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LUCA SCARLINI, Lustrini per il regno dei cieli. Ritratti di evirati cantori, Torino, Bollati Boringhieri, 2008

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Musica Docta. Rivista digitale di Pedagogia e Didattica della musica, pp. 61-62

http://musicadocta.cib.unibo.it ISSN 2039-9715

© 2011 CIB - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

LUCA SCARLINI, Lustrini per il regno dei cieli. Ritratti di evirati cantori, Torino, Bollati Boringhieri, 2008, 96 pp.

I cantanti evirati, indiscussi prim’attori della musica europea nei secoli XVII e XVIII, sono stati oggetto negli ultimi decenni di numerose pubblica-zioni, il cui rigoglio è riconducibile ad almeno due fattori: la Baroque Renaissance che, equipaggiata di prassi esecutive “storicamente informate”, ha cominciato a riscoprirne in concerto e in disco il ricchissimo repertorio, e l’esigenza, in àm-bito musicologico, di affrontare con taglio scientifico e in modo sistematico un tema in passato toccato marginalmente e spesso in chiave aneddotica.

Nel quadro della letteratura recente sui castrati, in cui potremmo distin-guere il filone proclive all’aspetto aneddotico e romanzesco, quello della musi-cologia specialistica, e tra i due quello che coniuga rigore musicologico e inten-to divulgativo, il saggio di Luca Scarlini percorre una strada nuova.

L’autore, saggista e drammaturgo, si cimenta nel tentativo ambizioso di ri-costruire la figura del cantante evirato utilizzando un approccio diversificato, che mette a frutto l’indagine storica, la storia dell’arte e le testimonianze lettera-rie, gli studi di genere e la storia dell’estetica. È un approccio affascinante e complesso, che si sforza di scavalcare gli steccati disciplinari e punta alla rinno-vata comprensione di un fenomeno assai sfaccettato, lo studio del quale si av-vantaggia senza dubbio di un metodo programmaticamente interdisciplinare.

Il testo è articolato in un’introduzione e cinque brevi capitoli, che mettono progressivamente a fuoco la figura del castrato tramite alcuni ritratti: da Felice Cancellieri nella Pistoia secentesca ad Alessandro Moreschi nella Roma dei primi del ’900. Nell’introduzione, sottotitolata “Fasto e lacrime”, l’autore, sot-tolineata la realtà tragica della castrazione praticata per l’intrattenimento sacro e profano, procede in un rapido ma denso excursus che ne ricostruisce ideologia e pratica, attraversando le antiche civiltà orientali, l’antichità greco-romana, il mondo islamico e mozarabico, giungendo fino alle chiese e ai teatri della Roma secentesca. Scarlini, con un accorto intarsio di fonti letterarie e storiche, ac-compagnate da puntuali rimandi bibliografici, tratteggia con agilità questa mil-lenaria storia che, approdata alla fine del ’500 nelle chiese di Roma, vede ribadi-to nei primi eunuchi pontifici l’antico nesso fra castrazione e dimensione sacra. Sarà, da lì a poco, il nascente teatro d’opera a conferire a queste sublimi voci una nuova funzione profana e spettacolare. Nell’affrontare l’epoca d’oro dei castrati l’autore non si fa sedurre dal bagliore dei “lustrini” e dalla vertigine de-gli acuti, ma è attento indagatore delle zone d’ombra, sottolinea la difficile con-dizione psicologica di questi artisti, ne rimarca, al di là dei trionfi e degli splen-dori sulle scene, l’incerto riconoscimento sociale, concesso peraltro solo ai più grandi. Si apprezza, in questa parte introduttiva, la capacità di cogliere negli at-teggiamenti mentali, nelle rappresentazioni collettive e nei fenomeni estetici lementi di “lunga durata”, non circoscrivibili all’età barocca, quali il fascino

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e-62 Giacomo Gibertoni

Musica Docta, I, 2011 ISSN 2039-9715

sercitato dall’androginia o l’apprezzamento per il canto in falsetto del moderno sound barocco e pop.

Ciascuno dei cinque capitoli è dedicato a singole figure di castrati, non sempre i più famosi e conosciuti. Il primo prende in esame due casi emblema-tici della Pistoia del ’600: quello del nobile e potente Cancellieri e quello della famiglia Melani, di bassa estrazione sociale, che annoverò ben quattro castrati in una stessa generazione. Gli eunuchi erano talvolta figure complesse e pri-smatiche, cantanti, ma anche ambasciatori e diplomatici, come nel caso di Can-cellieri, o messaggeri e spie come nel caso di Atto Melani. Segue un capitolo dedicato a Filippo Balatri (1682-1756), musico dei Medici inviato alla corte di Mosca, tanto remota quanto esterofila, in un ruolo a metà fra l’ambasciatore culturale e l’attrazione esotica. È l’unico castrato di cui ci sia giunta un’autobiografia, preziosa. L’ambiente mediceo al tramonto è ricostruito con grande efficacia, nei suoi aspetti saturnini e decadenti, anche attraverso un’originale analisi di fonti iconografiche.

Nel breve terzo capitolo sul Farinelli, l’autore focalizza l’attenzione sugli ultimi anni bolognesi del grande cantante, piuttosto che sulle vicende londinesi e spagnole, dimostrandosi più attento alla psicologia del personaggio che alle notevoli vicende della storia musicale in cui l’evirato ebbe un ruolo di primo piano. Il quarto capitolo è dedicato a Giovan Battista Velluti, ultimo grande ca-strato che calcò le scene nel primo quarto dell’800, in opere importanti di Mor-lacchi, Meyerbeer e Rossini; il quinto ha per protagonista Moreschi, cantore della cappella pontificia soprannominato “l’angelo di Roma”, morto nel 1922. Scarlini ne ricostruisce la parabola in una dannunziana Roma fin de siècle, i cui salotti e le cui cappelle ancora dimostrano di gradire, un attimo prima del Futu-rismo e della Grande Guerra, l’ineffabile voce degli evirati.

Se nel libro, nel complesso affascinante e riuscito, si possono individuare alcuni punti deboli, essi sono riconducibili alla complessità dell’approccio me-todologico: l’analisi interdisciplinare, con la sua ricchezza di riferimenti e ri-mandi, incorre talvolta in liaisons un po’ ardite, in collegamenti suggestivi sì ma divaganti. A tale riguardo ricordiamo la conclusione del libro, in cui l’autore i-nanella, quasi a voler alludere all’eterno ritorno del mito dei castrati, un brano cantato da Moreschi, un video della pop star Kylie Minogue e una performance londinese del sopranista contemporaneo Ernesto Tomasini.

Si tratta comunque di piccole mende, che non inficiano il positivo giudizio di fondo, relativo a un libro che si distingue per brillantezza di scrittura e versa-tilità interdisciplinare. Una ricchezza in grado di suscitare l’interesse del lettore comune e dello studente, ma che allo stesso tempo lancia una stimolante sfida metodologica allo storico e al musicologo.

GIACOMO GIBERTONI

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