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L.M. QUATTROCCHIO, Centrale Rischi

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Academic year: 2021

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(1)

Diretta da LUCIANO M. QUATTROCCHIO

4 - 2019

G. Giappichelli Editore – Torino

INTERVENTI di

C. Savio, G. Galliano, F. Moine, S. Branca,

E. Truffo, G. Ferreri, L.M. Quattrocchio, M. Salvadori, E. Piovesani

APPROFONDIMENTI di

L.M. Quattrocchio

SAGGI di

M. Callegari

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Diretta da LUCIANO M. QUATTROCCHIO

4 - 2019

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Direttore responsabile: Luciano M. Quattrocchio Direzione e Redazione:

www.dirittoeconomiaimpresa.it

© Copyright 2019 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

http://www.giappichelli.it EISSN 2499-3158

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Comitato di Direzione

Direttore: Luciano M. Quattrocchio. Vice-Direttore: Monica Cugno. Segretario: Maurizio Cavanna. Consulente linguistico: Diana Fahey.

Comitato Scientifico

Presidente: Guido Bonfante. Vice-Presidente: Giacomo Büchi. Segretario: Giuseppe Vanz.

Sergio Foà, Aldo Frignani, Patrizia Grosso, Bruno Inzitari, Fiorella Lunardon, Giovanni Ossola, Alessandra Rossi.

Comitato di Redazione

Presidente: Carlo Majorino (Consigliere SAA). Vice-Presidente: Francesco Cappello.

Segretario: Maria Maccarrone.

Fabrizio Bava, Cecilia Casalegno, Margherita Corrado, Anna Cugno, Alain Devalle, Paolo Fabris, Elena Gentile, Francesco Gerino, Guido Giovando, Va-leria Miraglia, Bianca Maria Omegna, Elena Piccatti, Anna Maria Porporato, Michele Ricciardo Calderaro, Maurizio Riverditi, Fabrizia Santini, Alessandro Terzuolo, Andrea Trucano, Gabriele Varrasi, Barbara Veronese, Alessandro Vicini Ronchetti.

Collaboratori di Redazione

Alessandro Avataneo, Fabrizio Bava, Valentina Bellando, Francesco Cappel-lo, Cecilia Casalegno, Giovanni Castellani, Maurizio Cavanna, Margherita Corrado, Chiara Crovini, Anna Cugno, Monica Cugno, Alain Devalle, Pa-olo Fabris, Elena Gentile, Francesco Gerino, Guido Giovando, Melchior E. Gromis Di Trana, Maria Maccarrone, Carlo Majorino, Cinzia Manassero, Valeria Miraglia, Roberta Monchiero, Luisa Nadile, Bianca Maria Omegna, Alessandro Pastore, Elena Piccatti, Anna Maria Porporato, G. Quaranta, Michele Ricciardo Calderaro, Maurizio Riverditi, Fabrizia Santini, Alessan-dro Terzuolo, B. Tessa, Andrea Trucano, Gabriele Varrasi, Barbara Veronese, Alessandro Vicini Tronchetti.

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Indice

Interventi

Le fonti informative nel processo civile e nel processo penale

C.SAVIO,Il Registro delle imprese. La fase dell’input 487

G.GALLIANO,Le banche dati nel Registro delle imprese 495

F.MOINE-S.BRANCA,Le banche dati del Terzo Settore nell’ambito delle

fonti informative e processuali 511

E.TRUFFO,Le banche dati dei titoli di proprietà intellettuale e industriale 518

G.FERRERI,Le banche dati del sistema bancario e finanziario 522

L.M.QUATTROCCHIO,La disciplina della Centrale Rischi e il danno da

se-gnalazione illegittima 526

M.SALVADORI,L’assunzione di prove all’estero nel procsso civile 578

E.PIOVESANI,Banche dati “internazionali” online 595

Approfondimenti

L.M.QUATTROCCHIO,Le società nel settore agricolo: società agricola et alias 606

Saggi

L.M.CALLEGARI,Corporate groups under italian law: a comparative

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La disciplina della Centrale Rischi

e il danno da segnalazione illegittima

Luciano M. Quattrocchio *

ABSTRACT

Nel presente elaborato, l’autore si propone di offrire un’ampia disamina del sistema infor-mativo sull’indebitamento della clientela verso le banche e le società finanziarie, quale è la Centrale Rischi. La trattazione muove, innanzitutto, dell’individuazione delle fonti norma-tive – primarie e secondarie –, con particolare attenzione agli Accordi di Basilea e al pro-cedimento di valutazione del merito creditizio e di attribuzione del rating. La Centrale Ri-schi viene approfonditamente trattata, attraverso l’analisi della sua natura e delle sue fun-zioni, delle procedure di classificazione dei crediti – nella previgente e nella attuale norma-tiva – e dei presupposti per la segnalazione delle esposizioni a sofferenza. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, l’autore offre un’analisi della nozione giuridica e economica di “in-solvenza” e di “crisi” e un focus sui diversi modelli predittivi della crisi d’impresa. L’ela-borato termina con l’individuazione delle possibili ipotesi di danno configurabili in caso di illegittima segnalazione e dei metodi di quantificazione dello stesso applicabili alla fatti-specie concreta.

Parole chiave: centrale rischi – merito creditizio – crisi – segnalazione illegittima.

In the present paper, the author intends to offer a wide-ranging examination of the in-formation system on customers’ borrowing from banks and financial companies, such as the Risk Central. The discussion moves, first of all, to the identification of the regu-latory sources – primary and secondary –, with particular attention to the Basel Agreements and to the creditworthiness assessment and rating assignment procedure. The Risk Central is dealt with in detail, through the analysis of its nature and functions, of the credit classification procedures – in the previous one and in the current legisla-tion – and of the prerequisites for reporting non-performing exposures. With reference to this last aspect, the author offers an analysis of the legal and economic notion of “insolvency” and “crisis” and a focus on the different predictive models of the corpo-rate crisis. The paper ends with the identification of the possible hypotheses of damage that can be configured in case of illegitimate reporting and of the methods of quantifi-cation of the damage applicable to the specific case.

Keywords: risk central – creditworthiness – crisis – illegitimate reporting.

* Professore Aggregato di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Torino –

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SOMMARIO

1. La Centrale Rischi. Le fonti normative e regolamentari. – 2. La Centrale Rischi. La normati-va primaria e secondaria. – 2.1. Il Testo Unico Bancario. – 2.2. La Deliberazione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 29 marzo 1994. – 2.3. Decreto d’urgenza del Ministro dell’Economia e delle Finanze – Presidente del CICR del 3 febbraio 2011, n. 117. – 2.4. Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi. Circolare n. 139 dell’11 feb-braio 1991 (14° Aggiornamento del 29 aprile 2011). – 2.5. Il Decreto del Ministro dell’Eco-nomia e delle Finanze dell’11 luglio 2012, n. 663 (Centrale dei rischi). – 2.6. Gli Accordi di Basilea. – 2.7. Segue. La valutazione del merito creditizio. – 2.7.1. Informazioni quantitative. – 2.7.2. Informazioni qualitative. – 2.7.3. Aspetti andamentali. – 2.7.4. L’attribuzione del rating. – 3. La Centrale Rischi. – 3.1. Natura e funzioni. – 3.2. La classificazione dei crediti. La nor-mativa previgente. – 3.3. Le novità introdotte dalla Circolare della Banca d’Italia n. 272/2014. 4. I presupposti per la segnalazione di esposizioni a sofferenza. – 4.1. Le nozioni giuridiche di insolvenza (e crisi). – 4.1.1. Il presupposto oggettivo del fallimento e del concordato preventi-vo. – 4.1.2. Il sovraindebitamento. – 4.2. Le nozioni economiche di insolvenza. Il Documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti “Ruolo e supporto del dottore commercia-lista e dell’esperto contabile come consulente di direzione nei momenti di crisi dell’impresa” (Dicembre 2009). – 4.2.1. Squilibrio e crisi. – 4.2.2. Processi di declino e di crisi: fattori esterni ed interni. – 4.2.3. Conclusioni. – 5. I modelli predittivi. – 5.1. I modelli elementari. Il Docu-mento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti “Crisi d’impresa. Strumenti per l’individuazione di una procedura d’allerta” (Gennaio 2005). – 5.1.1. Premessa. – 5.1.2. La ri-classificazione del bilancio. – 5.1.2.1. Lo stato patrimoniale. – 5.1.2.2. Il conto economico. – 5.1.2.3. Il rendiconto finanziario. – 5.1.3. Gli indicatori delle performance economico-azien-dali per la previsione della crisi d’impresa. – 5.1.3.1. Gli indici di bilancio. – 5.2. I modelli evoluti. – 5.2.1. I modelli qualitativi. – 5.2.2. I modelli quantitativi. – 5.2.2.1. Il modello “Z score model” di Altman. – 5.2.2.2. Il modello “Z score model” – Versione Corretta per le PMI. – 6. Le tipologie di danno risarcibile. – 6.1. Il danno emergente ed il lucro cessante. – 6.2. Il danno da perdita di chance. – 6.3. Il danno all’immagine. – 7. La quantificazione del danno. – 7.1. I metodi di valutazione d’azienda. – 7.2. Breve disamina dei metodi valutativi. – 7.2.1. Il metodo patrimo-niale semplice. – 7.2.2. Il metodo patrimopatrimo-niale complesso. – 7.2.3. Il metodo reddituale. – 7.2.4. Il metodo misto con stima autonoma dell’avviamento. – 7.2.5. Il metodo misto con valutazione controllata delle immobilizzazioni. – 7.2.6. Il metodo misto EVA. – 7.2.7. Il metodo Discounted

Cash Flow. – 7.2.8. I metodi dei multipli. – 7.2.9. I metodi empirici (Rules of Thumb). – 8. La

quantificazione del danno: le fattispecie riscontrabili. – 8.1. Il caso di imprese (o società). – 8.1.1. L’ipotesi in cui la segnalazione illegittima conduca al default. – 8.1.2. L’ipotesi in cui la segnala-zione illegittima non conduca al default. – 8.2. Il caso di persone fisiche. – 8.2.1. L’ipotesi in cui la segnalazione illegittima conduca al default. – 8.2.2. L’ipotesi in cui la segnalazione illegittima non conduca al default. – 8.3. Il danno all’immagine o reputazionale.

1. La Centrale Rischi. Le fonti normative e regolamentari

Si riportano – di seguito e in ordine cronologico – le fonti di normazione primaria e secondaria:

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• Testo Unico Bancario (d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385).

• Deliberazione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 29 marzo 1994.

• Provvedimento della Banca d’Italia del 10 agosto 1995.

• Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 29 del 17 febbraio 2009.

• Decreto d’urgenza del Ministro dell’Economia e delle Finanze – Presi-dente del CICR del 3 febbraio 2011, n. 117.

• Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi. Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991 (14° Aggiornamento del 29 aprile 2011).

• Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze dell’11 luglio 2012, n. 663 – Centrale dei rischi.

• Vigilanza bancaria e finanziaria. Matrice dei conti. Circolare n. 272 del 30 luglio 2008(5º Aggiornamento del 16 luglio 2013).

A tali fonti normative devono essere aggiunti, per la loro rilevanza pratica, gli Accordi di Basilea, che – come è noto – sono linee guida in materia di re-quisiti patrimoniali delle banche, redatte dal Comitato di Basilea, costituito da-gli enti regolatori del G10 (composto attualmente da undici paesi) più il Lus-semburgo allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria.

2. La Centrale Rischi. La normativa primaria e secondaria 2.1. Il Testo Unico Bancario

A norma dell’art. 53 (Vigilanza regolamentare), la Banca d’Italia – in con-formità con le deliberazioni del CICR – emana disposizioni di carattere gene-rale aventi ad oggetto:

• l’adeguatezza patrimoniale;

• il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni; • le partecipazioni detenibili;

• l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni. • l’informativa da rendere al pubblico sulle materie di cui sopra.

Come disposto dall’art. 125 (Banche dati), i gestori delle banche dati conte-nenti informazioni nominative sul credito consentono l’accesso dei finanziato-ri degli Stati membfinanziato-ri dell’Unione europea alle propfinanziato-rie banche dati a condizio-ni non discriminatorie rispetto a quelle previste per gli altri finanziatori abilita-ti nel territorio della Repubblica. Il CICR, senabilita-tito il Garante per la protezione dei dati personali, individua le condizioni di accesso, al fine di garantire il ri-spetto del principio di non discriminazione.

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Se il rifiuto della domanda di credito si basa sulle informazioni presenti in una banca dati, il finanziatore informa il consumatore immediatamente e gra-tuitamente del risultato della consultazione e degli estremi della banca dati.

I finanziatori informano preventivamente il consumatore la prima volta che segnalano a una banca dati le informazioni negative previste dalla relativa di-sciplina. L’informativa è resa unitamente all’invio di solleciti, altre comunica-zioni, o in via autonoma.

I finanziatori assicurano che le informazioni comunicate alle banche dati siano esatte e aggiornate. In caso di errore rettificano prontamente i dati errati.

I finanziatori informano il consumatore sugli effetti che le informazioni ne-gative registrate a suo nome in una banca dati possono avere sulla sua capacità di accedere al credito.

2.2. La Deliberazione del Comitato interministeriale per il credito e il

ri-sparmio del 29 marzo 1994

Alla Banca d’Italia è affidato il servizio di centralizzazione dei rischi credi-tizi. Le banche e gli altri intermediari finanziari sono tenuti, a richiesta della Banca d’Italia e con le modalità da questa stabilite, a comunicare periodica-mente l’esposizione nei confronti dei propri affidati e i nominativi a questi collegati.

La Banca d’Italia fornisce periodicamente a ogni soggetto tenuto a effettua-re le comunicazioni di cui sopra la posizione riepilogativa dei rischi comples-sivamente censiti a nome di ciascun affidato dallo stesso segnalato e dei no-minativi collegati.

Le società e gli enti menzionati possono richiedere alla Banca d’Italia che sia loro resa nota la posizione globale di rischio di nominativi censiti diversi da quelli da essi segnalati. Tali richieste possono essere avanzate per finalità connesse all’attività di assunzione del rischio nelle sue diverse configurazioni.

I dati personali censiti dalla Centrale dei rischi hanno carattere riservato. La Banca d’Italia e i soggetti sopra richiamati possono comunicare ai terzi le informazioni registrate a loro nome, secondo la procedura indicata dalla Cen-trale dei rischi.

2.3. Decreto d’urgenza del Ministro dell’Economia e delle Finanze –

Presidente del CICR del 3 febbraio 2011, n. 117

L’accesso su base non discriminatoria alle banche dati contenenti informa-zioni nominative sul credito (“banchedati”), previsto dall’art. 125 TUB, è

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sentito ai finanziatori degli Stati membri dell’Unione Europea abilitati in con-formità della legislazione dello Stato membro di appartenenza o in cui co-munque operano (“finanziatori”), i quali intendono acquisire informazioni su un consumatore che abbia richiesto o ricevuto un finanziamento disciplinato dalla direttiva 2008/48/CE o su soggetti col medesimo coobbligati, anche in solido. Le informazioni cosi acquisite possono essere utilizzate esclusivamen-te per la valutazione del merito di credito del consumatore.

L’accesso alle banche dati da parte di finanziatori degli Stati membri del-l’Unione Europea diversi dall’Italia è consentito entro limiti e a condizioni contrattuali non discriminatori rispetto a quelli previsti per i finanziatori aventi sede o comunque insediati in Italia (“finanziatori italiani”). In particolare sono praticate condizioni equivalenti con riguardo ai costi e alla qualità del servizio di accesso ai dati, alle modalità per la sua fruizione, alla quantità e tipologia di informazioni fornite.

I gestori delle banche dati possono subordinare l’accesso dei finanziatori di cui sopra alla comunicazione, da parte di questi ultimi, delle informazioni in loro possesso sul consumatore per cui è stata interrogata la banca dati, nel ri-spetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. Sono fatte salve le eventuali limitazioni previste dalla legislazione dello Stato di apparte-nenza del finanziatore.

Ai sensi dell’art. 125-octies TUB, la Banca d’Italia stabilisce, per il caso in cui si sia verificato uno sconfinamento:

• il termine di invio al consumatore della comunicazione sullo sconfina-mento, che non può superare il terzo giorno lavorativo successivo alla scaden-za del mese di permanenscaden-za dello sconfinamento medesimo;

• le condizioni in presenza delle quali lo sconfinamento è da reputarsi con-sistente, tenuto conto dell’ammontare delle somme utilizzate o del complesso degli oneri che lo sconfinamento comporta a carico del consumatore.

2.4. Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi. Circolare

n. 139 dell’11 febbraio 1991 (14° Aggiornamento del 29 aprile 2011)

Il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi gestito dalla Banca d’Italia è disciplinato dalla delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) del 29 marzo 1994 e dalle istruzioni di Banca d’Italia ema-nate in conformità della stessa.

La Centrale dei rischi è un sistema informativo sull’indebitamento della clien-tela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.

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intermediari partecipanti un’informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del rischio di credito.

L’obiettivo perseguito è di contribuire a migliorare la qualità degli impie-ghi degli intermediari partecipanti e, in ultima analisi, ad accrescere la stabilità del sistema creditizio.

Gli intermediari partecipanti comunicano alla Banca d’Italia informazioni sulla loro clientela e ricevono, con la medesima periodicità con cui sono rac-colte, informazioni sulla posizione debitoria verso il sistema creditizio dei nominativi segnalati e dei soggetti a questi collegati. Essi ricevono, inoltre, in-formazioni aggregate riferite a categorie di clienti.

Gli intermediari possono interrogare la Centrale dei rischi per chiedere in-formazioni su soggetti che essi non segnalano, a condizione che le richieste siano avanzate per finalità connesse con l’assunzione e la gestione del rischio di credito. Essi, inoltre, possono utilizzare le informazioni acquisite dalla Cen-trale dei rischi per fini di difesa processuale, sempre che il giudizio riguardi il rapporto di credito intrattenuto con la clientela.

Le informazioni della Centrale dei rischi non hanno natura “certificativa”. Esse definiscono una situazione di indebitamento dei soggetti verso il sistema creditizio che potrebbe non coincidere con la loro effettiva posizione. È previ-sta infatti l’esclusione della partecipazione di alcune tipologie di intermediari e sono fissate soglie minime di censimento al di sotto delle quali gli interme-diari partecipanti non devono segnalare.

Il servizio centralizzato dei rischi opera in un contesto di continua intera-zione con gli intermediari i quali, ad ecceintera-zione delle segnalazioni di importo di fine mese, devono trasmettere le informazioni ogniqualvolta si presenti l’e-sigenza segnaletica, senza alcuna cadenza prestabilita.

Gli intermediari ricevono, oltre alle informazioni specificamente richieste, ai flussi di ritorno mensili e alle informazioni sullo status della clientela, tutte le modifiche riguardanti i nominativi di loro interesse via via che le stesse vengono registrate negli archivi della Centrale dei rischi.

Essi sono tenuti a verificare l’esattezza delle informazioni ricevute e, in presenza di errori, a darne comunicazione, secondo le modalità previste. In as-senza di rettifica si ritiene implicito il consenso circa la correttezza dei dati re-gistrati. Devono inoltre rispondere con la massima tempestività, dopo aver svolto le opportune verifiche, a tutte le richieste di conferma di dati proposte su una determinata posizione anagrafica e/o di rischio.

Gli intermediari, infatti, per le relazioni dirette che intrattengono con la clientela e per la connessa disponibilità di elementi documentali, sono i soli in

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grado di assicurare l’esattezza dei dati segnalati e di dirimere eventuali dubbi che possano sorgere in sede di acquisizione degli stessi.

I dati personali della Centrale dei rischi hanno carattere riservato. Gli in-termediari partecipanti osservano l’obbligo di riservatezza nei confronti di qualsiasi persona estranea all’amministrazione dei rischi. È consentito il tra-sferimento dei dati tra gli intermediari facenti parte di un gruppo bancario, an-che transnazionale, purché siano utilizzati esclusivamente per finalità connes-se con l’assunzione e la gestione del rischio di credito.

Gli intermediari, su richiesta, devono rendere nota all’interessato la sua po-sizione di rischio, quale risulta dai flussi informativi ricevuti dalla Banca d’I-talia. Ai sensi dell’art. 125, comma 2, TUB tale informativa va comunque for-nita al cliente consumatore la cui domanda di credito sia stata rifiutata sulla base di informazioni presenti nella Centrale dei rischi.

La Banca d’Italia, sempre su richiesta dell’interessato, fornisce il dettaglio delle segnalazioni di rischio prodotte dai singoli intermediari.

Il corretto funzionamento della Centrale dei rischi si fonda sul senso di re-sponsabilità e sullo spirito di collaborazione degli intermediari partecipanti.

Ciò considerato e avute altresì presenti le conseguenze, anche di ordine giuridico, che possono derivare da un’erronea registrazione dei dati, gli inter-mediari sono tenuti a una puntuale osservanza delle norme che regolano il ser-vizio e al rispetto dei termini segnaletici.

Gli intermediari devono ottemperare senza ritardo agli ordini dell’Autorità giudiziaria riguardanti le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi (ad es. ordine di cancellazione di una sofferenza).

Anche nel caso in cui gli intermediari si avvalgano di centri di elaborazione esterni per lo scambio di informazioni con la Centrale dei rischi, la responsa-bilità circa le informazioni fornite, l’osservanza degli adempimenti e dei ter-mini previsti per la loro trasmissione e, in generale, il corretto svolgimento del servizio rimane a carico degli stessi.

Ogni intermediario partecipante è tenuto a comunicare mensilmente la po-sizione di rischio di ciascun cliente in essere l’ultimo giorno del mese.

Le segnalazioni devono pervenire alla Centrale dei rischi entro il 25° gior-no del mese successivo a quello di riferimento e vangior-no inviate anche se gli importi non hanno subìto variazioni rispetto alla precedente rilevazione.

L’esigenza di completezza della rilevazione motiva l’impossibilità di con-cedere proroghe ai termini previsti. Eventuali difficoltà, determinate dal veri-ficarsi di circostanze eccezionali, andranno tempestivamente rappresentate alla Banca d’Italia. Qualora le segnalazioni non pervengano in tempo utile per la rilevazione mensile, ai fini dell’aggiornamento degli archivi della Centrale dei

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rischi e dei flussi informativi destinati agli intermediari, vengono utilizzati i dati del mese precedente (c.d. trascinamento dei dati). Gli intermediari sono comunque tenuti a trasmettere le suddette segnalazioni con la massima tempe-stività.

Tutte le altre informazioni funzionali alla rilevazione dei rischi vengono acquisite ed elaborate dalla Centrale dei rischi in modo puntuale e continuo per mantenere gli archivi sempre aggiornati. Pertanto, esse devono essere tra-smesse con tempestività non appena si rendano disponibili presso l’interme-diario.

La Centrale dei rischi rileva informazioni qualitative sulla situazione debi-toria della clientela nel momento in cui si verifica un cambiamento di stato (status); in particolare rileva il passaggio dei crediti a sofferenza e la loro ri-strutturazione.

Gli intermediari sono tenuti a segnalare tali informazioni entro i tre giorni lavorativi successivi a quello in cui i competenti organi aziendali abbiano ac-certato lo stato di sofferenza del cliente o approvato la ristrutturazione del cre-dito.

Al fine di consentire agli intermediari una più completa valutazione del merito di credito della clientela, vengono rilevate anche le forme di coobbliga-zione, vale a dire le relazioni di tipo giuridico fra più soggetti solidalmente re-sponsabili nell’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti degli in-termediari.

Le coobbligazioni oggetto di rilevazione sono: le cointestazioni, le società di fatto, le società semplici, le società in nome collettivo e, limitatamente ai soci accomandatari, le società in accomandita semplice e per azioni.

Tale rilevazione consente di collegare le posizioni di rischio che fanno ca-po a ciascuna coobbligazione a quelle di esclusiva pertinenza dei soggetti che ne fanno parte. Le informazioni concernenti le coobbligazioni vengono fornite agli intermediari partecipanti nel flusso di ritorno personalizzato e nella rispo-sta a richieste di informazioni.

Sono oggetto di rilevazione in forma di cointestazione le posizioni di ri-schio facenti capo ai soci illimitatamente responsabili di società cancellate dal Registro delle Imprese verso cui l’intermediario vanti ragioni di credito.

La Centrale dei rischi, effettuata la rilevazione mensile, fornisce agli inter-mediari partecipanti un flusso di ritorno personalizzato che riporta i dati ana-grafici e la posizione globale di rischio verso il sistema creditizio di ciascun cliente segnalato e dei soggetti ad esso legati in una delle forme di coobbliga-zione previste.

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non segnalano, a condizione che le richieste siano avanzate per finalità con-nesse con l’assunzione e la gestione del rischio di credito.

Considerato il carattere riservato dei dati censiti dalla Centrale dei rischi, le informazioni possono essere richieste solo nei casi in cui concorrano a fornire elementi utili ai fini della valutazione del merito di credito della clientela ef-fettiva o potenziale.

In particolare le richieste di informazione possono riguardare:

• soggetti non ancora affidati, per i quali sia stato concretamente avviato un processo istruttorio propedeutico all’instaurazione di un rapporto di natura creditizia o comunque comportante l’assunzione di un rischio di credito;

• soggetti già affidati, ma non segnalabili perché il rapporto di credito in-trattenuto con l’intermediario è di importo inferiore ai vigenti limiti di censi-mento ovvero per altri motivi (ad es.: rapporto di credito intercorrente tra un soggetto non residente e una filiale estera dell’intermediario).

È altresì consentito l’accesso ad informazioni relative a nominativi che pre-sentino un collegamento di tipo giuridico (ad es. coobbligati, censiti collegati, coniugi in regime di comunione dei beni, appartenenza dei soggetti a gruppi di imprese, ecc.) con i soggetti sopra indicati, purché l’informazione che si in-tende richiedere risulti oggettivamente strumentale rispetto a una compiuta va-lutazione di questi ultimi.

Gli intermediari, alla cui responsabilità è rimessa la valutazione dell’esi-stenza dei presupposti per l’accesso all’informazione, nell’inoltrare le richie-ste devono indicarne il motivo e sono tenuti a conservare copia della docu-mentazione attestante la legittimità delle richieste avanzate. La Banca d’Ita-lia si riserva la facoltà di chiedere la produzione di copia di tale documenta-zione.

Lo scambio delle informazioni tra la Centrale dei rischi e gli intermediari partecipanti ha luogo mediante la rete nazionale interbancaria (RNI).

La Centrale dei rischi censisce informazioni di carattere individuale con-cernenti i rapporti di credito e di garanzia che il sistema creditizio intrattiene con la propria clientela.

In particolare, sono oggetto di segnalazione i rapporti di affidamento per cassa e di firma, le garanzie reali e personali rilasciate agli intermediari in fa-vore di soggetti dagli stessi affidati, i derivati finanziari e altre informazioni che forniscono elementi utili per la gestione del rischio di credito.

L’intermediario deve intestare le posizioni di rischio a nome del cliente verso cui risulta esposto alla data di riferimento della segnalazione. Per ogni cliente deve essere effettuata una sola segnalazione nella quale devono con-fluire tutte le posizioni di rischio in essere.

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Intestatari delle segnalazioni possono essere: • le persone fisiche;

• le persone giuridiche;

• gli organismi che, pur sprovvisti di personalità giuridica, dispongono di autonomia decisionale e contabile. Rientrano in questa fattispecie le società di persone, le società di fatto, le associazioni non riconosciute e, distintamente, le sezioni periferiche di queste ultime;

• le cointestazioni, considerate come l’insieme di più soggetti cointestatari di uno o più fidi; le posizioni di rischio facenti capo alle cointestazioni sono distinte rispetto a quelle dei soggetti che ne fanno parte;

• i fondi comuni d’investimento.

Le posizioni individuali di rischio sono comunicate alla Centrale dei rischi sulla base di un modello di rilevazione articolato in cinque sezioni: crediti per cassa, crediti di firma, garanzie ricevute, derivati finanziari, sezione informativa. Nell’ambito delle rispettive sezioni, i crediti per cassa e di firma devono essere ricondotti alle pertinenti categorie di censimento. In particolare, i crediti per cassa sono suddivisi in cinque categorie di censimento:

• rischi auto liquidanti; • rischi a scadenza; • rischi a revoca;

• finanziamenti a procedura concorsuale e altri finanziamenti particolari; • sofferenze.

I crediti di firma sono, a loro volta, ripartiti in due categorie di censimento a seconda che siano connessi con operazioni di natura commerciale o finanziaria.

La sezione informativa risulta articolata in otto categorie di censimento: • operazioni effettuate per conto di terzi;

• crediti per cassa: operazioni in pool – impresa capofila;

• crediti per cassa: operazioni in pool – altra impresa partecipante; • crediti per cassa: operazioni in pool – totale;

• crediti acquisiti da clientela diversa da intermediari – debitori ceduti, • rischi autoliquidanti – crediti scaduti;

• sofferenze – crediti passati a perdita; • crediti ceduti a terzi.

Le posizioni di rischio sono ulteriormente classificate in funzione di una serie di qualificatori (le cc.dd. variabili di classificazione) atti a fornire una de-scrizione più completa delle caratteristiche e della rischiosità delle operazioni in essere.

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Gli intermediari sono tenuti a segnalare l’intera esposizione nei confronti del singolo cliente se, alla data cui si riferisce la rilevazione, ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

• la somma dell’accordato ovvero quella dell’utilizzato del totale dei crediti per cassa e di firma è d’importo pari o superiore a 30.000 €;

• il valore delle garanzie ricevute complessivamente dall’intermediario è d’importo pari o superiore a 30.000 €;

• il valore intrinseco delle operazioni in derivati finanziari è pari o superio-re a 30.000 €;

• la posizione del cliente è in sofferenza;

• l’importo delle operazioni effettuate per conto di terzi è pari o superiore • a 30.000 €;

• il valore nominale dei crediti acquisiti per operazioni di factoring, sconto di portafoglio pro soluto e cessione di credito è pari o superiore a 30.000 €;

• sono stati passati a perdita crediti in sofferenza di qualunque importo; • il valore nominale dei crediti non in sofferenza ceduti a terzi dall’interme-diario segnalante è pari o superiore a 30.000 €;

• sono stati ceduti a terzi dall’intermediario segnalante crediti in sofferenza di qualunque importo.

Ai fini del calcolo dei limiti di censimento gli intermediari – con riferimen-to al medesimo cliente – devono cumulare i rischi che fanno capo a tutte le fi-liali della rete nazionale e estera.

Nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemen-te dalle eventuali previsioni di perdita formulaindipendentemen-te dall’impresa. Si prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presi-dio dei crediti. Sono escluse le posizioni la cui situazione di anomalia sia ri-conducibile a profili attinenti al rischio-paese.

L’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’interme-diario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l’appo-stazione a sofferenza.

Devono essere segnalati nella presente categoria di censimento i crediti ri-strutturati vantati nei confronti di clientela a sofferenza.

Costituiscono un’eccezione al principio dell’attrazione di tutti i crediti per cassa nelle sofferenze le posizioni di rischio destinate a confluire nella

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catego-ria di censimento finanziamenti a procedura concorsuale e altri finanziamenti particolari.

La segnalazione in sofferenza di una cointestazione presuppone che tutti i cointestatari versino in stato di insolvenza.

Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) la prima volta che lo segnalano a sofferenza.

Tale obbligo non configura in alcun modo una richiesta di consenso all’in-teressato per il trattamento dei suoi dati.

La segnalazione di una posizione di rischio tra le sofferenze non è più do-vuta quando:

• viene a cessare lo stato di insolvenza o la situazione ad esso equiparabile; • il credito viene rimborsato dal debitore o da terzi, anche a seguito di ac-cordo transattivo liberatorio, di concordato preventivo o di concordato falli-mentare remissorio; rimborsi parziali del credito comportano una corrispon-dente riduzione dell’importo segnalato;

• il credito viene ceduto a terzi;

• i competenti organi aziendali, con specifica delibera hanno preso definiti-vamente atto della irrecuperabilità dell’intero credito oppure rinunciato ad av-viare o proseguire gli atti di recupero;

• il credito è interamente prescritto (artt. 2934 ss. c.c.);

• il credito è stato oggetto di esdebitazione (art. 142 legge fall.).

Il pagamento del debito e/o la cessazione dello stato di insolvenza o della situazione ad esso equiparabile non comportano la cancellazione delle segna-lazioni a sofferenza relative alle rilevazioni pregresse.

2.5. Il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze dell’11 luglio

2012, n. 663 (Centrale dei rischi)

La Centrale dei rischi è un sistema informativo sulla posizione debitoria individuale dei soggetti affidato alla Banca d’Italia.

Partecipano alla Centrale dei rischi:

• le banche iscritte nell’albo di cui all’art. 13 TUB e le società cessionarie di crediti di cui all’art. 3 della legge 30 aprile 1999, n. 130. Sono esonerati gli intermediari di minore complessità nel rispetto del principio di proporzionalità dell’azione di vigilanza. La Banca d’Italia individua con proprio provvedi-mento i criteri di esonero in base alle caratteristiche operative, dimensionali e organizzative;

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• le altre categorie di soggetti che la Banca d’Italia può individuare in rela-zione ai poteri ad essa attribuiti dalla legge di emanare disposizioni nei loro confronti per il contenimento del rischio di credito.

I soggetti che partecipano alla Centrale dei Rischi comunicano periodica-mente, su richiesta della Banca d’Italia e con le modalità da questa stabilite, l’esposizione nei confronti dei propri affidati e dei nominativi collegati. A ogni soggetto partecipante la Banca d’Italia fornisce periodicamente la posi-zione globale di rischio di ciascun affidato dallo stesso segnalato e dei nomi-nativi collegati.

I soggetti partecipanti possono chiedere alla Banca d’Italia la posizione globale di rischio di nominativi diversi da quelli segnalati, per finalità connes-se con l’assunzione e la gestione del rischio di credito.

I dati nominativi della Centrale dei rischi hanno carattere riservato. I sog-getti partecipanti possono utilizzarli solo per finalità connesse con l’assun-zione e la gestione del rischio di credito.

La Banca d’Italia e i soggetti partecipanti possono comunicare a terzi i dati della Centrale dei rischi a questi ultimi riferiti.

Nel caso di gruppi bancari di cui all’art. 60 TUB, alla capogruppo e alle banche e società finanziarie estere del gruppo è consentito conoscere, secondo le modalità stabilite dalla Banca d’Italia, i dati della Centrale dei rischi di no-minativi di loro interesse, solo per finalità connesse con l’assunzione e la ge-stione del rischio di credito. La Banca d’Italia può subordinare l’accesso ai da-ti alla comunicazione delle informazioni sul nominada-tivo per il quale è interro-gata la Centrale dei rischi.

Nell’ambito dei rapporti di collaborazione di cui all’art. 7, comma 6, TUB, la Banca d’Italia può portare a conoscenza delle autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione Europea le informazioni concernenti le posizioni globali di rischio dei nominativi presenti nella Centrale dei rischi, consentendo che le stesse siano utilizzate dalle banche e dalle società finanziarie di quegli Stati.

La delibera del 29 marzo 1994 rimane in vigore fino alla fine del periodo transitorio previsto dall’art. 10, comma 1, d.lgs. n. 141/2010 per gli interme-diari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 TUB vigenti alla data del 4 settembre 2010.

La Banca d’Italia emana disposizioni attuative del presente decreto. Nelle more restano ferme le disposizioni della Banca d’Italia vigenti al momento dell’entrata in vigore del presente decreto.

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2.6. Gli Accordi di Basilea

A partire dagli anni ’90 la gestione del credito da parte di numerosi istituti di credito si è rivelata poco prudente e ci si è accorti dei limiti del quadro normativo con riguardo al rischio connesso ai prestiti concessi dalle banche alle imprese.

L’accordo iniziale esistente sull’argomento (Accordo Basilea I) risultava incentrato su una visione semplificata dell’attività bancaria e della rischiosità delle aziende.

L’Accordo attualmente in vigore (Basilea II) è un accordo internazionale di vigilanza prudenziale, maturato nell’ambito del Comitato di Basilea, riguar-dante i requisiti patrimoniali delle banche. In ottemperanza all’Accordo, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating.

L’accordo è strutturato in tre “pilastri”: • Requisiti patrimoniali;

• Controllo delle Autorità di vigilanza; • Disciplina di mercato e Trasparenza.

Il testo dell’accordo nella versione definitiva nel giugno del 2004, è entrato in vigore nel gennaio 2007, con una proroga di un anno concessa alle banche che hanno adottato il metodo advanced.

La principale preoccupazione dei partecipanti al Gruppo Basilea II è la sal-vaguardia della stabilità del settore bancario, perno attorno al quale ruotano le economie mondiali: l’accordo muove, quindi, dall’idea che le banche non pos-sano assumere rischi eccessivi e debbano tutelarsi dai rischi (già) assunti.

Lo scopo dell’Accordo di Basilea II è quello di assicurare la stabilità del si-stema bancario, attraverso l’acquisizione e l’elaborazione di informazioni rea-li, da aggiornarsi continuamente, vincolate alla effettiva capacità di produrre reddito in una prospettiva di crescita futura.

L’Accordo impone un limite al livello di rischiosità dei prestiti; per contro, al di sotto di una certa soglia di rischio, non pone restrizioni alla quantità di denaro che un istituto di credito può erogare.

A seguito della crisi finanziaria che ha colpito alcuni importanti istituti di credito, una nuova versione dell’accordo è stata emanata con il nome di Basi-lea III.

In Europa sono, inoltre, rimaste in vigore altre normative che pongono un limite assoluto alla quantità di denaro che una banca può prestare, al di là del profilo di rischio degli investimenti, quali la riserva frazionaria e il rapporto fra crediti erogati e patrimonio di vigilanza.

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Ai fini della ponderazione delle attività per il rischio di credito assume una importanza fondamentale l’attribuzione del rating al cliente (sia esso impresa o persona fisica).

Il rating è l’insieme di procedure di analisi e di calcolo grazie al quale una banca valuta quanto un cliente sia rischioso e quanto sarà in grado di generare ricchezza, se gli venisse concesso il credito richiesto. Tramite il rating si calcola la “probabilità di default” ovvero la Pd (probability of de-fault) associata ad ogni classe di rischio misurata negli anni passati e si rac-colgono nuove informazioni sulla capacità del beneficiario di generare red-dito futuro.

Il rating sottostante all’Accordo di Basilea II è improntato a una notevole flessibilità, restando però vincolato ad un controllo incrociato di enti interni ed esterni alla banca. Esso, infatti, introduce la possibilità, per gli istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie specializzate, Ecai (Ex-ternal Credit Assessment Institution), rating prodotti al proprio interno. Ciò significa che le banche possono dotarsi di strumenti particolareggiati volti alla misurazione del rischio. Oltre alla metodologia standard, è previsto il metodo di misurazione IRB (Internal Rating Based Approach), diviso a sua volta nel metodo di base e nel metodo avanzato. Tale approccio consente di acquisire maggiori informazioni e permette di fare valutazioni più realisti-che.

Le modifiche dell’approccio di rating comportano costi aggiuntivi dal pun-to di vista operativo; tuttavia garantiscono informazioni maggiori, più realisti-che e precise, e maggiormente ancorate ai cambiamenti della realtà. È più faci-le calcolare la vera percentuafaci-le di rischio, evitando – da un lato – che la banca assuma rischi inutili ed individuando esattamente – dall’altro – la quota di ac-cantonamento che occorre prevedere, con l’effetto di una effettiva mitigazione del rischio.

In ordine alle metodologie di ponderazione del rischio di credito, Basilea II prevede tre approcci diversi:

• la Metodologia Standard (Standardized Approach), che analizza variabili qualitative e quantitative di tipo statico, come la categoria economico-giuridi-ca dell’impresa da finanziare o la dimensione aziendale.

• la Metodologia IRB Foundation (FIRB), che crea un rapporto diretto tra banca e cliente, basato su parametri più realistici e flessibili di quelli della modalità standard. In sostanza, l’Accordo prevede che le banche possano cal-colare, sulla base di strumenti analitici propri (previamente approvati dagli or-gani di vigilanza), la PD (probabilità di default).

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avanzato, sofisticato e, di conseguenza, costoso. Calcola infatti altri due fattori distinti: LGD (Loss Given Default), EaD (Exposure at Default) e la Maturity, che nell’approccio FIRB assumono valori determinati dall’Autorità di Vigi-lanza 1.

La definizione di default deve avere valore comune a livello internazionale, dato che i finanziamenti si muovono – per l’appunto – su scala internazionale. La definizione data è la seguente: si ha default del debitore al ricorrere di al-meno una tra due condizioni:

• la prima di tipo soggettivo: la banca ritiene improbabile che il debitore adempia in pieno alle sue obbligazioni;

• la seconda di tipo oggettivo: sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90 giorni (180 giorni per l’Italia fino al 2011).

La probabilità di default (PD, o tasso di insolvenza) è la probabilità che la controparte si renda inadempiente all’obbligazione di restituire il capitale pre-stato e gli interessi su di esso maturati. La PD può essere “fisica”, quando vie-ne stimata su dati storici, oppure “vie-neutrale al rischio”, quando è estrapolata dalle quotazioni di strumenti finanziari credit sensitive quali Corporate Bond, Credit Default Swap, Credit Linked Note, ecc.

L’Accordo Basilea II ha, dunque, fornito una definizione di “default”, che corrisponde a qualunque ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni. Deve, peraltro, essere precisato che, tra tutti i paesi che adottano l’Accordo, l’Italia era l’unico a costituire un’eccezione, con un ritardo accettato di 180 giorni. Le pressioni per raddoppiare il termine di default erano da ricondurre alla confi-gurazione del sistema economico italiano, in cui tipicamente le imprese sono sottocapitalizzate e dipendono fortemente dal credito bancario.

L’Accordo di Basilea II accetta tre approcci per la stima della probabilità di default.

• Judgemental: si basa sulla valutazione soggettiva, da parte dell’analista che deve concedere il prestito, della situazione dell’impresa: l’attenzione è non tanto sul processo, quanto sulle persone e sulla loro conoscenza dei

mer-1 L’LGD (letteralmente, la perdita manifestata in caso di insolvenza) risponde alla

doman-da: «Se il cliente a cui la banca presta denaro sarà inadempiente, quale percentuale del

presti-to andrà persa, al netpresti-to dei recuperi?».

L’EaD (letteralmente, l’esposizione presente al manifestarsi dell’insolvenza) implica la domanda: «E quale sarà l’importo effettivamente prestato al momento dell’insolvenza? Cioè,

in quale momento il debitore avrà problemi seri con i pagamenti? Quanto avrà restituito nel frattempo?».

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cati. È l’approccio utilizzato dall’agenzia Standard & Poor’s. Nonostante por-ti a risultapor-ti accurapor-ti e ricchi di informazioni di por-tipo soft, il metodo tradisce il principio di omogeneità perché può creare sperequazione nell’assegnazione di rating a soggetti che presentano stesse caratteristiche.

• Statistical: si basa su una serie di modelli statistici piuttosto complessi che conducono ad uno scoring, cioè attribuiscono un punteggio ad una serie di indici economici e finanziari, opportunamente ponderati. Sono in crescente utilizzo sia per la diffusione di tecnologie informatiche che ne facilitano l’uso, sia per la semplicità con cui possono applicarsi a situazioni standardizzate come il credito al consumo: non per altro è l’unico metodo accettato per calco-lare la PD della clientela retail delle banche. Non è invece accettato per la clientela di tipo corporate, public institutions e financial institutions, a causa delle criticità nell’individuazione delle numerose variabili e nell’attribuzione dei rispettivi pesi.

• Expert-constrained judgemental: rappresenta una fusione dei modelli pre-cedenti. Partendo da modelli statistici formali, vengono formulati giudizi che sono poi riveduti e reinterpretati dagli analisti. Questo modello necessita di competenze quantitative e della consapevolezza del percorso mediante il quale è stato formulato il giudizio soggettivo, che sono fondamentali per una valuta-zione oggettiva.

2.7. Segue. La valutazione del merito creditizio

La valutazione del merito creditizio tiene conto di tre categorie di informa-zioni:

• quantitative; • qualitative; • andamentali.

Gli aspetti di carattere quantitativo hanno maggiore rilevanza, poiché sono più oggettivi e verificabili, specialmente per le imprese di media dimensione; quelli qualitativi hanno un peso significativo nella valutazione di imprese mol-to piccole.

Anche le valutazioni sul settore di operatività dell’impresa devono essere prese in considerazione, poiché è ovvio che un settore in crisi abbia conse-guenze immediate sugli operatori diretti. In particolare l’Accordo prevede specificamente che le valutazioni degli istituti di credito devono essere fatte in modo da tenere in considerazione il ciclo economico in corso e quindi, in una fase di recessione o crisi del settore, i parametri di giudizio sono più attenuati che in una fase di crescita.

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2.7.1. Informazioni quantitative

Le informazioni quantitative sono informazioni di carattere economico-finanziario desumibili dai bilanci e dagli altri documenti contabili delle impre-se. Le informazioni ritraibili dai bilanci hanno un peso determinante nella va-lutazione dell’impresa.

Si tratta di informazioni di tipo oggettivo, che non dipendono dall’opinione dell’analista della banca e in genere si riconducono:

• alla documentazione contabile, sia consuntiva sia prospettica, per deter-minare la redditività e la struttura finanziaria del debitore;

• ai dati andamentali del rapporto con la banca e con l’intero settore banca-rio, tra l’altro desumibili dalla Centrale dei Rischi.

Le informazioni ritraibili dai dati di bilancio, di norma sempre raccolte in una pratica di affidamento, vengono sottoposte ad un’analisi completa e siste-matica.

I bilanci d’esercizio dell’impresa consentono di analizzare la gestione eco-nomico-finanziaria e quindi, ad esempio:

• il grado di indebitamento, ossia il rapporto nella gestione d’impresa tra l’utilizzo di capitale proprio e quello proveniente da fonti di finanziamento e-sterne (ad un basso grado di indebitamento dell’impresa corrisponde una mi-gliore valutazione dell’impresa da parte della banca);

• il livello di liquidità, ossia la capacità di un’impresa di finanziarsi tramite flussi di cassa generati dalla sua gestione (la banca valuta migliore un’impresa che riesce a finanziarsi maggiormente con flussi di cassa generati dalla propria gestione). Viene, altresì, valutata la capacità dell’impresa di remunerare i fi-nanziatori esterni attraverso il risultato della propria gestione;

• la redditività, apprezzata dal proprietario e dai soci che hanno investito nell’impresa il proprio denaro o i propri beni.

Dal bilancio si possono ricavare indicatori utili per comprendere l’attività dell’impresa che richiede il finanziamento e i risultati dalla stessa conseguiti, nonché per operare confronti nel tempo e con altre realtà simili.

Un segnale per la comprensione della capacità dell’impresa di operare e delle sue prospettive è l’andamento del fatturato, che deve essere valutato con-frontando gli andamenti storici e quelli prospettici.

Altri principali indici di riferimento sono:

• Margine Operativo Lordo = Fatturato al netto dei Costi operativi; • Quoziente di indebitamento = Debiti su Mezzi Propri;

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• Tasso di copertura degli oneri finanziari = Reddito generato dall’attività d’impresa ordinaria su Oneri finanziari;

• Risultato operativo su Fatturato; • Fatturato su Capitale Investito;

• Quoziente di struttura = Mezzi Propri + Passività consolidate su Immobi-lizzazioni nette;

• Risultato netto su Mezzi Propri.

Al fine di fornire una rappresentazione significativa della situazione finanzia-ria di un’impresa, viene inoltre presa in considerazione la posizione finanziafinanzia-ria netta (PFN), espressiva della differenza tra i debiti finanziari e le attività liquide.

Tale indicatore misura, pertanto, l’entità dei debiti finanziari non coperti dalla liquidità aziendale oppure quanto quest’ultima eccede le obbligazioni fi-nanziarie contratte dall’impresa.

Caratteristica essenziale della posizione finanziaria netta è di sintetizzare in un unico valore l’insieme di tutte le poste patrimoniali dell’impresa che sono riconducibili direttamente alla gestione finanziaria. Tale misura può risultare sia positiva sia negativa:

• PFN > 0 se (debiti finanziari > attività liquide); • PFN < 0 se (debiti finanziari < attività liquide).

L’attenta valutazione di tale misura, anche e soprattutto attraverso un’anali-si temporale della stessa, consente di monitorare nel tempo l’evoluzione del-l’indebitamento dell’impresa.

2.7.2. Informazioni qualitative

Le informazioni qualitative si fondano su elementi che richiedono una va-lutazione da parte dell’analista della banca e comportano un dialogo più diret-to e approfondidiret-to con il management e riguardano sia le aree aziendali le cui caratteristiche possono modificare il profilo di solvibilità dell’impresa sia l’andamento del settore di appartenenza dell’impresa che richiede il finanzia-mento ed il suo ambiente competitivo.

Le informazioni di carattere qualitativo si riconducono a un ampio spettro di informazioni relative ad esempio:

• all’assetto giuridico e societario dell’impresa, se si tratta di un’impresa che fa parte di un gruppo, di una ditta individuale, di una società di persone, di capitali o di una cooperativa;

• al suo sistema di governance, ossia la presenza o meno di un amministra-tore unico, di un consiglio di amministrazione, di un collegio sindacale, ecc.;

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• alla presenza di competenze finanziarie sviluppate dal management; • alla presenza di sistemi di controllo interni (sia sul piano operativo che fi-nanziario);

• al ruolo dell’impresa all’interno dell’eventuale gruppo di appartenenza; • alla qualità del management, ossia all’esperienza del management nel set-tore di appartenenza, alle caratteristiche del processo produttivo (ad esempio la presenza di una certificazione di qualità), all’adozione di specifiche proce-dure gestionali;

• alla presenza di piani industriali di sviluppo e di strategie commerciali; • ai fattori di rischio (fiscale, sindacale, ambientale, assicurativo);

• ad altri aspetti relativi alla vita dell’impresa, tenendo conto nella valuta-zione delle diverse fasi del suo ciclo economico (avvio, sviluppo, piena attivi-tà, maturiattivi-tà, declino).

La raccolta di questo tipo di informazioni avviene generalmente attraverso incontri diretti tra la banca e il management dell’impresa.

La valutazione delle micro-imprese, che operano con diversa struttura giu-ridica e in diversi settori (es. agricoltura, artigianato, servizi, cooperazione, ecc.), in un regime di contabilità semplificata e per le quali non sono disponi-bili tutte le informazioni relative al bilancio, è fondata prevalentemente sulle informazioni di natura qualitativa.

2.7.3. Aspetti andamentali

Per aspetti andamentali si intendono i rapporti che il cliente ha avuto in precedenza con le banche. In questo caso, la valutazione si basa su due fonti di informazione:

• dati desumibili dalla Centrale dei Rischi;

• rapporti precedenti con le banche di riferimento.

2.7.4. L’attribuzione del rating

Il giudizio sulla qualità/rischiosità del cliente viene espresso attraverso il rating, a cui è associata automaticamente, sulla base dell’esperienza maturata dalla banca, una determinata probabilità di insolvenza (probability of default). Maggiore è il punteggio assegnato, minore è il rischio per la banca e tanto mi-nore il tasso di interesse applicato sul prestito; mimi-nore è il punteggio assegna-to, maggiore è il rischio per la banca e maggiore potrà essere il tasso di inte-resse applicato sul prestito. Le scale su cui si basa il rating variano a seconda del modello utilizzato. I due più utilizzati sono:

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• Modello Standard & Poor’s: da AAA (miglior voto possibile) a D (situa-zione di insolvenza);

• Modello Moody’s: da AAA (miglior giudizio possibile) a C (altissima probabilità di insolvenza).

Il rating viene rivisto periodicamente, almeno una volta all’anno, per tener conto degli eventuali cambiamenti intervenuti nella struttura e nelle perfor-mance dell’impresa cliente.

Le banche non sono obbligate a comunicare il rating ai propri clienti. Possono però decidere liberamente di informare la clientela affinché possa eventualmente correggere le criticità che concorrono a peggiorare il rating. Questa informazione non è tuttavia sufficiente per capire se si è stati valutati correttamente e se il profilo di rischio assegnato è coerente con la situazione concreta. Bisogna conoscere quante classi di rating sono previste dalla banca (la normativa ne prevede un minimo di nove, ma è possibile che siano di più).

Per default si intende lo stato di insolvenza di un cliente a cui la banca ha concesso un prestito. Sulla base dell’Accordo di Basilea II, il concetto di in-solvenza non è limitato solo al caso in cui la banca ritenga improbabile che il cliente possa rimborsare il prestito; si considera in default anche il cliente che ritardi il pagamento o il rimborso di una o più parti del finanziamento per oltre 90 giorni. Come si è detto, considerando le peculiarità delle Pmi e di quelle italiane in particolare, è stato inizialmente concesso un periodo transitorio di cinque anni durante il quale è valsa la regola dei 180 giorni.

3. La Centrale Rischi 3.1. Natura e funzioni

La Centrale dei Rischi è un sistema informativo, gestito da Banca d’I-talia, che raccoglie ed elabora le informazioni che gli intermediari bancari e finanziari, vigilati dalla stessa Banca d’Italia, trasmettono periodicamente. Si tratta di uno strumento, a disposizione delle banche, che consente di ge-stire i rischi derivanti dal cumulo degli affidamenti presso più istituzioni creditizie e che funge anche da supporto a Banca d’Italia nella sua funzione di vigilanza.

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3.2. La classificazione dei crediti. La normativa previgente 2

Le banche e gli intermediari finanziari devono essere in grado di percepire e quindi manifestare la qualità del credito del proprio “portafoglio impieghi”.

La Banca d’Italia richiede – tra l’altro – di verificare, in ottemperanza della normativa e degli obblighi di segnalazione di vigilanza, se i singoli crediti rientrino o meno nelle attività cc.dd. deteriorate. La variabile di classificazio-ne, da parte dell’intermediario segnalante, può pertanto assumere la qualifica di “credito deteriorato” oppure “non deteriorato”.

In tale contesto, la normativa di bilancio ed i principi contabili Ias/Ifrs pre-vedono l’identificazione dei past due loan ovvero delle “attività deteriorate”, che sono suddivisibili, in base al livello di patologia, in esposizioni:

• scadute o sconfinanti; • ristrutturate;

• incagliate; • a sofferenza.

L’ordine esposto individua i diversi livelli di patologia dei crediti deteriora-ti, in ordine crescente.

La prima categoria ricomprende le esposizioni che alla data di riferimento sono “scadute o sconfinanti” da oltre 90 giorni (ex 180 giorni) con carattere continuativo 3. Questa categoria di crediti deve comprendere le esposizioni di

cassa e quelle fuori bilancio, per le quali l’impresa di credito ha monitorato e rilevato una condizione di inadempimento persistente.

Le esposizioni ristrutturate sono posizioni per le quali l’intermediario, a causa del deterioramento della situazione economica e finanziaria del debitore, acconsente a modificare le originarie condizioni contrattuali dando origine ad una perdita. Ciò avviene ad esempio a seguito del prolungamento di un finan-ziamento da tre a cinque anni, per il quale la banca subisce una riduzione degli interessi da incassare.

Le esposizioni incagliate sono le posizioni dei clienti che versano in una si-tuazione di temporanea difficoltà di tipo economico, finanziario, gestionale, nella prospettiva che tale situazione possa essere superata in un congruo limite di tempo. Gli “incagli oggettivi” sono quelle esposizioni per le quali si sono verificate congiuntamente le seguenti condizioni:

2 Banca d’Italia. Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 (5º Aggiornamento del 16 luglio 2013). 3 In applicazione ai dispositivi regolamentari di Basilea, dal 1° gennaio 2012 gli

interme-diari creditizi italiani devono classificare come “crediti deteriorati” gli sconfinamenti continua-tivi superiori ai 90 giorni, invece dei precedenti 180 giorni.

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• “Posizioni scadute o sconfinanti” in via continuativa da oltre 270 giorni. • Importi delle quote sconfinanti superiori almeno del 10% dell’intera espo-sizione.

Le sofferenze corrispondono alle esposizioni – con il peggior livello di pa-tologia – dei soggetti in stato d’insolvenza, anche se non ancora accertato giu-dizialmente o in situazioni sostanzialmente equiparabili. Il tutto prescindendo dalle previsioni di perdita ipotizzate dal singolo intermediario.

La presenza di criteri qualitativi per individuare se un creditore sia o meno insolvente, le differenze nelle legislazioni nazionali sulla disclosure richiesta nei bilanci e la frequente difformità tra informazioni contabili e segnalazioni di vigilanza prudenziale rendono difficile un confronto in termini omogenei tra gli operatori. In particolare, negli altri paesi europei la classificazione dei crediti prevede semplicemente una distinzione tra credito “performing” e “non performing” e per quest’ultima non esistono categorie omogenee sulla base del grado di rischiosità della posizione deteriorata. Inoltre solo in Italia è pre-vista una totale equivalenza tra informativa di bilancio e segnalazioni di vigi-lanza ed è richiesta la distinzione delle attività deteriorate in quattro categorie (v. sopra: sofferenze, incagli, ristrutturati e scaduti).

3.3. Le novità introdotte dalla Circolare della Banca d’Italia n. 272/2014 Le novità principali possono essere sintetizzate come segue:

• ai fini delle segnalazioni statistiche di vigilanza le attività finanziarie dete-riorate sono ripartite nelle categorie delle sofferenze, inadempienze proba-bili, esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate. Rispetto alla classifica-zione attuale, dunque, è eliminata la categoria delle esposizioni ristruttura-te, mentre quella degli incagli è sostituita dalle “inadempienze probabili”. La classificazione in tale ultima categoria è, innanzitutto, il risultato del giudizio della banca circa l’improbabilità che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie, indipendentemente dalla presenza di Eventuali im-porti (o rate) scaduti e non pagati. Si sottolinea, tra l’altro, che la sostitu-zione della precedente categoria degli incagli fa venir meno la nosostitu-zione di “incaglio oggettivo” precedentemente contenuta nella Circolare n. 272; • per quanto concerne le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, è

mantenuta l’attuale distinzione tra approccio “per singolo debitore” e ap-proccio “per singola transazione” (quest’ultimo applicabile alle sole espo-sizioni retail). L’esposizione complessiva verso un debitore deve essere

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ri-levata come scaduta e/o sconfinante qualora, alla data di riferimento della segnalazione, il maggiore tra i due seguenti valori sia pari o superiore alla soglia del 5%:

– o media delle quote scadute e/o sconfinanti sull’intera esposizione rile-vate su base giornaliera nell’ultimo trimestre precedente;

– o quota scaduta e/o sconfinante sull’intera esposizione riferita alla data di riferimento della segnalazione.

Ai fini del calcolo della soglia di rilevanza:

• fermo restando il requisito della persistenza di una posizione scaduta e/o sconfinante da più di 90 giorni, nel numeratore si considerano anche le even-tuali quote scadute da meno di 90 giorni su altre esposizioni;

• nel numeratore non si considerano gli eventuali interessi di mora richiesti al cliente;

• il denominatore deve essere calcolato considerando il valore contabile per i titoli e l’esposizione per cassa per le altre posizioni di credito.

Qualora l’intero ammontare di un’esposizione per cassa scaduta e/o scon-finante da oltre 90 giorni – rapportato al complesso delle esposizioni per cassa verso il medesimo debitore – sia pari o superiore al 20%, il complesso delle esposizioni per cassa e c.d. “fuori bilancio” verso tale debitore deve es-sere considerato come esposizione scaduta e/o sconfinante (c.d. “pulling ef-fect”). Il numeratore e il denominatore devono essere calcolati considerando il valore contabile per i titoli e l’esposizione per cassa per le altre posizioni di credito.

In rispetto delle previsioni dell’E.B.A. è introdotta la categoria “trasver-sale” delle esposizioni c.d. “forborne”. Il concetto qui in esame – sostan-zialmente basato su “concessioni” appositamente fatte dalla banca ad un debitore che si trova o è in procinto di trovarsi in difficoltà finanziaria – si applica a ciascuna singola linea di credito (la classificazione avviene secon-do un approccio “per transazione” e non “per debitore”) e può riguardare esposizioni deteriorate oppure esposizioni in bonis. La Banca d’Italia speci-fica che, le esposizioni forborne deteriorate rientrano, a seconda dei casi, tra le sofferenze, le inadempienze probabili oppure tra le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate e non formano una categoria a sé stante di attivi-tà deteriorate. Sono incluse anche le eventuali ristrutturazioni di esposizioni creditizie realizzate con un intento liquidatorio, da ricondurre fra le soffe-renze.

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4. I presupposti per la segnalazione di esposizioni a sofferenza 4.1. Le nozioni giuridiche di insolvenza (e crisi)

4.1.1. Il presupposto oggettivo del fallimento e del concordato preventivo

Il presupposto oggettivo del fallimento è lo stato di insolvenza e consiste – secondo la sua definizione tradizionale – nell’incapacità non più reversibile dell’imprenditore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

Dallo stato d’insolvenza va tenuto distinto lo stato di crisi, che integra il presupposto oggettivo del concordato preventivo.

Nello stato di crisi rientrano diverse situazioni, che si estendono dall’insol-venza vera e propria sino all’insoldall’insol-venza reversibile ed alla semplice tensione finanziaria, cioè a quella difficoltà nell’adempimento dei propri debiti.

Prima della riforma della legge fallimentare, una parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza dissentivano sul fatto che la crisi potesse ri-comprendere l’insolvenza, identificandola esclusivamente in una condizione meno grave del dissesto; ritenevano, quindi, che potessero accedere al concor-dato i soli imprenditori che si trovassero in uno stato di difficoltà finanziaria temporanea e reversibile.

A chiarire ogni possibile incertezza è intervenuto l’art. 36 del decreto legge 22 dicembre 2006 (c.d. decreto milleproroghe), per effetto del quale al testo originariamente vigente dell’art. 160 legge fall. è stato aggiunto l’inciso: «Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insol-venza».

4.1.2. Il sovraindebitamento

La composizione delle crisi da sovraindebitamento è una procedura con-corsuale avente lo scopo di “porre rimedio” alle situazioni di sovraindebita-mento non soggette, né assoggettabili, alle altre procedure concorsuali. In par-ticolare, sono previste tre forme di composizione della crisi: l’accordo del de-bitore, il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio.

Il sovraindebitamento è una situazione di perdurante squilibrio tra le obbli-gazioni assunte dal debitore e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbliga-zioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.

Il sovraindebitamento può riguardare qualunque soggetto, a prescindere dalla sua qualità o meno di imprenditore. Il soggetto che può accedere ai pro-cedimenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento è, dunque, gene-ricamente designato con il termine di “debitore”.

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La legge non collega l’ambito di applicazione della normativa in esame al tipo di attività svolta dal debitore e, pertanto, il ricorso a tali procedure pre-scinde dallo svolgimento dell’attività di impresa, potendo così riguardare ogni tipologia di lavoratore, autonomo o dipendente, i professionisti, o anche sog-getti che non svolgono alcuna attività lavorativa.

All’interno della categoria dei debitori è stata, poi, individuata la figura del “consumatore”, il quale viene definito dall’art. 6, comma 2, lett. b), legge n. 3/2012, come «il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusi-vamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale even-tualmente svolta».

Soltanto il debitore in stato di sovraindembitamento che rivesta la qualità di consumatore può, in alternativa all’accordo del debitore ed alla liquidazione del patrimonio, ricorrere al piano del consumatore.

La qualifica di consumatore deriva dalla tipologia di obbligazioni per le quali si verifica la situazione di sovraindebitamento e prescinde, invece, dal tipo di attività normalmente svolta dal debitore. Può, quindi, rientrare in tale nozione di consumatore anche un imprenditore, pur sempre non soggetto né assoggettabile ad altre procedure concorsuali, qualora egli sia insolvente rela-tivamente ad obbligazioni assunte al di fuori dell’ambito della propria attività d’impresa.

Sovraindebitamento è concetto diverso dall’insolvenza: il primo sottolinea una situazione non temporanea di difficoltà – da parte dei soggetti non fallibili – di adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte; la seconda indica, invece, l’incapacità (irreversibile) dei soggetti fallibili di far fronte agli obblighi contrat-ti per lo svolgimento di un’atcontrat-tività imprenditoriale.

4.2. Le nozioni economiche di insolvenza. Il Documento del Consiglio

Nazionale dei Dottori Commercialisti “Ruolo e supporto del dottore commercialista e dell’esperto contabile come consulente di direzione nei momenti di crisi dell’impresa” (Dicembre 2009)

4.2.1. Squilibrio e crisi

La vita delle imprese è caratterizzata da un’alternanza di periodi di succes-so e di insuccessucces-so, ai quali le imprese succes-solide succes-sono peraltro abituate, senza che ciò generi allarmismi particolari.

A caratterizzare la fase di declino possono concorrere ragioni di vario ge-nere, riconducibili sia all’andamento tecnico-economico dell’impresa (motivi aziendali) sia a circostanze non direttamente correlate all’andamento aziendale (ad esempio, eventi extra-aziendali di tipo legale o politico).

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