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Ricerca di marketing sulla diffusione delle Private Label nella categoria dei prodotti biologici

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E

MANAGEMENT

Corso di Laurea in Marketing e Ricerche di

Mercato

Tesi di Laurea Magistrale

R

ICERCA DI MARKETING SULLA

DIFFUSIONE DELLE

P

RIVATE

L

ABEL

NELLA CATEGORIA DEI PRODOTTI

BIOLOGICI

Relatore:

Prof. Alessandro Gandolfo

Candidata:

Sofia Bartolini

(2)

INTRODUZIONE

... 1

1. LE MARCHE COMMERCIALI

... 4

1.1 La marca ... 5

1.2 Le marche commerciali ... 6

1.2.1 Le marche commerciali in Italia ... 7

1.2.2 Le tipologie di marche commerciali ... 8

2. IL BIOLOGICO E LE INSEGNE

... 10

2.1 Il biologico ... 11

2.1.1 I trend del biologico ... 12

2.1.2 L’agricoltura e l’allevamento biologici nella Commissione Europea ... 14

2.1.2.1 I criteri della Commissione Europea ... 16

2.1.2.2 I dati della Commissione Europea e gli sviluppi futuri ... 18

2.2. Le quattro insegne ... 19

2.2.1 Conad ... 20

2.2.1.1 Verso Natura Bio ... 21

2.2.2 Coop ... 22

2.2.2.1 Linea Vivi Verde ... 23

2.2.3 PamPanorama ... 24

2.2.3.1 Bio PamPanorama ... 25

2.2.4 Carrefour ... 25

2.2.4.1 Carrefour Bio ... 26

2.2.5 L’assortimento all’interno dei punti di vendita analizzati ... 26

3. LA RICERCA DI MARKETING

... 31

3.1 Le ricerche di marketing ... 32

3.1.1 Le fasi del processo di marketing ... 32

3.1.2 Gli strumenti di raccolta dei dati ... 33

3.1.3 I metodi per la raccolta dei dati ... 33

3.2 Obiettivi della ricerca oggetto della trattazione ... 33

3.3 Il focus group ... 34

3.3.1 Analisi dei risultati del focus group ... 37

(3)

ALLEGATO 1

... 67

ALLEGATO 2

... 70

ALLEGATO 3

... 85

(4)
(5)

Introduzione

Questa tesi nasce dal profondo interesse verso tutto ciò che riguarda il tema del rispetto dell’ambiente, degli animali ed anche della salute di ogni persona, del diritto di ognuno di noi a mangiare salutare. Infatti, con l’avanzare del tempo e della tecnologia è aumentato anche l’uso di prodotti che accrescono il rendimento delle colture e degli animali, sostanze che si ripercuotono poi sul nostro organismo.

Si parlerà quindi di prodotti biologici, dove per produzione biologica si intende un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. Se tutto ciò venisse rispettato nel suo completo, potremmo sicuramente mangiare degli alimenti che ci forniscono tutti i loro nutrienti migliori e ottenere da essi solo ciò che ci fa bene, escludendo sostanze chimiche nocive.

Ma il tema di questa trattazione non è soltanto quello del biologico. Nel seguito della tesi si parlerà anche di marche commerciali, di cosa rappresentano per l’acquirente, cosa ne pensa e quanto ne acquista; si indagherà poi nel dettaglio sulla concezione che i compratori hanno dei prodotti biologici own brand, cioè di quei prodotti che vengono distribuiti in esclusiva da una insegna della Grande Distribuzione Organizzata. Ovviamente quando l’acquirente pensa ad un prodotto private label penserà solo a quelli che presentano sulla confezione il logo e il nome del supermercato, poiché solo in questo caso potrà distinguerli da quelli di marca nota o industriale.

Tutto ciò è stato indagato grazie ad una ricerca di marketing, che ha visto l’utilizzo di un focus group e di un questionario. Questi due strumenti, il primo qualitativo e l’altro quantitativo, hanno rappresentato il cuore di questa trattazione, dato che solo attraverso di essi si è potuto capire il comportamento di acquisto e la concezione del biologico e dei prodotti a marchio di coloro che li acquistano e anche di coloro che non lo fanno.

(6)

Questa relazione si compone quindi di tre capitoli. Nel primo si danno alcune informazioni riguardo alla marca e in particolare alla marca commerciale, quindi una sua definizione, i motivi della sua nascita, la sua evoluzione e le varie tipologie.

Nel secondo capitolo si parlerà di cosa significhi biologico e in cosa consiste; si vedrà anche quale è la normativa attuale stabilita dalla Commissione Europea, quindi una normativa che vale in tutta Europa ma che regola anche le importazioni dai paesi extraeuropei verso il nostro continente. Si parlerà inoltre di quali sono i trend di questo fenomeno biologico, la sua crescita in termini di vendite e anche di ettari coltivati. Oltre a ciò, si descriveranno le quattro insegne prese in considerazione (Conad, Coop, Carrefour, Pam) per svolgere la tesi, in particolare per esaminare il tipo di assortimento e di prezzi.

Nel terzo capitolo si leggeranno i risultati della ricerca di marketing, quei risultati ottenuti attraverso l’elaborazione del focus group, effettuato il 4 Giugno 2016, e del questionario.

Un piccolo aiuto mi è arrivato dalla mia esperienza di tirocinio in Conad del Tirreno, durante la quale ho potuto apprendere alcune metodologie di lavoro che si ripercuotono poi sul consumatore, cioè sui prezzi che potrà trovare nel supermercato e sul layout dei prodotti a cui è sottoposto.

(7)

CAPITOLO 1

(8)

1.1 La marca

Per marca si intende “un nome, un termine, un segno, un simbolo, un design o una combinazione di questi elementi che identifica i beni o i servizi di un venditore o un gruppo di venditori e li differenzia da quelli dei concorrenti”1

.

Si può quindi affermare che una marca è assimilabile a un prodotto o un servizio, le cui caratteristiche si differenziano da altri prodotti o servizi progettati per soddisfare lo stesso bisogno. Queste differenze posso essere funzionali, razionali o tangibili, cioè correlate alle prestazioni della marca, oppure possono essere più simboliche, emotive o intangibili, correlate a ciò che la marca rappresenta in senso astratto.

Le imprese, contrassegnando i propri prodotti, forniscono agli acquirenti uno strumento utile per riconoscere e specificare ciò che desiderano riacquistare o consigliare ad altri.

L’uso della marca da parte delle aziende si è esteso enormemente nel corso del tempo, soprattutto nell’ultimo secolo divenendo un elemento centrale nella politica strategica delle imprese. Tutto questo ha portato alla nascita di una vera e propria “attività di creazione di marche” chiamata branding e finalizzata alla ricerca e al mantenimento di quei valori rilevanti per i consumatori e che distinguono in maniera significativa la marca di un’azienda da quella di un’altra.

I primi segni dell’attività di branding si possono far risalire ai requisiti imposti dalle corporazioni medievali europee ai commercianti, i quali apponevano dei marchi sui loro prodotti per proteggere se stessi e i loro clienti dalle offerte di dubbia qualità o comunque inferiore rispetto agli standard della corporazione. La firma però la si vede ancora prima nel mondo dell’arte, in quanto gli artisti erano soliti firmare le proprie opere.

Al giorno d’oggi, le marche sono divenute essenziali nel mondo del business per migliorare la vita del consumatore e consentire alle imprese di accrescere e capitalizzare il loro valore.2

1

American Marketing Association

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1.2 Le marche commerciali

Le marche commerciali si riferiscono a beni fabbricati da un’impresa manifatturiera per conto di un’impresa commerciale, che può richiedere anche adattamenti di versioni di prodotti presenti nell’assortimento del produttore. Sono venduti in esclusiva da un’unica insegna attraverso la propria rete di punti vendita; il sostegno in termini promozionali e di comunicazione è assicurato esclusivamente dal distributore e i prezzi di questi articoli sono molto più bassi rispetto a quelli dei prodotti equivalenti di marca industriale.

Per indicare le marche non industriali vengono utilizzati diversi nomi: private label, own brand, marche del distributore, marche private, prodotti a marchio.

I primi esempi di private label risalgono ad alcune iniziative avvenute negli anni ’20 negli Stati Uniti, dove si assistette all’avvio di un processo di modernizzazione dei mercati commerciali ed industriali. Molte aziende decisero di adottare una strategia di integrazione verticale della filiera, dalla produzione alla commercializzazione nei punti vendita, perché consentiva di ridurre i livelli delle scorte garantendo economie di scala vantaggiose i cui benefici venivano trasferiti sui prezzi di vendita. Inoltre, il controllo diretto della fase produttiva permetteva di garantire il mantenimento di elevati standard qualitativi e l’autoproduzione rappresentava uno strumento di diversificazione dell’offerta e di fidelizzazione della clientela all’insegna.

Alle fine degli anni ’90, i prodotti private label erano disponibili solo sugli scaffali delle insegne che sceglievano di competere puntando sulla convenienza e riguardavano un numero ridotto di merceologie. Oggi lo scenario è cambiato profondamente: la maggior parte dei retailer considera l’offerta di prodotti a marchio un’importante leva strategica.

Nonostante il successo raggiunto, l’introduzione di una nuova linea di articoli private label è sempre un’operazione complessa che richiede tempo e assorbe risorse, perché sono brand ancora giovani e quindi la loro affermazione richiede strategie.

I prodotti con il marchio del distributore hanno comunque raggiunto livelli di qualità analoghi a quelli delle referenze industriali, mantenendo prezzi competitivi e per questo molti consumatori hanno trasferito le loro preferenze dalle marche industriali a quelle commerciali.

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Il distributore, impegnato a svolgere i compiti connessi alla gestione delle private label, ha acquisito nuove competenze imparando innanzitutto a identificare i prodotti adatti ad essere contrassegnati da una marca commerciale, sfruttando la vicinanza ai consumatori finali di cui conosce esigenze, gusti e abitudini di consumo. 3

Le marche commerciali sono divenute parte integrante degli acquisti degli italiani, non solo per un orientamento al risparmio. Il consumatore italiano cerca infatti anche nelle private label la qualità; non si tratta dunque di una minaccia rivolta ai marchi tradizionali, quanto piuttosto un ampliamento dell’offerta nella Grande Distribuzione Organizzata. Ciò comporta un incremento del traffico sul punto di vendita e una sollecitazione del cliente alla propensione all’acquisto, nonostante la crisi. L’accrescimento della qualità aumenta anche la fidelizzazione: una conseguenza derivante anche dalle politiche di vendita delle insegne che hanno creato differenziazioni di prezzo e qualità.

1.2.1 Le marche commerciali in Italia

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 sono state introdotte le marche commerciali nel mercato italiano; questo ha significato un cambio di ruolo dei distributori, i quali hanno iniziato a controllare la marca apposta sui prodotti, prima prerogativa delle imprese industriali.

Inizialmente le private label venivano utilizzate solo sulle commodities (es. farina, zucchero, pasta), in quanto tali prodotti erano in grado di generare dei volumi di vendita elevati. Venivano inoltre trattate partite di merci di grandi dimensioni e si cercava di fare pressione sui fornitori, i quali avevano bisogno di saturare la capacità produttiva e quindi tutto ciò significava ottenere delle condizioni di acquisto più favorevoli rispetto a quelle dei corrispondenti prodotti di marca industriale e anche dei margini più alti.

Con il passare degli anni, le marche commerciali hanno aumentato il loro fatturato così come il loro tasso di crescita, che negli ultimi dieci anni è raddoppiato rispetto ai valori medi europei. I prodotti a marchio non vengono più acquistati solo per la convenienza rispetto ai prodotti industriali, ma anche per la qualità e il contenuto innovativo.

3

Gandolfo A., Sbrana R. – Contemporary retailing. Il governo dell’impresa commerciale moderna – Giappichelli – 2007, pp 481-483

(11)

Un altro importante fattore che ha contribuito al successo dei prodotti a marchio è anche la penetrazione negli assortimenti; infatti, le private label sono presenti in un vasto numero di categorie (ampiezza) e per ogni categoria ci sono molte referenze (profondità).

Un fenomeno recente è la diffusione delle private label nel campo dei prodotti biologici e delle specialità regionali, dove la marca industriale è meno presente e quindi l’insegna si presenta al pubblico come interlocutore di riferimento.

1.2.2 Le tipologie di marche commerciali

Le principali tipologie di prodotti a marchio sono:

Marche industriali in esclusiva: l’impresa industriale è proprietaria del brand e si impegna a fornire in esclusiva ad un’unica insegna i propri prodotti, i quali sono venduti con un nome, un logo o un segno identificativo riconducibile al retailer. Questa strategia viene adottata da quei distributori che decidono di non vendere solo articoli fabbricati da altri, ma di impegnarsi a gestire una marca, ritenendo però rischioso esporsi direttamente nei confronti del pubblico.

Il vantaggio è sia per il dettagliante che per il produttore. Infatti, essendo i co-packer aziende di piccole dimensioni con scarso potere contrattuale, è possibile per l’insegna ottenere delle condizioni di fornitura vantaggiose e di conseguenza dei margini più alti. Dall’altra parte, i fornitori, essendo delle aziende che commercializzano prodotti e marche follower, vedono di buon occhio avere tra i loro clienti le imprese della Grande Distribuzione in quanto così facendo riescono a collocare sul mercato una buona parte della loro produzione senza grandi sforzi commerciali;

Marche di fantasia che non identificano il distributore: i prodotti sono contrassegnati da una marca che non presenta alcun legame col distributore e non richiama né i colori istituzionali né il logo dell’insegna; dal punto di vista giuridico però, il titolare del marchio è il distributore. Infatti il retailer provvede a registrare il nome e il logo e successivamente seleziona uno o più fornitori ai quali affida il compito di confezionare gli articoli sui quali fa apporre il marchio. Il distributore può interrompere quando vuole il rapporto commerciale con il produttore, rivolgendosi quindi ad un altro co-packer che fornisce lo stesso genere di articoli: il

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consumatore non percepirà nessuna discontinuità nell’offerta. Occorre comunque stare molto attenti alla qualità del prodotto che ne risulterà, perché se il consumatore dovesse percepire una abbassamento della qualità, potrebbe decidere di non acquistare più il prodotto in oggetto; ciò non influirà sull’immagine dell’insegna, dato che è di fantasia, ma sul volume di vendita e quindi sul fatturato;

Marche di fantasia che identificano il distributore: il marchio è di fantasia, ma il retailer assicura un sostegno più attivo ai prodotti contrassegnati con questi marchi, in termini di spazio espositivo e posizionamento a scaffale. Ci sono casi in cui accanto alla marca di fantasia viene posto in secondo piano il logo dell’insegna: il distributore si espone qui in prima persona e intende comunicare al consumatore che il prodotto rispecchia i valori dell’insegna;

Marche insegna: il brand utilizzato dal retailer coincide con l’insegna commerciale. Ovviamente in questo caso il retailer deve stare molto attento ai prodotti che vende, poiché, se non rispecchiassero le aspettative del consumatore, la valutazione negativa del prodotto si sposterà anche sull’intera immagine dell’azienda. Per evitare questo, i distributori cercano di garantire una qualità di tali prodotti almeno simile a quella dei corrispondenti prodotti di marca industriale. 4

Ovviamente, in tutti questi casi, il distributore otterrà dai prodotti a marchio dei margini più alti rispetto ai prodotti di marca industriale e garantirà anche uno spazio espositivo privilegiato, prevalentemente a livello occhi. Tali prodotti private label garantiscono anche una maggiore possibilità di fidelizzazione della clientela, in quanto i giudizi positivi sul prodotto si trasferiranno inevitabilmente anche sull’insegna.

4

Gandolfo A., Sbrana R. – Contemporary retailing. Il governo dell’impresa commerciale moderna – Giappichelli – 2007, pp 484-486

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CAPITOLO 2

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2.1 Il biologico

“La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali”.5

Per spiegare più nel dettaglio in cosa consiste l’agricoltura biologica, si può affermare che è un metodo di produzione agricola:

 che esclude l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi come fertilizzanti, diserbanti, insetticidi e anticrittogamici per la concimazione dei terreni, per la lotta alle infestanti, ai parassiti animali e alle malattie delle piante;

 di tipo estensivo che, attraverso la rotazione delle colture (la monocoltura depaupera il terreno), l’utilizzo di sostanza organica, le ridotte lavorazioni, si integra nei processi naturali in modo compatibile e rispetta l’ambiente (il terreno, l’acqua, l’aria), la salute degli agricoltori e quella dei consumatori;

 pone elevata attenzione alla salvaguardia dei sistemi e dei cicli naturali, al benessere e al rispetto delle esigenze etologiche degli animali e all'equilibrio tra essi.

Agli animali viene garantita una vita conforme alle esigenze specifiche delle singole specie, avendo quindi cura del loro benessere. L’allevamento con metodo biologico rispetta le esigenze nutrizionali degli animali nei vari stadi fisiologici; l’alimentazione degli animali, a base di prodotti biologici, è finalizzata ad una produzione di qualità e non a massimizzare la resa. Nei rari casi di malattia, l’animale viene curato con prodotti fitoterapici, omeopatici e oligoelementi.

I vantaggi quindi dell'agricoltura biologica sono molti. Tra questi possiamo citare il fatto che il sistema di produzione biologico preserva la biodiversità, il suolo, le acque freatiche e l'aria; vieta ogni trattamento post raccolta (no antimuffa sugli agrumi) e rispetta il benessere animale (le galline razzolano all'aperto, non vengono aggiunti antibiotici o farmaci ai mangimi degli animali); è innovativa perché combatte i parassiti

5

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delle piante senza l'utilizzo di prodotti chimici; è sicura, perché sottoposta a continui controlli effettuati da organismi di certificazione autorizzati dal Ministero delle politiche agricole e forestali.

2.1.1 I trend del biologico

I consumatori hanno ben accolto questo metodo di coltivazione e allevamento: si è visto infatti come la crisi non rallenta la crescita del mercato dei prodotti da agricoltura biologica, ma anzi dal 2008 ad oggi, in controtendenza rispetto al resto del largo consumo, ha continuato progressivamente a crescere anno dopo anno su tutti i canali di vendita.

Nel 2014 il mercato ha espresso un fatturato complessivo di quasi 4 miliardi di euro, dei quali oltre 2,5 relativi al mercato interno (in crescita del 12% sul 2013) e 1,3 miliardi realizzati grazie all’export (+7%). Un risultato che testimonia l’aumentato interesse da parte dei consumatori nei confronti di una proposta di consumo alimentare capace di intercettare bisogni crescenti in termini soprattutto di salute e benessere, ma anche portatrice di valori socioculturali sensibili.

La produzione sta crescendo in tutti i continenti. Nel 2012 nel mondo sono stati coltivati a biologico 37,5 milioni di ettari; i Paesi con le maggiori superfici investite sono l’Australia (12 milioni ha) e l’Argentina (3,6 milioni ha), seguite da Usa e Cina. Nell’Unione Europea gli ettari coltivati sono oltre 11 milioni, per un valore complessivo di 63,8 miliardi di dollari.6

I dati ci dicono che in Italia ci sono 1.317.177 ettari di superficie biologici (oltre il 10% della superficie agricola nazionale), 52.383 operatori e 6.154 preparatori esclusivi. Il mercato italiano è il quarto (per dimensioni) dell’Unione europea, un trend positivo confermato anche nei primi 5 mesi del 2014, con un aumento a valore della domanda dei prodotti biologici confezionati nella Grande Distribuzione Organizzata del 17% rispetto allo stesso periodo 2013.

Il biologico è uno dei pochi settori che non ha risentito della crisi economica globale. Il consumatore è sempre più attento ai temi ambientali e salutistici e la crescente sensibilità dei consumatori verso la salubrità di ciò che mangiano ha quadruplicato,

6

(16)

negli ultimi 10 anni, la domanda di prodotti biologici nell’UE, contro una produzione interna appena raddoppiata. Oggi più di 7 italiani su 10 ormai acquistano almeno qualche prodotto biologico; si registra una sempre maggiore richiesta di questi prodotti, soprattutto dalle grandi catene della Grande Distribuzione, che si sta rivolgendo sempre più a questa nicchia di mercato, disposta a sostenere un costo più elevato pur di salvaguardare il benessere della persona e dell’ambiente.

Le vendite di prodotti biologici nella Grande Distribuzione sono arrivate nel 2014 a 704 milioni di euro, in crescita nel primo trimestre 2015 di oltre il 15%.

I dati dell’osservatorio SANA curato da Nomisma, dimostrano il grande successo del biologico: sono più di 13 milioni gli italiani che consumano prodotti biologici almeno una volta a settimana e il dato che più sorprende è il numero di famiglie acquirenti che ha raggiunto oltre 19 milioni. Anche i dati Nielsen dei primi cinque mesi del 2016 lo confermano: nella Grande Distribuzione le vendite di prodotti biologici crescono del 20%.

Accanto ad una crescita in volumi c’è anche una crescita culturale, tanto che chi consuma biologico sarebbe disposto a pagare il 15% in più rispetto al prodotto convenzionale. Gli italiani consumano frutta e verdure biologiche in primis perché hanno fiducia nel biologico, poi per motivazioni salutistiche e di salubrità: il prezzo passa in secondo piano.7 Monitor Ortofrutta ha chiesto agli intervistati, nell’ipotesi ideale di avere a disposizione alle stesse condizioni produzioni biologiche e non, quale sarebbe stato il loro primo acquisto: al primo posto abbiamo il limone, seguito dai mirtilli e dalle fragole, percepite dal consumatore tra i prodotti più trattati.8

La crescita dell’interesse verso i prodotti biologici fa gola e ha portato a episodi di contraffazione che hanno spinto la Commissione Europea a presentare, a fine marzo 2014, una proposta di regolamento che modificherebbe profondamente l’attuale norma comunitaria (Reg. 834/07 e successivi regolamenti attuativi).

Questo forte aumento dell’interesse dei consumatori verso i prodotti biologici ha fatto crescere nella Grande Distribuzione Organizzata un interesse alla commercializzazione di prodotti a marchio. Oggi come oggi infatti, complessivamente le private label

7

Rapporto Sana: il salone internazionale del biologico e del naturale 8

(17)

rappresentano poco meno del 70% del valore espresso dal biologico nel canale iper+super, con un trend di crescita di poco inferiore a quello del mercato biologico nel suo complesso.

Da segnalare la spinta alle vendite garantita dall’introduzione, nelle linee a marchio dell’insegna, di numerose nuove categorie di prodotto (es. piatti pronti vegani, prodotti gluten free, latti vegetali) capaci di attrarre nuove tipologie di consumatori con esigenze dietetiche specifiche. Tra le categorie biologiche più “griffate” dalla Grande Distribuzione Organizzata, oltre all’ortofrutta fresca confezionata dall’insegna, compaiono i piatti pronti surgelati, tutta la gamma dei prodotti per la prima infanzia, succhi e nettari, ortofrutta di IV e V gamma, pollame di III e IV gamma, latticini (burro, crescenza e grana in primis), pizzeria, uova e coloniali (the, zucchero e caffè in grani).

Si possono quindi analizzare alcuni punti di forza e di debolezza dei prodotti biologici. Sicuramente possiamo annoverare tra i punti di forza l’elevata qualità dei prodotti, in particolare quelli italiani, in quanto le condizioni del territorio e il clima permettono di cogliere la massima espressione qualitativa sia dal punto di vista organolettico che nutrizionale; inoltre possiamo contare anche sui severi controlli degli organismi di certificazione e sulla serietà e l’esperienza delle aziende.

D’altro canto esistono anche delle criticità: sicuramente la scarsa attenzione da parte della Pubblica Amministrazione sui problemi legati all’ambiente e di conseguenza insufficiente informazione anche sui benefici che i prodotti biologici possono apportare all’ambiente ed alla salute, oltre alla titubanza della distribuzione moderna nell’ampliare la gamma di offerta dei prodotti biologici nei propri punti di vendita. Oltre a questo però possiamo aggiungere l’insufficienza della disponibilità di materie prime italiane, oltre alla poca disponibilità di investimenti degli operatori.

2.1.2 L’agricoltura e l’allevamento biologici nella Commissione Europea

L’agricoltura e l’allevamento biologici sono regolati da una serie di direttive emanate dalla Commissione Europea. Questa stabilisce delle regole che ogni produttore deve rispettare se vuole ottenere l’apposizione sul suo prodotto del logo europeo che garantisce al consumatore la provenienza e la tipologia di agricoltura e allevamento perseguiti: quello biologico appunto.

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Anche se i coltivatori generalmente preferiscono vendere i loro prodotti il più vicino possibile, alcuni non possono essere prodotti ovunque a causa del clima o delle condizioni geografiche. Di conseguenza, come per ogni prodotto alimentare, la produzione di prodotti biologici è spesso fornita da altre regioni o paesi, che possono anche essere extraeuropei.

I tipici prodotti importati all’interno dell’Unione Europea sono:  caffè dal Brasile;

 kiwi dalla Nuova Zelanda;  riso dalla Tailandia;  banane dalla Costa Rica;  cacao dal Perù;

 ananas dall’Uganda.

L’Unione Europea regolamenta la produzione di cibo e bevande biologiche prodotte e/o confezionate all’interno dell’Unione, e i beni biologici provenienti da tutti gli altri paesi, i quali possono essere immediatamente importati, se le regole sulla produzione e il controllo degli alimenti biologici sono equivalenti a quelle dell’Unione Europea. Attualmente questi paesi sono: Argentina, Australia, Costa Rica, India, Israele, Giappone, Nuova Zelanda, Tunisia, Svizzera e USA.

Per tutti gli altri paesi, gli importatori possono avere i loro prodotti biologici certificati da enti privati indipendenti approvati dalla Commissione Europea, per l’importazione nell’Unione Europea.

Le regole introdotte dal 2007 sono più flessibili rispetto alle precedenti: i cibi biologici possono essere importati all’interno dell’Unione Europea da paesi extraeuropei solo se:

 sono certificati dall’Unione Europea;

 la loro produzione è stata monitorata dai paesi europei;  è stata emessa una licenza di importazione.

Gli enti certificanti che controllano tutto il processo produttivo, operanti in paesi al di fuori dell’Unione Europea, sono autorizzati e monitorati direttamente dalla Commissione Europea e dai paesi UE. Questo permette alla Commissione Europea di supervisionare e monitorare l’importazione di prodotti biologici e i controlli eseguiti sui prodotti biologici garantiti.

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Essenzialmente, le regolamentazioni europee danno ai consumatori la sicurezza che quando acquistano prodotti biologici, le regole siano state applicate ad ogni stadio della supply chain, a prescindere dallo stato di provenienza. I coltivatori e i commercianti di biologico, infatti, devono assolutamente attenersi alle regole dell’Unione Europea se vogliono utilizzare il logo del biologico: l’UE richiede un rigido sistema di controllo ad ogni stadio del processo produttivo di biologico, che viene effettuato almeno una volta all’anno o anche più spesso a seconda del rischio.

2.1.2.1 I criteri della Commissione Europea

Gli alimenti possono essere etichettati biologici solo se almeno il 95% dei loro ingredienti provenienti dall’agricoltura incontrano i necessari standard. Negli alimenti non biologici (quelli che hanno meno del 95% di ingredienti biologici), comunque, quegli ingredienti che rispettano i requisiti di biologico possono essere elencati e etichettati come biologici. Per assicurare la credibilità, deve essere fornito il codice identificativo dell’ente certificante.

La produzione biologica non consente l’uso di organismi geneticamente modificati e prodotti derivati. Nonostante ciò, la regolamentazione sugli alimenti geneticamente modificati stabilisce una soglia (0.9%) sotto la quale un prodotto OGM non ha bisogno di essere indicato: prodotti sotto questa soglia possono essere etichettati come biologici.

La vita del suolo è il punto di partenza per la produzione di piante biologiche. Dato che l’uso di fertilizzanti solubili è severamente vietato (in particolare fertilizzanti di azoto minerale) è molto importante spingere verso fertilizzanti naturali attraverso l'attività di organismi del suolo, come batteri o funghi che possono trasferire nutrienti alle piante.

I produttori di alimenti biologici usano quindi la rotazione delle colture e utilizzano il letame del bestiame o altri materiali organici per incrementare la fertilità e l’attività biologica del suolo.

Per prevenire lo sviluppo di parassiti e altre minacce, ai produttori non è permesso di utilizzare pesticidi sintetici: questo è uno dei motivi per cui i produttori si indirizzano verso specie più resistenti. La rotazione delle colture è, anche in questo caso, una

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tecnica di coltivazione appropriata, che gioca un ruolo importante nella protezione delle piante contro gli insetti e gli altri rischi.

La coltivazione di piante selvatiche, che crescono naturalmente in aree naturali, foreste e zone agricole è considerato un metodo di produzione di biologico, purché queste aree non abbiano ricevuto, per un periodo di almeno tre anni prima della coltivazione, trattamenti con prodotti oltre a quelli autorizzati per la produzione di biologico. Inoltre, la raccolta non deve intaccare la stabilità dell’habitat naturale o il mantenimento delle specie delle aree di coltivazione.

Per quanto concerne la regolamentazione del bestiame, è possibile elencare una serie di regole che ogni allevatore di biologico deve rispettare:

 La carne biologica deve provenire da animali nati e cresciuti in fattorie biologiche;

 Il personale che si prende cura degli animali deve possedere le necessarie conoscenze di base e abilità riguardanti la salute e il benessere di cui hanno bisogno gli animali;

 Particolare attenzione deve essere data alle condizioni del posto in cui vivono gli animali e alle pratiche di allevamento, per assicurare che i bisogni fisiologici degli animali vengano rispettati;

 Il numero degli animali facenti parte del bestiame deve essere limitato per evitare di sfruttare eccessivamente l’animale, l’erosione e l’inquinamento causato dagli animali stessi o dal loro letame;

 Per evitare l’inquinamento dell’ambiente, in particolare delle risorse naturali come il suolo e l’acqua, l’allevamento di bestiame biologico in linea di principio dovrebbe mantenere una relazione stretta tra l’allevamento e la terra;

 Gli allevatori possono anche sviluppare un appropriato sistema di rotazione, per cui gli animali non gravino per anni sullo stesso suolo;

 Gli animali destinati ad un allevamento biologico devono essere tenuti separati dagli altri animali. Comunque, il pascolo di animali biologici su terre non biologiche e il pascolo di animali non biologici su terre biologiche è permesso solo sotto certe condizioni;

 Legare o isolare il bestiame è proibito, tranne che per singoli animali per un periodo limitato e per giustificazione di salute;

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 La durata del trasporto degli animali deve essere limitata per garantire il benessere dell’animale;

 Gli ormoni o sostanze simili sono assolutamente vietati, se non come forma di terapia veterinaria per il singolo animale;

 Il nutrimento per gli animali deve provenire dallo stesso terreno dove vivono o da altre fattorie della stessa zona. Gli allevatori devono nutrire i propri animali con cibo biologico, se vogliono ottenere la certificazione di biologico sulle carni provenienti dai loro animali;

 Gli allevatori possono prevenire le malattie del loro bestiame selezionando gli animali; mantenendo però un giusto habitat e ideali condizioni igieniche è possibile evitare le malattie. Quando nonostante ciò accade che l’animale si ammala, le medicine chimiche come gli antibiotici possono essere usate dove necessario e comunque sotto strette condizioni. Questo è permesso solo quando prodotti fitoterapici o omeopatici non sono appropriati.

Anche il logo e le regole di etichettatura sono una parte importante della regolamentazione biologica. Le regole di etichettatura facilitano il controllo delle autorità e chiariscono anche gli obblighi degli operatori coinvolti, e il logo è protetto dall’uso improprio da parte di produttori di alimenti non biologici di tutta l’Unione Europea: questo aumenta la competizione del mercato e ovviamente anche la protezione del consumatore.

L’uso del logo e il corretto utilizzo dell’etichettatura è obbligatorio per tutti i prodotti biologici confezionati prodotti all’interno dell’Unione Europea. Grazie a questo identificativo, i consumatori vengono informati riguardo al luogo dove le materie prime utilizzate per produrre l’alimento sono state coltivate/allevate. In certi casi, è anche possibile usarlo su base volontaria e ciò significa che gli alimenti biologici non confezionati prodotti all’interno dell’Unione Europea o importati da altri paesi potrebbero apporre il logo. Oltre a questo identificativo è possibile apporre anche un codice numerico che indica l’autorità certificante.

2.1.2.2 I dati della Commissione Europea e gli sviluppi futuri

Dai dati elaborati dalla Commissione Europea si evince che il settore del biologico nell’Unione Europea si è sviluppato molto rapidamente durante gli anni. Secondo i dati

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Eurostat, i 28 paesi membri dell’UE nel 2011 avevano un’area totale di coltivazione biologica pari a 9,6 milioni di ettari, mentre nel 2002 erano 5,7 milioni. Nonostante questo sia un grande incremento, l’area totale destinata al biologico rappresenta solo il 5,4% dell’area totale europea destinata all’agricoltura.

L’area biologica è coltivata da più di 186.000 contadini in tutta Europa e la maggior parte delle terre coltivate a biologico (78%) e delle fattorie biologiche (83%) sono situate negli stati membri dell’Unione Europea che sono entrati a far parte della UE prima del 2000, i quali hanno una legislazione improntata all’incentivazione di questo settore. I paesi facenti parte dell’Unione Europea, dal 2004 hanno espanso velocemente il settore del biologico: hanno registrato una crescita annuale del 13% dal 2002 al 2011.

Tutti gli stati membri della CAP (Common Agriculture Policy), tutte le aree rurali e tutti i produttori prenderanno provvedimenti per promuovere la sostenibilità e combattere il cambiamento climatico: tra il 2014 e il 2020 più di 100 miliardi di euro saranno investiti nelle aree rurali dell’Unione Europea per aiutare la produzione ad andare incontro ai cambiamenti climatici del suolo, dell’acqua e della biodiversità.

Il 30% dei finanziamenti ai coltivatori/allevatori sarà collegato alle tre pratiche di coltivazione/allevamento che vanno incontro alle esigenze ambientali: la diversificazione delle colture, il mantenimento permanente del pascolo e la conservazione inizialmente del 5%, e successivamente del 7%, di aree di interesse ecologico a partire dal 2018, o misure che abbiano benefici ambientali equivalenti. Inoltre, almeno il 30% del budget per i programmi di sviluppo rurale dovrà essere destinato a misure per lo sviluppo dell’agricoltura, al supporto dei produttori di alimenti biologici o progetti simili associati con investimenti “environmentally friendly”.9

2.2. Le quattro insegne

In questa trattazione si sono prese come riferimento per l’analisi dell’assortimento e dei prezzi dei prodotti quattro insegne della Grande Distribuzione Organizzata, supermercati che hanno al loro interno una buona varietà di alimenti biologici. Queste quattro insegne sono Conad, Coop, PamPanorama e Carrefour, le quali verranno descritte nei paragrafi successivi, elencando anche le tipologie di prodotti a marchio al loro interno.

9

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2.2.1 Conad

Per rete commerciale, giro d'affari e quota di mercato, Conad è la più grande organizzazione cooperativa italiana di imprenditori indipendenti. La sua struttura è articolata su tre livelli:

Soci imprenditori: titolari degli esercizi commerciali, uniti nel progetto di promuovere la cultura imprenditoriale e i valori cooperativi, mettere al centro le persone, la solidarietà, l'attenzione alle specificità locali, l'innovazione; negli anni, hanno creato le prime Cooperative comunali, poi quelle interregionali, in seguito il Consorzio nazionale;

Cooperative, centri di acquisto e distribuzione: sono gli otto grandi gruppi cooperativi Nordiconad, Conad Centro Nord, Commercianti Indipendenti Associati, Conad del Tirreno, Pac2000A, Conad Adriatico, Sicilconad Mercurio e Conad Sicilia;

Il Consorzio Nazionale: centro di servizi, marketing e comunicazione per tutto il sistema.

Il rispetto dell’ambiente è per Conad una componente essenziale del legame con il territorio, valore fondamentale per il Consorzio e le Cooperative associate. L’assunzione di responsabilità nei confronti dell’ambiente è dettata dalla consapevolezza e dalla necessità di preservare la qualità e la quantità delle risorse naturali a disposizione per contribuire, insieme, ad un ambiente migliore e una migliore qualità della vita.

L’impegno di Conad è cresciuto nel tempo. Il claim “Insieme per l’ambiente” contraddistingue tutte le attività messe in atto per ridurre l’impatto ambientale: dagli edifici a basso impatto ai centri di distribuzione che utilizzano energie rinnovabili; dai punti vendita a ridotto consumo energetico ai materiali di consumo che utilizzano materie prime ecocompatibili; dalla logistica integrata alla scelta di sviluppare prodotti sfusi e privi di imballo; dallo smaltimento differenziato dei rifiuti alle campagne di sensibilizzazione verso i consumatori.

Per venire incontro alle esigenze ed alla coscienza ambientale dei propri clienti, Conad mette a disposizione diverse soluzioni per trasportare i beni acquistati: buste biodegradabili in mater-bi (materiale composto da componenti vegetali), sacchetti di

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carta per la panetteria e fogli di carta per il confezionamento di salumi e carne tutti certificati FSC o PEFC, shopper riutilizzabili in plastica riciclata al 60% (polipropilene), borse in cotone naturale ed infine i comodi trolley spesa in plastica riciclata al 60%.

Le linee di prodotti a marca commerciale che Conad tiene nel suo assortimento sono:  Verso Natura Bio;

Conad Kids: è una linea di prodotti pensati e selezionati per i bambini, per offrire loro l’energia e i nutrienti di cui hanno bisogno;

Sapori e Dintorni Conad: prodotti fatti con materie prime locali e con metodi tradizionali di trasformazione e preparazione;

Conad AC (Alimentium Conad): è il marchio pensato per chi ha esigenze nutrizionali specifiche. La linea Cuore comprende prodotti pensati per aiutare il consumatore a controllare il livello di colesterolo nel sangue; la linea Regolarità è dedicata a chi vuole migliorare la regolarità intestinale e ridurre la sensazione di gonfiore addominale; la linea Difesa è dedicata a chi vuole rafforzare le proprie difese naturali e quindi contrastare i radicali liberi o a rafforzare il sistema immunitario; la linea Alta Digeribilità è dedicata a tutte le persone intolleranti al lattosio; la linea Senza Glutine, dedicata a tutte le persone intolleranti al glutine; Conad Piacersi: una gamma di prodotti con meno grassi, meno calorie, senza

zuccheri aggiunti e ricchi di fibre;

Conad percorso qualità: prodotti che hanno superato vari controlli della fase della filiera;

Naturaline: prodotti a base di componenti vegetali purissimi, molti delle quali provenienti da agricoltura biologica controllata, e oli essenziali naturali. Tutti i prodotti, inoltre, sono dermatologicamente testati e privi di coloranti e profumi sintetici, senza siliconi o componenti a base di oli minerali.

2.2.1.1 Verso Natura Bio

Conad ha sviluppato una linea di prodotti biologici ideali per tutti coloro che desiderano seguire un'alimentazione sana e naturale, a tutela del proprio benessere e di quello dell’ambiente, senza rinunciare al piacere del gusto.

Alcuni prodotti della linea Verso Natura Bio possiedono la certificazione indipendente Fairtrade; questo assicura che siano stati coltivati e commercializzati nel rispetto dei

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diritti di produttori e lavoratori del Sud del Mondo garantendo ad essi un prezzo equo e stabile (Fairtrade Minimum Price) e un margine aggiuntivo da investire in progetti di sviluppo per le comunità (Fairtrade Premium).

La linea Verso Natura Bio comprende molti prodotti suddivisi in tali categorie:  Latte, latticini e uova;

 Bevande e preparati;

 Dolci e ingredienti per dolci;  Biscotti, cereali e snak dolci;  Condimenti e salse;

 Pasta e riso;  Snack e panetteria;  Conserve e sughi.

2.2.2 Coop

L'Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori - Coop (ANCC-COOP), è stata costituita nel 1955. Questo anno rappresenta il momento unitario della cooperazione di consumatori: nei suoi organi dirigenti vengono determinati i grandi indirizzi comuni di politica economica, sociale, di solidarietà, e coordinata la realizzazione sul territorio.

L'Associazione nazionale ha dunque la rappresentanza nazionale del Movimento. In essa si esprime l'identità cooperativa e sono in particolare decise:

 le scelte strategiche e programmatiche;

 le politiche di tutela dei consumatori e dell'ambiente;  i programmi di solidarietà verso chi più ha bisogno.

Coop Italia – Consorzio Nazionale Non Alimentari (C.N.N.A.) è il Consorzio Nazionale che svolge la funzione di centrale logistica nazionale (acquisizione, smistamento e distribuzione) nel settore non alimentari per il sistema Coop. Il consorzio svolge la sua attività per i canali di vendita ipermercati e supermercati, con l'obiettivo di fornire un adeguato servizio alle Cooperative associate e ai soci e consumatori Coop, contribuendo a garantire la qualità, la convenienza, e il rispetto dell'ambiente. Il consorzio nazionale svolge la propria attività al servizio dei 100 ipermercati e circa 600 supermercati della rete di vendita Coop.

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Coop ha nel suo assortimento le seguenti linee a marchio:  Vivi verde;

Crescendo: una linea di prodotti pensata per i bambini fino ai 3 anni. Comprende sia prodotti food che extralimentari;

Club 4-10: una linea di prodotti adatta ad una dieta bilanciata per bambini; infatti ogni ricetta è studiata per contenere l'apporto calorico e ridurre la presenza di grassi, zucchero e sale. Questi prodotti sono pensati e studiati con il contributo e la supervisione di un comitato scientifico costituito da ECOG (European Childhood Obesity Group, organismo europeo nel campo dell'obesità infantile) e SIO (Società Italiana dell'Obesità), che insieme a Coop ha elaborato le Linee Guida Coop per una corretta alimentazione dell'infanzia;

Fior Fiore: una selezione di prodotti fatti con materie prime e lavorazioni di alta qualità;

Solidal: intende offrire opportunità di sviluppo autonomo ai produttori in condizioni di svantaggio. Attraverso la certificazione Fairtrade, vengono garantiti ai produttori prezzi stabili, prefinanziamenti agevolati e contratti di acquisto di lunga durata;

Bene.sì: propone due categorie di prodotto: i prodotti contraddistinti dal colore viola sono quelli "funzionali", ovvero arricchiti con ingredienti in grado di svolgere un'azione benefica specifica, come i betaglucani che contribuiscono al mantenimento dei livelli normali di colesterolo nel sangue; i prodotti che si distinguono per i colori verde-azzurro e giallo ocra sono quelli "free from", ovvero senza quegli ingredienti che si eliminano per necessità o semplicemente per variare la dieta (come il glutine, il lievito o il lattosio).

2.2.2.1 Linea Vivi Verde

I prodotti della linea vivi verde sono progettati e realizzati tenendo conto del loro impatto ambientale. I prodotti alimentari provengono interamente da agricoltura biologica e i prodotti non alimentari sono ecologici perché sono certificati ecolabel o concepiti per la massima sostenibilità ambientale.

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La linea Vivi Verde è presente in molte categorie merceologiche, tra le quali ricordiamo:

 Prodotti alimentari;

 Prodotti per vegetariani e vegani;  Prodotti non alimentari;

 Linea cosmetica;

 Prodotti per l’igiene della persona;  Linea solari.

2.2.3 PamPanorama

Il Gruppo PAM nasce nel 1958 con l'apertura del primo supermercato PAM a Padova, ed è cresciuto negli anni con lo sviluppo di nuovi formati: gli ipermercati Panorama, i discount In's, i negozi Pam Local, la rete franchising e i ristoranti Brek. Pam, azienda italiana della Grande Distribuzione, è presente sul territorio nazionale con 109 supermercati a gestione diretta dove, grazie alla professionalità di oltre 4.000 professionisti del risparmio, offre quotidianamente ai clienti il massimo del servizio, della qualità e del risparmio.

Fin dalla nascita del primo negozio nel 1958, sono 5 le promesse che ogni giorno il Gruppo si impegna a garantire ai propri clienti:

 prezzi sempre competitivi;

 un assortimento in grado di rispondere alle esigenze dei Clienti;

 prodotti freschi di qualità;

 un’esperienza di spesa facile e veloce;

 personale cortese e di aiuto.

Il nome dell’insegna, acronimo di “Più A Meno”, evoca infatti la missione dell’azienda: offrire quante più referenze possibili e la migliore qualità del servizio e dell’assortimento a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati dalla concorrenza.

L’azienda ha elaborato alcune linee di prodotti a marchio che si possono ritrovare all’interno dei punti di vendita:

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Pam Panorama: è la linea principale che comprende una serie di prodotti presenti in tutti i reparti;

I Tesori: specialità territoriali provenienti dalla tradizione italiana;

Fresche Bontà: linea di ricette fresche e già pronte per ogni momento della giornata, preparati con ingredienti selezionati di pima scelta;

Arkalia: prodotti per l’igiene e la bellezza del corpo;

Semplici e Buoni: linea di prodotti attenta alla salute, privi di glutine e zuccheri aggiunti, con meno grassi e ricchi di fibre;

Calici Divini: prodotti dell’enologia italiana.

2.2.3.1 Bio PamPanorama

Bio PamPanorama è una linea di prodotti provenienti da agricoltura biologica, prodotti nel rispetto dell’ambiente, simbolo di un’alimentazione genuina, sicura e ricca dei sapori più autentici della terra.

Comprende vari prodotti per ogni momento della giornata e presenta:  Prodotti per la prima colazione;

 Prodotti per il pranzo e la cena;  Break dolce e salato;

 Condimenti e salse;  Prodotti di base.

2.2.4 Carrefour

Il Gruppo Carrefour è stato il primo distributore nel mercato europeo: con 4.688 miliardi di euro d’affari, conta oltre 20.000 collaboratori ed è presente in 19 regioni d’Italia.

All’interno del suo paniere di beni possiamo ritrovare le seguenti categorie di prodotti a marchio:

Carrefour Bio;

Carrefour Kids: prodotti per un’equilibrata nutrizione dei ragazzi;

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Carrefour baby: prodotti ideati e creati per i neonati, sia alimentari che non; Carrefour Selection: una linea di circa 100 prodotti alimentari selezionati da

Carrefour, appartenenti a diverse categorie e di alta qualità;

Carrefour Viversano: prodotti freschi di qualità, selezionati e controllati fin dall'origine e in tutte le fasi della filiera;

No gluten: prodotti senza glutine per coloro che hanno l’intolleranza a tale elemento;

Carrefour Discount: linea di prodotti semplici e essenziali per i bisogni di base quotidiani, garantiti da Carrefour e offerti ad un prezzo estremamente competitivo;

Tex: è la linea di prodotti di abbigliamento pensata per tutti i componenti della famiglia;

Tex Home: comprende una vasta gamma di complementi d’arredo ed elementi decorativi per la casa.

2.2.4.1 Carrefour Bio

Il Gruppo Carrefour Italia è impegnato da tempo in un cammino di sviluppo sostenibile, che consiste nel mettere in atto una serie di iniziative atte a ridurre l'impatto delle attività svolte sull'ambiente e sensibilizzare le persone sull'importanza del consumo responsabile.

Si possono ritrovare in questa linea diversi prodotti divisi in tre macro categorie:  Alimentari confezionati;

 Alimentari freschi;  Bevande.

2.2.5 L’assortimento all’interno dei punti di vendita analizzati

È stato esaminato l’assortimento delle quattro insegne prese in considerazione, attraverso un’analisi del sito internet e anche un’ispezione sui punti di vendita.

Per quanto concerne la numerosità dei prodotti sullo scaffale, si è riscontrato che PamPanorama presenta in assortimento 162 prodotti, Coop ne ha 136, Conad 64 e Carrefour 50. Si nota quindi una netta differenza tra le prime due e le ultime: ciò che contribuisce maggiormente a questo stacco è la presenza di molti alimenti biologici nel

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reparto dell’ortofrutta; in particolar modo, è PamPanorama che vede esposte molte referenze tra frutta e verdura.

Si è potuto riscontrare che la tipologia di esposizione è sostanzialmente la stessa all’interno dei punti di vendita delle quattro insegne prese in considerazione: una corsia dedicata interamente ai prodotti biologici, i quali si ritrovano poi anche negli altri scaffali dei reparti destinati alla categoria merceologica, accanto ai prodotti non biologici della stessa tipologia; in quest’ultimo caso, i prodotti biologici a marca commerciale si trovano accanto a quelli non biologici, sempre a marchio, ad altezza occhi. Da sottolineare che solamente una parte degli alimenti biologici sono presenti nella corsia dedicata: molti si possono trovare solamente negli scaffali di reparto.

Una questione che è sorta durante la visita ai punti di vendita, è che la corsia che presenta insieme alcuni prodotti biologici, viene integrata con scaffali dedicati anche ai prodotti per vegani, per celiaci e per le altre intolleranze. In particolare, Carrefour ha creato una gondola riservata a prodotti biologici, vegani, senza lievito, senza zuccheri, senza latte, senza glutine, integratori e sostitutivi pasto. Ovviamente ogni gondola è messa ben in risalto con delle vele o altre tipologie di cartellonistica.

Nel momento in cui si è proceduto con l’osservazione degli scaffali, sono stati rilevati anche i prezzi di alcuni prodotti, cioè di quelli che si sono potuti ritrovare in tutte le insegne analizzate. Infatti, uno dei problemi che si è riscontrato, è che le quattro insegne hanno nel loro assortimento prodotti biologici a marchio molto simili ma non sempre uguali, differenziandosi solamente per alcuni ingredienti. Altro problema di notevole importanza, è la strategia utilizzata dalle aziende nell’utilizzare packaging diversi per la quantità di prodotto contenuta: questo comporta la difficoltà nel confrontare i prezzi dei prodotti, poiché, anche se il confronto deve essere fatto sul prezzo al kilogrammo, questo risente comunque della grandezza della confezione e quindi della quantità contenuta.

Dopo aver scelto quali prodotti confrontare, solo per dare un modesto esempio di scala prezzi, sono stati elaborati quattro grafici, uno per ogni insegna, dove si riportano le categorie merceologiche analizzate con i loro prezzi. Come si evince quindi dai grafici sotto riportati, si nota come i prodotti che costano di più sono quelli biologici di marca industriale, seguiti poi da quelli a marca commerciale, dai prodotti non biologici di

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marca e quindi quelli non biologici a marchio. Questa classifica prevede un’eccezione per quanto concerne Conad: infatti, per l’olio extravergine di oliva e il miele di acacia biologici, i prodotti a marchio costano di più rispetto a quelli di marca nota. Questo può derivare dalla politica aziendale dettata dalla qualità del prodotto biologico, ma anche dalle direttive aziendali riguardanti il competitor di riferimento, che per le altre insegne potrebbe essere diverso.

Figura 1 - Prodotti Coop

€- €2,00 €4,00 €6,00 €8,00 €10,00 €12,00 €14,00 Marmellata di albicocca Miele di acacia Olio extravergine di oliva Riso €6,36 €11,75 €7,97 €2,66 €10,24 €12,70 €8,98 €5,78 €2,57 €10,60 €4,75 €1,48 €5,84 €11,00 €5,49 €2,63 BIO COOP BIO INDUSTRIALE NON BIO COOP NON BIO INDUSTRIALE

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Figura 2 - Prodotti Conad

Figura 3 - Prodotti PamPanorama

€- €2,00 €4,00 €6,00 €8,00 €10,00 €12,00 €14,00 €16,00 €18,00 Marmellata di albicocca Miele di acacia Olio extravergine di oliva Riso €10,09 €17,25 €12,53 €3,08 €14,44 €16,16 €9,25 €5,98 €3,70 €10,54 €5,56 €1,19 €5,84 €15,15 €5,38 €2,63 BIO CONAD BIO INDUSTRIALE NON BIO CONAD NON BIO INDUSTRIALE

€- €2,00 €4,00 €6,00 €8,00 €10,00 €12,00 €14,00 €16,00 €18,00 €20,00 Marmellata di albicocca Miele di acacia Olio extravergine di oliva Riso €10,38 €18,30 €7,90 €3,09 €10,58 €18,53 €9,32 €5,92 €4,42 €13,98 €5,05 €2,33 €5,91 €16,20 €5,49 €2,69 BIO PAM BIO INDUSTRIALE NON BIO PAM

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Figura 4 - Prodotti Carrefour €- €2,00 €4,00 €6,00 €8,00 €10,00 €12,00 €14,00 €16,00 €18,00 Marmellata di albicocca Miele di acacia Olio extravergine di oliva Riso €9,13 €15,13 €11,05 €2,79 €12,03 €17,00 €9,93 €5,90 €4,90 €10,95 €5,19 €1,89 €5,85 €16,20 €5,49 €3,34 BIO CARREFOUR BIO INDUSTRIALE NON BIO CARREFOUR NON BIO INDUSTRIALE

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CAPITOLO 3

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3.1 Le ricerche di marketing

La ricerca di marketing è il processo mediante il quale vengono generate, analizzate e interpretate le informazioni sull’ambiente che saranno applicate per assumere decisioni.

Sono quindi finalizzate alla presa di decisioni e permettono di acquisire informazioni relative a prodotti, prezzi, canali di distribuzione, efficacia della pubblicità e delle tecniche promozionali, posizione competitiva della singola impresa.

Le ricerche di mercato, invece, hanno carattere esplorativo e sono quindi effettuate sia per conoscere la rotta aziendale, sia per accertare specifici aspetti del mercato, come atto propedeutico alla definizione di una strategia e di un piano di fattibilità, da approfondire con ricerche più direttamente finalizzate a decisioni operative. Sono quindi importanti per cogliere le eventuali minacce e opportunità.

Si possono quindi riassumere le utilità delle ricerche di mercato per i Marketing Managers:

 Identificare le opportunità e i problemi che si presentano sul mercato;  Monitorare le performance di marketing;

 Valutare i progressi e il raggiungimento degli obiettivi;  Migliorare i processi di marketing in atto;

 Suggerire e valutare nuove attività di marketing.

3.1.1 Le fasi del processo di marketing

Le fasi principali di un processo di marketing sono sostanzialmente tre:

Analitica: è la fase nella quale occorre raccogliere informazioni circa il macro-ambiente e il micro-macro-ambiente di riferimento e il comportamento del consumatore. Gli strumenti di analisi utilizzati in questa fase sono, ad esempio, le ricerche quantitative e qualitative;

Decisionale: in questa fase si prendono le decisioni necessarie per lo studio del problema, grazie alle informazioni reperite nella fase precedente. Le decisioni riguardano essenzialmente il:

 Marketing strategico: quindi occorrerà decidere in quali segmenti operare, con quali strumenti e con quali obiettivi;

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Di controllo: in tale fase si andrà a verificare il raggiungimento degli obiettivi, attraverso l’analisi degli scostamenti ed eventuali azioni correttive.

3.1.2 Gli strumenti di raccolta dei dati

Gli strumenti per raccogliere i dati necessari all’analisi del problema sono diversi. Di seguito vengono elencate le principali tipologie:

Questionario strutturato: presenta un format ben preciso e richiede la presenza fisica del consumatore; vengono quindi utilizzate interviste face-to-face e questionari autosomministrati, per i quali il format del questionario non deve evocare dubbi dato che non è presente l’intervistatore che spiega ogni singola domanda;

Questionario de-strutturato: le domande rivolte dall’intervistatore all’intervistato sono informali e il questionario presenta anche risposte aperte. Un tipico esempio sono le interviste in profondità;

Traccia di discussione: si riferisce al focus group;

Scheda di osservazione: viene osservato il comportamento del consumatore, senza quindi fare interviste (es. osservazioni etnografiche).

3.1.3 I metodi per la raccolta dei dati

Le ricerche condotte per raccogliere i dati sono essenzialmente di due tipi:

Ricerche quantitative: comprendono l’analisi dei dati secondari, i questionari e le interviste, ma anche il metodo delle casse EPOS (Electronic Point Of Sale), i Radio Frequency Identification, gli scan-panel e i sistemi automatici di rilevamento;

Ricerche qualitative: comprendono invece il focus group, le osservazioni e le tecniche proiettive.

3.2 Obiettivi della ricerca oggetto della trattazione

Questa tesi è nata dalle intenzioni di voler approfondire il mercato dei prodotti biologici, essendo questo un fenomeno crescente. Oltre a questo fenomeno, anche la

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sempre maggiore attenzione della popolazione verso prodotti salutari, ha portato alla curiosità di voler esplorare il mercato del biologico.

Prima di intraprendere la strada della ricerca di marketing, sono stati posti degli obiettivi, i quali hanno potuto portare all’elaborazione di un percorso da seguire per poter giungere a dei risultati della ricerca e quindi alla formulazione di conclusioni riguardanti il comportamento di acquisto.

È proprio il comportamento di acquisto e le sue sfaccettature che sono stati il punto focale della ricerca. Si possono qui di seguito elencare tre domande di ricerca fondamentali:

 Come l’acquirente considera i prodotti a marca commerciale e l’ampiezza del portafoglio di tali prodotti;

 Quale è l’atteggiamento dell’acquirente verso i prodotti biologici, considerando anche il loro prezzo;

 L’acquirente crede o meno che l’insegna debba concentrarsi maggiormente nella commercializzazione dei prodotti biologici a marca commerciale.

Nel seguito della trattazione sarà possibile dare delle risposte a queste domande, grazie all’analisi dei risultati del focus group e del questionario.

3.3 Il focus group

I focus group rappresentano una tecnica di ricerca applicabile quando si ritiene opportuno ricorrere a valutazioni, giudizi, opinioni espressi da professionisti, esperti o utenti/clienti per accoglierne i diversi punti di vista su un argomento, un processo, un risultato, un prodotto.

Per quanto riguarda la composizione, è un gruppo costruito dai ricercatori secondo gli obiettivi della ricerca, mentre la finalità del focus group è quella di studiare un fenomeno: la funzione del gruppo è quindi strumentale (il tema infatti non può essere strettamente legato a quel gruppo specifico).

Il numero dei soggetti che partecipano ad un focus group è solitamente compreso tra i sei e i dieci partecipanti, ma l’ampiezza può variare anche tra i quattro e i dodici. Le differenze tra i gruppi più numerosi e quelli più ristretti sono individuabili, nei primi, in

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una maggiore difficoltà di condividere le idee tra i soggetti e una conseguente frammentazione del gruppo: l’importanza nel focus group è offrire a tutti l’opportunità di esprimere le proprie opinioni e condividere le proprie idee con gli altri. Tuttavia, l’incontro di diverse persone favorisce una discussione più produttiva in quanto l’interazione tra i membri stimola lo scambio di idee e commenti e riproduce in modo più realistico il processo che presiede alla formazione delle opinioni.

Per quanto riguarda invece i vantaggi dei “mini-focus group”, quattro o cinque soggetti possono essere riuniti in ambienti più confortevoli; il numero limitato permette l’esplorazione di diversi argomenti con maggiore possibilità di scambio di esperienze e punti di vista. Il rischio invece è quello di avere una gamma di idee e opinioni ristretta.

Gli attori principali del focus group sono tre: il moderatore, l’osservatore e i partecipanti alla discussione.

Il moderatore dovrebbe possedere sia abilità comunicative (deve avvalersi di un linguaggio semplice e lineare per poter essere compreso da tutti i partecipanti), sia abilità psicologiche di gestione delle dinamiche di gruppo (deve essere in grado di gestire le personalità dominanti e stimolare la partecipazione degli introversi). Il suo compito è quello di creare un buon clima di gruppo e di mettere a proprio agio i partecipanti non esprimendo giudizi e opinioni personali riguardo l’argomento di discussione.

Un’altra figura chiave è quella dell’osservatore. Egli ha la funzione di annotare le dinamiche e le informazioni principali che emergono dall’interazione tra i componenti del gruppo, analizzare quindi le reazioni verbali e non, trascrivere i commenti e i dialoghi dei soggetti durante la fase dell’interazione.

I partecipanti vengono selezionati in base a determinate caratteristiche in comune che li mettono in relazione alla tematica della ricerca. Per la creazione di un buon gruppo è fondamentale che i partecipanti non si conoscano, per permettere una ampia e libera trattazione degli argomenti senza nessun tipo di inibizione. Inoltre, i membri non devono essere eccessivamente omogenei tra loro, in modo da permettere l’emergere di posizioni diverse.

Le variabili che il ricercatore deve tenere in considerazione quando progetta il piano di ricerca sono: l’età, il titolo di studio, la professione, le caratteristiche rispetto all’argomento, il genere, l’area geografica, la situazione familiare, il reddito. Non deve

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comunque esserci eccessiva disomogeneità in uno stesso gruppo: si potrebbero creare attriti che annullerebbero il fine del focus group.

La tecnica del focus group può essere suddivisa in quattro momenti principali: la pianificazione e la definizione dell’intervento, la conduzione del gruppo, l’analisi delle informazioni ricevute.

Pianificazione e definizione dell’intervento

Durante la pianificazione il ricercatore deve determinare l’obiettivo atteso effettuando un’analisi del contesto e costruendo delle ipotesi di lavoro, occorre poi individuare il pubblico di riferimento e il moderatore, delineare la struttura dell’intervista e la composizione del gruppo rispetto alla numerosità e alle variabili prese in considerazione.

Il testo guida dell’intervista è formato da alcune domande chiave che il moderatore utilizza con ampia flessibilità, in quanto il suo obiettivo è quello di approfondire gli argomenti oggetto della ricerca: si parte da domande meno strutturate per arrivare a quelle più strutturate. Ovviamente le domande non devono suggerire alcuna potenziale risposta.

Fasi della conduzione

La prima fase è quella della accoglienza o riscaldamento dove il moderatore si presenta al gruppo e illustra il motivo per cui le persone sono state convocate, esplicita gli obiettivi della ricerca e dispone i partecipanti.

Il momento iniziale è dedicato a mettere a proprio agio le persone cercando di instaurare un clima di fiducia durante il quale i partecipanti si presentano al gruppo. Nella fase successiva il moderatore introduce il tema generale della discussione invitando i soggetti a riflettere sulle esperienze passate.

La fase finale del focus group si conclude con alcune domande aperte per permettere ai partecipanti di esprimere la propria opinione e dimostrare la propria soddisfazione/insoddisfazione nell’aver partecipato alla discussione.

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