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AEBS – Athletics Efficacy Beliefs Scale Valutare e potenziare le convinzioni di autoefficacia nell’atletica leggera

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AEBS – Athletics Efficacy Beliefs Scale Valutare e potenziare

le convinzioni di autoefficacia nell’atletica leggera

Patrizia Steca

Professore associato di Psicologia generale presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, si occupa di personalità, motivazione e goal setting nei contesti scolastici, lavorativi e sportivi, e di aspetti cognitivi e emotivi del benessere individuale. È autrice di numerose pubblicazioni nazionali e internazionali inerenti queste tematiche. Per Giunti O.S. Organizzazioni Speciali è coautrice del Big Five Adjectives, dell'Health Professions Stress and Coping Scale e delle Basket Efficacy Beliefs Scales.

patrizia.steca@unimib.it Andrea Greco

Dottorando di Psicologia sociale, cognitiva e clinica presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, si occupa di personalità, motivazione e convinzioni di efficacia nei contesti della salute, scolastici e sportivi. Nell’ambito dello sport svolge attività di ricerca sul ruolo dei fattori psicologici che

promuovono performance ottimale, con un particolare focus sulle convinzioni di efficacia. È autore di pubblicazioni nazionali e internazionali inerenti queste tematiche.

a.greco9@campus.unimib.it

"Sapevo che avrei vinto. Sono arrivato ad Atene al cento per cento, sia dal punto di vista fisico che mentale. In gara, poi, ho avvertito di avere dentro di me qualcosa in più degli altri, una determinazione che non conoscevo. La sicurezza nelle risorse di cui potevo disporre mi ha accompagnato dal primo all'ultimo metro di gara: mi sentivo padrone assoluto della situazione".

Così l'azzurro Stefano Baldini ha spiegato la chiave del proprio successo alla maratona olimpica di Atene 2004, che lo ha visto trionfare inaspettatamente davanti ad atleti ben più quotati, a partire dall'allora primatista mondiale della specialità, il kenyano Paul Tergat. Le parole di Baldini illustrano in modo esemplificativo il significato dell'autoefficacia percepita, un costrutto che nell'ambito della psicologia dello sport ha ricevuto una notevole attenzione e di cui sempre più spesso si parla nei programmi finalizzati al potenziamento delle abilità atletiche e all'ottimizzazione della prestazione sportiva. Ma cosa sono esattamente e come agiscono le convinzioni di efficacia? Quanta e quale influenza esercitano nella pratica sportiva?

L'autoefficacia percepita nella dinamica del funzionamento individuale. L'importanza di "sapere di saper fare"

Albert Bandura (1997) definisce le convinzioni di autoefficacia, o autoefficacia percepita, come le valutazioni che le persone danno rispetto al loro sentirsi capaci di eseguire determinate azioni e di raggiungere livelli stabiliti di prestazione, in specifici compiti e ambiti delle loro vite. Tali convinzioni giocano un ruolo molto importante nei vari contesti dell'esperienza individuale, dal momento che i modi in cui ognuno di noi decide di agire sono fortemente regolati da come e da quanto ciascuno si ritiene effettivamente in grado di fare; siamo, infatti, scarsamente motivati ad agire e ad impegnarci se non ci riteniamo all'altezza delle situazioni o se non crediamo di avere delle buone probabilità di riuscita.

Numerosi studi realizzati in contesti che spaziano dalla scuola al mondo del lavoro, a quello dello sport, inoltre, dimostrano come - anche a parità di reali capacità - avere un'elevata convinzione della propria efficacia costituisce una sorta di "marcia in più", particolarmente vincente.

L'autoefficacia percepita, innanzitutto, influenza i processi decisionali e di selezione rispetto alle attività da intraprendere; le persone, infatti, sono generalmente più disposte ad impegnarsi in attività e compiti nei quali si ritengono efficaci e tendono ad evitare quelli in cui percepiscono un'elevata probabilità di fallimento. Le percezioni delle nostre capacità sono così centrali che spesso evitiamo determinati compiti o attività proprio perché ci sentiamo incapaci di affrontarli adeguatamente, pur avendone talvolta le reali capacità.

Una volta che abbiamo deciso di intraprendere un'attività o di affrontare un compito particolare, le convinzioni di autoefficacia influenzano una serie di aspetti motivazionali che sono molto importanti nel guidare e sostenere il nostro comportamento. In particolare l'autoefficacia percepita influenza la scelta di obiettivi più o meno ambiziosi ("Cosa vogliamo effettivamente raggiungere?"), le aspettative relative alle conseguenze delle nostre azioni ("Cosa succederà se agirò in questo modo?"), i giudizi di causalità sugli esiti delle azioni ("Di chi è il

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merito o la colpa di quel che è accaduto?"), e i livelli di sforzo e perseveranza che metteremo "in campo" di fronte agli ostacoli e ai fallimenti.

Le persone che dubitano della propria efficacia tendono a scegliere obiettivi poco ambiziosi, rinunciano facilmente di fronte agli ostacoli e anticipano spesso scenari futuri di fallimento, attribuendo gli eventuali successi a cause esterne e transitorie o alla sola fortuna ("Sono destinato al fallimento; se ho avuto successo è stato per merito di altri o per caso"). Al contrario, chi nutre un'elevata fiducia nelle proprie capacità tende a stabilire obiettivi molto ambiziosi, mostra impegno e dedizione anche di fronte alle difficoltà, anticipa scenari di successo ed è solito adottare stili di attribuzione causale a sé vantaggiosi, nei quali i successi vengono attribuiti alle proprie capacità, mentre gli insuccessi sono imputati a strategie inadeguate, ma comunque migliorabili, o a circostanze sfavorevoli che non si possono controllare ("Sono destinato al successo; se ho fallito è stato per un piccolo sbaglio o perché era impossibile fare altrimenti").

L'autoefficacia percepita influenza anche i processi cognitivi, in quanto favorisce l'adozione di strategie appropriate di decision making e di problem solving, soprattutto di fronte a compiti particolarmente complessi che richiedono non solo molte conoscenze, ma anche il saper adottare strategie efficaci di pianificazione e di azione. Chi si sente più capace, inoltre, tende con maggiore facilità a interpretare gli eventi in maniera a sé favorevole, a valutarsi più positivamente e ad adottare una visione positiva ed ottimistica della vita e del futuro. Le convinzioni di autoefficacia, infine, promuovono un'adeguata regolazione delle emozioni e delle reazioni fisiologiche in situazioni di stress; avere la convinzione di essere in grado di riuscire, infatti, aiuta a contrastare i pensieri intrusivi di tipo negativo e a stimolare comportamenti e pensieri che inducono emozioni positive. Attraverso l'influenza esercitata sulla selezione delle attività e degli obiettivi, l'applicazione di adeguate strategie cognitive e la gestione delle emozioni e dello stress, le convinzioni di autoefficacia si configurano come determinanti molto importanti del nostro successo, soprattutto quando ci cimentiamo in attività che richiedono un elevato impegno e uno sforzo duraturo.

L'autoefficacia percepita nello sport

Le convinzioni di autoefficacia sono state ampiamente studiate nel contesto sportivo, dove si configurano come uno dei fattori psicologici più importanti nella promozione del successo, in virtù dell'influenza positiva che esse esercitano sul buon funzionamento dell'atleta sia in fase di gara che in fase preparatoria e di allenamento (Bandura, 1997; Caprara e Pastorelli, 2002; Feltz, 1992; Feltz, Short e Sullivan, 2007). Numerosi studi empirici testimoniano la rilevanza dell'autoefficacia percepita rispetto alle scelta delle attività sportive intraprese (Escarti e Guzman, 1999), all'applicazione delle strategie più appropriate per l'ottimizzazione della prestazione (Beauchamp, Bray e Albinson, 2002; Feltz, 1994; Feltz, Chow e Hepler, 2006), alla resistenza alla pressione competitiva e allo stress (LaGuardia e Labbè, 1993; Martin e Gill, 1991) e alla durata dell'impegno e della perseveranza di fronte ai fallimenti o quando i miglioramenti sono irregolari o lenti ad arrivare (Tenenbaum, Hall, Calcagnini, Lange e Freeman, 2001).

Nel loro insieme i risultati delle ricerche che hanno indagato le diverse forme di autoefficacia percepita nello sport evidenziano come gli atleti che nutrono un elevato senso di efficacia personale hanno aspirazioni ambiziose e s'impegnano a fondo nelle discipline che intraprendono, con la certezza di poter esprimere al meglio le proprie potenzialità; percepiscono le difficoltà e gli errori come occasioni per mettersi alla prova e tendono ad attribuire i fallimenti ad un impegno insufficiente, a fattori episodici o a circostanze avverse che non possono essere controllate; non si scoraggiano di fronte agli insuccessi e si riprendono più rapidamente dalle delusioni, mantenendo alti l'entusiasmo e la motivazione.

Trasversalmente a diversi sport sia individuali che di squadra, come il tennis, il rugby, la pallavolo e molti altri, le convinzioni di autoefficacia sembrano essere rilevanti soprattutto rispetto ad alcuni aspetti caratteristici dell'attività sportiva di alto livello (Bandura, 1997). Gli atleti con una più elevata autoefficacia percepita scelgono autonomamente obiettivi che sono realistici ma ambiziosi, rispetto ai quali sentono effettivamente messe alla prova le loro capacità; mostrano una capacità superiore di concentrarsi sui modi e sui mezzi più appropriati per superare i propri limiti, affrontando al meglio le difficoltà, lo stress e i rischi connessi alla continua competizione; essi, inoltre, mostrano una maggiore abilità di gestire le distrazioni e i pensieri intrusivi negativi relativi a insuccessi passati e di controllare adeguatamente l'ansia che solitamente precede la competizione. Al contrario, gli atleti che dubitano delle proprie capacità tendono con maggiore facilità a sopravvalutare, talvolta in maniera del tutto irrealistica, le doti atletiche degli avversari e a preoccuparsi esageratamente dei rischi e delle conseguenze negative dei fallimenti, che vivono come delle pericolose minacce alla propria autostima e allo status sociale che hanno raggiunto. Essi, inoltre, tendono a rimuginare a lungo sui propri errori e sui fallimenti passati e ad anticipare scenari futuri di insuccesso; questo li rende meno capaci di restare concentrati sul compito e alimenta un circolo vizioso in cui la scarsa efficacia porta a cattive prestazioni e queste, a loro volta, contribuiscono ad abbassare ulteriormente la fiducia nelle proprie capacità. Un ultimo ambito in cui le convinzioni di autoefficacia sono particolarmente rilevanti riguarda il controllo del dolore e della fatica e la ripresa dagli infortuni. La ripresa funzionale a seguito di infortuni richiede generalmente lunghe ore di lavoro

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nelle quali l'atleta deve lottare non solo con il dolore ma anche con la noia e lo scoraggiamento che possono associarsi alla lentezza dei miglioramenti; in questo caso, elevate convinzioni di autoefficacia influenzano positivamente le effettive possibilità di recupero dell'atleta, in quanto lo sostengono nell'adesione ai lunghi e pesanti programmi di riabilitazione e nella difficile fase di allontanamento dalla gara.

Dal valutare al potenziare l'autoefficacia percepita. Le AEBS

L'efficacia percepita, evidentemente, può essere misurata solo tramite autovalutazione, in quanto solo la persona può fornire informazioni affidabili in merito alle proprie convinzioni; il punto di partenza per la costruzione di un buono strumento sono un'analisi attenta e un'approfondita conoscenza dei fattori e dei comportamenti che sono caratteristici del particolare ambito cui si è interessati e che attestano la capacità del singolo o del gruppo di padroneggiare le situazioni e le sfide che maggiormente caratterizzano tale ambito. Le AEBS sono il primo strumento specificamente costruito per la valutazione delle convinzioni di autoefficacia nell'atletica leggera. Le AEBS consistono di una scala generale che valuta sei dimensioni comuni a tutte le specialità, accanto ad altre scale che valutano dimensioni specifiche per la specialità praticata, relative alla gestione di specifici aspetti tecnico-tattici: 100-200 metri piani, 100-110 metri ostacoli, 400 metri piani, 400 metri ostacoli, marcia, gare di fondo, lancio del disco, lancio del martello, lancio del giavellotto, getto del peso, salto in alto, salto con l'asta e salto in lungo.

Le sei dimensioni generali, riportate nella tabella 1 insieme ad alcuni esempi di item, sono:

Concentrazione e gestione delle forze, che si riferisce alle convinzioni degli atleti di: saper raggiungere la massima concentrazione prima della gara, utilizzandola come strumento per eseguire al meglio la prestazione; essere in grado di evitare che pensieri intrusivi possano peggiorare l'esecuzione dei movimenti richiesti; saper dosare attentamente le forze per tutta la gara, contrastando la stanchezza.

Gestione dei momenti critici, relativa alle convinzioni degli atleti di saper controllare efficacemente la frustrazione dovuta a critiche, insuccessi, prestazioni negative e obiettivi non raggiunti, e alla loro capacità percepita di sapersi riprendere dagli infortuni, contenendo paura e scoraggiamento e mantenendo alta la motivazione.

Autoregolazione e gestione delle relazioni, che riguarda le convinzioni degli atleti di saper individuare strumenti e modalità per il miglioramento delle proprie abilità, attraverso l'analisi delle prestazioni e l'utilizzo dei feedback e dei suggerimenti ricevuti dall'allenatore e dagli altri atleti. Gestione delle condizioni atmosferiche, che si riferisce alle convinzioni degli atleti di saper raggiungere la massima concentrazione e effettuare prestazioni ottimali anche in condizioni atmosferiche non ideali.

Atletica-vita privata, relativa alle convinzioni degli atleti di saper integrare efficacemente e costantemente l'attività sportiva con i ritmi di vita anche nei periodi di stop agonistico.

Gestione dell'avversario, che si riferisce alle convinzioni degli atleti di saper controllare efficacemente la distrazione dovuta agli avversari, non cedendo alle provocazioni e rimanendo concentrati sulla tattica di gara stabilita.

Tabella 1

Dimensioni ed esempi di item della scala che misura le convinzioni di autoefficacia nell'atletica leggera

Valutare le convinzioni di autoefficacia consente di elaborare profili individuali e/o collettivi di "punti di forza" e "punti di debolezza", definiti dalle aree in cui gli atleti si ritengono capaci o incapaci di gestione efficace. Rispondere agli item che valutano le convinzioni di efficacia innesca, infatti, un processo di riflessione sulle proprie capacità che stimola l'atleta a prendere consapevolezza, ad elaborare o rivedere i giudizi relativi ad aspetti centrali della pratica del proprio sport, che possono non essere oggetto di riflessione e valutazione costante. Tali profili possono pertanto fornire numerosi spunti e materiali di confronto tra i giocatori e i tecnici, sul cui giudizio viene spesso esclusivamente fondato il piano dell'allenamento, consentendo una programmazione che sia il frutto di opinioni condivise e consapevoli da parte di entrambi. I profili di autoefficacia percepita possono costituire degli adeguati punti di partenza per pianificare e implementare

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programmi di allenamento altamente personalizzati e finalizzati a potenziare soprattutto le aree in cui gli atleti sperimentano maggiori difficoltà e si sentono particolarmente inadeguati e inefficaci.

I programmi volti a migliorare le capacità e la prestazione dei giocatori attraverso il potenziamento dell'efficacia percepita personale e collettiva si articolano nelle fasi "chiave" illustrate nella figura 1.

Figura 1

Fasi di realizzazione di programmi volti a migliorare le capacità e la prestazione dei giocatori attraverso il potenziamento dell'efficacia percepita.

Dopo una prima fase di somministrazione delle scale di efficacia percepita e collettiva e la relativa stesura dei profili, si passa all'individuazione delle aree di forze e di debolezza in termini di capacità percepite individuali e di squadra.

La figura 2, ad esempio, illustra il profilo di un atleta che pratica il salto in alto. Questo atleta ha elevate convinzioni rispetto alla sua capacità di gestire gli avversari e i momenti critici dovuti a infortuni o cattive prestazioni. Sotto la media sono le percezioni relative alle capacità di gestire le energie durante la gara e di sapersi concentrare adeguatamente, mentre nella fascia media rientrano i punteggi relativi a tutte le altre dimensioni di autoefficacia percepita.

Figura 2

Profilo di un atleta che pratica salto in alto

Nota. I punteggi relativi alle diverse dimensioni di autoefficacia percepita sono espressi in punti T (media = 50; deviazione standard =10).

Una adeguata lettura dei profili di efficacia percepita deve fornire una visione integrata che metta a confronto i valori delle diverse dimensioni di efficacia percepita riportati dal medesimo atleta. I profili di efficacia percepita possono essere letti dapprima all'interno di una situazione duale, ad esempio un colloquio tra lo psicologo e il giocatore o tra questo e l'allenatore, per poi essere ripresi sinteticamente e commentati in situazione di gruppo; soprattutto se confrontati con indicatori di prestazione, come ad esempio i tabellini ufficiali, le informazioni che si possono ricavare dai profili di efficacia attivano un processo di riflessione sulle proprie capacità e sulle eventuali discrepanze che si possono rilevare tra efficacia percepita e prestazione.

La fase successiva consiste nella scelta delle specifiche aree di efficacia da sottoporre ad azioni di potenziamento. La scelta delle aree dipende da molteplici fattori, che spaziano dalla gravità dei giudizi di efficacia, alla disponibilità di figure e risorse per l'implementazione di specifici interventi, alle priorità e preferenze dei giocatori, che possono essere più disposti a lavorare prima o prevalentemente su alcune aree piuttosto che su

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altre.

La quarta fase è dedicata alla definizione degli obiettivi, degli standard e dei tempi di realizzazione.

L'utilizzo di obiettivi, di breve, medio e lungo termine, è tanto più efficace quanto più questi: a) sono definiti in accordo con i giocatori; b) hanno un elevato significato personale; c) sono altamente individualizzati, ovvero commisurati alle esigenze e risorse effettive dei giocatori; d) sono chiari, specifici e misurabili; e) sono orientati alla prestazione (es. il miglioramento di un'abilità tecnica) più che al risultato (es. vincere una partita); f) sono formulati in termini positivi, ovvero mirano al raggiungimento (es. potenziare la capacità di interpretazione positiva dell'errore) e non all'evitamento di qualcosa (es. smettere di fare più errori).

La fase successiva prevede la scelta e l'applicazione delle strategie e delle tecniche di potenziamento dell'efficacia percepita che si basano sulle quattro fonti individuate da Bandura (Bandura, 1997).

L'esperienza diretta di successo nel "padroneggiamento" (mastery) di determinate attività, è particolarmente utile nel rafforzare l'efficacia relativa alla gestione di aspetti tecnici e tattici di gioco, ma può essere utilizzata anche per potenziare convinzioni relative ad altre aree. Questa strategia di potenziamento dell'efficacia percepita consiste nello strutturare compiti ed attività di crescente difficoltà e altamente individualizzati, nei quali di volta in volta viene garantito al giocatore il raggiungimento di buoni risultati e si evita l'esposizione prematura a situazioni e circostanze che sono ad alto rischio di fallimento. Le convinzioni di efficacia degli atleti possono essere rafforzate anche tramite l'apprendimento per modellamento (modeling) che si realizza in quattro fasi: a) attenzione/osservazione di prestazioni e di comportamenti di successo altrui; b) ritenzione, ovvero ricordo e riflessione su quanto osservato; c) riproduzione delle prestazioni e dei comportamenti; d) motivazione, fase in cui il giocatore deve essere stimolato a ripetere ulteriormente quanto riprodotto, a interiorizzarlo e a metterlo in atto autonomamente

Tutte le aree di efficacia percepita possono, inoltre, essere rafforzate da una "voce significativa" che "persuade" il giocatore e la squadra sul fatto che "sono in grado di farcela..."; sopratutto nei momenti più critici, il senso di efficacia, infatti, resta elevato solo se le persone che costituiscono dei punti di riferimento continuano ad esprimere fiducia nelle capacità dei giocatori.

Una tecnica molto utile per il potenziamento dell'efficacia percepita nel contesto sportivo è quella dell'imagery, che si è rivelata di particolare utilità nel rafforzare l'efficacia percepita relativa ad aspetti tecnico-tattici, alla gestione delle emozioni e dell'errore, alla capacita di agire flessibilmente, individuando le modalità migliori per fronteggiare situazioni critiche o nuove, e alla costruzione di un senso del gruppo, sia a livello individuale che collettivo.

L'ultima fase riportata nella figura 1 è dedicata a una nuova somministrazione delle scale ed un confronto dei profili con quelli iniziali, al fine di verificare l'entità del cambiamento nelle convinzioni personali e collettive. A questa fase può seguire l'istituzione di una pratica di monitoraggio continuo, finalizzata a valutare nel tempo l'andamento delle convinzioni dei giocatori e a confrontarlo con la loro effettiva prestazione. Tale monitoraggio, utile in tutte le fasi di formazione della squadra e in tutte le categorie di gioco, è particolarmente utile per i giovani, le cui convinzioni di efficacia sono in fase di costruzione e necessitano di azioni specifiche e mirate.

Riferimenti bibliografici

Bandura, A. (1997). Self-efficacy: The exercise of control. New York: Freeman.

Beauchamp, M.R., Bray, S.R. e Albinson, J.G. (2002). Pre-competition imagery, self-efficacy and performance in collegiate golfers. Journal Sports Science, 20, 697-705.

Caprara, G.V. e Pastorelli, C. (2000). Le motivazioni In D. Spinelli (a cura di), Psicologia dello Sport e del movimento umano. Milano: Zanichelli.

Escarti, A. e Guzman, J.F., (1999). Effects of feedback on self-efficacy, performance, and choice in a athletic task. Journal of Applied Sport Psychology, 11, 83-96.

Feltz D.L. (1992). Understanding motivation in sport: A self-efficacy perspective. In G.L. Roberts (a cura di), Motivation in sport and exercise. Champaign, IL: Human Kinetics.

Feltz, D.L. (1994). Self-confidence and performance. In D. Druckman e R.A. Bjork (a cura di), Learning, remembering, believing: Enhancing human performance, Washington DC: National Academy Press.

Feltz, D.L., Chow, G. e Hepler, T.J., (2006). Path analysis of self-efficacy and performance: Revised. Journal of Sport and Exercise Psychology, 28, S66.

Feltz, D.L., Short, S.E. e Sullivan, P.J. (2007). Self-efficacy in sport. Champaign, IL: Human Kinetics.

LaGuardia, R. e Labbé, E.E. (1993). Self-efficacy and anxiety and their relationship to training and race performance. Perceptual and Motor Skills, 77, 27-34.

Martin, J.J. e Gill, D.L. (1991). The relationships among competitive orientation, sport-confidence, self-efficacy, anxiety, and performance. Journal of Sport and Exercise Psychology, 13, 149-159.

Tenenbaum, G., Hall, H.K, Calcagnini, N., Lange, R. e Freeman, G. (2001). Coping with physical exertion and negative feedback under competitive and self-standard conditions. Journal of Applied Social Psychology, 31, 1582-1626.

I link sono stati apposti dalla Redazione; i siti cui essi rimandano erano in atto al momento della pubblicazione dell'articolo. ITEMS la newsletter del testing Psicologico

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Registrazione Tribunale di Firenze n° 5514 del 6 settembre 2006 ISSN: 1970-0466

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