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Medea in Irlanda: fra tradizione e innovazione in By the Bog of Cats... di Marina Carr

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN

LETTERATURE E FILOLOGIE EURO - AMERICANE

TESI DI LAUREA

MEDEA IN IRLANDA:

FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE

IN BY THE BOG OF CATS… DI MARINA CARR

CANDIDATO

RELATORE

Giulia Prandina

Chiar.ma Prof.ssa Elena Rossi Linguanti

(2)

INDICE

INTRODUZIONE p. 1 1. CAPITOLO I - RISCRITTURE DEL MITO GRECO IN IRLANDA p. 3

1. Il mito greco in Irlanda

2. Appropriazioni irlandesi della tragedia greca secondo Brian Arkins 2.1 Eschilo - Orestea

2.2 Eschilo - Prometeo Incatenato 2.3 Sofocle - Antigone

2.4 Sofocle - Edipo Re 2.5 Sofocle - Edipo a Colono 2.6 Sofocle - Filottete 2.7 Sofocle - Elettra 2.8 Euripide - Le Baccanti 2.9 Euripide - Le Troiane 2.10 Euripide - Ecuba 2.11 Euripide - Ippolito

2.12 Euripide - Ifigenia in Aulide

2. CAPITOLO II - VERSIONI IRLANDESI DEL MITO DI MEDEA p. 25

0. Medea nella tradizione 1. Medea in Irlanda

1.1 Medea (1988) - Brendan Kennelly 1.2 Medea (1991) - Desmond Egan

1.3 By the Bog of Cats… (1998) - Marina Carr

3. CAPITOLO III - MARINA CARR: FORMAZIONE E PRODUZIONE p. 39

(3)

2. Rassegna critica su Marina Carr 3. Fase di esordio

3.0 Introduzione 3.1 Ullaloo

3.2 Low in the Dark 3.3 The Deer’s Surrender 3.4 This Love Thing

4. Midlands Plays e interesse per il mito 4.0 Introduzione 4.1 The Mai 4.2 Portia Coughlan 4.3 On Raftery’s Hill 4.4 Ariel 4.5 Phaedra Backwards 4.6 Hecuba

5. Woman and Scarecrow, The Cordelia Dream, Marble 5.0 Introduzione

5.1 Woman and Scarecrow 5.2 The Cordelia Dream 5.3 Marble

6. Letteratura russa 6.0 Introduzione

6.1 16 Possible Glimpses 6.2 Anna Karenina

7. Letteratura spagnola - Blood Wedding 8. Indigo e The Map of Argentina

8.0 Introduzione 8.1 Indigo

8.2 The Map of Argentina 9. Teatro per bambini

9.0 Introduzione 9.1 Meat and Salt

(4)

9.2 The Giant Blue Hand 10. Grow a Mermaid

4. CAPITOLO IV - BY THE BOG OF CATS… p. 73

0. By the Bof of Cats…. 1. Atto I 1.1 Scena 1 1.2 Scena 2 1.3 Scena 3 1.4 Scena 4 1.5 Scena 5 1.6 Scena 6 2. Atto II 3. Atto III CONCLUSIONI p. 127 0. Introduzione 1. Personaggi 1.0 Introduzione 1.1 Ghost Fancier 1.2 Mrs Kilbride 1.3 Father Willow 1.4 Hester 1.5 Carthage 1.6 Nutrice 1.7 Creonte e Creusa 1.8 Big Josie 2. Temi 2.0 Introduzione

(5)

2.2 Razzismo 2.3 Nome 2.4 Magia

2.5 Uccisione del fratello 2.6 Vendetta

BIBLIOGRAFIA p. 137

(6)

INTRODUZIONE

L’obiettivo di questa tesi è quello di analizzare la ripresa del mito greco in Irlanda in relazione alla sua complessa situazione storica, politica e sociale dal Novecento alla contemporaneità. Soprattutto fra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, l’Irlanda, funestata da scontri e guerre civili, è stata oggetto di profondi cambiamenti sociali e culturali: questo periodo di conflittualità e trasformazione ha fornito terreno fertile alla riscrittura di opere greche, in particolar modo tragedie. Grazie alla loro adattabilità e alla loro polifonia, i miti greci diventano lo strumento ideale per esplorare il contesto irlandese: i temi principali delle tragedie greche, come vendetta, tradimento, lutto e resistenza, permettono agli autori irlandesi di impostare una riflessione sulla società.

L’analisi si focalizza sulla riscrittura del mito di Medea di Marina Carr, By the Bog

of Cats… (1998).

La tesi si compone di quattro capitoli: partendo dalla questione più ampia della riattualizzazione del mito greco in Irlanda, l’attenzione si sposta sui riadattamenti irlandesi del mito di Medea e infine si concentra sulla versione di Medea di Marina Carr, pubblicata nel 1998 col titolo By the Bog of Cats….

Nel primo capitolo l’ambito di indagine viene presentato riflettendo da un lato sul carattere eterogeneo della mitologia greca e dall’altro sulla storia e sulla società irlandese. Tramite un breve excursus storico sulla Repubblica d’Irlanda, vengono evidenziate le principali criticità che hanno trasformato la sua società. Nella seconda parte del capitolo vengono illustrati i risultati della ricerca di Brian Arkins: il critico irlandese ha stilato una lista esaustiva di tutte le riprese di tragedie greche pubblicate in Irlanda fra il primi anni del Novecento e quelli del nuovo millennio. Lo studio prosegue con una rassegna delle singole tragedie greche e delle rispettive versioni irlandesi, descrivendone brevemente la trama per evidenziare le differenze coi modelli.

Il secondo capitolo restringe l’attenzione sul mito di Medea. Dopo una panoramica sul percorso letterario della figura di Medea nei secoli, vengono presentate le tre riscritture irlandesi della tragedia euripidea: Medea (1988), versione di Brendan

(7)

Kennelly, Medea (1991), traduzione di Desmond Egan e By the Bog of Cats… (1998), adattamento di Marina Carr. Le versioni di Kennelly e Egan sono esaminate dal punto di vista formale e tematico per metterle a confronto col modello.

Il terzo capitolo si focalizza interamente sulla biografia, sulla formazione e sulla produzione di Marina Carr. La sua produzione viene presentata sia in ordine cronologico che tematico.

Il quarto capitolo si concentra su By the Bog of Cats…. L’analisi intende rilevare le costanti e le varianti rispetto alla tradizione sulla figura di Medea, ponendo l’attenzione sulle innovazioni introdotte da Carr soprattutto quando rivelano un’evidente matrice irlandese.

Il mito di Medea, modello archetipico e figura di statura eccezionale, viene messo a confronto con la moderna versione irlandese per cogliere la permanenza della tradizione o l’introduzione dell’innovazione: i risultati saranno presentati nelle conclusioni.

(8)

1. CAPITOLO I - RISCRITTURE DEL MITO GRECO IN IRLANDA

1. Il mito greco in Irlanda

L’Irlanda è stata il paese anglofono che ha prodotto il maggior numero di traduzioni e riscritture del mito greco nel corso del ventesimo secolo: fra il 1984 e il 1 2000 sono stati messi in scena più di trenta adattamenti di tragedie greche. I miti più 2 ricorrenti sono soprattutto la guerra di Troia (Le Troiane e l’Elena di Euripide), le imprese di Eracle, il ciclo tebano e in particolare la dinastia di Edipo (I sette contro

Tebe di Eschilo, Antigone, Edipo re e Edipo a Colono di Sofocle, Le Baccanti di

Euripide) e la famiglia degli Atridi (l’Orestea di Eschilo, l’Elettra di Sofocle, Elettra,

Oreste, Ifigenia in Tauride e Ifigenia in Aulide di Euripide).

Il mito appartiene ad un mondo pre-letterario e, di conseguenza, anche molto flessibile: nonostante la ricorrenza di questi nuclei mitici, che potrebbero far pensare ad una certa ripetitività, i tragediografi ricorrono a delle varianti del mito stesso o se ne distaccano dando alla vicenda sviluppi inattesi.

Proprio questa sua estrema varietà consente al canone greco di poter essere adattato per commentare il presente e il passato di ogni periodo storico e per impostare una riflessione sulla natura umana, sulla società e sulla politica. Infatti, secondo Edith Hall, sono state portate in scena più tragedie greche negli ultimi quarant’anni che in qualsiasi altra epoca dopo l’antichità greco-romana. 3

Presenza dominante nel teatro a livello internazionale, i classici greci hanno rivestito un ruolo peculiare in Irlanda, dove il loro significato polifonico ben si abbina alla complessa storia del paese. Fondato il 6 dicembre 1922, a seguito dall’indipendenza dal Regno Unito, lo Stato libero d’Irlanda è diventato ufficialmente una repubblica — col nome irlandese di Poblacht na h Éireann (Repubblica d’Irlanda) — soltanto nel 1949, anno in cui ha abbandonato il Commonwealth

McDonald, Marianne, “The Irish and Greek Tragedy”, in McDonald, Marianne e Walton, J. Michael

1

(eds.), Amid Our Troubles: Irish Versions of Greek Tragedy, Londra, Methuen Publishing, 2002, p. 37. McDonald, Marianne, “Classics as Celtic Firebrand: Greek Tragedy, Irish Playwrights and

2

Colonialism”, in Jordan, Eamonn (ed.), Theatre Stuff: Critical Essays on Contemporary Irish Theatre, Dublino, Caryfort Press, 2000, p. 17.

Hall, Macintosh, Wrigley (eds.), Dionysus Since 69 — Greek Tragedy at the Dawn of the Third

3

(9)

britannico a differenza delle sei contee nordorientali dell’isola che erano sempre rimaste nell’orbita della corona inglese, oggi note come Irlanda del Nord. Sia l’indipendenza dal Regno Unito sia la divisione in due entità politiche distinte sono avvenute per mezzo di due sanguinose guerre, i cui postumi sono visibili ancora oggi sull’isola. Infatti, la situazione politica si è fatta ancora più tesa a partire dagli anni Sessanta quando è scoppiato il conflitto nordirlandese, conosciuto in inglese come

The Troubles (termine eufemisticamente traducibile come “i disordini”). Questa

nuova fase di guerra civile ha avuto luogo principalmente in Irlanda del Nord e nella Repubblica d’Irlanda, con ripercussioni anche in Inghilterra e, ad oggi, non può ancora dirsi ufficialmente conclusa, nonostante l’avvio di un progetto di pace, culminato, nel 1998, con la sottoscrizione del Good Friday Agreement (Accordo del Venerdì santo). Lo scontro armato affonda le sue radici nell’opposizione fra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord: i primi erano oggetto di discriminazione e brogli elettorali da parte della maggioranza protestante che aveva tendenze unioniste e lealiste verso il Regno Unito, mentre la minoranza cattolica, di orientamento repubblicano e nazionalista, mirava alla riunificazione delle due realtà politiche sotto la Repubblica d’Irlanda. Funestato da guerriglia, massacri e terrorismo, il trentennio che intercorre fra il 1969 e il 1998 si configura come un periodo di estrema incertezza, conflittualità e trasformazioni sociali che hanno fornito terreno fertile alla ripresa delle opere greche nel teatro irlandese. Secondo Colin Teevan, infatti:

One of the reason for this resurgence of interest in Greek tragedy […] is the fact that in Greek drama there is no set right or wrong, no definitive answers or moral high ground. In a world where we are re-examining moral questions that at one time would have been taken for granted, Greek drama is of particular relevance. 4

É interessante notare come proprio in questo periodo di transizione la riscrittura dei miti greci sia divenuta il vettore d’eccellenza per parlare della spinosa situazione del paese, anche grazie alla loro capacità di creare uno iato apparente fra la vicenda inventata e il presente reale. La perdita di stabilità e il crollo di tutti i valori, così evidenti sull’isola, hanno prodotto un brusco cambiamento nella società irlandese che

Teevan, Colin, Interview with S. Lynch, The Irish Time, 2005, cit. in Arkins, Brian, Irish

4

(10)

è passata da valori tradizionali e quasi vittoriani all’incertezza tipica del postmoderno: si potrebbe affermare che l’Irlanda, società vittoriana, si è trasformata, repentinamente, in una società postmoderna, ma senza attraversare la modernità. Di 5 conseguenza, nel contesto di una tale problematicità, la rielaborazione della tragedia greca ha permesso agli autori irlandesi l’esplorazione di numerosi temi, come la resistenza all’autorità, il ruolo della donna o la religione cattolica. Vendetta, tradimento, sacrificio, resistenza, lutto, colpa ed espiazione: sono questi i leitmotiv principali che attraversano le tragedie greche. Come sostiene Marianne McDonald, proprio i classici greci forniscono una vera e propria “letteratura di protesta”, in quanto gran parte di essi tratta di guerre, rivolte e rivoluzioni: motivi strettamente connessi alla società irlandese. McDonald continua riflettendo sul fatto che proprio il senso di crisi e di ansia che si percepisce nella storia irlandese del secolo scorso si configuri come la forza trainante di questo spiccato interesse per il canone tragico greco: “does there come a time in a nation’s history — a crisis of identity, of cultural an political consciousness — when recourse is made naturally to the literature which most radically investigates and establishes national identity: fifth-century Attic tragedy?”. In questo modo, la relazione fra l’Atene antica e l’Irlanda contemporanea 6 può essere vista come un legame denso e complesso, al cui fulcro si colloca un’ampia gamma di problematiche intramontabili e senza tempo, ugualmente importanti migliaia di anni fa e, ancora, nella contemporaneità. All’inizio degli anni Settanta si 7 collocano i momenti più significativi come l’istituzione del free schooling, l’ingresso nella Comunità Europea, lo sviluppo dei mass media, il femminismo e le lotte globali per i diritti civili, che hanno avvicinato l’Irlanda ad essere una società più progressista e liberale, distaccandosi appena dalle più rigide convenzioni tradizionali. L’economia nazionale è stata in recessione durante gli anni Settanta e Ottanta ma vi è stata un’esponenziale crescita economica a partire dagli anni Novanta, che è culminata nel boom economico noto come Celtic Tiger, periodo di rapida crescita che ha portato,

Arkins, Brian, op. cit., p. 24.

5

McDonald, Marianne, “Classics as Celtic Firebrand: Greek Tragedy, Irish Playwrights and

6

Colonialism”, in Jordan, Eamonn (ed.), op. cit., p. 17.

Rees, Catherine, Adaptation and Nation, Londra, Palgrave Macmillan, 2017, p. 55.

(11)

poi, all’adozione dell’Euro come valuta nel 2002. Inoltre, l’elezione di primi ministri 8 e presidenti donne ha dimostrato anche il graduale sviluppo del ruolo delle donne in politica. Tuttavia, questa situazione di apparente progresso e sviluppo era, in verità, accompagnata da una realtà sociale ben più problematica e traumatica, fatta di controversie, scandali e discriminazioni. Scandali politici — come quello attorno a Charles Haughney — avevano colpito il parlamento irlandese e avevano mostrato come la corruzione fosse al centro della politica nazionale. Successivamente, anche 9 la Chiesa romana cattolica, secolare pilastro dell’identità irlandese, era diventata oggetto di clamore mediatico quando erano venuti alla luce casi di abusi sessuali, che avevano minato per sempre l’influenza culturale e politica della Chiesa sull’isola. Anche la posizione sociale della donna era al centro di un acceso dibattito: le donne irlandesi, lungamente relegate ai meri doveri domestici, avevano visto nell’ondata femminista del tardo Novecento l’impulso per iniziare a lottare per la parità fra i sessi. Tuttavia, il dominio della Chiesa cattolica sull’isola non aveva lasciato alle donne la possibilità di inserirsi stabilmente nella vita pubblica, sempre accostate all’immagine della Vergine Maria, il cui culto promuoveva un’idea ristretta e regressiva della donna. Infatti, nonostante gli scandali che l’avevano travolta, l’influenza della Chiesa cattolica era talmente pervasiva da riuscire a frenare tutte le rivolte femministe, la sua capacità di controllo e dominio è stata descritta da alcuni critici come “devastante” 10 nei confronti del potenziale sviluppo del femminismo irlandese. Inoltre, soprattutto durante gli anni Novanta, una serie di controversie nazionali — come i dibattiti sul divorzio, sull’aborto e sulla violenza domestica — avevano reso evidente come la libertà sessuale e il corpo delle donne fossero, da sempre, controllati e demonizzati. Proprio gli anni Novanta sono stati fondamentali da questo punto di vista, come ricorda Mária Kurdi:

An unprecedented fermentation […] within Irish society, calling traditional attitudes into question and revealing secret skeletons in secret closets. Instances of sexual hypocrisy, child abuse and domestic violence were made public and

Ibidem, p. 56.

8

Ivi.

9

Kilfeather, Siobhán, “Irish Feminism”, in Cleary, Joe e Connolly, Claire (eds.), The Cambridge

10

(12)

provoked debates which highlighted the need to reconsider perceptions as well as legal formations of the links between individual, the community and its institutions. 11

Sulla base di quanto detto, è evidente che gli autori irlandesi che scelgono di rivisitare il canone greco nel XX secolo partono da un substrato ideologico ricco di complessità: dalle prime rielaborazioni del mito da parte del drammaturgo J.M. Synge nel 1907 fino alle riscritture nel nuovo millennio. Gli autori irlandesi scelgono specifiche tragedie in base al messaggio che vogliono comunicare e, soprattutto nella seconda metà del ventesimo secolo, i temi politici prendono ormai il sopravvento su quelli psicologici. Infatti, inizialmente, l’Edipo Re e l’Orestea erano molto popolari in traduzione perché sono opere che trattano di identità e compromesso sociale, ma, gradualmente, sono state superate da soggetti che sono in grado di sollevare un dibattito sui diritti umani e sulla sofferenza dei subalterni: la predilezione per tragedie come Antigone, Le Troiane e Medea rivela la tensione della società irlandese verso la libertà, l’uguaglianza e la necessità di porre fine ai conflitti. 12

È importante soffermarsi brevemente sulle tematiche fondamentali rintracciabili nei corpus dei tre tragediografi che hanno ispirato i drammaturghi dell’Éire.

Al centro del teatro di Eschilo troviamo la questione dell’azione e della colpa, della responsabilità e del castigo, come dimostra la tragedia Prometeo Incatenato, sulla quale si basa l'opera Seize the Fire: A Version of Aeschylus’ Prometeus Bound, pubblicata nel 1990 dal poeta nordirlandese Tom Paulin. In Eschilo, il rapporto fra uomo e dio si inserisce in una dimensione dominata da un ordine cosmico il cui garante è Zeus.

Sofocle, invece, mette in scena le esistenze di uomini che provano a confrontarsi col divino e con le contraddizioni del reale. I suoi protagonisti possono, in certa misura, prendere in mano il loro destino, lottando con tenacia prima di soccombere alla volontà degli dei. È questo il caso del celebre eroe Edipo, che ispirò William Butler Yeats con Sophocles’ King Oedipus: A Version for the Modern Stage del 1926.

Kurdi, Mária, “Women on the Stage in the 1990s: Foregrounding the Body and Performance in Plays

11

by Gina Moxley, Emma Donoghue and Marina Carr”, in Brewster, Scott e Parker, Michael (eds.), Irish Literature Since 1990: Diverse Voices, Manchester, Manchester University Press, 2011, p. 59.

McDonald, Marianne, “The Irish and Greek Tragedy”, in McDonald, Marianne e Walton, J, Michael,

12

(13)

Infine, Euripide sceglie di porre al centro della sua indagine tragica i complessi rapporti fra gli uomini che si riflettono sulla collettività: le sue opere trattano di uomini e donne che devono confrontarsi con se stessi e con le loro scelte, diventando anche la causa della loro stessa rovina, come accade in Medea, tradotta e riadattata nel 1988 da Brendan Kennelly. Nell’universo di Euripide, gli dei possono decidere di essere attivamente ostili agli uomini: Derek Mahon ha scelto di scrivere la versione irlandese di Le Baccanti, pubblicata nel 1991 col titolo The Bacchae: after Euripides.

2. Appropriazioni irlandesi della tragedia greca secondo Brian Arkins

Il critico Brian Arkins ha stilato una lista esaustiva di tutte le traduzioni, le versioni e gli adattamenti delle tragedie greche che sono stati prodotti dai drammaturghi irlandesi fra i primi anni del Novecento e quelli del nuovo millennio, fino al 2009. 13

Eschilo:

Edward e Catherine Longford , The Oresteia (1935) Louis MacNeice, Agamennon (1936)

Tom Murphy, The Sanctuary Lamp (1975) — basato su Orestea Tom Paulin, Seize the Fire (1990) — basato su Prometeo Incatenato Marina Carr, Ariel (2002) — basato su Orestea

Sofocle:

J.M. Synge, The Playboy of Western World (1907) — basato su Edipo Re W.B. Yeats, King Oedipus (1926)

W.B. Yeats, Oedipus at Colonus (1927)

Sydney B. Smith, Sherca (1979) — basato su Filottete Aidan Mathews, Antigone (1984)

Tom Paulin, The Riot Act (1984) — basato su Antigone Brendan Kennelly, Antigone (1986)

Seamus Heany, The Cure at Troy (1990) — basato su Filottete Frank McGuinness, Electra (1997)

Arkins, Brian, Irish Appropriation of Greek Tragedy, Dublino, Caryfort Press, 2009, pp. 22-23.

(14)

Desmond Egan, Philoctetes (1998)

Mary Elizabeth Burke-Kennedy, Oedipus (2000) Conall Morrison, Antigone (2003)

Seamus Heaney, The Burial at Thebes (2004) — basato su Antigone Eamon Grennan e Rachel Kitzinger, Oedipus at Colonus (2005)

Euripide:

George Bernard Shaw, Major Barbara (1905) — basato su Le Baccanti Brian Friel, Living Quarters (1978) — basato su Ippolito

Brendan Kennelly, Medea (1988) Desmond Egan, Medea (1991) Derek Mahon, The Bacchae (1991)

Ulick O’Connor, The Oval Machine (1986) — basato su Ippolito Brendan Kennelly, The Trojan Women (1993)

Aidan Mathews, Trojans (1995)

Marina Carr, By the Bog of Cats…(1998) — basato su Medea Colin Teevan, Iph…(1999) — basato su Ifigenia in Aulide Colin Teevan, Bacchae (2002)

Edna O’Brien, Iphigenia (2003) — basato su Ifigenia in Aulide Frank McGuinness, Hecuba (2004)

La lista dimostra come solo un numero limitato di tragedie greche venga ripreso dagli autori irlandesi, ma anche che alcune di esse sono estremamente popolari. Per quanto riguarda Eschilo, ben sei opere rimandano all’Orestea, mentre solo una a

Prometeo Incatenato. Nessuna attenzione viene riservata, invece, ai I Persiani, I sette contro Tebe e Le Supplici. Nel caso di Sofocle, cinque opere si rifanno ad Antigone;

tre a Edipo Re e a Filottete; due a Edipo a Colono e una ad Elettra, lasciando da parte

Aiace e Le Trachinie. A proposito di Euripide, infine, tre opere riprendono Medea; tre Le Baccanti, due Ippolito, Le Troiane e Ifigenia in Aulide; una Ecuba. Non vengono

prese in considerazione Alcesti, Ifigenia in Tauride, Ione, Elena, Andromaca, Eracle,

(15)

ben ventiquattro versioni irlandesi derivano dall’Orestea, da Antigone, da Edipo Re, da Filottete, da Medea e dalle Baccanti.

Alla luce delle suddette considerazioni, è evidente il fatto che gli autori irlandesi si sono interessati in particolar modo al corpus di Sofocle: dal 1979 sono state pubblicate undici opere che si rifanno alle sette tragedie note di Sofocle.

Un’altra peculiarità delle rivisitazioni irlandesi delle tragedie greche è l’attenzione rivolta al genere femminile: molti autori hanno scelto di concentrarsi su vicende al cui centro si trovano donne coraggiose e determinate, simbolo di ribellione e audacia. Cinque opere hanno come soggetto Antigone, una donna che ha osato mettersi contro un re, mentre Medea, considerata da alcuni critici una proto femminista, è protagonista di tre rivisitazioni da Euripide. Altri drammi irlandesi ci presentano la figura di Elettra, determinata vendicatrice del padre, di Ecuba, altrettanto determinata a vendicare il figlio Polidoro e di Ifigenia, coraggiosa fanciulla che accetta di sacrificarsi per i Greci. Questa enfasi sulle esperienze femminili è strettamente legata al cambiamento radicale della posizione della donna all’interno della società irlandese, iniziato a partire dagli anni Sessanta, quando una graduale apertura a influenze esterne ha portato enormi conseguenze per le donne.

2.1 Eschilo - Orestea

L’Orestea di Eschilo — trilogia composta da Agamennone, Le Coefore e Le

Eumenidi — è la storia della famiglia più disfunzionale della Grecia antica: gli

Atridi. Le vicende che riguardano i figli di Atreo comprendono i crimini più orrendi, 14 come omicidio, infanticidio, cannibalismo, seduzione, incesto, tradimento e corruzione. I membri di questa famiglia portano avanti una catena di vendette che passano di generazione in generazione, rendendo evidente che la questione morale al centro dell’opera è proprio il valore della vendetta e il significato della giustizia.

In Irlanda, questo mito si concretizza in quattro opere, pubblicate a partire dal 1933, anno della traduzione dell’intera trilogia da parte dei coniugi Longford, fino al 2002, quando è stato pubblicato Ariel, riadattamento in chiave moderna scritto da

Numerosi critici si sono occupati delle riprese irlandesi del teatro classico. I contributi più rilevanti

14

sono i saggi di McDonald (2002) e di Arkins (2009): nei prossimi paragrafi, fino alla fine del capitolo, dove non indicato diversamente, verranno sintetizzati i risultati delle loro ricerche.

(16)

Marina Carr. Inoltre, nel 1936, Louis McNiece ha tradotto il solo Agamennone, mentre nel 1975 Tom Murphy ha messo in scena The Sanctuary Lamp.

L’Orestea è stata rappresentata in una sola notte al Gate Theatre di Dublino nel 1933, con una cast di cinquanta attori nella traduzione di Edward e Christine Longford (Agamennon, Drink Offering e The Furies). I Longford, entrambi studenti di lettere antiche ad Oxford, ritenevano che il tema centrale dell’Orestea fosse “the replacement of the blood-feud by human justice” e volevano proporre al pubblico una forma accessibile di quella che per loro era “beyond one doubt one of the greatest, as one of the earliest of dramatic works”. 15

Tre anni dopo, nel 1936, Agamennone è stato messo in scena dal poeta nordirlandese Louis MacNeice, ottenendo uno straordinario successo di critica: secondo Hugh Lloyd-Jones, filologo classico, il lavoro del poeta è stato la miglior versione di una tragedia greca mai prodotta in Irlanda. L’attenzione dell’autore si focalizza in particolare sulla creazione di un registro linguistico adatto, una lingua moderna, potente e chiara. Inoltre, in un moto di orgoglio irlandese, MacNiece ha deciso di evitare ogni riferimento ad una dizione poetica o arcaica, ma soprattutto ad un ritmo che richiamasse alla mente i modelli inglesi più familiari. Lo scopo è ampiamente raggiunto: il risultato è una traduzione poetica, ma in un modo asciutto e vigoroso, scritta in una lingua talmente enfatica da mettere chiaramente in luce i drammatici motivi dell’Orestea.

Le vicissitudini della casa degli Atridi fanno da sfondo al dramma teatrale di Marina Carr, Ariel, che è stato portato in scena all’Abbey Theatre di Dublino nel 2002: ambientato nelle Midlands irlandesi, racconta la tragica storia della famiglia Fitzgerald. L’analogia con l’omicidio di Ifigenia per mano del padre Agamennone si ritrova nel mondo moderno quando il politico irlandese Fermoy Fitzgerald uccide sua figlia Ariel nel giorno del suo sedicesimo compleanno, reputandolo necessario per ottenere un avanzamento di carriera, dopo aver stretto un patto con un’oscura divinità pagana. Il monaco Bonifacio, fratello di Fermoy, definisce il rapporto di Fermoy col divino come “ancient, barbaric and will take us back to the caves”. Proprio come la 16 scia di sangue che attraversa le generazioni dei figli di Atreo, anche i Fitzgerald

Longford, Edward e Christine, cit. in Arkins, Brian, op. cit., p. 123.

15

Carr, Marina, Ariel, in Marina Carr: Plays 2, Londra, Faber and Faber Limited, 2009, p. 130.

(17)

nascondono oscuri segreti: il padre di Fermoy ha ucciso sua moglie e l’ha nascosta (con l’aiuto del figlio) al lago Cuura, dove anche Ariel verrà sepolta. Quando Frances, moglie di Fermoy, scopre che il marito ha ucciso la loro figlia, lo pugnala a morte, proprio come Clitemnestra uccide Agamennone. Le figure di Oreste ed Elettra trovano i loro corrispettivi irlandesi nei personaggi degli altri due figli della coppia, Stephen ed Elaine, la quale, alla fine dell’opera, ucciderà la madre perché desiderava seppellire insieme la figlia e il marito. Così facendo, Carr rimette in scena gli omicidi a catena dell’Agamennone, senza però giungere alla risoluzione de Le Eumenidi: nel mondo dell’autrice, infatti, la tragedia rimane intrinsecamente tragica.

Tom Murphy, uno dei drammaturghi contemporanei più in vista in Irlanda, si ispira alla trilogia eschilea per scrivere The Sanctuary Lamp (1975), la cui trama ricorda solo vagamente l’Orestea, ma i parallelismi tematici sono palesi. Secondo Fintan O’Toole, critico teatrale irlandese, l’opera è “the only modern version of the Oresteia which includes its political, psychological and religious themes and, more importantly, achieves the same reconciliation of the three which Aeschylus does”. I 17 personaggi di Murphy vengono dagli strati sociali più bassi e appartengono ad una famiglia disfunzionale e disgregata, che assiste alla sua redenzione finale dalla violenza. Harry Stone, che lavora in un circo, rappresenta sia Agamennone (quando piange la morte della figlia morta di consunzione), sia Oreste ne Le Eumenidi (quando cerca rifugio in una Chiesa cattolica); sua moglie Olga ricorda Clitemnestra e Francisco, un giocoliere e loro vecchio amico, rimanda alla figura di Egisto. Murphy inserisce una forte nota religiosa: l’azione si svolge all’interno di una chiesa e il lume del presbiterio, simbolo della presenza di Dio, ne è il fulcro. L’intera opera diventa l’occasione per meditare sull’influenza della Chiesa cattolica sull’Éire. Qui, i protagonisti spostano il potere dalla Chiesa cattolica alla semplice immaginazione umana: Harry, che immagina la sua famiglia finalmente unita, decide di perdonare Francisco per i torti subiti nella speranza di un futuro migliore, una riconciliazione che è sia greca che cristiana.

2.2 Eschilo - Prometeo Incatenato

O’Toole, Fintan, cit. in Arkins, Brian, op. cit., p. 125.

(18)

La tragedia Prometeo Incatenato racconta la storia del titano Prometeo che aveva osato rubare il fuoco a Zeus per ridarlo agli uomini, azione che gli costa una terribile punizione, che consiste nell’essere incatenato sul Caucaso e ad essere costretto ad atroci sofferenze. Prometeo è diventato, così, simbolo di intelligenza, audacia, ribellione ma anche di hybris e incoscienza. La rielaborazione irlandese di questo mito si manifesta in una versione scritta da Tom Paulin nel 1990 e intitolata Seize the

Fire. Molto importanti nell’opera sono il titolo e l’epigrafe: il titolo scelto non si

focalizza sulla punizione di Prometeo ma sulla generosa azione di restituire il fuoco e l’epigrafe da Marx “Prometheus is the foremost saint and martyr in the philosopher’s calendar” sottolinea l’importanza del titano come campione dell’umanità, una specie di “santo” umanista. Paulin sceglie di non cambiare il nucleo della tragedia che enfatizza la tirannia di Zeus e la benevolenza di Prometeo verso gli uomini, ma ciò che rende nuovo Seize the Fire è la modernizzazione sia dei temi che della lingua: l’autore inserisce molte espressioni oscene (vietate nella tragedia greca) e utilizza immagini contemporanee (come generali militari o politici) per criticare l’autorità di Zeus, vista come un’oppressione. McDonald sostiene che Prometeo si configuri come simbolo di disobbedienza e rivolta, soprattutto politica e diventi metafora della necessità di riconquistare la propria nazione anche con le armi, se necessario.

2.3 Sofocle - Antigone

Per più di due secoli, Antigone di Sofocle è stata la tragedia greca più apprezzata nel panorama europeo: già nell’Ottocento, Hegel, Hölderlin e Kierkegaard avevano dato la loro lettura dell’opera e la fine del secolo aveva visto un’esponenziale ripresa di questo mito, finché, nel Novecento, esso è diventato l’esempio paradigmatico per esplorare il conflitto fra l’autorità repressiva dello Stato e la volontà individuale.

Infatti, in Polonia, ci sono stati quattro rifacimenti di Antigone nel periodo 1962-65 e Antigone di Andrej Hadya (1984), ambientata a Gdansk, si ricollega al sindacato indipendente della Solidarietà. In The Island (1973) di Anthony Fugard, due prigionieri politici dell’apartheid in Sud Africa si rendono conto che Antigone parla anche di loro e, in Francia, il drammaturgo Jean Anouilh decide di ambientare la sua

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Anche in Irlanda, la tragedia sofoclea è stata considerata dai drammaturghi appropriata per trattare di politica e giustizia: dal 1984 al 2004 sono state pubblicate le versioni di Tom Paulin (The Riot Act), di Brendan Kennelly (Antigone), di Conall Morrison (Antigone), di Seamus Heaney (The Burial at Thebes) e di Aidan Mathews (Antigone). Ognuno di questi autori ha un suo personale approccio verso la storia d’Irlanda e verso la sua spinosa situazione politica, ma tutti, in un modo o nell’altro, esplicitamente o meno, hanno scelto di restare all’interno della motivazione politica.

Il 19 settembre 1984 è stato messo in scena per la prima volta a Derry The Riot Act di Tom Paulin. In questa versione, la cornice spazio temporale è assolutamente moderna e la lingua rivela una chiara aderenza a quella parlata nell’Irlanda del Nord. Le idee che essa esprime manifestano esplicitamente i disordini che dividono Derry: Paulin fa in modo che le parole e le azioni della tragedia abbiano risonanza nel contesto politico moderno. Il Creonte sofocleo diventa un politico unionista che rappresenta la legge inglese e la difesa dello status quo, mentre Antigone diventa una ribelle repubblicana. Questi due personaggi espongono due tipi diversi di fedeltà: Creonte è devoto alle regole e all’ordine, Antigone alla famiglia e al lignaggio. Il risultato è, quindi, un irrisolvibile scontro fra le leggi straniere (inglesi) e l’ethos autoctono (irlandese). Disobbedendo al re e al sistema politico, Antigone sa che andrà incontro alla morte, seguendo la tradizione dei martiri repubblicani.

Anche Aidan Mathews sceglie di aderire alla motivazione politica nella sua

Antigone: a Version, una rivisitazione molto libera della tragedia sofoclea messa in

scena nel 1984. All’inizio, il coro esordisce con “the drama is set in Ireland in the 1980s BC, soon after Sparta had entered the war on the German side”: con le allusioni a Sparta e alla Germania, l’autore imposta un regime militaristico nel contesto di un’Irlanda mitica e senza tempo, dove il confine fra passato e presente viene volutamente offuscato. Inoltre, durante la prima rappresentazione, al Dublin’s Project Arts Centre, Mathews ha fornito al pubblico delle copie del Criminal Justice Bill, un decreto che il Dáil Éireann (Assemblea d’Irlanda) aveva appena approvato e che consentiva alla polizia di arrestare e trattenere prigionieri anche in assenza di reato. Di conseguenza, Antigone diventa un’opera che si pone come monito della lotta per i diritti civili, in un periodo storico molto teso e violento. Infatti, la violenza che si trova in Sofocle, con la guerra fra Eteocle e Polinice, viene traslata in una società

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devastata dalla guerra e che assiste all’erosione della libertà civile. In Mathews, il crimine di Antigone non ha a che fare con la degna sepoltura del fratello, ma con la memoria: la ragazza, infatti, imbratta tutti i muri della città con la lettera “P” di Polinice — anche se qui l’altro fratello si chiama Peteocle, per sottolineare l’uguaglianza degli uomini davanti alla morte.

L’Antigone (1986) di Brendan Kennelly, scritta in strofe di versi brevi, elimina parte del materiale culturale greco in favore di un contesto più astratto e universale, ma con precisi riferimenti all’Irlanda contemporanea. In particolare, ciò che manca totalmente nel mito greco è l’enfasi sull’antinomia uomo vs donna nello scontro fra Creonte e Antigone. Ciò che Kennelly vuole sottolineare è l’ostilità fra una giovane donna disobbediente e un uomo adulto con potere: nel mondo moderno, la ribellione di Antigone indica un chiaro attacco femminista al patriarcato irlandese che da sempre aveva oppresso le donne. Ancora una volta, è l’esperienza femminile ad essere messa al centro, rendendo questa versione “a feminist declaration of independence”. 18

Infine, le versioni di Antigone scritte da Conall Morrison (2003) e da Seamus Heaney (2004) portano la tragedia fuori dai confini greci, ma anche fuori da quelli irlandesi: Morrison sceglie di ambientare il suo dramma durante il conflitto israelo-palestinese, mentre Heaney si concentra sulla drammatica situazione politica dell’Iraq.

2.4 Sofocle - Edipo Re

L’Edipo Re, capolavoro di Sofocle, fa parte del ciclo tebano e racconta la tragica storia di Edipo, re di Tebe. Grazie alla sua estrema complessità, questa tragedia è stata interpretata dalla critica moderna secondo diversi paradigmi, il più celebre dei quali è, senza dubbio, la prospettiva psicanalitica di Sigmund Freud. Tuttavia, oltre al complesso di Edipo, è possibile individuare altri tratti che fanno del re tebano un personaggio archetipico: nell’opera, grande enfasi viene posta sul tema della conoscenza, rendendo Edipo metafora dell’intelligenza umana che ostinatamente ricerca la verità.

Arkins, Brian, op. cit., p. 44.

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In Irlanda, le riappropriazioni di questo mito si manifestano nelle versioni di W.B. Yeats (King Oedipus), di Mary Elizabeth Burke-Kennedy (Oedipus) e di J.M. Synge (The Playboy of the Western World).

Yeats preserva il nucleo tematico della tragedia sofoclea e il suo King Oedipus (1926) si distacca dall’originale solo verso la fine: l’autore riduce nettamente l’attenzione sull’autocommiserazione del cieco, parricida ed incestuoso re per mettere in luce la sua potente energia. Di conseguenza, l’Edipo di Yeats è un personaggio assolutamente eroico, che ricorda il coraggio degli eroi omerici.

Quasi un secolo dopo, nel 2000, Mary Elizabeth Burke-Kennedy ha scritto

Oedipus, una versione del mito che aderisce alla struttura sofoclea ma che opera dei

cambiamenti sul piano tecnico e tematico. Una scelta tecnica innovativa è quella di dividere gli interventi del coro in nove parti, in modo da ottenere un commento quasi continuo sulle vicende in scena. L’autrice inserisce un Prologo che inizia con Edipo intento a risolvere l’enigma della Sfinge, che prosegue poi con una scena ambientata a Corinto coi genitori adottivi del re e che finisce con un dialogo fra Edipo e Giocasta in camera da letto, dopo aver scoperto l’amara verità. Rendendo più esplicite queste parti del mito, il riadattamento di Burke-Kennedy tende ad umanizzare la figura di Edipo e a rendere il suo destino ancora più terribile.

Il capolavoro di J.M. Synge, The Playboy of the Western World (1907), è una commedia che rovescia il mito di Edipo. Nell’opera, ogni personaggio si comporta all’opposto del suo corrispettivo greco: il protagonista, Christy Mahon (Edipo), vorrebbe uccidere suo padre, ma non ci riesce e, allo stesso modo, non riesce a sposare nessuna delle due figure materne disponibili (Pegeen Mike e la vedova Quin). Christy finge di aver ucciso suo padre per potere essere trattato da eroe ed attirare l’attenzione di Pegeen Mike, figlia del suo datore di lavoro e anche della vedova Quin, che rappresenta Giocasta in quanto ha un atteggiamento erotico nella prima parte dell’opera e un atteggiamento materno nella seconda.

2.5 Sofocle - Edipo a Colono

La tragedia sofoclea Edipo a Colono racconta le fasi finali del mito di Edipo e si conclude con la morte dello sfortunato re di Tebe presso il bosco sacro delle

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Eumenidi, nei pressi di Atene, a Colono. In Irlanda, è ancora una volta W.B. Yeats ad interessarsi alla storia di Edipo nel 1927, seguito dalla traduzione di Eamon Grennan, pubblicata nel 2005.

La versione di Yeats, Oedipus at Colonus (1927), aderisce alla struttura di Sofocle ma ne differisce per l’enfasi posta sulla morte sovrannaturale di Edipo e sul valore del boschetto delle Eumenidi come analogo di certi paesaggi irlandesi. Infatti, lo stesso autore ha dichiarato:

When I prepared Oedipus at Colonus for the Abbey stage I saw that the wood of the Furies in the opening scene was any Irish haunted wood and when Oedipus at Colonus went into the wood of the Furies he felt the same creep in the flesh that an Irish countryman feels in certain haunted woods in Galway and in Sligo.19

Inoltre, proprio come aveva fatto nell’Edipo Re, anche qui Yeats continua a sottolineare l’eroismo del protagonista che raggiunge l’apice nella sua miracolosa morte “divina”.

Il poeta irlandese Eamon Grennan, in collaborazione con la classicista americana Rachel Kitzinger, ha prodotto una traduzione dell’opera sofoclea per l’Oxford University Press nel 2005. Arkins sostiene che questa versione costituisca una delle pochissimi traduzioni letterali di una tragedia greca scritta da un autore irlandese.

2.6 Sofocle - Filottete

La tragedia sofoclea racconta la vicenda del greco Filottete. Egli è stato abbandonato dai suoi compagni perché era stato morso da un serpente durante il viaggio verso Troia, ma, secondo un indovino, il suo arco era indispensabile per conquistare la città: Odisseo e Neottolemo devono convincere l’eroe ad andare a Troia con loro. Odisseo, che qui è un personaggio negativo e infido, non esita ad escogitare un piano astuto per trarlo in inganno, mentre Neottolemo, ingenuo e onesto, rappresenta la pietas e alla fine non si farà manipolare. Il mito di Filottete viene ripreso in Irlanda da Desmond Egan (Philoctetes), da Seamus Heaney (The Cure at

Troy) e da Sydney Smith (Sherca).

Yeats, W.B., cit. in Arkins, Brian, op. cit., p. 56.

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Il Philoctetes (1998) di Desmond Egan traduce l’originale di Sofocle. Secondo l’autore, Sofocle riesce ad esplorare alcune delle questioni più profonde dell’esistenza umana all’interno di una trama molto semplice.

La versione di Seamus Heaney, The Cure at Troy (1990), non modifica il nucleo centrale sofocleo, con lo scontro di valori fra Odisseo e Neottolemo, ma aggiunge una decisa connotazione politica moderna alla vicenda. L’autore mette in relazione il mito greco con il conflitto nordirlandese fra unionisti e repubblicani: il titolo, infatti, non suggerisce solo una possibile cura per Filottete, ma anche una speranza di pace per l’Irlanda del Nord, come ha dichiarato Heaney “I wanted the title to prefigure a benign and unexpected turn of events”. Un altro elemento che rimanda alla 20 dimensione contemporanea è il coro formato da tre donne all’interno di una tragedia in cui i protagonisti sono tutti uomini. Questa scelta innovativa si pone in analogia con The Women’s Coalition, partito politico nordirlandese nato negli Anni Novanta. Nell’ottica di Heaney, i tre personaggi principali rappresentano ogni aspetto dell’intransigenza, sia politica che morale e, in Irlanda, sia unionista che repubblicana. L’ultimo stasimo del coro lamenta la drammatica situazione politica dell’Éire, auspicando la “guarigione” dalla guerra, proprio come era “guarito” l’eroe sofocleo.

Il dramma Sherca (1979), scritto da Sydney B. Smith, sposta la cornice spazio temporale greca in un contesto del tutto irlandese e contemporaneo, nel quale il tema politico diventa assolutamente esplicito. L’isola di Lemno nel Mare Egeo si trasforma nella fittizia isola di Sherca al largo della costa occidentale irlandese, che ricorda l’isola di Inishbofin, vicino Galway, dove ha vissuto per anni l’autore. Il fulcro dell’opera è un partito politico che a causa delle continue dispute interne è ormai destinato a dividersi in fazioni: infatti, il protagonista Phil (chiaramente Filottete) ha lasciato il partito e vive da solo sull’inospitale isola di Sherca, mentre altri due membri, O’Dea e Leo — rispettivamente Odisseo e Neottolemo — cercano di convincerlo a reintegrarsi. Il motivo di tanta insistenza è che i poteri psichici che possiede Phil sono molto utili al partito, proprio come l’arco di Filotette era necessario per far cadere Troia. Smith aderisce alla struttura sofoclea quando Leo finge di aver litigato con O’Dea e di aver lasciato il partito per persuadere Phil e rinnova l’espediente del deus ex machina rendendolo moderno: Phil vede

Heaney, Seamus, cit. in Arkins, Brian, op. cit., p. 67.

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"L’Annunciazione” di Leonardo Da Vinci e dopo questo momento epifanico decide di rientrare nel partito.

2.7 Sofocle - Elettra

La tragedia Elettra racconta la fase finale delle complicate vicende che vedono protagonista la famiglia degli Atridi: quando Agamennone torna vincitore da Troia, viene ucciso da sua moglie Clitemnestra e dal suo amante Egisto, scatenando così la vendetta dei suoi figli, Elettra e Oreste. L’unica rivisitazione irlandese di questo mito è ad opera di Frank McGuinness (Electra), che ha tradotto Sofocle su commissione del regista teatrale David Leveaux nel 1997. La traduzione in inglese si discosta molto dall’originale. McGuinness ha voluto rendere la sua Elettra un personaggio moderno e inserirla in un contesto contemporaneo che rifletteva la situazione politica dell’Irlanda del Nord, ma anche i conflitti che interessavano i Balcani negli Anni Novanta: infatti, l’opera mostra tutta la follia e la violenza dei conflitti ed Elettra qui è una donna repubblicana infiammata dal furor della vendetta, ancora più forte dell’Elettra sofoclea.

2.8 Euripide - Le Baccanti

La tragedia euripidea Le Baccanti si concentra sulla figura del dio Dioniso e sui riti a lui dedicati praticati dalle donne di Tebe. Per tutta l’opera, l’enfasi viene posta sul conflitto fra Dioniso e re Penteo che si oppone ai culti per il dio, considerati osceni: lo scontro fra la religione irrazionale di Dioniso e l’estrema razionalità del re si manifesta in una serie di opposizioni binarie che attraversano tutta la tragedia, come emozione vs. ragione e natura (physis) vs. costume (nomos). In Irlanda, questo mito è stato ripreso da Colin Teevan (The Bacchai), da Derek Mahon (The

Bacchae) e da George Bernard Shaw (Major Barbara).

Col suo titolo più esplicitamente greco, The Bacchai (2002) di Colin Teevan è una traduzione da Euripide introdotta da una prefazione della classicista Edith Hall. Hall sottolinea come il lavoro di Teevan sia molto aderente all’originale, anche nel rispetto delle norme teatrali greche: gli attori sono solo tre e un solo

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attore impersona sia Penteo che Agave, enfatizzando ancor di più il dramma familiare.

La versione di Derek Mahon, The Bacchae, è stata messa in scena nel 1991 ed è sottotitolata “after Euripides”. L’autore resta piuttosto fedele ad Euripide sia nella trama che nella struttura ad episodi, ma opera qualche riduzione o ampliamento in alcuni stasimi del coro. Tuttavia, le principali questioni che emergono in questo mito vengono rese assolutamente moderne e, secondo Marianne McDonald, esso è infatti “suitable for Ireland. Dionysus can be regarded as a force of nature, the force of a people who are fighting to reclaim their rights — a people who are laying claim to a land that has been taken from them”.

Major Barbara (1905) di George Bernard Shaw è un’opera basata su Le Baccanti che traspone la vicenda nel contesto moderno. Dioniso diventa il

ricchissimo proprietario di una fabbrica d’armi, Undershaft, che si pone l’obbiettivo idealistico di abolire la proprietà privata e di conseguenza rappresenta una sorta di forza vitale dionisiaca: è diabolico, subdolo e potente. La figura di Penteo si ritrova in modi diversi nei personaggi di Barbara (maggiore nell’Esercito della Salvezza, movimento internazionale evangelico) e di Cusins (professore di greco e fidanzato di Barbara), che, inizialmente, si oppongono a Undershaft ma, alla fine, si convertono alle sue idee. La questione religiosa è, dunque, preminente in Shaw, ma ciò che si trova realmente al centro dell’opera è il problema della povertà e di come essa possa essere eradicata: proprio come Le Baccanti trattano dei culti dionisiaci in modo problematico, così Shaw fornisce la soluzione al problema della povertà in un plot twist molto controverso, rendendo l’imprenditore Undershaft un generoso filantropo il cui denaro è una sorta di deus ex machina.

2.9 Euripide - Le Troiane

La tragedia Le Troiane, rappresentata durante la Guerra del Peloponneso, racconta dello sventurato destino delle donne di Troia a seguito della caduta della loro città. L’opera non si focalizza sui Greci, vincitori della guerra, ma sui vinti: questa scelta rivela una visione antimilitarista, volta a sottolineare il dolore e la sofferenza umana che derivano dai conflitti armati. Proprio per questo, dopo essere

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stata ignorata per vari secoli, Le Troiane è tornata in voga durante il Novecento, secolo funestato da molte guerre, ed è stata una delle tragedie di Euripide più frequentemente riadattata e rappresentata. Due drammaturghi irlandesi hanno ripreso il dramma euripideo: Brendan Kennelly ha scritto The Trojan Women nel 1993 e Aidan Mathews ha pubblicato Trojans nel 1995.

La versione di Brendan Kennelly rispetta la trama dell’originale ma enfatizza considerabilmente la resilienza delle donne di Troia davanti alla loro triste sorte. Secondo l’autore, infatti, Le Troiane è una tragedia sulla guerra e sulle sue drammatiche conseguenze ma, in particolare, egli ha dichiarato che “the play is about the men who win and the women who lose [but] within that apparent passivity of victims, I increasingly found a strong active, resolute and shrewd note”. Le sue troiane sono determinate fino alla fine e cercano di farsi forza l’un 21 l’altra tramite dialoghi dal tono poderoso, combattivo e aggressivo.

Trojans di Aidan Mathews è stato messo in scena per la prima volta nel 1995 ed

è ambientato a Berlino, nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, sebbene i nomi dei personaggi rimangano quelli greci.

2.10 Euripide - Ecuba

Il dramma Ecuba racconta la tremenda vendetta messa in atto da Ecuba, regina di Troia, in seguito all’uccisione dei suoi figli Polissena (per volere di Achille) e Polidoro (per volere del re tracio Polimestore).

La tragedia ha avuto un grandissimo successo nel Rinascimento, periodo nel quale essa è diventata l’archetipo della tragedia di vendetta. In Irlanda, questo mito viene ripreso solo da Frank McGuinness: nel 2004 è stata messa in scena la sua traduzione euripidea Hecuba, scritta a partire da una versione letterale pubblicata da Fionnuala Murphy. L’autore rimane aderente alla trama di Euripide ma opera alcune innovazioni dal punto di vista stilistico.

2.11 Euripide - Ippolito

Kennelly, Brendan, cit. in Arkins, Brian, op. cit., p. 99.

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La tragedia Ippolito ha a che fare con l’attrazione sessuale che Fedra, moglie di Teseo, re di Atene, prova verso il suo figliastro Ippolito, figlio di Teseo. Di conseguenza, Fedra si innamora del giovane in una maniera semi-incestuosa a causa della quale finirà per impiccarsi: scoperta e rifiutata da Ippolito, decide di uccidersi dopo averlo accusato di essere uno stupratore.

La riappropriazione di questo mito in Irlanda consiste in Living Quarters di Brian Friel, pubblicata nel 1977 e in The Oval Machine di Ulick O’Connor, pubblicato nel 1986.

La versione di Brian Friel, Living Quarters, sposta l’azione nel mondo moderno, mantenendo alcuni elementi della trama euripidea: la famiglia al centro dell’opera è quella di Frank Butler, comandante dell’esercito irlandese, i cui exploit militari all’estero lo hanno reso un vera e propria celebrità a Ballybeg, città dove risiede. Proprio come Teseo, anche Butler è un uomo d’azione, un militare che manca da casa in un momento cruciale, proprio quando, dopo essere rimasto vedovo, sposa la giovane Anna non riuscendo, però, a trascorrere molto tempo con lei. Butler si scontra spesso col figlio Ben, ragazzo debole e fragile che non vuole crescere e che, in questo, rispecchia l’incapacità di Ippolito a raggiungere la sessualità adulta, oltre al fatto che entrambi hanno problemi coi loro padri. Come Fedra trascorre la sua vita isolata a Trezene, così Anna vive, sola e trascurata, nel profondo Donegal irlandese, dove inizia una relazione clandestina col figliastro Ben. A differenza di Euripide, qui il rapporto viene consumato. Nella tragedia euripidea, Ippolito doveva decidere se parlare o tacere, mentre in Friel il compito spetta ad Anna, la quale dirà la verità a Butler. Questa rivelazione, oltre avere un effetto devastante, altera completamente il finale euripideo in quanto non è Anna (Fedra) a decidere di suicidarsi, ma Butler (Teseo). Alla fine, per Anna inizia una seconda vita dopo essersi trasferita in America, mentre Ben continua la sua miserabile e insignificante esistenza.

Ulick O’Connor decide di ambientare il suo dramma The Oval Machine nella modernità e in particolare nel contesto del gioco del rugby. Billy McGinley, milionario irlandese, è il più grande rugbista dei suoi tempi e rappresenta la figura di Teseo, mentre il corrispettivo di Ippolito è suo figlio Kevin, anche lui rugbista e devoto al fair play dello sport, a differenza del padre che vuole sempre vincere a

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tutti i costi. Stephanie (Fedra) è la matrigna di Kevin e presto si invaghisce di lui, mentre il ragazzo ha fantasie sessuali su di lei e Billy, intuendo qualcosa di sospetto, parla col figlio e, come Ippolito in Euripide, mostra tutta la sua misoginia. Alla fine, Stephanie morirà, anche se non sappiamo come e Kevin, contrariamente ad Ippolito, non morirà ma sarà per sempre allontanato sia dalla famiglia che dal rugby.

2.12 Euripide - Ifigenia in Aulide

Il dramma euripideo racconta la storia della giovane Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitemnestra, che, secondo l’indovino Calcante, deve essere sacrificata alla dea Artemide per assicurare al padre la buona riuscita del viaggio verso Troia: Agamennone si trova costretto a scegliere fra il potere militare e la felicità personale, ma l’intervento degli dei risolverà positivamente il dilemma. Il drammaturgo irlandese Colin Teevan ha messo in scena la sua versione del mito di Ifigenia nel 1999 con l’opera Iph…, mentre la scrittrice irlandese Edna O’Brien ha pubblicato il dramma Iphigenia nel 2003.

Iph… di Colin Teevan ha debuttato al Lyric Theatre di Belfast nel marzo del

1999 e contiene sostanziali innovazioni a livello della trama in quanto, alla fine, Clitemnestra uccide il marito Agamennone appena tornato dalla campagna di Troia. Per l’autore, centrali nell’opera sono il motivo del dilemma morale del condottiero greco (koinos vs. idios, comunità contro individuo), la feroce difesa di Clitemnestra verso la figlia e l’iniziale rifiuto di Ifigenia a sacrificare se stessa per i Greci e, infine, la sua eroica accettazione. Inoltre, Teevan si prende molte libertà nel trattare gli stasimi del coro perché vuole che esso mostri una sensibilità contemporanea e che conduca il pubblico verso una maggiore autoconsapevolezza.

Edna O’Brien ha messo in scena la sua Iphigenia al Crucible Theatre di Sheffield nel febbraio 2003, una rappresentazione teatrale di soli 75 minuti che presenta una serie di cambiamenti radicali rispetto ad Euripide. Nell’incipit, O’Brien introduce l’indovino Calcante ed una strega che espongono la drammatica situazione nell’accampamento greco: la strega spiega che gli dei non lasciano soffiare venti favorevoli per la flotta greca e Calcante dice che solo il sacrificio di

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Ifigenia assicurerà la vittoria dei Greci. Inoltre, un’altra innovazione interessa il coro: l’autrice trasforma il coro di donne calcidesi in sole sei giovani ragazze che hanno un’interesse sessuale verso i guerrieri greci e sarà proprio la sesta fanciulla ad annunciare a Clitemnestra l’imminente sacrificio di Ifigenia. Alla fine del dramma, la dea Artemide entra in scena — parlando tramite la strega — e fa intuire che Ifigenia non solo sarà salvata dagli dei, ma che dimorerà presso di loro.

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2. CAPITOLO II - VERSIONI IRLANDESI DEL MITO DI MEDEA

0. Medea nella tradizione

Capace di superare confini temporali e nazionali, il personaggio di Medea è un modello archetipico e una figura mitica assolutamente vitale nel panorama culturale europeo, il cui percorso letterario, di portata millenaria, si snoda attraverso continue rielaborazioni e riattualizzazioni, fra costanti e varianti, dall’Antichità fino alla Contemporaneità. All’inizio di tale fortuna si situa la

Medea di Euripide del 431 a.C.: la tragedia, che codifica per sempre il mito, si

focalizza sulla complessa personalità della donna — esplorata grazie allo strumento monologico — e individua i principali leitmotiv della connotazione di Medea (donna innamorata, barbara e maga), che saranno poi più o meno enfatizzati nelle rielaborazioni successive.

Lo straordinario successo dell’opera è testimoniato dalla vasta eco letteraria riscontrabile già in ambito classico: al III secolo a.C. risalgono Le Argonautiche di Apollonio Rodio (poema epico che ripercorre l’antefatto del capolavoro euripideo col viaggio degli Argonauti alla conquista del vello d’oro); al I secolo a.C, invece, sono ascrivibili le due versioni di Ovidio che, oltre ad una tragedia perduta, ha composto le Heroides (dove immagina che Medea scriva una lettera a Giasone) e le

Metamorfosi (dove racconta l’intera vicenda di Medea); nel I secolo d.C si situa,

infine, il dramma di Seneca (tragedia che approfondisce ulteriormente la psiche della protagonista). Fra le rielaborazioni moderne sono da ricordare almeno la tragedia di Pierre Corneille del 1635, con l’enfasi sul tema della magia e il suicidio di Giasone; il melodramma di Luigi Cherubini del 1797 su libretto di François Benoit Hoffmann, col suicidio di Medea nel fuoco e la trilogia Das Goldene Vliß di Franz Grillparzer del 1821, con l’incremento del topos dell’alterità razziale. Durante l’età vittoriana, il mito di Medea acquista una crescente popolarità nell’ambito del dibattito femminista britannico e viene riattualizzato sotto forma di drammi e di burlesque: fra i primi è necessario menzionare il contributo di Augusta Webster con Medea in Athens (1870) e di Amy Levy con Medea, A Fragment in

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Jason in Colchis and Medea in Corinth di James Robinson Planché del 1845 e The Best of Mothers, with a Brute of Husband di Robert Brough del 1856.

È il Novecento, però, che rivela un grande interesse per questo mito, soprattutto nella sua accezione ideologica e politica. Le versioni di questo periodo, infatti, si concentrano spesso sullo scontro fra culture e sull’oppressione dal punto di vista sessuale, razziale o politico: assumendo molteplici connotazioni, Medea diventa il simbolo dei subalterni. Il secolo si apre con La moderne Médée (1901) del francese Léon Duplessis e prosegue con Medea (1926) del tedesco Hans Henry Jahnn, con

Asie (1931) del francese Henri-René Lenormand, con The Wingless Victory (1936)

dell’americano Maxwell Anderson e con Médée (1946) del francese Jean Anouilh. Dall’Italia, nell’immediata fase postbellica, giungono le opere di Cesare Pavese,

Dialoghi con Leucò (1947) e di Corrado Alvaro, Lunga notte di Medea (1949). Il

ventesimo secolo offre anche le prime trasposizioni cinematografiche del mito, versioni molto innovative i cui autori tentano di superare lo stigma di un soggetto così scioccante, difficile da portare sul grande schermo: nel 1969 viene prodotto il film di Pierpaolo Pasolini, Medea, interpretato da Maria Callas; nel 1978 esce The

Dream of Passion di Jules Dassin e nel 1988 Lars Von Trier dirige per la TV

danese Medea, basandosi sulla preesistente sceneggiatura di Carl Theodor Dreyer. Senza mai arrestarsi, il percorso letterario di Medea continua anche nel nuovo millennio: in soli 19 anni, numerose sono state le traduzioni, le versioni e gli adattamenti della tragedia euripidea — in Europa, America e Oceania — , fra i quali possiamo richiamare Mojada: A Medea in Los Angeles (2015) del chicano Luis Alfaro, drammatica storia di immigrazione, e il film evento inglese National

Live Theatre: Medea (2015) scritto da Ben Power e diretto da Carrie Cracknell. 22

1. Medea in Irlanda

In Irlanda, la fortuna letteraria del mito di Medea nel Novecento si manifesta attraverso tre rielaborazioni: Medea (1988), versione di Brendan Kennelly; Medea

Le fonti principali per questa breve panoramica letteraria sulla figura di Medea sono Medea in

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Athens/Medea, Rossi Linguanti, Elena (ed.), Pisa, Edizioni ETS, 2016 e Medea in Performance 1500-2000, Hall, Macintosh, Taplin (eds.), Inghilterra, European Humanities Research Centre of the University of Oxford, 2000.

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(1991), traduzione di Desmond Egan e By the Bog of Cats… (1998), adattamento di Marina Carr.

1.1 Medea (1988) - Brendan Kennelly

Brendan Kennelly è nato il 17 aprile 1936 a Ballylongford, nella contea di Kerry, in Irlanda ed è stato professore di Letteratura moderna al Trinity College di Dublino, dal 1973 fino alla pensione, nel 2005.

Scrittore particolarmente prolifico, ha pubblicato più di trenta raccolte di poesie fra le quali My Dark Fathers (1964), Collection One: Getting Up Early (1966),

Good Souls to Survive (1967), Dream of a Black Fox (1968), Love Cry (1972), The Voices (1973), Shelley in Dublin (1974), A Kind of Trust (1975), Islandman (1977), A Small Light (1979), The House That Jack Didn’t Built (1982) e due romanzi dal

titolo The Crooked Cross (1963) e The Florentines (1967). Kennelly è anche autore di svariate antologie come Between Innocence and Peace: Favourite Poems of

Ireland (1993), Ireland’s Women: Writing Past and Present (1994) edito con Katie

Donovan e A. Norman Jeffares e Dublines, ancora in collaborazione con Katie Donovan.

Oltre a due famosi poemi epici — The Book of Judas (1991) e Poetry my Arse (1995) — controversi per la loro scabrosità, Kennelly ha scritto anche tre opere teatrali di chiara ispirazione classica: Antigone (1986), Medea (1988) e The Trojan

Women (1993), raccolte in un volume edito da Bloodaxe Books nel 2006 col titolo When Then is Now: Three Greek Tragedies.

La poesia di Kennelly è caratterizzata da uno stile colloquiale, schietto e realistico, a tratti scabroso e osceno e sempre distante da qualsiasi attitudine intellettuale e pretenziosa. Fondamentale nel suo corpus è la lingua — in particolare quella vernacolare delle isolate comunità di Kerry, dove l’autore è cresciuto e quella parlata nelle strade e nei pub di Dublino, di cui il poeta è sempre stato assiduo frequentatore ma anche disincantato interprete. Inoltre, le sue scelte linguistiche risentono chiaramente dell’influenza della poesia irlandese, sia scritta

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che orale, la quale adotta spesso un approccio satirico verso i vizi e le virtù umane, risultando in una profonda vitalità e una vivacità intrinseca. 23

Fra gli autori irlandesi impegnati nella ripresa dei miti greci, Kennelly si rivela essere l’interprete più prolifico, con ben tre rielaborazioni di tragedie greche, una di Sofocle (Antigone) e due di Euripide (Medea e Le Troiane). Il forte interesse per il mito viene spiegato dall’autore stesso nella prefazione autografa del volume

When Then is Now: Three Greek Tragedies (2006):

Mythic drama is both immediate and distant. The immediacy enables a now- writer to steer into the past and invest it with the present and its problems. The distance enables the writer to stand back from, and at the same time confront whatever is troubling, hurting or inspiring him or her. Myth is both legendary history and acute prophecy; a fairylight that forms a bridge between realism and reality.

Secondo Kennelly, il mito è capace di collegare l’allora con l’adesso, creando una relazione che non solo unisce due punti del tempo, ma mette in connessione questioni etiche, dilemmi morali e attitudini umane che travalicano i secoli, costantemente rilevanti, allora come adesso:

These ancient plays are then illuminating now, like old teachers educating children who in turn will in some ways educate the unborn as they continue to learn from voices often forgotten but never completely lost, waiting always for, and willing to help, new, needy interpreters. Listening to ancient voices can help us confront, understand and express many problems of today. 24

Nella sua ripresa dei classici greci, Kennelly è certamente un autore che scrive per il suo tempo, consapevole che il vigore, la forza e la potenza trasmesse dai miti possono risuonare ancora, con la stessa intensità, nella contemporaneità che egli vive e, sicuramente, anche nel futuro. Ciò che interessa maggiormente allo scrittore è riuscire a trasportare i testi e le emozioni che essi trasmettono in una cornice temporale contemporanea dove la critica sociale, culturale e politica diventa il focus principale: le tre versioni di Kennelly, infatti, esaminano — e riflettono — la

Le informazioni biografiche. le pubblicazioni dell’autore e il suo stile poetico sono contenuti nella

23

prefazione al volume When Then is Now: Three Greek Tragedies, Kennelly, Brendan, Inghilterra, Bloodaxe Books, 2006.

Cfr. Prefazione, p. 7.

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complessa natura dell’Irlanda moderna, fatta di conflitti culturali, divisioni politiche e disordini civili. In particolare, l’attenzione di Kennelly si focalizza sul tentativo di dar voce a coloro che sono stati tradizionalmente marginalizzati ed esclusi dal discorso culturale dominante, vittime di oppressione e discriminazione. Di conseguenza, è inevitabile notare che nella sua personale rielaborazione del mito greco l’autore sceglie esclusivamente personaggi femminili, impostando una riflessione sulla posizione della donna nella società irlandese: le sue eroine, infatti, — proprio come le originali greche — sono afflitte dalla guerra, da regimi dispotici e da conflitti familiari e vivono in un contesto di perenne violenza e sottomissione.

Inoltre, accanto a questo aspetto prettamente sociopolitico, lo scrittore ha spiegato di aver composto le sue opere ispirato anche da esperienze strettamente personali e dolorose: “writing these plays helped me enormously at difficult time in my own life”. Infatti, su The Trojan Women egli ha dichiarato che: 25

Distance became immediacy when I embarked on The Trojan Women. The ancient city of Troy became a 20th-century Irish village, and Trojan citywomen became Irish villagewomen and, I believe, vice versa. Again, I think it was women’s courage I was trying to explore and celebrate. I had see it all around me as a child. I hope my version of The Trojan Women captures something of it. 26

Se un ricordo d’infanzia è ciò che offre a Kennelly l’ispirazione per celebrare il coraggio delle donne irlandesi tramite le donne troiane, una dolorosa fase delle sua vita adulta è, invece, ciò che lo spinge a scrivere la sua rielaborazione di Antigone nel 1986:

Antigone came out of my heart and mind, following marriage break-up. Trying to

understand Antigone herself was a special kind of education. This young woman, thousands of years old, made me reflect on courage and love. To this day, I admire the ways she spoke to me as I walked the streets of Dublin and Antwerp, grateful for her company, thinking of the lines she spoke through me. There’s an element of healing present pain when one converses with the mythic world. 27

Cfr. Prefazione, p. 7. 25 Cfr. Prefazione, p. 8. 26 Cfr. Prefazione, p. 7. 27

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