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CAPITOLO III MARINA CARR: FORMAZIONE E PRODUZIONE

1. Biografia

Marina Carr è nata a Dublino il 17 novembre 1964 ed è considerata dalla critica una delle drammaturghe irlandesi più influenti del nostro tempo. Cresciuta a Pallas Lake, nella Contea di Offaly delle Midlands irlandesi, fin da piccola è stata immersa in un’atmosfera artistica, fra scrittura, pittura e musica: suo padre, Hugh Carr, era un drammaturgo e aveva studiato musica per molti anni, mentre sua madre, Maura Eibhlín Breathneach, era la preside della scuola locale e scriveva poesie in gaelico irlandese.

Nel 1987 si laurea in Inglese e Filosofia all’Università di Dublino, continua gli studi al Trinity College di Dublino e, nel frattempo, debutta a teatro con Low in the

Dark (1989). Autrice prolifica di circa venti plays, la sua carriera, però, non si è

fermata al teatro: infatti, negli anni Novanta, ha occupato la prestigiosa carica onorifica di writer-in-residence all’Abbey Theatre di Dublino e al Trinity College di 41 Dublino, dove è stata anche insegnante. Successivamente, ha insegnato anche negli Stati Uniti, presso la Princeton University (New Jersey) e la Villanova University (Pennsylvania) e ha tenuto alcune conferenze alla Dublin City University nel 2016.

Le sue opere, tradotte in diverse lingue — incluso il cinese — , le hanno 42 permesso di vincere molti premi letterari fra i quali vanno ricordati il Dublin Theatre Festival Best New Irish Play Award per The Mai (1994), il diciannovesimo Susan Smith Blackburn Prize per Portia Coughlan (1996), il The Irish Times Playwright Award nel 1998, l’E.M. Forster Award conferitole dall’American Academy of Arts and Letters e il Windham Campbell Prize nel 2017. Inoltre, dal 1996, Carr è diventata membro dell’Aosdána, un’affiliazione esclusiva e onoraria di artisti irlandesi che si occupa di letteratura, musica e arte.

I suoi drammi, messi in scena dal 1989 fino al 2019, — in Europa, negli Stati Uniti, in Russia, in Asia e in Sud America — includono Low in the Dark (1989), The

Writer-in-residence è una carica conferita ad artisti o scrittori che vengono invitati da scuole o

41

università per tenere corsi, lezioni e seminari per tutta la durata dell’incarico. By the Bog of Cats… (1998) è stato tradotto in cinese nel 2010.

Deer’s Surrender (1990), This Love Thing (1991), Ullaloo (1991), The Mai (1994), Portia Coughlan (1996), By the Bog of Cats… (1998), On Raftery’s Hill (2000), Ariel

(2002), Woman and Scarecrow (2006), The Cordelia Dream (2008), Marble (2009),

16 Possible Glimpses (2011), Phaedra Backwards (2011), Hecuba (2015), Indigo

(2015), The Map of Argentina (2015), Anna Karenina (2016) e Blood Wedding (2019). Carr si è dedicata anche al teatro per bambini in due occasioni: nel 2003 con

Meat and Salt e nel 2006 con The Giant Blue Hand. Ha pubblicato, inoltre, un

racconto breve dal titolo Grow a Mermaid, vincitore del premio Hennessy nel 1994. 43

2. Rassegna critica su Marina Carr

Al centro dell’attenzione internazionale dall’inizio del Ventunesimo secolo, fin dal suo esordio Carr si è rivelata essere una delle voci più potenti del panorama teatrale irlandese e si è guadagnata — secondo la critica — non solo la reputazione di miglior esponente della drammaturgia irlandese contemporanea, ma anche quella di miglior drammaturga della sua generazione. Nel 2011, l’University College di Dublino le ha conferito un Dottorato in Letteratura ad honorem e Cathy Leeney — professoressa e autrice — nel discorso durante la cerimonia l’ha motivato così:

Marina Carr is a playwright of genius, distinguished, accomplished and fearless. A woman warrior, the power of her creativity has made theatre that is huge in its achievement, stunningly theatrical and internationally recognized as remarkable. The philosophical, emotional and poetic scale of her work shows audience a world where life is intense, tragic and hilarious; where the conversation between life and death spans the oily currents of the Styx: this is a bigger life. Her work is loved and admired by audiences and by theatre people. Her importance to students of theatre worldwide would be hard to underestimate. 44

Le fonti principali per le informazioni sulla biografia, sulla carriera e sulla produzione di Marina

43

Carr sono Carr, Marina, Marina Carr: Plays 1, Londra, Faber and Faber Limited, 1999; Carr, Marina, Marina Carr: Plays 2, Londra, Faber and Faber Limited, 2009; Carr, Marina: Marina Carr: Plays 3, Londra, Faber and Faber Limited, 2015; Rapetti, Valentina, “Chasing the Intangible: a Conversation on Theatre, Language, and Artistic Migrations with Irish Playwright Marina Carr”, in Studi irlandesi. A Journal of Irish Studies, No. 4, 2014, pp. 247-257; Leeney, Cathy e McMullan, Anna (eds.), The Theatre of Marina Carr: ‘before rules was made’, Dublino, Caryfort Press, 2003; McDonald, Marianne e Walton, J. Micheal (eds.), Amid our Troubles: Irish Versions of Greek Tragedy, Londra, Methuen Publishing, 2002; https://www.theguardian.com/stage/2015/sep/25/hecuba-review-a-radically-different- take-on-a-familiar-story (ultimo accesso 8/10/19); https://www.rte.ie/culture/2017/0112/844432- marina-carr-adapts-tolstoys-epic-romance/ (ultimo accesso 8/10/19); https://www.theguardian.com/ stage/2019/sep/26/blood-wedding-review-young-vic-federico-garcia-lorca (ultimo accesso 8/10/19).

Estratto del discorso di Cathey Leeney cit. in Rapetti, Valentina, “Chasing the Intangible: a

44

Conversation on Theatre, Language, and Artistic Migrations with Irish Playwright Marina Carr”, in Studi irlandesi. A Journal of Irish Studies, No. 4, 2014, pp. 247-257.

A partire dai suoi primi plays, l’autrice si è dimostrata capace di combinare generi diversi come il teatro dell’assurdo o le strategie metateatrali, per arrivare ai suoi più recenti ibridi composti da mito, realismo e grottesco. Nell’introduzione al volume The

Theatre of Marina Carr: ‘before rules was made’, Cathy Leeney e Anna McMullan 45 sostengono che una delle migliori capacità di Carr consista nell’appropriarsi delle regole che determinano un genere, i personaggi, i dialoghi e l’ambientazione e poi nel reinventarle sapientemente, creando una spazio dinamico in cui le norme teatrali — ma anche sociali — dominanti diventano ironiche, mutevoli e a volte completamente distorte, come se fossero viste da una dimensione temporale ‘before rules was made’. Infatti, anche secondo il critico Eamonn Jordan: 46

Marina Carr is the most complicated, confrontational and disturbing playwright of […] Irish playwrights. […] she has the skills to manipulate the intricate realities of contemporary living, moving the spectator behind and beyond the façade of social norms, mores, conventions and expectations, locating the points of greatest contention and delivering moments of pure savagery, while still creating convincing dramas that are replete with intricate, maimed, destructive, wayward and marginal characters who are full of unrealizable longing. 47

Autrice decisamente eclettica, Carr si impegna a sfidare gli stereotipi e i concetti prestabiliti di identità nazionale, famiglia, donna e maternità, riuscendo ad inserire nel teatro irlandese nuove sperimentazioni stilistiche, prospettive inusuali e personaggi femminili di statura inaudita. I suoi interessi spaziano dal teatro dell’assurdo alle tragedie greche, dal folklore irlandese ai drammi shakespeariani: nel corso di un’intervista con Valentina Rapetti, fra le sue principali influenze Carr ha 48 citato l’irlandese Samuel Beckett, l’americano Tennessee Williams, lo svedese August Strindberg, il russo Anton Cechov, il norvegese Henrik Ibsen e l’inglese William Shakespeare — definito “the one”, mentre, per quanto riguarda l’Antichità,

Leeney, Cathy e McMullan, Anna (eds.), op. cit., pp. xv-xxvii.

45

Carr, Marina, On Raftery’s Hill, in Marina Carr: Plays 2, Londra, Faber and Faber Limited, 2009, p.

46

70.

Jordan, Eamonn, “Unmasking the Myths? Marina Carr’s By the Bog of Cats…and On Raftery’s Hill”,

47

in Marianne e Walton, J. Michael (eds.), Amid Our Troubles: Irish Versions of Greek Tragedy, Londra, Methuen Publishing, 2002, p. 243.

Valentina Rapetti, interprete e traduttrice con un dottorato in Lingue e Letterature Anglo-Americane

48

Euripide. Nonostante non abbia citato autrici donne fra i suoi modelli, alcuni critici 49 hanno riscontrato familiarità con le opere di Emily Dickinson e Emily Brontë e una 50 forte affinità nelle scelte linguistiche — in particolare nell’uso del dialetto e dei giochi di parole — con la romanziera irlandese Edna O’Brien. 51

Grazie alla combinazione di più approcci stilistici, alla mutevolezza delle nozioni di spazio e tempo e alla refrattarietà alla ricerca di una verità universale, le opere di Carr — come sostiene Valentina Rapetti — possono essere considerate come gli equivalenti effettivi dello “spazio vuoto” che aveva immaginato Peter Brook in The

Empty Space (1968). Infatti, i drammi dell’autrice sembrano racchiudere le quattro 52 principali caratteristiche dell’universo teatrale definite dal rinomato regista inglese: mortalità, sacralità, brutalità e immediatezza. Secondo Rapetti, come tutte le forme d’arte, il teatro di Carr è mortale e in questo modo va ripensato; è sacro perché ha a che fare con temi universali e sovrannaturali come il destino, la genealogia e la sventura all’interno del paradigma del mito greco; è brutale negli elementi che derivano dalla cultura popolare e dal folklore irlandese espressi in modo crudo e grottesco; è immediato perché sa sollevare questioni importanti come l’identità nazionale e di genere o la mortalità e l’eternità.

Straordinariamente eterogenee e polifoniche, per Orlaith McBride — direttrice 53 dell’Art Council of Ireland — le pièces di Carr, come The Mai, By The Bog of Cats… e On Raftery’s Hill, sono infuse di un dinamismo, di un’energia e di una crudezza difficilmente riscontrabili nel lavoro di altri drammaturghi contemporanei. Inoltre, la forte influenza dei classici greci unita ad un’evidente Irishness, rende i drammi dell’autrice sia strettamente irlandesi sia assolutamente universali. La lingua in cui

Rapetti, Valentina, op. cit., p. 255.

49

Jordan, Eamonn, op. cit., p. 243.

50

La scrittrice irlandese Eilis Nì Dhuibhne, nel suo saggio “Playing the Story: Narrative Techniques in

51

The Mai”, pubblicato nel volume Leeney, Cathy e McMullan Anna (eds.), The Theatre of Marina Carr: ‘before rules was made’, Dublino, Caryfort Press, 2003, sostiene che Carr sia affine a O’Brien per la loro abilità “to select and reproduce the richest aspects of dialects and idiolects, to exploit phrases, sentences and proverbial expressions for their humor or beauty”.

Rapetti, Valentina, op. cit., p. 249.

52

L’opinione di Orlaith McBride sul teatro di Marina Carr è disponibile al link https://

53

www.irishtimes.com/culture/books/in-praise-of-marina-carr-by-orlaith-mcbride-1.2127357 (ultimo accesso 8/10/2019).

sono scritti è estremamente vitale e coraggiosa, capace di enfatizzare la potenza delle storie raccontate.

3. Fase di esordio

3.0 Introduzione

La fase d’esordio del teatro di Marina Carr risente dell’influenza di Samuel Beckett e delle convenzioni del teatro dell’assurdo: infatti, le sue prime quattro opere — Low in the Dark (1989), The Deer’s Surrender (1990), This Love Thing (1991) e

Ullaloo (1991) — sono altamente sperimentali e includono anche le pratiche

dell’improvvisazione e del work-shop. Questi plays rivelano l’intenzione dell’autrice di appoggiarsi all’assurdo e al surreale per generare incongruità e distanza teatrale, optando per forme frammentarie, elusività e finali aperti. Considerato che i temi principali di questa prima produzione hanno a che fare coi concetti di amore, matrimonio, relazioni fra sessi, femminilità, mascolinità, identità di genere e maternità, Siobhán O’ Gorman — insegnante e critica irlandese — sostiene che la natura complessa e non convenzionale di questo esordio abbia un significato ben preciso:

I wish to argue that Carr, in her first four works, deviates from traditional dramaturgy in order to interrogate male-biased histories and to reveal the cultural fabrication of gender hierarchies. Her early work self-reflexively muses on her own status of woman writer, […] considering her position working in [the] Irish theatrical landscape. 54

O’Gorman ritiene che Carr, tramite la sovversione delle modalità espressive all’interno di un canone teatrale prettamente maschile, sfidi, in senso più ampio, le tradizioni patriarcali e gli stereotipi di genere. All’inizio della sua carriera, Carr si pone come una pensatrice femminista che vuole riconsiderare i concetti di donna, maternità, matrimonio e famiglia, senza però fornire altre verità definitive,

Siobhán O’Gorman si è dedicata ad analizzare le prime quattro opere di Marina Carr, solitamente

54

poco considerate dalla critica, nell’articolo “Writing from the Margins: Marina Carr’s Early Theatre”, in Irish Studies Review, pubblicato online il 7 Ottobre 2014 al seguente link https:// www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/09670882.2014.961335 (ultimo accesso 8/10/2019).

sottolineando invece le infinite possibilità di cambiamento: l’attitudine di questi primi drammi è quindi sovversiva, femminista e gender oriented. Generalmente non annoverati fra i capolavori della drammaturga, non tutti i testi di questi quattro plays sono stati pubblicati: infatti, nel 1995 Carr ha venduto i manoscritti di The Deer’s

Surrender, di This Love Thing e di Ullaloo alla Biblioteca Nazionale d’Irlanda ma

sono, attualmente, fuori catalogo, mentre Low in the Dark è stato pubblicato e messo in scena più volte, a differenza degli altri tre che non sono mai più stati rappresentati dopo le loro premières. 55

3.1 Ullaloo

Nonostante non sia stata messa in scena fino al 1991, Ullalloo va trattata per prima perché è stata la prima opera scritta da Carr. A differenza delle produzioni di Low in 56

The Dark, This Love Thing e The Deer’s Surrender da parte di compagnie teatrali

indipendenti, Ullaloo è stata rappresentata al Peacock Theatre — situato al di sotto del principale foyer dell’Abbey Theatre di Dublino (chiamato anche National Theatre of Ireland) e dedicato ai lavori più sperimentali. Di conseguenza, l’apparizione del dramma di Carr nel programma del teatro nazionale indica che la drammaturga stava guadagnando una certa visibilità, spostandosi dai margini del teatro indipendente al centro del teatro istituzionale.

L’opera segna il punto iniziale dell’interesse dell’autrice per il tema del gender, in quanto si concentra su raffigurazioni esagerate ed assurde degli stereotipi di genere e dimostra come essi operino per costruire e mantenere le disuguaglianze culturali di genere. Infatti, Ullalloo si focalizza sulla vita di una coppia eterosessuale — una donna di nome Tilly e un uomo di nome Tomred — che esiste in uno spazio liminale fatto di attività ripetitive e stereotipate, espressioni nonsense e rituali compulsivi: i due sembrano essere intrappolati in una relazione a lungo termine che è diventata ormai stantia. Il focus su un’unione monogama collega l’opera al vivace dibattito sul divorzio che agitava l’Irlanda in quel periodo, dopo che, nel 1986 era fallito un

Le informazioni sui manoscritti sono state reperite in O’Gorman, Siobhán, op. cit., p. 4.

55

Il termine irlandese ullaloo significa lamento funebre.

referendum che proponeva di rendere legale il divorzio. Qui Carr denuncia la natura 57 frequentemente oppressiva della monogamia eterosessuale, sostenuta ed incoraggiata dalle gender traditions e dall’istituzione del matrimonio, anche se infelice o abusivo: Tilly e Tomred trascorrono un’esistenza misera, durante la quale le loro azioni sono bloccate in un flusso ripetitivo senza possibilità di progresso. Con Ullaloo, Carr prende, quindi, di mira la condizione soffocante delle unioni monogame eterosessuali e dei vincoli matrimoniali. Nella sua forma e nel suo contenuto, il dramma non solo offre un’alternativa al più canonico teatro irlandese, ma rimane anche non concluso e, quindi, non definito — suggerendo ma non imponendo un ripensamento della situazione attuale. 58

3.2 Low in the Dark

Low in the Dark ha debuttato il 24 ottobre 1989 al Project Arts Centre di Dublino

messo in scena da una nuova compagnia, Crooked Sixpence. Il direttore della compagnia, Philip Hardy, che conosceva Ullaloo, aveva deciso di invitare Carr ad un

workshop per proporle di entrare a far parte del gruppo, che era interessato a lavorare

collettivamente ed era anche molto focalizzato sulla questione del gender in Irlanda. La drammaturga aveva accettato di partecipare al progetto, a condizione di poter scrivere alcune scene prima di ogni prova, da sottoporre poi all’improvvisazione — e al giudizio — degli stessi attori, a seguito dei quali Carr avrebbe modificato lo script, come ha raccontato l’attrice Sarahjane Scaife:

This way of working was to become the pattern for the rest of the process. Marina would write at night and come in the next day with a whole new scene. […] We would play the scene, then we would play with it. Afterwards, we would all talk about what worked and what didn’t. Marina would then revised what she was necessary. 59

Il Decimo emendamento del disegno di legge 1986 aveva proposto di emendare la Costituzione della

57

Repubblica d’Irlanda rimuovendo il divieto sul divorzio, ma un referendum popolare aveva votato contro. Il divorzio in Irlanda è diventato legale a seguito del referendum del 24 novembre 1995.

Dove non indicato diversamente, per l’analisi di Ullaloo, Low in the Dark, The Deer’s Surrender e

58

This Love Thing la fonte principale è O’Gorman, Siobhán, op. cit., pp. 1-26.

Scaife, Sarahjane, “Mutual Beginnings: Marina Carr’s Low in the Dark”, in Leeney, Cathy e

59

Low in the Dark è stato costruito attorno alla prima scena che Carr ha scritto,

ambientata in un bagno con due personaggi — una madre, Bender, dentro una vasca da bagno e sua figlia, Binder, seduta su un WC. Come in Ullaloo, anche qui la drammaturga sceglie di rendere assurdi i tradizionali attributi e comportamenti di genere: Bender partorisce un figlio nella vasca da bagno e allatta tutti gli altri figli nello stesso ambiente. La scelta di Carr di situare comportamenti femminili e materni in un luogo come il bagno si configura con un tentativo ironico di sminuire il ruolo tradizionalmente santificato della maternità nella cultura irlandese. Già da questa prima scena, l’opera satirizza il concetto di maternità e anche il modo in cui il Cattolicesimo — vietando la contraccezione — richiede che le donne siano “baby- making machines”.

Low in the Dark si ricollega anche alla questione dell’aborto, illegale nella

Repubblica d’Irlanda degli Anni Ottanta: molte donne erano costrette a recarsi in 60 Gran Bretagna, ma nel 1986 l’High Court irlandese — un tribunale che si occupa dei più importanti casi civili e penali — aveva proibito di divulgare informazioni su come poter abortire all’estero. Mentre la pièce di Carr veniva messa in scena, gruppi di studenti dibattevano sull’argomento, proprio come due personaggi di Low in the Dark nel secondo atto.

Oltre a Bender e Binder, il dramma include anche altri tre attanti, due uomini — Bone e Baxter — e Curtains, una figura coperta dalla testa ai piedi da una tenda, ma che tutti definiscono “she”. I personaggi rappresentano i desideri maschili e femminili stereotipati: Bender e Binder sono ossessionate dall’amore e dalla gravidanza, mentre Bone e Baxter cercano in vano di relazionarsi con le donne. Nonostante la scena sia nettamente divisa in due — da una parte il bagno (lo spazio femminile) e dall’altra una specie di cantiere (lo spazio maschile) — , i personaggi sono frequentemente coinvolti in role plays, anche cross-gender e tutti, tranne Curtains, appaiono incinta. Tramite un rapporto giocoso con oggetti comuni abbinati ai due sessi, i personaggi si scambiano ruoli e personae: Binder si mette un capello da uomo per interpretare l’amante di sua madre, mentre Bone e Baxter si mettono i tacchi e una collana e fingono di essere incinta quando imitano le donne. In questo modo, Carr sfrutta la

L’Ottavo emendamento, aggiunto alla Costituzione della Repubblica d’Irlanda con un referendum

60

capacità comunicativa degli oggetti e dei vestiti come simboli culturali che vengono isolati come segni riconoscibili di mascolinità e femminilità, per facilitare la decostruzione del gender tradizionale e mostrare la sua natura di costrutto culturale.

3.3 The Deer’s Surrender

The Deer’s Surrender ha debuttato nel 1990 all’Andrew’s Lane di Dublino,

prodotto dalla Gaiety School of Acting. Anche questa opera, innovativa e sperimentale, si focalizza sull’interconnessione fra i tradizionali gender constructs, il patriarcato e la religione: il manoscritto è, infatti, composto da una serie di scene vagamente collegate fra loro che trattano principalmente di storie bibliche e rituali religiosi, abbinati a gender plays satirici.

L’azione si apre con l’entrata in scena di un coro formato da sei personaggi che si disperdono casualmente in scena e che vengono chiamati “Coro 1”, “Coro 2”, ecc: queste figure parlano come se fossero un’unica persona e ognuno racconta un frammento di una storia confusa che ricorda, ironicamente, l’episodio della Creazione nel libro della Genesi. Le storie narrate dagli attanti vengono continuamente iniziate e poi interrotte da altri racconti incongruenti, creando un’atmosfera di frammentarietà e incoerenza che costringe il fruitore, confuso e disorientato, a cercare un ordine logico fra discorsi e scenari. Nella versione ironica della Creazione, Carr racconta la nascita della donna (che rappresenta Eva), da subito vittima di misoginia da parte dell’uomo (presumibilmente Adamo) che afferma che avrebbe voluto restare da solo con Dio, Eva però lo ignora e si mette provocatoriamente il rossetto dicendo che ormai anche lei esiste. Improvvisamente, la donna appare incinta e partorisce due gemelli, scatenando l’ira di Dio che dice “I’m the one who creates around here”: qui, 61

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