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Il da Vinci Master Slave Manipulator in Italia: valutazione multidisciplinare in una prospettiva di Health Technology Assessment

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica

Tesi di Laurea Magistrale

Il da Vinci Master Slave Manipulator in

Italia: valutazione multidisciplinare in una

prospettiva di Health Technology Assessment

Relatori: Candidata:

Prof. Giuseppe Turchetti Stefania Manetti

Prof. Luigi Landini

Controrelatore:

Prof. Andrea Ginghiali

(2)
(3)

3

Indice

Introduzione ... 5

Elenco delle abbreviazioni ... 8

Stato dell’arte e scenari evolutivi ... 9

Lo scenario tecnologico/economico ... 9

1.1 Lo scenario tecnologico ... 9

1.1.1 Chirurgia minimamente invasiva tradizionale ... 10

1.1.2 Problema di quantificazione delle proprietà meccaniche dei tessuti nell’accesso laparoscopico minimamente invasivo ... 18

1.1.3 Chirurgia robotica ... 22

1.1.4 Chirurgia robotica minimamente invasiva ... 28

1.2 Lo scenario economico ... 31

Analisi tecnologica e principi di progettazione: Stato dell’Arte ... 32

Analisi economica: Stato dell’Arte ... 33

Valutazione multidisciplinare del Robot da Vinci ... 34

Modellazione cinematica e implementazione dello slave ... 34

4.1 Inquadramento e terminologia ... 34

4.1.1 Elementi di robotica ... 34

4.1.2 Il sistema da modellare ... 41

4.2 Descrizione del modello ... 43

4.3 Scelte di modellazione ... 45

4.3.1 DOF del modello ... 45

4.3.2 Giunti del modello ... 46

4.3.3 Cinematica del centro remoto di rotazione ... 49

4.4 Vincoli di progettazione richiesti allo slave ... 50

4.4.1 Requisiti cinematici ... 51

4.4.2 Requisiti dinamici ... 58

4.4.3 Vincoli dettati dal contesto clinico ... 59

4.5 Implementazione ... 59

4.5.1 Modello implementato ... 59

4.5.2 Scelta dei blocchi SimMechanics e parametrizzazione ... 62

4.5.3 Simulazioni del modello in cinematica inversa ... 66

4.5.4 Simulazioni del modello in cinematica diretta ... 77

Materiali e metodi ... 79

5.1 Razionale dello studio e background ... 79

(4)

4

5.3 Protocollo dello studio ... 79

5.3.1 Disegno dello studio ... 79

5.3.2 Valutazione del percorso diagnostico terapeutico assistenziale ... 79

5.3.3 Individuazione del campione di pazienti ... 79

5.3.4 Articolazione del progetto e tempi di realizzazione ... 79

5.4 Dataset ... 79

5.4.1 Modellazione della CRF ... 79

5.4.2 Modellazione della base di dati ... 79

5.5 Data mining ... 80

5.6 Analisi dei dati ... 80

Risultati ... 81

Conclusioni e sviluppi futuri ... 82

Bibliografia ... 84

Ringraziamenti ... 86

Appendice A ... 87

(5)

5

Introduzione

Il lavoro, proposto in questa tesi, si colloca all’interno del progetto di ricerca PRIN “Health Technology Assessment of the DaVinci Master Slave Manipulator in Italy” coordinato dal Prof. Giuseppe Turchetti, afferente al Laboratorio MAIN (Management & Innovazione) dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna, e dal Prof. Sir Alfred Cuschieri della Scuola Superiore Sant’Anna, svolto in collaborazione con il laboratorio EndoCAS dell’Università di Pisa (Centro di Ricerca per la Chirurgia Assistita al Calcolatore) e con otto Centri clinici italiani (Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista Molinette di Torino, Policlinico San Matteo di Pavia, Ospedale di Alessandria, Azienda Usl 8 Arezzo, Azienda Usl 9 Grosseto e Campus Biomedico di Roma).

L’obiettivo del progetto, svolto nell’ambito del lavoro di tesi, è la realizzazione di uno studio italiano di Health Technology Assessment (HTA) del sistema robotico chirurgico da Vinci relativo alle seguenti specialità chirurgiche: Chirurgia Generale, Chirurgia Ginecologica, Chirurgia Toracica e Chirurgia Urologica. In particolare, l’obiettivo del progetto è stato conseguito effettuando uno studio prospettico multicentrico che ha arruolato consecutivamente, nell’arco temporale di diciotto mesi, circa cinquecentocinquanta pazienti sottoposti ad interventi nelle specialità chirurgiche di interesse con tecnica robotica versus tecnica open e/o laparoscopica. La chirurgia robotica assistita da computer (Computer Assisted Surgery CAS) viene proposta e utilizzata come chirurgia minimamente invasiva (Minimally Invasive Surgery MIS)

(6)

6 per interventi che richiedono una elevata precisione, in particolare interventi su campi di piccole dimensioni per i quali la fase ricostruttiva dell’intervento ricopre una particolare importanza. La tecnologia da Vinci, per quanto già piuttosto diffusa nella pratica chirurgica, è ancora ad uno stadio precoce di studio e gli studi clinici condotti fino ad oggi, principalmente una serie di casi finalizzati a valutarne sicurezza e fattibilità, non forniscono informazioni e stime conclusive sulla costo-efficacia. Si rende necessario, pertanto, mettere a punto una valutazione tecnico-economico completa di questa tecnologia sanitaria innovativa e ad alto costo, campo che ad oggi risulta ancora scarsamente esplorato dalla letteratura scientifica in modo sistematico e secondo un rigoroso approccio HTA. Il carattere pionieristico della ricerca nella letteratura italiana, concernente il telemanipolatore, è dovuto principalmente a difficoltà di ordine pratico e metodologico che non permettono di affrontare l’analisi di HTA nella sua interezza. Le problematiche principali, che si riscontrano nelle fasi di sviluppo di un’analisi completa come quella oggetto della tesi, sono rappresentate dalla modalità di raccolta delle informazioni, dal reperimento delle risorse adeguate per progettare lo studio, dalla creazione di un processo realmente multidisciplinare, dall’individuazione di specifici strumenti metodologici per effettuare l’analisi, dalla mancanza di uniformità sugli indicatori, dal riconoscimento di un gold standard.

Il presente lavoro di tesi propone questa esperienza di ricerca, che si colloca nell’ampio e ambizioso scenario delle valutazioni di HTA, in cui la figura dell’ingegnere biomedico è chiamata ad interagire con differenti attori coinvolti congiuntamente nel processo dell’innovazione tecnologica in ambito sanitario; in un contesto multiprofessionale si rende necessario adottare una prospettiva multidimensionale ed integrare le implicazioni tecnico-ingegneristiche dell’utilizzo della tecnologia con gli aspetti economici, organizzativi, gestionali, clinici, etici e sociali.

Nell’ambito del lavoro di tesi sono stati condotti studi sullo stato dell’arte…. L’elaborato è suddiviso in due Sezioni e si articola in sei Capitoli….

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8

Elenco delle abbreviazioni

- Health Technology Assessment (HTA)

- Chirurgia minimamente invasiva (Minimally Invasive Surgery MIS) - Chirurgia robotica computer-assistita (Computer Assisted Surgery CAS) - Performance Shaping Factors PSF

- Gradi di libertà (Degrees of freedom DOF)

- Trasduttore di spostamento induttivo (Linear Variable Displacement Transducer LVDT) - Sensore di posizione (Position Sensitive Device PSD)

- Diodo a emissione di luce (Light Emitting Diode LED) - CASR (Contact Area Spread Rate)

- Chirurgia totalmente invasiva (Totally Minimally Therapy MIT) - Effettore finale (End-effector EE)

- Modello a elementi finiti (Finite Element Model FEM) - Modello di tipo multi-body system (MBS)

- Convenzione di Denavit-Hartenberg (Convenzione DH) - Sistema di Riferimento (SDR)

- Centro Remoto di Rotazione (Remote Center of Motion RCM) - Coppia rotoidale (CR)

- Coppia Prismatica (CP)

- Sistema Internazionale delle unità di misura (SI) - Tomografia Computerizzata (TC)

- Tomografia Computerizzata ad alta risoluzione (High-Resolution Computed Tomography HRCT)

(9)

9

Stato dell’arte e scenari evolutivi

Capitolo 1

Lo scenario tecnologico/economico

1.1

Lo scenario tecnologico

A partire dalla metà del XIX secolo si sono susseguiti notevoli sviluppi in campo chirurgico, che hanno favorito la nascita della moderna chirurgia; questa evoluzione è stata il risultato della convergenza di una serie di fattori, quali la scoperta di anticoagulante, antisettico, anestetico, antibatterico e analgesico.

Successivamente è stata la scoperta di lenti cilindriche di piccolo diametro a determinare la nascita della chirurgia mininvasiva (Minimally Invasive Surgery MIS) e, infine, è stata l’introduzione nella pratica chirurgica delle immagini mediche (XX secolo) a decretare la nascita della chirurgia robotica computer-assistita (Computer Assisted Surgery CAS) (1).

Durante il secolo scorso sono stati sviluppati numerosi tool automatizzati per aumentare la produttività, la qualità e le prestazioni del prodotto; nel momento in cui è emersa la necessità di versatilità nella produzione, l’uomo ha creato dispositivi programmabili, capaci di adattarsi ai nuovi compiti. Questi strumenti, definiti robot, sono sistemi meccatronici controllati in retroazione da microprocessori, con a bordo sensori ed attuatori (2).

In Fig. 1.1 sono riportati i componenti principali di un sistema meccatronico: i sensori ricevono in ingresso le informazioni dall’ambiente esterno e attivano così il controllo, che a sua volta aziona gli attuatori e, quindi, i meccanismi del dispositivo; il ciclo viene richiuso sui sensori.

(10)

10 Fig. 1.1 (3) Architettura di un robot

1.1.1

Chirurgia minimamente invasiva tradizionale

L’evoluzione in campo chirurgico è dovuta ad un susseguirsi di strategie adottate nel tentativo di migliorare sia le condizioni pre-operatorie e post-operatorie del paziente, sia quelle lavorative del chirurgo.

Chirurgia a cielo aperto

Nella chirurgia tradizionale il chirurgo ha due possibilità di manipolare il tessuto nell’area operatoria: con le proprie mani e con gli strumenti chirurgici; entrambe queste modalità permettono al chirurgo di sfruttare la destrezza del braccio naturale e, pertanto, di avere un

feedback tattile diretto. In aggiunta il chirurgo può contare sulla vista naturale stereoscopica e, di

conseguenza, avere anche un feedback visivo diretto 3D (1). Si può affermare che il principale vantaggio per il chirurgo tradizionale è rappresentato dalla presenza di feedback tattile e visivo chiusi dal chirurgo stesso (Fig. 1.2). Anche la coordinazione occhio-mano è quella naturale: ostacoli e grandi variazioni nell’anatomia e nella patologia del paziente sono rilevabili mediante visione e palpazione dirette.

(11)

11 Fig. 1.2 (3) Schema funzionale della chirurgia tradizionale

In chirurgia tradizionale il chirurgo crea mentalmente delle mappe anatomiche 3D e integra, solo idealmente, le informazioni raccolte nelle fasi precedenti l’intervento (fase pre-operatoria) con le informazioni raccolte durante l’intervento vero e proprio (informazione di tipo tattile e visiva) (1) (4); poiché è il chirurgo che pianifica ed esegue l’intervento, scegliendo il percorso da effettuare, le informazioni raccolte sono anche fortemente condizionate dalla propria esperienza e conoscenza medica. Nel modello, infine, è necessario includere l’influenza esercitata sulla

performance del chirurgo da fattori non controllabili a priori, come l’ambiente della sala

operatoria e la fatica fisica, che possono disturbare la buona riuscita del processo chirurgico (4). Tali fattori sono indicati nel loro complesso con la sigla PSF (Performance Shaping Factors), come riportato in Fig. 1.3 che schematizza il processo chirurgico open.

Fig. 1.3 (1) adattato da (4) e da (5) Diagramma a blocchi dell’interazione

(12)

12 Gli svantaggi della chirurgia tradizionale riguardano sopratutto le condizioni del paziente, che non sono ottimali, e si possono sintetizzare nel modo seguente:

presenza di una grande incisione chirurgica; la dimensione dell’incisione viene fatta più larga del necessario al fine di offrire al chirurgo una buona percezione ed una sufficiente manualità

maggior dolore post-operatorio

presenza di cicatrici, che possono permanere, con conseguenze negative dal punto di vista psicologico ed estetico

aumentato rischio di infezioni e di emorragie tempi di degenza e di recupero molto più lunghi.

Dal punto di vista del chirurgo, tuttavia, sono presenti problemi allo stesso modo riconducibili a due principali (6) (7):

visione dell’anatomia limitata alla dimensione dell’incisione chirurgica; il chirurgo non riesce a vedere “dietro” le superfici esposte

percezione spaziale non geometricamente accurata, rendendo impossibile la definizione di traiettorie precise per il raggiungimento di un target.

Chirurgia laparoscopica manuale

Per andare incontro alle esigenze del paziente, alla fine degli anni Ottanta, nasce la chirurgia laparoscopica, procedura caratterizzata dall’impiego di strumenti rigidi, sottili e allungati, provvisti di un apposito utensile sulla punta (Fig. 1.4 a), sia per la visione sia per l’intervento, che vengono introdotti all’interno del corpo del paziente attraverso piccole porte di accesso e consentono libertà di movimento limitata (Fig. 1.4 b).

(a) (b)

(13)

13 Nella MIS il tool operatorio viene introdotto attraverso un foro di 5-8 mm di diametro grazie a strumenti guida definiti trocar. Tipicamente si effettuano tre fori, due per i tool laparoscopici ed uno per la videocamera (mossa da un assistente) che restituisce le immagini della regione interna da trattare (1). Nella chirurgia addominale, ad esempio, la prima porta di accesso viene introdotta tramite un ago ad addome non insufflato; quando l’ago viene rimosso dal trocar, valvola che mantiene inalterata la pressione all’interno dell’addome evitando le fuoriuscite di gas, si provvede ad inserire un insufflatore di anidride carbonica ad una pressione di circa 10 mmHg in modo da gonfiare l’addome del paziente. Una volta inserito il primo trocar, l’introduzione degli altri trocar avviene in maniera più agile ed in ugual numero agli strumenti manovrati dal chirurgo (3).

La nascita della chirurgia laparoscopica sancisce il passaggio dalla chirurgia tradizionale alla chirurgia minimamente invasiva, che viene introdotta con l’intento di risolvere le problematiche della tecnica open legate soprattutto al paziente. Dal punto di vista del chirurgo i problemi aumentano: la tecnica MIS renda ancora più impegnativo il lavoro del chirurgo rispetto alla chirurgia a cielo aperto, come largamente attestato in letteratura (1) (8) (9) (10). Il link diretto che prima esisteva tra le due figure principali (paziente e chirurgo) viene sostituito da due mediatori: la videocamera e lo strumento laparoscopico; di conseguenza il chirurgo mininvasivo esperimenta

feedback tattile e feedback visivo indiretti in quanto limitati dallo strumento chirurgico, da un lato,

e dall’endoscopio dall’altro (Fig. 1.5). Le peculiarità della tecnica MIS limitano la sua applicazione ad alcuni campi specifici, quali intervento chirurgico del tratto biliare, appendicectomia, ginecologia, trattamento toracoscopico per problemi polmonari, esame artroscopico, neurochirurgia (11).

Fig. 1.5 (3) Schema funzionale della chirurgia mininvasiva

La difficoltà di funzionamento con la strumentazione portatile, la destrezza limitata, l’ergonomia non ottimale, la presenza di attrito, la non tridimensionalità dell’informazione visiva e la sua mediazione con l’endoscopio (controllato dall’assistente) rendono l’informazione tattile e visiva

(14)

14 raggiungibile dal chirurgo limitata (12). In accordo con (1) questi elementi sono inclusi tra i PSF e disturbano l’intero processo (Fig. 1.6).

Fig. 1.6 (1) adattato da (4) e (13) Diagramma a blocchi dell’interazione chirurgo-paziente

nella chirurgia laparoscopica manuale

I riquadri tratteggiati mostrano le differenze con la chirurgia aperta.

La laparoscopia presenta numerosi vantaggi dal punto di vista del paziente, rispetto alla chirurgia a cielo aperto, tra i quali:

notevole riduzione delle dimensioni dell’incisione chirurgica (Fig. 1.7)

Fig. 1.7 (6) La dimensione della ferita causata dall’incisione chirurgica: confronto tra la tecnica

open e la tecnica MIS

Nella MIS la “deturpazione” fisica è diminuita (vantaggio per il paziente). riduzione del dolore post-operatorio e del sanguinamento

(15)

15 riduzione del rischio di infezioni; l’assenza di una grande incisione chirurgica determina infatti una minore perdita di fluidi ed una minore possibilità di sviluppare infezioni (1) eliminazione dei divaricatori metallici; nelle procedure open l’uso dei divaricatori (Fig. 1.8), sorretti dagli assistenti, serve per garantire un’esposizione adeguata del sito operatorio, ma può causare lesioni, specialmente ad organi solidi come milza e fegato (1)

Fig. 1.8 (6) Colecistectomia open e laparoscopica degenza ospedaliera più breve

tempi di recupero e di ritorno alle attività quotidiane più veloci produttività maggiore sul posto di lavoro

migliore rapporto di costo-efficacia

I vantaggi illustrati comportano un impatto in termini di minori costi sanitari diretti ed indiretti dal punto di vista del sistema sanitario, del paziente e della società.

Come sostenuto da Dankelman et al. (2005), nel loro lavoro di revisione sulla sicurezza del paziente chirurgico da un punto di vista ingegneristico (1), anche nella MIS si possono individuare due svantaggi dal punto di vista del paziente:

necessità della ventilazione meccanica in quanto l’anidride carbonica insufflata nell’addome esercita una pressione sui polmoni

durata maggiore dell’anestesia a causa di un tempo operatorio maggiore.

Come già affermato, la MIS risolve gran parte dei problemi riguardanti il paziente e complica ulteriormente, al contrario, le condizioni del chirurgo. Le limitazioni, a cui va incontro il chirurgo, possono essere classificate in tre categorie principali (6):

1) limitazioni visive 2) limitazioni motorie

(16)

16 Le informazioni visive vengono catturate per mezzo dell’endoscopio, che compromette il

feedback visivo: si riducono il campo di vista, la risoluzione, il contrasto e la fedeltà del colore

rispetto a quello reale dell’anatomia del paziente; si perde la tridimensionalità visiva e la visione stereoscopica, si ha l’effetto della serratura, in quanto la visione è possibile solo tramite il diametro dell’endoscopio, e spesso il dispositivo satura (immagine bianca o del tessuto o del tool) (3).

Con riferimento alla seconda categoria di limitazioni, il contatto diretto con il tessuto è perso a causa dell’interposizione degli strumenti laparoscopici (10) (12) (14) e questo comporta (6):

movimenti limitati

gradi di libertà (Degrees of freedom DOF) ridotti movimenti invertiti

movimenti scalati (dipende dalla profondità a cui si trova il tool all’interno del corpo) direzione fissa

In primo luogo gli strumenti operatori non hanno la destrezza della mano umana e si può affermare, pertanto, che il sistema laparoscopico non è un sistema destro. La libertà di movimento si riduce dai 7 DOF del braccio umano, sfruttati nella chirurgia tradizionale, ai 5 DOF con l’uso del tool operatorio; tra questi si contano 3 DOF di rotazione, 1 DOF di apertura e di chiusura della pinza (grip) ed 1 DOF di traslazione attraverso l’entry point (Fig. 1.10).

Fig. 1.10 (1) adattato da (4) e da (13) DOF in laparoscopia

5 DOF totali per la manipolazione attraverso il trocar: α per l’apertura e la chiusura; β1-β4 per il posizionamento.

(17)

17 In secondo luogo, introducendo le pinze laparoscopiche attraverso un piccolo foro, il punto di inserzione nell’addome del paziente diventa un fulcro, si genera un effetto leva con conseguente inversione della cinematica; così se il chirurgo sposta l’handle dello strumento a destra, la sua punta va a sinistra e viceversa (3) (6). Un’ulteriore limitazione delle facoltà motorie concerne i punti dello spazio di lavoro (workspace), che possono essere raggiunti in modo non destro con una sola direzione dello strumento (è possibile la sola rotazione dello strumento lungo il suo asse di simmetria).

Le limitazioni della percezione aptica/tattile (terza categoria) originano dall’assoluta mancanza di contatto tra le mani del chirurgo e il tessuto e determinano:

perdita quasi totale della percezione delle forze, in seguito alla lunghezza della strumentazione, alla presenza di attriti e ai giochi meccanici dei giunti (6)

nessuna coincidenza tra il modulo e la direzione delle forze applicate sull’impugnatura con le forze applicate sulla punta dello strumento, ossia le forze realmente impresse ai tessuti (conseguenza dell’effetto leva)

percezione delle sole forze di presa, anche se in maniera alterata

perdita completa dell’informazione tattile, quindi incapacità di discriminare le proprietà elastiche del tessuto, in particolare compliance e viscosità.

È interessante notare che la coordinazione occhio-mano risulta disturbata poiché le mani del chirurgo si trovano al di fuori della cavità addominale e l’informazione sulla posizione della mano e delle dita (propriocezione) non supporta direttamente la manipolazione del tessuto (15). Il lavoro di (16) individua come cause la visione monoculare del campo operatorio (effetto “buco della serratura”) da parte del chirurgo, la visualizzazione sul monitor dei suoi stessi movimenti in maniera speculare, scalata e amplificata, la necessità di sviluppare un compito 3D rapportandosi su uno schermo 2D, la presentazione delle immagini manovrata dall’assistente e non accoppiata in nessun modo ai suoi movimenti dell’occhio e della testa, la mancanza di combinazione tra le immagini della laparoscopia e la propriocezione naturale del chirurgo.

Molti dei limiti, sopra elencati, sono stati risolti dalla chirurgia robotica mininvasiva (Paragrafo 1.1.4).

(18)

18

1.1.2

Problema di quantificazione delle proprietà meccaniche dei

tessuti nell’accesso laparoscopico minimamente invasivo

Nella chirurgia mininvasiva la misura delle proprietà viscoelastiche dei tessuti è una sfida ancora aperta, su cui si concentrano gli sforzi e gli sviluppi della ricerca ingegneristica. Le proprietà meccaniche sono di grande interesse chirurgico in quanto differiscono non solo tra tessuti fisiologici diversi, ma anche tra tessuto normale e patologico (ad esempio la maggiore rigidità dei tessuti può essere relativa ad uno stato patologico). Quando si devono esplorare le proprietà meccaniche di un oggetto (rigidezza, smorzamento, isteresi) l’uomo raccoglie i dati per elaborare tali informazioni mediante i suoi molti recettori anatomici e sensoriali, localizzati sulla mano. Molte applicazioni, nel campo della teleoperazione e della realtà virtuale, indagano la possibilità di sostituire tali dettagliate informazioni tattili con strumenti aptici efficaci in modo da fornire all’operatore umano informazioni per la discriminazione della morbidezza/rigidezza e delle altre proprietà meccaniche dei tessuti manipolati,.

Lo studio (17) investiga soluzioni di progettazione per gli strumenti con ritorno aptico, utilizzati nella laparoscopia manuale: l’obiettivo è ricostruire il diagramma sforzo/deformazione del tessuto manipolato in modo da riconoscerlo. Misurare le due grandezze di interesse (sforzo e deformazione) significa fare prove meccaniche, quindi è necessario conoscere la forza, l’angolo di apertura e l’area di contatto tra strumento ed oggetto.

Uno strumento con ritorno aptico, quale una pinza laparoscopica, si può pensare composto da tre blocchi principali:

1) sensori

2) display aptico (composto generalmente da un particolare tipo di attuatori meccanici)

3) controllore

Si hanno due scelte sul posizionamento dei sensori: in punta oppure sulla catena cinematica. Dal momento che la pinza possiede una trasmissione rigida, è possibile aggiungere in serie a questa una cella di carico che garantisce la misurazione della forza che si ha in punta. Analogamente a ciò, lo spostamento può essere misurato, ad esempio, tramite un sensore di spostamento induttivo LVDT (Linear Variable Displacement Transducer) posto sempre sulla catena cinematica. Infine per misurare l’area di contatto, si può utilizzare un array di sensori, posti sulla parte interna della pinza, che ricostruiscono la superficie di contatto. Tali sensori possono avere un’uscita digitale (del tipo ON-OFF) o analogica, ma nel primo caso occorre stabilire una soglia di funzionamento, intento non banale data la grande diversità tra i tessuti presenti nel corpo (11).

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19 Dalla parte opposta del processo di trasduzione dell’informazione c’è il display aptico. Una soluzione semplice potrebbe essere quella di utilizzare un servomotore nel grilletto e regolarne la rigidità in base al tessuto che viene stretto all’interno della pinza. Una soluzione più complessa può essere quella di realizzare un array di attuatori che fanno fuoriuscire alcuni pin da una superficie regolandone l’altezza a seconda della durezza del tessuto (11).

Tra sensori ed attuatori c’è il controllo che, in questi sistemi è la parte più complessa in quanto ha il compito di ricevere i segnali e trasformarli in qualcosa capace di fornire una sensazione ben precisa al chirurgo (11).

Come si ottiene il ritorno aptico?

Si affronta il problema di come sensorizzare uno strumento laparoscopico per far tornare la percezione delle proprietà meccaniche del tessuto manipolato. L’analisi della letteratura, come esposto in precedenza, mostra infatti che la chirurgia mini-invasiva è ancora afflitta da importanti limiti, tra cui la perdita della sensibilità da parte del chirurgo, sia tattile che cinestetica.

Un approccio alla soluzione di questo problema è dato in Fig. 1.11: la sensorizzazione mostrata è in grado di misurare la forza realmente applicata dallo strumento al tessuto e lo spostamento angolare delle ganasce: utilizzando tali segnali, sarà possibile monitorare la forza applicata per estrarre alcune caratteristiche viscoelastiche del tessuto manipolato.

Fig. 1.11 (11) Prototipo dello strumento laparoscopico sensorizzato

Si nota che la posizione migliore per i sensori sarebbe quella in punta perché la forza misurata non sarebbe affetta da attrito e da gioco, tuttavia nella soluzione mostrata i sensori sono inseriti vicino

al manico per semplicità.

(20)

20 il sensore di forza, realizzato applicando due estensimetri ad un anello di alluminio: la deformazione dell’anello causa la variazione della resistenza dell’estensimetro; l’uso di due estensimetri sulla stessa metà di un ponte di Wheatstone permette una buona compensazione della temperatura. Tuttavia la misura del sensore è affetta da attrito.

il sensore di posizione, realizzato utilizzando un dispositivo ottico semiconduttore sensibile alla posizione PSD (Position Sensitive Device), su cui è collocato un diodo a emissione di luce LED (Light Emitting Diode). L’iniezione di luce causa la generazione di due correnti: la differenza di queste è funzione lineare della posizione del LED sopra il PSD. Il PSD è integrato con la struttura e unisce le due parti dello strumento (manico e parte utensile); il LED è integrato con la trave rigida e la sua posizione è una misura indiretta degli angoli delle mascelle. Questa misura è tuttavia affetta da gioco.

Lo sbilanciamento degli estensimetri del ponte di Wheatstone viene rilevato per mezzo di un amplificatore strumentale. Le correnti del PSD sono amplificate utilizzando due amplificatori di corrente. Infine i tre segnali sono collegati a ingressi analogici di un microcontrollore con tre amplificatori, che si adattano e filtrano i segnali dei sensori.

Fig. 1.12 (11) Raffigurazione dei sensori all’interno del modulo sensorizzato

Le curve statiche della forza in funzione dello spostamento angolare, in Fig. 1.13, mostrano che un modello di descrizione lineare non è applicabile per fittare questi dati. Per descrivere questo modello di comportamento dei dati, è possibile utilizzare un modello viscoelastico non-lineare a parametri concentrati.

(21)

21 Fig. 1.13 (11) Curve ottenute manipolando oggetti con il prototipo laparoscopico sensorizzato

Come si codifica il ritorno aptico?

Occorre investigare un’ipotesi di progettazione al problema successivo: fornire al chirurgo un’adeguata codifica del ritorno aptico. Una possibile implementazione per quantificare il ritorno di percezione può avvenire attraverso un sistema aptico remoto (Remote Haptic System RHS). Allo stato attuale della tecnologia per sostituire le informazioni tattili mancanti, di più difficile realizzazione rispetto al canale cinestesico, devono essere progettati dispositivi che implementano almeno parzialmente il ciclo disegnato nella Fig. 1.14.

Fig. 1.14 (11) Rappresentazione schematica di un RHS

(22)

22 un tele-manipolatore, che permette all’operatore umano di eseguire l’esplorazione mediante un modello remoto (strumento laparoscopico standard)

un canale percettivo aptico, che permette di trasmettere informazioni all’operatore

L’ipotesi alla base dell’implementazione proposta da (11) assume che gran parte delle informazioni tattili, necessarie per discriminare la morbidezza attraverso il tatto, sia contenuta nella legge che mette in relazione la forza di contatto risultante alla superficie di contatto complessiva. La capacità di discriminazione meccanica dipende dal tasso con cui l’area di contatto si estende sulla superficie di contatto, quando il dito-sonda è sempre più pressato sull’oggetto. I sistemi implementati sulla base di questa assunzione sono detti CASR (Contact

Area Spread Rate).

1.1.3

Chirurgia robotica

La rivoluzione industriale del secolo scorso ha dimostrato la capacità dei sistemi robotici di facilitare e migliorare la produzione in diversi campi (2). I vantaggi economici, l’aumento della precisione e della qualità, derivanti dall’uso dei sistemi robotici, hanno promosso l’applicazione della robotica anche nell’ambito medico-chirurgico (2). Si è reso così l’atto chirurgico più prevedibile e ripetibile, garantendone una maggiore qualità.

La robotica può essere definita come “la scienza e la tecnologia della progettazione di

sistemi meccatronici capaci di generare e controllare movimento e forza” (18).

La chirurgia robotica è un tipo di chirurgia minimamente invasiva ed è una tecnica in cui il chirurgo esegue l’intervento utilizzando sistemi computerizzati, con i quali controlla in modo remoto strumenti molto piccoli montati su un robot. La CAS può essere definita come la sinergia fra uomo e macchina allo scopo di eseguire compiti difficili meglio di quanto ciascuno dei due non sarebbe in grado di fare da solo (19) e come l’insieme dei metodi e dei sistemi per aiutare il chirurgo ad utilizzare la multimodalità di dati (principalmente immagini mediche) in modo razionale e quantitativo, con il fine ultimo di pianificare ed eseguire interventi chirurgici (20). Il passaggio dalla chirurgia tradizionale alla chirurgia computer-assistita ha permesso di sintetizzare in un unico sistema di navigazione ciò che idealmente effettuava il chirurgo nella chirurgia tradizionale solo a livello concettuale (Fig. 1.15).

(23)

23 Fig. 1.15 (3) Dalla chirurgia tradizionale ai sistemi CAS

L’analisi dello stato dell’arte della chirurgia robotica, condotta da (2), mostra che esistono tre principali campi in cui si applica la robotica in ambito medico (Fig. 1.16):

Fig. 1.16 (6) Campi di applicazione della robotica in ambito medico-chirurgico

Chirurgia robotica computer-assistita, chirurgia minimamente invasiva e terapia minimamente invasiva (Minimally Invasive Therapy MIT)

1) chirurgico: robotica per la diagnostica e chirurgia

2) riabilitativo: robotica per la riabilitazione neuromotoria, robotica per l’assistenza (studio di dispositivi atti a migliorare la qualità della vita in persone disabili) e bionica (studio di protesi biomeccatroniche e sistemi per migliorare la sensibilità e il moto)

(24)

24 In particolare, la robotica per la chirurgia comprende numerosi campi applicativi, quali l’assistenza preoperatoria (modellazioni e simulazioni), l’assistenza intraoperatoria e l’assistenza durante la formazione (training) nell’apprendimento e nella valutazione.

I sistemi CAS

Alla base della chirurgia robotica sta l’utilizzo dei sistemi CAD/CAM, ovvero impiego congiunto ed integrato di sistemi software per la progettazione assistita da computer (3).

Come raffigurato in Fig. 1.17, lo scenario dei sistemi CAS si compone di una fase preoperatoria, in cui dalle immagini cliniche riguardanti il paziente si estrae un modello (solitamente tridimensionale) che schematizza la regione anatomica di interesse; segue una fase di pianificazione, simulazione ed ottimizzazione dell’intervento tramite software (fase CAD), da cui si estraggono opportune istruzioni da fornire in ingresso al robot che effettua l’intervento. In fase intraoperatoria, i dati di localizzazione e monitoraggio del paziente sono utilizzati per il processo di registrazione, che ha lo scopo di stabilire la conversione (match) da un sistema di riferimento SDR (quello riguardante le immagini ricavate in fase preoperatoria) ad un altro SDR (quello della sala operatoria in cui si trova il paziente). A questo punto il robot possiede tutte le informazioni necessarie per operare il paziente (fase CAM) (3).

(25)

25 In Fig. 1.18 sono mostrati, sottoforma di schema a blocchi, i “componenti” di un sistema CAS e il loro interallacciamento: di fondamentale importanza la presenza di un’unità di controllo, attraverso la quale il robot viene comandato, e di un’unità di processing per la gestione dei dati pre e intraoperatori.

Fig. 1.18 (6) Schema funzionale di un sistema CAS generico Assistenti robotici

Il ruolo della chirurgia robotica non è quello di sostituire il chirurgo con il robot, ma quello di potenziare e migliorare l’azione umana nel trattamento dei pazienti; per questo, spesso i

robot medici vengono definiti “assistenti chirurgici” (22).

Esistono due principali tipi di assistenti robotici: quelli direttamente manovrati dal chirurgo che migliorano o integrano l’atto chirurgico (per esempio eliminando il tremore o aumentando la destrezza nell’effettuare operazioni all’interno del corpo del paziente) e quelli che lavorano fianco a fianco con il chirurgo, controllati per mezzo di un’interfaccia (3). I sistemi robotici possono anche essere classificati in base al tipo di controllo in robot autonomi, teleoperati, passivi e interattivi; la classificazione generale dei sistemi robotici è mostrata in Tab. 1.1.

(26)

26

TIPOLOGIA DI ACCESSO

Accesso Tradizionale Accesso Minimamente invasivo Accesso endoluminare/ endocavitario

T

IP

O

L

O

G

IA

D

I

IN

T

E

R

A

Z

IO

N

E

SISTEMI AUTONOMI

Sistemi che eseguono un programma pianificato o definiscono automaticamente il proprio task

SISTEMI INTERATTIVI

Sistemi semi-attivi (DOF disaccoppiati) e sistemi sinergici (DOF condivisi)

SISTEMI TELEOPERATI

Sistemi master-slave e sistemi con diretto controllo/guida

SISTEMI PASSIVI

Sistemi di navigazione e sistemi senza alcuna attuazione

Tab. 1.1 Assistenti robotici: classificazione generale

I robot autonomi sono in grado di eseguire l’intero task senza l’intervento umano poiché programmati appositamente (in questo caso il chirurgo è solo un supervisore). I teleoperatori sono macchine progettate per consentire all’utente di manipolare oggetti che si trovano in una posizione dello spazio distante dalla propria e, storicamente, il loro iniziale utilizzo ha consentito di lavorare in modo remoto in ambienti pericolosi o inaccessibili (23). I robot teleoperati vengono guidati dal chirurgo, che stavolta prende parte attivamente all’operazione; si parla di sistemi

master/slave, in cui l’unità master è quella appartenente al chirurgo che gestisce l’unità slave

grazie al feedback visivo (3). I movimenti sono trasmessi dal master allo slave così l’utente può agire sullo slave in modo remoto (24). La Fig. 1.19 rappresenta lo schema a blocchi dello studio avanguardista di (24) sull’utilizzo dei teleoperatori nella MIS.

(27)

27 Fig. 1.19 (24) Schema a blocchi della chirurgia minimamente invasiva mediante sistemi

teleoperati

Queste macchine automatizzate sono state introdotte negli anni Ottanta nell’ambito della neurochirurgia e ortopedia: nel 1985 fu utilizzato il primo robot (Puma 560) in neurochirurgia con lo scopo di migliorare l’accuratezza e la precisione chirurgica. Nel 1989 fu introdotto il primo

urobot (TURP) da un gruppo dell’Imperial College di Londra per effettuare resezioni transuretrali

della prostata. Successivamente furono svolti studi per la realizzazione di un sistema robotico in grado di effettuare accessi renali percutanei. Questo dispositivo (LARS), realizzato dalla Johns

Hopkins University (Stati Uniti), fa uso di un robot e immagini fluoroscopiche biplanari

permettendo di raggiungere un’accuratezza inferiore ad 1 mm. Nel 1992 venne effettuata la prima sostituzione completa di anca con il ROBODOC (2).

Nel 1994, per la prima volta, la Food and Drug Administration FDA (ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) ha approvato l’uso clinico di un robot, AESOP (realizzato dalla Computer Motion Inc.), atto a posizionare la telecamera in operazioni laparoscopiche a livello addominale e urologico. Un sistema remoto per chirurgia aperta è stato sviluppato dalla DARPA (agenzia per la difesa) all’istituto di ricerca di Stanford (SRI) per poter effettuare operazioni in stazioni remote con la sola presenza di un assistente chirurgico. Nel 1998, è stato effettuato il primo innesto di bypass aortocoronarico grazie al da Vinci (robot progettato per operazioni laparoscopiche), versione evoluta del sistema SRI realizzata dalla Intuitive Surgical, Inc. (CA). Nel 2001 la Computer

Motion, Inc. (CA), ha sviluppato un altro sistema laparoscopico, Zeus, realizzato con tre robot

AESOP modificati, uno per il laparoscopio e due per gli strumenti, più un’interfaccia aptica appositamente costruita. A differenza del da Vinci però, il robot Zeus non è stato approvato dalla

(28)

28 FDA a causa della scarsa manovrabilità e dell’inadeguatezza ad essere usato come sistema

master/slave (25).

I dispositivi robotici devono essere compatibili con lo scenario che si presenta in sala operatoria: avere sufficiente forza, accuratezza e destrezza; essere posizionato sul paziente in modo accessibile per lo staff chirurgico (solitamente il montaggio avviene sul piano operatorio o di fianco al paziente o al soffitto); ogni parte del robot a contatto con il paziente o che potrebbe contaminare il campo operatorio deve essere sterilizzata o coperta da materiale sterile; inoltre, il dispositivo deve possedere capacità di operare sfruttando i sistemi di imaging. Fattore di fondamentale importanza è la sicurezza dello strumento, ottenibile seguendo alcune regole (26): ridondanza nei sistemi di scurezza, evitare l’uso di attuatori con potenze e velocità inutili, analisi rigorosa nella progettazione, documentazione e protocolli di validazione, introduzione di molteplici pulsanti di stop per le emergenze, presenza di strutture di controllo e ripresa.

1.1.4

Chirurgia robotica minimamente invasiva

Molti limiti della MIS tradizionale, precedentemente discussi, sono stati risolti dall’introduzione della chirurgia robotica mininvasiva. Due tipi di tecnologie vengono in aiuto al chirurgo mininvasivo (6):

le tecniche nuove di acquisizione/elaborazione delle immagini mediche strumenti robotici e meccatronici (strumentazione intelligente)

I robot principalmente utilizzati sono i teleoperati, dotati quindi di un’unità master, al livello della quale opera il chirurgo, e un’unità slave, che è il corpo stesso del robot che opera sul paziente. L’unità locale è costituita da una console provvista di visore stereoscopico, controller (2 esoscheletri ognuno provvisto di 7 DOF) e filtro per la soppressione del tremore; l’unità remota è il robot dotato di 4-5 bracci automatizzati, uno munito di stereocamera e gli altri di tools operatori. Le due unità comunicano per mezzo di una rete di connessione (Fig. 1.20) (3) .

(29)

29 Fig. 1.20 (3) Schema funzionale della chirurgia robotica mininvasiva

Il feedback visivo è ancora mediato dall’endoscopio, che però presenta una serie di vantaggi rispetto alla MIS tradizionale, come il recupero della profondità dell’immagine. Per quanto concerne il feedback tattile, si recupera la destrezza del braccio umano in quanto ciascuno dei due esoscheletri, che vengono mossi dal chirurgo, è dotato di 7 DOF; si possono scalare i movimenti con passaggio dall’ordine del cm (ordine con cui il braccio effettua movimenti esternamente) all’ordine del mm (ordine del movimento interno) e quindi migliorare la precisione. Aumenta la facilità di utilizzo (intuitività) e l’ergonomia (comodità nell’eseguire l’operazione): nonostante sia presente un fulcro e quindi una leva, in realtà, muovendo lo strumento in avanti anche la punta dello strumento va in avanti, a differenza di quanto accadeva nella MIS tradizionale. Viene filtrato il tremore umano attraverso un filtro passa basso, che viene posto a livello della connessione tra le due unità, dato che la banda frequenziale del tremore si colloca alle basse frequenze.

Tra i principali svantaggi si includono:

assenza di controllo diretto su un’eventuale collisione dei bracci robotici, nel caso in cui, ad esempio, due bracci robotici collidono tra loro o con la parete addominale; questo ulteriore controllo, tuttavia, non si aggiunge perché si vuole che il sistema rimanga teleoperato e non si vuole generare un sistema autonomo (27)

dimensione del diametro dei fori (8-12 mm) maggiore rispetto alla MIS tradizionale (5-8 mm)

numero di fori più elevato, rispetto al numero di fori nella MIS tradizionale, perché i bracci robotici sono più di tre, tipicamente sono in numero pari superiore a 4

piattaforma ingombrante e costosa

il chirurgo, che opera alla console, non si rende conto di quello che succede dietro i fattori non ancora ripristinati sono il feedback di forza ed il feedback aptico.

Per quanto concerne il ritorno di forza, si potrebbero inserire dei sensori di momento e forza il più vicino possibile all’end-effector (EE); il problema è che destabilizzerebbero il controllo e non

(30)

30 resisterebbero ai sistemi di sterilizzazione. Per reintrodurre il feedback aptico, invece, servirebbero apposite interfacce munite di attuatori, sensori di posizione e particolari tipi di sensori in grado di rilevare la compliance del tessuto (22).

E’ doveroso precisare che questi, appena elencati, rappresentano i principali vantaggi e gli svantaggi apportati dal sistema da Vinci, che è il paradigma della CAS.

In Tab. 1.2 si riepilogano vantaggi, svantaggi e peculiarità (così definite in quanto non classificabili a priori negli aspetti positivi o negativi) delle due tecniche CAS e open.

VANTAGGI SVANTAGGI PECULIARITA’ Chirurgo umano Chirurgo umano-macchina Chirurgo umano Chirurgo umano-macchina Chirurgo umano Chirurgo umano-macchina

Destrezza Destrezza Inaccuratezza

geometrica

Programmato Qualitativo Quantitativo

Adattabilità Accuratezza geometrica Registrazione mentale Performance costante Cinque sensi Esperienza, formazione

Realtà aumentata Affaticabilità

(tremore...) Non responsabilità Responsabilità Integrazione di dati multimodali Dimensione fissata Scalabilità Miniaturizzabilità Instancabilità

Tab. 1.2 Chirurgo umano versus sinergia chirurgo umano-macchina

Si può concludere constatando che il ruolo della tecnologia nella MIS, tradizionale e robotica, è forse più importante che in altri campi. La ricerca sta indagando sulle possibilità di migliorare la sensibilità percettiva del chirurgo sia nella manipolazione sia nel rilevamento delle proprietà del tessuto. Un’attenzione importante deve essere posta anche nella formazione del chirurgo per le operazioni mini-invasive, utilizzando la realtà virtuale e strumenti di telepresenza.

(31)

31

(32)

32

Capitolo 2

(33)

33

Capitolo 3

(34)

34

Valutazione multidisciplinare del Robot da Vinci

Capitolo 4

Modellazione cinematica e implementazione dello slave

4.1 Inquadramento e terminologia

4.1.1 Elementi di robotica

4.1.1.1 Cinematica di posizione del corpo rigido

Per identificare la posizione di un corpo rigido, rispetto ad un SDR, occorrono in generale due informazioni: la posizione di un suo punto ed il suo orientamento in termini di angoli. I DOF di un corpo rigido libero, in assenza di vincoli, si possono definire come il minimo numero di parametri indipendenti (coordinate lagrangiane) necessari e sufficienti ad individuarne la posizione in maniera univoca nel piano oppure nello spazio. In particolare, per specificare la posizione di un corpo rigido nel piano (2D) sono necessari 3 DOF (due parametri per la posizione di un punto e un parametro per l’angolo), mentre per definire la posizione di un corpo rigido nello spazio (3D), che è il caso di interesse (Fig. 4.1), occorrono 6 DOF (tre parametri per la posizione di un punto e tre parametri per gli angoli).

4.1 (6)

DOF di un corpo rigido nello spazio

Nel 3D un corpo rigido ha 6 DOF: 3 traslazioni e 3 rotazioni. I primi 3 DOF descrivono la posizione del corpo, mentre gli altri 3 DOF determinano l’orientamento. Il termine posa è usato

(35)

35 Un metodo operativo per determinare la posizione di un corpo rigido nello spazio (Fig. 4.2) passa attraverso la definizione di SDR solidali ai corpi e l’uso della matrice di rotazione, metodo che può essere suddiviso in tre step:

Fig. 4.2 (28)

Posizione di un corpo rigido attraverso sistemi di riferimento e metodo delle matrici

1) definizione di un SDR globale o fisso G, detto ground 2) introduzione di un SDR locale L solidale al corpo

3) posizione dei punti del corpo, rispetto a G, ottenibile direttamente dalla posizione di L rispetto a G per mezzo della matrice di rotazione RGL.

La matrice di rotazione, operante su un vettore posizione di uno spazio 3D, trasforma le coordinate del vettore espresse in un SDR OUVW, che è il sistema di coordinate solidale al corpo e che si muove con esso, nelle coordinate espresse nel SDR OXYZ, che è la terna fissa nello spazio tridimensionale. L’espressione 4.1 è la relazione che converte le coordinate del vettore puvw (espresse nel SDR OUVW) nelle coordinate del vettore pxyz (espresse nel SDR OXYZ), dove R è la matrice di rotazione 3x3 tra le due terne OUVW e OXYZ.

pxyz = R puvw (4.1)

I SDR utilizzati (Fig. 4.3) sono quasi sempre Cartesiani P (x, y, z), come quelli a cui si ricorre nel modello proposto, ma possono essere anche Cilindrici P (r, θ, z) e Sferici P (R, θ , φ).

(36)

36

Posizione di un punto P in un sistema di riferimento(SDR)

Per riprodurre e studiare i movimenti 3D, serve un modo per specificare, comporre, interpolare e derivare orientamento e rotazioni successive, possibilmente con relazioni biunivoche. In robotica l’attitude representation (29) è una questione delicata e concerne i vari modi con cui è possibile descrivere l’orientamento di un corpo rigido nello spazio; tra le rappresentazioni più utilizzate si includono: la matrice di rotazione, gli angoli di Eulero o

Roll-Pitch-Yaw RPY, l’asse-angolo (r, Ɵ), i parametri di Rodrigues-Hamilton, i quaternioni. Questo

lavoro si focalizza sul metodo delle matrici, che rappresenta lo strumento operativo generalmente utilizzato, e sugli angoli RPY, metodo vantaggioso dal momento che offre una rappresentazione minima.

Descrivere l’orientamento di un corpo rigido specificando la sua matrice di rotazione, rispetto ad un SDR, richiede nove elementi e, sapendo che i DOF necessari per definire l’orientamento spaziale sono solo tre, questa rappresentazione ha lo svantaggio di essere ridondante (non minima).

In accordo con il Teorema di Eulero, secondo cui con tre rotazioni elementari successive si riesce a passare da una terna qualsiasi, disposta casualmente nello spazio, ad una terna fissa o, in altre parole, tre angoli orientati sono necessari e sufficienti per definire l’orientazione di un corpo nello spazio, la posizione di un corpo rigido può essere determinata specificando tre angoli (angoli di Eulero o angoli di Cardano) e passando così ad una rappresentazione minima. Gli angoli di Eulero sono caratterizzati da una sequenza di angoli, in cui l’asse della prima rotazione coincide con l’asse dell’ultima rotazione e l’angolo intermedio non conta (Z- -Z, X- -X, Y- -Y), mentre gli angoli di Cardano o RPY sono sequenze di angoli del tipo X-Y-Z oppure Y-X-Z, in cui non è detto a priori che si debba tornare sullo stesso asse di partenza. In accordo con le convenzioni aereo-nautiche, gli angoli Roll-Pitch-Yaw sono rispettivamente gli angoli di rollio, beccheggio e imbardata e rappresentano movimenti rotatori di diverso tipo, attorno ad assi cartesiani diversi (Fig. 4.4).

(37)

37 Fig. 4.4 (28)

Angoli Roll-Pitch-Yaw (RPY)

Dal momento che il modello cinematico, mostrato in seguito, si compone di giunti che concedono rotazioni di tipo roll, pitch e yaw, movimenti che combinati insieme ad altri rendono possibile la “sostituzione” del braccio umano, è bene comprendere la diversa natura di queste rotazioni. E’ possibile associare ciascuna rotazione ad un diverso movimento della nostra testa: immaginando una terna solidale alla testa con gli assi cartesiani disposti esattamente come in Fig. 4.5, lo yaw (imbardata) diventa il movimento che ruota la testa a destra e a sinistra ed equivale al gesto di dire “no”, il pitch (beccheggio) diventa il movimento che muove la testa su e giù ed equivale al gesto di dire “si” ed il roll (rollio) è il movimento della testa da un lato all’altro che equivale al gesto dell’indecisione.

Fig. 4.5 (28)

Le rotazioni roll, pitch, yaw che caratterizzano il modello cinematico del robot da Vinci come movimenti “quotidiani”

Per terminare la panoramica sulla cinematica del corpo rigido, si può affermare che il campo di spostamento di un corpo rigido può essere descritto dalla posizione dello Screw Axis (SA), attorno al quale il corpo avanza e contemporaneamente ruota, come mostrato in Fig. 4.6 (a).

(38)

38 Quando un corpo rigido, che si muove all’interno di uno spazio 3D, passa da una configurazione 1 al tempo t1 ad una configurazione 2 al tempo t2 si può individuare una linea unica (asse della vite o asse di Mozzi o SA), lungo la quale il corpo percorre la distanza d e attorno alla quale il corpo ruota di un angolo φ nell’intervallo di tempo ∆t = t2 – t1, combinando una traslazione ed una rotazione (finite screw motion) (30). È interessante osservare che il campo delle velocità di un corpo rigido presenta un comportamento simile: per le velocità (spostamenti infinitesimi) si può individuare l’Instantaneous Screw Axis (ISA), come raffigurato in Fig. 4.6 (b). Si può concludere constatando che la screw theory continua a valere passando dall’infinitesimo al finito, ossia dagli spostamenti finiti alle velocità.

Fig. 4.6 (31)

(a) Finite screw motion (b) Instantaneous Velocity Screw

4.1.1.2 Catene cinematiche di corpi rigidi

Un sistema robotico viene definito dal Robot Institute of America come un “manipolatore multifunzionale riprogrammabile progettato per spostare materiali, parti, utensili o altri dispositivi, per mezzo di movimenti variabili programmati per l’esecuzione di un dato numero di compiti” (6).

Un manipolatore industriale, da un punto di vista squisitamente meccanico, è una catena cinematica aperta o seriale (Fig. 4.7), ossia una successione di corpi rigidi o link, vincolati l’uno all’altro e connessi da giunti rotatori o traslatori, attuati da un motore.

(39)

39 4.7 (6)

Esempio di manipolatore industriale: catena cinematica di 3 link

Due link adiacenti sono connessi da un giunto e ogni giunto conferisce 1 DOF rotazionale o traslazionale.

La catena cinematica si definisce “aperta” perché rimane in sospeso: un’estremità della serie è connessa ad una base di appoggio (ground), mentre l’altra parte, che costituisce l’organo terminale, rimane libera ed è dotata di un utensile detto effettore finale (End Effector E-E). Il link 0 è la base di appoggio del robot e coincide con l’origine del sistema di coordinate di riferimento per il moto. Anche il corpo umano, visto con approccio robotico, si compone di numerose catene aperte: il braccio, ad esempio, è una catena seriale, e tutto il sistema serve per posizionare correttamente la mano, che ne costituisce l’E-E.

Un giunto può essere definito come un insieme di due superfici che slittano l’una sull’altra, rimanendo a contatto, e la coppia giunto-link determina i DOF del robot. Tra le tipologie di giunti di prima specie, la cui panoramica è mostrata in Fig. 4.8, per la modellazione cinematica del robot da Vinci interessano esclusivamente il giunto rotatorio ed il giunto traslatorio.

(40)

40 4.8 (6)

Giunti di prima specie

A tal proposito, si precisa che:

il giunto rotatorio, detto anche Coppia Rotoidale CR, rappresenta i link che possono ruotare rispetto ad un sistema di riferimento fissato al pavimento (ground); la posizione relativa tra due link della catena cinematica, connessi da una C.R., è pertanto espressa da un angolo Θ, che costituisce la variabile di giunto (Fig. 4.9)

Fig. 4.9 (6)

Giunto rotatorio o Coppia Rotoidale C.R.

il giunto traslatorio, detto anche Coppia Prismatica CP, rappresenta i link che possono traslare rispetto ad un sistema di riferimento fissato al pavimento (ground); la posizione relativa tra due link della catena cinematica, collegati da una C.P., è espressa da una distanza d, che costituisce la variabile di giunto (Fig. 4.10)

(41)

41 Fig. 4.10 (6)

Giunto traslatorio o Coppia Prismatica C.P.

Un approccio agevole per effettuare lo studio di posizione delle catene cinematiche seriali, come quella oggetto della modellazione proposta, è utilizzare riferimenti relativi tra i vari corpi e passare dall’uno all’altro, riferendo ogni corpo a quello vicino e un solo corpo della catena al piano di terra (ground). Un criterio internazionale utile per il posizionamento sistematico degli assi delle terne locali sui link di una catena seriale composta da giunti monodimensionali (1D) è la Convenzione Denavit-Hartenberg (D-H), ampiamente utilizzata in robotica e qui proposta nella fase di implementazione del modello.

4.1.2 Il sistema da modellare

La componente slave del robot da Vinci, evidenziata in rosso nel diagramma a blocchi di Fig. 4.11, è oggetto della modellazione cinematica presentata in questo lavoro e può essere descritta adottando la visione e la terminologia introdotte nel 1997 da A. J Madhani (24), in occasione della progettazione dei due sistemi robotici (Silver Falcon e Black Falcon) che possono considerarsi i progenitori del robot da Vinci.

Fig. 4.11 (23)

(42)

42 Nella componente master: i servomotori e gli encoder ricevono l’input delle mani del chirurgo,

che attuano i bracci robotici; nella componente slave i bracci robotici esercitano forze e movimenti sul corpo del paziente, così come vengono impressi in modo remoto dal chirurgo alla

console.

La componente slave può essere pensata come il risultato dell’unione di due sottogruppi principali (Fig. 4.12), meccanicamente interconnessi, che sono stati progettati per lavorare insieme:

la struttura portante, che è il posizionatore del braccio robotico (position mechanism) lo strumento operatorio vero e proprio, definito “polsino” del braccio robotico (endowrist) Tipicamente: la struttura portante regola la posizione dell’organo terminale al livello del pezzo da lavorare, il “polsino” regola l’orientamento dell’utensile per consentire la presa del pezzo.

Fig. 4.12 (23)

I due sottosistemi dell’unità slave: position mechanism, endowrist

Il primo sottosistema (position mechanism), il cui posizionamento solitamente precede l’inizio dell’intervento, determina la posizione adeguata del centro remoto dei giunti attivi (32) ed è dotato di una serie di DOF passivi comandati da freni, come descritto nel Cap. 2. Tali giunti, essendo “non attuati”, sono esclusi dalla modellazione proposta.

Il secondo sottosistema (endowrist), su cui si focalizza questo lavoro di modellazione, è dotato complessivamente di sette DOF attivi (attuabili e sensorizzabili) e può essere ulteriormente scomposto in due sottounità: nello strumento operatorio vero e proprio (instrument) e nell’albero dello strumento (instrument shaft), che può passare all’interno del corpo del paziente attraverso il punto di inserzione, in analogia agli strumenti chirurgici convenzionali (terminologia adottata da (24)). Queste scomposizioni funzionali semplificano il passaggio concettuale al modello meccanico.

(43)

43

4.2 Descrizione del modello

Ciascun braccio robotico da Vinci, il cui diagramma cinematico completo è stato mostrato in Fig. XX del Cap. 2, è composto da una catena meccanica di 12 (n) giunti interconnessi e di 13 (n+1) link (33).

Concentrandosi sui soli giunti attivi e “attuati”, la configurazione cinematica 3D di ciascun braccio robotico acquisisce gli stessi DOF del braccio umano ed è completamente individuata da:

7 giunti Ji

7 variabili scalari o variabili di giunto qi 8 corpi rigidi o link Li

2 catene cinematiche aperte o seriali 2 E-E

In Fig. 4.13 è riportata la rappresentazione schematica del modello cinematico dello slave del

robot da Vinci, realizzata da E. Sinibaldi (6), con la relativa disposizione dei sette DOF cinematici

attivi

(44)

44

Diagramma schematico del modello cinematico 3D della componente slave del robot da Vinci (7 DOF)

Con riferimento al modello del robot di Fig. 4.13, i giunti attivi Ji del modello sono etichettati da 1 a 7 e le loro orientazioni nel diagramma si riferiscono alla posizione detta “zero” del manipolatore; il simbolo sulla destra rappresenta il pavimento della stanza su cui è posizionato il carrello (ground). Le posizioni di tutti i giunti, inoltre, possono essere definite rispetto al loro link prossimale. Per rispettare le condizioni di validità per l’applicazione della Convenzione di Denavit-Hartenberg (DH), nello schema cinematico del modello gli angoli di rotazione di ogni link si intendono positivi quando associati ai relativi assi del SDR, scelto per il link medesimo e posto sul giunto distale del link, secondo la regola della mano destra.

Le sette variabili di giunto, evidenziate in giallo nello schema di Fig. 4.13, possono essere compattate in un vettore monodimensionale, definito vettore q delle variabili di giunto; il vettore

q, associato allo schema cinematico proposto, è definito in base all’espressione 4.2:

q = (θ1, θ2, d3, θ4, θ5, θ6, θ7) (4.2) Lo spazio dei giunti (o spazio delle configurazioni) è lo spazio in cui è definito il vettore q delle variabili di giunto di dimensione 7 x 1 e si differenzia dallo spazio operativo o spazio Cartesiano, in cui è definito il vettore di posa x (espressione 4.3).

x = (p, φ)T (4.3)

La dimensione di x è 6 x 1, dal momento che p è il vettore delle coordinate cartesiane della posizione dell’organo terminale con dimensione 3x1 (coordinate x,y,z) e φ è il vettore che rappresenta l’orientamento dell’organo terminale anch’esso con dimensione 3x1.

I punti salienti, che caratterizzano il modello cinematico proposto, possono essere così sintetizzati:

giunti monodimensionali

giunti esterni/interni rispetto al corpo del paziente

ciascun gripper, modellato dal relativo link, è considerato come un E-E indipendenza degli E-E (ogni gripper introduce 1 DOF)

presenza di due catene cinematiche aperte: J1-J2-J3-J4-J5-J6 e J1-J2-J3-J4-J5-J7

Ciascuno dei sette giunti attivi (J1- J7) è dotato di un solo DOF o, in altre parole, può concedere un unico movimento di rotazione o di traslazione; il vantaggio del ricorso a giunti monodimensionali risiede nella maggiore semplicità di attuazione e sensorizzazione.

Utilizzando un criterio clinico, i giunti meccanici possono essere ulteriormente classificati in giunti esterni ed in giunti interni, distinzione evidenziata in Fig. 4.4 ed in Tab. 4.1 dall’uso di colori diversi per i giunti (grigio e arancione). Durante l’intervento chirurgico i tre giunti J1-J3,

(45)

45 colorati di grigio, rimangono sempre all’esterno della parete addominale del paziente, mentre i quattro giunti arancioni J4-J7 possono penetrare all’interno del corpo del paziente attraverso un punto fisso o punto di inserzione (entry point).

Il sistema si compone di otto link (L0-L7), di questi gli ultimi due (L6 e L7) modellano i due

gripper, ossia costituiscono le due estremità del “polsino” e servono a garantire la presa (grip)

desiderata. Per risolvere la cinematica dello slave del robot, si può assumere che ciascun gripper si comporti come un E-E indipendente; pertanto lo schema cinematico complessivo può pensarsi costituito da due catene cinematiche aperte distinte: una avente J6 come E-E, l’altra caratterizzata da J7 come E-E.

4.3 Scelte di modellazione

Sulla base delle spiegazioni qualitative presenti in (34) e dello schema grafico di (6), si analizzano in dettaglio le scelte di modellazione più importanti per lo slave, che concernono:

1) il numero dei DOF permessi

2) la tipologia cinematica dei giunti e la loro classificazione funzionale 3) la cinematica dell’RCM

4.3.1 DOF del modello

Come già affermato, il modello cinematico tridimensionale dello slave del robot è caratterizzato complessivamente da sette DOF cinematici attivi, gli stessi del braccio umano. In Fig. 4.14 si riporta il modello cinematico a 7 DOF del braccio umano per evidenziare la similitudine con il diagramma cinematico dello slave. I DOF dei due modelli sono esattamente gli stessi, ma la differenza cinematica sostanziale sta nella modellazione dei giunti: i giunti del robot sono tutti di prima specie o 1D, i giunti del braccio umano possono essere anche composti (spalla, polso) e l’unico osso modellabile come giunto rotoidale di prima specie è il gomito.

(46)

46 Fig. 4.14

Modello cinematico 3D del braccio umano (7 DOF)

I 7 DOF del braccio umano sono il risultato dei 3 DOF della spalla e del polso, entrambi modellabili con un giunto sferico, e del DOF del gomito, modellabile con una C.R.

4.3.2 Giunti del modello

La Tab. 4.1 sintetizza le scelte di modellazione cinematica inerenti al tipo di giunto progettato per conferire ognuno dei sette DOF cinematici attivi al sistema.

Giunto a 1 DOF Tipo di Giunto DOF Esterno/Interno DOF permesso Spiegazione Variabile di giunto J1 CR Esterno (unità base)

Pitch Rotazione attorno al punto fisso di

inserzione per il posizionamento del “polsino”

Ɵ1

J2 CR Yaw Ɵ2

J3 CP

Insertion

Traslazione lungo il punto fisso di inserzione per il posizionamento del

“polsino”

d3

J4 CR

Interno (unità polso)

Roll Rotazione del polso attorno al

proprio asse

Ɵ4

J5 CR Yaw Rotazione del polso attorno ad un

altro asse (X,Y,Z), diverso dal proprio, a seconda del SDR scelto

Ɵ5

J6 CR Pitch/Grip Si hanno due rotazioni di pitch, dalla

cui differenza si assicura il grip

Ɵ6

Riferimenti

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