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Il sicilian journal di Lord William Bentinck (1812-1814)

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(1)

U

NIVERSITÀ DEGLI

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TUDI DI

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DOTTORATO DI RICERCA

IN SCIENZE UMANISTICHE E DEI BENI CULTURALI

XXVI CICLO

AGATA

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(1812-1814)

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ILITELLO

(2)

2

INDICE

Introduzione ... 3

CAP. I: Bentinck e la Sicilia del “decennio inglese”, (1806-1815) ... 22

1.1 Gli Inglesi nel Mediterraneo ... 22

1.2 La Sicilia nei primi anni dell’Ottocento ... 31

1.3 Lord Bentinck in Sicilia ... 44

CAP. II: IL SICILIAN JOURNAL DI LORD WILLIAM BENTINCK ... 62

2.1 Un uomo, il suo diario ... 62

2.2 Le élites nel Journal ... 75

2.3 Dal diario alle epistole: Balsamo e la corrispondenza a Bentinck ... 92

CONCLUSIONI ... 114

FONTI E BIBLIOGRAFIA ... 123

APPENDICE I... 141

APPENDICE II ... 605

(3)

3

Introduzione

Il presente lavoro mira a far luce su un personaggio complesso e abbastanza

discusso, il ministro plenipotenziario inglese Lord William Bentinck,

attraverso l’analisi delle pagine del suo Sicilian Journal, il diario ancora

inedito che scrisse negli anni di permanenza in Sicilia (1812-1814),

attualmente conservato, insieme ad altri numerosissimi documenti dello

stesso, relativi non solo a quegli anni (7000 circa) ma a tutta la sua carriera

diplomatica e militare, presso l’archivio della Nottingham University Library

(UK), quale lascito dei duchi di Portland, eredi di Bentinck. Si prenderanno in

considerazione anche alcune lettere rinvenute durante la ricerca, anche queste

inedite, rivolte a Bentinck, scritte dall’abate Paolo Balsamo, personaggio di

spicco della intelligentsia siciliana di quegli anni.

(4)

4

Lord Bentinck, comandante delle forze inglesi nel Mediterraneo prima (e delle

forze congiunte anglo-siciliane, in seguito) nonché ministro plenipotenziario

alla corte siciliana, fu inviato in Sicilia dalla corona britannica nell’ultima fase

-la più critica- del cosiddetto decennio inglese (1806-1815), allorquando la

Gran Bretagna decise di intervenire a difesa dei Borbone costretti a lasciare

Napoli ai francesi e trovare rifugio nell’isola tricuspide, sotto la protezione

(militare oltre che economica) dell’esercito inglese nel Mediterraneo. Poco da

aggiungere sulle motivazioni che spinsero l’Inghilterra ad intervenire in

Sicilia: alla base, questo è chiaro, motivi di carattere economico, strategico e

culturale.

Ha inizio così il “virtual protectorate” conosciuto come decennio inglese

(1806-1815), «periodo in cui le vicende dell’Inghilterra e della Sicilia sono

state più strettamente congiunte che in ogni altra epoca della loro storia […].

(5)

5

Si trattò, ovviamente di relazioni che ebbero un peso ben diverso nel destino

dei due paesi: ché se per la Sicilia l’occupazione inglese è legata a momenti

fondamentali della sua storia sociale e politica, di decisiva importanza anche

per le successive vicende risorgimentali, assai minor peso potevano avere

quegli episodi per l’Inghilterra, impegnata nella gigantesca lotta contro il

sistema napoleonico»

1

. Frutto legislativo di quegli anni fu la costituzione del

1812.

Numerosi e divergenti sono i contributi di molteplici studiosi contemporanei

circa la presenza della Gran Bretagna nella Sicilia dei primissimi anni

dell’Ottocento e la successiva redazione della Costituzione siciliana del 1812.

1 R. ROMEO, Recensione al testo di J. ROSSELLI, Lord William Bentinck and the British

(6)

6

L’opera che si «conferma uno dei grandi libri che la storiografia italiana ha

prodotto nel secolo né solo per il vigore della scrittura, la vastità della ricerca,

l’importanza dei risultati, ma soprattutto per la genialità dell’interpretazione»

2

è Il Risorgimento in Sicilia di Rosario Romeo, definita da Giuseppe Giarrizzo

«opera fondativa di un indirizzo»

3

. Fosse solo per l’aver riconosciuto nella

Sicilia dell’epoca una sorta di giacobinismo isolano che la liberasse dalla

consueta erronea formula della “Sicilia lieta di non aver conosciuto la

Rivoluzione francese” le cui idee, invece, penetrarono laddove «andava

2 G. GIARRIZZO, 1812: Sicilia inglese?, in A. ROMANO (a cura di), Il modello

costituzionale inglese e la sua recezione nell’area mediterranea tra la fine del 700 e la prima metà dell’800. Atti del seminario internazionale di studi in onore di Francisco Tomas Y Valiente (Messina, 14-16 novembre1996), Milano 1988.

3 G. GIARRIZZO Rosario Romeo e «Il Risorgimento in Sicilia» in S. BOTTARI (a cura di), Rosario Romeo e «Il Risorgimento in Sicilia»: bilancio storiografico e prospettive di

(7)

7

formandosi una nuova classe media di proprietari terrieri: era perlopiù da

questa classe che provenivano i pochi giacobini degli anni 1790 e i leaders del

futuro movimento democratico del 1813»

4

. E non solo: «avanza con la

borghesia delle professioni un ceto dirigente (avvocati, notai, medici) che già

controlla il potere locale e opera per differenziare socialmente il ceto rurale,

mentre ne politicizza i gruppi interessati alla questione demaniale»

5

. Lo stesso

Giarrizzo, a tal proposito, ci dà conferma che “l’iniziativa politica tra il 1812 e

il 1813 è dei democratici e non già del partito inglese che pur dispone di

adesioni borghesi”

6

.

4 R. ROMEO, Il Risorgimento in Sicilia, Laterza, Roma Bari 1950. 5 G. GIARRIZZO, 1812: Sicilia inglese?, cit.

(8)

8

Romeo, dunque, funge da spartiacque nell’ambito della storiografia del

risorgimento isolano e proprio dagli anni ’50 si fa luce in modo differente.

Fino a quel momento, per oltre un secolo, sebbene «esisteva già una robusta

impostazione storiografica, che Romeo poteva riprendere»

7

- ci si riferisce, per

dirla con sue parole, sia a «lavori dei contemporanei, (...) taluni scritti di

uomini più avanzati del movimento costituzionale» quali Balsamo

8

, Palmeri

9

,

Aceto

10

e Paternò Castello

11

, sia a studi condotti da contemporanei

12

-, la

7 M D’ANGELO, Romeo e la Sicilia inglese, in S. BOTTARI, Rosario Romeo e il

Risorgimento..., cit., p 144.

8 P. BALSAMO, Sulla Istoria moderna del Regno di Sicilia. Memorie segrete (1816), Palermo 1848.

9 N. PALMERI, Saggio storico e politico sulla costituzione del Regno di Sicilia infino al

1816, Lausanne 1848.

10G. ACETO, Della Sicilia e dei suoi rapporti con l’Inghilterra nell’epoca della

(9)

9

presenza inglese in Sicilia necessitava ancora di «una prospettiva innovativa,

rettificando antichi stereotipi e allargando il campo anche alle ricerche degli

studiosi inglesi»

13

. Nel riconsiderare dunque i rapporti tra Sicilia e Gran

Bretagna negli anni che precedettero la Costituzione siciliana del ’12, che

11 F. PATERNO’ CASTELLO, Saggio storico politico sulla Sicilia dal cominciamento del

secolo XIX sino al 1830, Catania 1848.

12 Per gli studi sulla Sicilia inglese prima del 1950 si vedano le ricerche condotte da G. BIANCO, La Sicilia durante l’occupazione inglese (1806-1815), Reber, Palermo 1902; F. GUARDIONE, Il Risorgimento italiano: la Costituzione del 1812 in Sicilia in «Rivista d’Italia», Roma 1912; N. NICEFORO, E. DEL CERTO, La Sicilia e la Costituzione del

1812 in «Archivio Storico Siciliano», Palermo 1913, 1914, 1915, 1917, 1922, 1924, 1925;

H. M. LACKLAND, The failure of the Constitutional Experiment in Sicily 1813-14, in «The English Historical Review», Oxford 1926; V. TITONE, La costituzione del 1812 e

l’occupazione inglese della Sicilia, Cappelli, Bologna 1936; E. PONTIERI, Il tramonto del baronaggio siciliano, Sansoni, Firenze 1943, L. TOMEUCCI, Il tramonto della nazione siciliana. La sicilia e i Borboni (1806-1816), Ferrara, Messina 1949.

(10)

10

considerava «il momento originario, sul piano politico del Risorgimento

isolano»

14

«Romeo sgombrava il campo da quelli stereotipi politici, culturali e

storiografici che in quasi un secolo e mezzo si erano cristallizzati sui due

termini di occupazione inglese e tradimento»

15

da parte del governo inglese

nei confronti delle speranze dei siciliani, una volta esauritasi la fase

costituzionale.

In seguito a Romeo, un nuovo filone di ricerche si è aperto, analizzando la

relazione economica tra Sicilia e Gran Bretagna La presenza inglese sull’isola

e i suoi riflessi sull’economia siciliana sono state, infatti, oggetto di studio a

partire dagli anni ’70, quando il ritrovamento della corrispondenza

commerciale della ditta Ingham e di altri inglesi in Sicilia, mossi dalla ricerca

14 R. ROMEO, Il Risorgimento..., cit., pp 120-121.

(11)

11

e dagli studi storiografici precedenti, hanno avuto un impulso decisivo,

testimoniando come la Sicilia stesse assumendo sempre più il ruolo di

potenziale risorsa commerciale e militare nei rapporti con la Gran Bretagna

imponendosi, in quella congiuntura, come primaria e, in fondo, obbligata

alternativa, riproponendo il problema della stessa regolamentazione dei

rapporti tra i due regni

16

. In particolare «il decennio 1806-1815 rappresentò

una svolta significativa collegando Sicilia e Gran Bretagna in un tessuto di

rapporti non solo politici ma, anche economici, sociali e culturali perduranti

16 Cfr. M. D’ANGELO, Mercanti inglesi in Sicilia (1806-1815), Giuffrè, Milano 1988. Inoltre cfr. R. BATTAGLIA, Considerazioni conclusive sugli Inglesi e la Sicilia negli esiti

dei seminari su Ingham e i Whitaker, in R. LENTINI e P. SILVESTRI (a cura di) «Atti del

seminario di studio: I Whitaker di villa amalfitano », pubblicato dalla fondazione Giuseppe Whitaker con il patrocinio dell’Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione della Regione Sicilia, dicembre 1995.

(12)

12

molto dopo l’Unità»

17

. «E’ a partire dal 1806, con l’arrivo degli inglesi, che il

commercio registra un’improvvisa accelerazione che ne muta dimensioni e

caratteristiche. Gli inglesi, infatti, si rivolsero sempre più al mercato siciliano

per il rifornimento delle truppe e della flotta dislocata nel Mediterraneo»

18

oltre che, più avanti, «come tappa di carico prima di intraprendere la rotta

atlantica che li porterà in Sud America»

19

Così «la Sicilia borbonica, al pari di

Malta, divenne per gli Inglesi non solo base militare di importanza strategica

nel Mediterraneo -soprattutto dopo l’introduzione del “Blocco Continentale”

imposto da Napoleone per limitare e penalizzare le attività mercantili della

17 R. BATTAGLIA, Considerazioni conclusive sugli Inglesi e la Sicilia negli esiti dei

seminari su Ingham e i Whitaker, op. cit., articolo on-line.

18 E: IACHELLO, Il vino e il mare. Trafficanti siciliani tra ‘700 e ‘800 nella contea di

Mascali, Maimone, Catania 1991, p. 121.

(13)

13

Gran Bretagna- ma anche emporio di materie prime e di prodotti agricoli

(zolfo, ceneri di soda, vino, sommacco, frutta secca, ecc.)»

20

. Questi, dunque i

cosiddetti anni della “euforia inglese” e della conseguente “rivoluzione

commerciale”

21

, in cui «si attua la svolta più consistente»

22

. Saranno allora

studi condotti da O. Cancila, R. Trevelyan, F. Brancato, R. Battaglia, R.

Lentini e M. D’Angelo ad analizzare l’aspetto socio-economico della presenza

inglese in Sicilia e a questi si rimanda per maggiori informazioni

sull’argomento.

20 Cfr R. LENTINI, Dal commercio alla finanza: i negozianti-banchieri inglesi nella Sicilia

occidentale tra XVIII e XIX secolo in «Mediterranea», 2004, pp.105-122.

21 F. SIRUGO, La “rivoluzione commerciale”. Per una ricerca su Inghilterra e mercato

europeo nell’età del Risorgimento italiano, in «Studi storici» 1961, pp 267-297.

(14)

14

A seguito della crescita economica degli anni della Sicilia inglese, lo stesso

territorio siciliano venne modificandosi tramite migliorie: ne è un esempio lo

“stradone” che congiungeva Giarre con Riposto descritto dall’ingegnere

catanese nel 1807 come fino a quel momento «lasciato in quella forma nuda

che la natura glielo offerse»

23

, venne deciso proprio in quell’anno di riattarlo

«dotandolo di manto stradale. Significativamente ciò avvenne negli anni della

presenza inglese nell’isola che, con il conseguente incremento dei traffici,

rende necessario (e possibile, per gli aumentati introiti) sistemare il fondo

stradale»

24

. Per quanto riguarda le trasformazioni del territorio si rimanda agli

studi di E. Iachello e P. Militello.

23 Archivio Storico di Catania, Fondo Intendenza Borbonica, b.1517, Relazione

dell’ingegnere Antonio Battaglio, Riposto 25 Gennaio 1807.

(15)

15

Relativamente alla figura e al ruolo di Lord William Bentinck, ministro

plenipotenziario inglese inviato dalla Corona nell’isola, nel 1951 Walter

Maturi in una sua recensione sul lavoro di Romeo si lamentava del fatto che

mancasse una “soda monografia particolare fondata sugli archivi-base della

famiglia Bentinck e del Foreign Office”

25

. Si dovranno attendere gli studi

monografici condotti dallo studioso italo-inglese John Rosselli

26

che

25 Cfr. la recensione al testo di R. Romeo di W. MATURI in «Rivista Storica Italiana», Napoli 1951, p.590 e seguenti.

26John Rosselli (1927-2001) è stato un eminente studioso italo-britannico di storia, storia economica e di musica. Nato a Firenze l'8 giugno 1927, figlio di Carlo, fondatore di “Giustizia e Libertà”, fu bambino a Parigi dove il padre era esule antifascista e, dopo il suo assassinio nel 1937, visse tra l’Inghilterra e gli USA. Si laureò allo Swarthmore College (Pennsylvania) conseguendo poi il dottorato presso la Peterhouse di Cambridge. Insegnò Storia alla University of Sussex.

(16)

16

costituiscono l’unico porto saldo per la conoscenza di tale personaggio

27

.

Questi, proprio come si auspicava Maturi, prese le mosse dai carteggi e dal

diario di Bentinck, scritti durante gli anni di servizio e conservati per la

maggiore presso la University Library di Nottingham. Lo storico cominciò a

occuparsi di Bentinck sin dagli anni universitari quando, studente a

Cambridge, svolse la tesi di dottorato sotto la guida del prof. Herbert

Butterfield che lo spingeva a farsi le ossa occupandosi di avvenimenti di storia

27 Per lo studio monografico di Bentinck si veda:J. ROSSELLI, Lord William Bentinck and

the British Occupation of Sicily, 1811-1814, Cambridge University Press, Cambridge,

1956; J. ROSSELLI, Il progetto italiano di Lord Willam Bentinck, 1811-1815, in «Rivista Storica Italiana», Napoli 1967; J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making of a

(17)

17

diplomatica. La tesi che ne venne fuori vinse il premio Thirlwall e fu

meritevole poi di pubblicazione dalla Cambridge University Press

28

.

In seguito Rosselli tornerà sull’argomento Bentinck con una monografia, a sua

detta, parecchio più accurata ma pressoché assente dalla biblioteche italiane,

Lord William Bentinck, the making of a liberal imperialist

29

, che vede la

figura di Bentinck con maggiore respiro dal momento che prendeva in

considerazione diverse esperienze del personaggio in questione, maturate

nell’arco di tutta la sua vita.

Bisogna aggiungere che nella prefazione all’edizione italiana di un suo testo

del 1956 riproposto nel 2002, Rosselli, pur ritenendo ancora valide le sue tesi

28 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck and the British occupation of Sicily, cit.

29 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making of a liberal imperialist, 1774-1939, cit.

(18)

18

sul personaggio anche a distanza di mezzo secolo, ammette di aver peccato nei

suoi testi della giusta conoscenza storica della Sicilia, non avendo potuto

avvalersi degli studi recenti, in particolare quelli condotti dalla scuola storica

locale a partire dagli anni Cinquanta, che hanno dimostrato quanto l’isola

fosse presente nel dibattito europeo verso la modernizzazione piuttosto che la

sonnacchiosa Sicilia, dove l’eco della rivoluzione francese non era mai

arrivato.

Da allora nessun ulteriore passo per la ricostruzione del “decennio inglese” e

soprattutto della figura di Lord Bentinck . Lo stesso Rosselli, nel 2000,

annunciando la ristampa del suo testo del ’56, si diceva pronto, o quasi, a

pubblicare il diario di Bentinck, manoscritto tuttora inedito giacché Rosselli

morì poco dopo, lasciando incompiuto il progetto della pubblicazione del

Sicilian Journal di Bentinck .

(19)

19

Il presente lavoro di ricerca prende spunto proprio da tali studi e intende,

tramite un’attenta lettura del diario di Bentinck, portare un contributo alla

storia del personaggio in Sicilia, liberandolo dall’aurea di uomo “ardente di

carattere, autoritario e violento” che “per i mezzi di cui disponeva e per la

piena libertà d’azione accordatagli dal proprio governo,divenne il vero

dittatore della Sicilia”

30

, così come veniva dipinto dagli storici del periodo

immediatamente successivo al decennio inglese e restituendo alla storia

l’immagine di un uomo ben lontano da tali tratti

31

.

30 E. PONTIERI, Il tramonto del baronaggio..., cit., p. 358.

31 L’erudito barone von Helfert, in una monografia del 1878 su Maria Carolina d’Austria, parlava di un turbolento Bentinck, «von Natur heftig und hochfahrend ». Cfr J.A von HELFERT, Königin Karolina Von Neapel und Sizilien im Kampfe gegen die französische

(20)

20

Sulla base, dunque, di queste premesse metodologiche si basa il presente

lavoro articolato in due capitoli. Nel primo capitolo si prenderà in esame il

contesto storico e culturale del Mediterraneo, con particolare riferimento alla

presenza inglese e l’interesse della corona britannica verso la Sicilia tra ‘700 e

‘800. In questo clima emerge la figura di Lord Bentinck, capo militare e

ministro plenipotenziario alla corte siciliana, inviato nell’isola nell’ultima fase

del cosiddetto decennio inglese (1806-1815), di cui si traccerà un quadro

biografico con veloci pennellate, tenendo conto della sua provenienza

aristocratica, della sua formazione e delle sue esperienze precedenti l’arrivo in

Sicilia.

Nel secondo capitolo verrà analizzato il diario, ancora inedito, che Lord

Bentinck scrisse durante gli anni di permanenza in Sicilia e di cui si è presa

visione presso gli archivi della Nottingham University Library. Sulla base di

(21)

21

un’analisi meramente quantitativa, verranno delineati i rapporti che Bentinck

intessé con le élites siciliane di cui si troverà riscontro nel diario. Particolare

attenzione sarà data al rapporto con gli uomini del partito inglese, in

particolare Paolo Balsamo, voce fondamentale dell’Ottocento siciliano.

Verranno, a tal fine, analizzate anche le lettere, anch’esse inedite, che questi

scrisse a Lord Bentinck.

Infine verrà delineato, nella parte ultima del lavoro, il bilancio conclusivo

dell’esperienza siciliana di Lord Bentinck e l’immagine che ne viene fuori sia

di Bentinck che della Sicilia di primo Ottocento.

Seguono in appendice le trascrizioni dell’inedito manoscritto, il Sicilian

Journal di Lord Bentinck e delle epistole dell’abate Paolo Balsamo, inviate al

ministro inglese.

(22)

22

CAP. I: Bentinck e la Sicilia del “decennio inglese”, (1806-1815)

1.1 Gli Inglesi nel Mediterraneo

Nel 1799 e nei primissimi anni dell’Ottocento, a seguito della rapida ascesa

napoleonica e all’arrivo dell’esercito francese a Napoli, nuovi interessi politici

ed economici si rivolgono verso la Sicilia quale luogo strategico nel

Mediterraneo

32

. Da un canto, infatti l’isola rappresentava un ottimo avamposto

militare per controllare e controbattere la dilagante presenza francese nella

parte meridionale della penisola italiana. Dall’altro canto, se già dal XVIII

32 Per una ricostruzione complessiva del Mediterraneo in quegli anni cfr. G. GIARRIZZO,

La Sicilia da Cinquecento all’Unità d’Italia, in V. D’ALESSANDRO, G. GIARRIZZO, La Sicilia dal Vespro all’Unità d’Italia, Storia d’Italia diretta da G. GALASSO, Torino 1989,

(23)

23

secolo, numerosi mercanti inglesi avevano raggiunto la Sicilia e impiantato

attività commerciali legate perlopiù al vino, allo zolfo e all’industria tessile

33

,

ancor più all’ inizio del XIX secolo, la Sicilia rappresentava per gli inglesi una

base commerciale essenziale, sia per l’approvvigionamento delle merci che

per lo smercio delle proprie nel Mediterraneo, in particolare, dopo che

Napoleone con il "blocco continentale" aveva precluso ogni rapporto

commerciale tra Inghilterra e Stati d'Europa

34

. Si infittivano, così, le già

33 Cfr. le ricerche condotte da R. Trevelyan, F. Brancato, R. Battaglia, R. Lentini, M. D’angelo ed E. Iachello.

34 A tal proposito, si legge in una lettera proveniente dalla Sicilia inviata al Foreign Office datata 26/02/1808 (Foreign Office 70/34, Public Record Office, London) dei prodotti siciliani di notevole interesse per gli inglesi, prodotti nell’isola in abbondanza ed esportati: il grano (“la Sicilia è sempre stata il granaio del Mediterraneo”), l’olio per le manifatture, la barilla, manifatture di saponi e di vetri, il sommacco per le pelli (addirittura considerato il migliore d’Europa), la seta, il sale (prodotto in quantità inesauribile). E inoltre: mandorle,

(24)

24

avviate relazioni commerciali tra le due isole -Sicilia e Gran Bretagna-, delle

quali usufruiva anche Malta, da qualche tempo possedimento inglese

35

.

In realtà, l’interesse d’oltre Manica nei confronti della Sicilia va inserito

all’interno di quella “insular strategy” che aveva visto, già a partire dagli

manna, liquirizia, fichi, uva e uva passa di Lipari, vino, brandy, arance, limoni, pietra pomice, cotone, canape e tartaro. Ma soprattutto, l’inesauribile quantità di zolfo e nitrato di potassio. “L’isola, perciò, sembra essere di per sé capace di rifornirci per le nostre manifatture di quelle materie prime che i nostri nemici stanno cercando di toglierci, e se la loro produzione fosse sufficientemente incoraggiata, potrebbe essere adeguata alle nostre richieste”. Inoltre, “essendo il Levante e l’Italia chiusi, l’isola è una grande risorsa”. Cfr. M. D’ANGELO, Mercanti inglesi in Sicilia, cit., p.39.

35 Cfr. D. D’ANDREA, “If Sicily should become a British island”. Sicilia e Gran Bretagna

in età rivoluzionaria e napoleonica, ed. Labate, Messina 2007, pp. 43-44. Ivi si legge che la

Sicilia rappresentava “il granaio” di Malta e riferendosi a un viaggiatore di fine settecento, Richard Colt Hoare, questi descrive nel suo diario la funzione di “nutrice” dell’isola: «Malta wants the principal necessity of life. Sicily is the nurse which feeds it; and supplies corn, oil and wines». E ancora, l’inglese T. Walsh scriveva nel suo Journal: «Malta draws most of her supplies from Sicily».

(25)

25

ultimi anni del 1700, l’attenzione britannica rivolgersi nell’area mediterranea

via via verso la Corsica (1794-1796), l’isola d’Elba (1796), Malta (a partire

dal 1800), la Sicilia (1806-1815, il cosiddetto decennio inglese) e le Isole

Ionie (1809)

36

, quali basi dalle quali partire per opporsi politicamente e

militarmente, ma anche culturalmente, alla Francia napoleonica

37

. Infatti, oltre

36 Sulla politica insulare inglese nel Mediterraneo si veda D. D’ANDREA, G. F. Leckie and

the “insular strategy” of Great Britain in the Mediterranean, 1800-1815, in «Journal of

Mediterranean Studies», vol. 16, Malta 2006.

37 Crf C.R. RICOTTI, Il costituzionalismo britannico nel Mediterraneo fra rivoluzione e

restaurazione. Dal “modello corso” (1794) al “modello ionio” (1818) in A. ROMANO (a

cura di) Il modello costituzionale inglese e la sua ricezione nell’area del Mediterraneo fra

la fine del ‘700 e la prima metà dell’800. Atti del seminario internazionale di studi in memoria di Francisco Tomas y Valiente, Milano 1988. L’autore dedica una serie di saggi

alle esperienze costituzionali ispirate dal modello britannico nell’area mediterranea sotto l’influenza inglese tra il 1794 e il 1818 (Corsica, Malta, Isole Ionie e Sicilia). Vd. anche

(26)

26

alla questione meramente politica ed economica, sebbene con un peso

differente, la Sicilia assolveva un ulteriore compito legato a fattori ideologici.

Il dilagare delle idee rivoluzionarie in tutta Europa, la popolarità (o

impopolarità) della cultura francese che, sottomettendo i principi di libertà e

uguaglianza da cui aveva preso le mosse, si era tradotta in termini di un

governo militare

38

, spostavano la partita su un terreno di gioco anche

ideologico. Gould Francis Leckie

39

, un pubblicista inglese che visse in Sicilia

per anni conducendo una tenuta modello nel siracusano, sosteneva che fosse

C.R. RICOTTI, Il costituzionalismo britannico nel Mediterraneo 1794-1818, Giuffrè, Milano Roma 2005.

38 Cfr E. SCIACCA, Riflessi del costituzionalismo europeo in Sicilia (1812-1815), Bonanno ed., Catania 1966, p 37.

39 Sul pensiero di G.F. Leckie si veda G.F. LECKIE, Historical Survey of the Foreign

affairs of Great Britain, London 1808 e le edizioni successive; inoltre, su G.F. Leckie si

(27)

27

necessario combattere una “war of opinion” antinapoleonica e, partendo dalla

discrasia tra principi rivoluzionari ed esiti pratici, affermava che se

l’intervento britannico avesse debellato gli strascichi del feudalesimo presenti

in Sicilia, l’isola si sarebbe trasformata in un laboratorio politico esemplare

40

.

Non solo: avrebbe indotto gli italiani tutti ad «insorgere ed unirsi contro i

francesi [...] e al contempo dimostrato al mondo che while France conquers to

40 Cfr M. D’ANGELO, Tra Sicilia e Gran Bretagna in J. ROSSELLI, Lord William

Bentinck e l’occupazione britannica in Sicilia. 1811-1814, Sellerio, Palermo 2002

(ristampa), p.20. Ivi si legge: «In quella guerra di princìpi, la Gran Bretagna doveva proporre il suo sistema politico, in contrapposizione al codice militare e rivoluzionario imposto dai francesi, e diffondere le idee di libertà e giustizia per favorire riforme istituzionali e sollecitare l’estensione del modello costituzionale inglese in questa isola retta da un governo ottuso e tirannico».

(28)

28

devastate, Britain conquers to do good»

41

. In altre parole, per contrapporsi al

“military and revolutionary code” dei francesi, bisognava «propagare “the

principles of freedom and justice” su cui si basavano le istituzioni inglesi»

42

.

Condizione essenziale: «Sicily must be regenerated under British tutelage»

43

.

Tali motivazioni, dunque, stavano alla base dell’ingerenza britannica negli

affari siciliani. Ai succitati motivi di carattere economico, militare e

ideologico, una costante paura, più volte dimostratasi reale, spingeva gli

41 Correspondence between G.F. Leckie and Lord Bentinck , 19 March 1812 (Nottingham University Library, Department of Manuscripts and Special Collections, Bentinck Papers (BP), PwJd 3076), citato in J ROSSELLI, Lord William Bentinck and the British

occupation…, cit., p. 67 e in J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making of …, cit.,

p. 117.

42 G.F. LECKIE, An Historical survey of the foreign affairs of Great Britain for the years

1808, 1809 and 1810, with a view to explain the causes of the disasters of the late and present wars, London 1810. Citato in D. D’ANDREA, “If Sicily should …”, cit., p 91.

(29)

29

inglesi a intervenire in Sicilia: si temeva, infatti, che anche l’isola potesse

rivolgere alla Francia le richieste d’aiuto per risolvere le proprie questioni.

Questo avrebbe causato la perdita totale del controllo del Mediterraneo, con

conseguenze nefaste anche per il nuovo possedimento, Malta

44

.

Il pretesto era stato offerto dal soccorso prestato ai reali Borbone quando, alla

fine del 1805, abbandonavano nuovamente (era già avvenuto nel 1799) i

possedimenti continentali ai francesi, rifugiandosi in Sicilia. Da allora in poi,

fino all’ottobre 1815, per dieci anni di virtual protectorate over the island, «i

44 Nel 1803, da Malta, il Civil Commissioner , sir A.J. Ball faceva presente, in una lettera indirizzata a Hugh Elliot, rappresentante diplomatico inglese a Napoli, che «the Sicilians are expecting us anxiously and if we do not go there soon, they are so disgusted with their government that they will allow the French to assist in making them an independent republic». British Library, Add Ms 37268, ff.49-50. Cfr D. D’ANDREA, “If Sicily should

(30)

30

governi britannici prestarono denaro, truppe e navi per mantenere l’isola in

mani amiche»

45

impedendo alla rivale Francia di «esercitare un reale controllo

nel Mediterraneo»

46

. «Il punto debole dell’esiliata monarchia è il bisogno di

denaro. Gli inglesi versano un sussidio (alla corte, si intende) e non pagano

tasse per i loro traffici»

47

, intensificando così il formarsi di nuove fortune

economiche dal momento che nei porti siciliani, come detto prima,

convergono le navi inglesi cariche di prodotti in cerca di sbocco e con forte

necessità di rifornimenti non solo per la madrepatria ma anche per le colonie

della corona. Si apre così il decennio inglese (1806-1815).

45 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e l’occupazione…, cit., p 37. 46 D. D’ANDREA, “If Sicily should become…”, p.67.

47 A. CRISANTINO, Breve storia della Sicilia. Le radici antiche ai problemi di oggi, Di Girolamo ed., Trapani 2012, p. 181.

(31)

31

1.2 La Sicilia nei primi anni dell’Ottocento

La situazione in Sicilia era tutt’altro che semplice: una monarchia che per anni

aveva governato a distanza diventava adesso ingombrante, perlopiù avendo

portato con sé tutta una serie di ministri napoletani che poco posto davano, e

intendevano dare, ai politici siciliani e poco tenevano conto delle esigenze e

delle aspirazioni del paese, oltre al fatto che «la corte parve considerare la

Sicilia solo come una sorgente d’imposte, i cui proventi erano dedicati in gran

parte alla riconquista del napoletano»

48

; l’isola era «an extraordinary museum

of late medieval institutions»

49

dove i baroni, ancora in possesso dei privilegi

48 R. ROMEO, Il Risorgimento …, cit., p. 133.

(32)

32

feudali, vivevano un periodo di crisi economica

50

; quei pochi siciliani,

perlopiù nobili, ecclesiastici e avvocati – the Island Intelligentsia, per usare

un’espressione di Rosselli- che avevano avuto l’opportunità di leggere e

viaggiare, già dalla fine del secolo precedente, maturavano sempre più un

senso di appartenenza alla cultura e alla nazione siciliana e, prendendo atto dei

problemi economici del proprio paese, confrontandosi con l’Inghilterra (con la

quale, peraltro, nella ricerca di identità, condividevano la conquista normanna)

50 Il reddito della terra era in calo: poiché si erano man mano allontanati dalle terre, incaricando gli intermediari delle loro funzioni di feudatari, i nobili avevano cominciato a perdere i benefici che tali funzioni un tempo avevano loro portato. Le restrizioni che la legge feudale ancora collocava sulla cessione delle terre cominciava ad apparire pesante e il sistema, nel suo complesso, antiquato. L’aristocrazia, quindi, se da un canto difendeva i suoi privilegi dal centralismo monarchico, dall’altro era spinta a mettere in discussione alcuni dei principi che aveva cominciato a difendere. Cfr J. ROSSELLI, Lord William

Bentinck , the making …, cit., p. 117 e J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e l’occupazione …, cit., p.41.

(33)

33

«fecero risalire il benessere inglese alla costituzione politica, e ravvidero in

quella costituzione una possibile panacea ai mali siciliani»

51

. Agli occhi di

quanti «desideravano correggere piuttosto che cancellare le antiche

istituzioni»

52

, la costituzione inglese appariva come un modello da imitare.

Veniva così delineandosi il partito inglese

53

, che «incarnava privilegi di classe

51 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e l’occupazione …, cit., p.42. Ivi si legge di un nobile siciliano che riferì al viaggiatore inglese Brydone nel 1770 di «desiderare ardentemente la benedizione della costituzione inglese».

52 Cfr G. GIARRIZZO, Storia della Sicilia dal Cinquecento all’Unità d’Italia, in V. D’ALESSANDRO e G. GIARRIZZO, La Sicilia dal Vespro all’Unità ..., cit., per un maggiore approfondimento relativo al partito inglese.

53 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e l’occupazione …, cit., p.43. In realtà questo movimento non aveva un nome ben preciso. All’epoca definito “patriottico”, poi liberale, costituzionalista, partito filo-inglese, era composto da nobili e loro seguaci, perlopiù avvocati e membri del clero, tutta aristocrazia cui la proprietà terriera aveva conferito e conferiva prestigio. Questa aristocrazia si trovava di fronte a due pericoli, uno esterno

(34)

34

e tradizione isolana»

54

allo stesso tempo. Tra i maggiori esponenti, i principi di

Belmonte

55

e Castelnuovo

56

e il loro ideologo, l’abate Paolo Balsamo.

In quegli anni, dunque, la Sicilia è pregna di entusiasmo culturale e filosofico,

frutto del precedente accostamento alla cultura europea e a nuove correnti di

pensiero quali, in particolare, l’empirismo adottato da intellettuali come lo

storico Rosario Gregorio prima e più avanti il suo discepolo, il fisico

Domenico Scinà, per il quale «l’esigenza della concretezza, […] lo portava a

legato all’ingerenza di una monarchia incline all’accentramento e alle riforme autoritarie, l’altro interno: il progressivo deterioramento della posizione economica propria dei baroni. Cfr J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e l’occupazione …, cit., p.38-39.

54 Ibidem.

55 Vd. G. GIARRIZZO, Giuseppe Ventimiglia e Cottone, principe di Belmonte in AA.VV.,

Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 8, Treccani, 1966.

56 Vd. F. BRANCATO, Gaetano Cottone, principe di Castelnuovo, in AA. VV., Dizionario

(35)

35

vedere il peggior avversario di ogni seria e fruttuosa ricerca scientifica nel

formalismo degli scolastici»

57

.E ancora, Giovanni Agostino De Cosmi che

aveva usato il metodo empiristico in campo pedagogico e l’abate termitano

Paolo Balsamo, esperto di cose agrarie, economista, storico e politico. Questi,

in particolare, «nutrito di cultura britannica, […] portò sempre nelle sue

indagini uno spiccato amore per i fatti particolari e concreti, e l’abitudine

all’osservazione paziente e metodica»

58

. Tra le pagine delle sue Memorie si

legge che «i fatti sono la base ed il sostegno delle scienze naturali, e l’analisi

57 R. ROMEO, Il Risorgimento …, cit., p. 81. 58 Ivi, p. 83.

(36)

36

l’unico mezzo per promuoverle. L’istesso forse con maggiore ragione

affermar si deve della politica economica»

59

.

L’accostamento di tali studiosi verso l’empirismo è stato di fondamentale

importanza per la Sicilia e la sua cultura: «per la prima volta, una moderna

corrente di pensiero europeo riusciva a penetrare nell’isola non come astratta

dottrina filosofica ma come insieme di principi informatori di una nuova

mentalità e di una nuova cultura»

60

. E’ un chiaro segnale, questo, di una terra

59 P. BALSAMO, Memorie economiche e agrarie riguardanti il Regno di Sicilia, Palermo 1802, pp. 60-61, citato in R. ROMEO, Il Risorgimento …, cit., p. 83.

(37)

37

che mostra fortemente di voler partecipare al dibattito culturale europeo,

animato da ideologie ora inglesi, ora francesi

61

, aperto già da qualche tempo.

E non solo: dal punto di vista politico, per usare un’espressione già nota, la

Sicilia è un vero e proprio “laboratorio”. In contrasto con l’immagine di una

Sicilia sonnacchiosa e che non ha conosciuto gli echi della Rivoluzione

Francese, si osserva che «la vita sociale e politica assume […] un più energico

andamento, che permetterà da una parte una più efficace opera degli elementi

progressisti in appoggio alle riforme, e dall’altra una reazione

61 Cfr R. Romeo (1950) e G. Giarrizzo (1968, 1989, 1998,) parlano di un modello liberal-costituzionale (di chiara ispirazione inglese) e di una corrente di indirizzo democratico-egalitario di ascendenza francese e giacobina, modelli europei, entrambi, con contaminazioni mediterranee.

(38)

38

insospettatamente vigorosa da parte delle forze conservatrici»

62

. In altre

parole, si diede «alla vita pratica un più ricco contenuto, che stimola e attrae

ingegni e interessi […] sebbene la vecchia mentalità era ancora radicata nella

maggioranza dei siciliani»

63

.

I semi erano stati piantati nel secolo precedente. «Nel movimento culturale

siciliano della seconda metà del '700 aveva esercitato una considerevole

influenza l'empirismo inglese, meglio rispondente, rispetto al razionalismo

francese, pure penetrato nell'isola, al carattere concreto e positivo degli studi

maggiormente coltivati in Sicilia. Aveva inoltre notevolmente contribuito ad

accrescere la simpatia per l'Inghilterra, specie negli ambienti più illuminati

dell'aristocrazia, l'affinità riscontrata tra le antiche istituzioni locali e il sistema

62 R. ROMEO, Il Risorgimento …, cit., p. 84. 63 Ibidem.

(39)

39

costituzionale inglese, per cui “l'anglomania” aveva acquistato poco alla volta

una particolare tendenza non solo culturale, ma anche politica, manifestatasi,

specie dopo le tentate riforme del viceré Caracciolo, in un maggiore

attaccamento alle tradizionali prerogative isolane e, nel campo economico, in

una più decisa avversione al regime vincolistico imposto dall'assolutismo

borbonico. Balsamo, in particolare, che si era formato in tale clima, trovò

pertanto in Inghilterra l'ambiente più consono al suo spirito»

64

. «Anglofilia e

anglomania significano essenzialmente ammirazione per la libertà e la

costituzione britannica, e aspirazione, se non decisa volontà, a trasferirle in

Sicilia per rafforzare i minacciati diritti della nazione»

65

.

64 F. BRANCATO, Paolo Balsamo in AA.VV., Dizionario biografico degli Italiani, volume V, Treccani, 1963.

(40)

40

Tutti presenti, dunque, gli elementi che avrebbero dato le mosse al

cambiamento. In questo clima di fervore, le scienze economiche ruotavano

attorno alle teorie liberiste dell’abate termitano Paolo Balsamo

66

. Discepolo di

Young, dunque, «aveva appreso dal maestro un metodo di ricerca che si

legava direttamente all’osservazione dei fatti e della loro dinamica

economica»

67

e, rientrato in Sicilia, continuò la sua professione di professore

66 Giovane di vivo intelletto, Balsamo, indirizzato inizialmente verso gli studi ecclesiastici, si era accostato poi agli studi economici proprio negli anni del riformismo illuminato del marchese Caracciolo e del principe di Caramanico. Eletto nel 1786 catedratico di agricoltura presso l’ Accademia palermitana, fu inviato, con il chiaro scopo di apprendere i più progrediti mezzi agrari, in Toscana, Francia, in Inghilterra dove soggiornò per ben diciotto mesi presso la scuola di Arthur Young e infine, di ritorno verso la Sicilia, visitò i Paesi Bassi. Tra tutte, fu soprattutto l’ esperienza inglese che segnò profondamente il pensiero di Balsamo

67 C. LAUDANI, Appello dei Siciliani alla nazione inglese. Costituzione e

(41)

41

universitario «insegnando all’inglese, ma operando alla siciliana»

68

, vale a dire

«avvalendosi di moduli mentali che erano senza dubbio più avanzati di quelli

offerti dalla cultura media locale»

69

, sforzandosi di continuo di adattarli per

«interpretare e modificare la realtà dell’Isola»

70

, guardando alla Sicilia con gli

occhi di chi aveva visto realtà differenti.

«Gli anni 1810-13 sono per il Balsamo anni di appassionato impegno politico

a fianco di Belmonte e Castelnuovo, dei baroni costituzionali dei quali egli

68 D. SCINA’, Prospetto di storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, Palermo 1824/27, p. 420 citato in F. RENDA, Introduzione in P. BALSAMO, Memorie segrete sulla

istoria moderna del Regno di Sicilia, Ed. Regione Sicilia, Palermo 1969, pag 20.

69 F. RENDA, Introduzione in P. BALSAMO, Memorie segrete..., cit., p 20. 70 Ibidem.

(42)

42

non si limita a sostenere la lotta

71

, ma ne è ispiratore e portavoce insieme. Suo

è il progetto di costituzione, nelle due redazioni successive- la siciliana e la

inglese-; suoi gli studi sull’organizzazione delle magistrature e

sull’amministrazione locale, che stanno alla base della lotta dei castelnovisti;

suo lo sforzo (documentato dalla corrispondenza) di sconfiggere, con

l’appoggio di Bentinck, il partito francese, che mira ad una riforma della

costituzione, peraltro ancora incompleta, ad alta corte di giustizia con

intenzioni che fanno evocare a Balsamo gli spettri dei Levellers e dei

giacobini»

72

.

71 Si veda la lettera all'editore del Weekly Political and Literary Review (Palermo, 1° febbraio. 1812 in Archivio Storico Palermo).

(43)

43

La presenza degli inglesi in Sicilia fu dunque il catalizzatore per tutti i

problemi fin qui esposti, aggravati dall’atmosfera di reciproca sfiducia

73

:

gradualmente the Great Power e the Small Power (l’espressione è di Rosselli)

arrivarono ad una crisi nel 1810 quando, ad un tentativo di invasione da parte

di Murat, la corte sembrò indifferente (forse anche speranzosa di un suo

successo). Contemporaneamente, il gruppo riformista dei baroni

aveva raggiunto

uno

stallo nei negoziati con la corte

. Era arrivato il momento di intervenire de

73 I rapporti tra inglesi e reali (Ferdinando IV di Borbone e la moglie Maria Carolina) furono sempre tormentati da reciproci sospetti e sfiducia: gli intrighi della sovrana, il suo continuo pensiero alla riconquista di Napoli, la sua disposizione a venire a patti con tutti (Russia, Austria e persino Francia) per raggiungere il suo scopo, la mancanza di collaborazione da parte dei reali, la paura di questi che l’Inghilterra fosse interessata alla Sicilia, la necessità di denaro dei reali e di contro il ricatto economico e della tutela militare, il timore che, finita la propria guerra, la Gran Bretagna si sarebbe rifiutata di proteggere i Borbone e che fosse di continuo pronta a barattare la Sicilia.

(44)

44

facto proponendo come rimedio per the salvation of the Kingdom

un’amministrazione siciliana e un Parlamento modellato su quello inglese,

quello che desideravano i baroni

74

.

Fu proprio in questo clima che venne inviato Lord William Bentinck in

Sicilia.

1.3 Lord Bentinck in Sicilia

Chi era Lord William Bentinck

75

? Egli «non fu solo un uomo a cui capitò di

impelagarsi in una missione diplomatica o governativa, (…) egli era un

74 Cfr J. ROSSELLI, Lord William Bentinck , the making …, cit., p. 119.

75.Lord William Henry Cavendish Bentinck (Bulstrode, Buckinghamshire 14 Settembre 1774 - Parigi 17 Giugno 1839), governatore di Madras (1803-1806), della

(45)

Sicilia(1812-45

1814), del Bengala (1828-1833) e delle Indie (1833-1835). Aristocratico terriero, secondogenito del 3° duca di Portland, simpatizzava con molte delle idee liberali del suo tempo. Durante la sua carriera diplomatica, politica e militare, fece importanti riforme amministrative in particolare nella società indiana dove ha riformato le finanze, ha aperto i messaggi giudiziari agli indiani, e soppresso tali pratiche quali la pira funeraria delle vedove (sati) e l’omicidio rituale (thug). Le innovazioni effettuate nei suoi anni di ufficio sono state pietre miliari nella creazione di uno stile molto più interventista del governo rispetto a quelli precedenti, uno stile che ha coinvolto in particolare l'occidentalizzazione della società e della cultura indiana. Bentinck non era un pensatore originale; suoi maestri filosofici erano gli utilitaristi Jeremy Bentham e James Mill; il suo istruttore pratico, soprattutto nel campo dell'istruzione, è stato lo storico Thomas Babington Macaulay, tra gli altri. Ha preso in prestito elementi utili dalla religione dei suoi antenati whig liberali e da Bentham, combinando il tutto in politiche che erano ragionevoli, pratiche e umanitarie. Si era unito in matrimonio nel 1803 con Lady Mary Acheson, figlia del primo duca di Gosford, dalla cui unione non nacquero figli. AA.VV., Britannica (on line) alla voce Bentinck. Cfr. Dictionary of national biography, edited by Leslie Stephen and Sidney Lee. London, Smith, Elder, & Co., 1885-1901; e le due monografie curate da J. ROSSELLI.

(46)

46

membro, relativamente poco privilegiato, dell’ aristocrazia terriera

britannica»

76

. Era un giovane ufficiale, quando venne in Sicilia, di appena 36

anni, con la sola esperienza coloniale maturata a Madras come governatore nel

periodo 1803-1807

77

.

76 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making of a liberal imperialist …, cit., p 11. 77 Bentinck a 17 anni ricevette una commissione nel corpo navale delle Coldstream Guards e, dal 1794, divenne tenente colonnello. Nato da famiglia ricca e di rango, era un promettente, se non eccezionale, giovane ufficiale che meritò, all'età di 29 anni, la nomina a governatore di Madras (ora Chennai). Sebbene abbia svolto le proprie funzioni in modo abbastanza soddisfacente, la sua amministrazione a Madras venne offuscata da disaccordi con il suo consiglio e bruscamente interrotta dopo l’ammutinamento di Vellore. Un ordine imprudente da parte del comandante in capo dell'esercito di Madras che aveva proibito alle truppe indigene di indossare le loro barbe e turbanti tradizionali e la mancata revoca di Bentinck, ebbe come conseguenza un grave ammutinamento nel luglio 1806, accompagnato da attacchi contro ufficiali e truppe britanniche. Il focolaio venne soppresso con pesanti perdite di vite umane, e l'ordine sconsiderato fu finalmente ritirato. Bentinck fu ritenuto responsabile e pertanto richiamato dal suo incarico in madrepatria nel 1807. Mal

(47)

47

sopportando tale rientro e credendo di esser stato trattato ingiustamente, premette il governo inglese negli anni successivi per la possibilità di rivendicare il suo nome. Le occasioni non tardarono a venire: con le guerre napoleoniche in corso, fu assegnato alla Spagna, dove ebbe a comando una brigata a La Coruña, dopo di che fu nominato comandante delle truppe britanniche in Sicilia. L'Italia era allora nelle mani di Napoleone, ma in Sicilia i monarchi borbonici di Napoli regnava ancora sotto la protezione della flotta inglese. Ordini di Bentinck erano di sollevare un esercito siciliano di 10.000 uomini per integrare i suoi 5.000 soldati britannici e, con le due forze combinate, contribuire alla campagna contro Napoleone. Inoltre sembrava progettasse la deposizione del re Borbone a favore dell'erede, come pure l'adozione di una costituzione liberale siciliana con un corpo legislativo sul modello del Parlamento britannico. Inoltre, progettava di invadere l'Italia e radunare la gente non solo per espellere Napoleone, ma per istituire una monarchia costituzionale. Il governo britannico non avrebbe mai sostenuto un tale piano: infatti, intendeva eventualmente a ripristinare il dominio austriaco in Italia. Lo sbarco italiano non ebbe luogo in quel momento e Bentinck, ritardò il suo sbarco in Spagna oltre la data stabilita. Quando finalmente arrivò a Genova nel 1814, i suoi proclami liberali ancora una volta imbarazzarono il suo governo, e pertanto fu richiamato in Inghilterra nel 1815 Al suo ritorno fu eletto alla Camera dei Comuni. Cfr. AA.VV., Britannica, cit., ad vocem.

(48)

48

Cresciuto tra l’ideologia di Burke (che aveva impiantato in Bentinck il

concetto di nazionalità

78

) e l’oratoria di Fox, egli era figlio cadetto del terzo

duca di Portland, capo dell’ala whig e due volte primo ministro negli anni

1783-1807, che entrò successivamente a far parte del governo Pitt, «più

accanito degli stessi Pittisti nel dare la caccia ai fautori di rivoluzione e nel

voler proseguire la guerra ideologica contro la Francia»

79

. L’ideologo

irlandese Burke rimase, per tutta la sua vita, un ispiratore sebbene avesse

atteggiamenti contraddittori, ora sostenendo le indipendenze dei popoli, ora la

pace e l’ordine europeo. Dopo alcune brevi esperienze presso gli eserciti

alleati in Italia settentrionale e in Spagna, fu incaricato come governatore di

78 Cfr. J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making of a liberal imperialist…, cit., p.31.

(49)

49

Madras dal 1803 al 1807, dal cui incarico fu destituito per via

dell’ammutinamento delle truppe indigene. Durante questa esperienza fu

molto influenzato dal suo superiore, Lord Wellesley, governatore del Bengala,

«imperialista ante litteram, il quale, grazie alla distanza dalla madrepatria,

riuscì a portare a termine una serie di guerre e di espansioni territoriali. Fu

proprio Wellesley, nel 1811, divenuto ministro degli esteri a Londra, che gli

offrì la missione in Sicilia.«I due ex-governatori videro esplicitamente il

problema dei rapporti con l’isola in una luce indiana» tanto che Bentinck,

prima di partire, scriverà a Wellesley di andare ad applicare in Sicilia «quella

politica generosa e illuminata che ha già salvato un altro impero»

80

.

(50)

50

La missione siciliana gli venne affidata, a partire dal luglio 1811, proprio nel

momento di maggior tensione politica tra la monarchia borbonica e

l’opposizione baronale che era insorta contro i decreti del febbraio dello stesso

anno che imponevano una tassa, giudicata dagli stessi incostituzionale,

dell’1% su tutti i pagamenti in denaro effettuati in Sicilia, e di fatto

danneggiavano, anche se indirettamente, gli interessi commerciali inglesi.

Dopo una breve assenza di qualche mese durante la quale si recherà in

Inghilterra per ottenere più ampi poteri, Bentinck rientrerà in Sicilia, dove la

situazione era alquanto «complicata e refrattaria»

81

e «la presenza inglese

costituiva il detonatore di problemi interni irrisolti e faceva maturare l’antico e

(51)

51

latente contrasto tra monarchia e baronaggio»

82

. E, in questo contrasto, gli

inglesi, «trovandosi a scegliere fra una monarchia poco amata e i baroni che

proclamano di agire per la libertà della patria, scelgono i baroni che si

atteggiano a ribelli contro un governo assoluto»

83

.

L’idea di Bentinck, d’altronde, si riallacciava fortemente alle idee esposte in

diverse occasioni dai suoi conterranei - Leckie in primis, ma anche uomini

come i poeti Wordsworth, Coleridge e Shelley

84

- che si inserivano nel dibattito

politico sostenendo la necessità di un intervento a favore della libertà delle

82 M. D’ANGELO, Tra Sicilia e Gran Bretagna, in J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e

l’occupazione …, cit., p. 16.

83 A. CRISANTINO, Breve storia della Sicilia ..., cit., p. 181.

84 Cfr. R. J. WHITE (a cura di), Political tracts of Wordsworth, Coleridge and Shelley, Cambridge 1953.

(52)

52

nazioni, la cui indipendenza era «indispensable to the highest form of

individual and social life»

85

.

Perlopiù Bentinck, «caldo seguace del partito Whig, si era formato in un

ambiente nel quale si era diffusa la convinzione che le istituzioni liberali

britanniche rappresentassero la miglior forma di reggimento politico per ogni

paese: e questa convinzione lo guidò nella sua quadriennale lotta in Sicilia

[…]. Il Bentinck vide nella lotta in difesa della costituzione siciliana assai più

che un semplice espediente politico»

86

.

85 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making …, cit., p. 116.

86 R. ROMEO, Il Risorgimento..., cit., p. 137. Nell’articolo di H.M. LACKLAND, Lord

William Bentinck in Sicily 1811-1812, in «The English Historical Review», Oxford 1927, p.

372 si legge: «Bentinck thought that in the British constitution lay the salvation of the world. There is probably much truth in the assertion, though Bentinck was hardly unique in holding that creed. Nearly all Whigs of the early and most liberals of the late nineteenth

(53)

53

In realtà, la sua idea di liberare la Sicilia faceva parte di un progetto ben più

largo: intervenire con una riforma degli abusi nell’isola per poi rivolgersi

all’unificazione dell’Italia (sempre in funzione antinapoleonica), causa alla

quale Bentinck sembrava molto interessato: «the creation of one Italy is, and

will always remain, the true great idea»

87

. Pensava inizialmente che l’impresa

fosse semplice, ma non si rivelò tale.

century […] have been firmly convinced that the principles of the great and glorious British constitution should be adopted all the world over as a kind of test of national sobriety». Lo stesso si legge in A. CAPOGRASSI, Gl’inglesi in Italia durante le campagne

napoleoniche. Lord William Bentinck, La Terza, Bari 1949.

87 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck, the making …, cit., p. 121. Rosselli cita le parole di Bentinck.

(54)

54

Giunto in Sicilia, dunque, sposò la causa del partito costituzionalista siciliano

di cui lui avrebbe assunto il ruolo di guida « into path of law»

88

. Nel suo

diario, nel gennaio del ’12 annotava il suo programma per la Sicilia:

Parlamento, Costituzione e un esercito nazionale per difenderla. Dal canto

suo, il partito costituzionale si mise subito al lavoro per redigere una

costituzione: Bentinck aveva chiesto a Belmonte

89

e Castelnuovo di

prepararla, loro avevano incaricato l'abate Balsamo esortandolo - racconta lo

stesso Balsamo - a lavorare sul modello della costituzione d'Inghilterra e

«praticare le minori possibili innovazioni nell'attuale forma di governo». Il 20

88 Correspondence from Abate Paolo Balsamo to Lord William Bentinck, Nottingham University Library, Department of Manuscripts and Special Collections, Bentinck Papers (BP), PwJd 414, 13 giugno 1813.

89 Vd. G. GIARRIZZO, Giuseppe Ventimiglia e Cottone, principe di Belmonte in AA.VV.,

(55)

55

giugno venivano approvati i 15 articoli della nuova costituzione

90

. Il progetto

veniva sottoposto a Bentinck che scrivendo in patria diceva: «Devo confessare

che all’inizio ero decisamente contrario all’adozione della costituzione

inglese. Dubitavo che la gente avesse fermezza, saggezza o virtù sufficienti ad

attuarla. Tuttavia […] lessi lo schema di una costituzione modellata su quella

inglese, ma con grande moderazione e saggezza modificata e adattata allo

90 Lo storico Rosario Romeo ha un duplice giudizio della costituzione «Nel quadro della storia europea e italiana la costituzione del ’12 rappresenta dunque un momento nettamente arretrato, riconfermando che, mentre l’Europa veniva rinnovata dalle armate rivoluzionarie, le forze dominanti in Sicilia erano ancora legate ad un’economia e a un mondo etico sostanzialmente feudale. Ma, rispetto alla vecchia Sicilia del baronaggio, le istanze poste dalla costituzione del ’12 hanno, ripetiamo, un carattere certamente progressivo: il quale però, nel concreto svolgimento della lotta politica, rimase a uno stato potenziale per il deciso prevalere dell’impostazione conservatrice della maggioranza baronale su quella dei progressisti, e la correlativa impossibilità, per la democrazia borghese, di far valere positivamente le sue esigenze[…]». R. ROMEO, Il Risorgimento …, cit., p. 153-154.

(56)

56

stato di una società degradata […]»

91

. La Costituzione «sembrava esser

destinata a fondare per sempre la libertà e la gloria della Sicilia moderna»,

scriveva Giovanni Aceto. Fino a novembre ’12 continuarono i lavori con la

preparazione e l’approvazione del testo ma, alla chiusura del Parlamento e con

l’attuazione della riforma amministrativa

92

, finito l’entusiasmo e subentrati gli

interessi e le passioni, cominciarono i dissidi politici. I baroni avevano

rinunciato sì ai propri secolari interessi ma, come sostiene lo storico Pontieri,

91 J. ROSSELLI, Lord William Bentinck e l’occupazione …, cit., p. 116. Cfr. il Sicilian

Journal di Bentinck (Nottingham University Library, Department of Manuscripts and

Special Collections, Bentinck Papers (BP), PwJd 6254-6264) nelle date 29 e 31 maggio , 1, 3, 8, 10, 16, 18 e 22 giugno; letter from Bentinck to Castlereagh, 30 giugno 1812, Foreign Office (London) 70/51.

92 Per un maggiore approfondimento si veda E. IACHELLO, La riforma dei poteri locali

nel primo Ottocento, in F. BENIGNO- G. GIARRIZZO (a cura di), Storia della Sicilia,

(57)

57

«non senza disinteresse»

93

: la spaccatura tra i due leader del movimento

costituzionale, Belmonte e Castelnuovo, ne è chiara dimostrazione

94

. Il

malcontento era generale: il popolo insorgeva per la crisi alimentare. La peste

di Malta (la paura che potesse dilagare in Sicilia tramite l’andirivieni delle

navi inglesi) costituiva una crescente minaccia, gli inglesi diventavano sempre

più impopolari, la monarchia che poco collaborava con gli inglesi, i

democratici (partito di opposizione ai costituzionalisti) cominciavano ad avere

93 E. PONTIERI, Ai margini della costituzione siciliana del 1812, Roma 1933, p.131. 94 Belmonte, di idee aristocratiche, voleva che tutte le magistrature superiori fossero concentrate nella capitale, Castelnuovo,invece, di principi democratici, sosteneva il decentramento oltre che lo smantellamento dell’edificio feudale. Il suo avvicinamento all’ala moderata dei democratici era poco accettato dai suoi stessi amici e avversato dai belmontisti. Le due ideologie stridevano: le idee democratiche volgono verso un allargamento dell’assetto politico verso un coinvolgimento popolare, a differenza delle idee aristocratiche che avevano una visione elitaria del controllo della nazione.

(58)

58

la meglio, mentre i sostenitori della costituzione erano in netta minoranza:

insomma, sin da principio, quell’anno fu costellato da un continuo crescendo

di disordini che culminarono nella crisi politica dell’estate del 1813, proprio

quando Bentinck era in Spagna al comando di una spedizione anglo-siciliana.

Ha inizio qui, secondo l’abate Balsamo, «l’epoca del cominciamento dei

disordini e delle sciagure del regno», definita dallo stesso «the fatal epoch»

95

.

Bentinck che, di ritorno dalla Spagna «nel mettere piede a terra si accorse che

i mali dai quali era travagliata la Sicilia, erano più gravi che non aveva da

lontano immaginato.Vide con dolore che il nome degli inglesi era assai

decaduto da quel rispetto ed attaccamento, nel quale l’avea lasciato; che gli

95 Correspondence from Abate Paolo Balsamo to Lord William Bentinck, Nottingham University Library, Department of Manuscripts and Special Collections, Bentinck Papers (BP), PwJd 418.

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