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Ricerca di nuove metodiche diagnostiche nella valutazione pre-operatoria della patologia nodulare tiroidea

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e

Malattie del Metabolismo

Tesi di Specializzazione

Ricerca di nuove metodiche diagnostiche

nella valutazione pre-operatoria

della patologia nodulare tiroidea

Candidato Relatore Dott. Filippo Niccolai Chiar.mo Prof. Massimo Tonacchera

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2 INDICE

- Introduzione Pag. 2

- Scopo dello studio Pag. 9

- Studio su set di marcatori genici Pag 10 - Studio su un gruppo di MicroRNA Pag 16

- Discussione Pag 24

- Cenni di Proteomica Pag 31

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3 INTRODUZIONE

La patologia nodulare tiroidea e’ una frequente malattia endocrina presente nella popolazione generale. Nei paesi con adeguato apporto iodico, come negli Stati Uniti, noduli tiroidei clinicamente manifesti sono presenti nel 4-7% della popolazione generale. La frequenza della patologia nodulare e del gozzo nodulare aumenta nelle popolazioni con alimentazione povera di iodio. Inoltre la frequenza di noduli tiroidei non manifesti clinicamente, e rilevabili solo mediante esami strumentali quali l’ecografia, è superiore al 50% nelle donne di età superiore a 60 anni.

La maggior parte dei noduli tiroidei sono benigni, seppur con grandi differenze tra casistiche cliniche. La prevalenza della patologia maligna è del 5-10 % nella popolazione generale, mentre in casistiche chirurgiche, non selezionate sulla base della citologia preoperatoria, la percentuale di malignità aumenta fino all’8-20% di tutti i noduli sottoposti a tiroidectomia.

Il carcinoma della tiroide rappresenta l'1-2% di tutte le neoplasie maligne dell'adulto, ed è la più comune neoplasia maligna del sistema endocrino. In particolare, nell’ultima decade la sua incidenza è andata aumentando dal 2-3 per 100.000 abitanti rilevata negli anni 40'-50', fino all’8-10 per 100.000 abitanti di oggi e ciò è avvenuto prevalentemente nelle regioni più sviluppate rispetto a quelle meno sviluppate.

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Questo aumento di incidenza è verosimilmente più apparente che reale, probabilmente dovuto alle migliori tecniche diagnostiche ed in particolare all'ecografia del collo che consente di identificare anche piccoli noduli tiroidei, che in passato, spesso, passavano inosservati. Nonostante tale aumento, la mortalità annua per carcinoma della tiroide è rimasta stabile: nel 1973 era dello 0,57%, nel 1980 dello 0,48% fino allo 0,47% nel 2002. La mortalità è due volte più elevata nelle femmine che nei maschi. In letteratura sono descritti numerosi fattori predisponenti allo sviluppo dei carcinomi tiroidei come ad esempio il sesso maschile, l’età avanzata e la presenza di un nodulo tiroideo singolo rispetto al gozzo multinodulare ma il più importante fattore di rischio è l'esposizione a radiazioni ionizzanti.

L'esposizione a radiazioni ionizzanti, utilizzate frequentemente in passato per trattare l'iperplasia del timo, delle tonsille, delle adenoidi nell’infanzia, rappresentano il maggior fattore di rischio ad oggi noto. La conferma della relazione tra carcinoma tiroideo e radiazioni ionizzanti è avvenuta dopo il drammatico e progressivo aumento dell'incidenza dei carcinomi tiroidei di tipo papillare riscontrato nelle regioni della Bielorussia, dell'Ucraina e del Sud della Russia colpite dal fall-out radioattivo in seguito al disastro nucleare di Chernobyl del 1986. Circa l’ 80-85% dei tumori maligni della tiroide sono carcinomi differenziati, la cui prognosi è generalmente favorevole. I carcinomi differenziati sono le neoplasie maligne ad origine dall’epitelio follicolare della tiroide a morfologia papillare (circa l’80%) e/o follicolare (circa il 20%). Gli altri tipi di carcinoma sono

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meno frequenti e sono rappresentati dal carcinoma anaplastico (5%), dal carcinoma midollare (10%) e dal linfoma primitivo della tiroide (1-2%).

La diagnosi quanto più accurata della natura del nodulo è quindi un elemento indispensabile per la corretta impostazione della strategia terapeutica. Pertanto un’importanza fondamentale nella patologia nodulare tiroidea riveste la distinzione fra noduli maligni e benigni. L’eta’ e il sesso dei pazienti, le caratteristiche palpatorie del gozzo, il carattere uni o multinodulare e le varie caratteristiche ecografiche del nodulo non rappresentano singolarmente criteri attendibili certi per discriminare la natura benigna o maligna della neoformazione. L’esame citologico su agoaspirato (FNA) è oggi lo strumento diagnostico insostituibile per la selezione dei noduli tiroidei. Come per altri test diagnostici, l’efficacia dell’esame citologico dipende dall’esperienza dell’operatore e dall’adeguatezza del campione. Ove eseguito correttamente e interpretato da un citologo esperto, questo esame permette la diagnosi della natura dei noduli tiroidei con un elevato grado di sensibilità (65-99%) e specificità (92-98%), tanto che l’introduzione della FNA nella pratica clinica ha permesso di ridurre drasticamente il numero degli interventi chirurgici.

Nel caso di lesioni nodulari non palpabili il prelievo può essere guidato dalla localizzazione del nodulo mediante esame ecografico. L’esame citologico pertanto rappresenta un eccellente metodo per definire la natura dei noduli della tiroide.

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I principali quadri microscopici rilevabili all’esame citologico del materiale agoaspirato mediante agosottile dai noduli tiroidei, sono sotto riportati (tabella 1). Essendo lo studio precedente alla pubblicazione di tale classificazione i noduli TIR3A e TIR3B saranno racchiusi sotto un unica denominazione di noduli microfollicolari/indeterminati.

L’uso sistematico della FNA riduce del 35-75% il numero dei pazienti operati per nodulo tiroideo e aumenta di 2-3 volte il numero dei tumori maligni, fra i noduli operati.

TIR 1 Non diagnostico

TIR 1 C Non diagnostico - Cisti - TIR 2 Non neoplastico

TIR 3 A Lesione Follicolare a basso rischio TIR 3 B Lesione Follicolare ad alto rischio TIR 4 Sospetto di malignità

TIR 5 Diagnostico per malignità

Tabella 1: Classificazione citologica dei noduli tirodei (Italian Consensus Group For the classification and reporting of Thyroid Citology. P. Vitti et al, 2013)

Come per altri settori della diagnostica, anche per la FNA la presenza di falsi positivi e di falsi negativi ne rappresenta i limiti: una errata diagnosi di cancro può determinare un intervento radicale non necessario, mentre tumori maligni possono sfuggire alla identificazione. La diagnosi di campioni definiti come falsi negativi è uno dei problemi principali in medicina. Per quanto concerne il nodulo tiroideo, in circa il 5-20% dei casi la difficoltà maggiore riguarda la distinzione fra il carcinoma follicolare, il carcinoma

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papillare variante follicolare, e l’adenoma follicolare. In molti di questi casi il citologo descrive una diagnosi di “nodulo microfollicolare” o di “nodulo indeterminato” per il quale è richiesto l’intervento chirurgico per la diagnosi definitiva. Da un punto di vista anatomo-patologico il citologo osserva la presenza di follicoli di piccole dimensioni e scarsa o assente colloide, in associazione o meno ad atipie citologiche nucleari

D’altra parte in molti studi la prevalenza di carcinoma nei noduli con citologia di “nodulo microfollicolare” è variabile dal 5 al 30% a seconda delle diverse casistiche. Anche nella casistica riportata in questo Dipartimento il 18,7% dei noduli a citologia microfollicolare risulta maligno all’istologia.

Il riscontro di noduli microfollicolari associati ad atipie cellulari aumenta la probabilità della presenza del carcinoma (15-30%). Negli ultimi anni la biologia molecolare ha fatto notevoli i progressi e numerose alterazioni genetiche sono state identificate nello sviluppo del tumore tiroideo derivante dall’epitelio follicolare. Tali alterazioni sono rappresentate prevalentemente da mutazioni puntiformi e traslocazioni che portano all’attivazione oncogenica di importanti vie di trasduzione del segnale, in particolare la via delle MAPK (Mitogen‐Activated Protein Kinase) che regola processi chiave della proliferazione, differenziamento e apoptosi cellulare, tramite l’attivazione costitutiva di oncogeni come RET, NTRK‐1, MET, BRAF e KRAS o il silenziamento di oncosoppressori come p53, PPARγ e PTEN. Alcune di queste alterazioni genetiche sono specifiche di

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alcuni tipi di carcinoma tiroideo e possono essere utilizzate come importante strumento per migliorare la diagnosi delle neoplasie tiroidee. Quattro tipi di alterazioni genetiche costituiscono la maggioranza delle mutazioni che incorrono nei carcinomi papillari e follicolari e costituiscono importanti marcatori diagnostici e prognostici. Le più frequenti alterazioni nei carcinomi papillari sono rappresentate da mutazioni puntiformi nei geni BRAF e RAS (riscontrate nel 40% e nel 10% dei casi rispettivamente) e riarrangiamenti RET/PTC (riscontrati nel 10‐20% dei casi), e quelli che contengono il gene TRK (meno del 5% dei casi). Nel complesso, queste alterazioni identificano il 70% dei carcinomi papillari e sono generalmente mutuamente esclusive. Le più frequenti alterazioni che incorrono nei carcinomi follicolari sono rappresentate invece da mutazioni di RAS (nel 45% dei casi) e da riarrangiamenti PAX/PPArγ (nel 35% dei casi) che sono anch’esse mutuamente esclusive. Tuttavia alcune mutazioni di RAS e in un minor misura traslocazioni PAX8/PPARγ sono riscontrate anche negli adenomi follicolari con frequenze del 20‐40% e del 2‐13%, rispettivamente.

Queste alterazioni genetiche nei noduli con citologia “microfollicolare/indeterminata” non è di aiuto nell’esame preoperatorio, e per questo è necessario la ricerca di altri marcatori al fine di evitare la terapia chirurgica del nodulo tiroideo.

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9 SCOPO DELLO STUDIO

Lo scopo del nostro studio è quello di proporre nuove metodiche diagnostiche da integrare all’esame citologico su agoaspirato nella valutazione preoperatoria della patologia nodulare tiroidea follicolare/indeterminata.

Per poter fare questo tipo di valutazione sono stati studiate le variazioni di espressione di alcuni gruppi di geni o gruppi di micro RNA. Infine illustreremo brevemente il possibile ruolo di alcuni marcatori proteici nel discriminare la patologia nodulare benigna dalla maligna.

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L’utilizzo di un pannello di marcatori genetici aiuta a discriminare i noduli tiroidei benigni e maligni con una citologia microfollicolare/indeterminata all’esame citologico su agoaspirato in un’area a moderata carenza iodica

Introduzione e Scopo dello Studio

Un approccio genetico per migliorare l'accuratezza diagnostica pre-operatoria sarebbe quello di identificare un gruppo di mutazioni dei più noti marcatori precedentemente descritti.

Il limite è che le alterazioni sono di solito mutuamente esclusive e avvengono in circa il 70% dei pazienti con carcinoma papillare la più frequente è la mutazione somatica mutazione di BRAF V600E (45% dei carcinomi papillari).

Purtroppo, la variante follicolare del carcinoma papillare che si trova comunemente nei noduli a citologia microfollicolare è spesso negativa per le mutazioni di BRAF e RAS o i riarraggiamenti di RET/PTC, rendendo così la diagnosi molecolare difficile in questi casi.

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare un set di 6 marcatori genici (TG “tireoglobulina”, LGALS3 “lectin-galactoside-binding soluble 3”, ADM3 “adremedulline 3”, TFF3 “trefoil factor 3”, HGD1 “Gq-Protein-Protein Kinase C” e PLAB “prostate differentiation factor”) e di indagare il loro potenziale diagnostico per distinguere i noduli tiroidei microfollicolari in benigni e maligni a partire dal

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materiale ricavato dell’esame citologico su agoaspirato in una popolazione che vive in una regione con moderata carenza iodica. Questi marcatori genici sono stati utilizzati perché ottenuti da studi di espressione genica misurati dai microarray in cui presentano una particolare espressione, a partire da tessuti tiroidei benigni e maligni.

Materiali e Metodi Campioni esaminati

153 campioni ottenuti da 151 pazienti consecutivi (112 femmine di età media 45,4 ± 11,7 e 41 maschi di età media 48,0 ± 8,6 anni ) sono stati raccolti e inclusi nello studio.

L’esame citologico su agoaspirato evidenziava 56 noduli tiroidei benigni , 43 noduli tiroidei maligni e 54 noduli tiroidei con citologia microfollicolare. I valori di FT4 , FT3 e di TSH erano nel range di normalità in tutti i pazienti. L’autoimmunità tiroidea era negativa e la calcitonina risultava indosabile. Tutti i pazienti con noduli tiroidei benigni sono stati seguiti nel tempo, mentre tutti i pazienti con noduli tiroidei maligni o con citologia microfollicolare sono stati sottoposti a tiroidectomia.

Tutti i noduli con FNA indicativa di malignità erano indicativi di carcinoma papillare variante classica all'esame istologico e dei 54 microfollicolari 12 erano carcinomi papillari variante classica della tiroide, 2 carcinomi papillari variante follicolare e 40 benigni.

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Da precisare che dei 12 carcinomi papillari 3 erano microcarcinomi (< 1 cm).

Metodi

Per la valutazione del pannello dei geni sopraelencati è stato estratto l’RNA totale dai campioni di agoaspirato e sono stati eseguiti studi quantitativi di espressione genica utilizzando TaqMan Gene Expression Assays. Per determinare le differenze di espressione dell’mRNA dei 6 geni nei noduli benigni e nei maligni è stata utilizzata la mediana di espressione di ogni singolo gene. Per effettuare una predizione della malignità dei 54 noduli ad architettura microfollicolare, abbiamo utilizzato un algoritmo PART.

Tale algoritmo fa parte degli alberi di classificazione binari. Questa analisi statistica consente di testare tutte le variabili con l’obiettivo di dividere l’insieme iniziale in sottoinsiemi, nel nostro caso differenziando tra maligno e benigno, fino ad arrivare ad un gruppo non più divisibile che rappresenterà la nostra predizione.

Inoltre, l'affidabilità del modello decisionale ottenuto veniva validata con metodo leave-one-out, sistema di validazione incrociata (cross-validation), che valuta l'esclusione di un oggetto alla volta (metodo leave-one-out) e la predizione dei valori di risposta per tutti gli oggetti esclusi dal modello.

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La lista decisionale ottenuta consentiva di ottenere regole dove se la prima non veniva soddisfatta si passa alla seconda ed in seguito alla terza:

1) se TFF3 ≤ 0,275 e PLAB> 49.86: Maligno

2) se TFF3> 0.0024 e HGD1> 0,328 e PLAB ≤ 210,84: Benigno 3) altrimenti (se la 1° e la 2° regola non erano soddisfatte): Maligno Veniva inoltre analizzato il gene BRAF per la mutazione V600E.

Risultati e Conclusioni

L’espressione dell’mRNA di TG, LGALS3, ADM3, TFF3, HGD1 e PLAB veniva dimostrato in tutti i 153 campioni.

Nessuna differenza significativa veniva osservata nell’espressione di TG, LGALS3 e ADM3 tra i noduli benigni e maligni. Veniva invece dimostrata una significativa riduzione nell’espressione di TFF3 e HGD1 nei noduli maligni rispetto a quelli benigni, mentre un aumento dell’espressione di PLAB veniva dimostrata nei noduli tiroidei maligni. In particolare, la prima regola (se TFF3 ≤ 0,275 e PLAB> 49.86: Maligno) copriva 25 su 43 casi maligni del nostro gruppo, ma anche 2 casi benigni (2 falsi positivi). La seconda regola (se TFF3> 0.0024 e HGD1> 0,328 e PLAB ≤ 210,84: Benigno) invece copriva 50 dei 56 casi benigni ma anche di 5 noduli maligni (5 falsi negativi). Infine, l'ultima regola (se la 1° e la 2° regola non erano soddisfatte: Maligno) riguardava 13 dei 43 noduli maligni e 4 quelli benigni (4 falsi positivi). Riassumendo, il modello decisionale era valido per 88 campioni (38 maligni e 50 benigni) su 99 casi (88,9%),

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con un totale di 11 falsi negativi (11,1%). L’affidabilità del modello nel predire veniva validata con metodo leave-one-out, mostrando un elevata sensibilità e specificità (maggiore dell’80%) ed una buona affidabilità (circa il 83%) (figura 1).

Figura 1: Affidabilità del modello calcolata con metodo Leave one out

Per tale motivo siamo stati indotti a prendere in considerazione la possibilità di adottare l'elenco decisionale al fine di fornire una previsione di malignità per i 54 noduli tiroidei a citologia microfollicolare/indeterminata.

I risultati del modello decisionale del profilo di espressione dei tre geni nei 54 noduli ad architettura microfollicolare risultava valido per 37 di 54 casi con un’accuratezza diagnostica del (68,5%) con un totale di 30 veri negativi (55,5%), 7 veri positivi (13%), 10 falsi positivi (18,5%), 7 falsi negativi (13%). La sensibilità risultava essere del 50 % mentre la specificità del 75 %. Il valore predittivo positivo risultava essere del 41 % mentre il valore predittivo

82.14% 89.28% Specificità 83.72% 88.37% Sensibilità 82.83% 88.89% Accuratezza qaaaaaaa Leave-one-out Training set 0.00% 20.00% 40.00% 60.00% 80.00% 100.00%

Accuracy Sensitivity Specificity

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negativo, cioè la probabilità che un soggetto sano sia realmente sano era dell’81%.

La mutazione V600E di BRAF in eterozigosi veniva dimostrata in 19 dei 43 noduli maligni (44%) in nessuno dei 56 noduli benigni e solamente in 1 dei 54 noduli microfollicolari (1,8%) (figura 2). Pertanto i profili di espressione genica di TFF3, HGD1 e PLAB consentivano di evidenziare una buona predizione per differenziare i noduli tiroidei benigni dai maligni; tuttavia l’applicazione di questo metodo presentava delle limitazioni quando applicato ai noduli microfollicolari.

T/A

T/A

T/A

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L’espressione dei microRNA aiuta a distinguere i noduli benigni dai carcinoma papillare della tiroide a partire dall’esame citologico su agoaspirato

Introduzione

I micro RNA (miRNA) sono piccoli RNA di 20-25 nucleotidi codificati da geni endogeni cellulari. Essi agiscono regolando l’espressione di geni codificanti proteine attraverso l’inibizione della traduzione di RNA messaggeri con cui presentano regioni di omologia (in particolare l’appaiamento alla regione 3’UTR target).

Geni codificanti per miRNA sono stati identificati in tutti gli organismi pluricellulari, dove svolgono numerose funzioni durante lo sviluppo ed il differenziamento. Nelle cellule di mammifero, sono stati identificati oltre 200 miRNA, la cui espressione è, in molti casi, tessuto specifica. Espressione aberrante di miRNA in tumori umani rispetto ai tessuti normali è stata osservata in tutti i campioni neoplastici in cui l’espressione dei miRNA è stata studiata.

Il profilo di espressione dei miRNA nei tumori suggerisce che alcuni miRNA abbiano un ruolo oncogenico ed altri un ruolo oncosoppressore.

Dogma centrale della biologia prevede un flusso di informazioni dal DNA, depositario dell’informazione genetica, alle proteine, molecole effettrici delle funzioni cellulari, attraverso l’intermediazione di molecole di RNA. Infatti, le più note classi di RNA cellulari, RNA messaggeri (mRNA), RNA transfer (tRNA) ed RNA ribosomali (rRNA)

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sono, direttamente o indirettamente, coinvolte nel processo di trasferimento dell’informazione da DNA a proteine.

Tuttavia, negli ultimi anni, la scoperta di piccoli RNA non codificanti, abbondanti ed ubiquitari in tutte le cellule animali e vegetali ha modificato in parte tale dogma.

Piccoli RNA non codificanti sono rappresentati da due principali classi: short interfering RNA (siRNA) e microRNA (miRNA o miR). Questi piccoli RNA di circa 22 nucleotidi (nt) funzionano da repressori dell’espressione genica, e sono stati ritrovati nelle piante, negli animali e nei funghi. La loro scoperta ha dimostrato che molecole di RNA svolgono funzioni ben più vario del solo trasferimento dell’informazione. Altri piccoli RNA includono tiny non-coding RNA (tncRNA), non conservati evolutivamente ma regolati durante lo sviluppo, e gli small modulatory RNA (smRNA), implicati nell’espressione di geni neuronali.

I miRNA costituiscono una numerosa classe di geni endogeni filogeneticamente conservati, la cui funzione è di inibire l’espressione genica principalmente attraverso l’inibizione della traduzione.

Diversi studi hanno utilizzato i miRNA per dimostrare una caratteristico pattern di espressione molecolare per differenziare i noduli tiroidei benigni dai maligni noduli tramite la real-Time PCR. Sono stati identificati miRNA che sono significativamente sovraregolati nei noduli tiroidei maligni rispetto al normale tessuto tiroideo normale nei noduli tiroidei e nei gozzi multi nodulare

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benigni. Questi dati hanno suggerito che l’analisi miRNA come strumento promettente diagnostica patologia tiroidea.

Lo scopo di questo studio è stato quello di misurare e validare l’espressione di un gruppo di sette miRNA, noti in letteratura, per distinguere noduli tiroidei benigni dai maligni a partire da cellule ottenute dall’esame citologico su agoaspirato e di indagarne il loro potenziale diagnostico per distinguere noduli a citologia microfollicolare.

Sono stati presi in considerazione miRNA descritti in letteratura come iperespressi nella patologia tiroidea maligna rispetto alla patologia benigna (miR-146b, miR-155 (MIR155), HSA-miR-187 (MIR187), HSA-miR-197 (MIR197), HSA-miR-221 (MIR221), HSA-miR-222 (MIR222), e HSA-miR-224 (MIR224).

Nella discussione e per una miglior comprensione dei risultati saranno abbreviati come segue 146b, 155, 187, miR-197, miR-221, miR-222 e miR-224.

Materiali e Metodi Campioni esaminati

141 campioni ottenuti da 138 pazienti consecutivi (100 femmine di età media 44,6 ± 11,5 e 38 maschi di età media 49,9 ± 8,4 anni ) sono stati raccolti e inclusi nello studio. L’esame citologico su agoaspirato evidenziava 45 noduli tiroidei benigni, 43 noduli tiroidei maligni e 53 noduli tiroidei con citologia microfollicolare. I valori di FT4 , FT3 e di TSH erano nel range di normalità in tutti i pazienti.

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L’autoimmunità tiroidea era negativa e la calcitonina risultava indosabile.

Metodi

L’insieme dei 7 miRNA (miR-146b, miR-155, miR-187, miR-197, miR-221, miR-222 e miR-224) è stato analizzato utilizzando il protocollo TaqMan MicroRNA RT che consiste in una prima fase di RT con un primer specifico miRNA e in una seconda fase che prevede la real-time PCR con sonde TaqMan.

L'analisi statistica (Student t – test) è stata effettuata per determinare differenze nell'espressione dei sette miRNA e per eseguire una previsione di malignità è stato adottato un albero decisionale del tipo PART, in questo modo venivano ottenute le regole per classificare i noduli maligni ed i noduli benigni.

Se una delle seguenti regole era soddisfatta, la previsione per il nodulo era di benignità:

- se miR-146b è inferiore a 0.48 (incluso);

- se miR-146b è superiore a 0,48 e minore di 2.62 (incluso) e, allo stesso tempo, miR-221 è superiore a 0,047 e inferiore a 56,88 (incluso);

- se miR-146b è superiore a 2,62 e minore di 5,46 e, al tempo stesso, miR-155 è superiore a 11.08;

- se miR-146b è superiore a 5,46 e, al tempo stesso, miR-155 è superiore a 86.22.

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Mentre se venivano soddisfatte le regole sottoriportate la previsione era di malignità:

- se miR-146b è superiore a 2,62 e, al tempo stesso, miR-155 è inferiore a 11,08 (incluso);

- se miR-146b è superiore a 0,48 e, al tempo stesso, miR-221 è inferiore a 0,047 (incluso);

- se miR-146b è superiore a 0,48 e, al tempo stesso, miR-221 è superiore a 56.88; e

- se miR-146b è superiore a 5,46 e, al tempo stesso, miR-155 è superiore a 11,08 e inferiori 86,22 (incluso).

Veniva inoltre analizzato il gene BRAF per la mutazione V600E.

Risultati e Conclusioni

L'espressione dei miRNA miR-146b, miR-155, miR-187, miR-197, miR-221, miR 222 e miR-224 è stata dimostrata in tutti i campioni. L’espressione di 146b , 155 , 187 , 221 , miR-222 e miR-224 è risultata significativamente aumentata nei carcinomi papillari (P< 0,05). Un aumento dell’espressione di miR-197 veniva identificato nei carcinomi papillari rispetto ai noduli benigni, ma la differenza non era significativa. Anche in questo caso veniva utilizzato un algoritmo PART e veniva prodotto un albero di decisionale per distinguere i noduli tiroidei benigni e i maligni. Ogni nodulo poteva riunirsi ad una ed una sola regola dell’albero di

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decisione, quindi uno nodulo per il modello è inequivocabilmente benigno o maligno .

Il modello decisionale ottenuto, in base all'espressione di soli tre miRNA (miR - 146b , miR - 155 e miR - 221) era valido per 44/45 (corrispondente a 97.77 %) dei casi benigni, ma anche un caso maligno (un falso positivo) mentre era valido su 42/43 (corrispondente al 97.67 %) dei casi maligni, ma anche un caso benigno (un falso-positivo).

In sintesi, il modello decisionale era valido per 86 campioni (42maligni e benigni 44 ) su 88 casi (97,73 %), con un falso positivo e un falso negativi (2,27%). Attraverso questa tecnica era stata determinata un affidabilità del 78,41 %, che era una valore inferiore a quello ottenuto dall'intero campione, ma comunque molto soddisfacente come capacità di previsione. Il modello decisionale si dimostrava affidabile, con una sensibilità del 79,07% ed una specificità del 77 % (figura 3).

I risultati del modello decisionale del profilo di espressione dei tre geni nei 53 noduli ad architettura microfollicolare risultava valido in 31 casi con un’accuratezza diagnostica del (58,4%) con un totale di 22 veri negativi (55,5%), 9 veri positivi (13%), 16 falsi positivi (18,5%), 6 falsi negativi (13%). La sensibilità risultava essere del 60 % mentre la specificità del 57,8 %. Il valore predittivo positivo risultava essere del 36 % mentre il valore predittivo negativo, cioè la probabilità che un soggetto sano sia realmente sano era del 78,5 %.

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Figura 3: Affidabilità del modello calcolata con metodo Leave one out

La mutazione V600E di BRAF in eterozigosi veniva dimostrata in 19 dei 43 noduli maligni (44%) in nessuno dei 45 noduli benigni e solamente in 1 dei 53 noduli microfollicolari (1,8%).

In conclusione, i nostri risultati confermavano che il materiale ottenuto da campioni di agoaspirato era sufficiente per estrarre RNA di alta qualità e per analizzare l'espressione di miRNA. Inoltre l'espressione di miR-146b, miR-187, e miR-224 risultava significativamente aumentata nei carcinomi papillari rispetto ai noduli benigni. Il profilo di espressione di solo tre miRNA (miR-146b, miR-155 e miR-221) permetteva una buona previsione per distinguere noduli benigni dai carcinomi a partire da campioni di agoaspirato.

La previsione era valida per circa il 60% noduli con citologia microfollicolare/indeterminata, con un totale di soli 11% le previsioni di falsi negativi. 82.14% 89.28% Specificità 83.72% 88.37% Sensibilità 82.83% 88.89% Accuratezza qaaaaaaa Leave-one-out Training set

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23 Discussione

L'obiettivo primario nella valutazione di pazienti con patologia nodulare tiroidea è l'esclusione della malignità. L’esame citologico su agoaspirato rappresenta lo strumento più sensibile e specifico per la diagnosi differenziale anche se presenta delle limitazioni legate all’esperienza dell’operatore e all’adeguatezza del campione

Nel 75% circa dei casi si repertano lesioni benigne, nel 5 % lesioni maligne mentre nel 20 % lesioni microfollicolari di significato indeterminato per il quale al momento l'intervento chirurgico è una delle soluzioni per distinguere tra adenoma follicolare, carcinoma follicolare, e la variante follicolare del carcinoma papillare.

In caso di citologia microfollicolare/indeterminata, sarebbe utile il contributo della biologia molecolare tramite l’utilizzo di alcuni marcatori specifici.

Un approccio genetico per migliorare l'accuratezza diagnostica pre-operatoria è quello di identificare un gruppo di mutazioni che sono associate allo sviluppo di carcinoma (mutazioni di BRAF e RAS o riarrangiamenti cromosomici di RET / PTC e PAX8-PPARγ).

Questi di solito sono mutazioni mutuamente esclusive e avvengono in circa il 70% dei pazienti con carcinoma papillare e l'alterazione più frequente è la mutazione somatica di BRAF V600E (nel 45% dei carcinomi papillari). Tuttavia un test negativo non esclude la presenza del carcinoma.

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Nel carcinoma papillare variante follicolare è spesso negativo per le mutazioni di BRAF e RAS o riarrangiamenti di RET/PTC, rendendo la diagnosi molecolare difficile in questa forma di carcinoma. Le Mutazioni di BRAF sono state descritte con alta frequenza nel melanoma (70%) e, con una prevalenza più bassa (10-20%), anche nel cancro del colon, dell’ovaio, del polmone e dello stomaco e nei sarcomi. La mutazione somatica puntiforme del gene BRAF identificata come la più comune alterazione genetica nel carcinoma papillare della tiroide è la T1799A ed interessa l’esone 15 del gene BRAF localizzato nel cromosoma 7. La sostituzione in eterozigosi della timina con una adenina in corrispondenza del nucleotide numero 1799 determina la presenza dell’acido glutammico al posto della valina nel codone 600. Questa sostituzione amminoacidica detta V600E determina l’attivazione costitutiva della BRAF chinasi. Questa mutazione del gene in letteratura è descritta esclusivamente nei carcinomi papillari e nei cancri tiroidei anaplastici derivati dai carcinomi papillari. Ad oggi non è stata identificata tale mutazione nè nel normale tessuto tiroideo, nè nelle neoplasie tiroidee benigne e neppure nei carcinomi follicolari e midollari. La prevalenza della mutazione T1799A nei PTC varia dal 23 al 62% a seconda delle casistiche. L’alta frequenza e la specificità della mutazione BRAFV600E dimostra che essa svolge un ruolo fondamentale nel processo di tumorigenesi del carcinoma papillare della tiroide. Questa affermazione è supportata anche dalla presenza della suddetta mutazione nel microcarcinomi papillari.

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La prevalenza di BRAFV600E varia a seconda del tipo istologico di carcinoma papillare; essa infatti raggiunge il 77% nei PTC a cellule alte, il 60% nella forma classica e il 12% nella variante follicolare. Da questi dati sembra quindi che BRAF abbia un ruolo maggiore nella tumorigenesi del carcinoma papillare convenzionale e della variante a cellule alte; ciò potrebbe spiegare la maggiore aggressività di questi due sottotipi istologici rispetto alla variante follicolare. Nei nostri due studi la mutazione, in accordo con la letteratura, risultava presente in circa il 44% dei noduli a citologia maligna proprio a confermare che questo tipo di alterazione genica è indicativa della forma maligna del carcinoma tiroideo. Nei 53 noduli a citologia microfollicolare/indeterminata la mutazione di BRAF veniva riscontrata in un solo campione risultato poi istologicamente maligno. Questo risultato conferma come la letteratura che la percentuale di mutazioni nei noduli a citologia microfollicolare/indeterminata è intorno al 3-4%.

Recentemente, c'è stato un crescente interesse nell’esaminare il profilo di espressione di alcuni geni o dei miRNA che sono stati implicati nei meccanismi di tumorigenesi. Al fine di differenziare i noduli benigni dai noduli maligni a partire da una citologia microfollicolare abbiamo eseguito due studi di espressione genica. Nel primo abbiamo utilizzato un set di 6 marcatori genici (TG “tireoglobulina”, LGALS3 “lectin-galactoside-binding soluble 3”, ADM3 “adremedulline 3”, TFF3 “trefoil factor 3”, HGD1 “Gq-Protein-Protein Kinase C” e PLAB “prostate differentiation factor”) e l’obiettivo

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è stato quello di indagare il loro potenziale diagnostico per distinguere i noduli tiroidei microfollicolari in benigni e maligni a partire dal materiale ricavato dell’esame citologico su agoaspirato in una popolazione che vive in una regione con moderata carenza di iodica. Questi marcatori erano stati ottenuti da precedenti studi di espressione genica utilizzando la tecnica del microarray ed erano variamente espressi in tessuti tiroidei benigni e maligni.

Successivamente attraverso un accurata analisi biomolecolare è stato proposto che la diversa espressione di questi 6 geni era capace di discriminare i noduli benigni dai maligni a partire da tessuti ottenuti dopo l’intervento chirurgico. L’analisi di espressione genica ha dimostrato, in accordo con la letteratura, che l’mRNA di TG, LGALS3,ADM3, TFF3, HGD1 e PLAB era presente in tutti i campioni studiati, confermando che la qualità del materiale ottenuto dall’esame citologico su ago aspirato dei noduli tiroidei era ottimo. In particolare i profili di espressione genica di TFF3, HGD1 e PLAB hanno consentito di evidenziare con una buona predizione i noduli tiroidei benigni dai maligni.

Questa metodica è stata utilizzata anche in altri studi, in particolare in quello della Fuhrer et al del 2012, descrivono invece come la combinazione di due geni possa fornire informazioni utile per discriminare noduli benigni dai noduli maligni, in particolare veniva ottenuta la massima sensibilità (82%) dalla combinazione di LGALS3/TG e la massima specificità dalla combinazione di

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LGALS3/HGD1. Non era però mai stata applicata ai noduli con una citologia microfollicolare.

Nel nostro caso applicando il metodo ai noduli a citologia microfollicolare/indeterminata e l’espressione dei 3 geni proposti nei 54 noduli ad architettura microfollicolare risultava valido su 37 di 54 casi con un’accuratezza diagnostica del (68,5%) con un totale di 30 veri negativi (55,5%), 7 veri positivi (13%), 10 falsi positivi (18,5%), 7 falsi negativi (13%). La sensibilità risultava essere del 50 % mentre la specificità del 75 %. Il valore predittivo positivo risultava essere del 41 % mentre il valore predittivo negativo, cioè la probabilità che un soggetto sano sia realmente sano era dell’81%.

Lo studio applicato ai noduli a citologia microfollicolare/indeterminata ha presentato un buon valore predittivo negativo ma ha mostrato dei limiti in termini sensibilità. Nel secondo studio abbiamo cercato di utilizzare direttamente i microRNA come possibili marcatori. Diversi studi hanno utilizzato i miRNA per dimostrare un caratteristico pattern di espressione molecolare per differenziare i noduli tiroidei benigni dai maligni noduli tramite la real-Time PCR. Questi dati hanno suggerito che i miRNA sono uno strumento promettente diagnostica patologia tiroidea. Lo scopo di questo studio è stato quello di misurare e validare l’espressione di un gruppo di sette miRNA, noti in letteratura, per distinguere noduli tiroidei benigni dai maligni a partire da cellule ottenute dall’esame citologico su agoaspirato e di

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indagarne il loro potenziale diagnostico per distinguere noduli a citologia microfollicolare.

Sono stati presi in considerazione miRNA descritti in letteratura (Nikiforova et al., 2008) come iperespressi nella patologia tiroidea maligna rispetto alla patologia benigna 146b, 155, miR-187, miR-197, miR-221, miR-222 e miR-224.

Un aumento dell’espressione di miR-197 veniva identificato nei carcinomi papillari rispetto ai noduli benigni, ma la differenza non era significativa. Anche in questo caso utilizzavamo un algoritmo PART per produrre un albero decisionale per distinguere i noduli tiroidei benigni e i maligni.

Ogni nodulo poteva incontrare una e una sola regola dell'albero decisionale, quindi un nodulo per il modello risultava inequivocabilmente benigni o maligni. In particolare, le primi quattro regole coprivano 44/45 (corrispondente al 97.77%) dei casi benigni ma anche un caso maligno (un falso negativo), mentre le altre quattro regole coprivano 42/43 (corrispondenti a 97.67 %) dei casi maligni ma anche coperto un caso benigno (un falso-positivo). In sintesi, il modello decisionale era valido per 86 campioni (42 maligni e 44 benigni) su 88 casi (97.73%), con un falso positivo e un falso negativi (2.27%). Veniva utilizzata poi la tecnica di validazione leave-one-out che he evidenziava un'affidabilità del 78,41% con un alta sensibilità (79,07%) e specificità (77,77%).

I 53 noduli tiroidei microfollicolari/indeterminati venivano testati sulla base dei valori di espressione miRNA ,con il criterio stabilito in

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grado di classificare tra un nodulo benigno o maligno. Dei 53 noduli microfollicolari/indeterminati all’esame istologico, 15 erano carcinomi papillari e 38 erano lesioni benigne. I risultati del modello decisionale del profilo di espressione dei tre geni nei 53 noduli ad architettura microfollicolare risultava valido in 31 casi con un’accuratezza diagnostica del (58,4%) con un totale di 22 veri negativi (55,5%), 9 veri positivi (13%), 16 falsi positivi (18,5%), 6 falsi negativi (13%). La sensibilità risultava essere del 60 % mentre la specificità del 57,8 %. Il valore predittivo positivo risultava essere del 36 % mentre il valore predittivo negativo, cioè la probabilità che un soggetto sano sia realmente sano era del 78,5 %.

I nostri dati sono risultati in accordo con quelli ottenuti in recenti studi, dove quando applicati a noduli a citologia microfollicolare/indeterminata, questo metodo è stato impreciso ottendendo una accuratezza diagnostica di circa il 60%. Pertanto i nostri risultati hanno confermato che il materiale ottenuto da campioni agoaspirato era sufficiente estrarre RNA di alta qualità per analizzare l'espressione dei miRNA.

Inoltre l'espressione di miR-146b, miR-187, e miR-224 è risultata significativamente aumentata nei pazienti con carcinoma papillare rispetto ai noduli benigni. Ha presentato comunque dei limiti quando applicato ai noduli a citologia microfollicolare/indeterminata.

I nostri due studi hanno consentito di:

- Eseguire una buona predizione di benignità e malignità da campioni noti ottenuti dalla citologia

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- Identificare una sottopopolazione di pazienti con basso rischio di carcinoma per i quali la chirurgia è fortemente racomandata - Confermare come l’aiuto della Biologia Molecolare nei noduli a

citologia Microfollicolare possa consentire ai medici di identificare i pazienti che possono evitare l'intervento chirurgico

In conclusione, la decisione di sottoporre o meno un paziente ad intervento chirurgico di tiroidectomia deve essere però individualizzata, tendendo conto delle caratteristiche cliniche ed ecografiche del nodulo, dell’esistenza di fattori predisponenti e dell’evoluzione clinica.

Pertanto l’integrazione di tutte le informazioni, compreso il contributo della biologia molecolare, potrà raccomandare un approccio più o meno conservativo.

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Possibilità future con la Proteomica, risultati preliminari

Introduzione e Scopo dello Studio

Il termine proteomica fu coniato per la prima volta nel 1995 e definisce la caratterizzazione su larga scala di tutte le proteine di una linea cellulare, tessuto o organismo. Lo scopo della proteomica è quello di ottenere una visione globale ed integrata di tutte le proteine che costituiscono la cellula piuttosto che il loro studio individuale. Sono le proteine e non i geni gli effettori delle funzioni cellulari, solo con lo studio del genoma sarebbe impossibile avere informazioni sui meccanismi patologici, caratterizzare le modificazioni post-traduzione ed identificare il target dei farmaci. L’importanza di questo tipo di studio, rispetto allo studio e alle informazioni contenute nel genoma, è rappresentato soprattutto dalla possibilità di studiare le modifiche post-traduzionali che si riflettono sulla funzionalità della proteina. Il proteoma è infatti un’entità dinamica poiché cellule di uno stesso organo esprimono proteine differenti ed anche lo stesso tipo di cellule in condizioni diverse (età, malattia, ambiente) può esprimere proteine diverse. A causa della diversità delle proteine, è emerso un range vario di tecnologie proteomiche che integrano metodi biologici, chimici ed analitici: la principale tecnologia utilizzata è la spettrometria di massa (MS), accoppiata con metodi di separazione delle proteine. La MS è una tecnica altamente sensibile e versatile per lo studio delle proteine: è utilizzata per quantificare le proteine e per determinarne

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sequenza, massa e informazioni strutturali (in particolare modificazioni post-traduzionali, come glicosilazioni o fosforilazioni). Il successo nell’identificazione della proteina, comunque, dipende dalla preparazione del campione e dal tipo di spettrometro di massa utilizzato. Negli ultimi anni la proteomica, grazie anche allo sviluppo di nuove tecniche di spettrometria di massa e alla disponibilità di sequenze genomiche, è progredita con crescente interesse nel mondo scientifico: al momento è usata come un moderno strumento nella scoperta di farmaci, per la determinazione di processi biochimici implicati nelle malattie, per monitorare processi cellulari, per caratterizzare sia i livelli di espressione che le modifiche post-trasduzional delle proteine, per ricercare differenze tra fluidi biologici o cellule di soggetti sani e malati e per identificare markers patologici e possibili candidati per l’intervento terapeutico.

Nel nostro caso un lavoro preliminare eseguito sui tessuti post chirurgici benigni e maligni, ha consentito di individuare una serie di proteine interessanti da utilizzare come possibili biomarcatori nella valutazione pre-chirurgica dei noduli tiroidei. Le tecniche utilizzate sono state l’elettroforesi bidimensionale, tecnica molto efficace che permette di separare migliaia di proteine per gel comprese quelle che differiscono per un singolo aminoacido o per minime differenze nel loro pI e/o PM, seguita dalla spettrometria di massa (MALDI-TOF “(Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time Of Flight”) tecnica che consente l’identificazione delle bande proteiche.

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Sono state trovate 5 proteine con comportamento caratteristico che sono state validate con metodiche ELISA e Western-Blot.

Le proteine esaminate sono state: L-lattato B deidrogenasi (LDHB); Catena pesante della ferritina (FHC); Catena leggera della ferritina (FLC); Annessina A1 (ANXA1), e la Moesina.

Materiali e Metodi Campioni esaminati

158 campioni ottenuti da 158 pazienti consecutivi sono stati raccolti e inclusi nello studio.

L’esame citologico su agoaspirato evidenziava 114 noduli tiroidei benigni, 44 noduli tiroidei maligni. I valori di FT4 , FT3 e di TSH erano nel range di normalità in tutti i pazienti.

L’autoimmunità tiroidea era negativa e la calcitonina risultava indosabile. Tutti i pazienti con noduli tiroidei benigni sono stati seguiti nel tempo, mentre tutti i pazienti con noduli tiroidei maligni sono stati sottoposti a tiroidectomia.

Tutti i noduli con FNA indicativa di malignità erano maligni all'esame istologico, 34 erano carcinomi papillari variante classica della tiroide, 14 carcinomi papillari variante a cellule alte

Metodi

Per confermare la presenza delle proteine riscontrate nel precedente lavoro condotto su campioni post chirurgici è stata eseguita una validazione tramite elettroforesi bidimensionale (2DE). La prima

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dimensione dell’analisi bidimensionale è effettuata su strip di 18 cm in cui è presente un gradiante non lineare di pH 3-10. Successivamente, la strip ottenuta, dopo adeguata incubazione viene posta su un gel di poliacrilammide facendo attenzione che aderisca per tutta la sua lunghezza. Viene quindi eseguita l’elettroforesi con successiva colorazione seguita dalla decolorazione con acido fosforico ed etanolo. Gli spot di interesse ottenuti vengono quindi sottoposto a spettrometria di massa (MS) che consente l’identificazione della proteina in esame.

In un secondo momento invece tramite tecniche ELISA e Western Blot è stata confermata l’espressione delle singole proteine.

Risultati e Conclusioni

L’elettroforesi bidimensionale seguita dalla spettrometria di massa ha confermato l’aumento di espressione delle proteine in esame nei campioni di tessuto tiroideo maligno e nei campioni ottenuti dall’esame citologico su agoaspirato pre-operatori.

Questo dato ha consentito di confermare le proteine su cui concentrare l’interesse per affrontare studi di ELISA e Western Blot. Per tale motivo sono stati identificati gli spot di interesse che erano già stati evidenziati nel precedente lavoro e identificate le cinque proteine di interesse che erano appunto:

- L-lattato B deidrogenasi (LDHB); - Catena pesante della ferritina (FHC); - Catena leggera della ferritina (FLC); - Annessina A1 (ANXA1), e la – Moesina (figura 4)

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Infatti, le annessine sono le più comuni proteine nei rivelate in proteomica nello studio dei tumori.

Negli studi presenti in letteratura viene valutato in particolare l’associazione delle annessine con le metastasi linfonodali da epatocarcinoma, con il carcinoma polmonare, del colon, della della testa e collo, del tratto nasofaringeo e dell’esofago.

Figura 4 : A. Tessuto pre-chirurgico; B. Tessuto post chirurgico. 1.Moesina, 2. Annessina 1, 3 LDHB, 4. FHC, 5 FLC.

L’effettiva capacità della proteina di distinguere tra maligno e benigno mostrava i seguenti valori di sensibilità e specificità per le singole proteine:

- LDHB : sensibilità 78 %; specificità 59 % - Moesina : sensibilità 64 %; specificità 79 %

- Catena pesante della ferritina: sensibilità 95 %; specificità 55 % - Catena leggera della ferritina: sensibilità 95 %; specificità 55 % - Annessina A1: sensibilità 87 %; specificità 94.3 %.

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I livelli di LDHB, FHC, FLC e moesina sono stati rilevati mediante enzyme-linked immunosorbent assay (ELISA) (Uscn life science Inc.). Il saggio ELISA per l’Annessina A1 non è risultato essere specifico per la proteina esaminata, abbiamo quindi deciso di procedere con la validazione tramite il western blot utilizzando un anticorpo specifico per l’Annessina A1 che non cross-reagiva con altre isoforme di Annessina.

I risultati ottenuti per l’Annessina A1 tramite il WB sono stati quelli più interessanti sono in accordo con quelli abbiamo ottenuti nell’analisi bidimensionale, questo consente di supportare un possibile ruolo della famiglia delle Annessine nel processo oncogeno

Figura 5 Espressione dell’Annnessina A1 nei A. Tessuto pre-chirurgico; B. Tessuto post chirurgico.

Per quanto riguarda il carcinoma tiroideo sono pochi gli studi di proteomica ma viene comunque confermato un aumento dei livelli

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dell’Annesina A2, A5, A1. Nel nostro caso in campioni pre e post chirurgici ottenuti da agoaspirato è stata trovata la sovra regolazione in particolare dell’Annessina A1, una proteina da 39 kDa che può promuovere l'apoptosi.

Conclusioni

Questo studio ha permesso di confermare i dati preliminari ottenuti su un esiguo numero di carcinomi e cioè la possibilità di identificare particolari proteine da correlare con la patologia maligna e benigna tiroidea.

In particolare ha consentito di isolare cinque proteine con comportamento caratteristico, una di queste, l’annessina A1 ha presentato un ottima potenzialità nel discriminare tra i noduli benigni e maligni a partire dall’agoaspirato, presentando sensibilità e specificità statisticamente significative.

Attualmente è oggetto di studio il comportamento dell’Annessina A1 nei noduli microfollicolari/indeterminati in modo da valutarne un suo possibile contributo nella decisione chirurgica di questi casi.

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