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Academic year: 2021

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Quale lavoro per le persone con disabilità,

oggi, in Italia?

Abstract

Il contesto mondiale sta vivendo una dirompente complessità che sta mettendo in crisi quegli elementi che caratterizzavano tradizionalmente la cittadinanza e le comunità: i diritti sociali, l’appartenenza, la partecipazione. A tutto ciò si accompagna una crisi economica europea che sta comportando la revisione delle tradizionali modalità di lavoro. È quindi necessario ripensare anche gli approcci per l’integrazione lavorativa, progettando e sperimentando modelli flessibili. Finalità di questo articolo è quella di contribuire a diffondere una rappresentazione sociale della persona disabile che lavora, attraverso il raggiungimento di specifici obiettivi che vedano prota-gonisti i disabili stessi, le loro famiglie, le aziende, gli enti territoriali, le istituzioni, le associa-zioni, le reti economico-sociali, i Servizi socio-sanitari.

Parole chiave: Inclusione sociale, persone disabili, lavoro, rete, territorio, sviluppo

The global context is going throught a disruptive complexity and the traditionally elements of citizenship and community are going in crisis: social rights, membership, participation. All this is accompanied by an European economic crisis that is leading the revision of the work’s tradi-tional form. We need to rethink approaches to the work integration, designing and experimenting flexible models.

This article purpose to help to diffuse a social representation of the disabled person who works, through the achievement of specific goals when the protagonists are the disabled persons, their families, organizations, local authorities, institutions, associations, economic and social networks, the social and health services.

Key words: Social inclusion, disabled person, work, networks, territory, development di Roberta Caldin, Valeria Friso

© Pensa MultiMedia Editore srl ISSN 1722-8395 (in press) / ISSN 2035-844X (on line) Studium Educationis • anno XIII - n. 3 - ottobre 2012

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Roberta Caldin, Valeria Friso Introduzione

Il contesto italiano, nonché quello mondiale, vede una dirompente comples-sità che sta mettendo in crisi quegli elementi che caratterizzavano tradizio-nalmente la cittadinanza e il capitale sociale (Moro, 2009): i diritti sociali (es. crisi del welfare, della giustizia, ecc.), l’appartenenza (es. identità multiple, glo-balizzazione, ecc.), la partecipazione (es. crisi dei partiti, della rappresentanza). Anche le forme istituzionali pensate e attuate nel contesto Stato-nazione sono in oggi in crisi e, con loro, le forme associative. Pur restando forti, so-prattutto in determinati territori come il Veneto o la Toscana (Almagisti, 2011), le associazioni continuano ad essere portatrici della fiducia dei cittadini (Veneto Responsabile, 2011), ma risentono in modo sempre più intenso delle difficoltà di dialogo con le istituzioni deputate a coordinare e a governare. Potremmo quindi, in breve, dichiarare che oggigiorno nel nostro Paese si va indebolendo il capitale sociale, inteso quale insieme di legami di reciproca fiducia e interdipendenza che connettono le persone che appartengono ad una stessa collettività (Demos, 2011).

Questi e altri elementi, un tempo inossidabili e oggi in crisi, hanno por-tato ad uno status in divenire di non semplice lettura e ovvietà come la rou-tine precedente, probabilmente, ci aveva abituati. E questa non è certo una novità se consideriamo che già nel 2009 si riconosceva nel lavoro un ele-mento in profonda trasformazione: “l’intreccio tra cambiamenti della popo-lazione e modificazioni del lavoro è probabilmente il processo che, più di ogni altro, descrive le novità degli ultimi 20 anni e che si proietta nel futuro” (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, 2009)1.

Nella difficoltà crescente a gestire la diversità e il cambiamento, partner-ship virtuose possono non solo aiutare la persona, normodotata e ancor più disabile, a trovare nel lavoro una propria identità adulta attraverso un’attiva-zione di se stessa (Goussot, 2009), ma anche le organizzazioni, le associazioni e le istituzioni a ripensare alla diversità quale elemento, innanzitutto, di

ri-1 http://www.portalecnel.it/Portale/IndLavrapportiFinali.nsf/vwCapitoli?OpenView& Count=40

In questo testo sono indicati quali principali elementi di cambiamento: - il prolungamento della durata della vita;

- il rallentamento delle nascite;

- la trasformazione dell’Italia da paese di emigrazione a paese di immigrazione; - la diversa struttura della famiglia;

- la ripresa delle migrazioni interne dal Sud al Centro-Nord; - la terziarizzazione del sistema produttivo;

- le innovazioni tecniche ed organizzative;

- la diffusione di un benessere sconosciuto alle generazioni precedenti;

- crescente dimensione internazionale dell’economia e degli scambi che oggi si presenta con caratteristiche nuove per almeno tre motivi:

- lo sviluppo di un capitalismo finanziario; - il mobilissimo ed insofferente di regole;

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche flessione su di sé e sui propri rapporti e poi di sfida da valorizzare, in un’ottica di incremento di reali reti di parternariato e di sviluppo locale.

1. Il lavoro e l’identità

Se per lavoro intendiamo una tensione verso un obiettivo possiamo da subito affermare che il lavoro è senz’altro un’attività ambigua: è presente sia l’aspetto di costrizione sia quello di autorealizzazione. Sono sempre presenti infatti, in modo più o meno latente, due principali emozioni tipiche: da una parte il sentimento finale di autoapprezzamento per aver costruito qualcosa, per aver generato un risultato utile, dall’altra il sentimento inevitabile di limitazione della propria libertà e di costrizione (Bruscaglioni, 2005, p. 143).

In questo contributo vorremmo sottolineare come, frequentemente, il la-voro determini il ruolo sociale di una persona regolando molte interazioni e definisca, come perno degli scopi collettivi, anche lo status sociale. Quando ci presentiamo per la prima volta a qualcuno o quando chiediamo informa-zioni su qualcuno, non diciamo forse il nostro nome preceduto molto spesso dal nostro ruolo lavorativo? “Buongiorno, sono l’Architetto Bianchi” “Inge-gner Rossi, s’accomodi” e potremmo continuare così. Se il nostro lavoro non prevede titoli dinnanzi al nostro nome è comunque una delle prime infor-mazioni che diamo se dobbiamo presentarci per la prima volta a qualcuno. Ecco che tanto più chiaro è il nostro ruolo lavorativo, tanto più la nostra identità diventa forte e permette, ad esempio, un esercizio dell’autonomia e della responsabilità più consapevole. Al contrario, meno è forte la nostra iden-tità lavorativa, meno saremo in grado di dare un apporto personale anche alla crescita della società nella quale siamo inseriti. Con altre parole, potremmo dire che il lavoro ha una funzione di riconoscimento sociale e spesso il “chi sei” si traduce in “che lavoro fai”.

Solo dell’identità dell’essere originario si può dire che è “vera” e “per-fetta”; ossia passata (perfetta, rispetto ad ogni nostra attuale forma di comprensione della medesima). E per ciò stesso “esclusiva”. Solo essa può essere fatta valere come vera identità di diversi. […] Quella che i diversi vengono a configurare, non possa essere intesa come semplice sintesi di un molteplice-possibile” (Donà, 2001, p. 31).

A partire da questa concezione di identità abbiamo ricercato quali siano, attualmente, i principali fattori critici per la soddisfazione professionale delle persone rispetto alla loro identità di lavoratrici:

• sicurezza e benessere;

• livello di complessità e di specializzazione delle competenze spese e co-struite nel contesto organizzativo;

• gradi di autonomia, discrezionalità e libertà investite nella pratica lavora-tiva;

• coinvolgimento e responsabilità nella definizione di vision, mission, obiet-tivi, strategie.

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In questo senso, le organizzazioni perseguono i propri obiettivi di efficacia ed efficienza attraverso la valorizzazione e la gestione intelligente del capitale, umano sociale e economico attraverso il potenziamento delle professionalità e delle competenze di cui sono portatori persone e gruppi.

L’impegno costante dell’organizzazione è innanzitutto quello verso i la-voratori, fin dalle prime fasi di selezione e di valutazione, tendendo sempre più a considerare le persone nella loro interezza. Quindi, la motivazione, gli obiettivi e le aspettative vengono posti al centro del processi selettivi e valu-tativi, così come le competenze trasversali (capacità di interagire costruttiva-mente, di leggere e interpretare la realtà organizzativa, di gestire il proprio ruolo lavorativo).

La gestione delle persone nelle organizzazioni complesse richiede, quindi, innanzitutto la capacità di lettura e previsione delle trasformazioni in atto nei mercati (nuove esigenze dei clienti/utenti esterni e interni), nel sistema giu-ridico (nuove forme contrattuali) e in quello delle relazioni industriali (cam-biamenti nei rapporti fra soggetti istituzionali). Ma avere a che fare con le persone significa anche avere la capacità di gestire sistemi di relazioni, interne ed esterne, fra singoli, gruppi e istituzioni in contesti dinamici e mutevoli.

I cambiamenti attualmente in corso nel mercato e nella giurisdizione del lavoro richiedono alle organizzazioni un ripensamento non solo della ge-stione contrattuale del rapporto di lavoro, ma anche delle dinamiche psico-logiche e sociali ad esso connesse: le trasformazioni nel contratto giuridico fra persona e organizzazione implicano la necessità di coerenti riformulazioni del contratto psicologico. Questo contratto fra organizzazione e persona può essere inteso, in modo nuovo, non tanto come “andare l’una verso l’altra” quanto come “andare l’una con l’altra” (Quaglino, 1999). Tale forma di rela-zione implica per la persona un legame di appartenenza all’organizzarela-zione che ha valore di partnership e di cittadinanza organizzativa (tendenza a met-tere in atto spontaneamente comportamenti critici per il successo dell’orga-nizzazione che vanno oltre quanto prescritto dal ruolo).

Per promuovere l’autonomia, la creatività, la motivazione e la soddisfa-zione delle persone che lavorano, le organizzazioni sono chiamate ad utiliz-zare processi attraverso i quali le persone

vengono rese “potenti” (empowered), ovvero rafforzano la propria ca-pacità di scelta, autodeterminazione e autoregolazione, sviluppando parallelamente il sentimento del proprio valore e del controllo sulla situazione di lavoro, la propria autoefficacia (Piccardo, 1992, p. 23).

Il lavoro sta diventando sempre più uno degli spazi vitali, ma non neces-sariamente il più importante perché le energie che vi sono investite potreb-bero essere ridistribuite in altre sfere esistenziali. La percezione e la valutazione di sé derivano, infatti, dalle esperienze personali nel campo del lavoro, della vita affettiva, sociale e del tempo libero e, come sappiamo, il tempo che la persona trascorre al lavoro è molto più di quello che può de-dicare ad altre attività. La persona che lavora si trova quindi ad utilizzare la quasi totalità delle proprie energie nel lavoro e nelle relazioni che

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche riamente lo compongono. Questo è tanto più vero in un momento in cui le persone che si affacciano al mondo del lavoro non concorrono più per un unico lavoro che le accompagnerà fino alla pensione, ma devono gestire fles-sibilmente molteplici lavori.

È stata la rivoluzione cognitivista a sottolineare l’importanza di dare spazio affinché il lavoratore imparasse a dare senso al flusso di esperienza in cui egli stesso è immerso. Il dare senso equivale ad organizzare il flusso di esperienza in modo che persone abbiano la possibilità di dare un significato e un senso mediante scansioni, differenze, raffronti, selezioni e interpretazioni. Diviene così importante per ciascuno poter usufruire di:

• sistemi aperti in modo da avere un flusso di esperienza capace di creare continui stati di allerta;

• avere un forte sensemaking generico legato ad esperienze professionali co-muni;

• avere un certo grado di resilienza, intesa quale capacità di improvvisazione e bricolage, su un sistema virtuale di ruoli, su un atteggiamento di sag-gezza, sull’interazione rispettosa basata sulla fiducia, sull’onestà e sull’au-tostima dei membri (Bonazzi, 2002, pp. 28-34).

Se il lavoro non permette di soddisfare questi bisogni diviene problema-tico stabilire se il singolo possa trovare adeguati sostituti, atti a fornire un senso e un significato alla sua vita. Il lavoro costituisce uno dei pochi ambiti in cui una persona può misurare le proprie capacità nei confronti dell’am-biente in una disputa che non è né assurdamente facile, né terribilmente dif-ficile. Il lavoro va di conseguenza considerato come un impiego all’interno del sistema sociale ed economico che viene percepito dall’individuo come la sua occupazione principale, per la quale è riconosciuto dagli altri e da cui deriva il proprio ruolo nella società. Il lavoro, allora, può essere inteso come valore se diamo a questo concetto il significato di punto di riferimento psi-cologico, morale o sociale in grado di dirigere l’azione e dare un senso di stabilità al cambiamento dei comportamenti.

2. I disabili adulti in Italia

Per introdurre l’argomento dell’inserimento lavorativo è importante essere a conoscenza del numero di persone disabili presenti nel nostro territorio na-zionale. Per rispondere a questa esigenza abbiamo ricercato, attraverso diverse fonti, dati che rispecchiassero la realtà e quelli più completi li abbiamo trovati nel rapporto del 2010 preparato dall’Istat “Il quadro della statistica ufficiale Istat”2. Di seguito estrapoliamo esclusivamente alcune tabelle che, attraverso i numeri, presentino la situazione negli aspetti che ci interessano in questo capitolo.

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La prima tabella presenta un censimento di tutte le persone con disabilità che vivono in famiglia. Il range di dati che è interessato dalla possibilità di es-sere inserito nel mondo del lavoro è quello che va dalla categoria 15-24 anni a quella 55-64; quindi, estrapoliamo esclusivamente questi dati:

Tab. 1 Persone con disabilità che vivono in famiglia per classe di età e sesso3

Dalla medesima ricerca, presentiamo una tabella che evidenzia la condi-zione professionale delle persone sopra considerate. Insieme si presentano anche le percentuali della totalità dei cittadini italiani e la loro condizione professionale. Nella tabella successiva si aggiunge anche il dato riferito alle fasce d’età.

Tab. 2 Persone con disabilità e popolazione totale di 15 anni e più che vivono

in famiglia per condizione professionale e sesso4

Roberta Caldin, Valeria Friso

3 Anni 2004-2005 (valori assoluti per 100 persone con le stesse caratteristiche). Fonte: Istat, Indagine multiscopo “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, p. 34.

4 Anni 2004-2005 (valori percentuali). Fonte: Istat, Indagine multiscopo “Condizioni di sa-lute e ricorso ai servizi sanitari”, p. 104.

Classi di età SESSO 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 VALORI ASSOLUTI Maschi 29 28 46 51 76 Femmine 27 24 41 50 98 Totale 36 52 86 101 174 2 SESSO 15-24 hi c s a M 29 ne i m m e F 27 e l a t To 36 b à t e i d i s s a Cl 25-34 35-44 I UT OL S AS ORI VAL 28 46 24 41 52 86 a 45-54 55-64 51 76 50 98 101 174 e

Anni 2004-2005 (valori percentuali). Fonte: Istat, Indagine

m Condizione professionale Se ss o Oc cu pa to In cerca d i occupazi one Ca sa li ng a St ude nt e In ab ile al lavoro Ritira to dal lavor o Al tr a condi zi one Tot al e DISABILE M 6,82 1,86 - 0,65 23,87 62,44 4,35 100 F 1,84 0,39 30,46 0,42 20,80 34,59 11,50 100 Tot 3,49 0,88 20,33 0,50 21,82 43,85 9,12 100 TOTALE M 59,10 5,91 - 7,90 1,33 23,90 1,85 100 F 35,18 5,24 33,43 7,80 1,69 13,99 2,68 100 Tot 46,70 5,56 17,33 7,85 1,52 18,77 2,28 100 os s Se ot ap uc Oc i cerca d In one occupazi e l a n o i s s e ffe o r p e n o i z i d n Co ag nil as Ca e nt ude St ile ab In avorolal ot ari t Ri o avorl dal arttr Al one zi condi el a Tot M 6,82 1,86 F 1,84 0,39 t To 3,49 0,88 M 59,10 5,91 F 35,18 5,24 t To 46,70 5,56 E L ABI S DI - 0,65 23,87 62, 46 30, 0,42 20,80 34, 33 20, 0,50 21,82 43, LE TA TO - 7,90 1,33 23, 43 33, 7,80 1,69 13, 33 17, 7,85 1,52 18, 44 62, 4, 53 100 59 34, 11,50 100 85 43, 9,12 100 90 23, 1,85 100 99 13, 2,68 100 77 18, 2,28 100

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche

Tab. 3 Persone di 15 anni e più per sesso, classe d’età, presenza di disabilità

e condizione professionale5

Interessante è sapere che anche l’Isfol, per poter monitorare più da vicino queste relazioni e a fronte della crisi economica, sta conducendo un progetto all’interno dell’Area Politiche sociali e pari opportunità, dal titolo “Leve per l’in-serimento socio-lavorativo di soggetti a rischio di esclusione”. Questo pro-getto pone attenzione a tutte le persone a rischio di marginalizzazione ed espulsione dal mondo del lavoro, comprese dunque le persone disabili. Obiet-tivi dichiarati di questo progetto sono proprio quelli di andare ad approfon-dire riferimenti utili al rafforzamento degli istituti di accesso al mercato del lavoro delle fasce vulnerabili di popolazione. Le azioni progettuali si rifanno ad un più ampio quadro europeo che chiede un aumento di intenti nel per-seguire strategie di coesione, incardinate sul modello dell’inclusione attiva, che favoriscano politiche finalizzate da un lato all’inserimento occupazionale di persone e gruppi svantaggiati, dall’altro ad ampliare i livelli di tutela sul mercato del lavoro, combinando misure sociali ed incentivi economici.

Questo contributo, come le nostre ricerche, ha come principale scopo quello di sensibilizzare i contesti a divenire accoglienti e fruttuosi per lo svi-luppo delle capabilities (Sen, 2004). In quest’ottica, le politiche sociali che ne derivano devono situarsi oltre la compensazione degli svantaggi, effettuata at-traverso l’offerta di beni e servizi, ampliando e garantendo le capacità/facoltà di scelta individuali e collettive (capabilities) che riguardano anche le libertà, i diritti fondamentali riferiti a tutte le dimensioni della vita umana, e che si correlano alla teoria delle capabilities come libertà effettive e concrete, che una persona disabile ha a disposizione. In tal senso, anche la mancanza di un lavoro può essere considerata una capability deprivation, da intendere come

5 Anni 2004-2005 (quozienti per 100 persone). Fonte: Istat, Indagine multiscopo “Condi-zioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, p. 105.

Classi di età 15-44 45-64 65 e più Totale Condizione professionale Di sa bi le No n di sabi le Di sa bi le No n di sabi le Di sa bi le No n di sabi le Di sa bi le No n di sabi le Occupato 18,4 62,5 17,0 54,9 0,5 4,2 3,5 49,0 In cerca di occupazione 8,1 9,9 2,6 2,7 0,0 0,1 0,9 5,8 Casalinga 10,3 10,1 18,3 22,7 21,4 27,0 20,3 17,2 Ritirato dal lavoro 0,3 0,0 10,9 17,6 50,5 61,9 43,9 17,4 Inabile al lavoro 50,9 0,3 39,0 0,5 17,2 0,8 21,8 0,4 Altra condizione 12,0 17,3 2,1 1,6 10,4 5,0 9,6 10,2 Totale 100 100 100 100 100 100 100 100

4 Anni 2004-2005 (valori percentuali). Fonte: Istat, Indagine

m 15-e n o i z i d n Co e onal ofessi pr eliba s Di à t e i d i s s a Cl -44 45-64 65 n No el sabi di eli ba s Di n No el sabi di eli ba s Di à ù pi e 65 Totale n No di el sabi eli ba s Di n No el sabi di o t a p u c Oc 18,4 i cerca d In one occupazi 8,1 a g n i l a s Ca 10,3 l a d o t a r i t Ri ro o v laa 0,3 ile al ab In lavoro 50,9 a r t Al one zi condi 12,0 5 62, 17,0 54,9 0,5 9 9, 2,6 2,7 0,0 1 10, 18,3 22,7 21,4 0 0, 10,9 17,6 50,5 3 0, 39,0 0,5 17,2 3 17, 2,1 1,6 10,4 5 4,2 3,5 49,0 0 0,1 0,9 5,8 4 27,0 20,3 17,2 5 61,9 43,9 17,4 2 0,8 21,8 0,4 4 5,0 9,6 10,2 one zi condi e l a t To 100 4 100 100 100 100 F 100 100 100 100 n

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mancato avvio dei processi di empowerment, che andrebbero sempre favoriti e avviati con le persone disabili (Sen, 2004; Nussbaum, 2002).

L’aumento degli inserimenti lavorativi – anche quelli che non si conclu-dono con un’assunzione – totale o parziale – possono divenire indicatori dell’avanzamento dei processi inclusivi. Il solo fattore “denaro” non garantisce, infatti, l’inclusione: forme di lavoro parzialmente pagate possono permettere esperienze di socializzazione, di autonomia, di “appartenenza” ad una comu-nità, che risultano indispensabili per i processi di identità adulta (Montobbio, Lepri, 2000; Lepri, 2011)

3. Le persone disabili e il lavoro

A fronte di una disoccupazione crescente, la ricaduta negativa per le persone con disabilità è ancora più rilevante (solo il 50% delle persone disabili, in Eu-ropa, risulta occupato) e rischia di impoverire le persone che si trovano sprov-viste di opportunità lavorative. È necessario ripensare gli approcci per l’integrazione lavorativa, sperimentando situazioni lavorative durante i percorsi scolastici; progettando approcci flessibili con applicazioni e costi diversificati, con retribuzioni che integrino quelle di invalidità già percepite6.

Riprendendo il concetto di identità e volendolo sintetizzare potremmo definirlo quale elemento che si struttura nel corso delle interazioni sociali sulla base dell’immagine percepita di sè stessi negli altri, in un gioco di scam-bio che vede ai due estremi l’identità personale da una parte e la rappresen-tazione sociale dall’altra. Le rappresentazioni sociali sono influenzate dalla cultura, dai valori, dalle conoscenze, dalle condizioni economiche e, come scrive Moscovici (2005), costituiscono una realtà sociale sui generis essendo entità sociali dotate di vita propria: circolano, si fondono, si attraggono e si respingono l’un l’altra. Come sottolineato da Lepri (2009, pp. 17-19):

il lavoro, pur con il suo rinnovato carico di ambiguità, rimane ele-mento centrale nella vita delle persone. È una esperienza, quella del lavoro, a cui veniamo preparati e a cui ci prepariamo, che aneliamo di ottenere.

Se queste considerazioni relative al senso e al significato del lavoro sono valide per tutti, riteniamo che siano da considerare tutte le persone che la-vorano, comprese quelle con disabilità. Come insegna Montobbio, non si può diventare adulti finché non si incontrano i propri limiti: il lavoro diviene, quindi, elemento topico nella crescita di ciascuno e indica certamente il modo per eccellenza in cui tutti hanno accesso al mondo degli adulti. Questo

Roberta Caldin, Valeria Friso

6 Si vedano le esperienze nel Canton Ticino, su cui anche la SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) ha riflettuto: (Mainardi, 2008; Marazzi, Greppi, Soldini, 2007).

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche processo richiede la costruzione di nuove forme di rapporto e di comunica-zione, in cui alla persona è richiesto un certo grado di maturità, di respon-sabilità e, quindi, di conoscenza di sè.

Ecco che diviene interessante, ma probabilmente anche indispensabile, considerare la situazione attuale dell’inserimento lavorativo delle persone di-sabili e fare un punto per capire se stiamo evolvendo o se alcuni atteggiamenti e paure ci fanno perdere tanta di quella strada fatta finora in Italia e invidiata, studiata e reiterata in diverse parti del mondo.

A partire dall’Art. 38 della Costituzione vorremmo ricordare che questa argomentazione sta alla base del nostro essere Paese democratico basato sul lavoro:

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Nel ragionare intorno al concetto di “lavoro” e “persone disabili” vor-remmo qui dare qualche spaccato relativamente alla situazione italiana ri-spetto all’inserimento lavorativo, a partire da un cenno sulla normativa vigente e osservandola anche attraverso uno spazio privilegiato, reso possibile dalla partecipazione attiva al Tavolo di Lavoro Permanente sull’Integrazione La-vorativa delle Persone con Disabilità di Padova: si tratta di un organismo posto a coordinamento del progetto “Reti inclusive per l’inserimento delle persone con disabilità”. A questo Tavolo Permanente, promosso dalla Camera di Commercio di Padova, in collaborazione con Fòrema Scarl e Confindustria Padova, partecipano: Provincia di Padova – Settore Lavoro e Formazione, Servizi Integrazione Lavorativa ULSS 15 – ULSS 16 – ULSS 17, ANCI Ve-neto, Università di Padova, Confcooperative Federsolidarietà Padova, Comi-tato Italiano Paralimpico, Consorzio Veneto Insieme, AIAS (Associazione Italiana Assistenza agli Spastici), AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multi-pla), ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità), ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), DACCAPO (vittime di Trauma Cranio-Encefalico), Ass. DOWN DADI, ENS (Ente Na-zionale Sordi), FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), UIC (Unione Italiana Ciechi) e UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

La finalità principale del Tavolo è quella di concertare ciò che riguarda progetti dedicati all’integrazione sociale in azienda delle persone disabili. Questi progetti nascono, essenzialmente, con lo scopo di analizzare le richieste delle aziende che devono assolvere l’obbligo dell’inserimento e sostenere il processo di inserimento attraverso un attento lavoro di job analysis e selezione, raccogliere candidature di persone con disabilità che cercano lavoro e favorire il dialogo tra domanda-offerta. Questo, nel tentativo di creare una cultura comune tra aziende, servizi e persone con disabilità stimolando occasioni di

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dibattito politico e sociale in tutta la Provincia. Inoltre, l’istituzione di questo Tavolo Permanente permette di far dialogare le molteplici realtà associative e sociali vicine alle persone con disabilità e le cooperative di tipo A e B pre-senti nel territorio, con progetti sperimentali via via messi in atto.

Uno dei primi passi è quello di supportare le aziende nell’adempimento dell’obbligo di inserimento lavorativo, attraverso un percorso di informazione e accompagnamento, in un sistema integrato che vede la collaborazione tra Confindustria Padova, come ente promotore, la Camera di Commercio di Padova, l’Ufficio Categorie Protette della Provincia e i Servizi di Integrazione Lavorativa dell’ULSS 16; in questo modo è stata favorita la creazione di

net-work tra associazioni imprenditoriali, enti pubblici, enti del terzo settore.

Nonostante le innovazioni legislative in tema di inserimento lavorativo (Legge 68/1999, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”), la cui finalità è la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato) e le molte iniziative attivate anche grazie a progetti e a finanziamenti europei, tutt’oggi in Italia si rilevano livelli di occupazione dei disabili ancora piuttosto bassi. Il tasso di occupazione fra i disabili è infatti pari al 21%, meno della metà di quello rilevato fra i non disabili. Occorre tuttavia considerare che fra i disabili in età lavorativa circa il 27% è del tutto inabile al lavoro. Le donne disabili sono notevolmente svantaggiate rispetto agli uomini: le prime hanno un tasso di occupazione dell’11% e i secondi del 29%; tale svantaggio esiste anche fra i non disabili, sebbene l’entità delle differenze fra maschi e femmine non sia così elevata.

Ma come pedagogisti siamo chiamati, anche a fronte di anni di sperimen-tazione, a chiederci quanto queste pratiche siano percorribili non solo dal punto di vista legale e legislativo, ma anche e soprattutto dal punto di vista della crescita e del benessere delle stesse persone disabili. È bene cercare di inserire un disabile a tempo pieno in un’azienda o forse è meglio prevedere due posti part time? O ancora, come sono utilizzate le diverse forme contrat-tuali vigenti? Per aiutare le persone disabili a trovare la propria identità anche nel lavoro, quanto sono da formare quelli che potremmo definire tutor azien-dali?

Tanto più che oggi, probabilmente, non è il tempo pieno o il tempo in-determinato che dobbiamo ricercare per gli inserimenti lavorativi, perché

il lavoro non è più quello di una volta. Accanto ai “posti di lavoro” che

continuano a fornire prestazioni standard in un ambiente regolato se-condo i canoni fordisti, cominciano a esistere milioni di persone – tendenzialmente la maggioranza nella vasta area del mondo attual-mente industrializzata – che per un verso o per un altro è fuoriuscita da questi canoni, costruendosi forme nuove, talvolta improvvisate, di regolazione o di non-regolazione. Forme che, col tempo e con

l’out-sourcing postfordista, sono cresciute, e che ormai non sono più

ecce-zioni, interessando l’assetto del sistema in quanto tale” (Grandinetti & Rullani, 2011, p. 27).

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche Queste e altre domande ci stanno accompagnando in questi anni di studio e ricerca e man mano che entriamo nell’argomento gli interrogativi aumen-tano, facendoci al contempo vedere nuove strade.

3.1. La normativa italiana

Non intendiamo qui parlare del Decreto Legislativo 163/2006, riguardante due distinti istituti: quello dei laboratori protetti e quello dei programmi di lavoro protetti, quanto piuttosto fare un breve riferimento alla Legge 68/1999 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”7. Questa legge italiana non ha rappresentato solamente il superamento della normativa precedente, la Legge 482/1968, ma, abbandonando una filosofia che potremmo definire assisten-zialistica e paternalistica, ha strutturato le nuove norme impostandole sul principio di un collocamento del disabile che rispetti le potenzialità lavorative del lavoratore stesso senza, nel contempo, penalizzare le aspettative del-l’azienda che l’assume. Il concetto chiave che viene ad essere così introdotto in ambito giuridico è quello del collocamento mirato quale insieme di azioni e strumenti finalizzati alla personalizzazione degli interventi a sostegno all’in-serimento lavorativo delle persone disabili, con l’attivazione di azioni e pre-disposizione di strumenti da parte dei servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio. Ecco che l’introduzione di questa legge porta ad un cambiamento di visione, perché l’attenzione si sposta da un insieme di pro-cedimenti amministrativi ad un percorso anche di integrazione lavorativa nei contesti produttivi, come strategia atta a porre al centro la relazione dinamica fra la tipologia di disabilità che caratterizza il cittadino interessato e il quadro delle sue capacità in un contesto produttivo esso stesso in costante evolu-zione.

Senza riprendere la legge nella sua interezza ricordiamo che sono tre i re-quisiti richiesti per usufruire della legge sul diritto al lavoro dei disabili:

7 Per il testo integrale della legge si invita a consultare il sito web del Parlamento al seguente link: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/99068l.htm

Anagrafici

Età minima 15 anni, purché sia assolto l’obbligo scolastico, e mantenimento del diritto sino all’età pensionabile

Soggettivi

Persone in età lavorativa affette da una o più minorazioni fisiche, psichiche, sensoriali e portatori di disabilità intellettiva, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, persone invalide del lavoro con grado di invalidità superiore al 33%, inoltre: vedove, orfani, profughi ed equiparati ad orfani, nonché i soggetti individuati dalla legge 407 del 1998 (vittime del terrorismo e della criminalità organizzata)

Stato sociale Essere disoccupati (eccezion fatta per la partecipazione a concorsi pubblici)

i ni i i h i i l b b l l i c i ffi a r g a An i m à Et co, i ast scol onabi pensi vi i t t Sogge one s r Pe che, si fi ttiv lle te in tiv ra o v la grado con pr , fani or u id iv d in m ris rro te 15 a m ni i ann,i purché sia di del o ent m eni ant m e co, e l onabi una da e t t e ffe fff a va i t a vor a l à t e n i one por e i al i sensor che, chi psi rtin o p m o c e h c , a

ttiv o una riduzi e n o rs e p , % 5 4 l a re rio e p u s a tiv 33% al ore superi à t di i nval i di grado fani or ad i at par equi ed ofughi pr l e d 7 0 4 e g g le lla a d ti a u z iz n a rg o lità a in rim c lla e d e o m o g i l b b o ’ l o t l o s s a a à ’et l al no si o t t ri di oni i z a nor i m ù pi o una à t i l sabi di di i or at t por à t capaci a l del one duzi ro o v laa l e d e lid a v inv vedove, re: t nol i , 33% i t sogget i nonché , fani l e d e ittim (v 8 9 9 1 ) ta a e al i oc s o at St Esconcorsiseredi rg r pe a t t a ffa on i z e c c e ( i t upa c oc s di ) ci i pubbl concorsi ) a one i z pa i c e t r pa a l r

Tab. 4 Requisiti essenziali per poter usufruire della legge sul diritto al lavoro dei disabili

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3.2 Soggetti obbligati all’assunzione e quota d’obbligo

Le imprese, ogni anno (precisamente entro il 31 gennaio), hanno l’obbligo di trasmettere all’Ufficio Collocamento Obbligatorio della propria Provincia il prospetto riepilogativo dei dipendenti in forza. In questo prospetto informativo sono contenute le informazioni per la verifica degli obblighi sull’assunzione di personale diversamente abile:

Tab. 5 Percentuali di inserimento definite dalla legge italiana

L’adempimento, che avviene una procedura on line presso la Provincia di competenza, deve contenere la situazione occupazionale dell’azienda foto-grafata al 31/12 dell’anno precedente facendo esplicito riferimento a questi punti:

• il numero dei lavoratori (tutti i lavoratori con esclusione dei disabili già presenti in azienda, degli apprendisti e dei dirigenti; i part time si compu-tano in relazione alla percentuale di lavoro);

• il numero ed i nominativi dei lavoratori disabili già presenti in azienda; • il numero dei lavoratori appartenenti a categorie protette;

• i posti di lavoro disponibili per i disabili ed eventuali autorizzazioni con-cesse per esonero o compensazione territoriale.

Qualora l’impresa non adempisse questi obblighi è prevista una sanzione amministrativa data in base all’Art. 15 e pari a Euro 516 per ritardato invio, maggiorata di 26 euro per ogni giorno lavorativo e per ogni avente diritto non assunto. Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui insorge l’obbligo di as-sumere lavoratori disabili, per ogni giorno in cui risulti scoperta la quota dell’obbligo, il datore di lavoro è tenuto a versare la somma di 52 euro al giorno e per ciascun lavoratore disabile non occupato.

Attualmente questa legge, pur essendo sicuramente all’avanguardia, pre-vede una sanzione poco onerosa per le imprese inadempienti che, in qualche

Roberta Caldin, Valeria Friso

8 Per la determinazione del numero dei disabili da assumere, non sono computabili: i diri-genti, i lavoratori assunti con contratto di formazione lavoro, di reinserimento, di appren-distato, con contratto di lavoro a domicilio, di telelavoro, i contratti a termine di durata inferiore o pari a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i lavoratori tem-poranei, i lavoratori distaccati all’estero, lavoratori già in forza come disabili o altre cate-gorie. Possono essere computati nella quota d’obbligo i lavoratori diventati disabili in costanza di rapporto di lavoro che hanno subito una riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 60% purché non siano diventati inabili a causa dell’inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di si-curezza ed igiene del lavoro.

Dimensione dell’azienda Inserimento persone disabili8

da 15 a 35 persone 1 disabile da 36 a 50 persone 2 disabili

da 51 a 150 persone 7% (disabili) e un altro beneficiaro della legge 68/99 oltre 150 persone 7% (disabili) 1% di altri beneficiari della legge 68/99

d n e i z a l l e d e n o i s n me Di 35 a 15 da persone 50 a 36 da persone 150 a 51 da persone 150 e r t ol persone a d Inserimento person e l sabi di 1 i l sabi di 2 al un e ) i l sabi di ( 7% 9 /9 8 6 e g g le al di 1% ) i l sabi di ( 7% 9 /9 8 6 e g g le i l i sab i d e erson 8 a l del o ar ci benefi o r t al a l del i ar ci benefi i r t al b a n g g p n g u , 1 o

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche occasione, preferiscono pagare questa quota anziché intraprendere un’assun-zione di una persona disabile. Le Province, quali enti locali deputati al mo-nitoraggio e all’incontro tra imprese e persone con disabilità, stanno cercando di muoversi in modo autonomo per cercare di sensibilizzare le aziende e creare percorsi di sostegno e affiancamento. Questo non prima di aver trovato modalità di monitoraggio costante della situazione e di aver creato reti al-meno con i S.I.L. (Servizi di Integrazione Lavorativa) delle Aziende ULSS appartenenti al proprio territorio.

Essendo questa una legislazione giovane, i progetti e i programmi di in-serimento lavorativo di persone con disabilità o svantaggio rappresentano una pratica relativamente recente. Ultimamente sono stati effettuati percorsi9 in cui gli interrogativi sempre più partono dal considerare la persona e non solo il contesto, hanno inizio da un’analisi dei bisogni e non guardano solo ad una rilevazione degli esiti. Ci si chiede, quindi, innanzitutto quanto e se il percorso di inserimento lavorativo porta a un miglioramento della qualità della vita della persona.

Il lavoro, come abbiamo avuto modo di disquisire, è sempre un “compro-messo”, l’esito di una negoziazione tra le esigenze soggettive della persone e le richieste di adattamento dell’organizzazione.

Con Carlo Lepri, ricordiamo che la distanza tra questi due poli è sogget-tiva ed è condizionata da diversi fattori:

Tab. 6 Fattori che intervengono nella definizione dell’identità

Carlo Lepri nei suoi interventi e nei suoi scritti sottolinea come gli aspetti metodologici siano legati al fatto che una buona legge è importante, ma da sola non è sufficiente; che apprendere a lavorare è diverso dall’imparare un lavoro e che è indispensabile la formazione continua. Gli aspetti psicosociali, invece, si riferiscono alle relazioni interpersonali da una parte e dall’altra al-l’incontro con le proprie capacità e i propri limiti. In quest’ambito, si trovano anche elementi profondi di interpretazione della realtà, come ad esempio il

9 Ci riferiamo, in particolare, a progetti complessi e compositi quali ad esempio gli ultimi Progetti Equal promossi dall’Azienda ULSS 16 di Padova SOLE (Strategie per l’Occupa-zione Sostenibile), NAUTILUS (Nuove Rotte per l’Inserimento Lavorativo).

Culturali

Il sistema di valori I pregiudizi Le rappresentazioni Organizzativi e Professionali

Struttura, regole, potere, clima, ruoli Compiti, ritmi, tempi, flessibilità Scolarizzazione, formazione Ambiente, servizi

Psicologici

Livello della maturità socio emotiva Qualità della socializzazione Capacità di “sense making” Incontro con il “limite” Ruolo della famiglia

i l a r u t l Cu s s e ffe o r P e i v i t a z z i n a g Or r alo i v a d Il sistem i izi d iu reg I p oni i z a nt e s e ppr a r Le i l a n o i r e pot , e gol e r , a ur t ut r St ,i mp e t , mi t i r ,i t i mp Co a m or ffor , one i z a z z i r a ol Sc i z i v rrv e s , e t n e i Amb à t i t l l de l l Li fle,clima,ruoli r à t i l i b i s s e l f one i z a i ot i i c ogi ol c i Ps à t i ur t a m a l l de o l l ve Li i c o s a l l e d à t i l a Qu alizzazi ma e s n e s “ i d à t i c a p Ca ite” lim il “ n co tro n co In a i l g mi a ffa a l l e d o l o Ru va i ot m e o i oc s one zzazi ” g n i k ite” à d c m d o i

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significato intrinseco che viene dato al lavoro e si intrecciano continuamente le due facce della stessa medaglia che porta a considerare, contemporanea-mente e senza soluzione di continuità, l’identità personale e la rappresenta-zione sociale.

D’altra parte, quando si riflette intorno al lavoro, è necessario ricordare che per raggiungere l’obiettivo ci attendono due impegni. Da una parte, c’è il compito per espletare il quale sono necessarie le competenze, la capacità di creare soluzioni e, quindi, la produzione dei risultati, dall’altra ci sono le relazioni quali elementi da saper interagire positivamente con consapevolezza attraverso la capacità di gestire scambi personali e professionali. La relazione, infatti, è da intendersi come un pensiero che viaggia, non solo un insieme di emozioni. Quando agevolo la crescita delle persone in modo equilibrato e faccio sì che non siano schiacciate da un clima pesante o dal non avere chiaro l’obiettivo da raggiungere, è più facile che si verifichi uno sviluppo personale che produce uno sviluppo organizzativo.

3.3 Applicazioni dell’inserimento. Il ruolo del S.I.L.

Per approfondire il tema dell’inserimento lavorativo e la sua applicazione ab-biamo avuto modo di intervistare la dottoressa Patrizia Sartori, responsabile del S.I.L. (Servizio di Integrazione Lavorativa) dell’Azienda ULSS 16 di Pa-dova. Le principali attività di questo Servizio sono quelle rivolte ad accom-pagnare il disabile nel suo percorso di autonomia e incontro con la società attraverso il lavoro. I principi guida che stanno alla base dei servizi offerti possono essere riconosciuti nella volontà di porre al centro la persona con disabilità con i suoi valori e le sue risorse e, non meno, ricercare costante-mente la loro effettiva partecipazione al mondo del lavoro, considerando que-sto processo un elemento concreto di un più ampio e generale processo di integrazione sociale. I compiti del S.I.L. sono previsti a livello regionale e quello dell’Azienda ULSS di Padova è normato dalla Delibera della Giunta Regionale n.3350/01:

• conoscenza e valutazione delle potenzialità e dei bisogni individuali delle persone e delle aziende;

• programmazione e gestione di percorsi individualizzati di integrazione lavorativa per un positivo incontro tra domanda e offerta;

• monitoraggio delle esperienze;

• promozione di iniziative di informazione e sensibilizzazione;

• promozione di collaborazioni fra soggetti istituzionali, del mondo im-prenditoriale, del sistema di formazione professionale e della cooperazione sociale, del volontariato e delle associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari.

La strategia principale in base alla quale il S.I.L. opera è il lavoro in rete, che implica una connessione con le diverse realtà istituzionali e con le risorse del territorio e che guida sia gli interventi di tipo promozionale e progettuale, che la presa in carico delle singole persone. Questo può avvenire se vi è

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche un’ottica di progetto, che comporta l’individuazione dei bisogni del singolo e del suo contesto sociale, l’adozione di strategie flessibili, la verifica dei ri-sultati raggiunti attraverso un coinvolgimento attivo della persona, con la sua famiglia, e il riconoscimento e lo sviluppo delle sue competenze.

Destinatari di specifici interventi del S.I.L. sono tutte quelle persone con disabilità accertata dall’apposita Commissione Sanitaria ai sensi delle norma-tive vigenti e altre persone su delega dei Comuni, in situazione di svantaggio sociale. C’è un accordo di programma con la Provincia di Padova che stabi-lisce che al S.I.L. arrivano le persone che hanno bisogno di tutoraggio e ac-compagnamento, mentre le persone meno “complesse” accedono direttamente alle normali procedure di incontro domanda – offerta, quindi, al collocamento mirato senza supporto, direttamente in Provincia allo spor-tello “Categorie Protette”. Questa distinzione viene eseguita dalla Commis-sione della Legge 104/92 che ha il compito di operare un accertamento delle condizioni di disabilità attraverso un profilo funzionale della persona e di dare una risposta sintetica che distingue tre possibili situazione:

• la persona non è attualmente collocabile; • la persona è collocabile senza supporto;

• la persona è collocabile, ma con interventi di supporto e mediazione. Queste ultime persone arrivano al S.I.L. e, per queste, il Servizio pro-gramma attività ad hoc sempre pensate e condotte con una progettualità che veda il singolo protagonista della propria vita, ma che consideri anche l’am-biente e il territorio nel quale si va ad agire. A titolo esemplificativo aggiun-giamo di seguito una tabella (Tab.7) che schematizza le due priorità che l’Azienda ULSS 16 si è proposta per le annualità 2011-2015 in quest’am-bito.

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Roberta Caldin, Valeria Friso

PRIORITÀ

POLITICHE

SCELTE OPERATIV

E

MACRO AREE DI RIFERIMENTO

INDICATORI R is c h io d i d is c o n tin u ità n e l p ro g e tt o in d iv id u a li z z a to n e l p a ss a g g io t ra m o n d o d e ll a s c u o la e m o n d o d e l la v o ro In d iv id u a re f o rm e d i racco rd o tra scu o la e m o n d o d e l la v o ro A z io n i d i m a n te n im e n to 7 .A 1 P ro se c u z io n e d e ll e a tt iv it à in e ss e re d e l S e rv iz io d i O ri e n ta m e n to a ff e re n te a l S IL A z io n e d i p o te n z ia m e n to 7 .A 2 P o te n z ia m e n to d e g li a c c o rd i c o n le is titu z io n i sc o la stic h e p e r la v a lu ta z io n e e la p re d is p o si z io n e d e i p e rc o rs i d i o ri e n ta m e n to , a l fi n e d i a ss ic u ra re la c o n tin u ità d e i p e rc o rs i n e l p a ss a g g io d a ll a f a se sc o la stic o -f o rm a ti v a a q u e ll a la v o ra ti v a A z io n i d i in n o v a z io n e 7 .A 3 S p e ri m e n ta z io n e , in c o lla b o ra z io n e tr a is titu z io n i sc o la stic h e e s e rv iz i, d i p e rc o rs i d i a u to n o m ia e d i in te g ra z io n e so c ia le a f a v o re d i m in o ri e a d o le sc e n ti c o n d is a b ilità S o ste n e re g li in te rv e n ti riv o lti all’integ razion e - A z ie n d a U L S S - S c u o le - P ri v a to s o c ia le - n . u te n ti i n c a ri c o a l se rv iz io d i o rie n ta m e n to - n . a c c o rd i c o n is ti tu z io n i sc o la st ic h e - n . a c c o rd i c o n s tr u tt u re so c ia li p e r o rie n ta m e n to S c a rs a p o ss ib ilità d i in se ri m e n to l a v o ra ti v o e risch io d i u scita dal m e rc a to d e l la v o ro (l ic e n z ia m e n to o d im is si o n i v o lo n ta ri e ), i n c o n se g u e n z a d e lla c ris i e c o n o m ic a e /o d i a g g ra v a m e n to d e lle cond iz io n i d i sa lu te d e ll e per sone o S v ilu p p a re le o p p o rtu n ità d i in se ri m e n to n e i c o n te sti d i la v o ro , so st e n e re il m a n te n im e n to d e l p o st o d i la v o ro e o ff ri re o p p o rt u n it à d i ri c o ll o c a m e n to i n c o n te sti a lte rn a tiv i A z io n i d i p o te n z ia m e n to 1 8 .B 1 p ro m o z io n e d e ll ’a ccordo d i p ro g ra m m a s ti p u la to n e ll ’a m b it o d e l p ro g e tt o I ri s, i n c o lla b o ra z io n e c o n le P .A . d e l T e rr it o ri o e l a c o o p e ra z io n e so c ia le 1 8 .B 2 p ro se c u z io n e d e ll ’a tt iv it à d i c o o rd in a m e n to p e r lo sv ilu p p o d i m o d a lità o m o g e n e e d i in te rv e n to n e l te rr it o ri o , a segu it o d e ll ’u n if ic a z io n e c o n l’ a re a d e ll a S a c c is ic a S o ste n e re g li in te rv e n ti ri v o lt i a ll ’i n te g ra z io n e - A z ie n d a U L S S - P ri v a to s o c ia le - P ro v in c ia - P ri v a to - n . p ro to c o ll i a v v ia ti

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche 1 8 .B 3 r in n o v o d e l p ro to c o ll o d ’i n te sa t ra l a P ro v in c ia d i P a d o v a e le U L S S p ro v in c ia li 1 8 .B 4 r in n o v o d e i p ro to c o ll i d ’i n te sa c o n D IS M e S E R T 1 8 .B 5 p o te n z ia m e n to d e g li in te rv e n ti d i so st e g n o in d iv id u a le e d i g ru p p o p e r il m a n te n im e n to d e l p o st o d i la v o ro 1 8 .B 6 r e a li z z a z io n e d i p e rc o rs i fo rm a ti v i, i n c o ll a b o ra z io n e c o n e n ti d i fo rm a z io n e 1 8 .B 7 u so d i in c e n ti v i a d a z ie n d e e c o o p e ra tiv e s o c ia li p e r p ro g e tt i d i in te g ra z io n e s o c ia le che prevedono support o e tu to ra g g io a ll a p e rs o n a i n se ri ta A z io n i d i in n o v a z io n e 1 8 .B 8 p ro m o z io n e d i a c c o rd i c o n le a z ie n d e p ro fit, p e r l’ a p p li c a z io n e d e g li s tr u m e n ti p re v is ti d a ll a n o rm a ti v a ( a rt . 1 2 e 1 2 b is L . 6 8 /9 9 , a rt. 1 4 D . L g s. 2 7 6 /0 3 ) 1 8 .B 9 p a rt e c ip a z io n e a ll a sp e ri m e n ta z io n e I C F (C la ss if ic a z io n e I n te rn a z io n a le d e l F u n z io n a m e n to , D is a b il it à e S a lu te ) p e r l’ u tiliz z o d e llo str u m e n to p e r l’ in se ri m e n to la v o ra ti v o 1 8 .B 1 0 i n te rv e n ti d i riab ilitazion e e/o riq u alificazion e, d a attivare in str e tta c o lla b o ra z io n e c o n i se rv iz i so c io s a n it a ri , p e r c o n se n tir e il m a n te n im e n to d e l p o st o d i la v o ro o l a ri c o ll o c a z io n e i n a lt ro c o n te st o la v o ra ti v o . T a b . 7 P o lit iche d i in ter v en to p re v ist e d al P ian o d i Zo n a A U lss 16 2011-2015 (La ta bella i n teg ra le è reper ibi le su l “Pi an o di zo n a 2011-2015” sti la to da Reg io n e del V en eto A Ulss 16 P ado v a e Co n fer en za dei Si n da ci dei Co m u n i dell’ A Ulss 16)

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All’interno di progetti finanziati dal FSE esistono, oltre alla formalizzazioni di diversi rapporti con il territorio, piccoli interventi di formazione ad hoc. Le aziende che assumono disabili ad ogni modo sono obbligate a coinvolgere anche i lavoratori disabili nei loro processi di formazione. Questo se fino a poco tempo fa poteva essere alle volte un problema anche semplicemente per il linguaggio tecnico non sempre di facile comprensione, oggi si supera questo scoglio per il fatto che, insieme alle persone disabili, ci sono altre ca-tegorie svantaggiate che hanno necessità di queste attenzioni. Questo della formazione in azienda per i S.I.L. è un tema un po’ nuovo in un ambito, come abbiamo detto, giovane e, quindi, le diverse Aziende ULSS si stanno muovendo in modo diversificato: c’è chi ha proposto dei corsi propedeutici di introduzione ai temi in modo da facilitare poi la comprensione degli stessi durante i corsi aziendali, chi decide di far affiancare il lavoratore da un ope-ratore del S.I.L. stesso.

Per i tutor aziendali ogni S.I.L. si organizza secondo le esigenze del proprio territorio e dei propri utenti. L’Azienda ULSS 16 ha, ad esempio, effettuato una specifica formazione individualizzata per ciascuno organizzando materiali appositi e incontrando in più occasioni i tutor. Queste figure, oltre ad avere degli obblighi verso la persona che affiancano, sanno anche quali sono gli obblighi di questi ultimi e hanno a disposizione un diario di bordo, una scheda di valutazione utile al monitoraggio dell’esperienza lavorativa e un’au-tovalutazione.

Contemporaneamente, si sono creati dei momenti di formazione in co-mune tra tutti i tutor aziendali che, ovviamente, arrivavano da aziende diverse. Tutto questo processo, reso possibile da un progetto FSE, è stato indispensa-bile per il S.I.L. al fine di provare a creare una sistematizzazione degli inter-venti formativi e ha permesso una riflessione non indifferente all’interno del servizio. L’aver posto al centro la persona disabile ha portato ad impostare una formazione per i tutor aziendale che producesse un processo di appro-fondimento e, allo stesso tempo, di scambio in un clima di reciprocità e dia-logo. Alcune di queste fasi e di questi strumenti sono diventati operativi e sempre presenti ora all’interno della formazione e dell’affiancamento previsto dei lavoratori disabili.

Dialogando con la responsabile del S.I.L. e addentrandoci in questo mondo notiamo che, pur essendo questa materia in divenire realtà giovane, stanno iniziando interessanti riflessioni intorno alle modalità e agli approcci che i lavoratori disabili hanno verso la formazione, in particolare quando questa avviene in azienda. Si ragiona sull’affiancamento on the job, sulla for-mazione specifica, ma al momento è molto difficile monitorare quelle situa-zioni in cui i lavoratori disabili (e non) insieme compiono percorsi formativi.

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Studium Educationis •anno XIII - n. 3 - ottobre 2012 • studi e ricerche

4. Conclusioni e prospettive

Percorsi ampi di ricerca e di intervento, attraverso lo sviluppo di reti tra servizi e aziende del territorio, possono aiutare ad individuare aspetti e situazioni che contribuiscono all’evoluzione dell’ambito di cui ci occupiamo. Queste ricerche, quando vengono sistematizzate, potrebbero permettere di indagare se e quanto il lavoro “preparatorio” agli inserimenti lavorativi – l’“imparare a lavorare” – incida sull’aumento delle assunzioni (Strategia Europea 2010 -2020). È auspicabile che, anche a livello europeo, vengano avviate sperimen-tazioni di accordi mirati tra istituzioni e aziende locali, utilizzando anche le risorse previste dal FSE. In questa direzione, le autrici stanno lavorando con-vinte che diventi sempre più pressante dare risposte strategiche e coordinate al compito di rendere tangibile un lavoro di rete non solo sul piano logi-stico/economico ma, soprattutto, offrendo competenze professionali specifi-che e sperimentate specifi-che vanno ad integrarsi con quelle accademispecifi-che (Caldin & Friso, 2012). Il mercato del lavoro necessita di centri di informazione/for-mazione in cui avviare, ad esempio, percorsi formativi per tutor aziendali – quali figure chiave di facilitazione del processo di inclusione – in cui vengono realizzati ed implementati strumenti di monitoraggio per esperienze di al-ternanza scuola-lavoro, coinvolgendo fin dalla fase iniziale di progettazione i professionisti e i destinatari stessi.

Questo è sicuramente un percorso innovativo, in cui le potenziali aree e mercati di applicazione dei risultati dei progetti dovrebbero contribuire alla sperimentazione di forme di inserimento lavorativo in ambiti diversi dai tra-dizionali e in settori maggiormente diversificati (piccole realtà territoriali ar-tigiane, situazioni facilitate dalle tecnologie ecc.). L’integrazione verrebbe così a diventare un vero e proprio processo educativo che si trasforma in au-tentica educazione inclusiva se lo stesso viene accompagnato da un pensare

spe-ciale (Montuschi, 2004), che restituisce responsabilità e impegno all’intera

comunità, sollecitandola ad ampliare la sfera della partecipazione sociale delle persone con disabilità, senza rinunciare al protagonismo di queste ultime, al-l’interno del loro progetto di vita nella direzione di uno scambio sempre più puntuale sia sul piano teorico sia nella dimensione operativa (Caldin & Succu, 2004).

Proprio in questo senso riteniamo importante affrontare la questione del lavoro di persone disabili fin dalla giovinezza, quindi sia durante gli anni ado-lescenziali del percorso scolastico, sia a partire dalla fine dell’esperienza sco-lastica (Caldin & Cavalluzzo 2008a; 2008b). Per progredire in quest’ambito sono indispensabili percorsi di ricerca che possano individuare processi effi-caci ed efficienti per la promozione dell’inclusione sociale e che intendano il lavoro come una capability a cui tutti hanno diritto e che l’intera comunità deve garantire, attraverso l’assunzione di una responsabilità diffusa e differen-ziata (Sen, 2005).

In realtà, già molto si fa e spesso la direzione presa da parte di aziende, istituzioni e associazioni è la stessa, ma manca un’armonizzazione nei modi, una coincidenza nei tempi e una scelta d’insieme sugli spazi. La ricerca e la

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formazione sono chiamate sempre più ad aiutare questi elementi a procedere insieme verso una reale inclusione rafforzando e concretizzando volontà che spesso rimangono incapaci di vera progettualità e realizzabilità.

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Figura

Tab. 2 Persone con disabilità e popolazione totale di 15 anni e più che vivono
Tab. 3 Persone di 15 anni e più per sesso, classe d’età, presenza di disabilità
Tab. 4 Requisiti essenziali per poter usufruire della legge sul diritto  al lavoro dei disabili
Tab. 5 Percentuali di inserimento definite dalla legge italiana
+2

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