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Analisi della distribuzione dei congeneri di Diossine e Furani in varie matrici ambientali: calcolo della tossicità equivalente con il metodo "Upper Bound", mediante fattori di correlazione.

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AGISTRALE IN

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CIENZE

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MBIENTALI

Titolo Tesi di Laurea:

Analisi della distribuzione dei congeneri di Diossine e

Furani in varie matrici ambientali: calcolo della tossicità

equivalente con il metodo "Upper Bound", mediante

Fattori di Correlazione

Relatore: Dott. Paolo Altemura

Correlatore: Prof.ssa Orlandini

Candidato:

FRANCESCA BIGAZZI

Anno Accademico 2018-2019

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Indice

SCOPO DELLA TESI ...1

1. INTRODUZIONE ...2

1.1 I POPs ...2

1.1.1 Caratteristiche Dei POPs ...2

1.1.2 Evoluzione Legislativa Dei POPs ...6

1.2 LE DIOSSINE ...7 1.2.1 Dati Generali...7 1.2.2 Origine ... 11 1.2.3 Impronta Digitale ... 20 1.2.4 Policlorodibenzo-Para-Diossine (PCDD) ... 20 1.2.5 PolicloroDiobenzoFurani (PCDF) ... 24 1.2.6 Comportamento E Distribuzione ... 27

1.2.7 Effetti Sulla Salute ... 30

1.2.8 Disastri Ambientali Nella Storia ... 36

1.2.9 Fattori Di Tossicità Equivalente ... 38

1.2.10 Normativa ... 40

1.2.11 Campionamento E Determinazione Analitica ... 42

a. Gascromatografia: Rivelatore, LOD e LOQ ... 50

b. Metodi Per Calcolare Il Limite Di Rivelabilità ... 53

c. Diossine, LOD e LOQ ... 56

d. Tecniche Analitiche PCDD/Fs ... 57

2. MATERIALI E METODI ... 59

2.1 MONITORAGGIO ACQUE MARINO COSTIERE DELLA TOSCANA 2017 ... 59

2.1.1 Specie Analizzata ... 60

2.1.2 Stazioni di Campionamento e Dati ... 61

2.1.3 Procedura Analitica Adottata Per I Campioni Di Biota ... 63

2.2 ANALISI DEL METODO UPPER BOUND ... 69

3. RISULTATI E DISCUSSIONE ... 70

3.1 MATRICE BIOTA MARINO ... 70

3.1.1 Pesce... 70

3.1.2 Mitili ... 73

3.2 MATRICE ARIA AMBIENTE E ACQUA... 76

3.2.1 Aria Ambiente ... 77

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4. CONCLUSIONI ... 84

5. BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA ... 86

ALLEGATI ... 88

Tabelle Matrice Pesce ... 88

Tabelle Matrice Mitili ... 91

Tabelle Matrice Aria Ambiente ... 93

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SCOPO DELLA TESI

Il D.Lgs 13 ottobre 2015, n.172 "Attuazione della direttiva 2013/39/UE, che modifica le direttive 2000/60/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque", nella nota 12 alla tabella 1/A, fa riferimento al Regolamento (UE) n. 1259/2011, riporta come Standard di Qualità Ambientale per il biota marino (pesci, crostacei e mitili) il valore di 0,0065 definito come "Somma di PCDD + PCDF + PCB-DL in µg/Kg WHO-TEQ". Inoltre, nella nota 32 del sopracitato Regolamento, si dichiara di utilizzare per le somme di questi composti il valore Upper Bound (UB), calcolato come somma dei singoli Limiti di Quantificazione (LOQ) dei diciassette congeneri tossici, ciascuno moltiplicato per il proprio valore di WHO-TEF, se le concentrazioni dei vari congeneri è inferiori al limite di quantificazione.

Lo studio svolto in questa tesi è solo un primo tentativo per prendere in esame la problematica, creatasi con la normativa, che si è presentata durante il “Monitoraggio acque marino costiere della Toscana” del 2017 portata avanti dall’Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Toscana -Area Vasta Costa Settore Mare. Il laboratorio ARPAT di Livorno, che ha eseguito le analisi dei campioni di pesce, ha stabilito, dai risultati ottenuti, l’assenza di PCDD/F. Tuttavia, dovendo esprimere un risultato in termini di UB, come previsto dal Regolamento dell’Unione Europea 1259/2011, con l’utilizzo dei LOQ, in quasi tutti i casi analizzati, seppur in assenza di Diossine e Furani, si ottengono valori intorno a 5 ng/Kg, escludendo i PCB-DL.

Di fronte a questo problema l’obiettivo di questa tesi è stato quello di riuscire a formulare un nuovo valore di “LOQ correlato” per le Diossine e Furani, grazie al calcolo di “Fattori di Correlazione”, espresso come UB, più basso e, per questo, più rappresentativo dello stato reale dell’inquinante.

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2

1. INTRODUZIONE

Con il termine “Diossine” si intende una vasta famiglia di 210 idrocarburi aromatici clorurati, che si diversificano tra loro per il numero di atomi di cloro e la loro disposizione all’interno di due strutture base, chiamate Dibenzo-p-diossina e Dibenzofurano. Ciascun composto appartenente alla famiglia prende il nome di “congenere”, se questo possiede la prima struttura di basa rientra nella categoria dei PoliCloroDibenzo-para-Diossine (o PCDD) con 75 congeneri, oppure nella categoria dei PoliCloroDibenzoFurano (o PCDF), con 135 congeneri, i quali si differenziano dai precedenti per avere un atomo di ossigeno in meno all'interno della loro struttura base. È stato dimostrato sperimentalmente che tra questi composti, quelli che hanno le posizioni 2,3,7,8 occupate da atomi di cloro sono i più tossici; per questo motivo tutte le varie normative su scala mondiale, richiedono la determinazione dei diciassette congeneri più tossici, ovvero, sette Diossine e dieci Furani.

1.1 I POPs

Le diossine sono composti, sia di origine antropica che naturale, molto stabili, persistenti nell’ambiente, tossici per l’uomo, per gli animali e per l’ecosistema. Proprio per queste caratteristiche esse rappresentano due delle dodici classi di Inquinanti Organici Persistenti (POPs, Persistent Organic Pollutans) riconosciute a livello internazionale dall’UNEP (United Nations Environment Programme).

1.1.1 Caratteristiche Dei POPs

I POPs si differenziano da altri composti organici perché presentano proprietà chimico-fisiche caratteristiche che vanno ad influenzare quattro caratteristiche importanti: persistenza, mobilità nell’ambiente, bioaccumulo, tossicità.

Persistenza

La persistenza indica quanto la sostanza è in grado di resistere alla degradazione biologica, chimica e fotochimica, restando così inalterata per lunghi periodi di tempo all’interno delle matrici ambientali (ad esempio acqua, aria, sedimento, suolo). La persistenza viene espressa con il parametro emivita, cioè il tempo richiesto per ridurre del 50% la concentrazione di una

sostanza in una matrice ambientale.

Un composto per essere considerato persistente deve avere: - emivita acqua di mare > 60 giorni, o

- emivita acqua dolce o estuario > 40 giorni, o - emivita sedimenti marini > 180 giorni, o

- emivita sedimenti acqua dolce o estuario > 120 giorni, o - emivita nel suolo > 120 giorni.

La condizione di persistenza nei POPs si realizza, perché quasi tutti sono composti clorurati. In essi il legame carbonio-cloro è molto stabile, specialmente se l’atomo di carbonio fa parte dell’anello benzenico. La degradazione in atmosfera avviene soprattutto per reazione con il radicale OH ed è funzione dell’intensità della luce solare.

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3 La degradazione nel suolo, in acqua e nei sedimenti, invece è attribuita all’azione dei microrganismi.

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4

Mobilità Nell’Ambiente

I POPs pur essendo composti non volatili riescono a muoversi all’interno dell’ambiente perché sfruttano la loro capacità di aderire al particolato atmosferico.

Il processo di trasporto dei POPs dalle medie alle alte latitudini viene definito “effetto cavalletta”, processo in cui si alternano ripetutamente fasi di evaporazione e di condensazione. Nelle zone più calde, con clima temperato o tropicale, queste sostanze evaporano dalla superficie del mare e per via atmosferica vengono trasportate fino alle regioni artiche, dove per la minor temperatura, condensano e vi si accumulano.

Per attribuire ad una sostanza la caratteristica di “trasporto su lunghe distanze” deve avere:

- tensione di vapore < 1000 Pascal; - tempo di semi-vita > 2 giorni;

- evidenza sperimentale della presenza in zone remote.

Bioaccumulo

Il bioaccumulo è un processo in cui una sostanza chimica ha la tendenza ad accumularsi nei tessuti di un organismo attraverso tutte le possibili vie di assorbimento. Esso è quantificato dal Fattore di Bioaccumulo, BAF: il rapporto tra la concentrazione nell’organismo e la concentrazione nell’ambiente esterno.

I POPs, in particolare, hanno una bassa solubilità in acqua e un’elevata lipofilicità, che gli consente di attraversare le strutture fosfolipidiche delle membrane biologiche andandosi ad accumulare soprattutto nel tessuto adiposo dei vertebrati.

Per descrivere la capacità di una sostanza organica non polare a subire bioaccumulo, quindi per misurare la sua lipofilia, viene utilizzato il coefficiente di ripartizione ottanolo-acqua (KOW), il quale usa due solventi tra loro non miscibili: di solito uno è di natura organica (n-ottanolo) e l’altro è l’acqua. Il coefficiente quantifica la suddivisione della sostanza nella soluzione organica rispetto alla sostanza nell’acqua, riflettendo così l’assorbimento preferenziale della sostanza nei lipidi ambientali.

Le sostanze possono accumularsi negli organismi acquatici attraverso due tipi di processi di bioaccumulo:

- Bioconcentrazione: bioaccumulo diretto degli organismi marini con la sostanza in acqua, attraverso le branchie o le superfici corporee. Attraverso un

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5 meccanismo di diffusione passiva la sostanza passa dagli organi respiratori al sistema circolatorio e si deposita nei tessuti. Il risultato quindi è di una maggiore concentrazione della sostanza in un organismo rispetto all’ambiente circostante. La bioconcentrazione viene espressa attraverso il Fattore di Bioconcentrazione, BCF: il rapporto tra la concentrazione della sostanza nell’animale e la concentrazione in acqua, in condizioni di equilibrio.

- Biomagnificazione: la sostanza si accumula lungo la catena alimentare, passando da concentrazioni più basse nelle specie preda a più alte nelle specie predatrici. Si indica attraverso il Fattore di Biomagnificazione, BMF: il rapporto tra la concentrazione della sostanza nell’organismo e concentrazione della sostanza nella dieta, in condizione di equilibrio

La causa principale di ingresso nella catena alimentare è la deposizione atmosferica, per i prodotti ittici c’è da considerare anche il contributo delle acque reflue degli impianti.

Una sostanza per essere bioaccumulabile deve presentare i seguenti valori:

- fattore di bioconcentrazione, BCF > 2000 (se > 5000, si usa il termine “molto bioaccumulabile”),

- fattore di bioaccumulo, log KOW > 4,5, - fattore di biomagnificazione, BMF >1.

Tossicità

La tossicità per gli organismi biologici (uomo e biota) è identificata generalmente attraverso studi specifici che permettono di determinare le dosi a cui si manifestano gli effetti nocivi a carico degli organismi “bersaglio”. Il parametro più idoneo per gli organismi acquatici per valutare il potenziale tossico di una sostanza è la tossicità a lungo termine.

Una sostanza viene definita tossica quando si verifica una delle seguenti situazioni: - la concentrazione senza effetti osservati (NOEC) a lungo termine negli

organismi marini o d’acqua dolce è inferiore a 0,01 mg/l;

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6 - la concentrazione di effetto 10 (EC10), cioè la concentrazione che produce nel 10% degli individui un effetto diverso dalla morte in uno specifico tempo di esposizione, negli organismi marini o di acqua dolce è inferiore a 0,01 mg/l; - la sostanza è classificabile come cancerogena (categoria 1A o 1B), mutagena di

cellule germinali (categoria 1A o 1B) o tossica per la riproduzione (categoria 1A, 1B o 2) in base al regolamento (CE) n. 1272/2008;

- esistono altre prove di tossicità cronica, date dalla classificabilità della sostanza come sostanza con tossicità specifica per organi bersaglio dopo esposizione ripetuta.

I POPs sono altamente nocivi per la salute umana e per l’ambiente (flora, fauna ed ecosistema).

Oltre agli episodi di intossicazione umana acuta da POPs, sono molto importanti anche gli effetti a lungo termine che si manifestano a seguito di esposizione cronica a basse concentrazioni.

I POPs possono indurre ad esempio, disfunzioni del sistema immunitario, disturbi della sfera riproduttiva, disordini neurologici, anomalie comportamentali, infine alcuni possono avere effetti mutageni e cancerogeni.

1.1.2 Evoluzione Legislativa Dei POPs

Sulla scia della Dichiarazione di Stoccolma del 1972, la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite nel 1979 fa nascere la Convenzione di Ginevra sull’Inquinamento Transfrontaliero a Lunga Distanza. La Convenzione è un primo passo importante per far fronte alle nuove problematiche ambientali (tra cui piogge acide e acidificazione dei laghi) e cercare di concludere accordi tra paesi europei e paesi dell'ex blocco sovietico, ponendo le basi a norme specifiche da adottare tramite dei protocolli. Oggi la Convenzione raggruppa quarantasei Paesi, fra Europa, Asia Centrale, Stati Uniti e Canada.

Finora sono stati elaborati otto protocolli aggiuntivi (di cui sette in vigore), finalizzati alla progressiva riduzione degli inquinanti atmosferici in Europa e in America del Nord. Tra questi otto vi si trova il Protocollo di Aarhus del 1998, entrato poi in vigore nel 2001, firmato da trentacinque Paesi, che pone l’obiettivo di controllare, ridurre ed eliminare le emissioni degli inquinanti organici persistenti in atmosfera.

Il Protocollo identifica sedici sostanze classificate come POPs, che rientrano in tre categorie:

1) Pesticidi: aldrin, clordano, clordecone, DDT, dieldrin, endrin, eptanolo, esclorobenzene, esclobenzene, esaclocicloesano, mirex, toxafene.

2) Prodotti industriali: PCB ed esabromobifenile.

3) Sottoprodotti non desiderati: diossine, furani e alcuni IPA.

Seguendo il principio di precauzione il Protocollo ha portato alla messa al bando della produzione e al suo utilizzo, nel porre dei limiti all’uso di pesticidi e prodotti industriali e nella riduzione delle emissioni in atmosfera dei sottoprodotti non intenzionali, applicando le Migliori Tecniche Disponibili (BAT, Best Available Techniques) alle sorgenti di emissione.

L’accordo di Aarhus inoltre, ha portato un’innovazione nella gestione della tutela ambientale. L’ accordo prevede che gli Stati firmatari devono garantire agli individui la

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7 possibilità di essere coinvolti nel processo di gestione dell'ambiente, mediante l'accesso all'informazione, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia (noti come i “tre pilastri della Convenzione”).

Uno dei limiti dell’accordo però era la sua estensione territoriale, cioè i trentacinque Paesi (Europa, Stati Uniti e Canada) appartenevano tutti all’emisfero boreale quindi il Protocollo era totalmente assente nei Paesi in via di sviluppo dell’emisfero australe, interessati dall’aumento delle emissioni ma mancavano di conoscenze e di infrastrutture idonee.

Per tale motivo nel 2001, si è aperta la strada verso un accordo di livello mondiale, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) ha sottoscritto la Convenzione sugli Inquinanti Organici Persistenti a Stoccolma, firmata questa volta da 181 Paesi, entrata successivamente in vigore nel 2004.

La Convenzione, che segue anch’essa il principio di precauzione, mira a fornire uno strumento internazionale legalmente vincolante. Essa definisce le misure di controllo, le restrizioni all'uso e alla produzione, e l’eliminazione dei rilasci in tutti i comparti ambientali, di una lista aperta di 12 sostanze o classi di sostanze tossiche, detta la “sporca dozzina”. In questa lista si trovano:

- Insetticidi clorurati di prima generazione: aldrin, dieldrin, DDT, toxafene, clordano, endrin, esaclorobenze, mirex, eptacloro;

- Prodotti e sottoprodotti chimici industriali: PCB, PCDD e PCDF.

La Convenzione inoltre ha stabilito l’obbligo generale di adottare misure atte a prevenire la produzione e l’uso di nuovi composti che possano avere caratteristiche chimico-fisiche e di tossicità simili a quelle dei composti messi al bando. Ha posto degli obblighi informativi da parte delle aziende produttrici di POPs verso gli utilizzatori, Governi e pubblico sulle proprietà pericolose di tali sostanze. Ha messo in risalto la necessità di sviluppo e di utilizzo di sostanze chimiche e dei processi alternativi più rispettosi dell'ambiente. Per settori prioritari infatti, si richiede la promozione e l’applicazione delle BAT e delle Migliori Pratiche Ambientali (BEP, Best Environmental Practies) per prevenire e minimizzare l’emissione dei POPs. Infine, ha istituito un comitato per la valutazione delle sostanze candidate ad essere aggiunte all’elenco dei POPs e stabilito un meccanismo finanziario e tecnico per l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo.

1.2 LE DIOSSINE

1.2.1 Dati Generali

In senso stretto, le diossine sono una classe di composti organici eterociclici con un anello a sei atomi: quattro atomi di carbonio e due di ossigeno, la cui formula bruta è C4H4O2.

Questi composti sono stabili in due diversi isomeri posizionale, la cui struttura è molto semplice:

• 1,2 – diossina: strutturalmente un endoperossido (ciclo-addizione diene e ossigeno singoletto), molto reattivo.

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8 In senso generale, invece quando parliamo delle “diossine” facciamo riferimento a un gruppo di 210 idrocarburi aromatici policlorurati, triciclici e planari.

Le diossine più note sono le dibenzo-para-diossine policlorurate, derivate dalla 1,4-diossina, composti aromatici formati da due anelli benzenici collegati da due atomi di ossigeno e con legati uno o più atomi di cloro. La struttura di tali molecole è stabile grazie alla presenza degli anelli benzenici.

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9 Tali composti organici sono divisi in due famiglie, le cui strutture possono subire un diverso grado di clorazione:

- Policlorodibenzo-p-diossine (PCDD o “diossine”): 75 specie - Policlorodibenzofurani (PCDF o “furani”): 135 specie.

Per qualsiasi composto appartenente alla famiglia delle diossine e dei furani, è stato assegnato il termine “congenere”; quindi una qualsiasi tetraclorodibenzo-p-diossina è congenere di una qualsiasi altra tetraclorodibenzo-p-diossina o di qualsiasi esaclorodibenzo-p-diossina o, ancora, di qualsiasi pentaclorodibenzofurano, e così via. La stessa denominazione di congenere è applicata anche ad altre famiglie di microinquinanti quali, ad esempio, i PCB.

È interessante notare come per la diossina sia necessario specificare la posizione “para”, prefisso che indica la disposizione dei due atomi di ossigeno dell’anello della diossina, in questo caso essi sono posizionati uno opposto all’altro.

Grado di clorazione Acronimo n° di congeneri

MONO MCDD 2 DI DCDD 10 TRI TrCDD 14 TETRA TCDD 22 PENTA PeCDD 14 ESA ExCDD 10 EPTA EpCDD 2 OTTA OCDD 1 n° totale di congeneri 75

Tabella 1 descrizione policlorodibenzo-p-diossine (PCDD)

Figura 4 Struttura molecolare generale dei policlorodibenzo-p-diossina(PCDD) e policlorodibenzo-p-furani (PCDF)

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11 Di tutte queste specie solo 17, ovvero, 7 PCDD e 10 PCDF, hanno una rilevanza tossicologica, la quale dipende dal numero e dalla posizione degli atomi di cloro sull’anello aromatico. Le specie più tossiche possiedono quattro atomi di cloro legati agli atomi di carbonio ß (posizione 2,3,7,8) dell’anello aromatico e pochi o nessun atomo di cloro legato agli atomi di carbonio α (posizione 1,4,6,9).

Proprio per l’alta tossicità di questi congeneri, tutte le più recenti leggi in campo ambientale hanno fissato limiti in concentrazione, i quali sono espressi come somma delle concentrazioni dei 17 congeneri più tossici, detta appunto Tossicità Equivalente (TEQ).

1.2.2 Origine

I PCDD e PCDF sono sottoprodotti non desiderati, ossia non vengono prodotti in modo intenzionale perché non hanno alcun utilizzo pratico.

Essi derivano da:

- “Sorgenti primarie”: processi chimici-industriali e processi di combustione controllata incompleta.

- “Sorgenti secondarie”: processi di accumulo in sedimenti-suoli e processo di bioaccumulo.

Grado di clorazione Acronimo n° di congeneri MONO MCDF 4 DI DCDF 16 TRI TrCDF 28 TETRA TCDF 38 PENTA PeCDF 28 ESA ExCDF 28 EPTA EpCDF 4 OTTA OCDF 1 n° totale di congeneri 135

Tabella 2 descrizione policlorodibenzofurano (PCDF)

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12 - “Precursori”: sostanze che producono PCDD/F a seguito della loro combustione. - “Riserve”: sostanze che presentano tracce/residui di PCDD/F dovuto al loro

processo di produzione.

Le Sorgenti Primarie

Processi Chimico-Industriali

Processi atti alla produzione di materie plastiche e di composti chimici, compresi i diserbanti e i pesticidi, le produzioni delle raffinerie e il processo di sbiancamento di materiale cartaceo.

I precursori dell’industria chimica sono soprattutto:

- PCP (Pentaclorofenolo): pesticida e disinfettante, usato sul legno;

- PCB (Policlorobifenili): utilizzati in particolare come fluidi dielettrici, additivi per antiparassitari, ritardanti di fiamma, isolanti, vernici;

- Cloroparaffine: usati nel settore della concia, dei plastificanti e della lavorazione dei metalli;

- Cloro inorganico;

- Termoplastiche e termoindurenti;

- 2,4,5-Triclorofenolo: impiegato come intermedio di prodotti chimici e conservante;

- Reflui e rifiuti contenenti composti clorurati.

Oltre ai precursori, i processi chimici sono responsabili anche della formazione delle riserve:

- Clorofenossilici: 2,4-D (diserbante), 2,4,5-T (defoliante); - Esaclorofene: intermedio per disinfettanti;

- Composti clorurati alifatici;

- Composti organici alogenati: cloruro di polivinile, il polistirene e il dicloroetilene (utilizzati nell’industria della plastica).

Durante i processi chimici-industriali avviene una vera e propria sintesi organica selettiva, cioè vengono prodotte soltanto una o alcune diossine, contrariamente a quanto accade nei processi di combustione dove normalmente si formano miscele complesse di diossine e di furani

L’esempio di gran lunga più noto nella produzione di sostanze clorurate per l’industria è quello dell’acido 2,4,5-Triclorofenossiacetico (2,4,5-T), sostanza utilizzata in agricoltura come agente per il controllo della crescita delle piante. In miscela, di rapporto 1:1, con l’acido 2,4-diclofenossiacetico, altro potente diserbante, forma il cosiddetto Agent Orange, utilizzato dall’esercito degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam come defogliante.

Partendo dal 1,2,4,5-Tetraclorobenzene e idrossido di sodio, mediante riscaldamento a 140°/160°C si ottiene il Triclorofenolo (TCP), precursore dell’acido 2,4,5-triclorofenossiacetico (2,4,5-T). Il 2,4,5-TCP reagisce con acido cloroacetico formando così l’erbicida 2,4,5-T.

Se la reazione però, viene condotta a temperature superiori, tipo 180°/230°C, si ha la condensazione di due molecole di 2,4,5-Triclorofenolo si ha la formazione, in quantità di parti per milione della 2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD).

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13 Una volta nell’ambiente la TCDD viene degradata chimicamente, in pochi giorni, dalla radiazione solare UV in presenza di donatori di ioni idrogeno (contatto con il fogliame verde). Se dilavata nel terreno essa invece, si lega al materiale organico e viene degradata molto lentamente, portando effetti irreversibili.

Processi Di Combustione

Quando un qualsiasi materiale organico viene bruciato, insieme ai prodotti principali della reazione, anidride carbonica ed acqua, si formano in piccole quantità delle molecole organiche incombuste, parzialmente combuste o molecole organiche di nuova sintesi tra cui gli IPA.

Ad esempio, la combustione di legna si può schematizzare:

CnH2n-2On-1 + nO2 ────> n CO2 + n-1 H2O + Sostanze incombuste

Se la reazione riportata avviene in presenza di cloro anche in forma inorganica, quale lo ione cloruro (ione piuttosto diffuso nei sistemi viventi animali e vegetali e nell’ambiente in generale), gran parte dei composti incombusti sono costituiti da sostanze organoclorurate, molte delle quali appartengono, appunto, alla categoria dei POPs (Persistent Organic Pollulants), contaminanti organici persistenti. Nonostante la piccola quantità formatasi rispetto alla quantità di materiale bruciato, queste sostanze sono pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente, a causa della loro elevata tossicità e per la loro stabilità chimica. In presenza di metalli pesanti, in particolare in presenza di rame, si formano quantità sempre maggiori di sostanze organoclorurate. I processi di combustione si possono distinguere in combustioni incontrollate, controllate e controllate per la produzione di energia.

Le combustioni incontrollate sono:

- incendi accidentali ed all’aperto (di materiali eterogenei, quali rifiuti urbani, pneumatici, ecc.),

- incendi boschivi in presenza di composti chimici clorurati per la combustione di lignina e cellulosa;

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14 - eruzioni vulcaniche.

Le combustioni controllate (volontarie) riguardano: - rifiuti solidi urbani (incenerimento);

- fanghi (incenerimento);

- carburante/combustibili nei processi di fusione dei metalli ferrosi e non ferrosi; - carburante/combustibili nei processi di produzione del cemento.

Le combustioni controllate per la produzione di energia:

- trasporti (per l’utilizzo di combustibili che contengono composti clorurati); - combustione di legno trattato;

- combustione di oli combustibili.

Le sorgenti da combustione di PCDD/F si possono dividere in puntuale o diffusa. Nella categoria di sorgenti puntuali si trovano tutti processi di origine antropica:

- Incenerimento rifiuti: rifiuti solidi urbani, ospedalieri, combustione di residui plastici generati da pratiche agricole, combustione di gomme o pneumatici, rifiuti incontrollati, fanghi da acque reflue;

- Industria dell’acciaio: acciaierie, impianti di sintesi, produzione lastre d’acciaio; - Impianti di riciclaggio/ recupero termico: metalli non ferrosi (fonderie di Al, Cu,

Pb, Zn, Sn);

- Produzione di energia: impianti alimentati con combustibili fossili, legno, biogas da discarica;

- Produzione del cemento.

Nella categoria delle sorgenti diffuse, i processi di origine antropica sono: - Traffico: automobili e mezzi pesanti;

- Riscaldamento domestico: carbone, olio, gas, legno;

- Casuali: combustione PCB, incendi negli edifici, incendi boschivi dolosi, incendi di materiali vari all’aperto.

Nella stessa categoria vi rientrano anche due casi di origine naturale: - Incendi boschivi accidentali;

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15 In Italia

Il grafico della figura sottostante, descrive l’andamento delle emissioni in atmosfera di diossine totali annue, cioè come somma di tutti gli impianti di incenerimento rifiuti in Italia.

Gli adeguamenti degli impianti industriali eseguiti in conformità con l’evoluzione normativa ed impiantistica ha comportato una riduzione di circa il 98% delle emissioni da incenerimento rifiuti dal 1990 al 2013.

Figura 7 . Emissioni di diossine in Unione Europea nel 2013 per settore (%) Fonte: Agenzia Europea dell'Ambiente (EEA) - Annex A - European Union LRTAP emission data - NFR

Figura 8 Figura 11. Confronto delle emissioni in Unione Europea per settore negli anni 1990 e 2013 (g I-TEQ/anno) Fonte: Agenzia Europea dell'Ambiente (EEA) - Annex A - European Union LRTAP emission data – NFR

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16 Il grafico della figura sopra riportata invece, descrive l’andamento delle emissioni in atmosfera di diossine totali annue derivanti dai diversi settori produttivi.

Le emissioni dovute agli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti rientrano nel settore “Terziario”:

- energia utilizzata principalmente per il riscaldamento

- parte non rinnovabile dei rifiuti utilizzati nella produzione di energia elettrica; - rifiuti fossili bruciati negli inceneritori dotati di recupero energetico;

- rifiuti da biomassa, biogas recuperato a fini energetici da discariche e trattamento fanghi e legno;

- consumo di carburante biodiesel dal 2002

Dal 2001, l’incenerimento di rifiuti è diventata la sorgente meno significativa, invece i contributi più rappresentativi sono associati a processi di combustione con contatto, industria del ferro/acciaio e residenziale.

Figura 9 Emissioni di diossine in Italia da incenerimento rifiuti dal 1990 al 2013 (g I-TEQ) Fonte: Sinanet - ISPRA - Banca dati SNAP

Figura 10 emissioni di diossine in Italia per settore dal 1990 al 2013 (g I-TEQ) Fonte: Sinanet - ISPRA - Banca dati SNAP

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17 Combustioni Incontrollate

Come detto in precedenza quando della cellulosa reagisce con l’ossigeno, oltre ai prodotti di reazione, si formano delle sostanze incombuste. Mentre avviene la combustione di un albero o delle sterpaglie derivanti dalle attività agricole o di giardinaggio (biomasse), si formano anche diossine e furani in quanto in questi materiali è comunque presente cloro in forma inorganica (ione cloruro). I microinquinanti formatisi vengono adsorbiti sulle particelle solide che si formano dalla combustione ed infine, veicolati attraverso il fumo, dispersi nell’ambiente. Anche se le quantità di microinquinanti che si formano per unità di peso del materiale bruciato non sono elevate come quelle che si formano da processi industriali, il contributo totale da parte di questo tipo di processo alla quantità totale di diossine immesse nell’ambiente è significativo. Oltre al materiale organico, i materiali che possono bruciare sono infiniti (carta, plastica, cibo, vestiti, metalli, ecc…) e infinita è la natura degli incendi possibili (di edifici, di automobili, rifiuti, ecc…)

Fino agli inizi del 2000 la fonte principale di emissione di diossine era legata ai processi industriali, con particolare riferimento alla produzione di pesticidi che prevedono l’uso di clorofenoli, mentre come seconda fonte di emissione si trovava le combustioni accidentali e, per questo, incontrollate. A questa sorgente possiamo ricondurre gli incendi boschivi, le eruzioni vulcaniche ed altri processi naturali, e tutta una serie di combustioni provocate dall’uomo come gli incendi boschivi stessi, la combustione di rifiuti e di biomasse. Quest’ultimo tipo di combustioni possono avvenire anche all’interno di discariche di rifiuti solidi, soprattutto quelle di vecchia costruzione: autocombustione di biogas è a volte una delle cause di incendio.

Combustioni Controllate (Volontarie)

Per combustione controllata viene definita la combustione di rifiuti solidi urbani, fanghi e carburante, la combustione per la fusione di metalli non ferrosi, di ferro e di acciaio ed infine per i processi di produzione di cemento e di energia.

I processi di raffinazione e fusione dei metalli

I processi di raffinazione e fusione dei metalli, soprattutto per un loro recupero, sono fonte significativa di diossine. I processi di rifusione di rottami ferrosi e non ferrosi possono potenzialmente dar luogo ad emissioni di diossine perché essi possono essere ricoperti di plastiche, olii e sostanze chimiche varie tra cui PCB e fenoli, presenti in modo particolare nei componenti elettrici di vecchia fabbricazione. Il recupero di cavi elettrici di rame, per combustione del materiale plastico isolante, è un processo che produce diossine in quanto, tale elemento, è uno dei catalizzatori migliori della reazione di sintesi di questi microinquinanti.

Alcuni tipi di acciaierie sono fonte di emissione di diossine a causa del materiale organico che può essere contenuto nella materia prima, e anche in conseguenza al combustibile utilizzato per fondere il metallo; le acciaierie che utilizzano un forno elettrico possono favorire la formazione di PCDD e PCDF.

I processi di produzione del cemento

Anche le industrie che producono cemento possono essere classificate come fonti emissive di microinquinanti: nonostante le alte temperature alle quali viene prodotto il

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18 clinker (temperature superiori a 1400 °C), all’interno del forno possono verificarsi zone a più bassa temperatura e, tenuto conto che l’impianto può utilizzare anche combustibili di diverse tipologie di rifiuti, si può verificare la formazione di diossine.

Impianti di termovalorizzazione di rifiuti

La pratica dell’incenerimento di rifiuti in generale (Rifiuti Solidi Urbani, fanghi di depurazione, rifiuti speciali e pericolosi, ecc…) è uno degli argomenti più discussi dalla nostra società.

Questo tipo di impianti sono spesso volgarmente denominati inceneritori, tuttavia esistono sostanziali differenze tra i vecchi inceneritori funzionanti fino alla fine degli anni Novanta e quelli di nuova costruzione (dopo il 1999), o costruiti precedentemente a tale data ma adeguati alle nuove disposizioni di legge.

Gli inceneritori con tecnologia tradizionale sono impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani e/o speciali, che utilizzano processi di combustione condotti in eccesso di ossigeno, senza però alcun recupero energetico. I prodotti della combustione sono essenzialmente biossido di carbonio e acqua. Tali processi trovano frequente applicazione a livello industriale e attualmente vengono utilizzati come una delle soluzioni alternative alla collocazione dei rifiuti in discarica.

La grande quantità di diossine che veniva emessa dall’inceneritore di vecchia generazione era causata dalla presenza di determinate condizioni che portavano alla formazione, all’interno della camera di combustione, di cenere volante (fly ash), composti ciclici e acido cloridrico, i principali costituenti delle diossine.

Alla base della loro formazione delle diossine sta l’ossidazione della struttura grafitica degenerata del carbonio, tipica delle particelle di fuliggine o cenere volante, formatasi per incompleta combustione. Le particelle di cenere volante sono composte dal 97-99% di carbonio e all’1-3% di idrogeno.

La tappa cruciale si ha quando si realizza la completa combustione del carbonio incombusto che genera come sottoprodotto i composti aromatici clorurati. Questa reazione eterogenea avviene quando la temperatura si trova tra i 250°C e i 350°C, presenta una piccola quantità di ossigeno, di cloro e di ioni metallici che agiscono come catalizzatori. Quando si presentano questi parametri, il carbonio incombusto adsorbe i composti ciclici andandosi così ad ossidare.

L’azione catalitica viene svolta dai metalli di transizione ma dipende dal tipo di metallo considerato, ad esempio il rame è il più attivo. È importantissimo infatti eliminare il rame dai rifiuti per evitare la formazione di CuCl2, l’agente catalizzatore più forte per la formazione delle diossine.

La formazione delle diossine avviene, quindi, secondo due reazioni:

- l’adsorbimento sulla cenere volante è favorito dalla reazione del composto aromatico con il cloruro del metallo:

Ar-H +Me-Cl2 = ArH-Cl +Me-Cl

- una volta adsorbito sulla cenere volante avviene la clorurazione mediante la sostituzione elettrofila aromatica:

ArH-Cl + MeCl2 = Ar-Cl + MeCl +HCl

Nella fase di combustione le diossine si formano secondo una reazione omogenea in fase gassosa in cui sono termodinamicamente instabili. Questa però non è la sola modalità di formazione infatti vari studi hanno dimostrato che le diossine riescono a formarsi nella fase di post-combustione a basse temperature, meccanismo definito “sintesi de novo”, una reazione eterogenea che coinvolge particolato e gas di combustione.

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19 Le diossine sono caratterizzare nell’avere una bassa tensione di vapore quindi a temperatura inferiore ai 200°C è possibile che la maggior parte di esse rimanga assorbita nelle ceneri volanti, potendo così spostarsi in atmosfera per lunghe distanze. Dopo l’emanazione del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (meglio noto come

Decreto Ronchi), verso la fine del medesimo anno è stato pubblicato il Decreto Ministeriale 19 novembre 1997, n. 503 che stabiliva come limite di emissione per il parametro diossine e furani 0,1 ng/Nm3, espressi come I-TEQ (Quantità di Tossicità Equivalente Internazionale) e riferiti ad un tenore di ossigeno dell’11%, rispetto ai 4000 ng/Nm3 del precedente limite, dove veniva considerata la somma di tutte le diossine e di tutti i furani. Per meglio comprendere l’entità dell’abbassamento del limite di emissione, è necessario considerare che mediamente tra la somma di PCDD+PCDF totali e la I-TEQ esiste un rapporto di circa 50:1. Per cui una concentrazione di PCDD+PCDF Totali di 4000 ng/Nm3 corrisponde a circa 80 ng/Nm3 come I-TEQ; in altre parole il limite è stato abbassato di circa 800 volte. Il rispetto di un limite notevolmente più restrittivo, rispetto ai vecchi impianti, è dovuto agli adeguamenti degli impianti industriali eseguiti in conformità con l’evoluzione normativa ed impiantistica.

Combustioni Controllate Per La Produzione Di Energia

Il traffico autoveicolare è anch’esso una fonte emissiva di diossine: il materiale organico è costituito dal carburante, mentre il cloro può essere fornito in piccola parte dal carburante stesso e dall’aria utilizzata come comburente. Lo ione cloruro è abbastanza ubiquitario e può essere presente nell’aria aspirata dal motore, come aerosol o come particolato. Nei paesi nordici, dove nei mesi invernali le strade ghiacciate sono trattate con sale (spesso viene utilizzato cloruro di calcio), le emissioni di diossine dovute al traffico autoveicolare sono molto più elevate.

La combustione di legna per il riscaldamento domestico, come tutte le combustioni di biomasse, produce diossina la cui concentrazione varia se il legno è naturale o trattato con pentaclorofenolo (PCP), che funge appunto come donatore di cloro. La fuliggine della combustione che viene accumulata nei camini è ricca di PCDD e di PCDF, ma soprattutto di IPA.

Diossine e furani possono essere contenute nei fumi di sigaretta: il materiale organico ed il cloro è fornito dal tabacco è la temperatura della combustione è quella adatta per la loro sintesi. La preparazione di carne alla brace è anch’essa fonte di diossine; la parziale combustione della carne evidente nelle parti carbonizzate, e la presenza di cloro assicurato dalla carne stessa e dal sale da cucina utilizzato (NaCl), sono i “reagenti” necessari alla formazione di questi microinquinanti, compresi gli IPA. Inoltre, bisogna tener conto che diossine e anche PCB, possono già essere contenute nella parte grassa della carne: dunque, una buona abitudine alimentare quando si vuole mangiare della carne cucinata alla brace, è quella di eliminare le parti carboniose e di scartare la parte grassa dell’alimento.

Un’altra fonte emissiva di diossine curiosa è quella degli spettacoli pirotecnici. I fuochi d’artificio, con particolare riferimento a quelli che producono il colore verde dovuto alla presenza di rame, possono contenere dei composti organici fortemente clorurati come esacloroetano, PVC, ed altri, che vengono aggiunti come intensificatori di colore, in quanto sono capaci di produrre un particolare spettro di emissione della fiamma. La presenza di sostanze organiche clorurate e del metallo che catalizza la reazione di formazione, uniti alla temperatura che si sviluppa durante l’esplosione, è la miscela di reazione responsabile della produzione di diossine.

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1.2.3 Impronta Digitale

Le reazioni di combustione che portano alla formazione delle diossine e dei furani possono favorire la formazione di alcuni congeneri rispetto ad altri ma i PCDD/F sono presenti sempre come una miscela complessa non come singoli composti. I numerosi studi effettuati sui processi di origine delle diossine, hanno dimostrato che in base al materiale sottoposto a combustione, si ottiene una diversa e caratteristica distribuzione ed abbondanza dei congeneri, che prende il nome di “impronta digitale” (o fingerprint), con la quale è possibile identificare la sorgente dell’inquinamento.

Le impronte relative ai processi di combustione della biomassa mostrano una netta prevalenza della octaclorodibenzo-p-diossina (OCDD) su tutti gli altri congeneri PCDD e PCDF, assenza della tetraclordibenzo-p-diossina (TCDD) e una concentrazione elevata di eptaclorodibenzo-p-diossina (EpCDD). I furani invece, rimanendo con concentrazioni più basse rispetto alla OCDD e EpCDD, mostrano una maggior abbondanza dei congeneri con più alta clorurazione come appunto i PCDD.

Le miscele di PCDD e PCDF derivanti da processi industriali in cui il cloro si trova sia come materia prima per essere bruciato sia nel prodotto finale (come PVC, cloruro di vinile, cloroderivati organici volatili), presentano un’impronta in cui prevalgono i PCDF su tutti i congeneri PCDD.

1.2.4 Policlorodibenzo-Para-Diossine (PCDD)

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato tra tutta la famiglia dei PCDD i sette congeneri considerati tra i più tossici:

- 2, 3, 7, 8-tetraclorodibenzo-para-diossina, TCDD; - 1, 2, 3, 7, 8-pentaclorodibenzo-para-diossina, PeCDD; - 1, 2, 3, 4, 7, 8-esaclorodibenzo-para-diossina, HxCDD; - 1, 2, 3, 7, 8, 9-esaclorodibenzo-para-diossina, HxCDD; - 1, 2, 3, 6, 7, 8-esaclorodibenzo-para-diossina, HxCDD; - 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8-eptaclorodibenzo-pata-diossina, HpCDD; - Octaclorodibenzo-para-diossina, OCDD.

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21 2,3,7,8 – Tetraclorodibenzo-Para-Diossina (TCDD)

La 2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina (2,3,7,8-TCDD, o semplicemente TCDD) è di uno dei composti chimici più tossici per l’uomo, infatti è stata inserita dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) nel Gruppo 1: «Cancerogeni per l’uomo» dal 1997.

La TCDD allo stato cristallino è una sostanza solida inodore di colore bianco, liposolubile e resistente ad acidi e alcali, il suo punto di fusione è 307°C ed è termostabile fino a 800°C.

Essa è considerata la “diossina” per eccellenza, nota anche come “Diossina Seveso” per il disastro del 1976.

Il 10 luglio 1976 dallo stabilimento della ditta ICMESA di proprietà della società GIVAUDAN – LA ROCHE, situato a Meda, nei pressi di Seveso, si liberò una nube di gas formata da sostanze tossiche tra le quali risultò presente la 2,3,7,8-TCDD.

Fu perso il controllo della reazione che avveniva all’interno del reattore, denominato A 101, utilizzato nell’industria chimica per la produzione del 2,4,5-Triclorofenato sodico, intermedio della sintesi dell’acido 2,4,5-Triclorofenossiacetico (denominato 2,4,5-T), un potente defogliante. La temperatura aumentò fino a superare i 180 °C, condizione favorevole per la formazione di 2,3,7,8-TCDD. La reazione collaterale che porta alla formazione della TCDD aumenta fortemente con la temperatura ed è una reazione del secondo ordine rispetto al clorofenossido cioè la velocità della reazione dipende dal quadrato della concentrazione dello ione reagente:

v = k [clorofenossido]². Durante tale reazione due molecole di triclorofenato di sodio si condensano con l’eliminazione di due molecole di cloruro di sodio. La nuova molecola possiede così un anello centrale con due atomi di ossigeno collocati in posizione para, l’uno opposto all’altro. Può essere quindi controllata bilanciando la temperatura e la quantità di fenossido, fino a ridurre la contaminazione del 2,4,5-T a circa 0.1 ppm di TCDD. Come conseguenza, nel reattore in cui la pressione che normalmente doveva mantenersi a 1 atm, superò il valore di 4 atm, provocando lo scoppio del disco di rottura e la fuoriuscita nell’atmosfera della nube tossica.

A causa del vento che in quel momento soffiava verso sud-sud-est, la nube ricadde al suolo investendo circa 1800 ettari dei terreni circostanti alla fabbrica in tale direzione, tra cui il centro abitato di Seveso, depositando su tale superficie sostanze chimiche caustiche, tra cui soda caustica, 1,6 Kg di TCDD, quantità calcolata da indagini analitiche effettuate in seguito.

Nei giorni successivi all’incidente iniziarono a manifestarsi i primi sintomi sulla salute degli abitanti, si verificarono morie di animali da cortile e le foglie degli alberi e dell’erba ingiallirono rapidamente. Ci furono numerosi casi di intossicazione acuta nella popolazione residente nelle zone di Meda e di Seveso, come la comparsa di lesioni ulcerative della pelle, culminati in vari casi nella forma patologica detta cloracne. In conseguenza di questa situazione di emergenza le autorità preposte fecero evacuare centinaia di persone dalle zone maggiormente colpite, ovvero l’area che si estendeva per circa 110 ettari a sud-est della fabbrica, la cosiddetta zona “A”.

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22 Da allora l’attenzione nei confronti di questa classe di composti è aumentata sempre più, sia da parte delle istituzioni deputate al controllo, alla protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini, sia da parte dei cittadini stessi che spesso, organizzati in comitati, sono promotori di accese proteste verso quegli impianti ritenuti responsabili della produzione di tali sostanze, con particolare riferimento ai cosiddetti “inceneritori”. In seguito, la Comunità Europea ha emesso varie direttive, tra le quali la cosiddetta direttiva Seveso:

• Direttiva Seveso I: direttiva europea 82/501/CEE, recepita in Italia con il DPR 175/1988, nella sua prima versione, impone agli stati membri di identificare i propri siti a rischio.

• Direttiva Seveso II: direttiva 96/82 CEE, recepita in Italia con il D.Lgs. 334/99, in cui venne diminuito il numero di sostanze definite materie pericolose da 180 a 50 e si affiancò a questo elenco una lista di classi di pericolosità che ampliò, di conseguenza, il campo di applicazione del decreto. Dopo l'incidente di una fabbrica di fertilizzanti a Tolosa che ha causato uno sversamento di nitrato d'ammonio nell'ambiente circostante e lo scoppio di un'azienda di materiale pirotecnico nei Paesi Bassi si è vista l'esigenza di attuare delle modifiche alla Seveso II con la direttiva 2003/105/CE, recepita in Italia con Decreto Legislativo 21 settembre 2005, n. 238, Direttiva Seveso II bis. In questa normativa si sono introdotti nuovi limiti per le aziende che detengono nitrato di ammonio, materiale pirotecnico e per le aziende minerarie, oltre all'abbassamento dei valori limite per le sostanze tossiche e l'innalzamento dei limiti per le sostanze ritenute cancerogene.

• Direttiva Seveso III: direttiva 2012/18/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. 105/2015, relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose

La TCDD nel mondo scientifico è stata riconosciuta mediante analisi chimica per la prima volta nel 1957 in un laboratorio di Amburgo, a seguito della comparsa di cloracne in 31 lavoratori della Boehringer di Ingelheim (Germania Ovest) addetti all’impianto per la produzione del 2,4,5-T. Solo a seguito del Disastro di Seveso, la popolazione mondiale è venuta a conoscenza della sostanza più tossica mai creata dall’uomo.

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24 Octaclorodibenzo-Para-Diossina (OCDD)

I clorofenoli oltre ad essere materiale di partenza per la produzione degli erbicidi trovano impiego anche come conservanti del legno. Quando viene bruciato a basse temperature legno trattato con pentaclorofenolo (PCP), fungicida tra i più noti e usati, si ha la produzione della ottaclorodibenzo-para-diossina, OCDD.

Il PCP si forma dalla clorurazione del fenolo in presenza di un catalizzatore (alluminio anidro o cloruro ferrico) ad una temperatura fino a circa 191 °C. Questo processo però non porta alla completa clorazione, così il PCP in commercio è puro solo all'84-90%, il resto è occupato da altri fenoli policlorurati, dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani, sostanze sono ancora più tossiche del PCP stesso.

Quando una piccola quantità di PCP reagisce si ha la formazione di un anello centrale con due atomi di ossigeno in posizione para e l’eliminazione di due molecole HCl. Il nuovo composto prende il nome di octaclorodibenzo-para-diossina, la diossina con la più bassa tossicità perchè i quattro atomi di cloro occupano tutte le posizioni α.

Tra le sette PCDD più tossiche durante la sintesi del PCP, oltre alla produzione del’OCDD, si genera anche la HpCDD e le HxCDD.

1.2.5 PolicloroDiobenzoFurani (PCDF)

La struttura dei policlorodibenzo-p-furani è costituita da due anelli benzenici, recanti uno o più atomi di cloro legati, condensati ad un anello furanico cioè un composto eterociclico pentatomico aromatico caratterizzato dalla presenza di un atomo di ossigeno.

Uno dei principali precursori dei PCDF sono i policlorobifenili (PCB), perché grazie alla loro libertà rotazionale tra i due fenili, un singolo PCDF può derivare da diversi PCB. I PCB sono composti aromatici biciclici costituiti da molecole di bifenile variamente clorurate, gli atomi di idrogeno sono sostituiti da uno fino a dieci atomi di cloro.

La principale differenza strutturale fra i PCB e le diossine è proprio la libertà di rotazione attorno al legame C-C 1-1’. La rotazione permette ai due anelli fenilici di giacere nello stesso piano (conformazione planare) come per le diossine oppure di giacere su due piani differenti.

• I PCB non orto: 12 congeneri in cui le posizioni orto sono libere quindi li consente di essere planari. Sono chiamati PCB diossina-simili (dl-PCBs), proprio perché questa caratteristica li rende dal punto di vista tossicologico simili alle diossine.

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25 • I PCB orto: rientrano tutti gli altri congeneri in cui le posizioni 2 e 6 sono occupate da atomi di cloro, per tale motivo non possono essere planari. Questi prendono il nome di PCB non diossina simili (ndl-PCBs).

L’esposizione dei PCB a temperature elevate, in presenza di una fonte di ossigeno porta alla formazione di piccole quantità di PCDF.

Se i PCB hanno in posizione orto due molecole di Cl, si ha l’eliminazione di una molecola di Cl2, se invece hanno una molecola di Cl e una di H, allora si ha la fuoriuscita di HCl. Dopodiché, con l’introduzione di ossigeno a ponte si ha la formazione di dibenzofurano variamente clorurato.

Sono stati individuati dieci congeneri di PCDF più rilevanti dal punto di vista tossicologico: - 2,3,7,8-tetraclorodibenzofurano, TCDF; - 1,2,3,7,8-penaclorodibenzofurano, PeCDF; - 2,3,4,7,8-pentaclorodibenzofurano, PeCDF; - 1,2,3,4,7,8-esaclorodibenzofurano, HxCDF; - 1,2,3,6,7,8- esaclorodibenzofurano, HxCDF; - 2,3,4,6,7,8- esaclorodibenzofurano, HxCDF; - 1,2,3,7,8,9- esaclorodibenzofurano, HxCDF; - 1,2,3,4,6,7,8-eptaclorodibenzofurano, HpCDF; - 1,2,3,4,7,8,9-eptaclorodibezofurano, HpCDF; - Octaclorodibenzofurano, OCDF.

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26 2,3,7,8- Tetraclorodibenzo-Para-Furano (TCDF)

La PCDF più frequentemente sviluppata è la 2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-para-furano, analogo furanico della TCDD ma con una tossicità dieci volte meno rispetto a quest’ultima.

La TCDF si può formare da vari precursori, con la conseguente eliminazione di una molecola di cloro che porta alla chiusura e formazione dell’anello furanico.

Ad esempio, dalla reazione tra due triclorofenolo, con eliminazione di una molecola di cloro e una di acqua:

Dalla reazione tra un triclorofenolo e un tetraclorobenzene, con eliminazione di una molecola di cloro e una di acido cloridrico:

Dalla reazione di esaclorobifenil e acqua, con eliminazione di due molecole di acido cloridrico:

Figura 15 Formazione 2,3,7,8-tetraclorodibenzofurano (TCDF)

Figura 16 Formazione 2,3,7,8-tetraclorodibenzofurano (TCDF)

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27 Figura 18 Formazione Octaclorodibenzo-Para-Furano

(OCDF) Octaclorodibenzofurano (OCDF)

La combustione a basse temperature del fungicida pentaclorofenolo (PCP) oltre a portare alla produzione del OCDD si ha anche la formazione del suo analogo furanico, octaclorodibenzo-p-furano. OCDD e OCDF sono entrambi caratterizzati dall’avere le posizioni α occupate dal cloro, che li rende composti con tossicità estremamente bassa.

1.2.6 Comportamento E Distribuzione

Per conoscere il comportamento dei PCDD/F nei vari comparti ambientali è necessario identificare le varie vie di trasporto e i parametri che controllano il trasferimento.

Congenere N° CAS P.M. Punto di ebollizione (°C) Pressione di vapore (Pa) Solubilità in acqua (mg/m3) Log Kow (adim.) KHenry (adim.) 2,3,7,8-TCDD 1746-01-6 322,0 446,5 2,0 • 10-7 0,019 6,8 1,0 • 10-4 1,2,3,7,8-PeCDD 40321-76-4 356,4 464,7 8,8 • 10-8 0,12 7,4 2,6 • 10-6 1,2,3,4,7,8-ExCDD 39227-28-6 390,9 487,7 5,1 • 10-9 0,0044 7,8 4,5 • 10-5 1,2,3,6,7,8-ExCDD 57653-85-7 390,9 487,7 5,1 • 10-9 0,0044 7,8 4,5 • 10-5 1,2,3,7,8,9-ExCDD 19408-74-3 390,9 487,7 5,1 • 10-9 0,0044 7,8 4,5 • 10-5 1,2,3,4,6,7,8-EpCDD 35822-46-9 425,3 507,2 7,5 • 10-10 0,0024 8,0 1,3 • 10-6 OCDD 3268-87-9 459,8 510,0 1,1 • 10-10 0,000074 8,2 6,7 • 10-6 2,3,7,8-TCDF 51207-31-9 305,9 438,3 2,0 • 10-6 0,42 6,1 1,5 • 10-5 1,2,3,7,8-PeCDF 57117-41-6 340,4 464,7 3,5 • 10-7 0,24 6,5 2,6 • 10-5 2,3,4,7,8-PeCDF 57117-31-4 340,4 464,7 3,5 • 10-7 0,24 6,5 2,6 • 10-5 1,2,3,4,7,8-ExCDF 70648-26-9 374,9 487,7 3,2 • 10-8 0,0083 7,0 2,8 • 10-5 1,2,3,6,7,8-ExCDF 57117-44-9 374,9 487,7 3,2 • 10-8 0,0083 7,0 2,8 • 10-5 2,3,4,6,7,8-ExCDF 60851-34-5 374,9 487,7 3,2 • 10-8 0,0083 7,0 2,8 • 10-5 1,2,3,7,8,9-ExCDF 72918-21-9 374,9 487,7 3,2 • 10-8 0,0083 7,0 2,8 • 10-5 1,2,3,4,6,7,8-EpCDF 67562-39-4 409,3 507,2 4,7 • 10-9 0,0014 7,4 4,1 • 10-6 1,2,3,4,7,8,9-EpCDF 55673-86-7 409,3 507,2 4,7 • 10-9 0,0014 7,4 4,1 • 10-6 OCDF 39001-02-0 443,8 537,0 5,0 • 10-10 0,0012 8,0 1,7 • 10-6

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28 Le diossine ed i furani sono sostanze organiche aventi un peso molecolare piuttosto elevato,

principalmente a causa degli atomi di cloro presenti sui due anelli aromatici. Ovviamente all’aumentare del numero di atomi di cloro presenti nella molecola, aumenta il peso molecolare e la temperatura di ebollizione, andamento inverso invece, si osserva per le pressioni di vapore. Le temperature di ebollizione sono abbastanza elevate e, viceversa, le pressioni di vapore sono molto basse.

Queste semplici considerazioni ci consentono di concludere che le diossine ed i furani, essendo sostanze così poco volatili, se immesse nell’ambiente allo stato aeriforme, come può avvenire dall’emissione di fumi di combustione, tendono a condensare rapidamente ed a depositarsi sul suolo, sulla vegetazione, sulle superfici acquatiche o ad adsorbirsi su particelle solide presenti nei fumi o nell’aria. Anche attraverso l’adsorbimento su particelle solide, le diossine ed i furani sono destinate a ricadere sul suolo.

Ripartizione Aria-Suolo

Il deposito si sviluppa attraverso processi di rimozione degli inquinanti dall’ atmosfera, i quali avvengono per via secca o umida.

La deposizione secca trasporta il gas e/o le particelle di inquinante dagli strati superficiali dell’atmosfera ad una qualsiasi superficie, in assenza di precipitazione. Il fenomeno è influenzato dalle proprietà fisico-chimiche dell’inquinante e dalla natura della superficie.

La deposizione secca agisce tramite l’azione combinata di vari meccanismi:

- diffusione turbolenta: l’instabilità atmosferica favorisce la presenza dei vortici; - sedimentazione gravitazionale: moto verso il basso delle particelle inquinanti,

con raggio maggiore 1 μm, dovuto alla forza gravitazionale. Fenomeno che più interessa i PCDD/F.

- impatto inerziale: le particelle non riescono a compiere un cambio improvviso di direzione a causa o della troppa velocità o grandezza.

La deposizione umida trasporta l’inquinante sulle superfici attraverso l’azione delle idrometeore, cioè tutti quei fenomeni atmosferici in cui avviene la condensazione dell’umidità atmosferica terrestre (quindi pioggia, neve, grandine, nebbia e nuvole), le quali inglobano le particelle e/o gas.

La contaminazione dell’ambiente terrestre avviene attraverso la deposizione atmosferica, lo spandimento di fanghi, compost e sedimenti provenienti da esondazioni ed infine dall’erosione da aree contaminante.

L’emivita dei PCDD/F varia molto in base agli organismi e alle condizioni che incontrano, ma se penetrano nel terreno, essi vengono adsorbiti dal carbonio organico del suolo, causando una degradazione molto lenta. Per questo motivo il suolo rappresenta una buona matrice accumulatrice.

Ripartizione Aria-Acqua

Nell’ambiente acquatico le sostanze inquinanti arrivano mediante la deposizione atmosferica, l’immissione di reflui industriali e dal dilavamento di suoli contaminati. I PCDD/F sono molecole poco idrosolubili ma utilizzano l’acqua come mezzo di diffusione perché vengono adsorbiti dalle particelle minerali ed organiche in

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29 sospensione. Inoltre, una volta in acqua possono volatilizzare rientrando così nell’atmosfera, bioaccumularsi negli organismi o venire adsorbiti dai sedimenti. Si può affermare che queste sostanze si ripartiscono quasi esclusivamente nell’acqua perché presentano valori delle costanti di Henry, la quale esprime la tendenza di una sostanza a passare da una sua soluzione acquosa all’atmosfera, che sono molto basse in tutti i casi, nonostante la bassa solubilità mostrata dalle diossine e dai furani. Sono proprio i valori delle solubilità estremamente bassi, 0,42 mg/m3 per 2,3,7,8-TCDF fino a 0,000074 mg/m3 per l’OCDD (corrispondenti a 4,2 • 10-4 mg/L e 7,4 • 10-8 mg/L rispettivamente) ci fanno tuttavia pensare che una volta immesse in una matrice acquosa, il “cammino” di queste sostanze non è ancora terminato.

Ripartizione Suolo-Aria-Mondo Vegetale

Il mondo vegetale viene inquinato da tali sostanze con sostanzialmente tre meccanismi. Il primo meccanismo è l’assorbimento radicale, via di contaminazione poco rilevante per le piante perché una volta che l’inquinante è presente nel terreno, questo viene adsorbito dal carbonio organico del suolo.

Il secondo è l’assorbimento in fase vapore, in cui PCDD/F evaporando dal suolo, formano uno strato con alte concentrazioni vicino alla superficie del terreno, determinando un assorbimento da parte della vegetazione bassa; questa è la via di contaminazione più significativa per le piante.

Il terzo infine è la deposizione atmosferica, contaminazione che dipende dalla ripartizione gas/particolato di PCDD/F in atmosfera. Una volta che le diossine si depositano sulle superficie delle foglie, vengono assorbite dalla cuticola cerose e lì vi rimangono perché non esistono meccanismi di trasporto, per portare tali sostanze dentro i tessuti vegetali.

È stato visto che gli HpCDD/F e gli OCDD/F contaminano suolo e vegetazione attraverso meccanismi di deposizione secca e umida del particolato, invece tutti gli altri congeneri di PCDD/F utilizzano i meccanismi di deposizione secca della fase vapore.

Ripartizione Suolo-Biota Terrestre e Bioaccumulazione

Le diossine ed i furani immessi direttamente sul suolo (abbandono di rifiuti contaminati e discariche abusive) o per ricaduta da fumi contaminati (emissioni industriali contaminate, incendi boschivi, combustione di sterpaglie, attività agricole, etc…) possono venire in contatto con molte specie animali, con particolare riferimento agli erbivori, i quali nutrendosi di erba ed altri vegetali contaminati, introducono nel proprio organismo queste pericolose sostanze. Dai valori di log Kow (coefficiente di ripartizione tra n-ottanolo e acqua), che sono piuttosto elevati, si deduce che le PCDD ed i PCDF sono sostanze poco polari e, in definitiva, sono molto più solubili nei lipidi che non in acqua (il n-ottanolo simula la matrice lipidica). Questa proprietà chimico-fisica delle diossine, unita alla loro elevata inerzia chimica, come già descritto in precedenza e ampiamente dimostrato dai valori di emivita, ci spiega perché tali sostanze si accumulano nel grasso degli animali erbivori (bioaccumulazione). Questo è il principale anello di congiunzione tra i contaminanti diossina, furano, PCB, etc…, dispersi nell’ambiente, e la catena alimentare che, nel caso di animali da allevamento, riconduce all’uomo quale “erede” finale delle sostanze tossiche accumulate dagli organismi precedenti. Si verifica così un aumento esponenziale della concentrazione dei

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30 microinquinanti prevalentemente nella materia grassa degli organismi che si susseguono nella catena alimentare: questo processo viene detto “biomagnificazione”.

Ripartizione Sedimento-Biota Acquatico e Bioaccumulazione

Anche nel caso di sedimenti contaminati può avere inizio una catena alimentare caratterizzata da bioaccumulazione, in cui l’anello di congiunzione è costituito dalla presenza di batteri nel sedimento. A contatto con il sedimento contenente le molecole inquinanti questi piccoli organismi inglobano PCDD e PCDF. Nel nutrirsi dei batteri, i ciliati assorbono anche i microinquinanti che si concentrano nella loro parte grassa. In questo caso il processo di biomagnificazione procede attraverso i macroinvertebrati fino ad arrivare ai pesci, o agli uccelli predatori, e da questi, all’uomo.

1.2.7 Effetti Sulla Salute

La tossicità di una sostanza è valutabile attraverso i suoi effetti sulla salute dell’organismo con cui è venuta a contatto, tenendo conto della quantità somministrata per unità di peso dell’organismo stesso.

L’uomo può venire in contatto con i PCDD/F attraverso tre vie: - Accidentale: a causa di incidenti;

- Occupazionale: riguardano le persone professionalmente esposte, ad esempio nel settore della produzione pesticidi e altri prodotti chimici;

- Ambientale: attraverso il cibo contaminato, inalazioni e ingestione di polveri o terra e dal contatto con la pelle.

Per l’uomo il 95 % dell’esposizione ai PCDD/F, si trova nell’alimentazione. I cibi con una maggiore componente grassa (come carni, alcune specie di pesce, formaggi ed altri prodotti caseari), ma in particolare nel grasso di origine animale, vi sono i livelli più elevati di diossine. Ciò è conseguenza della natura lipofilica dei PCDD/F e la loro bassa solubilità in acqua, portando così al fenomeno del bioaccumulo, cioè nei tessuti degli organismi, attraverso varie vie di assorbimento, si accumulano in maniera irreversibile le sostanze tossiche.

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31 Il bioaccumulo è utilizzato come parametro per la determinazione degli effetti tossici dei PCDD/F, perché può essere quantificato realmente il livello di inquinante attraverso il fattore di bioaccumulo (BAF), definito come il rapporto tra la concentrazione della sostanza chimica nell'organismo e la concentrazione nell'ambiente esterno. Il bioaccumulo avviene attraverso due meccanismi:

- Bioconcentrazione: l'assorbimento diretto dall’ambiente, attraverso superfici respiratorie e/o pelle, di una sostanza dal mezzo circostante (di solito acqua) produce livelli di concentrazione più alti della sostanza nei tessuti dell'organismo rispetto all'ambiente stesso.

- Biomagnificazione: le sostanze chimiche si accumulano nella catena alimentare passando da concentrazioni più basse nella specie preda a più alte nella specie predatrice.

Se nell’ambiente sono presenti elevanti livelli di fattori di bioaccumulo ciò porta al fenomeno dell’”amplificazione” delle concentrazioni, cioè la quantità di contaminante diventa potenzialmente un pericolo.

La causa principale di ingresso nella catena alimentare sembra essere la deposizione atmosferica, soprattutto la deposizione in fase vapore sulle foglie, le quali successivamente vengono ingerite dagli animali, avviando così il processo di biomagnificazione. Per la catena alimentare in ambiente acquatico invece prevale l’immissione delle acque reflue e la deposizione del particolato.

In campo alimentare, basandosi sull’esistenza di una dose soglia per gli effetti cancerogeni, la World Health Organization ha fissato la dose giornaliera tollerabile (TDI, Tolerable Daily Intake) a valori compresi tra 1-4 pg WHO-TEQ/kg peso corporeo, con l’obiettivo di ridurre la dose giornaliera a livelli intorno a 1 pg WHO-TEQ/kg peso corporeo/giorno. La formulazione delle soglie TDI si basano sul "Lowest observable effect level" (LOAEL), livello di esposizione al di sotto del quale non si sono riscontrati effetti negativi sugli animali da laboratorio. Normalmente il LOAEL viene estrapolato nell’uomo riducendolo di due ordini grandezze (1/100).

Inoltre, si è ritenuto opportuno esprimere la dose tollerabile anche su base settimanale (TWI, Tolerable Weekly Intake), posto uguale a 7 pg WHO-TEQ/kg peso corporeo/settimana. L’EPA ha utilizzato invece un differente approccio per l’analisi di rischio per l’esposizione alle diossine, basato su stime probabilistiche non legate ad un effetto soglia per l’insorgenza di effetti cancerogeni. Su queste basi il valore giornaliero accettabile (ADI, Acceptable Daily Intake) risulta essere di 0,006 pg I-TEQ/kg peso corporeo/giorno.

Si possono distinguere avvelenamenti con effetti a lungo termine da quelli acuti. Gli avvelenamenti cronici di PCDD/F, con effetti a lungo termine, possono provocare:

• Tumori, in particolare al fegato, al seno, allo stomaco e linfomi • Patologie endocrino-metaboliche (es. diabete)

• Patologie riproduttive (es. endometriosi, riduzione dei livelli di testosterone e del numero di spermatozoi)

• Malattie alla tiroide

• Effetti sullo sviluppo del sistema nervoso • Alterazione della funzione immunitaria

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32 • I PCDD/F andandosi ad accumulare nei tessuti adiposi e nel latte materno causa danni durante lo sviluppo del feto e nei primi anni del bambino con effetti sullo sviluppo del sistema nervoso, del sistema immunitario, sull’equilibrio ormonale della tiroide e sulla neurobiologia del comportamento.

Le diossine rientrano all’interno del gruppo degli “interferenti endocrini”, sostanze in grado di alterare il sistema endocrino, influenzando negativamente diverse funzioni vitali quali lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e il comportamento sia nell’uomo che nelle specie animali. Gli interferenti endocrini possono agire a diversi livelli:

- simulando l'azione degli ormoni prodotti dal sistema endocrino e inducendo quindi reazioni biochimiche anomale;

- bloccando i recettori delle cellule che riconoscono gli ormoni (recettori ormonali) e impedendo la normale azione degli ormoni prodotti dal sistema endocrino; - interferendo sulla sintesi, sul trasporto, sul metabolismo e sull'escrezione degli

ormoni naturali, alterandone così la concentrazione.

Gli avvelenamenti acuti di PCDD/F, con effetti a breve termine, possono provocare: - la cloracne o acne clorica: eruzione cutanea provocata dalla reazione

dell'organismo a certi idrocarburi aromatici alogenati, come le diossine clorurate. Si manifesta in qualunque parte del corpo e a qualsiasi età in seguito all'esposizione massiccia al tossico sia per ingestione di alimenti sia per inalazione o per contatto. L’acne in questione si caratterizzata da comedoni, pustole e cisti inclusive, si presenta di solito sul viso e più raramente in altre parti del corpo. Il periodo di latenza tra l’esposizione e la comparsa della malattia varia da alcune settimane a diversi mesi. La malattia ha un decorso benigno ma, per una completa guarigione, possono trascorrere anche parecchi anni, in alcuni casi possono permanere le cicatrici.

- Debilitazione - Nausea

- Irritazione oculari e delle vie respiratori - Disturbi metabolici

In particolare, la TCDD si trova al quarto posto tra le sostanze più tossiche che si conoscano. I valori riportati in tabella sono solo indicativi: si riferiscono a quantità delle sostanze indicate introdotte in diverse specie animali e diverse vie di somministrazione.

SOSTANZA Peso Molecolare Dose minima letale DL50

(moli/Kg peso corporeo)

Dose minima letale DL50

(mg/Kg peso corporeo) Tossina botulinica 900000 3,3 • 10-17 0,0000000297

Tossina del tetano 100000 1,0 • 10-15 0,0000001

Tossina della difterite 72000 4,2 • 10-12 0,0003024

2,3,7,8-TCDD 322 3,1 • 10-9 0,0009982 Saxitossina 372 2,4 • 10-8 0,008928 Tetrodotossina 319 2,5 • 10-8 0,007975 Bufotossina 757 5,2 • 10-7 0,39364 Curaro 696 7,2 • 10-7 0,50112 Stricnina 334 1,5 • 10-6 0,501 Muscarina 210 5,2 • 10-6 1,092 Cianuro di sodio 49 2,0 • 10-4 9,8

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