteggi più alti, evi-denziando come questo sia un tema che induce la comunità a configurazioni maggiormente generative e orientate al cambiamento delle situazioni critiche dovute all’evento catastrofico.

Risorse strutturali e strumentali: anche il tema dei servizi e delle strutture offerti è impiegato per ancorare la comunità alla situazione attuale riducendo le possibilità di evoluzione e mutamento; in questo caso, lo slittamento tra T0 e T1 è più consistente rispetto alle aree precedenti (da 1,4 a 2,3), indicando che le produzioni discorsive al passato esercitano una forza maggiore nel determi-nare il mantenimento dello stato di catastrofe rispetto a quelle al presente. Si evidenzia inoltre che al T0 l’area delle risorse strutturali e strumentali risulta, tra le due, con peso dialogico minore.

Economia e lavoro: anche quest’area contribuisce all’immobilità della realtà aquilana verso la polarità catastrofica, con punteggi che indicano un forte uso di repertori di mantenimento; tenendo a riferimento le altre aree, quella dell’eco-nomia e lavoro presenta dei punteggi medi che si aggirano intorno a 2, con un modesto calo della dialogicità tra T0 e T1 (da 2,3 a 2,0).

Sicurezza: parimenti, gli aspetti legati alla sicurezza del territorio rappre-sentano, tra gli aquilani, un’occasione discorsiva per mantenere ferma la comu-nità verso la polarità catastrofe e inibire il cambiamento degli aspetti critici che emergono verso la polarità di salute sociale; tale area risalta particolarmente, in quanto presenta lo scarto maggiore tra T0 e T1 (da 1,2 a 3,1), nonché il peso dialogico più basso al T0 e tra i più alti al T1.

Istruzione: anche in questo caso, come nei precedenti, l’area tende al polo della catastrofe, indicando una tendenza a usare i temi che la riguardano per immobilizzare la realtà così com’è; vi è un aumento della dialogicità tra T0 e T1 (da 2,7 a 3,5) e l’area è, nel complesso, tra quelle con punteggio più alto.

Per quanto fosse già chiaro dai risultati individuali di ogni area d’indagine che la configurazione di realtà della comunità tendesse fortemente, sia al pas-sato che al presente, al polo della catastrofe, è stato calcolato il peso dialogico globale di configurazione al T0 e al T1. Per farlo, sono stati considerati non solo i pesi dialogici di ogni area d’indagine ma anche i pesi ponderati, che indi-cano quanto grava ogni area nell’assetto interattivo-dialogico generale. È stato quindi assegnato a ogni area un peso differente nel costituire la configurazione tutta, a fronte di anticipazioni sulle produzioni discorsive maggiormente per-vasive entro la comunità; dunque ogni area sarà più o meno influente nello

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spostare l’assetto della comunità nel continuum catastrofe/salute sociale. Con-venzionalmente è stato distribuito il peso di ciascun’area da 1 a 5, come emerge nella Tabella 1.

Peso ponderato

Criticità rispetto al sisma T0: 1,7 T1: 1,9 5/20

Ricostruzione T0: 3,4 T1: 3,3 4/20

Risorse strutturali e strumentali T0: 1,4 T1: 2,3 3/20

Economia e lavoro T0: 2,3 T1: 2,0 3/20

Sicurezza T0: 1,2 T1: 3,1 3/20

Istruzione T0: 2,7 T1: 3,5 2/20

Peso dialogico

Tabella 1. Attribuzione di un peso ponderato a ciascuna area di indagine.

Le aree, dunque, indagano costrutti che non sono ugualmente pervasivi nel configurare la realtà della comunità aquilana. Per questo, nel costruire il dato globale della configurazione a T0 e a T1 è stata calcolata una media dei pesi dialogici di ogni area, ponderata rispetto alla “porzione” di configurazione che hanno indagato. Nel seguente grafico (Figura 6) emergono quindi i dati generali della configurazione di realtà della comunità aquilana entro il continuum che va dal costrutto di mantenimento (catastrofe) al costrutto gene-rativo (salute sociale).

Figura 6. Configurazione di realtà della comunità aquilana nel continuum che va dal co-strutto di mantenimento (catastrofe) al coco-strutto generativo (salute sociale).

Gli indici rivelano che la comunità incrementa la sua dialogicità tra le pro-duzioni discorsive al passato e quelle riguardanti l’assetto attuale. Ciò nono-stante, come si è evinto dalla descrizione dei risultati di ciascuna area, la co-munità rimane su un piano tendenzialmente di mantenimento, orientandosi

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di cambiamento dall’evento catastrofico. Questi dati offrono quindi un quadro di come le modalità interattivo-dialogiche messe in campo nella comunità si distanzino dalla gestione degli aspetti critici che emergono e che sono emersi in virtù di come è stata gestita l’urgenza. Usando come metafora una barca a vela, laddove il mare rappresenta l’incertezza degli eventi (per esempio, un sisma) e le vele gli strumenti attraverso cui i marinari possono fronteggiare tali eventi per raggiungere la propria meta (i repertori discorsivi), la comunità a-quilana naviga con le vele tendenzialmente avvolte agli alberi dell’imbarcazio-ne. Questo non implica necessariamente che la comunità non sia “in salute”, giacché lo stare male (come lo stare bene) poggia su un piano contenutistico: proseguendo la metafora, potremmo dire che corrispondono alle proprietà del mare. Se però quest’ultimo dovesse essere in tempesta, il navigare a vele avvi-luppate, ossia l’uso di repertori discorsivi di mantenimento, non farebbe altro che lasciare al mare e al vento il governo dell’imbarcazione (quindi il potere di stabilire, casualmente, lo “stare bene” o lo “stare male”). Se così fosse, la comu-nità si muoverebbe seguendo la casualità degli eventi (tra gli altri, il disporre di finanziamenti, l’avvio dei cantieri edili, il ripristino dei servizi di trasporto pubblico, la riapertura delle attività commerciali ecc. sarebbero tutte possibili-tà incerte), in quanto non sfrutterebbe strategicamente gli strumenti generati-vi in suo possesso (nella metafora “l’apertura delle vele”) per gestire l’incertez-za del mare ed essere artefice del proprio “stare bene”. Diciamo che una comu-nità è in salute non quando il mare è piatto ma quando (e nella misura in cui) essa riesce a scorgere le onde e il vento all’orizzonte e ad aprire le vele per farvi fronte.

Vediamo ora ciò che la ricerca può mettere in luce rispetto a come sarà la comunità aquilana in futuro. In Figura 7 sono mostrati i pesi dialogici risultan-ti dall’analisi delle risposte alle domande specifiche. Come anrisultan-ticipabile a fron-te dell’illustrazione dei risultati precedenti, la configurazione di realtà della comunità ad oggi (T1) è orientata al costrutto di catastrofe, quindi tesa a man-tenere lo stato delle cose attuale. Ciò che di nuovo emerge dal grafico è invece il peso dialogico delle modalità utilizzate dai rispondenti nell’immaginarsi il futuro della propria comunità: esso è pari a 1,4 ed è largamente inferiore a

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quello di 3,9 risultante dalla domanda al T1.

Questo dato è particolarmente significativo in quanto aggiunge alle consi-derazioni offerte in precedenza – per cui si è descritta la situazione di stallo in cui la comunità aquilana versa – che qualora non si intervenisse a riguardo, la dialogicità sarebbe destinata a diminuire ulteriormente negli anni a venire.

Veniamo ora alla rilevazione della configurazione della comunità aquilana nella fase comunemente chiamata “di emergenza”. A questo proposito, tramite i mass media, sono state raccolte e analizzate le modalità discorsive usate da giornalisti, cittadini aquilani ed esperti di settore nei mesi successivi al sisma. Nella figura 8 sono rappresentati i risultati di questa sezione dell’indagine.

Figura 8. Configurazione della realtà nello “stato di emergenza”.

Il grafico mette in luce che anche durante lo “stato di emergenza” del post-sisma la configurazione di realtà della comunità era orientata alla polarità catastrofe, per quanto i pesi dialogici siano superiori sia a quelli odierni che a quelli in prospettiva passata (prima del sisma). Anche questo dato risulta par-ticolarmente significativo in quanto evidenzia che la prima tendenza della co-munità, una volta colpita dall’evento sismico, è stata di incrementare la pro-pria dialogicità per farsi carico delle questioni critiche che sono emerse. Ab-biamo già messo in luce che tale spinta iniziale è andata a scemare con il pas-sare degli anni (e scemerà ancora; vedi Figura 7), spostando la comunità sem-pre più in un assetto interattivo verso il polo catastrofico.

Il grafico di Figura 9 (si veda la pagina seguente), accorpando i dati sino a qui descritti, evidenzia l’andamento dell’assetto interattivo della comunità in una scansione temporale. I dati prodotti dalle analisi fin qui riportate permet-tono inoltre di calcolare un valore che colloca l’evento emergente, il sisma, nel continuum emergenza completamente influente/ininfluente; tale valore corrisponde a un coefficiente del grado di cambiamento dell’assetto interattivo-dialogico nella direzione del mantenimento della realtà configurata.

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Anche in questo caso, è stato assegnato ad ogni area d’indagine un peso differente nel determinare il grado di cambiamento dell’assetto interattivo-dialogico della comunità, quindi nel determinare la collocazione della configu-razione della comunità entro tale continuum (da ininfluente a completamente influente). È stato convenzionalmente distribuito il peso dialogico di ciascuna area in un valore oscillante da 1 a 5, come indicato nella Tabella 2.

Questo ulteriore passaggio consente di rappresentare, nel grafico di Figu-ra 10 (si veda la pagina seguente), il valore con cui ogni area, a fronte del peso ponderato e del peso dialogico emerso a T0, T1 e in prospettiva futura, influen-zi il grado di cambiamento verso il mantenimento della realtà configurata. Figura 9. Andamento temporale dell’assetto interattivo della comunità aquilana.

Peso ponderato

Criticità rispetto al sisma T0: 1,7 T1: 1,9 5/19

Ricostruzione T0: 3,4 T1: 3,3 4/19

Risorse strutturali e strumentali T0: 1,4 T1: 2,3 3/19

Economia e lavoro T0: 2,3 T1: 2,0 2/19

Sicurezza T0: 1,2 T1: 3,1 3/19

Istruzione T0: 2,7 T1: 3,5 2/19

Peso dialogico

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Emerge, quindi, che l’area sicurezza è quella che impatta maggiormente sull’assetto interattivo-dialogico della comunità aquilana. Ciò implica che le produzioni discorsive relative alla sicurezza propria e del territorio in cui si abita abbiano un’influenza maggiore, rispetto a quelle usate per le altre aree, nel determinare lo stato di catastrofe a L’Aquila. Le aree che, in ordine decre-scente, risultano rilevanti nell’influenzare l’assetto interattivo-dialogico della comunità sono: risorse strutturali e strumentali, istruzione, criticità rispetto al sisma, economia e lavoro e, infine, ricostruzione. La principale ricaduta di questi dati è di indicare quali siano gli ambiti su cui è utile lavorare in una prospettiva d’inter-vento, e quale sia il loro grado di priorità per la modifica dell’assetto interatti-vo-dialogico nella direzione della salute sociale. In questo caso, per esempio, sa-rebbe particolarmente strategico dedicare una buona parte degli interventi all’ambito della sicurezza, per generare modalità interattive che indirizzino gli aquilani verso la generazione di un assetto di comunità che ritengono mag-giormente “sicuro”. Lo stesso si potrebbe fare per le risorse strutturali e stru-mentali, e via via per tutte le aree.

A partire dai medesimi valori è stato possibile calcolare il coefficiente di influenza generale dell’evento sismico sulla configurazione della comunità. Il grafico successivo (Figura 11) illustra un continuum che va da <0 (completamente influente) a >10 (ininfluente). Il coefficiente aumenta quanto più l’assetto della comunità è differente tra T0 e T1 e, soprattutto, quanto più tale cambiamento risulta nella direzione della salute sociale. La gestione dell’emergenza risulta completamente influente (quindi il coefficiente sarà basso) quando vi è un’assenza/ riduzione di scarto al polo di mantenimento (al polo della catastrofe), nella mi-sura in cui questo indica che la comunità fa uso sia della situazione passata che della situazione attuale per mantenere stabile la configurazione catastrofica Figura 10. Il valore con cui ogni area di indagine influenza il grado di cambiamento verso il mantenimento della realtà configurata.

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emersa. La gestione dell’emergenza può risultare invece ininfluente (quindi il coefficiente sarà alto) se si registra uno scarto verso il polo generativo, nella misura in cui questo indica che la comunità può usare la situazione passata e futura per promuovere assetti interattivo-dialogici di salute sociale; la gestione dell’emergenza diverrebbe quindi una risorsa che consente alla comunità di procedere verso obiettivi di salute.

Di seguito, quindi, si riporta quanto emerge per ciò che concerne l’impat-to che il sisma del 6 aprile 2009 ha avul’impat-to sulla comunità aquilana nel configu-rare una realtà catastrofica.

Il valore, in linea con tutti i dati precedenti, indica che la gestione dell’e-mergenza attuata nel dopo sisma risulta assai influente nel determinare la cata-strofe entro la comunità aquilana diminuendo le interazioni tra i membri della comunità, diversamente da quanto ci si aspetterebbe da una comunità in salute. Infatti, la comunità aquilana usa la situazione attuale, così come i ricordi pas-sati (compresi quelli ante-sisma), per mantenere uno stato dell’assetto interat-tivo-dialogico sfavorevole alla presa in carico e al superamento delle questioni critiche emerse, in virtù anche della gestione attuata, nel post-sisma. Attual-mente, la biografia aquilana è completamente pervasa dall’evento calamitoso stesso, che è divenuto l’elemento centrale e portante per configurare l’assetto della comunità oggi, per ri-descrivere quello passato, così come per anticipare quello futuro.

Riflessioni e proposte

L’indagine sul territorio aquilano rappresenta un primo mattone verso la costruzione di una scienza dell’emergenza che, rispettando i presupposti fon-dativi degli oggetti di studio indagati, sia nelle condizioni di offrire indici scientifici e metodi efficaci per la gestione di eventi catastrofici sia naturali che umanitari. La metodologia di ricerca rappresentata permette infatti di dispor-re di indici dello stato di catastrofe/salute sociale di una comunità colpita da un evento calamitoso, e di quanto questa sia stata influenzata (anche) dalla ge-stione dell’emergenza messa in campo. Tali indici rappresentano una solida base su cui costruire proposte d’intervento tese a gestire gli aspetti critici che si rintracciano in scenari detti catastrofici e che, parallelamente, rendano possi-bile una valutazione dell’efficacia degli interventi attuati. Dunque l’implemen-Figura 11. Il coefficiente di influenza generale dell’evento sismico sulla configurazione della comunità.

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tazione, in comunità colpite da eventi naturali e umanitari, d’indagini fondate sui presupposti epistemologici e metodologici qui tratteggiati consentirebbe alle comunità stesse di disporre di un quadro del proprio assetto interattivo-dialogico, su cui successivamente fondare interventi mirati ed efficaci; così procedendo, tali interventi andranno a gestire quanto accade non solo durante l’assolvimento dell’urgenza ma (anche) per tutto ciò che concerne l’emergen-za, secondo prospettive di coesione e salute sociale.

La ricerca, oltre a rappresentare un esempio replicabile di analisi della configurazione di salute di una comunità, ha anche messo in luce l’emergere di scenari che sono generalizzabili a situazioni analoghe. In primo luogo, si è vi-sto che anche il passato di una comunità può essere dialogicamente usato per mantenere lo stato di catastrofe, per esempio laddove vi si ricorra unicamente per confrontare l’oggi con “i bei tempi andati”; in circostanze d’intervento, sarà quindi utile anticipare scenari di questo tipo e mettere in campo strategie che favoriscano l’uso del periodo precedente all’evento come occasione per un’ulte-riore evoluzione della comunità (e non, come spesso accade, come conferma dello stato di “vittime di una catastrofe”). Ancora, si è visto che la naturale in-clinazione di una comunità nella fase del post-emergenza è di incrementare la propria massa interattivo-dialogica, cercando modi nuovi e condivisi per gesti-re le situazioni che si pgesti-resentano (compgesti-resi gli eventi calamitosi); dunque sarà strategico che gli interventi progettati colgano l’occasione di tale “spinta inte-rattiva” per incrementarla e promuovere ulteriormente la salute sociale. Inoltre, grazie alla ricerca su L’Aquila, si è visto che qualora non si intervenga su una configurazione di catastrofe in atto, essa si solidifica sempre più in prospettiva futura; anche quest’ultima è un’anticipazione che è utile considerare nella co-struzione delle proposte progettuali, in quanto mette in luce la necessità che queste ultime mantengano la visione a lungo termine della comunità. Tutti questi aspetti, possono essere conoscenze preziose e punti di partenza per la definizione e lo sviluppo di metodi efficaci (nonché scientifici) di gestione del-le emergenze naturali e umanitarie, in aggiunta a quanto già disponibidel-le per del-le urgenze.

Riprendendo quanto anticipato nell’Introduzione, le linee guida oggi vi-genti per la gestione delle emergenze si fanno carico di tutti gli aspetti urvi-genti che richiedono di essere risolti in una comunità colpita da un evento calamito-so. Gli interventi che vengono attuati in quest’ottica tendono al ripristino del-la normalità, ovvero delle condizioni antecedenti l’evento emerso, per tutte le questioni di ordine meccanicistico, ossia dove vige l’intervento di una noxa cau-salis (abitazioni, sanità ecc.). Tali provvedimenti, certamente utili e spesso ne-cessari, non sono sufficienti a gestire la salute sociale della comunità coinvolta, così come la sua coesione: per quanto la popolazione sia curata, collocata in luoghi considerati “abitabili” e “sicuri” e per quanto si predispongano tutte le azioni necessarie alla ricostruzione della città, i suoi cittadini continueranno a dirsi “vittime di una catastrofe”. Questo accade in virtù del fatto che un’emer-genza naturale (o umanitaria) smuove una comunità non solo su un piano or-ganico e fattuale di danni a “cose” e persone ma anche e soprattutto nel suo assetto interattivo-dialogico. Nel caso de L’Aquila, per esempio, l’evento

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sismi-co, e tutto ciò che esso ha comportato su un piano sanitario e logistico-strutturale, è divenuto, nel momento stesso in cui è emerso, un contenuto di-sponibile alla comunità (e rimarrà per sempre tale) che essa può/potrà discor-sivamente usare nella propria traccia biografica. Per l’assetto interattivo-dialogico della comunità non è sufficiente operare sul contenuto, che oltretut-to non è eliminabile, ma risulta necessario gestire come esso è configuraoltretut-to, os-sia come è usato interattivamente dai componenti della comunità stessa. E-semplificando, il cittadino che in seguito al crollo della propria abitazione si dice “poco sicuro”, potrà continuare a dirsi tale anche qualora gli venisse rico-struita la casa; questo accade in virtù del fatto che la “poca sicurezza” si pone su un piano interattivo-dialogico, entro cui il ritrovamento della condizione antecedente l’emergenza (“avere la casa”) non garantisce l’eliminazione di tutti quegli aspetti critici che ne sono scaturiti. Ed è proprio per questo che, per quanto un’urgenza, se presa singolarmente, sia risolvibile attraverso strumenti di ordine meccanicistico (“ti cade la casa, quindi te la ricostruisco”), nel mo-mento stesso in cui l’operatore allontana la lente di ingrandimo-mento dal conte-nuto urgente e guarda all’assetto interattivo dell’emergenza, risulta evidente che non si è comunque concorso alla salute e alla coesione della comunità (perché, nell’esempio, il cittadino continua a definirsi come “in pericolo”).

La ricerca svolta ha messo in luce proprio questa dicotomia (tra risposta all’urgenza e gestione dell’emergenza) e la necessità, prima di tutto teorica-mente e di conseguenza anche metodologicateorica-mente, di operarla, di renderla attuabile. Ciò implica che, nel contemplare la gestione globale dell’emergenza naturale e umanitaria, il mero contenuto urgente (per quanto rilevante) deve rientrare nel più ampio intervento sull’assetto interattivo-dialogico della co-munità, che richiede un fondamento epistemologico di tipo interazionistico. Si tratta prima di tutto di operare su come i membri della comunità usano i contnuti derivati dall’evento calamitoso e dalla gestione stessa dell’urgenza (in e-mergenza).

Tanto più ci si allontana da questa visione globale di gestione dell’emer-genza, quanto più potrà accadere che la stessa comunità (inizi a) rifiuti(are) la gestione dell’urgenza, definendo gli interventi come non efficaci e né utili. O-perativamente, questo implica che, se per garantire l’efficacia del perseguimen-to della salute sociale l’intervento urgente deve comunque essere inscritto in una pianificazione più ampia di gestione dell’emergenza, esso deve seguirne anche i criteri: sempre nell’esempio, l’obiettivo non sarà quello di avere nuovamente una casa, bensì di ricostruirla nella maniera più utile alla promozione della salute (l’operatore si chiederà, per esempio: “Quando costruisco?”, “Dove co-struisco?”, “Chi assumo per la costruzione?” eccetera, e le risposte dipenderan-no unicamente dall’obiettivo ultimo di coesione e salute). Altrimenti, posto che il costrutto di urgenza è sussunto in quello di emergenza, non si avrà il polso di cosa la gestione del primo stia generando sul piano interattivo-dialogico.

Chiaro esempio di quanto tratteggiato si evince dalla ricerca presentata, che ha messo in luce come la comunità aquilana nel momento di post-emergenza presentava un grado di salute più alto rispetto ad oggi, dopo cinque

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