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OTTIMIZZAZIONE DI FLUSSIMETRI INTEGRATI IN TECNOLOCIA CMOS MEDIANTE SIMULAZIONI FEM

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

I

NGEGNERIA

E

LETTRONICA

OTTIMIZZAZIONE DI FLUSSIMETRI INTEGRATI IN TECNOLOGIA CMOS

MEDIANTE SIMULAZIONI FEM

Relatori:

Prof. Massimo Piotto Prof. Paolo Bruschi

Candidato:

Gabriele Lazzarini

(2)

Indice generale

Capitolo 1: Introduzione e scopo della tesi...4

1.1 Tipi di flussimetro...5

1.1.1 Anemometro...5

1.1.2 Calorimetro...6

1.1.3 Flussimetro a tempo di volo...7

1.2 Flussimetri a due riscaldatori e scopo della tesi...8

Capitolo 2: Simulazione 3D sta ca di flussimetri integra ...13

2.1 Simmetrie del flussimetro...14

2.2 Disegno della stru ura 3D...16

2.3 materiali...20

2.4 Moduli fisici...23

2.4.1 Modulo termico “heat transfer”...23

2.4.2 Modulo ele rico “Elecric Current”...24

2.4.3 Modulo laminar-flow...25

2.5 Mesh del modello 3D sta co...26

2.6 Tipo di studio...26

2.7 Modello 3D sta co: confronto con i da sperimentali...26

2.8 Temperatura media dei riscaldatori in funzione della profondità della cavità...28

2.9 Cancellazione dell’ offset...29

Appendice 2.1 Parametri...32

Capitolo 3: Analisi del comportamento dinamico con il modello 2D approssimato...34

3.1 modello 2D...34

3.2 Simulazioni 2D...38

3.3 Espressione della resistenza idraulica e della velocità nel canale 2D...42

Capitolo 4: O mizzazione del flussimetro con il modello 3D...48

4.1 Modulo Laminar-Flow...50

4.2 Mesh del modello 3D dinamico...58

(3)

4.4 Validazione del modello 3D...61

4.5 Simulazioni con il modello 3D dinamico...64

4.6 Commento dei risulta o enu ...73

4.7 Linee guida per il proge o e l’ o mizzazione del sensore...75

4.8 Dipendenza della sensibilità dalla potenza dissipata sui riscaldatori...78

4.9 Confronto tra i risulta forni di modelli 3D dinamico e 2D non o mizzato...81

Capitolo 5: Sviluppo di un modello 2D efficiente...83

5.1 Cause di discrepanza tra il modello 2D non o mizzato ed il modello 3D...84

5.2 Profilo di velocità all’ interno del canale 3D...85

5.2.1 Risoluzione dell’equazione di Poisson ed espressione di Velx...87

5.3 Calcolo della resistenza idraulica del canale 3D...92

5.4 Verifica dei risulta anali ci o enu ...95

5.5 Calcolo anali co del profilo di velocità nel modello 2D non o mizzato...97

5.6 Modello 2D o mizzato con velocità reale...100

5.7 Modello 2D o mizzato con perdite...105

5.8 Modello 2D dinamico O mizzato...111

5.9 Conclusioni...113

(4)

CAPITOLO 1

Introduzione e scopo della tesi

In questo lavoro di tesi verranno sviluppa modelli FEM per la simulazione di sensori di flusso integra in tecnologia CMOS. Disporre di modelli con cui poter svolgere simulazioni affidabili è di fondamentale importanza durante la fase di studio, proge azione e o mizzazione di tu i microsistemi integra . Tali modelli consentono infa di capire quali sono i parametri geometrici e fisici su cui è possibile intervenire per migliorare le prestazioni del microsistema so o studio. Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di realizzare modelli per la simulazione, lo studio e l'o mizzazione di flussimetri integra in tecnologia CMOS. Verrà sviluppato un modello 3D e i risulta dalle simulazioni confronta con i da sperimentali. Terminata la fase di validazione verranno eseguite una serie di simulazioni allo scopo di individuare le possibili o mizzazioni applicabili al sensore. Par colare a enzione verrà dedicata allo studio della sensibilità e alla individuazione di tu quei fa ori geometrici su cui è possibile intervenire per migliorare questo importante parametro.

Il modello 3D ha il vantaggio di fornire risulta precisi, ma necessita di tempi di simulazione piu osto lunghi. Per ridurre i tempi di simulazione verrà sviluppato anche un modello per simulazioni 2D. In questa fase verranno affrontate tu e le problema che di natura fisica e matema ca che nascono nel momento in cui si vuole riassumere il comportamento di un sensore 3D in un unico piano.

Infine i da o enu con il modello 2D verranno confronta con quelli o enu con il modello 3D. Questo confronto servirà a validare il modello 2D.

(5)

1.1 Tipi di flussimetro

I flussimetri possono essere cataloga in tre principali categorie: anemometri, calorimetri, sensori a tempo di volo.

1.1.1 Anemometro

L’ anemometro è cos tuito, generalmente, da un unico elemento, che viene scaldato, e su cui vengono misura gli effe che il movimento del fluido causa sull’elemento stesso (figura 1.1) [1]. Un po di anemometro che basa il basa il suo funzionamento su questo principio è l’anemometro a filo caldo.

L’ anemometro a filo caldo può operare in vari modi:

1. Modo a potenza costante: Nel funzionamento a potenza costante una certa quan tà di potenza viene dissipata sul riscaldatore. La temperatura del riscaldatore è funzione, tramite la resistenza termica presente tra il riscaldatore e il gas, della velocità del gas stesso. Dalla misura della temperatura del riscaldatore è quindi possibile risalire alla velocità del gas in cui il riscaldatore è immerso.

In par colare, si dimostra che la resistenza termica RXS(T)(0) tra sensore

e gas è data da [2]:

Figura 1.1: Schema zzazione della stru ura e del principio di funzionamento dell’anemometro

(6)

R(T)XS(Vel)=R XS

(T )(0)∗ 1

[1+β √Vel] (1.1)

In cui RXS(T)(0) è la resistenza termica per Vel=0 e β un coefficiente che

dipende dalle cara eris che del fluido e dalla geometria del sensore. 2. Modo a temperatura costante: La temperatura del riscaldatore viene misurata e tramite un apposito circuito viene mantenuta costante. La potenza ele rica che viene dissipata sul riscaldatore al fine di mantenere costante la temperatura di quest’ ul mo è una misura della velocità del gas.

In figura (1.2) è mostrata la pica risposta di un anemometro a filo caldo alimentato a potenza costante[1]. E’ possibile mostrare che tale dipendenza varia come la radice quadrata della velocità del gas in cui il sensore è immerso[3].

1.1.2 Calorimetro

Il calorimetro, nella sua versione base, è composto da un riscaldatore e da due sensori di temperatura. Quando all’ interno del sensore scorre un flusso di gas, il calore viene trasportato nella direzione del flusso e, pertanto, il sensore di temperatura a monte del riscaldatore viene raffreddato, mentre quello a valle viene

(7)

riscaldato. Dalla differenza di temperatura le a dai due sensori di temperatura è possibile risalire al valore del flusso che scorre nel canale [1]. In figura (1.3) è mostrata la schema zzazione della stru ura di un calorimetro.

1.1.3 Flussimetro a tempo di volo

In questo po di sensore un impulso di potenza ele rica viene periodicamente dissipato su un riscaldatore. L’ impulso di calore che fluisce dal riscaldatore al gas viene poi trasportato, mediante il flusso , verso un sensore di temperatura. Il tempo che trascorre tra l’istante in cui l’ impulso di potenza viene dissipato sul riscaldatore e l’ istante in cui l’ impulso di calore viene rilevato dal sensore di temperatura è una misura della velocità del flusso all’ interno del flussimetro [1]. In figura (1.4) è mostrata la schema zazione della stru ura di un flussimetro a tempo di volo.

Figura 1.3: Schema zzazione della stru ura di un calorimetro

Figura 1.4: Schema zzazione della stru ura e del principio di funzionamento dei flussimetri a tempo di volo.

(8)

In figura (1.5) è mostrata la risposta pica di un flussimetro a tempo di volo. Si osserva che per al flussi l’ impulso di calore arriva velocemente al sensore di temperatura. Invece, per bassi flussi, l’impuso di calore è meno intenso, presenta una forma più larga e impiega più tempo per giungere al sensore di temperatura.

1.2 Flussimetri a due riscaldatori e scopo della tesi

I flussimetri integra sono considera una valida alterna va ai flussimetri macroscopici in termini di velocità di risposta, dimensioni e consumo di potenza. I sensori di flusso integra vengono u lizza in vari ambi . Vengono u lizza , ad esempio, in ambito dell’ automo ve per misurare l’aria “aspirata” dai motori (vedi Figura (1.6) [1]), vengono u lizza per il monitoraggio della ven lazione di ambien , per misurare velocità e direzione del vento e, anche, in abito spaziale, per il controllo della propulsione . [4]

(9)

In tu e le applicazioni sopra elencate occorre avere un controllo molto fine sulla quan tà di gas (o liquido) che viene u lizzata. Occorre quindi che il flussimetro sia in grado di rilevare anche flussi molto piccoli. Nei flussimetri tu avia la possibilità di misurare bassi flussi viene spesso compromessa dalla presenza dell’ offset che, picamente, assume valori più eleva della risoluzione del sensore stesso, determinata dal rumore [5].

Le origini dell’offset sono da ricondurre alle asimmetrie del sensore. Per compensare l’ offset del sensore è possibile u lizzare una stru ura a due riscaldatori vedi figura (1.7) . I riscaldatori presen nel flussimetro di figura (1.7) vengono alimenta con due dis nte corren IH1 e IH2. U lizzando IH1 ≠ IH2 è possibile introdurre uno

sbilanciamento tra le potenze dissipate sui due riscaldatori in grado di compensare l’ offset del sensore.

Figura 1.6: Foto di un flussimetro impiegato nell’automo ve, per la misura del flusso d’aria aspirato dai motori.

(10)

Sul primo riscaldatore viene quindi dissipata una potenza pari a W1 , mentre, sul

secondo, una potenza pari a W2. Ipo zzando che sussista una relazione lineare tra la

potenza dissipata sui riscaldatori e la temperatura delle termopile, si ha che:

{

VT 1=s1∗(W1∗α1 ,1+W2∗α1,2)

VT 2=s2∗(W1∗α2 ,1+W2∗α2 ,2) (1.2)

Figura 1.7: Stru ura del flussimetro a doppio riscaldatore. (a) vista in pianta, (b) vista in sezione. Le dimensioni non sono in scala. Sono rappresenta anchi i coefficien di accoppiamento termico.

(11)

Dove αi,k con i,k=1,2 sono i coefficien di accoppiamento termico e il loro valore

dipende dal flusso. Si o ene:

Vout=W2∗(s2∗α2,2−s1∗α1,2)−W1∗(s1∗α1,1−s2∗α2 ,1) (1.3)

Quando il gas è dire o come in figura 1.1 i coefficien di accoppiamento termico α2,1

e α2,2 aumentano, mentre α1,2 e α1,1 diminuiscono. Se il sensore fosse perfe amente

simmetrico, con flusso nullo si avrebbe:

s1=s2; α1 ,2(0)=α2 ,1(0); α1,1(0)=α2,2(0) (1.4)

Quindi, alimentando i riscaldatori di una stru ura perfe amente simmetrica con la stessa potenza, ovvero, W1=W2 si avrebbe un offset nullo. Il vantaggio di avere una

stru ura con due riscaldatori è che tramite un opportuno sbilanciamento W1≠W2 è

possibile compensare l’offset. In par colare, nei sensori reali (dove in generale le 1.4 non sono valide) , il rapporto W2/W1 deve essere scelto pari a

W2

W1

=

(

s1∗α1,1−s2∗α2 ,1 s2∗α2,2−s1∗α1 ,2

)

(1.5)

quindi, me endo in evidenza le corren IH1 e IH2 con le quali vengono alimenta i

riscaldatori, la (1.5) diventa: I2H 2 I2H 1= RH 1 RH 2 ∗

(

s1∗α1,1−s2∗α2,1 s2∗α2,2−s1∗α1,2

)

(1.6)

(12)

Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di realizzare dei modelli 3D (e 2D) per la simulazione di flussimetri integra in tecnologia CMOS a doppio riscaldatore e di studiare, tramite i modelli realizza , le prestazioni del sensore ed in par colare della sensibilità al variare dei principali parametri geometrici del sensore stesso.

(13)

CAPITOLO 2

Simulazione 3D sta ca di flussimetri

integra

Come verrà messo in mostra nei paragrafi successivi, a causa delle diverse simmetrie che presenta il “sistema flussimetro” nel caso in cui il gas all’interno del canale è fermo oppure in movimento, è necessario disporre di due modelli simula vi: uno per studiare il sistema nel caso sta co, ovvero quando il gas nel canale è fermo e uno per studiare il sistema nel caso dinamico, ovvero quando il gas nel canale è in movimento.

Disporre di modelli simula vi affidabili è di fondamentale importanza durante la fase di studio, proge azione e o mizzazione di tu i microsistemi integra . Tali modelli simula vi consentono infa di capire quali sono i parametri geometrici e fisici su cui è possibile intervenire per migliorare le prestazioni del microsistema so o studio.

Lo scopo di questo capitolo è quello di mostrare il modo in cui sono sta realizza i modelli per le simulazioni sta che e dinamiche e di mostrare i risulta delle simulazioni svolte con il modello 3D sta co. Lo studio del comportamento dinamico verrà invece affrontato nel capitolo 4.

Per quanto riguarda la realizzazione dei modelli 3D occorre tenere presente che quando si intende simulare stru ure complesse, come quella in ques one, è bene sfru are le simmetrie che essa presenta. Queste ul me consentono di o enere tu e le informazioni fisiche del sistema simulandone solamente una frazione.

Prima di iniziare il disegno del sensore è quindi opportuno valutare le simmetrie del sistema che si intende simulare. Questo sarà lo scopo del successivo paragrafo.

(14)

2.1 Simmetrie del flussimetro

Lo scopo di questo paragrafo è quello di mostrare le simmetrie che presenta il sistema flussimetro. In par colare verrà mostrato che, nel caso sta co, ovvero, quando il gas all’ interno del canale ha velocità nulla, il “sistema flussimetro” presenta simmetria pari sia rispe o al piano X=0, sia rispe o al piano Z=0 (vedi figura 2.1) mentre, nel caso dinamico, presenta simmetria pari solo rispe o al piano Z=0.

-Simmetrie del sistema sta co

Supponiamo che il gas all’interno del canale sia fermo.

Figura 2.1: è mostrato il disegno 3D dell’intero flussimetro. I pun A e A’ sono simmetrici rispe o al piano X=0, i pun B e B’ sono simmetrici rispe o al piano Z=0.

(15)

In questo caso, ciò che determina la distribuzione di temperatura all’ interno del sistema è la densità di potenza dissipata sui riscaldatori e la stru ura stessa del sensore.

Supponiamo di effe uare una riflessione rispe o al piano X=0 -vedi figura 2.1-. A seguito di tale riflessione si o ene la stessa stru ura e la stessa densità di potenza dissipata che si aveva prima della riflessione

Quindi, dato che, a seguito di tale trasformazione, le “sorgen ” della distribuzione di temperatura non cambiano, non potrà cambiare nemmeno la distribuzione di temperatura stessa. Ciò accade anche se si eseguisse una riflessione rispe o al piano Z=0

Perciò, sempre in riferimento alla figura 2.1, si ha che:

{

T ( A)=T ( A ' )T (B)=T (B' ) ⃗Vel=0

(2.1)

Il sistema 2.1 afferma che, quando il gas è fermo, la distribuzione di temperatura nel sensore ha simmetria pari sia rispe o al piano x=0, sia rispe o al piano z=0.

In virtù delle simmetrie espresse dalla (2.1) è quindi possibile studiare il comportamento sta co del sensore u lizzando solamente ¼ della stru ura complessiva.

-simmetrie del sistema dinamico

In questo caso, rispe o al caso sta co, alle sorgen di temperatura prima elencate si aggiunge la velocità del gas nel canale (si assume che la velocità ha simmetria pari rispe o al piano Z=0 ).

Supponiamo, quindi, che all’interno del canale il gas non sia fermo. Anche in questo caso, a seguito di una riflessione rispe o al piano Z=0, le sorgen della distribuzione di temperatura non cambiano: si o ene nuovamente la stessa stru ura, la stessa densità di potenza dissipata sui riscaldatori e la stessa velocità del gas che si aveva prima di effe uare la riflessione. Si può quindi concludere che nemmeno la

(16)

distribuzione di temperatura all’ interno del sistema, dopo la riflessione, può cambiare. Si ha quindi che:

{

Vel(B)=⃗T (B)=T ( B' )Vel(B ') (2.2)

Il sistema (2.2) afferma che, quando all’interno del canale il gas è in movimento, la distribuzione di temperatura e la distribuzione di velocità nel flussimetro presentano simmetria pari rispe o al piano Z=0.

Ciò, invece, non accade se si considera come piano di riflessione il piano X=0. Supponiamo che il gas si s a muovendo nel verso delle x crescen . Il meccanismo della convezione forzata fa sì che nei pun con X>0 la temperatura del gas subisca un aumento -rispe o al caso sta co- mentre nei pun con X<0 subisca una diminuzione. Come conseguenza di ciò la distribuzione di temperatura perde la simmetria pari rispe o al piano X=0. Essa non può nemmeno assumere una simmetria dispari. Le temperature sono infa espresse in gradi Kelvin e, come tali, non possono assumere valori nega vi. Ciò implica che, in riferimento a figura (2.1) non potrà mai essere verificata la condizione di simmetria dispari T(A)=-T(A’)

Le relazioni (2.2) affermano che è possibile studiare il comportamento dinamico del sensore u lizzando solamente metà della stru ura complessiva: una delle due metà simmetriche rispe o al piano Z=0.

2.2 Disegno della stru ura 3D

Da quanto de o nel paragrafo precedente segue che per poter sfru are le simmetrie occorre disegnare due stru ure: una per lo studio del comportamento sta co ed una per lo studio del comportamento dinamico.

Una possibilità quella di disegnare separatamente le due geometrie, ovvero, disegnare dis ntamente prima ¼ della stru ura complessiva -per lo studio sta co- e poi ½ della stru ura complessiva -per lo studio dinamico.

Di seguito verrà però seguito un approccio diverso. Inizialmente verrà disegnata l’intera stru ura (quella mostrata in figura 2.1) e solo in un secondo momento,

(17)

tramite un’ operazione di AND logico tra la stru ura complessiva e un’opportuna maschera, verrà selezionata la parte della stru ura di interesse e scartata la rimanente. Per lo studio sta co, quindi, verrà scelta una maschera che seleziona solamente ¼ della stru ura di figura 2.1 mentre per lo studio sta co verrà scelta una maschera che ne seleziona ½ .

Per poter disegnare la stru ura 3D occorre conoscere sia le dimensioni orizzontali che ver cali. Le dimensioni orizzontali possono essere ricavate dire amente dal layout del sensore (mostrato in figura 2.2) mentre quelle ver cali si possono o enere dal manuale del processo.

-Dimensioni orizzontali della stru ura.

Le informazioni sulle dimensioni orizzontali del sensore, di cui si vuole realizzare il modello simula vo, possono essere ricavate dal layout del sensore stesso, mostrato in figura (2.2). Esso appar ene al flussimetro descri o nell’ar colo [6].

Figura 2.2 Layout del sensore di cui verrà realizzato il modello 3D.

(18)

Occorre tenere presente che il chip a cui appar ene il sensore è stato realizzato con una tecnologia BCD6s, ovvero con una tecnologia shrink. Ciò significa che il processo litografico imprime sul fothoresist figure geometriche più piccole rispe o a quelle presen sulla maschera. La ovvia conseguenza di ciò è che anche le figure geometriche presen sul chip saranno scalate rispe o a quelle del layout.

Quindi, se sul layout un certa grandezza -lineare- misura x, sul chip misura x*alfa, con alfa<1. In par colare, nel processo con cui è stato realizzato il sensore, si ha che alfa =0.92.

-Dimensioni orizzontali della stru ura.

Le dimensioni ver cali della stru ura sono le seguen :

1. spessore ossido di campo = 420[nm] (SPESS_OSSIDO_CAMPO) 1. altezza delle geometrie in polisilicio= 250[nm] (SPESS_POLY)

2. altezza complessiva dei vari stra di isolamento= 5.096[um]. (T_OX) 3. altezza delle piste di metal1 = 493[nm]. (SPESS_METAL_1)

Occorre, inoltre, conoscere anche l’altezza del canale e la profondità della buca o cavità. Le dimesioni di queste grandezze, nel sensore a cui appar ene il layout di figura(2.2) sono:

4. altezza del canale= 500[um] (H_CH)

(19)

-Parame zzazione del modello 3D

Tu e le grandezze geometriche del sensore varranno parametrizzate. A ciascuna di esse verrà a ribuito, all’interno dei parametri globali del simulatore, un nome e un valore. Il disegno della stru ura verrà poi realizzato u lizzando solo i nomi dichiara nelle variabili globali. Questo approccio perme e di cambiare, con facilità, le dimensioni delle varie stru ure che compongono il sensore e, quindi, di poter studiare in modo semplice le prestazioni del sensore al variare delle principali grandezze geometriche.

I nomi delle varie grandezze orizzontali u lizza all’interno dei parametri globali sono riporta in appendice al capitolo 2.

I nomi a ribui alle grandezze ver cali sono, invece, mostra tra perentesi nell’ elenco sopra riportato.

A questo punto, avendo a disposizione tu e le informazioni rela ve alle dimensioni del sensore, è possibile iniziare il disegno della stru ura. Di seguito non verrà descri o in de aglio il modo in cui è stato o enuto ogni singolo ogge o che compone il modello 3D: verranno solamente mostrate le stru ure finali.

-stru ure 3D

(20)

La stru ura 3D completa è mostrata in figura (2.1). In figura (2.4) è invece riportata la stru ura che verrà u lizzata per le simulazioni sta che. Come si può osservare essa si compone solamente di ¼ della stru ura complessiva, quella inclusa in Z<0 e X>0. In figura (2.5) è invece mostrata la stru ura 3D che verrà u lizzata per le simulazioni dinamiche. Come si può osservare essa si compone solamente di metà stru ura, quella inclusa nel volume Z<0.

2.3 materiali

Dal layout del sensore è possibile risalire ai materiali di ciascuna delle geometrie che compone il flussimetro.

-Poly P+

Le stru ure del sensore realizzate in poliscilicio P+ sono quelle mostrate in blu nella

figura 2.6. Esse comprendono una delle due piste di ciascuna termocoppia (l’altra è realizzata in poly-n+) e le piste dei riscaldatori.

Siccome le piste dei riscaldatori sono percorse da corrente è importante conoscere, il valore della loro resistenza. Dalla resistenza dei riscaldatori dipende infa la Figura 2.6: In blu sono evidenziate le stru ure

del sensore realizzate in Poly-P+

Figura 2.7: in nero la curva RRISC(IH) o enuta

tramite le misurazioni, in blu quella o enuta tramite Comsol, u lizzando ρ0=2e-5[Ω*m] e in

rosso quella o enuta tramite comsol, u lizzando ρ0=2.19e-5[Ω*m].

(21)

potenza dissipata sui riscaldatori stessi e, quindi, anche la temperatura del gas all’interno del canale.

A tale proposito, occorre considerare che la resi vità del poly-P+ può essere espressa

come:

ρ(T )=ρ0+α1∗(T−T0)+α2∗(T−T0)

2 (2.3)

in cui:

ρ0=Rquadro∗tpoly (2.4)

dove Rquadro è la resistenza per quadro delle piste di poly-P+ e tpoly =250[nm] è il loro

spessore. Il manuale del processo BDC6s dichiara che:

{

Rquadro=80±20Ω → ρ0=2e-5[Ω∗m]

α1=9.4849∗10−4

[

ΩK

]

α2=5.02∗10−7

[

Ω

K

]

(2.5)

Figura (2.7) mostra l’andamento della resistenza dei riscaldatori in funzione della corrente IH che scorre sui riscaldatori stessi. La curva in nero è il risultato delle

misurazioni effe uate sul sensore descri o nell’ar colo [6]. La curva in blu rappresenta, invece, la resistenza simulata o enuta u lizzando i valori (nominali) espressi dal sistema 2.5.

Come si può osservare, tra la curva misurata e quella simulata è presente una certa discrepanza che si manifesta anche per bassi valori di corrente. E’ quindi sensato supporre che essa sia dovuta alla incertezza sul parametro Rquadro, ovvero, sul

parametro ρ0.

Per tentare di “colmare” tale differenza è stata eseguita una simulazione parametrica, al variare di ρ0, facendo scorrere sui riscaldatori un basso valore di

(22)

corrente (0.015 mA). Da tale simulazione è emerso che il valore di ρ0 per cui il valore

della resistenza simulata uguaglia il valore della resistenza misurata è pari a:

ρ0=2.19∗10−5[Ω∗m] → Rquadro=87[Ω] (2.6)

Come si può osservare, Il valore di ρ0 ricavato tramite la simulazione parametrica

implica un valore di Rquadro di 87[Ω] che rientra nel range di valori indicato nella 2.5.

Il grafico che si o ene impostando, all’ interno del simulatore, il valore di ρ0

indicato nella (2.6), è quello mostrato mostrato in rosso in figura (2.7). Come si può osservare, ora, tale curva si avvicina molto a quella -in nero- o enuta tramite le misurazioni.

-Siliciuro e alluminio

Le stru ure del sensore realizzate in siliciuro sono quelle mostrate in blu in figura (2.8), ovvero: le punte delle termocoppie e le piste presen sui riscaldatori. Si ha che:

{

σsiliciuro= 1 0.75∗10−6∗(1+3.555∗10−3∗(T −298)−7.91∗10−7∗(T−298)2)

[

s m

]

Ksiliciuro= 1 −2.2∗10−11∗T3+9∗10−8∗T2−1∗10−5∗T +0.014

[

W∗m K

]

(2.7) Figura 2.8: Modello 3D dinamico: in blu le

stru ure in siliciuro.

Figura 2.9: Modello 3D dinamico: In blu le piste di metal

(23)

Le stru ure in alluminio sono, invece, quelle mostrate in figura (2.9). La conducibilità σalluminio dell’alluminio e pari a:

σalluminio= 1

3.45∗10−8∗(1+4.3∗10−3∗(T−298))

[

s

m

]

(2.8)

-Sio2

Tramite misure effe uate in laboratorio, è emerso che la conducibilità termica dell’ossido di silicio è pari a:

KSIO2=1.15

[

W∗m

K

]

(2.9)

all’ interno del simulatore, pertanto, verrà u lizzato il valore espresso dalla (2.9). 2.4 Moduli fisici

I moduli fisici da introdurre nel modello 3D sta co sono il modulo termico e il modulo ele rico. Nel modello 3D dinamico, invece, oltre a ques occorre introdurre anche il modulo fluidodinamico.

2.4.1 Modulo termico “heat transfer”

Il modulo termico u lizzato è l’ heat-Transfer. Di seguito verranno brevemente illustra i principali nodi contenu in esso:

-nodo “symmetry”

Figura 2.10: Modello 3D sta co. Sono evidenziate le superfici rispe o alle quali, quando il gas è fermo, la distribuzione di temperatura presenta simmetria pari

Figura 2.11: Modello 3D dinamico. E’ evidenziata la superficie rispe o alla quale, quando il gas è in movimento, la distribuzione di temperatura presenta simmetria pari.

(24)

Questo nodo consente di introdurre -nel modello 3D sta co- le simmetrie espresse dalle prime due equazioni del sistema (2.1) e - nel modello 3D dinamico - quella espressa dalla prima equazione del sistema (2.2). Nei due casi, le superfici da selezionare all’ interno del nodo “symmetry” sono quelle evidenziate in blu in figura (2.10) e (2.11).

-nodo “Heat source”

Nei flussimetri, la sorgente di calore è la potenza ele rica dissipata nei riscaldatori. Da questa dipende sia la temperatura del gas sia quella dei riscaldatori stessi e, pertanto, anche la resistenza ele rica di quest’ul mi. Tali interdipendenze sono schema zzate in figura (2.12). Nel caso dinamico si aggiunge il fa o che la temperatura del gas è funzione, tramite il meccanismo di convezione forzata, della velocità del gas stesso, come mostrato in figura (2.13).

Il nodo “heat source” serve per formalizzare i collegamen rappresenta dalle frecce verdi di figura 2.12 e 2.13.

2.4.2 Modulo ele rico “Elecric Current”

Anche il modulo ele rico, così come quello termico, è presente sia nel modello sta co che in quello dinamico. Di seguito verranno brevemente illustra i principali nodi in esso contenu .

Figura 2.12: Collegamen tra i moduli fisici presen nel modello 3D sta co

Figura 2.13: Collegamen tra i moduli fisici presen nel modello 3D dinamico.

(25)

-nodo “Current conserve on”

Questo nodo consente di scegliere i domini entro cui Comsol risolverà le equazioni ele riche. I domini da selezionare sono le piste sui riscaldatori e le piste in metal, ovvero, quei domini che, in fase di simulazione, verranno a raversa dalla corrente. All’ interno del nodo “Current conserva on” è anche possibile formalizzare il collegamento, mostrato nelle figure (2.12) e (2.13), che parte dal modulo termico e arriva a quello ele rico. Esso ene conto del fa o che, come de o, la resistenza ele rica dei riscaldatori dipende dalla loro temperatura.

-nodo “ground” e nodo “terminal”

Tramite i nodi “ground” e “terminal” è possibile realizzare i collegamen ele rici rappresenta in figura(2.14) e (2.15): il nodo terminal consente di introdurre i generatori di corrente, mentre, il nodo ground perme e di realizzare i collegamen a massa.

2.4.3 Modulo laminar-flow

Nei preceden paragrafi è stato introdo o il modulo termico ed ele rico. Essi sono inclusi sia nel modello 3D sta co, sia nel modello 3D dinamico.

Il modulo fluidodinamico, invece, è da inserire solamente nel modello 3D dinamico. Da ora in poi, quindi, la costruzione dei due modelli deve proseguire in modo separato. Si sceglie allora di concludere la realizzazione del modello 3D sta co e di rimandare la realizzazione del modello 3D dinamico al capitolo dedicato alle simulazioni dinamiche, ovvero il capitolo 4.

Figura 2.15: Collegamen ele rici nel modello 3D dinamico

Figura 2.14: Collegamen ele rici nel modello 3D sta co

(26)

2.5 Mesh del modello 3D sta co

La mesh del modello 3D sta co è del tu o simile alla mesh del modello 3D dinamico. L’unica differenza consiste nella assenza del boundary layer, specifico per le simulazioni fluidodinamiche. (vedi paragrafo 4.3)

2.6 Tipo di studio

Rimane da inserire il po di studio. Per le simulazioni che verranno effe uate occorre scegliere uno studio stazionario.

2.7 Modello 3D sta co: confronto con i da sperimentali.

A

questo punto può ritenersi completata la realizzazione del modello 3D sta co. Occorre verificare se esso è in grado di fornire risulta in linea con i da sperimentali.

Per eseguire tale verifica è possibile u lizzare i risulta sperimentali presenta nell’ar colo[7]. Tra i da riporta in tale ar colo è possibile estrarre quelli mostra in tabella 2.1:

Figura 2.16: Grandezze geometriche e alimentazione del modello 3D sta co u lizzato in questo paragrafo

Figura 2.17: Valore delle grandezze

geometriche e alimentazione del modello 3D u lizzato in questo paragrafo

(27)

Tabella 2.1 Da estra dall’ ar colo[7] Numero

Risc.

LG LGH HCH LCH WCH PH VK(QCH=0

)

2 60[um] 71[um] 500[um] 200[um] 500[um] 1.25[mW

]

3.61[mV]

in cui Vk è la media delle tensioni misurate ai capi delle termopile (quando la velocità

del flusso è nulla) mentre LG, LGH, HCH, LCH e WCH sono alcune tra le principali

grandezze geometriche del sensore. Il loro significato è mostrato nelle figure (2.16) e (2.17).

Come indicato nella stessa tabella 2.1, durante le misurazioni, su ogni riscaldatore, è stata dissipata una potenza pari a PH=1.25[mW]. Considerando che la resistenza RH

dei riscaldatori è circa 2100[Ω] (vedi paragrafo 2.4), si calcola che la corrente con cui sono sta alimentai i riscaldatori in fase di misura è pari a:

IH=

PH RH=

1.25e-3

2100 =77[mA ] (2.10)

eseguendo una simulazione sta ca con i valori della corrente e dei parametri geometrici mostra in figura (2.16) e (2.17), si trova che la differenza di temperatura media ai capi della termopila di destra è pari a ΔTDX_SIMULATA =1.026[K] (vedi figura

2.17) . E’ quindi possibile risalire alla tensione VK_SIMULATA ai capi della medesima

termopila u lizzando la seguente relazione:

VK SIMULATA=ΔTDX SIMULATA∗NTP∗αPN (2.11)

in cui NTP=10 è il numero delle termocoppie che compone ciascuna termopila e

αPN=315*10^-6 è il coefficiente di Seebek. U lizzando ques valori nella (2.11) si

trova:

VK SIMULATA=3.142∗10 −3

[V ] (2.12)

la discrepanza tra il valore di VK simulato, mostrato nella equazione (2.12), e quello

(28)

dalle asimmetrie determinate dal processo di fabbricazione. A questo si aggiunge la variabilità sui parametri come, ad esempio, il coefficiente di Seebek.

2.8 Temperatura media dei riscaldatori in funzione della profondità della cavità

Lo scopo della cavità, al di so o dei riscaldatori, è quello di realizzare un buon isolamento termico tra i riscaldatori ed il substrato.

Se l’ isolamento non fosse buono si avrebbero delle perdite di calore che farebbero diminuire la temperatura dei riscaldatori stessi e, di conseguenza, anche la sensibilità del flussimetro.

E’ quindi importante che la cavità sia sufficientemente profonda da garan re un buon isolamento. E’, tu avia, altre anto importante che essa non sia più profonda Figura 2.18: funzioni T_RISC(H_CAVITA)

(29)

del necessario: ciò allungherebbe inu lmente i tempi dell’ a acco anisotropo del silicio in fase di post processing.

Per capire quale è il valore o male della profondità della buca sono state eseguite alcune simulazioni parametriche al variare del parametro H_CAVITA. I risulta sono riporta in figura (2.18).

I grafici contenu in figura (2.18) mostrano la temperatura media dei riscaldatori in funzione della profondità della buca, nel caso in cui HCH=100[um], HCH=500[um] e

HCH=1000[um].

Dall’ analisi dei risulta mostra si può dedurre che il valore o male della profondità buca è circa 80[um]. Questo, infa , è il valore di H_CAVITA in corrispondenza del quale le curve mostrate saturano. Si osserva inoltre che i grafici o enu con HCH=1000[um] e HCH=500[um] coincidono, mentre la curva o enuta con

HCH=100[um] è leggermente spostata, rispe o alle altre due, verso il basso. Ciò

significa che, per bassi valori di HCH, le perdite di calore verso la superficie superiore

del canale non sono più trascurabili. 2.9 Cancellazione dell’ offset

La configurazione a due riscaldatori è stata appositamente pensata per poter compensare l’offset del sensore. Tale configurazione consente di alimentare i riscaldatori con due differen corren IH1 e IH2. In questo modo, tramite un

opportuno circuito, è possibile creare uno sbilanciamento tra IH1 e IH2 tale da

bilanciare l’offset del sensore [5]. Tale sbilanciamento può variare all’ interno del seguente range[5]:

Figura 2.19: Modello con cui è stata ricavata la funzione ΔTOFFSET(ΔI) mostrata a fianco.

Figura 2.20: Grafico per la compensazione dell’ offset: funzione ΔT(IH2/IH1)

(30)

0.8⩽IH 2

IH 1⩽1.2 (2.13)

è quindi interessante valutare, tramite una simulazione parametrica, quale è la differenza di temperatura ai capi delle termopile prodo a da uno sbilanciamento tra IH1 e IH2 che varia all’ interno del range indicato nella (2.13).

Le simulazioni sono state effe uate u lizzando il circuito mostrato in figura(2.19). Si no che pur essendo una simulazione sta ca non è possibile u lizzare il modello composto solamente da ¼ della stru ura complessiva. Infa , lo sbilanciamento tra le corren IH1 e IH2 rompe la simmetria pari rispe o al piano X=0. Occorre quindi

u lizzare il modello che si compone di ½ della stru ura complessiva.

Come mostrato in figura (2.19), la simulazione è stata effe uta ponendo I2=I0+ΔI e

I1=I0, con I0=0.76[mA]. Il risultato è mostrato in figura(2.20).

Bisogna ora valutare se lo sbilanciamento tra le corren IH1 e IH2 è in grado di

compensare l’offet ΔTOFFSET del sensore. A tolo di esempio è possibile u lizzare i da

prevenien dall’ ar colo [5]. In questo ar colo viene misurato l’offset (VOFFSET) in

uscita della catena di read-out. Tale offset con ene un contributo dovuto all’ amplificatore (VOA) ed un contributo dovuto al sensore (VOS), ovvero:

VOFFSET=VOA+VOS (2.14)

solitamete VOA<<VOS, quindi si può considerare VOFFSET ≈ VOS. Pertanto, l’ offset in

termini di ΔTOFFSET, può essere calcolato come:

ΔTOFFSET= VOFFSET

αPN∗NTP∗A (2.15)

In cui αPN=315*10^-6[V/K] è il valore del coefficiente di Seebek, NTP è il numero di

termocoppie che compone ciascuna termopila e A è il guadagno dell’amplificatore di uscita. Inserendo nella (2.15) i valori di VOFFSET=250[mV] e A=1000 provenien

(31)

Come si può osservare da figura(2.20), ΔTOFFSET=79m[K] può essere compensato con:

IH 2

IH 1

=1.05 (2.16)

ovvero con valori “ampiamente” inclusi nel range (2.13).

L’ar colo [5] afferma che per compensare VOFFSET=250[mV] occorre un rapporto tra le

corren IH2 e IH1 pari a 1.04. Questo valore è molto vicino a quello trovato con le

(32)
(33)
(34)

CAPITOLO 3

Analisi del comportamento dinamico con il

modello 2D approssimato

Il compito dei modelli dinamici è quello di simulare il comportamento del sensore quando la velocità del gas nel canale non è nulla. Per questo mo vo essi devono contenere il modulo fluidodinamico il quale è chiamato a risolvere le equazioni della fluidodinamica. Tali equazioni sono non lineari. Per questo mo vo le simulazioni dinamiche risultano essere impegna ve (da un punto di vista computazionale) e lunghe. Il modello 3D dinamico realizzato in questo lavoro impiega 30 minu per portare a termine una singola simulazione. Supponiamo di voler studiare la dipendenza della sensibilità al variare di una grandezza geometrica. A tale scopo, se si eseguisse una simulazione parametrica composta da 10 singole simulazioni, u lizzando il modello 3D, essa durerebbe 5 ore! Risulta quindi opportuno sviluppare, assieme al modello 3D, anche un modello 2D che sia in grado di simulare il comportamento dinamico in tempi più brevi rispe o a quelli che impiega il modello dinamico 3D. Questo è l’obie vo del presente capitolo.

3.1 modello 2D

Figura 3.1: Modello 2D dinamico. In questa figura e in quella a fianco sono evidenzia i principali parametri geometrici su cui il proge sta può intervenire per tentare di migliore le prestazioni del sensore.

Figura 3.2: Modello 2D dinamico. Sono evidenzia i principali parametri geometrici sui quali il proge sta può intervenire per tentare di migliore le prestazioni del sensore.In questo capitolo verranno svolte simulazioni al variare di LG, LGH e HCH. LCHverrà

tenuto fisso e pari a 2000[um] in tu e le simulazioni.

(35)

La stru ura creata per il modello 2D è quella riportata in figura 3.1 e 3.2. In esse sono evidenzia i principali parametri su cui il proge sta può intervenire per tentare di migliorare le prestazioni del sensore.

Per realizzare un modello 2D in grado di fornire risulta corre occorre riassumere in modo opportuno, su di un unico piano, il comportamento (3D) del sensore reale. Di seguito verranno elencate le principali scelte effe uate per tentare di raggiungere tale obie vo.

-materiali

I materiali inseri nel modello 2D sono gli stessi inseri nel modello 3D (vedi paragrafo (2.4)). Fa eccezione il materiale scelto per le termopile, la cui stru ura è mostrata in figura (3.3). Come si può osservare, tale stru ura, in direzione z, è composta da strisce in polisilicio (di spessore W1) che si alternano a strisce di ossido

di silicio (di spessore W2 ). Per riassumere in modo corre o le cara eris che della

stru ura sopra mostrata conviene a ribuire alle termopile della stru ura 2D la media pesata rispe o alla larghezza delle rispe ve geometrie, ovvero[8]:

Keff=Kpoly∗W1+KSIO2∗W2 W1+W2 =34∗4.14∗10 −6 +1.15∗0.92∗10−6 4.14∗10−6+0.92∗10−6 =28

[

W m∗K

]

(3.1) Figura 3.3: Stru ura delle termopile in direzione z (nel

(36)

In cui Kpoly è la conducibilità termica del poly, KSIO2 è quella dell’ ossido e W1, W2 sono

le larghezze delle geometrie in poly e in SIO2

-Alimentazione dei riscaldatori nel modello 2D

La temperatura dei riscaldatori del modello 2D deve essere pari alla temperatura media dei riscaldatori nel modello 3D. Tale obie vo può essere raggiunto in due modi dis n .

Il primo consiste nell’eseguire una simulazione sta ca, u lizzando il “modello 3D sta co” e nel valutare la temperatura media dei riscaldatori. Si considera poi il modello 2D e si impone che la temperatura dei suoi riscaldatori sia uguale a quella dei riscaldatori del modello 3D (prima trovata). Questo approccio ha però uno svantaggio: Il modello 2D così alimentato non riesce, infa , a tenere in considerazione la dipendenza della temperatura dei riscaldatori dalla velocità del gas nel canale (effe o anemometro).

Conviene allora alimentare i riscaldatori del modello 2D in un modo diverso. Si esegue sempre una simulazione 3D sta ca. Dopo di che si valuta, oltre alla temperatura media dei riscaldatori, anche la densità di potenza su di essi dissipata. Successivamente si torna al modello 2D e si impone che sui riscaldatori venga dissipata la stessa densità di potenza che viene dissipata sui riscaldatori del modello 3D sta co. A questo punto occorre considerare che nel modello 3D (e anche nel sensore reale) si ha un flusso di calore che dai riscaldatori fluisce verso la massa termica percorrendo le braccia dei riscaldatori stessi. Tali perdite, che verranno chiamate perdite solide, possono essere introdo e all’interno del modello 2D a raverso i seguen passi:

1. Nei parametri globali si dichiara il parametro h_solida. Successivamente, all’ interno del modulo termico, si inserisce il nodo chiamato “out of plane heat flux” e, dopo aver selezionato i riscaldatori (del modello 2D), all’intreno dei campi hu e hd si inserisce “h_solida”.

2. Si esegue una simulazione parametrica e si valuta il valore del parametro h_solida tale per cui la temperatura media dei riscaldatori nel modello 2D uguaglia la temperatura media dei riscaldatori nel modello 3D. Infine, si inserisce il valore di h_solida così o enuto all’interno dei parametri globali.

(37)

Il vantaggio di questo secondo approccio consiste nel fa o che, ora, la temperatura dei riscaldatori 2D, così come le perdite “solide”, sono funzione (come accade nel modello 3D e nel sensore reale) della velocità del gas nel canale.

-Moduli fisici

Come de o, il modello 2D dinamico viene alimentato imponendo che la densità di potenza dissipata sui suoi riscaldatori sia la stessa che viene dissipata sui riscaldatori del modello 3D. Questo fa o fa si che nel modello 2D gli unici moduli da introdurre siano il modulo termico ed il modulo fluidodinamico.

Le impostazioni e i nodi da inserire nel modulo termico (del modello 2D) sono quelli presenta nel capitolo 2 (paragrafo 2.5) a cui si devono aggiungere, come illustrato sopra, il nodo “heat source”e il nodo “out of plane heat transfer”.

Le impostazioni e i nodi da inserire nel modulo fluidodinamico sono invece esa amente gli stessi che verranno introdo nel capitolo 4, per la realizzazione del modello 3D dinamico. C’è però una differenza.

Nel nodo “inlet” del modello 2D è presente il parametro DZ, tramite cui è possibile

impostare la profondità del canale 2D. Il parametro DZ verrà u lizzato più avan , per

calcolo del profilo della velocità nel canale 2D.

-Alimentazione del canale nel modello 2D o mizzato.

Il canale del modello 2D non o mizzato viene alimentato imponendo che al suo interno scorra un certo flusso QCH.

(38)

3.2 Simulazioni 2D

-definizioni

Prima di procedere con lo studio delle prestazioni del sensore occorre fornire alcune definizioni:

Tdx calde= temperatura delle punte calde della termopila di destra

Tdx fredde= temperatura delle punte fredde della termopila di sinistra

ΔTdx= Tdx calde-Tdx fredde

Tsx calde= temperatura delle punte calde della termopila di sinistra

Tsx fredde= temperatura delle punte fredde della termopila di sinistra

ΔTsx=Tsx calde-Tsx fredde

ΔT=ΔTdx-ΔTsx

Il significato di tu e le grandezze fisiche sopra definite è mostrato in figura(3.4). Figura 3.4: Significato della diffetrenza di temperatura ΔT

(39)

-Studio della sensibilità

I principali parametri geometrici su cui il proge sta può intervenire per tentare di migliorare le prestazioni del sensore, ed in par colare la sensibilità, sono la distanza LG tra la membrana delle termopile e quella dei riscaldatori, la distanza LGH tra le due

membrane dei riscaldatori e la altezza HCH del canale, vedi figura (3.1).

Il valore della sensibilità può essere definito come:

S=∂ ΔT (QCH)

∂QCH

|

QCH=0

ΔT (QCH 2)−ΔT (QCH 1)

QCH 2−QCH 1

|

QCH 2=1[ sccm], QCH 1=0[ sccm]

(3.2)

Le simulazioni sono state svolte fissando HCH=HCH ed eseguendo una simulazione

parametrica sia in funzione di LG che di LGH.

I valori di HCH per i quali sono state svolte le simulazioni sono:

HCH=1000[um] ,750[um] ,500[um] ,250[um],100[um] (3.3)

Di seguito verranno mostra , a tolo di esempio, i grafici o enu con HCH=500[um] e HCH=750[um] , successivamente verranno mostra i grafici

riassun vi di tu e le simulazioni.

Lo scopo delle simulazioni di cui verranno mostra i risulta è, come an cipato, quello di studiare il comportamento della sensibilità al variare di HCH, LG e LGH (vedi

figura 3.1)

la sensibilità, tramite Comsol, è stata calcolata u lizzando il secondo membro della relazione (3.2).

(40)

-Grafici o enu in corrispondenza di HCH=500[um]

-grafici o enu in corrispondenza di HCH=750[um]

-Riassunto risulta

Figura 3.5 funzione S(LG,LGH,HCH=500[um])

Figura 3.7: funzione S(LG,LGH,HCH=750[um]) Figura 3.8: alcune sezioni diel grafico di figura

3.7

Figura 3.6: Alcune sezioni del grafico di figura 3.5

(41)

Dall’analisi dei risulta provenien dalle simulazioni 2D emergono i seguen fa : 1. La sensibilità del sensore aumenta notevolmente al diminuire della altezza HCH

del canale.

2. La sensibilità dipende poco da LGH, ovvero dalla distanza reciproca dalle

membrane dei riscaldatori.

3. Si osserva che la sensibilità dipende in modo abbastanza marcato dal parametro LG e che, in par colare, le funzioni S(LG) presentano un massimo

(vedi figure 3.6 e 3.8)

Dalle simulazioni 2D emerge quindi che la sensibilità può essere considerata funzione solo di HCH e LG, ovvero che: S=S(HCH,LG).

Si osserva inoltre che, fissato HCH=HCH , le funzioni S( LG, HCH) presentano un

massimo. Il valore di LG che massimizza la sensibilità per HCH=HCH verrà chiamato

LGOPT(HCH=HCH) . LGOPT è quindi funzione di HCH: LGOPT=LGOPT(HCH).

La funzione LGOPT(HCH) è mostrata in figura (3.9). il grafico di figura (3.10) mostra,

invece, la sensibilità massima SMAX(HCH) per diversi valori di HCH. Ovviamente, il valore

massimo della sensibilità SMAX(HCH) si ha in corrispondenza di LG=LGOPT(HCH) , ovvero:

S( HCH, LG=LGOPT(HCH))=Smax(HCH)=Smax(HCH) (3.4)

3.3 Espressione della resistenza idraulica e della velocità nel canale 2D

A raverso il modello 2D, oltre alle simulazioni sopra riportate, sono state svolte anche altre simulazioni. Ad esempio , si è provato ad inver re l’aspect-ra o del canale per valutare la sensibilità del sensore nel caso in cui Dz=WCH=500[um] e

HCH=750[um], e nel caso in cui WCH=Dz=750[um] e HCH=500[um]. L’obie vo era

quello di valutare se è meglio u lizzare un aspect-ra o (altezza canale /larghezza canale) > 1 oppure <1. In queste simulazioni, oltre alla sensibilità, è stata misurata anche la differenza di pressione. In par colare è emerso che:

(42)

con HCH=750[um] e Dz=500[um] → Δ PCH 2 D=0.0762[ Pa] (3.5)

con HCH=500[um] e Dz=750[um] → Δ PCH 2 D=0.03384[ Pa] (3.6)

Ora, dato che, nell’ inver re l’aspect-ra o la sezione del canale non cambia, anche la pressione ΔPCH ai capi del canale stesso, a seguito di tale operazione, non

dovrebbe cambiare. Nel modello 2D questo invece non accade!

Tale fa o indica che il modello 2D non può essere u lizzato per misurare la pressione ai capi del canale. Occorre però capire il mo vo per il quale accade ciò. Questo è l’obie vo dei prossimi paragrafi.

-Velocità nel canale 2D

Si ipo zza che il canale 2D possa essere

considerato un canale 3D di larghezza WCH=Dz e che il profilo di velocità che si

stabilisce al suo interno (quando viene alimentato con un certo flusso QCH) sia

parabolico. Ovvero si ipo zza che:

Velx 2 D(y , z )=

{

Vmax∗y(1− yH CH ) per −Dz 2 ≤z≤ Dz 2 e 0≤ y≤ HCH 0 altrimenti (3.7) Figura 3.11 Profilo di velocità ricavato con

Matlab, u lizzando la relazione 3.1, nel caso in cui HCH=750[um], Dz=500[um]

Figura 3.12 Profilo di velocità all’ ingresso del canale 2D o enuto con Comsol nel caso in cui HCH=750[um] e Dz=500[um]. Si osserva che

(43)

assumendo vera l’ ipotesi 2.1, si ha che: QCH=

−Dz 2 Dz 2

0 HCH Velx 2 D(y , z)∗dy∗dz=

−Dz 2 Dz 2

0 HCH Vmax∗y

(

1− y HCH

)

dy∗dz= =Vmax

(

−Dz 2 Dz 2

0 HCH y∗dy∗dz−

−Dz 2 Dz 2

0 HCH y2 HCH∗dy∗dz

)

= =Vmax∗Dz

(

y 2 2

|

0 HCH − 1 HCH∗ y3 3

|

0 HCH

)

=Vmax∗Dz

(

HCH 2 2 − HCH2 3

)

= QCH=Vmax∗Dz 6 ∗HCH 2 Da cui: Vmax= 6∗QCH Dz∗HCH 2 (3.8) Inserendo la (3.2) nella 3.1 si o ene:

Velx 2 D(y , z )=

{

6∗QCH Dz∗HCH2 ∗y (1− y HCH) per − Dz 2 ≤z≤ Dz 2 e 0≤ y≤HCH 0 altrimenti (3.9)

(44)

In figura (3.12) è mostrato il profilo di velocità all’ingresso del canale 2D o enuto con Comsol nel caso in cui H_CH=750[um], Dz=500[um] e con QCH=1[sccm]. In figura

(3.11) è invece mostrato il grafico della funzione (3.3) o enuta con Matlab (sempre nel caso in cui H_CH=750[um] e Dz=500[um], con QCH=1[sccm]). Come si vede i

grafici delle due figure coincidono. Ciò conferma la validità della ipotesi 3.1. -resistenza idraulica del canale 2D

Si definisce resistenza idraulica del canale 2D la grandezza RCH2D tale per cui:

ΔPCH=RCH 2 D∗QCH (3.9)

Nel capitolo 5 verrà mostrato che la relazione che lega la velocità Velx2D(y,z) e la

differenza di pressione ΔPCH ai capi del canale 2D è la seguente:

∂2Velx(y , z ) ∂y2 =− 1 μ∗ ΔPCH LCH (3.10)

Derivando due volte, rispe o a y, la 3.9 e inserendo il risultato nella equazione 3.10 si o ene: −12∗QCH Dz∗HCH3 =− 1 μ∗ ΔPCH LCH (3.11) Da cui: ΔPCH=12∗QCH∗μ∗LCH Dz∗HCH 3 (3.12)

(45)

confrontando la 3.12 con la 3.9 si osserva che: RCH 2 D=12∗μ∗LCH Dz∗HCH 3

[

Pa∗sec m3

]

= 12∗μ∗LCH Dz∗HCH 3 ∗60∗106

[

Pa sccm

]

(3.13)

in cui, nel terzo membro della 60*10^6 è un opportuno fa ore di conversione tra [m^3/sec] e [sccm].

-conclusioni

A questo punto risulta evidente il mo vo per il quale invertendo l’aspect-ra o del canale 2D la pressione ai suoi capi cambia. Si osserva, infa , che nella 3.13 Dz e HCH

non “giocano” un ruolo simmetrico: Dz compare a denominatore elevato alla prima

potenza mentre HCH compare elevato alla terza.

Nel caso in cui HCH=750[um], Dz=500[um], LCH=2000[um], QCH=1[sccm] e

μ=μAZOTO=1.76e-5 [Pa*sec] si trova:

ΔPCH=RCH 2 D∗QCH= 12∗μ∗LCH Dz∗HCH 3 ∗60∗106∗QCH= = 12∗1.76e-5∗2000e-6 500∗10−6∗(750∗10−6 )3∗60∗106∗1=0.0333[ Pa] (3.14)

Invece, nel caso in cui Nel caso in cui HCH=500[um], Dz=750[um], LCH=2000[um],

QCH=1[sccm] e μ=μAZOTO=1.76e-5 [Pa*sec] si trova:

ΔPCH=RCH 2 D∗QCH= 12∗μ∗LCH Dz∗HCH 3 ∗60∗106∗QCH= = 12∗1.76e-5∗2000e-6 750∗10−6∗(500∗10−6)3∗60∗106∗1=0.075[ Pa] (3.15)

(46)

Come si può osservare I risulta indica nella (3.14) e nella (3.15) coincidono con i valori trova tramite Comsol, vedi eq (3.5) e (3.6). Si ri ene quindi dimostrata la validità della ipotesi iniziale.

(47)

CAPITOLO 4

O mizzazione del flussimetro con il modello

3D

In figura 4.1 e 4.2 sono indica i principali parametri geometrici su cui il proge sta può intervenire per migliorare le prestazioni del sensore. In par colare, in questo capitolo, verrà indagato il comportamento della sensibilità al variare di HCH, LG e LGH.

Le stru ure riportate sono quelle del modello 3D dinamico; per questo mo vo è disegnata solamente metà stru ura, l’ altra metà è sos tuita da opportune condizioni al contorno che impongono la simmetria pari del sistema flussimetro rispe o al piano Z=0.

Nel capitolo precedente si è osservato, tramite il modello 2D non o mizzato, che la sensibilità dipende dal parametro LG, ovvero dalla distanza tra la membrana delle

termopile e la membrana dei riscaldatori e poco dal parametro LGH, ovvero tra la

Figura 4.2: Modello 3D dinamico del flussimetro. In rosso sono indicate le

principali grandezze geometriche del sensore Figura 4.1:Modello 3D dinamico del

flussimetro. In rosso sono indicate le dimensioni del canale.

(48)

distanza reciproca delle membrane dei riscaldatori. Si è inoltre osservato un notevole miglioramento della sensibilità al diminuire dell’altezza del canale HCH.

I risulta o enu , che a prima vista sembrerebbero indicare, in modo ne o, che per migliorare la sensibilità occorre diminuire l’altezza del canale HCH vanno, in realtà,

guarda con molta diffidenza. Infa , al diminuire di HCH oltre ad aumentare la

sensibilità aumenta anche la pressione ΔPCH ai capi del canale stesso.

L’aumento di sensibilità conseguente alla diminuzione dell’altezza del canale è, quindi, da valutare insieme alla differenza di pressione ΔPCH.

E’ nel tenta vo di misurare la pressione ai capi del canale che il modello 2D non o mizzato ha iniziato a me ere in mostra alcuni dei suoi limi e a fornire risulta non corre . Il mo vo di ciò è stato indagato e capito nel paragrafo(...).

Di seguito verrà invece ul mato e validato il modello 3D dinamico e successivamente si ripeterà, di fa o, il lavoro già svolto in precedenza, ovvero si indagherà il comportamento della sensibilità al variare dell’ altezza del canale HCH e

dei parametri LG e LGH, ma, questa volta, a raverso simulazioni 3D. Esse, che per loro

natura richiedono un carico computazionale maggiore rispe o alle simulazioni 2D, potranno, tu avia, essere svolte con criteri ben precisi: quelli deducibili dal capitolo precedente.

Verranno pertanto svolte solo un numero limitato di simulazioni al variare di LGH allo

scopo di verificare se, effe vamente, la sensibilità dipende in modo molto debole da tale parametro.

Verrà invece studiata in modo approfondito la dipendenza della sensibilità al variare dell’ altezza del canale HCH e del parametro LG. Contemporaneamente sarà valutata

la differenza di pressione ai capi del canale ΔPCH ,che invece non era stata possibile

valutare tramite il modello 2D non o mizzato. Verranno poi suggerite alcune linee guida che un proge sta potrebbe seguire al fine di migliorare la prestazioni del sensore.

Prima bisogna però ul mare il modello 3D dinamico. Rispe o al punto in cui si era arriva nel capitolo 2 occorre innanzitu o aggiungere il modulo fluidodinamico “laminar-Flow”:

(49)

4.1 Modulo Laminar-Flow

Nel capitolo 2 sono state analizzate le simmetrie del sistema flussimetro ed è emerso che nel caso sta co, ovvero quando il gas all’ interno del canale è fermo, è sufficiente simulare solamente ¼ della stru ura complessiva, mentre nel caso dinamico, ovvero quando il gas all’interno del canale è in movimento, è possibile ricavare tu e le informazioni fisiche del sistema simulandone solamente metà: una delle due simmetriche rispe o al piano Z=0.

Terminato lo studio delle simmetrie è stato realizzato il disegno dell’intera stru ura a par re dal quale, tramite una operazione di and con una opportuna maschera, è stato possibile ricavare la stru ura sia per le simulazioni sta che che dinamiche. La maschera racchiudeva, nel primo caso solo ¼ della stru ura complessiva, nel secondo caso solo ½.

Fino a questo punto, l’unica differenza che sussisteva tra il modello 3D sta co -per le simulazioni sta che- e il modello dinamico 3D dinamico -per le simulazioni dinamiche-, consisteva nelle dimensioni di tale maschera, le quali potevano essere modificate in modo assolutamente veloce e con il minimo sforzo. Essendo questa la sola differenza, la realizzazione dei due modelli ha potuto proseguire in parallelo. Si è poi affrontato il problema della scelta dei materiali e successivamente la scelta dei moduli fisici da inserire in Comsol: è stato aggiunto il modulo ele rico e il modulo termico e per ognuno di essi sono state illustrate le rela ve condizioni al contorno.

A questo punto è stato necessario differenziare la costruzione dei due modelli. Nel modello 3D dinamico occorre infa inserire anche il modulo fluidodinamico la cui presenza -come verrà mostrato in de aglio- si ripercuote in modo significa vo sia sulla realizzazione della mesh sia sull’organizzazione degli step di simulazione.

Nel capitolo 2 si è quindi scelto di proseguire con la realizzazione del modello 3D sta co e di rimandare la realizzazione del modello 3D dinamico in un successivo capitolo: quello dedicato alle simulazioni 3D dinamiche.

E’ quindi giunto il momento di riprendere in mano il modello 3D dinamico e di completarlo.

(50)

Iniziamo con il presentare il modulo fluidodinamico “Laminar Flow”: di seguito verranno illustra i “nodi” u lizza all’interno di esso e per ognuno, discusse le condizioni al contorno.

-nodo “wall”

Quando un flusso di aria o di un qualsiasi gas lambisce una superficie solida ferma la sua velocità, nei pun di conta o, si annulla.

In Comsol, per formalizzare tale proprietà occorre aggiungere il nodo “wall” al modulo “laminar Flow”, selezionare tu e le superfici del sensore a conta o con il gas e scegliere la condizione al contorno “no slip”.

-nodo “symmetry”

Nel capitolo 2 è stato dimostrato che -nel caso dinamico- la velocità del gas all’interno del canale e la distribuzione di temperatura hanno simmetria pari rispe o al piano Z=0. Infa , In riferimento a figura 2.1 -che per comodità viene qui riportata come figura 4.3-, si ha che scel due pun B e B’ all’interno del canale, simmetrici rispe o al piano Z=0, valgono le relazioni:

Figura 4.3: Stru ura completa del sensore. I pun B e B’ sono sta scel simmetrici rispe o al piano Z=0.

Figura 4.4: In blu il piano di simmetria pari della stru ura dinamica

(51)

T ( B)=T (B ') (4.1)

Vel(B)=Vel(B ') (4.2)

Il poter sfru are le simmetrie descri e dalla (4.1) e (4.2) è di fondamentale importanza in fase di simulazione: esse consentono di simulare solamente metà della stru ura complessiva, senza perdere alcuna informazione fisica del sistema. Il vantaggio è quello di ridurre notevolmente il carico computazionale e i tempi della simulazione. La simmetria (4.1), riguardante la distribuzione di temperatura è già stata formalizzata nel capitolo 2.

Per formalizzare la relazione (4.2) occorre invece aggiungere, all’interno del modulo “laminar flow”, il nodo chiamato “symmetry” e selezionare la superficie di simmetria che, in questo caso, coincide con la sezione del canale contenuta nel piano Z=0. Ciò è mostrato in figura 4.4

-nodo “inlet”

Tu i test effe ua in laboratorio sul flussimetro sono sta esegui imponendo che all’ interno del suo canale scorra un flusso QCH =N[sccm].

QCH=N [ sccm]=N

[

cm3 min

]

=N

[

(m∗10−2)3 sec∗60

]

=N∗10 −6 60

[

m3 sec

]

=N∗1.67∗10−8

[

m 3 sec

]

con N ∈ℕ (4.4)

Supponiamo quindi di voler simulare il comportamento del sensore quando al suo interno scorrere un flusso pari a QCH.

Siccome il modello 3D dinamico si compone solo di metà stru ura (essendo l’altra metà sos tuita dalla condizione di simmetria pari applicata al piano Z=0) occorrerà imporre che in tale metà scorra un flusso pari a QCH/2.

A tale scopo è necessario u lizzare il nodo “inlet”. Questo nodo consente infa di selezionare una certa superficie della stru ura e di inserire all’interno del campo

(52)

“Flow-Rate” il flusso V0 che, in fase di simulazione, scorrerà a raverso essa. Nel caso

in ques one la superficie da selezionare è la metà sezione di ingresso presente nel disegno, come mostrato in figura 4.6, e il valore da a ribuire a V0 è pari a:

V0=QCH

2 (4.5)

Sos tuendo la (4.3) nella (4.4) si o ene che:

V0= N 2∗1.67∗10 −8

[

m3 sec

]

(4.6)

Il valore di V0 espresso nella (4.6) è quello presente nell’omonimo campo di figura

4.6.

In figura 4.6 è mostrato che un ulteriore valore da inserire all’ interno del nodo “inlet” è quello del parametro LENTR che è la lunghezza -espressa in [m] - del tra o di

canale che viene aggiunto in fase di simulazione a quello già esistente.

Figura 4.6: Valore dei parametri V0 e LENTR

da inserire all’interno del nodo “inlet” per simulare, tramite il modello 3D dinamico, il comportamento del sensore.

Figura 4.5 Superficie del modello 3D dinamico selezionata all’interno del nodo “inlet”. Essa è pari a metà della sezione di ingresso del canale.

(53)

In par colare, Comsol suggerisce di scegliere LENTR in modo tale che sia verificata la

seguente diseguaglianza:

Lentr≫0.06 ℜ∗D (4.7)

Dove ℜ è il numero di Reynolds e D è il diametro equivalente della sezione del

canale. L’espressione del numero di Reynolds è data da:

ℜ=ρ∗¯v∗Dμ (4.8)

in cui ρ è la densità del gas, ¯v la sua velocità media, μ la viscosità dinamica e D è ancora il diametro equivalente della sezione del canale.

Inserendo la (4.8) nella (4.7) si o ene che:

Lentr≫

0.06∗ρ∗¯v∗D2

μ (4.9)

Occorre quindi calcolare la velocità media ¯v del flusso e il diametro equivalete

D della sezione del canale.

A tele scopo si supponga che la sezione di ingresso del canale abbia dimensioni 500[um]x500[um] e che sia a raversata da un flusso pari a QCH=N [sccm]. Si ha che:

¯ v=QCH ACH= N 0.05∗0.05

[

cm3/min cm2

]

=N∗400

[

cm min

]

=N∗400∗10 −2 60

[

m s

]

=N∗6.7∗10 −2

[

ms

]

(4.10) e che

(54)

D=4∗ACH

PCH =

4∗(0.5∗10−3)2

4∗0.5∗10−3 =0.5∗10

−3[m] (4.11)

In cui, nella (4.10) e nella (4.11), con ACH è stata indicata l’area della sezione del

canale e con PCH il suo perimetro.

E’ poi necessario conoscere i valori della densità ρ e della viscosità dinamica μ

del gas che scorre nel canale. Quelli rela vi all’aria sono

{

ρ=1.27

[

Kg

m3

]

μ=17.22∗10−6[Pa∗s]

(4.12)

Sos tuendo le 4.12 e la 4.11 nella 4.8 si trova:

ℜ=1.27∗6.67∗10

−2∗0.5∗10−3

17.22∗10−6 =2.45∗N (4.13)

inserendo poi le 4.13 e la 4.11 nella 4.7 si trova che:

Lentr≫0.06∗2.45∗0.5∗10 −3

∗N=7.35∗10−5∗N (4.14)

Un possibile valore di LENTR che verifica la condizione sopra è dato da:

Lentr=7.35∗10 −3

∗N (4.15)

Il valore di LENTR espresso dalla (4.15) è il valore inserito nell’apposito campo

(55)

Il valore espresso da eq. (4.15) è stato calcolato specificatamente per un flusso di aria che scorre in un canale di sezione pari a 500[um]x500[um]. Tu avia i valori della densità e della viscosità dinamica di altri gas, come ad esempio l’azoto, sono molto simili a quelli indica dalle relazioni (4.12). Inoltre nelle simulazioni che varranno effe uate la larghezza del canale sarà mantenuta pari a 500[um] mentre l’ altezza verrà fa a variare tra un minimo di 100[um] ed un massimo 1000[um]. I valori di ACH

e di PCH potranno quindi assumere al massimo un valore pari al doppio rispe o a

quelli u lizza nelle equazioni scri e sopra e al minimo potranno assumere un valore pari ad 1/5.

Si può quindi affermare che il valore espresso dalla (4.15) può essere u lizzato per tu e le simulazioni che verranno effe uate in questo capitolo. In ogni caso, infa , potrà essere sempre considerata soddisfa a la disuguaglianza espressa dalla relazione (4.7).

- nodo “outlet”

Questo nodo consente di selezionare una determinata superficie della stru ura e di inserire nella condizione al contorno “pressure, no viscous stress”, il valore di pressione - P0 - che Comsol applicherà ad essa durante le simulazioni. Nel caso in

ques one la superficie da selezionare è la metà della sezione di uscita presente nel modello 3D dinamico – vedi figura (4.7) - e il valore da inserire nel campo P0 è zero

-vedi figura(4.8) . Sarà poi la condizione di simmetria pari, applicata al piano Z=0 ad Figura 4.7: Selezione della sezione di uscita del

canale all’interno del nodo “inlet”.

Figura 4.8: Condizioni al contorno sulla sezione di uscita del canale.

(56)

imporre che la pressione sia nulla anche sulla metà della sezione di uscita non presente nel disegno.

-nodo “Fluids proper es”

All’ interno del nodo “fluids proper es” è possibile me ere in relazione il modulo fluidodinamico con gli altri moduli fisici presen nel modello 3D dinamico.

Le proprietà del gas all’interno del canale dipendono infa dalla temperatura e la temperatura all’interno del sistema dipende a sua volta dalla velocità del gas tramite il meccanismo di convezione forzata. Dalla temperatura dei riscaldatori dipende poi la loro resistenza ele rica e quindi la potenza che su di essi viene dissipata. Da quest’ul ma dipende di nuovo la temperatura dei riscaldatori e quindi anche quella del gas. Tu e queste relazioni sono mostrate in figura (4.9).

I tre moduli fisici presen all’interno del modello dinamico sono pertanto tu interdipenden tra loro. In figura(4.9) è anche disegnata una freccia che unisce il modulo fluidodinamico a sé stesso. Tale collegamento ene conto delle proprietà del gas, come ad esempio la velocità, che sono funzione di altre proprietà, come ad esempio la pressione, del gas stesso.

I collegamen mul -fisici tra il modulo termico è quello ele rico presen in figura (4.9) sono già sta esplicita nel capitolo 2 ora, avendo inserito Il modulo “Laminar-Flow”, è possibile formalizzare anche quelli tra modulo fluidodinamico e termico. Le impostazioni da u lizzare sono quelle mostrate in figura(4.10).

Figura 4.10 Impostazioni per realizzare i collegamen mul fisici che coinvolgono il modulo fluidodinamico.

Figura 4.9: Collegamen mul fisici presen nel modello 3D dinamico

Riferimenti

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