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Sintesi di derivati saccaridici precursori di analoghi zwitterionici dell'unita ripetitiva dello Streptococcus Pneumoniae 14 (SP14)

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Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

Tesi sperimentale

Sintesi di saccaridi precursori di analoghi

zwitterionici dell’unità ripetitiva dello

Streptococcus pneumoniae 14 (SP14)

Relatore:

Dott.ssa Felicia D’Andrea

Candidata:

Ballatore Orsola

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I

Indice

SIMBOLI E ABBREVIAZIONI ... III

1.INTRODUZIONE ... 1

1.1CARBOIDRATI E IL LORO RUOLO NELLA VACCINAZIONE ... 1

1.1.1 - Il sistema immunitario ... 4

1.1.2 - Vaccini e Vaccinazione ... 7

1.2-STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE ... 11

1.2.1 Vaccini Anti pneumococcici ... 18

1.3APPROCCI SINTETICI ALL’UNITÀ RIPETITIVA DEL POLISACCARIDE CAPSULARE SP14 ... 23

1.4SCOPO DELLA TESI ... 29

2. RISULTATI E DISCUSSIONE ...33

2.1–GENERALITÀ SULLA REAZIONE DI GLICOSIDAZIONE. ... 33

2.2-PREPARAZIONE DEL GLICOSIL DONATORE AZIDICO 15 ... 39

2.3-PREPARAZIONE DEL GLICOSIL ACCETTORE 17 ... 43

3. PARTE SPERIMENTALE ...49

3.1-METODICHE GENERALI: REATTIVI, SOLVENTI E STRUMENTAZIONE ... 49

3.2-SINTESI DEL 2,3,4-TRI-O-ACETIL-6-AZIDO-6-DESOSSI--D-GALATTOPIRANOSIL TRICLOROACETOIMMIDATO (15) ... 51

3.2.1 – Preparazione del 1,2:3,4-di-O-isopropilidene-6-O-tosil-α-D-galattopiranoside (22) ... 51

3.2.2 - Preparazione del 6-azido-6-desossi-1,2:3,4-di-O-isopropilidene-α-D-galattopiranoside (23) ... 52

3.2.3 - Preparazione del 6-azido-1,2,3,4-tetra-O-acetil-6-desossi-α,-D-galattopiranosio (25) .... 52

3.2.4 – Preparazione del 6-azido-2,3,4-tri-O-acetil-6-desossi-α,-D-galattopiranosio (26) ... 53

3.2.5 – Preparazione del 2,3,4-tri-O-acetil-6-azido-6-desossi-α-D-galattopiranosil tricloroacetoimmidato (15) ... 54

3.3-SINTESI DEL 6-BROMOESIL 2-ACETAMMIDO-6-O-t-BUTILDIFENILSILIL-2-DESOSSI-β-D -GLUCOPIRANOSIDE (17) ... 55

3.3.1- Preparazione del 2-Acetammido-1,3,4,6-tetra-O-acetil-2-desossi-α-D-glucopiranosio (27) ... 55

3.3.2 Preparazione del 2-ammino-3,4,6-tri-O-acetil-2-deossi-1-O-2-N-(etan-1-il-1-ilidene)-α-D -glucopiranosio (28) ... 55

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II

3.3.3 – Sintesi del 6-bromoesil 2-acetamido-3,4,6-tri-O-acetil-2-desossi--D-glucopiranoside (30) ... 56 3.3.4 - Tentativi di preparazione del derivato glicosidico 31 ... 57 3.3.5 – Sintesi del 6-bromoesil 2-acetamido-2-desossi--D-glucopiranoside (33) ... 58 3.3.6 – Sintesi del 6-bromoesil 2-acetamido-6-O-t-butildifenilsilil-2-desossi--D-glucopiranoside

(17) ... 59 4. BIBLIOGRAFIA ...61

(5)

III

Simboli e abbreviazioni

[α] Potere ottico rotatorio

Ac Acetile

APC Cellule presentanti l’antigene ATCC American Type Culture Collection Au-NPs Nanoparticelle d’oro

Bn Benzile

BSA Body Surface Area

CDs Cellule Dendritiche

CD Cluster of differentiation COSY Correlations spectroscopy CRM197 Crossing Reacting Ma- terial 197

CPS Polisaccaridi capsulari

CSA Acido canfosulfonico

CWPS Polisaccaridi capsulari della parete DBU 1,8-diazabiciclo [5.4.0] undec-7-ene

DCE 1.2-Dicloroetano

DCM Diclorometano

DEPT Distortionless enhancement by polarization transfer

DMF N,N-DimetilFormammide

DMPA Acido3-idrossi-2-(idrossimetil)-2 metilpropionico DNA Acido desossiribonucleico

ELISA Enzyme-linked immunosorbent assay

Equiv Equivalenti

Et Etile

HAuCl4 Acido Tetracloroaurico

HETCOR Heteronuclear Shift Correlation

HMO Human Milk Oligosaccharides

Hz Hertz

IC50 Inhibit Cellular Proliferation by 50%

Ig Immunoglobuline

IL Interleuchina

ISS Istituto Superiore Sanità

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IV

MIP Malattie pneumococciche invasive

Me Metile

MenA Neisseria Meningitidis

N Normale

NaBH4 SodioboroIdruro

NIS N-iodosuccinimmide

NMR Nuclear magnetic resonance

NO Ossido Nitrico

OMS Organizzazione Mondiale della Sanità

Py Piridina

p.f. Punto di fusione

PspA Proteina di superficie pneumococcica A

PPV23 Pneumococcal polysaccharides vacine 23-valent PCV Pneumococcal conjugate vaccine

Rf Fattore di ritenzione

SN Sostituzione Nucleofila

SP Streptococcus Pneumoniae

T Tert

t.a. Temperatura ambiente

TBAI Tetrabutilammonioioduro

TLC Thin-layer chromatography

TMSOTf Trimetil silil trifluorometansolfonato (Triflato) TRL-2 Toll-Like Receptor 2

Ts p-Toluensolfonile (Tosile)

TNF Fattore di necrosi tumorale

UV Spettroscopia di assorbimento Ultravioletto ZPS Zwitterionic Polysaccharide

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1.

Introduzione

1.1

Carboidrati e il loro ruolo nella vaccinazione

I carboidrati rappresentano una delle classi di composti organici naturali maggiormente diffusa in natura. Fino a 30 anni fa erano considerate molecole aventi solo funzione di tipo strutturale e di riserva nei sistemi biologici (cellulosa, chitina, glicogeno). Oggi i carboidrati sono considerate macromolecole bio-informative come gli acidi nucleici e le proteine. Diversamente da quest’ultimi, le molecole saccaridiche presentano diversi punti di ramificazioni volte a generare strutture molto complesse ed è stato dimostrato che la loro specifica attività biologica è ascrivibile a queste porzioni saccaridiche.1 Inoltre, è stato osservato che gli oligasaccaridi hanno un ruolo chiave sia nei vari processi biologici (risposta immunitaria e adesione cellulare) ma sono anche farmacologicamente rilevanti nei processi infiammatori, infezioni virali e batteriche, nonché in patologie tumorali, visto il loro ruolo nella trasmissione dei segnali responsabili della crescita cellulare incontrollata.

A livello microbiologico le strutture polisaccaridiche sono abbondantemente rappresentate sulle superfici di batteri, funghi, parassiti e virus. Nei microorganismi virali, i rivestimenti sono spesso costituiti da glicoproteine, mentre nei batteri i polisaccaridi si ritrovano nel peptidoglicano, nei lipo-polisaccaridi e nella capsula batterica.2 Questo strato di carboidrati complessi, conosciuto con il nome di glicocalice3 e che costituisce le membrane cellulari, oltre a determinare numerosi processi biologici, è responsabile dell'esposizione delle strutture saccaridiche sulla superficie cellulare favorendo l’interazione con il sistema immunitario, in qualità di determinanti antigenici cellulari. In particolare, le capsule di molti batteri patogeni sono costituite prevalentemente da polisaccaridi e/o lipopolisaccaridi (CPS) che sono definite come strutture immunomodulatorie poiché, spesso, garantiscono protezione contro i primi meccanismi di difesa messi in atto dall’ospite, limitandone la crescita e l’espansione ed evitando così l’insorgere della malattia.

Ad esempio molti studi hanno permesso di associare la natura della virulenza di molti patogeni ai loro polisaccaridi di superficie, chimicamente costituiti o da

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2

omopolimeri di un monosaccaride, come il composto {6)-α-D-ManpNAc-(1-PO4-} (1) nel batterio N. Meningitidis A (MenA) oppure da eteropolimeri formati da oligosaccaridi di lunghezza variabile (2-5 unità saccaridiche) come il trisaccaride -{4)-β-D -ManpNAc-(1→4)-α-D-Glcp-(1→2)-α-L-Rhap-(1-PO4-} (2), nello Streptococco Pneumoniae 19F

(SP19F) e il tetrasaccaride -{6)-[β-D-Galp-(1→4)]-β-D-GlcpNAc(1→3)-[β-D -Galp-(1→4)]-β-D-Glcp-(1→}n nello Streptococco Pneumoniae 14 (SP14, 3) (Figura 1).

Ad oggi, uno dei maggiori problemi sanitari mondiali rimane quello delle infezioni batteriche, rese più aggravate dalla farmaco-resistenza dovuta all'uso intensivo di antibiotici4 ed è proprio in questo contesto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) pone particolare attenzione alle strategie di prevenzione.

Uno dei più importanti successi ottenuti dalla medicina per un’efficace prevenzione è la vaccinazione, utile strumento in grado di indurre una risposta attiva da parte del sistema immunitario di un individuo contro virus, batteri e tossine allo scopo di proteggerlo definitivamente (o comunque per un tempo relativamente lungo) da una successiva esposizione a tali agenti infettanti prevenendone l’infezione o limitando gli effetti patogeni.

Alla base dell’immunoterapia vi è la comprensione di tutti i meccanismi molecolari con i quali i componenti del sistema immunitario riconoscono epitopi specifici, attivando sia i meccanismi di eliminazione sia quelli di espansione clonale della risposta immunitaria. In questo contesto i polisaccaridi capsulari, risultano essere

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anche mediatori delle interazioni intracellulari responsabili della risposta immunogenica in quanto interagiscono con il sistema immunitario visto che vengono riconosciuti da diverse famiglie di proteine come ad esempio le immunoglobuline (Ig).5 Questa è una strategia relativamente nuova, anche se la scoperta, ad esempio, che gli antigeni pneumococcici sono strutture polisaccaridiche risale al 1923. Nello specifico, l’introduzione di anticorpi specifici che si legano a questi polisaccaridi capsulari (CPS), attraverso l’immunizzazione, rappresenta la strategia applicata per più di mezzo secolo per proteggere l’ospite contro le invasioni batteriche, permettendo l’incremento della fagocitosi del batterio stesso.6 È proprio in questo campo che è aumentata la ricerca verso lo sviluppo di nuovi vaccini anti-batterici e anti-tumorali7 di natura polisaccaridica.

Da un punto di vista chimico, molti CPS che si trovano in natura come molecole neutre o aventi carica netta negativa sono classificati come antigeni “T-cell indipendenti”, poiché inducono una specifica risposta IgM, con minima formazione di IgG ovvero non sono in grado, come tali, di produrre una memoria immunologica.

Il ruolo fondamentale dei glicoconiugati nei processi biologici ha portato ad una maggiore richiesta di nuovi ed efficienti metodi di sintesi che permettessero la preparazione di un’ampia gamma di oligosaccaridi da poter utilizzare nell’indagine delle loro funzioni biologiche e ha suggerito il loro uso in terapia con un conseguente sviluppo ed implementazione di molti farmaci a base di carboidrati.8 L’accesso a tali

composti dipende essenzialmente dalla sintesi chimica.

Qualsiasi prodotto immubiologico, in grado di indurre una specifica immunizzazione attiva è definito vaccino. Esso deve essere specifico, il più possibile immunogeno (capace di conferire efficacia inducendo memoria immunogenica) ed il meno possibile reattogeno (capace di dare origine a complicanze). I requisiti fondamentali di un vaccino sono efficacia, innocuità, effetto durevole, praticità d’impiego.

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1.1.1 - Il sistema immunitario

Con il termine immunità viene indicato un insieme di meccanismi in grado di garantire una protezione efficace verso patologie di origine infettiva e causate da sostanze estranee di natura non infettiva. L’insieme delle cellule, tessuti e molecole responsabili dell’immunità si definisce sistema immunitario e la sequenza di reazioni che si verificano in seguito al legame tra le cellule e/o le molecole del sistema immunitario con l’elemento estraneo si definisce risposta immunitaria. Con il termine antigene è definita una molecola (tossina batterica, farmaco etc.) o un microrganismo (batterio, virus, parassita etc..) o una cellula che non appartiene all’organismo stesso ed è quindi estranea. Tutte le molecole o le cellule di uno stesso organismo si definiscono “self”, mentre le molecole, i patogeni e le cellule estranee e/o alterate si definiscono “non self”.

Il sistema immunitario9 è costituito da una complessa rete di componenti cellulari

e solubili che interagiscono tra loro con lo scopo di riconoscere e neutralizzare gli agenti potenzialmente pericolosi per conferire all’organismo la capacità di resistenza nei loro confronti. In particolare la funzione del sistema immunitario è quella di distinguere le entità presenti all'interno dell'organismo come "self" o "non-self", garantendo l’eliminazione di quelle non-self, come tessuti trapiantati, cellule neoplastiche e microorganismi. Per svolgere i suoi compiti, il sistema immunitario ha evoluto due meccanismi complessi (Figura 2) legati tra loro che si influenzano reciprocamente e cooperano in maniera sinergica:

 l’immunità innata (o aspecifica) presente alla nascita, agisce immediatamente e costituisce la prima linea di difesa nei confronti delle infezioni. Essa è caratterizzata da un insieme di reazioni immunitarie che hanno in comune la caratteristica di non produrre memoria immunogenica; l’antigene è catturato e distrutto senza conservarne il ricordo.

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 L’immunità acquisita (o specifica o adattativa) si sviluppa solo in risposta ad un’infezione o ad una sostanza estranea. Essa è basata su meccanismi in grado di produrre cellule che conservano la memoria dell’incontro con l’antigene e che sono in grado, dopo un successivo contatto, di scatenare in tempi molto rapidi una reazione più intensa. L’immunità acquisita si sviluppa quindi più lentamente e in una fase più tardiva, come risposta secondaria che risulta più efficace e specifica.

In particolare la risposta immunitaria immediata (0-4 ore) è rappresentata da tutti i meccanismi di difesa aspecifici, come le barriere fisico-chimiche (ciglia, pelle, mucosa bronchiale etc.), in grado di rimuovere immediatamente l’agente infettivo (Figura 3). Se queste barriere sono oltrepassate, viene attivata la seconda linea di difesa costituita dal sistema immunitario innato che si realizza con l’attivazione dei sistemi di difesa mediati dalla componente solubile o umorale (attivazione proteine del complemento) e cellule effettrici (fagociti, cellule Natural Killer etc.) che distruggono l’agente patogeno.

Figura 3 Figura 2

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Questo processo è molto rapido (4-96 ore) e rappresenta una forma di difesa aspecifica basata sul riconoscimento di caratteristiche comuni a molti patogeni ma non implica lo sviluppo di una memoria immunologica dal momento che non conduce alla produzione di anticorpi specifici. Se anche questa forma si difesa aspecifica fallisce, l’organismo per eliminare gli elementi non-self, ricorre alla linea difensiva rappresentata dal sistema immunitario specifico (o immunità acquisita) che coinvolge il trasporto dell’antigene agli organi linfoidi innescando un sistema elaborato e specifico che genera una risposta sia umorale (produzione di anticorpi) che cellulare. L’attivazione della risposta adattativa genera la produzione di anticorpi specifici per quell'antigene generando una memoria immunologica e, una successiva introduzione dello stesso antigene, agirà su un sistema immunologico già predisposto e ciò porta ad una risposta anticorpale più pronta e più energica (risposta secondaria). Questa specificità assicura un alto grado di efficienza ed evita risposte non necessarie e spesso nocive.

Dunque, per ottenere una risposta immunitaria completa ed efficace devono essere necessariamente coinvolti tutti i meccanismi di difesa precedentemente descritti. In particolare, l’agente patogeno deve riconosce i linfociti T ovvero le cellule del sistema immunitario che giocano un ruolo di primaria importanza nella risposta adattativa (o cellulo-mediata).10 Nonostante le cellule T abbiano sviluppato una vasta gamma di

recettori in grado di riconoscere gli epitopi di numerosi biopolimeri, per molti secoli è stato ritenuto che soltanto gli epitopi di antigeni proteici venissero presentati e riconosciuti dalle cellule T. Negli ultimi anni però, alcuni studi hanno evidenziato che i peptidi non sono i soli antigeni capaci di seguire questo percorso, ma anche glicolipidi e glicopeptidi possono essere definiti antigeni “T-Cell dipendenti”.

Le cellule T sono attivate principalmente mediante l’interazione con specifiche cellule del sistema immunitario definite cellule presentanti l’antigene (APC), tra le quali ritroviamo macrofagi, cellule dendritiche e cellule B. Queste cellule sono in grado di presentare ai linfociti T uno specifico antigene posto sulla propria superficie grazie a glicoproteine espresse sulla loro membrana note come complesso di istocompatibilità

maggiore (MHC).

Le APC possono esprimere molecole MHC di classe I e di classe II. Le MHC di classe I processano e presentano l’antigene ai linfociti T CD8+ (definiti anche cellule citotossiche) che hanno il compito di riconoscere e distruggere cellule infettate da batteri,

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virus ma anche cellule tumorali. Le MHC di classe II invece, attivano i linfociti T CD4+ (definite cellule T Helper) che aiutano altre popolazioni cellulari a combattere l’infezione, attraverso la loro differenziazione in diversi sottotipi e l’attivazione di altre cellule come ad esempio macrofagi o cellule B. Dopo l’attivazione, la cellula T-helper prolifera rapidamente secernendo una serie di citochine in grado di determinare un’efficace regolazione della risposta immunitaria.

1.1.2 - Vaccini e Vaccinazione

Come detto precedentemente, il corpo umano si protegge dalle aggressioni di batteri patogeni e la migliore difesa verso una seconda invasione è esplicata dalla memoria acquisita, ottenuta dopo la prima esposizione al patogeno e successiva guarigione. Pertanto, uno degli obiettivi della ricerca è rappresentato sicuramente dalla preparazione di formulazioni vacciniche in grado di indurre un’immunità artificiale contro virus, batteri, tossine con lo scopo di proteggere definitivamente (o per un periodo di tempo abbastanza lungo) l’organismo da una successiva esposizione a tali agenti prevenendone l’infezione e limitando la patogenicità. La vaccinazione dunque, aiuta il sistema immunitario ad esplicare la sua funzione di attacco naturale dell’antigene con conseguente guarigione e conservazione della memoria per quell’antigene stesso.

Esistono tre tipi di vaccinazione:

 SIEROPROFILASSI: somministrazione passiva di anticorpi che promuovono una difesa a breve termine contro l’antigene

 VACCINOTERAPIA: somministrazione di antigeni che inducano un’immunizzazione con un’azione preventiva, permettendo una più efficace difesa da parte dell’organismo

 IMMUNOTERAPIA: manipolazione del sistema immunitario in pazienti con malattia in atto in modo da correggerne la risposta immunitaria.

La tipica fonte di immunizzazione, oltre all’infezione causata dal diretto contatto con il patogeno, sono la somministrazione di vaccini generalmente contenenti:

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 Organismi patogeni ATTENUATI (virus o batteri vivi modificati che non sono capaci di moltiplicarsi nell’organismo in cui sono iniettati)

 Organismi patogeni INATTIVATI derivati da agenti uccisi e che sono incapaci di generare patologie.

Questi tipi di vaccini esplicano la loro azione verso patogeni batterici, virali e tossine permettendo la presentazione della proteina di superficie (antigene) ai linfociti T o B e attivandoli in modo che al successivo contatto si ottenga una risposta immunitaria efficace. Una delle migliori formulazione di vaccini disponibili in commercio è costituita da un virus o batterio attenuato, avente cioè una virulenza ridotta o eliminata, pur mantenendo le caratteristiche immunologiche ed è ottenuta attraverso particolari trattamenti: chimici (formaldeide, acetone, fenolo), termici, di crescita in condizioni avverse o di moltiplicazione in un ospite non naturale. Di solito, questi trattamenti rendono i patogeni utilizzabili come vaccini e i metodi usati per l’uccisione o l’attenuazione devono essere efficaci al 100% per prevenire la trasmissione accidentale di patogeni vivi. L’unico rischio di tali vaccini è che si può verificare il fenomeno della “retromutazione virale”, relativo alla riacquisizione delle capacità perse dal virus stesso attenuato.

Tra le altre tipologie sono degne di nota l’utilizzo di:

 Sub-unità vacciniche ottenute con la tecnica del DNA ricombinante, costituite da proteine di superficie che attivano il sistema immunitario, senza nessun rischio di infezione, e che permettono la produzione dell’antigene come sorgente continua.  Antigeni purificati di natura proteica o saccaridica che producono risposta

immunitaria efficace.

Tali formulazioni contengono una porzione antigenica del patogeno, solitamente di superficie di origine proteica o polisaccaridica. L’antigene puro, per quanto ottimo a livello antigenico, ha un’attività ridotta e non è paragonabile all’azione del vaccino costituito da virus attenuato. Le porzioni antigeniche del patogeno usate per ottenere questi vaccini possono essere esotossine appartenenti alla parete batterica dei Gram-negativi (come il lipide A), proteine canale, proteine con ruolo di sopravvivenza per il patogeno ed infine polisaccaridi presenti nelle capsule batteriche.

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Negli ultimi anni si sono sviluppate strategie di prevenzione volte all’impiego di vaccini a causa dell’incremento di resistenza agli antibiotici di alcuni ceppi batterici patogeni come Haemophilis influenzae, Streptococcus Pneuomoniae, di cui parleremo in modo più approfondito nel prossimo paragrafo e Neisseria Menengitis, che li rendono responsabili di un elevato numero di infezioni, talvolta mortali.11

Le malattie batteriche invasive (meningiti, sepsi, polmoniti batteriemiche) sono caratterizzate da una elevata frequenza di gravi complicanze e letalità. Visto che sono disponibili vaccinazioni in grado di prevenire una quota consistente di tali malattie è importante monitorare la loro diffusione e caratterizzare esattamente i patogeni che le causano. In Italia la sorveglianza è coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità e necessita la segnalazione di tutti i casi di malattie invasive batteriche causate da meningococco (Neisseria meningitidis), pneumococco (Streptococcus pneumoniae) ed emofilo (Haemophilus influenzae), e di tutte le meningiti batteriche. In generale gli obiettivi del sistema di sorveglianza sono:

1. Monitorare l’andamento temporale e geografico dei casi;

2. Descrivere la frequenza dei casi per agente patogeno, regione e fascia di età; 3. Descrivere la distribuzione dei sierogruppi/sierotipi circolanti;

4. Stimare la quota di queste infezioni invasive prevenibili da vaccino; 5. Valutare i casi di fallimento vaccinale.

L’ISS intende promuove quindi il miglioramento della diagnosi microbiologica e la tipizzazione molecolare di Neisseria meningitidis, di Streptococcus pneumoniae e di

Haemophilus influenzae per una stima più precisa della quota prevenibile con

vaccinazione. In Italia nel 2015 sono stati segnalati 999 casi di malattia invasiva da

Streptococcus pneumoniae (pneumococco), 168 da Neisseria meningitidis (meningococco)

e 114 da Haemophilus influenzae (emofilo).

Il batterio Neisseria menengitis è presente nelle alte vie respiratorie (naso e gola), spesso di portatori sani e asintomatici (2-30% della popolazione). Si trasmette da persona a persona attraverso le secrezioni respiratorie ma, risente delle variazioni di temperatura e dell’essiccamento per cui fuori dall’organismo sopravvive solo per pochi minuti. I sintomi non sono diversi da quelli delle altre meningiti batteriche, ma nel 10-20% dei casi la malattia è rapida e acuta, con un decorso fulminante che può portare al decesso in poche

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ore anche in presenza di una terapia adeguata. La contagiosità è comunque bassa, e i casi secondari sono rari; può tuttavia dare origine a focolai epidemici. Esistono 13 diversi siero gruppi di meningococco, ma solo sei causano meningite e altre malattie gravi: più frequentemente A, B, C, Y e W135 e molto più raramente in Africa, il sierogruppo X. In Italia e in Europa, i sierogruppi B e C sono i più frequenti. In particolare nel 2014, secondo i dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità (Figura 4), sono stati segnalati 163 casi di malattia invasiva da meningococco, con un’incidenza pari a 0.27 casi per 100.000; l’incidenza risulta in linea con i due anni precedenti (0.23 nel 2012 e 0.29 nel 2013).

Nel 2015 risultano aumentati i casi di meningite soprattutto nella Regione Toscana dove è stato registrato un aumento dei casi di meningococco C rispetto agli anni precedenti, anche nella fascia di età più adulta della popolazione. Tale situazione ha richiesto un continuo monitoraggio da parte di esperti toscani e dell'Istituto Superiore di Sanità e l'adozione di misure mirate alla prevenzione della diffusione dell'infezione. Ciò ha comportato una modifica del calendario vaccinale regionale con l’introduzione della vaccinazione gratuita ai nuovi nati (13° mese di vita), a tutti i ragazzi di età compresa tra 11 e 20 anni e agli adulti di età superiore ai 65 anni.

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Ad oggi i vaccini utilizzati nei tre tipi di batteri, quali Haemophilis influenzae,

Neisseria menengitis (meningococco) e Streptococcus pneumoniae (pneumococco) sono di

natura saccaridica e sono quindi costituiti da porzioni antigeniche del corrispondente patogeno. In genere i vaccini di natura saccaridica sono meno immunogenici rispetto al materiale proteico. Essi forniscono una risposta anticorpale con la sola produzione di IgM (risposta primaria) e stimolano solo i linfociti B per cui la memoria dura poco tempo e un vaccino basato su questi tipi di antigeni ha bisogno di richiami frequenti, almeno biennale.

Un’alternativa importante all’uso dei CPS nativi è data dalla sintesi chimica di frammenti delle unità ripetitive, seguite dalla loro coniugazione con una proteina carrier che permette la preparazione di vaccini con una struttura chimica ben definita e con completa assenza di contaminanti derivanti dalla matrice batterica.

1.2 - Streptococcus Pneumoniae

Con il termine “streptococcus” si intende un genere di batteri Gram-positivi di forma sferica (cocchi) che di solito crescono a coppie o a catenelle (Figura 5). Essi sono batteri aerobi facoltativi con predilezione per la condizione di anaerobiosi diffusi in natura in tutti quei materiali organici contenenti zuccheri ad alta concentrazione. Sono presenti nel cavo orale, nell’intestino dell’uomo e degli animali, nei prodotti del latte, nei cibi e nei succhi di frutta fermentati. Sono in gradi di produrre tossine che distruggono i globuli rossi.

Lo Streptococco Pneumoniae (SP) o pneumococco è un batterio diplococco gram-positivo circondato da una capsula (Figura 5) in cui si distinguono tre strati superficiali: membrana plasmatica, parete cellulare e capsula batterica. Questa capsula contiene polisaccaridi della parete (CWPS) e polisaccaridi della capsula (PS), costituiti da numerose unità ripetitive di oligosaccaridi che possono contenere tra due e dieci strutture monosaccaridiche. Il peptidoglicano è la componente della parete cellulare, composta da catene di glicani, in cui si alternano residui di acetilglucosamina e acetil N-acetilmuramico legati tra loro attraverso proteine, legati ai polisaccaridi capsulari. A differenza di quelli della parete, i polisaccaridi della capsula (PS) sono sierotipi specifici e quindi risultano essere differenti in ciascun sierotipo isolato.

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Figura 5

La capsula pneumococcica permette al batterio di proteggerlo dai meccanismi di difesa disposti dall’ospite, grazie al suo intrinseco potere anti fagocitario ed è per questo motivo che è riconosciuta come il principale fattore di virulenza, rappresentando una delle maggiori cause di mortalità e morbilità in tutto il mondo. Alcuni studi hanno anche dimostrato che la virulenza del batterio è determinato dal tipo di saccaride contenuto nella capsula.

La struttura del polisaccaride capsulare determina la capacità dei sierotipi di permanere nel sangue e provocare quindi malattie invasive, dovuto al fatto che questi si differenziano per la resistenza alla fagocitosi, alla deposizione e al degrado dei componenti della capsula, nella capacità di indurre anticorpi e nell’attivazione del complemento. I principali meccanismi di virulenza si differenziano principalmente in due tipi: il primo comprende tutti i fattori presenti sulla superficie del batterio che agiscono all’inizio dell’infezione impedendo la fagocitosi grazie all’inibizione del complemento, mentre il secondo tipo comprende tutti i fattori che aumentano l’attivazione del complemento incrementando l’infiammazione, grazie alla lisi degli pneumococchi.

Alcuni studi hanno dimostrato che varie proteine pneumococciche sono responsabili della virulenza, poiché i batteri producono degli enzimi, ad esempio IgA1 (proteasi) e

neuraminidasi, che permettono l’attacco alle cellule epiteliali ed endoteliali grazie al

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Altro fattore di virulenza è rappresentato dalla componente di superficie degli pneumococchi che legano il fattore H del complemento, inibendo la sua attivazione e la successiva fagocitosi.

Negli isolati pneumococcici la proteina pneumolisina, rilasciata per lisi, ha la capacità ad elevate concentrazione di provocare lisi cellulare stimolando la produzione di citochine infiammatorie (TNF e IL-1). Questo processo infiammatorio inibisce il battito cigliare sulle cellule epiteliali respiratorie, diminuisce l’attività battericida e la migrazione dei neutrofili. La proteina inoltre attiva la via del complemento, in modo molto simile alla proteina C-reattiva, distruggendo l’epitelio del tratto respiratorio e permettendo al batterio di penetrare nel sangue.12

Un’altra proteina responsabile di virulenza è la PspA, proteina di superficie penumococcica A, la quale interferisce con la fissazione del componente C-3 del complemento nella parete cellulare pneumococcica e questo inibisce l’opsonizzazione complemento-mediata, non dipendendo dal fattore H.

Hostetter e coll.13 hanno ipotizzato che il meccanismo di virulenza è determinato da quello che viene definito opsonizzazione del complemento che consiste nell’attivazione di C-3. In particolare i vari sierotipi favoriscono la deposizione del componente complementare C-3b impedendo la sua trasformazione a C-3d, rendendo così le strutture più facilmente inglobabili dai fagociti. Questo permette di definire più immunogenici i sierotipi che presentano nella loro capsula il C-3b degradato a C-3d, favorendo la risposta anticorpale.

Il peptidoglicano purificato e il CWPS presenti nella parete invece, inducono un processo infiammatorio simile alle infezioni pneumococciche, quali otite, meningite e polmonite. Questi attivano la via alternativa del complemento permettendo la produzione delle anafilatossine C-3a e C-5a, le quali aumentando la permeabilità vascolare favoriscono la degranulazione dei mastociti, attivando i leucociti polimorfonucleati nel sito d’infiammazione.14 Inoltre il peptidoglicano è capace di produrre IL-1 e fattore di necrosi

tumorale (TNF) da parte di monociti umani, responsabili del processo infiammatorio. In definitiva l’infezione vera e propria provocata dallo Streptococcus Pneumoniae

(SP), è causata dalla colonizzazione dei ceppi batterici, mediata da proteine superficiali

(adesine) che legando a recettori glicoproteici delle cellule epiteliali umane, permette la produzione di sialidasi (enzimi idrolitici) che modificano i carboidrati bioattivi delle

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14

cellule delle mucose in modo da produrre sequenze di carboidrati che il patogeno utilizzerà come recettore per diffondersi all’interno dell’organismo, causando l’infezione.15

Ad oggi, in base alle caratteristiche chimiche delle unità glicidiche ripetitive costituenti i polisaccaridi capsulari (CSP), sono conosciuti oltre 90 sierotipi diversi, la cui classificazione sierologica è ottenuta con la reazione di Quellung, basata sulla specificità anticorpale, che si realizza attraverso l’osservazione al microscopio dei diversi rigonfiamenti delle diverse capsule batteriche.16

Non tutti i 94 sierotipi isolati risultano essere patogeni, ma la maggioranza (30-40 sierotipi) è in grado di indurre infezioni nell’uomo, soprattutto negli anziani con sistema immunitario deficitario e nei soggetti immunodeficienti. Solo 15 sierogruppi (1, 3, 4, 5, 6A, 6B, 7F, 8, 9, 14, 18, 19A, 19F, 23A, 23B) causano 80% di infezioni da pneumococco nel mondo, e solo 7 di questi (4, 6, 9, 14, 18, 19, 23) sono pericolosi nei bambini sotto i sei anni di età, che non hanno ancora un sistema immunitario ben sviluppato, almeno per quanto riguarda i paesi dell’America del nord. In Figura 6 sono rappresentati i sierotipi (1, 5, 6A/6B, 19F e 14), presenti nel continente, che sono causa delle principali infezioni pneumococciche invasive.17

Le malattie pneumococciche possono essere suddivise in due tipi (Figura 7):  invasive (MIP): meningiti, la polmonite batteriemica e sepsi;

(21)

15

 non invasive: polmonite acquisita in comunità, otite media acuta, sinusite e bronchite (Figura 7).

Figura 7

L’otite media, infezione dell’orecchio medio, è una delle più comuni infezioni

batteriche e può danneggiare gravemente l’udito con successiva difficoltà all’apprendimento e ritardi nella comunicazione orale. È particolarmente comune e colpisce principalmente i bambini di età fra i 6 e i 12 anni.

La polmonite è una malattia caratterizzata da sintomi come la febbre improvvisa,

solitamente superiore a 39°C, brividi, tosse e catarro e risulta essere fatale negli anziani, nei soggetti immunodepressi e nei bambini piccoli. È la forma più comune di incidenza, che risulta essere di 100-200 casi per 100.000 individui negli USA.

Le malattie pneumococciche invasive (MIP), invece, vengono diagnosticate in

presenza dell’isolamento dello Streptococcus Pneumoniae dal sangue, dal liquor o in altri siti non comunicanti con l’esterno e tra questi si includono polmoniti batteriemiche, meningiti, batteriemie, sepsi, peritonite e artrite/osteomielite.

Si evidenzia che la maggior parte della popolazione è portatore asintomatico del patogeno nella zona nasofaringea e il fatto che esista una percentuale elevata di portatori sani (prevalentemente bambini di età infantile), fa pensare che esiste un’efficace resistenza naturale nei confronti dello pneumococco, per cui la polmonite pneumococcica si verifica se vengono alterate le normali difese naturali dell’apparato respiratorio. Tra i fattori predisponenti vi sono sicuramente alterazioni dell’apparato mucociliare o alterazioni fagocitosi alveolare, dovuto ad accumulo di fluidi negli alveoli (insufficienza cardiaca, inalazioni gas nocivi ecc..). L’accumulo di fluidi risulta essere un buon terreno di coltura per lo Streptococcus Pneumoniae che provoca una rapida risposta con produzione di leucociti e macrofagi i quali, accumulandosi negli alveoli infetti, coinvolgono tutto il lobo

(22)

16

polmonare, provocando polmonite e in seguito batteriemie (mortalità nel 30% dei casi), meningiti e pericarditi.

A livello globale, circa 1.6 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie pneumococciche invasive (MIP), maggiormente per sepsi e meningite, tra cui 1 milione di bambini sotto i cinque anni di età, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Va sottolineato, inoltre che nei paesi industrializzati il batterio è responsabile di patologie soprattutto in età di età più avanzata con condizioni patologiche che li espongono ad un maggiore rischio come anemie e immunodeficienze.

Nel 2012, sono stati riportati 785 casi confermati di MIP in 27 paesi dell’Europa e precisamente con un’incidenza di 4.28 casi su 100.000, cui maggior tasso di casi è stato osservato nei paesi nordici.18 Dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità e riferiti all’anno 2012, dimostrano un’incidenza di 5.06 su 100.000 bambini i cinque anni di età (10.86 nei bambini sotto l’anno di età) e 12.12 su 100.000 abitanti in adulti con età maggiore a 65 anni.18

Secondo dati riportati dal Ministero della Salute e riguardanti gli ultimi 5 anni (Figura 8), in Italia il numero di incidenza di casi di meningite da SP è molto elevato, soprattutto in bambini tra 1-4 anni di età e negli anziani di età > 64 anni.

In Nuova Zelanda, alla fine di giugno 2016 (10.2 su 100.000 abitanti, 468 casi), i casi di IDP risultano essere paragonabili a quelli di giugno 2015 (10.1 per 100.000 abitanti), dimostrando come sia difficile la diminuzione dell’incidenza di queste malattie invasive.

100 120 140 160 2011 2012 2013 2014 2015 25-64 anni > 64 anni 0 10 20 2011 2012 2013 2014 2015 0 anni 1-4 anni 5-9 anni 10-14 anni 15-24 anni Figura 8

(23)

17

La sepsi è una infiammazione sistemica causata dalla presenza dell’organismo nel sangue. La sua severità (a secondo del patogeno) può andare da una modesta febbricola che si risolve spontaneamente, sino a quadri con shock settici che possono evolvere verso esiti fatali.

Tra tutte le patologie pneumococciche invasive la più pericolosa è la meningite

batterica e i dati indicano che in Italia abbiamo una media di 300 casi all’anno (Figura 9),

per i quali un terzo è dovuto allo pneumococco, con tasso di mortalità del 20% (1 bambino su 6). 0 100 200 300 400 500 600 700 2011 2012 2013 2014 2015 Tasso incidenza meningiti Tasso incidenze sepsi altre malattie

La meningite pneumococcica si sviluppa in seguito ad una infiammazione delle

meningi, membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale. La forma batterica è estremamente seria e può avere conseguenze fatali. I sintomi più comuni sintomi di meningite comprendono improvvisa comparsa di febbre, mal di testa e torcicollo. Spesso sono presenti altri sintomi come nausea, vomito, fotofobia (sensibilità alla luce) e confusione. I sintomi della meningite batterica possono comparire rapidamente o più lentamente, in genere si sviluppano entro 3-7 giorni dopo l'esposizione. Nei neonati e bambini, i classici sintomi possono essere assenti o difficilmente evidenziabili e talvolta i medici cercano altri segni della malattia come un rigonfiamento sulla testa del bambino o riflessi anomali. Il 25-56% dei soggetti che sopravvivono alla patologia soffrirà di patologie neurologiche o invalidità a lungo termine; i neonati e i bambini hanno maggiori probabilità di manifestare attacchi epilettici, deficit uditivi, difficoltà di apprendimento e problemi comportamentali. Secondo gli esperti i numeri ufficiali sono però sottostimati per mancanza di notifiche regionali e studi recenti hanno evidenziato un aumento dell'incidenza delle MIP di oltre 5-10 volte se i metodi tradizionali colturali utilizzati nella

(24)

18

ricerca e nell'isolamento dello pneumococco dal sangue o dal liquor vengono sostituiti da indagini molecolari in grado di determinare la presenza del DNA batterico senza la coltivazione del germe in vitro.

1.2.1 Vaccini Anti pneumococcici

Anche per gli streptococchi, i polisaccaridi costituenti la capsula batterica (CPS) sono responsabili della risposta immunitaria e inducono la produzione di anticorpi conferendo una protezione antibatterica specifica, dopo che l’individuo viene a contatto con essi.

La prima generazione di vaccini anti pneumococcici è rappresentato da Pneumovax

23 (PPV23). Esso è basato su miscele di CPS ottenuti per lisi controllata delle capsule di

23 sierotipi (1, 2, 3, 4, 5, 6B, 7F, 8, 9N, 9V, 10A, 11A, 12, 14, 15B, 17F, 18C, 19 A, 19F, 20, 22F, 23F, 33F) seguita da purificazione delle parti biologiche. Esso è commercializzato sotto forma di sospensione iniettabile in siringa preriempita da 0.5 ml contenenti 25 mcg di ciascuno dei sierotipi. Questi 23 sierotipi sono responsabili del 90% dei casi di malattie pneumococciche nei paesi industrializzati e, nel 60-80% degli adulti in buona salute, questo preparato induce una buona risposta anticorpale, mentre la sua efficacia diminuisce al 21% in bambini sotto i cinque anni di età e in pazienti immunosoppressi, a causa dell’incapacità di indurre una efficace memoria immunogenica.

La vaccinazione anti pneumococcica a base di CPS, come si è visto, risulta essere poco efficiente soprattutto nei bambini. Allo scopo di prevenire le MIP è raccomandato per tutte le persone di 65 anni e i bambini a partire dall’età di 2 anni che soffrono di patologie croniche che risultano essere soggetti a maggiore rischio.7 La risposta anticorpale è insufficiente nei bambini sotto i due anni di età e il vaccino non è efficace per la prevenzione delle infezioni nel tratto superiore delle vie respiratorie.Gli anticorpi indotti verso alcuni sierotipi possono diminuire in un periodo che va dai 3 ai 5 anni, perciò la vaccinazione risulta essere di breve durata e necessita di dosi di richiamo che però producono concentrazione anticorpali similari o più basse rispetto a quelle derivanti della prima vaccinazione. Questo fenomeno è dovuto al fatto che gli antigeni polisaccaridici nativi portano alla riduzione delle cellule B di memoria periferiche causando la loro

(25)

19

differenziazione e non la sostituzione, attraverso stimolazione di specifici recettori superficiali (BCR) con conseguente produzione di immunoglobuline che avviano il processo opsofagocitico.19

Questa limitata immunogenicità può essere incrementata attraverso coniugazione dei polisaccaridi capsulari (CPS) o loro frammenti a proteine carrier (Figura 10)20 con proprietà immunogeniche, ovvero portanti epitopi peptidici selettivi per le cellule T che favorendo la modifica delle IgM in IgG specifiche, convertono la risposta immunitaria da T-indipendente in T-dipendente (o cellulo-mediata) ed inducono una risposta anticorpale duratura nel tempo (memoria immunologica) anche in soggetti a rischio come bambini e anziani.7

Un esempio di questo tipo di vaccini coniugati è rappresentato, dallo sviluppo nel 2000 e dall’introduzione in commercio dal 2010, dei vaccini coniugati PCV7 e Prevnar

13. Essi rappresentano dei vaccini di nuova generazione dove oligosaccaridi proveniente

da sierotipi differenti sono coniugati con un mutante detossificato della tossina difterica CRM197 (PnC7- CRM197) realizzata mediante amminazione riduttiva, una reazione tra un

gruppo aldeidico e uno amminico in ambiente riducente.

(26)

20

Nello specifico, il vaccino PCV-7, come sospensione iniettabile in siringa preriempita da 0.5 ml da somministrare per via intramuscolare, contiene 7 sierotipi di Streptococchi, esattamente 4, 6B, 14, 18C, 19F e 23F, mentre il vaccino Pneumovax 13 contiene 13 sierotipi, esattamente 1, 3, 4, 5, 6A, 6B, 7F, 9V, 14, 18C, 19A, 19F, 23F. La coniugazione con una proteina immunogenica permette, infatti, di ottenere una risposta anticorpale T-dipendente cellulo-mediata anche nei soggetti a rischio come bambini ed anziani. In particolare questa proteina carrier coniugata con le porzioni polisaccaridiche è in grado di facilitare l’internalizzazione del complesso mediante un processo di endocitosi recettore-mediato con attivazione delle cellule specializzate (APC) come le cellule dendritiche (CDs) e la successiva esposizione dei loro frammenti, associandoli ai complessi di maggiore di istocompatibilità di classe II (MHC II). In questo modo gli epitopi oligopeptidici vengono presentati ai corecettori CD4+, che si trovano sui linfociti T, garantendo il coinvolgimento della risposta immunitaria acquisita o adattativa. Dunque l’attivazione dei linfociti T-helper, che esprimono la molecola costimolatrice CD4+,

esprimono sulla loro superficie molecole costimolatrici B7 (CD80, CD86) e liberano citochine (interleuchine IL-4, IL-5 IL-6 e fattori di necrosi tumorale) in grado di indurre la differenziazione delle cellule B per dare vita a un clone di cellule capaci di produrre immunoglobulina ad alta affinità con memoria immunogenica (IgE, IgA ma soprattutto IgG), ovvero anticorpi specifici (Figura 10). In particolare, le IgG giocano un ruolo importante nel processo opsonofagocitario e nella citotossicità complemento-indotta contro i pneumococchi da fagociti professionisti.9

L’introduzione in commercio del vaccino PCV-7 e la repentina concretizzazione della copertura nei bambini ha determinato una significativa riduzione del 64% dell’incidenza di patologie invasive da pneumococco (MIP) nei bambini di età inferiore a 5 anni, sia negli USA e sia in tutti i paesi in cui l’uso del vaccino è stato approvato. Negli Stati Uniti, dove la copertura vaccinale con PCV-7 ha raggiunto valori >90%, è stata registrata una riduzione del 76% di MIP (diminuzione dei casi da 98.7 su 100.000 a 23.6 su 100.000) confermate in laboratorio e del 99% di quelle causate da sierotipi contenuti nel vaccino, nella popolazione target costituita dai bambini di età inferiore ai 5 anni.21 Dati simili sono state osservati in diversi paesi europei, con una riduzione del 97% di MIP nei bambini con età minore di 5 anni in Belgio tra il 2002 e il 2009, oltre il 90% nei bambini di

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21

età minore ai 2 anni nel 2010 in Germania, e il 90% e 95% di riduzione nei Paesi Bassi e in Norvegia.22

Dunque, la vaccinazione ha permesso una diminuzione dei casi specialmente nei bambini, dovuta alla vasta copertura vaccinale (>85 %), mentre un aumento progressivo nel caso degli anziani con età maggiore a 64 anni è verosimilmente dovuto alle probabilità elevate di sviluppo di sepsi batteriche in questi soggetti.23

Anche in Italia, ed in particolar modo in Liguria la copertura vaccinale ha raggiunto valori >95%, e ha permesso una significativa riduzione dei tassi di ospedalizzazione relativi alle patologie pneumococciche, in particolare riguardo alle polmoniti e otiti medie acute.24 Nonostante ciò, i dati raccolti in Italia, dimostrano che nel 2014 sono stati segnalati 952 casi di malattia invasiva da pneumococco, numero assoluto di poco diminuito rispetto al 2013 (977 casi) ma più alto degli anni precedenti (748 casi notificati nel 2011 e 813 casi nel 2012), probabilmente dovuto a un problema di sotto notifica (mancata trasmissione della segnalazione) o sotto diagnosi (mancata diagnosi eziologica). Inoltre sono stati segnalati casi di ceppi non inclusi nei vaccini,23 che hanno provocato una variazione dei sierotipi da quando la copertura vaccinale non era presente ad oggi, probabilmente provocato dalla pressione immunologica indotta dalla vaccinazione, dal largo uso di antibiotici e da trend secolari di distribuzione siero tipica. Nello specifico, la prevalenza riguarda i sierotipi 1, 7F e 19 A e altri più rari quali i ceppi 20, 24F, 33F e 38.

In Italia, recenti studi condotti in bambini di età minore di 5 anni evidenziano che il 20% delle MIP, confermate in laboratorio, sono causate da sierotipi contenuti nel vaccino PCV7. Pertanto, dal 2014, per le malattie pneumococciche, sono stati immessi in commercio altri due vaccini polisaccaridici coniugati (PCV-10 e PCV-13 valente) che contengono altri sierotipi. In aggiunta a quelli contenuti in PCV-7, PCV-10 (Synflorix®) contiene i sierotipi 1, 5, 7F e PCV13 contiene 6A, 7F e 19A. Questi sierotipi sono responsabili di svariate infezione pneumococciche nei bambini di età inferiore ai 2 anni, soprattutto nei paesi dell’Asia e dell’Africa, ed è per tale motivo che già nel 2011 erano stati introdotti il vaccino PCV-10 in Kenya e il vaccino PCV-13 in Sierra Leone, nei loro programmi nazionali di immunizzazione.17

I dati dimostrano che in Italia sarebbe opportuno aumentare i vaccini che coprano più sierotipi, in quanto secondo i dati riportati, il vaccino PCV-10 fornirebbe una copertura di circa il 60% dei sierotipi identificati, mentre il vaccino PCV-13 ne coprirebbe oltre il 94%

(28)

22

(86% per la meningite e quasi il 100% per le polmoniti). Infatti i sierotipi responsabili della maggior parte delle polmoniti e delle meningiti negli ultimi 3 anni, (sierotipi 1, 3 e 19A e 7F, 3 e 6A) non sono contenuti nel vaccino PCV-7 ma presenti nel vaccino PCV-13 a dimostrazione che il nuovo vaccino è quindi in grado di contrastare efficacemente il

replacement sierotipico, offrendo una copertura potenziale maggiore dell’80% nei

confronti delle malattie invasive pneumococciche.25 La dimostrazione è stata garantita da uno studio condotto nel periodo da Maggio 2013 ad Ottobre 2014 in pazienti di età superiore ai 70 anni, che ha confermato una buona tollerabilità del vaccino PCV-13 tra gli anziani ospedalizzati, riguardante la diminuzione di reazione avverse e nessun decesso fino a 14 giorni di immunizzazione, che risultano essere inferiore rispetto ad altre sperimentazioni cliniche effettuate prima con il vaccino PPV-23. Dunque il vaccino

PCV-13 può rappresentare uno strumento utile per prevenire le malattie pneumococciche non

solo in età pediatrica, ma anche negli anziani.26

È da tenere presente che tutti i vaccini antibatterici commerciali costituiti da polisaccaridi capsulari (CPS) nativi presentano problematiche ascrivibili all’eterogeneità, agli eventuali contaminanti biologici e chimici e alla variabilità strutturale presente nei differenti sierotipi della stessa specie. Inoltre, i numerosi casi di ipersensibilità, probabilmente ascrivibili alla proteina immunogenica o al tossoide difterico, nel caso dei vaccini coniugati, ha diminuito la notorietà e la compliance.

Data l’incidenza della malattia pneumococcica a livello mondiale e i limiti dei vaccini oggi presenti, risulta quindi di primaria necessità lo sviluppo di nuovi vaccini sintetici, dotati di maggiore efficacia, spettro d’azione e costo più contenuto. Il vantaggio offerto dalla preparazione di vaccini sintetici è la possibilità di ottenere analoghi strutturali dei frammenti capsulari nativi più stabili ma con immunogenicità paragonabile.

(29)

23

1.3 Approcci sintetici all’unità ripetitiva del polisaccaride capsulare SP14

Da dati riportati in letteratura si evince che affinché si abbia una risposta immunologica efficace e quindi un possibile effetto di vaccinazione è essenziale la sintesi di molecole ad alto peso molecolare che permettano di indurre una risposta immunogenica. Le strade per ottenere questo obiettivo sono principalmente quattro:

 Sintesi completa dei polisaccaridi capsulari naturali in grado di provocare una risposta immunogenica;

 Coniugazione di unità ripetitive con proteine capaci di dare una risposta T-dipendente, per migliorare le proprietà immunogeniche;

 Oligomerizzazione delle unità ripetitive trisaccaridiche o monosaccaridiche attive con giunzioni interglicosidiche diverse da quelle fosfodiesteree (naturali) al fine di ottenere analoghi con peso molecolare elevato, stabili in condizioni fisiologiche, in grado di mimare oligomeri nativi;

 Sintesi di macromolecole ad elevato peso molecolare dove uno scaffold portante in superficie una serie di unità glucidiche immunologicamente attive, è coniugato con un adeguato peptide immunogenico.

Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Farmacia dove è stata svolta questa Tesi, si sta occupando da tempo della sintesi chimica delle unità ripetitive costituenti i polisaccaridi capsulari dello Streptococcus Pneumoniae 19F (SP19F)27 e dello

Streptococcus Pneumoniae 14 (SP14)28 che rappresentano due dei serotipi con maggiore

incidenza nelle patologie pneumococciche e recentemente le ricerche si sono indirizzate verso lo sviluppo di metodologie sintetiche volte a realizzare la trasformazione dei polisaccaridi CPS neutri o loro frammenti in strutture saccaridiche zwitterioniche attive.

In particolare l’unità ripetitiva presente nella capsula batterica dello Streptococcus

Pneumoniae 14(SP14) è rappresentato dal tetrasaccaride di struttura -{6)-[β- D-Galp-(1→4)]-β-D-GlcpNAc(1→3)-[β-D-Galp-(1→4)]-β-D-Glcp-(1→}n. (Figura 11).

L’elevata incidenza delle malattie penumococcihe dimostrata dalla scarsa immunogenicità dello SP14 nativo rispetto ad altri ceppi pneumococcici, è attribuibile alla somiglianza strutturale con oligosaccaridi umani che presentano il frammento

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24

disaccaridico LacNAc [-D-Galp-(1→4)--D-GlcpNAc] come gli antigeni saccaridici dei gruppi sanguigni e gli oligosaccaridi solubili del latte umano (HMO). Visto che l’interazione del polisaccaride SP14 con i tessuti contenenti questi glicidi induce reazioni di reattività crociata con produzione di anticorpi autoimmuni, la coniugazione del polisaccaride SP14 nativo o suoi frammenti con una proteina immunogenica elimina questo inconveniente ed induce una risposta immunogenica specifica ed efficace.

Uno studio nel 200829 utile al fine di identificare la più piccola struttura saccaridica capace di stimolare la produzione di anticorpi specifici per lo Streptococcus pneumoniae 14, è stato condotto su topi attraverso test biologi usando frammenti saccaridici sintetici del polisaccaride SP14, costituiti da un numero variabile di monosaccaridi (3-12) coniugati con una proteina immunogenica (CRM197). Tale studio ha dimostrato che il trisaccaride

ramificato 4a [-D-Galp-(1→4)--D-Glcp-(1→6)--D-GlcNAc] induce la produzione di anticorpi specifici contro lo SP14, mentre nel caso del tetrasaccaride 4b avente struttura {-D-Galp-(1→4)]--D-Glcp-(1→6)-[-D-Galp-(1→4)]--D-GlcpNAc}, l’unità -galattopiranosidica legata alla posizione 4 della glucosammina migliora in modo significato il processo di opsonofagocitosi nel topo, inibendo la crescita di pneumococchi in vitro (Figura 12).

Figura 11

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25

Da questi studi è emerso, che a differenza degli altri polisaccaridi capsulari (SP19F o SP19A) dove solo gli oligomeri delle unità ripetitive trisaccaridiche (esamero, nonamero, dodecamero, etc) avevano attività immunogenica, nel caso dei frammenti del CSP di SP14, la coniugazione di due o tre unità tetrasaccaridiche tipo 4b (dimero o trimero) non fornisce significative differenze dell’attività anticorpale, che risulta, infatti, paragonabile a quella ottenuta dal singolo frammento. Da ciò si deduce che il frammento tetrasaccaridico 4b (Figura 12) costituisce la struttura minima in grado di dare una risposta immunogenica specifica e può rappresentare il punto di partenza per lo sviluppo di vaccini oligosaccaridici sintetici contro le infezioni causate da SP14.

Inoltre uno studio recente,30 volto a studiare l’effetto di un esasaccaride sintetico, rappresentante una regione della catena capsulare dello SP14 coniugato con BSA, condotto su topi ha garantito la capacità di indurre la produzione di anticorpi capsulari. In particolare è stato evidenziato, dopo una somministrazione di glicoconiugati assorbiti su idrossido di alluminio, un incremento dell’espressione di TLR-2 sui leucociti mononucleari nella milza dei topi immunizzati, seguito da un significativo aumento della liberazione di citochine con maggiore attività battericida e conseguente aumento dell’attivazione del complesso MCHII. Lo studio ha quindi dimostrato che la stimolazione dell’immunità innata (cellulo-mediata) può garantire l’ottimizzazione della progettazione di nuovi vaccini glico-coniugati.

Studi recenti condotti da Kasper e coll.31 hanno evidenziato che i CPS di batteri come

Bacteroidis fragilis (PSA1, PSA2 e PSB), Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae tipo 1 (SP1), strutturalmente e chimicamente differenti (Figura 13), sono

caratterizzati dalla presenza di una distribuzione zwitterionica di cariche sulle unità ripetitive e possiedono una specifica attività immunostimolatoria T-dipendente perché capaci ad indurre una memoria immunogenica senza coniugazione con una proteina carrier, come nel caso dei polisaccaridi neutri.

Il meccanismo di attivazione dei linfociti T da parte dei polisaccaridi zwitterionici (ZPS) non è chiaro e sono state formulate diverse ipotesi. Secondo Kasper e coll. gli ZPS assumono una conformazione elicoidale e, una volta inglobati dalle APCs, sono processati con un meccanismo ossidativo NO mediato e presentati ai corecettori TCD4+ attraverso il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe II. A supporto di questa ipotesi, gli Autori dimostrano che la stimolazione dei linfociti T è strettamente correlata alla

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26

struttura zwitterionica, dato che eliminando per via chimica le cariche positive, o quelle negative o entrambe nella struttura dello ZPS di Bacteroidis fragilis, si ottengono polisaccaridi cationici, anionici o neutri privi di attività. Inoltre viene supposto che la distribuzione di carica negli ZPS agisca solo sul modo di interazione fra l’antigene e l’MHC-II, senza influire sul processo di endocitosi e di transito vescicolare all’interno delle APCs.31

Il Gruppo di ricerca della Novartis Vaccines-Siena,32 suggerisce che, oltre al meccanismo proposto da Kasper, l’attività immunostimolatoria degli ZPS naturali potrebbe derivare da una diretta stimolazione dei recettori Toll-like 2 (TLR2) dei linfociti T oppure da ambedue i processi stimolatori che agiscono in cooperazione. Modificando chimicamente il polisaccaride anionico dello Streptococcus agalactiae, in modo da ottenere prima uno ZPS e poi un polisaccaride cationico, gli Autori trovano che, mentre lo ZPS sintetico ha proprietà immunostimolatorie sia sulle APCs che sui TLR2, i derivati con cariche nette positive o negative sono inattivi.

Questi risultati hanno aperto la strada a nuove ricerche nel campo dei vaccini sintetici ed in particolare allo sviluppo di metodologie volte a realizzare la trasformazione dei polisaccaridi CPS neutri o loro frammenti in strutture saccaridiche zwitterioniche attive. Ciò potrebbe avere notevoli implicazioni sia nella progettazione di nuovi vaccini saccaridici che mantengano la specificità immunogenica dell’antigene nativo e sia per chiarire il meccanismo attraverso cui gli ZPS (naturali o di sintesi) inducono una risposta anticorpale T-dipendente.

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27

Sulla base di queste premesse il gruppo di ricerca del Dipartimento di Farmacia dove è stata svolta questa Tesi, ha realizzato la sintesi di analoghi zwitterionici33 del

tetrasaccaride antigenico neutro 5 (Figura 14), caratterizzati dalla presenza di un centro cationico e uno anionico localizzati sulla struttura, con lo scopo di valutarne le loro proprietà immunogeniche. In particolare i target sintetici (6-10, Figura 14) hanno la caratteristica comune di essere tetrasaccaridi zwitterionici (ZOS) aventi differenze strutturali relative sia alla distanza fra il centro cationico e quello anionico e sia alla locazione delle cariche sulle diverse unità monosaccaridiche e/o sull’aglicone.

Figura 14

La scelta dei target da sintetizzare era stata supportata dai risultati di modellizzazione molecolare, condotta dal Prof. Toma dell’Università di Pavia, che avevano evidenziato come l’inserimento di due cariche sulla struttura tetrasaccaridica non provoca modifiche sostanziali nella conformazione della molecola. I tetrasaccaridi 5-10 sono stati testati dal gruppo di ricerca del Prof. Grazia Lombardi, dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale, che ne ha valutato la loro biocompatibilità e la loro capacità di legame per l’anticorpo specifico contro lo Streptococcus Pneumoniae tipo 14 (SP14).

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La biocompatibilità è stata valutata utilizzando test specifici in vitro (saggio calceina-AM) in grado di evidenziare sia la proliferazione cellulare e sia l'induzione di morte cellulare in funzione della concentrazione di composti testati.

Dai saggi effettuati su linee cellulari di monociti/macrofagi murini (RAW 264.7) non sono stati riscontrati sostanziali cambiamenti nella proliferazione delle cellule bersaglio dopo 24, 48 e 72 ore dalla somministrazione di concentrazioni crescenti di ciascun composto (da 10-5 mg/ml a 0.1 mg/ml), ad indicare come tali sostanze siano completamente biocompatibili (Figura 15).

Figura 15

Nei test di affinità (ELISA, competitivi) è stato usato come controllo il polisaccaride nativo SP14 commerciale (ATCC, Rockville, MD, USA) ed è stata valuta la capacità di inibizione del legame fra l’antigene e l’anticorpo policlonale (Anti-rabbit-14, Sigma-Aldrich) dei tetrasaccaridi 5-10. È stato evidenziato (Figura 16) che tutti i composti sono riconosciuti dall’anticorpo, risultano essere più attivi (IC50 circa 10-5 mg/ml) di un ordine

di grandezza rispetto al SP-14 naturale commerciale (IC50 circa 10-4 mg/ml), anche se sono

meno efficaci (30% vs 100%).

La scarsa efficacia dimostrata però non è stata considerata come un dato indicativo, in quanto non possiamo sapere se dovuta alla natura dei composti oppure al campione anticorpale utilizzato, che essendo policlonale può contenere anticorpi specifici anche per

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altre porzioni del polisaccaride capsulare diverse da quella antigenica e tale caratteristica dovrà essere rivalutata con saggi biologici più accurati e specifici.

Figura 16

Questi risultati suggeriscono, quindi, che sia l’introduzione e sia la localizzazione delle cariche (anioniche, cationiche o entrambe) sull’unità ripetitiva tetrasaccaridica del polisaccaride SP14 non influenza l'affinità di questi saccaridi per il legame ad un anticorpo specifico.

1.4 Scopo della tesi

Sulla base di quanto esposto nel paragrafo precedente, il lavoro svolto in questa tesi, si inserisce in un più ampio progetto di ricerca volto alla sintesi di nanoparticelle d’oro (Au-NPs) portanti sulla loro superficie tetrasaccaridi zwitterionici analoghi del tetrasaccaride antigenico costituente l’unità ripetitive costituenti il polisaccaride capsulare dello Streptococcus Pneumoniae 14. Le Au-NPs sono scaffold interessanti per la preparazione di ibridi inorganici-organici attraverso l'interazione stabile tra superfici d'oro e differenti classi di gruppi funzionali come ammine e tioli.

Le Au-NPs sono utilizzate nel campo delle nanotecnologie grazie alla loro stabilità, alta dispersibilità, biocompatibilità, proprietà strutturali e polivalenza. Esse consentono di caricare sulla loro superficie una grande quantità di composto bioattivo, aumentandone la stabilità e la specificità verso il tessuto target e riducendo gli effetti collaterali. Numerosi dati di letteratura evidenziano che gliconanoparticelle d’oro sono in grado di mimare il

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cosiddetto “effetto multivalenza” e sono state utilizzate con successo per investigare l’esistenza e le proprietà delle interazioni carboidrato-carboidrato tra epitopi oligosaccaridici, responsabili dell’associazione in vivo fra cellule.

Per realizzare la preparazione di gliconanoparticelle d’oro, tipo 12, si rende necessario sintetizzare un opportuno derivato tetrasaccaridico (11) zwitterionico portante in posizione anomerica un idoneo spaziatore funzionalizzato con un gruppo tiolico, in grado di legarsi all’oro attraverso una reazione (Schema 1) che prevede l’addizione, ad una soluzione metanolica o acquosa del tioderivato saccaridico, di una soluzione acquosa di acido tetracloroaurico (HAuCl4) seguita da riduzione con NaBH4.

Schema 1

In generale la sintesi dei tetrasaccaridi zwitterionici si basa su reazioni di glicosidazione che permettono, utilizzando intermedi sintetici comuni aventi gruppi protettivi ortogonalmente deproteggibili, di installare gli opportuni precursori dei centri di carica su posizioni differenti in modo da generare le varie famiglie tetrasaccaridiche analoghe zwitterioniche (ZOS) di 5.

La strategia sintetica può essere riassunta in 4 processi chiave illustrati nello Schema 2. a) Sintesi di un opportuno glicosil donatore monosaccaridico (A) portante in posizione

6 un gruppo azidico, precursore del gruppo ammonio.

b) Sintesi dell’opportuno glicosil accettore β-D-glucosamminico (B), selettivamente deprotetto in posizione 4 o nelle posizioni 3 e 4, portante in posizione anomerica un

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linker funzionalizzato con un gruppo precursore di un tiolo, ad esempio un tioestere.

c) -galattosidazione dell’accettore B con il glicosil donatore A e formazione del derivato lattosamminico C, seguita da successiva deprotezione selettiva del gruppo ortogonale (R1) presente in posizione 6;

d) Sintesi di opportuni glicosil donatori disaccaridici (D) portanti in posizione 6 un estere benzilico, precursore del gruppo carbossilato.

e) -glicosidazione del disaccaride accettore C con il disaccaride donatore D seguita da deprotezione finale dei tetrasaccaridi ottenuti.

Schema 2

In particolare nel mio lavoro di tesi mi sono occupata (Schema 3):

1. della sintesi, a partire dal 1,2:3,4-di-O-isopropilidene--D-galattopiranosio (14)

commerciale, del glicosil donatore monosaccaridico 15, portante in posizione 6 un gruppo azidico, precursore del gruppo ammonio.

2. della sintesi, a partire dalla D-glucosammina cloridrato (16) commerciale, del glicosil accettore β-D-glucosamminico 17, selettivamente deprotetto in posizione 3 e 4, portante in posizione anomerica un bromuro alchilico che attraverso una reazione tipo SN2 con tioacetato di potassio seguita da rimozione della funzione

tioesterea consentirà l’ottenimento del desiderato gruppo tiolico in questa posizione.

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Schema 3

Nel prossimo capitolo saranno analizzati in dettaglio tutte le reazioni e le problematiche affrontate nella sintesi del glicosil donatore monosaccaridico 15 e del glicosil accettore β-D-glucosamminico 17, che saranno utilizzati, in ricerche successive, nella preparazione del derivato disaccaridico C (Schema 2) mediante una reazione di -galattosidazione.

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2. Risultati e discussione

2.1 – Generalità sulla reazione di glicosidazione.

Negli ultimi anni, le reazioni di glicosilazione hanno acquisito un enorme sviluppo e un posto di rilievo nella chimica dei carboidrati.34 Tali reazioni permettono infatti l’introduzione di diverse funzionalità quali alcoli, ammine, tioli e tioeteri sulla posizione anomerica (C-1) del saccaride.

L’approccio sintetico a strutture saccaridiche complesse presenta degli stadi critici che sono rappresentati dalle reazioni di glicosidazione che avvengono secondo un meccanismo di attacco nucleofilo da parte di un alcool (comunemente definito glicosil accettore) sul carbonio anomerico di un saccaride (comunemente definito glicosil donatore) avente in posizione anomerica un gruppo uscente le cui caratteristiche elettrofile sono esaltate con l’uso di un adeguato promotore (Schema 4).

Schema 4 O X PO O O OP O PO O OP O H PO PO + Promotore

Glicosil donatore Glicosil accettore

In base all’orientazione spaziale del sostituente anomerico, il nuovo legame glicosidico

può essere sia ɑ che β (Figura 17) ma, spesso, è classificato anche come 1,2-cis o 1,2-trans, una terminologia che sottolinea la relazione fra il sostituente in posizione anomerica ed il gruppo presente sul C-2.

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