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Internationalisation projects in the Maghreb conducted by the Dida Area Design

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I

l design cambia perché il mondo cambia,

come afferma Manzini. La complessità del mondo contemporaneo richiede un ripensamento del concetto stesso di innovazione che non più solo tecnologica, diventa anche cul-turale e sociale investendo beni, processi, servizi. È proprio la svolta radicale che ha investito il versante tecnologico – con la velocità dell’inno-vazione tecnica fino alla rivoluzione dell’Indu-stria 4.0 con la pervasività dei dispositivi e dell’Intelligenza Artificiale che si ibrida agli esseri umani – a determinare una ‘svolta episte-mologica’ del design (Longo, 2014). Le nuove tecnologie, con cui tutti possiamo interagire in maniera relativamente semplice, celano una com-plessità che ci sfugge quasi completamente: non ne conosciamo il funzionamento e ne ignoriamo i principi e i processi, così i tempi in cui il design industriale muoveva dalla conoscenza profonda dei processi di produzione sembrano ormai finiti. La diffusione capillare e minuta di innovazione tecnologica e la relativa facilità di accesso grazie al web, si traduce in una sorta di contrapposizio-ne tra i modelli teorici e di conoscenza concettua-le con il primato della cultura del ‘pensare con concettua-le mani’ (Sennet, 2009) ed il predominio del ‘fare’ sul ‘conoscere’. Il paradigma dell’Open Design e della cultura del ‘fare per tutti’ con un approccio pratico-strumentale, sembrano prefigurare l’inu-tilità della figura del designer.

Manzini di fronte alla sfida del design diffu-so, when everybody designs (Manzini, 2015), propone la figura del ‘design esperto’ ovvero: «… proprio perché tutti progettano, diventa utile e necessario che ci sia qualcuno che li aiuti a farlo. Che disponga cioè di strumenti culturali e pratici che possano integrare e promuovere le capacità progettuali degli altri, cioè dei non-esperti. Il che significa: qualcuno che sia esperto in come stimolare e in vario modo supportare più ampi e articolati processi di co-progettazione»1. La figura del designer si fa ancora più complessa e si mette ancora più in evidenza la necessità di una formazione che integri le diverse discipline, cercando di sviluppare il ‘pensiero critico’ e aprendosi ancora di più sulle humanities e sul versante dell’arte e della creatività. In tal senso Celaschi (2012) riporta l’attenzione sul ‘sogget-to’ rispetto alla metodologia e agli strumenti, rimettendo il designer e la creatività del progetti-sta al centro del progetto. La creatività soggettiva

ABSTRACT

La complessità del mondo contemporaneo impone un profondo ripensamento del ruolo del design e del desi-gner. Il Design, per sua natura multidisciplinare e tran-sdisciplinare, nel farsi interprete della complessità e delle sfide della contemporaneità, si carica di compo-nenti etiche e deve elaborare sempre nuovi strumenti che permettano di utilizzarne la forza che gli deriva pro-prio dalla sua flessibilità e capacità di accogliere conta-minazioni. Il Mediterraneo in particolar modo può co-stituire uno scenario di grande interesse per la speri-mentazione di nuovi percorsi formativi che, attraverso la valorizzazione della diversità culturale, possano con-tribuire a riconnettere e ricreare quel tessuto relazionale e di scambio che da sempre ne è la caratteristica.

The complexity of the contemporary world requires an in-depth rethinking of the role of design and designers. Its very multi-disciplinary and trans-disciplinary nature, its attempt to interpret the complexity and challenges of contemporary life, requires dealing with ethical issues and continually elaborating new tools which enable the strength deriving from its flexibility and ability to take cross fertilisations on board to be exploited to the full. The Mediterranean can, in particular, be an extremely interesting scenario for experimenting with new educa-tional trajectories which can contribute to reconnecting and recreating that inter-personal and exchange nature which has always been its key characteristic, by means of cultural diversity promotion.

KEYWORDS

internazionalizzazione, design, territori, sviluppo soste-nibile, interdisciplinarietà.

internationalisation, design, territory, sustainable deve-lopment, inter-disciplinary.

rappresenta il vero contributo del designer con-temporaneo al processo di design.

Così il designer è l’interprete sul piano pro-gettuale, intervenendo nel processo di ideazione e pianificazione oltre che sul prodotto, ovvia-mente all’interno di un sistema di vincoli imposti dal contesto. «La creatività nel design si confron-ta continuamente con l’intersoggettività. Il desi-gner di successo sviluppa la capacità di vedere un futuro condivisibile e interagibile da molti. Mette sé stesso nel progetto, ma non chiude la porta, lascia che il consumatore-utente, il produttore-marca, il territorio-luogo di produzione, il tempo e le sue attualità, ognuno di questi fattori permei nel significato del prodotto modificandolo a pro-prio uso, attualizzando e customizzando il risul-tato e nel contempo partecipando alla produzione del valore. Ci sono diversi approcci all’intersog-gettività come spazio permeabile alle identità di più soggetti. Questo aspetto del discorso sulla creatività apre le porte al discorso dell’identità nel design contemporaneo. Il design contempora-neo richiede un agire nel quale una pluralità di identità si confrontano e si adottano, o si plasma-no, o si assumoplasma-no, o si integraplasma-no, o confliggoplasma-no, ecc.» (Celaschi, 2011).

Queste riflessioni sono alla base delle espe-rienze di formazione e didattica condotte negli ultimi 15 anni dal gruppo di lavoro afferente al Laboratorio di Design per la Sostenibilità del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, in Marocco, Tunisia ed Algeria. Progetti di ricerca, formazione e didattica condotti a più livelli ed in progressione: dal 2005 con la Cooperazione Decentrata della Regione Toscana, poi con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Ministero dello Sviluppo Economico, con il programma Interreg dell’Unione Europea, fino al 2013 con la coordi-nazione di un progetto Tempus in Tunisia1ed alla recente cofondazione di una scuola di Architettura Design e Urbanistica – EMADU all’interno dell’Université Euro Méditerranéenne de Fès cofinanziata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel 2016. La for-mazione e la didattica si sono articolate in corsi di perfezionamento e seminari tematici, fino ad arri-vare alla creazione di una Laurea Triennale in Design in Marocco a Fès ed a tre Master in Design per lo Sviluppo Sostenibile in Tunisia in cui si prevede il doppio titolo.

AGATHÓN 03 | 2018 - International Journal of Architecture, Art and Design | 205-212 ISSN: 2464-9309 (print) - ISSN: 2532-683X (online) - DOI: 10.19229/2464-9309/3272018

Saverio Mecca*, Giuseppe Lotti**, Debora Giorgi***,

Eleonora Trivellin****

PROGETTI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

IN MAGHREB CONDOTTI DA

AREA DESIGN DI DIDA

INTERNATIONALISATION PROJECTS

IN THE MAGHREB CONDUCTED BY

THE DIDA AREA DESIGN

Fig. 1 - Exposition Identités FLuides on the TEMPUS 3D project in Tunisia at the XXI Triennale di Milano.

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Alla base di questo lavoro la consapevolezza che il Mediterraneo costituisce uno scenario importante per creare occasioni di sviluppo soste-nibile, attraverso esperienze di scambio e di con-taminazione ed in cui l’Italia può giocare un ruolo centrale. In particolare il Design, come mediatore di conoscenze (Celaschi, 2008) per natura multi-disciplinare e transmulti-disciplinare (Design multiver-so), nel farsi interprete della complessità e delle sfide della contemporaneità, si carica di compo-nenti etiche e deve elaborare sempre nuovi stru-menti che permettano di utilizzarne la forza che gli deriva proprio dalla sua flessibilità e capacità di accogliere contaminazioni. Infatti, la visione tecnocratica che ha contribuito alla propagazione ed al primato dei modelli occidentali – ed in par-ticolar modo anglosassoni – in nome del progres-so e di un benessere per un numero sempre mag-giore di individui si sta rivelando fallace. Lo dimostrano i gravi problemi ambientali che inve-stono l’intero pianeta provocati dallo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali, vecchie e nuove povertà, guerre e genocidi, imponenti flussi migratori di persone disperate in cerca di

salvez-za, ed infine il crescente rifiuto di questi modelli da parte di culture e civiltà ‘altre’ che si esplicita in modalità diverse fino agli estremi del terrori-smo anti-occidentale.

Questi scenari hanno reso ancora più forte il tema della complessità a cui si accennava all’ini-zio: il mondo post-industriale si declina in terri-tori, organizzazioni sociali, economie e modelli formativi diversi che tuttavia, attraverso il con-fronto ed il dialogo, a partire dalle singole iden-tità, possono generare nuovi modelli di relazione e contribuire a ridefinire il ruolo del designer contemporaneo. «What is certain is that there are two models, and they are poles apart. On one side is a late capitalist model that absorbs design as a methodology and, in applying it, tries to change the structure of enterprise and its role in society as little as possible; on the other side is an attempt, by now quite widespread and not limited to designers, to think towards a renewal of the production system based on a redefinition of the roles of producer, consumer and mediator» (Celaschi and Formia, 2012, p.13).

Il tema della contaminazione, dello scambio,

della coesistenza di identità multiple è una pecu-liarità della cultura mediterranea – o latina – che si appoggia su modelli relazionali e di socializzazio-ne sostanzialmente aperti alla diversità: attorno al Mediterraneo possiamo ancora vedere la predomi-nanza di approcci immersivi, in cui i popoli si attrezzano per spostare persone ed esperienze, aprire imprese commerciali, scambi di insegnanti e studenti. Negli anni di viaggi nel Maghreb abbia-mo sempre potuto vedere – anche nei abbia-momenti più bui post Primavera araba e degli attacchi terroristi-ci – un numero ingente di piccoli imprenditori e di lavoratori che dall’Italia, la Francia, la Spagna, continuavano a creare imprese, a stabilire scambi e contatti con la riva Sud. Questa complessità è divenuta così un punto di forza dei progetti con-dotti, tesi a creare un network relazionale basato sull’inclusione e la partecipazione al processo for-mativo di tutti gli attori sociali, teso a sviluppare percorsi innovativi per formare una figura di desi-gner che potesse allargare sempre di più i propri orizzonti proprio attraverso la conoscenza e l’e-sperienza di apporti disciplinari, di mondi e di cul-ture progettuali diverse.

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Per costruire questa figura, che potremo

defi-nire di ‘designer Mediterraneo’, la capacità di mediare e di facilitare processi è sicuramente un elemento chiave, ma ancora più importante forse si è rivelata la necessità di non tenere separati pro-dotto/comunicazione/servizio, ma piuttosto di lavorare per il rafforzamento delle competenze in un’ottica di progetto strategico valorizzando al massimo la componente creativa del designer. Il confronto tra riva Nord e riva Sud ha messo in luce mondi che si muovono a differenti velocità in cui coesistono modelli economici e relazionali profondamente differenti che vanno dalla inevita-bile globalizzazione del 2.0 alle economie infor-mali e solidali, al perdurare di modelli relazionali incentrati sui legami familiari e di vicinato, all’importanza di settori come l’artigianato che continuano, nonostante le difficoltà, a costituire una parte nevralgica delle economie locali. Una contemporaneità dunque in cui c’è ancora spazio per la forma, anzi in cui la forma ne diviene la tra-duzione visiva e tangibile.

I percorsi formativi sperimentati hanno così sempre cercato di non abbandonare la componen-te di prodotto e formale, in quanto elemento pecu-liare e traduzione visiva di un design che

comun-que intende farsi interprete del mondo in cui si trova ad operare. Piuttosto il prodotto è divenuto in molti casi il veicolo di significati e di senso mostrando la forza del processo creativo nell’arri-vare a prefigurare l’innovazione possibile (preve-dere) e, cosa non meno importante, nel renderla visibile (far vedere). In tutti i percorsi – dalla Triennale ai corsi di perfezionamento ai Master – il lavoro con gli artigiani così come con i settori delle economie sociali e solidari, ha sempre costi-tuito un nodo centrale per lo sviluppo di ulteriori progettualità, consentendo di stabilire un dialogo e un confronto con tutti gli attori sociali. Tutto questo si è potuto sviluppare attraverso l’integra-zione di moduli formativi in forma di Atelier svi-luppati sempre con artigiani, imprese, associazio-ni presenti sul territorio, integrando l’esperienza pratica che normalmente si svolge in fase finale ed in maniera autonoma da parte dello studente, nel percorso formativo già a partire dai primi semestri. Questa pratica ha avuto notevoli conse-guenze su diversi piani. Lo studente oltre a poter vedere la realizzazione delle proprie idee, può sperimentare da subito la complessità del progetto nelle sue multiple dimensioni: relazionali, sociali, culturali ed economiche confrontandosi con le

problematiche connesse alla comunicazione – ad esempio attraverso la rappresentazione – ma anche alla trasmissione delle conoscenze, ai pro-cessi produttivi, alle strutture ed alle economie produttive. L’artigiano, o altro soggetto coinvolto, può a sua volta toccare con mano le possibilità offerte da un approccio ‘design driven’.

Le opportunità offerte dal confronto tra i diversi modelli (francese in Marocco, Tunisia e Algeria, spagnolo e italiano) hanno indotto una necessaria riflessione sulle diverse identità coin-volte per poter pervenire ad una sintesi – o diffe-renti sintesi in base ai diversi contesti – che si pre-figura come qualcosa che non appartiene a nessu-no dei modelli in gioco. Ad esempio in Marocco e Tunisia si è lavorato su un doppio sistema che da una parte potesse consentire l’accreditamento dei corsi secondo i criteri locali e basato su un siste-ma di moduli e di atelier e su un monte orario, dall’altra si allineasse con il sistema degli ECTS europei nell’ottica di perseguire il doppio titolo. Il confronto fra i diversi sistemi formativi ha messo in luce alcune carenze e nuove opportunità impo-nendo una riflessione sui flussi delle conoscenze alla base dei modelli che sono stati improntati in maniera forte all’interdisciplinarietà della forma-Mecca S., Lotti G., Giorgi D., Trivellin E., AGATHÓN 03 (2018) 205-212

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zione: dall’estetica alle scienze sociali (antropolo-gia e sociolo(antropolo-gia), dall’economia al marketing, dal disegno alla tecnologia dei materiali, dalla soste-nibilità – ambientale, sociale e culturale – al desi-gn. Le discipline progettuali sono state così asso-ciate in forma di Laboratori/Atelier a discipline teoriche afferenti agli ambiti delle humanities, del disegno e della rappresentazione, dell’economia e del marketing, consentendo agli studenti di appriarsi di strumenti derivati e di utilizzarli nel pro-cesso creativo-progettuale.

I moduli costituiti da Laboratori/Atelier sono diventati quindi la struttura portante dei percorsi formativi, consentendo fra l’altro una forte condi-visione da parte degli insegnanti sui programmi che in generale convergono affinché ogni modulo si configuri come un’esperienza progettuale com-pleta in cui gli apporti teorici sono immediata-mente verificati e sperimentati attraverso l’alter-nanza tra teoria e pratica. Il corso prevede inoltre dei workshop/seminari tematici (che danno acces-so a ECTS ma acces-sono fuori dal monte orario previ-sto dai sistemi di accreditamento locali) che ampliano l’offerta formativa e che costituiscono delle esperienze veramente importanti per studen-ti e docenstuden-ti grazie all’atstuden-tivazione di sinergie tra settori tradizionalmente poco collaborativi (pro-fit/non profit, mondo dell’associazionismo e isti-tuzioni di formazione, artigianato/università, etc.) volta a creare sviluppare processi di co-design e di partecipazione attiva in un contesto multi-atto-re per la cmulti-atto-reazione di nuovi prodotti (tangibili ed intangibili) e di nuove reti.

Queste esperienze hanno permesso di costrui-re, nel caso della Tunisia, nell’ambito del progetto TEMPUS 3D un repertorio in forma di carta inte-rattiva consultabile ed interrogabile che rappre-senta il network di attori, risorse e conoscenze costruito come il risultato di un processo basato

sui principi di collaborazione e condivisione. Sulla mappa interattiva, chiamata Atlas Design 3D2, sono geolocalizzati: i partner istituzionali del progetto, i protagonisti locali e internazionali, una selezione di progetti del Master. Infatti, è pos-sibile identificare sulla mappa gli artigiani e i cen-tri artigianali che hanno partecipato al progetto, compresi quelli che hanno lavorato a fianco degli studenti nei laboratori del Master 3D3. I progetti selezionati raccontano un altro livello di intera-zione sul territorio e l’integraintera-zione della dimen-sione nazionale e internazionale: mostrano il lega-me tra creatività, innovazione e valorizzazione del patrimonio tunisino tangibile e intangibile; si riferiscono – rivisitandoli – ai prodotti tradiziona-li, alle tecniche di esecuzione, ai tipici usi locali.

Il confronto con i differenti contesti ha messo in luce l’importanza di lavorare sul patrimonio culturale – tangibile e intangibile – come punto di partenza per la competitività dei sistemi territoria-li, particolarmente importante in paesi che oscilla-no tra la deriva identitaria – integralismo – e per-dita dell’identità in nome di una modernità globa-lizzata. In questo particolare importanza ha avuto il tema delle conoscenze tradizionali, tra cui l’ar-tigianato, come matrice di soluzioni sostenibili attraverso la ricontestualizzazione e innovazione di prodotti e processi artigianali tradizionali. Partendo dalle culture locali si sono potuti così sviluppare percorsi che tutelassero la diversità culturale valorizzandone le potenzialità e la ric-chezza. Attraverso i Laboratori/Atelier gli artigia-ni locali hanno potuto conoscere il design con-temporaneo con le contaminazioni delle diverse culture europee e maghrebine e al tempo stesso gli studenti, ma anche i docenti, hanno potuto conoscere le culture tradizionali, approfondendo la relazione con i patrimoni locali, includendo nella propria visione nuovi elementi da cui partire

per sviluppare progetti che avessero ricadute sul tessuto sociale e produttivo territoriale.

Conclusioni – L’apertura al territorio, le idee, le buone pratiche provenienti da contesti su scala internazionale hanno influenzato positivamente la qualità della formazione proposta dal Master 3D e, di conseguenza, l’approccio, la visione e il modus operandi degli studenti. L’occasione di sperimentare questi percorsi ha avuto importanti ricadute anche sulla riflessione rispetto alla for-mazione all’interno delle esperienze didattiche fiorentine: l’approccio interdisciplinare, con par-ticolare attenzione alle scienze sociali; il lavoro a partire da network territoriali allargati al contribu-to di culture ‘altre’; la partecipazione allargata di diversi attori; il lavoro attivato dal patrimonio cul-turale, immateriale e immateriale.

Le esperienze soprattutto in ambito di crea-zione di sinergie a livello territoriale, le analisi dei bisogni formativi locali e in generale l’analisi di nuove forme di produzione di innovazione come quelle dei Fablab e dei makerspace, ci hanno por-tato anche alla definizione di nuovi percorsi che sono in via di strutturazione grazie ad un altro progetto ERASMUS+ OD&M (Open Design & Manufacturing). Ci stiamo infatti muovendo verso percorsi ibridi di formazione di secondo e terzo livello che consentano la possibilità di accesso differenziato a laureati e non laureati attraverso un sistema modulare di corsi di perfe-zionamento e aggiornamento che da una parte si organizza in ottica di lifelong learning con espe-rienze professionalizzanti e dall’altra può conflui-re in un percorso di Master.

ENGLISH

Design changes because the world changes, as Manzini has affirmed. The complexity of the

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temporary world requires a rethinking of the very

concept of innovation which is no longer simply technological but also cultural and social, impact-ing on goods, processes and services. It is precise-ly the radical turning point which has bombarded the technological aspect of design with the speed of technical innovation to the extent of the fourth industrial revolution, with the pervasive nature of devices and artificial intelligence hybridising with human beings to determine an epistemological watershed in design (Longo, 2014). The new tech-nologies, with which we can all interact in a rela-tively simple way, conceal a complexity which almost entirely escapes us: we do not know how they work or their principles and processes and thus the days in which industrial design was founded on an in-depth knowledge of production processes would seem to be over. The in-depth and minute dissemination of technological innovation and relative ease of access ensured by the web translates into a sort of juxtaposition between the-oretical models and conceptual knowledge with primacy accorded to the thinking with your hands culture (Sennet, 2009) and the prevalence of doing over knowing. The Open Design paradigm and doing for everyone culture with its practical-instrumental approach, would seem to prefigure the uselessness of the designer.

Thus, faced with the mushrooming everyone designs challenge (Manzini, 2015) Manzini has put forward the figure of the design expert: «… it is precisely because everyone is designing that someone who can help them to do so is useful and necessary. Someone, that is, who possesses the cultural and practical tools capable of supple-menting and fostering other people’s, or rather non-expert, design abilities. This means a person who is an expert in stimulating and supporting, in various ways, the wider and more structured co-design process»1. The designer’s professional role

is thus even more complex and the need for train-ing which integrates the various disciplines, attempts to develop critical thought and opens up even further to the Humanities and the art and

creativity aspects, is underlined even further. In this sense Celaschi (2012) brings our attention back to the subject rather than methodology and tools, reinstating designers and design creativity to its heart. Subjective creativity represents the true contribution of the contemporary designer to the design process.

Thus the designer is the design plane inter-preter, acting on the creation and planning pro-cesses as well as on the product, naturally within the framework of a system of context related

con-straints. «Design creativity continually measures up to inter-subjectivity. A successful designer develops an ability to envisage a future in which the many can share and interact. Such a designer finds a place in design but does not close the door, leaving consumer-user, manufacturer-brand, area-place of production, time and the contemporary world – all of these factors – to permeate into the design’s meaning, modifying it to serve their ends, implementing and customising the result and, at the same time, taking part in value generation. There are various approaches to inter-subjectivity as a space which is permeable to the identity of a multiplicity of subjects. This aspect of the creativ-ity debate opens the door to the identcreativ-ity in contem-porary design debate. Contemcontem-porary design requires acting in a context in which a plurality of identities measure up and are adopted or shaped, integrate, conflict, etc.» (Celaschi, 2011).

These considerations are at the heart of the educational and teaching experiences carried out over the last 15 years by the Design for Sustainability Workshop working group at Florence University’s Architecture Department and in Morocco, Tunisia and Algeria. Research, education and teaching projects conducted at var-ious levels and progressively: from 2005 with Cooperazione Decentrata della Regione Toscana, then with the Department of Foreign Affairs and international co-operation, the Department of Economic Development, with the European Union Interreg programme, until 2013 with the co-ordi-nation of the Tempus project in Tunisia1, and the

recent co-foundation of a school of Architecture, Design and Town Planning – EMADU – under the aegis of Université Euro Méditerranéenne de Fès, co-funded by the Education, University and Research Department in 2016. Education and teaching are structured into further study pro-grammes and themed seminars and a three years degree course in Design in Morocco in Fès and three Design for Sustainable Development M.A.s in Tunisia for which joint degrees will be awarded.

Underlying this work is an awareness that the

Figg. 10, 11 - Sharedesign 2013: students and artisans at work; gypsum processing (Marrakech, Marocco). Fig. 9 - Sharedesign 2013: students and craftsmen at work under the guidance of Brigitte Perkins, Atelier Tadert Tibtirine (Marrakech, Marocco).

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Mediterranean is an important scenario for sus-tainable development opportunity creation by means of exchange and cross-fertilisation and one in which Italy can play a central role. Design in particular, as a knowledge intermediary (Cela-schi, 2008) by its very multi-disciplinary and trans-disciplinary nature (the design multiverse), its attempts to interpret the complexity and chal-lenges of contemporary life requires facing up to ethical components and continually elaborating new tools which enable the strength deriving from its flexibility and ability to take cross fertilisations on board and exploit them to the full. In fact, the technocratic vision which has contributed to the propagation and primacy of Western models – and of the English speaking world in particular – in the name of progress and wellbeing for an ever greater number of people, is turning out to be an illusion. This is shown by the serious environmen-tal problems currently engulfing the planet, prompted by uncontrolled natural resource exploitation, new and old poverties, wars and genocides, huge migratory flows of desperate peo-ple in search of refuge and, lastly, a growing rejec-tion of this model by other cultures and civilisa-tions expressed in various ways including extreme anti-Western terrorism.

These scenarios have further reinforced the complexity theme which we touched on at the out-set: the post-industrial world is structured into diverse areas, social organisations, economies and educational models which can, however, gen-erate new relationship models and contribute to redefining the role of the contemporary designer from the starting point of their individual identi-ties. «What is certain is that there are two models, and they are poles apart. On one side is a late capitalist model that absorbs design as a method-ology and, in applying it, tries to change the structure of enterprise and its role in society as

little as possible; on the other side is an attempt, by now quite widespread and not limited to designers, to think towards a renewal of the pro-duction system based on a redefinition of the roles of producer, consumer and mediator» (Celaschi and Formia, 2012, p.13).

The theme of cross-fertilisation, exchange and co-existence of multiple identities is a pecu-liarity of Mediterranean – or Latin – cultures which rest on relationship and socialisation mod-els which are considerably open to diversity: the prevalence of immersive experiences in which peoples are equipped for personal and experi-ence transfers, new commercial enterprises and teacher and student exchanges are still visible around the Mediterranean. Over our years of travel in the Maghreb we have always been able to see a huge number of small scale entre-preneurs and workers from Italy, France and Spain who continued to do business, establish trade and contacts with the South, even in the dark days of the post Arab Spring period and the terrorist attacks. This complexity has thus become a strong point in the projects undertaken, designed to create a relationship network based on inclusion and participation in the educational process by all social players, which has enabled innovative trajectories to be developed which have contributed to the formation of design pro-fessionals capable of opening up their horizons still further by means of knowledge and experi-ence of diverse disciples, worlds and cultures.

An ability to mediate and foster processes is certainly a key element in the building of this pro-fessional figure, who we might define Mediter-ranean designer, but the need to avoid separating off product, communication and services and working to strengthen skills from a perspective of strategic design which prioritises the creative component in design to the full has been shown to

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be perhaps even more important. The North-South debate has thrown light on worlds moving at dif-ferent speeds in which profoundly difdif-ferent eco-nomic and relationship models co-exist, ranging from inevitable 2.0 globalisation to informal and co-operative models, the survival of models cen-tred on family and neighbourhood, the importance of sectors such as craftsmanship which continue, despite the difficulties, to be a key part of local economies. A contemporary world, then, in which space for form remains, one in which form is a vi-sual and tangible expression.

Experimental educational trajectories have thus always attempted not to abandon the product and form components as a peculiar element and visual expression of a design which intends all the same to interpret the world around it. The product has rather become, in many cases, a meaning channel demonstrating the power of the creative process to prefigure (or forecast) potential inno-vation and, no less importantly, make it visible. Over all programmes – from the three years degrees to further training and M.A.s – work with artisans and with the social and co-operative economies has always constituted a central linch-pin for the development of further design projects enabling a dialogue and debate with all social players to be established. What enabled all this to develop was the integration of educational models taking the form of ateliers, always developed with artisans, firms and associations across the area and integrating the practical experience which normally takes place at the end of a course of study from the first semesters onwards, with stu-dents working autonomously. This approach had significant consequences on various levels. In addition to seeing their ideas being implemented, students were able to experience the complexity of design immediately in all its multiplicity of dimen-sions – relationship, social, cultural and econom-ic – and had to deal with communeconom-ication related issues, by representation, for example, but also by means of the transmission of knowledge, manu-facturing processes, structures and production economies. Artisans, or other subjects involved, could, in turn, make contact with the potential offered by a design driven approach.

The opportunities offered by debate between the various models (French in Morocco, Tunisia and Algeria, Spanish and Italian) prompted nec-essary consideration of the various identities in-volved to achieve a synthesis – or diverse synthe-ses in different contexts – which were prefigured as something which belonged to none of the mod-els at play. For example, in Morocco and Tunisia work focused on a dual system which, on one hand, could enable programmes to be accredited in accordance with local criteria and based on a system of modules and ateliers adding up to a to-tal of hours and, on the other, accorded with the European ECTS system for the purposes of joint degree acquisition. Conflict between the various educational systems highlighted certain limita-tions and new opportunities requiring considera-tion of the knowledge flow underlying models which were powerfully multi-disciplinary ap-proach in orientation from aesthetics to social sci-ences (anthropology and sociology), economics to marketing, design to materials technology, sus-tainability – environmental, social and cultural – to design. The design disciplines were thus linked

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by workshops/ateliers to theoretical disciplines

belonging to the humanities, design and represen-tation and economics and marketing, enabling students to take on board the tools learnt and use them in the creative-design process.

The workshop/atelier modules thus became the programmes’ linchpin, prompting considerable sharing by teaching staff on programmes which generally converged so that each module took the form of a complete design experience in which the-oretical contributions were tested immediately and experimented by means of alternation between theory and practice. Programmes also included workshops and themed seminars (enabling stu-dents to access ECTS but outside the hours totals required by local accreditation systems) which extended educational range and constituted gen-uinely important experiences for both students and teachers thanks to the activation of synergies between sectors which do not generally work together (profit/non-profit, associations/educa-tional institutions, craftsmanship/university, etc.) designed to create and develop co-design and active participation process in a multi-player con-text for the creation of new (tangible and intangi-ble) products and networks.

These experiences led to an interactive paper repertoire being created in Tunisia in the context of the TEMPUS 3D project which could be con-sulted and questioned, representing the network of actors, resources and know-how built as the result of a process based on principles of co-operation and sharing. The project’s institutional partners, local and international players and a selection of M.A. projects were geolocalised onto the interac-tive map, Atlas Design 3D2. In fact, the artisans

and craft centres which took part in the project – including those who worked alongside the stu-dents in the 3D M.A. workshops3– can be

identi-fied on the map. The projects selected speak of a further level of local interaction and the integra-tion of naintegra-tional and internaintegra-tional levels. They show the bond between creativity, innovation and the enhancement of the tangible and intangible Tunisian heritage. They referred to, and re-worked, traditional products, execution techniques and typically local customs.

The debate between the various contexts high-lighted the importance of working on the cultural heritage – both tangible and intangible – as a starting point for the competitivity of local sys-tems, especially important in countries which see-saw between losing their way in identity terms – fundamentalism – and loss of identity in the name of globalised modernity. In this, a role of special importance is played by the theme of traditional knowledge, including craftsmanship, as a matrix of sustainable solutions via the re-contextualisa-tion and innovare-contextualisa-tion of tradire-contextualisa-tional artisan prod-ucts and processes. Starting from local culture it was thus possible to develop programmes which safeguarded cultural diversity, enhancing its potential and variety. In workshops/ateliers local artisans gained a knowledge of contemporary design with cross fertilisation between the various European and Maghreb cultures and, at the same time, both students and teaching staff got to know traditional cultures, gained a more in-depth understanding of their relationship with the local heritage and integrated their visions with new elements to use as starting points for the

develop-ment of projects with impact on the area’s social and productive fabric.

Conclusions – Openness to the local area, ideas and good practice from international scale con-texts had a positive impact on the educational quality of the 3D M.A. programme and, conse-quently, on students’ approaches, visions and modus operandi. The opportunity to experience these trajectories also had a significant impact on considerations relating to internal educational experiences in Florence: the interdisciplinary approach, with special attention to the social sci-ences; work from the starting point of territorial networks extended to encompass contributions from other cultures; extending participation to diverse players; work activated by the cultural heritage, both material and immaterial.

Above all in the context of territorial synergy creation, analyses of local training needs and, in general, of new forms of innovative production such as the Fablabs and makerspace led to the definition of new trajectories on which work is underway thanks to a further project ERASMUS+ OD&M – Open Design & Manufacturing. We are, in fact, moving in the direction of hybrid second and third level educational programmes which allow differentiated access to both graduates and non-graduates via a modular system of further study and refresher courses which, on one hand, are organised from a lifelong learning perspective with professional training experiences and, on the other, can form part of an M.A.

NOTES

1) Cfr. https://www.che-fare.com/ezio-manzini-design-diffuso-per-linnovazione-sociale/ [Accessed 7 July 2017]. 2) The 3D – Design pour le Développement Durable des

productions artisanales en Tunisie project within the

framework of the TEMPUS 2013 – JPCR Joint Projects programme took place in Tunisia from 2013 to 2017. Co-ordinated by DIDA UNIFI, it involved a European

part-nership of Politecnico di Torino and Centro Sperimentale del Mobile e dell’Arredamento (manager of Distretto In-terni e Design), for Spain by Universidad de Barcelona, for Portugal by Escola Superior Gallaecia and for Tunisia by Université de la Manouba – Ecole Supérieure des Sci-ences et Technologies du Design, Université de SOusse – Institut Supérieur des Beaux Arts, Université de Kairouan - Institut Supérieur des Arts et Métiers de Kasserine. See http://atlas-design3d.eu/.

3) The website’s map http://atlas-design3d.eu/ was creat-ed by Politecnico di Torino, a project partner.

REFERENCES

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* SAVERIOMECCAis Director of the Department of

Architecture at the University of Florence. He is President of the CUIA (Italian University of Architecture Conference) and Director of the resear-ch unit INN-LINK-S on innovation and local and native knowledge systems. Tel. +39 348/01.38.955. E-mail: saverio.mecca@gmail.com

** GIUSEPPELOTTIis Full Professor ICAR 13 at

the Department of Architecture of the University of Florence. He is the author of over fifty publica-tions and curator of several series on Design, deals with sustainable design in all its forms. He is scientific coordinator of national and interna-tional projects. Tel. +39 335/80.80.570. E-mail: giuseppe.lotti@unifi.it

*** DEBORAGIORGIis Researcher ICAR 13 at the

Department of Architecture of the University of Florence. Her research is centered on Design for Heritage and territorial systems with a particular focus on issues related to cultural and social sustainability in the Mediterranean. Tel. +39 335/ 54.85.764. E-mail: deboragiorgio@gmail.com ***** Eleonora TRIVELLIN, PhD, is Lecturer in

Design at the Department of Architecture, of the University of Florence. Her research focuses on the relationship between design and crafts, with a special attention to the textile sector and interior design for yachting and in general for moving spaces. Tel. +39 338/43.09.621. E-mail: eleono-ra.trivellin@unifi.it

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