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14 TESI-Cap.3- Par. 3.4

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Academic year: 2021

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Capitolo 3 ‐ La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari.  _________________________________________________________________________  79

3.4 ‐ LO SCIOPERO del MARZO 1944. 

 

Tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, le condizioni di vita e di lavoro delle  masse  operaie  e  della  piccola  borghesia  erano  sempre  più  in  rapido  e  costante  regresso.  L’inflazione  che  immiseriva  i  salari  reali,  la  penuria  dei  generi alimentari razionati e il conseguente aumento dei prezzi del mercato  libero  e  della  borsa  nera,  avevano  prodotto  una  sensibile  riduzione  delle  possibilità  di  approvvigionamento  alimentare.  Nell’autunno  inverno  1942  si  registravano  le  prime  azioni  di  protesta  nelle  fabbriche  di  Torino,  Milano  e  Sesto San Giovanni. Tra l’aprile 1942 e l’aprile 1943 furono 2.600 gli arrestati  per manifestazioni sovversive nelle zone industriali settentrionali62.  

Gli scioperi avevano soprattutto un carattere economico e di rivendicazione  salariale  per  fare  fronte  a  condizioni  di  vita  che  divenivano  sempre  più  insopportabili soprattutto nelle città. Nel comasco e in Brianza molti operai  erano  anche  piccoli  coltivatori,  che  integravano  il  magro  salario  con  i  prodotti  agricoli,  destinati  al  consumo  famigliare  scongiurando  il  rischio  di  vera e propria denutrizione patita dagli operai delle grandi città63. Tutto ciò,  in  alcuni  casi,  come  accadde  in  Alta  Brianza  per  lo  sciopero  generale  del  marzo  1944,  faceva  venir  meno  la  volontà  di  lotta.  Va  inoltre  detto  che  la  massa  operaia  nelle  grandi  fabbriche  di  Milano  e  di  Sesto  San  Giovanni,  favoriva  una  più  forte  resistenza,  anche  morale,  contro  la  repressione,  mentre  nelle  medie  e  piccole  fabbriche  brianzole,  la  conoscenza  tra  lavoratori  e  padroni  era  più  diretta  e  il  ricatto  padronale  più  immediato;  quindi era pericoloso esporsi in pochi. Quasi nulla era inoltre la penetrazione  del P.C.I. che organizzò il malcontento dei lavoratori e capì che, ormai dopo 

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  Cfr.  Roncacci  Vittorio,  La  calma  apparente  del  lago.  Como  e  il  Comasco  tra  guerra  e  guerra  civile, 

Macchione Editore Varese 2003, pp.42‐43; 

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le numerose agitazioni dei mesi passati, uno sciopero generale era possibile  e  decise  di  promuoverlo  attraverso  i  comitati  di  agitazione64.  Queste  motivazioni  e  il  tradizionale  moderatismo  delle  terre  brianzole  furono  la  causa  della  mancanza  di  azioni  di  protesta.  Nello  sciopero  generale  dell’1  marzo 1944, le rivendicazioni economiche furono in secondo piano rispetto a  quelle  politiche  di  opposizione  al  regime  fascista  e  all’occupazione  tedesca.  L’1  marzo  si  accese  la  protesta  in  tutte  la  città  industriali  del  nord.  Nel  milanese, a Sesto San Giovanni, la Breda, la Falck, la Magneti Marelli, furono  il fulcro dello sciopero e il punto di riferimento anche per la Brianza dove si  scioperò a Monza, Desio, Meda e Mariano Comense. Nella Brianza comasca  fu abbastanza attiva la zona di Cantù, dove la filotecnica Salmoiraghi attuò lo  sciopero il 2 marzo. Il foglio clandestino “il fronte proletario”, comunicò che  si  erano  astenuti  dal  lavoro  alla  Salmoiraghi  350  dipendenti65.  Il  Notiziario  della  G.N.R.  dell’8  marzo  1944  riferì  che  dei  600  operai  della  filotecnica  Salmoiraghi,  si  presentarono  al  lavoro  in  200  circa  che  abbandonarono  alle  10.30 lo stabilimento per solidarietà con i lavori in sciopero66. Le due fonti di  opposta tendenza, quindi, concordavano sul numero degli operai in sciopero  alla Salmoiraghi.  

Lo  sciopero  generale  del  marzo  ’44  fu  la  più  grande  protesta  di  massa  avvenuta nell’Europa sotto il dominio tedesco. 

La  reazione  nazifascista  agli  scioperi  del  ’43‐’44  fu  evidenziata  nelle  disposizioni  di  massima  dettate  dal  Capo  della  Provincia  al  Presidente  dell’Unione  Industriali,  al  Segretario  Provinciale  del  Sindacato  Fascista  e  al 

64 Cfr. Ibidem;  65  Cfr. Gatti Marco, La stampa comasca nella Repubblica Sociale Italiana, Istituto comasco per la storia del  movimento di Liberazione, Ed. Graficop Como 1996, pp.226‐227;  66 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943‐1945,  Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.16; 

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Capo  della  Polizia,  in  caso  di  sciopero  delle  maestranze  dell’industria67.    Le  disposizioni agli industriali indicavano forme di repressione quali “la serrata”,  la  sospensione  dei  salari,  la  chiusura  delle  mense.  Il  sindacato  fascista  prendeva  contatto  con  le  rappresentanze  degli  operai  e  precisava  che  qualsiasi  movimento  sedizioso  sarebbe  stato  considerato  alto  tradimento  contro  la  Nazione  in  guerra.  Da  parte  del  Capo  della  Polizia  si  dovevano  predisporre  i  mezzi,  gli  uomini  e  le  armi  adatte  per  proteggere  gli  stabilimenti, le cose e la sicurezza delle persone contro qualsiasi tentativo di  violenza.  Si  doveva  inoltre  procedere  al  fermo  degli  indiziati  sovversivi  dei  vari  stabilimenti,  al  fermo  del  5%  di  operai  da  tenere  come  ostaggi  e  all’immediata costituzione di un Tribunale per giudizi per direttissima68.  

 

67

  Cfr.  ASC,  Fondo  Prefettura,  Carte  di  Gabinetto,  II  versamento,  Carte  riservate  Scassellati  cart.2, 

disposizioni di massima, s.d., foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (20);   

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