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Diagnosi differenziale ed evoluzione clinica delle anomalie della fossa cranica posteriore diagnosticate ecograficamente nel feto in utero

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INDICE

1. INTRODUZIONE ... 3 1.1 ... 3 1.2 Embriologia ... 3 1.3 Classificazioni ... 6 1.4 Prognosi ... 11 Megacisterna magna ... 11

Cisti della tasca di Blake ... 11

Malformazione di Dandy Walker ... 11

Dandy Walker variant ... 13

Cisti aracnoidee ... 13

Sindrome di Joubert ... 13

Sindrome di Chiari ... 13

1.5 Diagnosi ecografica prenatale ... 14

Ecografia basale ... 14

Neurosonografia ... 15

Aspetto ecografico delle principali anomalie della fossa cranica posteriore ... 16

1.6 Ruolo dell’ecografia tridimensionale ... 18

1.7 Ruolo della RM ... 20

1.8 Scopo della tesi ... 22

2. MATERIALI E METODI ... 23

3. RISULTATI ... 25

3.1 Associazione con altre anomalie ... 25

3.2 Malformazione di Chiari 2 ... 26

3.3 Malformazione di Dandy Walker ... 26

3.4 Megacisterna Magna ... 26

3.5 Dandy Walker variant ... 27

3.6 Cisti aracnoidee ... 27

3.7 Sindrome di Joubert ... 28

3.8 Sindrome di Walker Warburg ... 28

3.9 Malformazione di Chiari IV ... 28

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2

3.11 Trombosi del torculare di Erofilo ... 29

3.12 Concordanza tra la diagnosi ecografica prenatale e la categoria diagnostica definitiva 29 3.13 RM prenatale... 30

4. DISCUSSIONE ... 31

5. TABELLE ... 36

6. FIGURE ... 41

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3

1. INTRODUZIONE

1.1

Le malformazioni della fossa cranica posteriore comprendono un insieme eterogeneo di condizioni che, pur caratterizzate da aspetti anatomici ed ecografici simili, spaziano da varianti della norma a quadri patologici severi, con esiti prognostici differenti che si ripercuoto sul counselling e sulla gestione della gravidanza (Gandolfi Colleoni, G., Contro, E. 2012).

Grazie ai recenti sviluppi della diagnostica prenatale, è stato raggiunto un approccio più accurato allo studio dell’encefalo fetale in generale e in particolare della fossa cranica posteriore. Ciò ha prodotto un maggior numero di diagnosi di tali anomalie (Guibaud L., des Portes V., 2006).

1.2 Embriologia

Lo sviluppo del sistema nervoso è un processo che ha origine precocemente nella vita embrionaria e che si conclude solo dopo la nascita. La prima fase di tale processo, che prende il nome di neurulazione, ha inizio durante la terza settimana di vita intrauterina, quando l’ectoderma della stria primitiva va incontro ad un inspessimento longitudinale formando la placca neurale. Tale struttura in seguito ad un processo di invaginazione dà luogo alla formazione del solco neurale e, in seguito alla migrazione verso l’asse mediano dei suoi margini laterali, ad una struttura tubulare cava che prende il nome di tubo neurale.

L’estremità cefalica del tubo neurale dà quindi origine alle tre vescicole encefaliche primarie: prosencefalo (o encefalo anteriore), mesencefalo (o encefalo medio), rombencefalo (o encefalo posteriore). Quest’ultimo è separato dal midollo spinale mediante la flessura cefalica. A confine tra mesencefalo e rombencefalo si colloca l’organizzatore istmico, struttura fondamentale per lo sviluppo e la differenziazione cerebellare.

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4 Nel corso della quinta settimana il prosencefalo si suddivide in telencefalo cranialmente e diencefalo caudalmente; il rombencefalo forma il metencefalo ed il mielencefalo, separati dalla flessura pontina.

Dalle cavità presenti all’interno delle vescicole encefaliche hanno origine i ventricoli: i ventricoli laterali si formano nello spessore degli emisferi cerebrali, originatesi come estroflessioni laterali del telencefalo, la cavità del diencefalo forma il terzo ventricolo, quella del rombencefalo il quarto.

La parete del tubo neurale è inizialmente formata da cellule neuroepiteliali che si dividono rapidamente e progressivamente si differenziano in cellula nervose primitive, o neuroblasti. Come conseguenza di questa attiva replicazione le pareti laterali del tubo neurale sviluppano un ispessimento anteriore, che prende il nome di lamina basale e rappresenta la componente motoria, e un inspessimento posteriore, detto lamina alare, di natura sensitiva. Tale suddivisione interessa anche il mielencefalo, dove la lamina basale forma nuclei motori (efferenti somatici, efferenti viscerali speciali e generali) e la lamina alare contiene tre gruppi di nuclei sensoriali di relais. A livello della vescicola rombencefalica le lamine alari non arrivano a fondersi lungo la linea mediana dorsalmente, e di conseguenza il tetto risulta costituito soltanto da uno strato di tela corioidea noto come area membranosa. Tale struttura fino a tempi recenti non veniva apprezzata all’imaging a causa della sua esilità, e questo ha portato all’erronea convinzione che il quarto ventricolo fosse in realtà aperto superiormente e che le sua obliterazione fosse dovuta alla crescita caudale del verme cerebellare.

L’area membranosa, durante la formazione della flessura pontina dorsale, viene ad essere suddivisa da una plica trasversale nel tetto della vescicola romboencefalica nelle aree membranose anteriore e posteriore.

Le lamine alari dorsolaterali del metencefalo si incurvano medialmente a formare le labbra rombiche che, compresse da un’accentuazione della flessura pontina, danno origine alla lamina cerebellare.

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5 Il cervelletto origina a partire dalle labbra rombiche al margine superiore dell’area membranosa anteriore e si accresce inferiormente e lateralmente fino a ricoprirla al termine della diciottesima settimana di gestazione. L’area membranosa posteriore forma un’invaginazione tra il verme ed il nucleo gracile, dando origine alla tasca di Blake, precursore della porzione mediale della cisterna magna. Il colletto della tasca di Blake formerà il forame di Magendie, attraverso il quale avviene la comunicazione tra il quarto ventricolo e lo spazio subaracnoideo. La cisterna magna origina a partire da un compartimento mediale, evoluzione della tasca di Blake, ed uno laterale, formato da un’invaginazione della meninge primitiva, i quali diventano comunicanti a seguito di una fenestrazione a carico della tasca di Blake. Quando quest’ultima fase viene a mancare, si realizza una dilatazione del quarto ventricolo associata ad elevazione e rotazione del verme, per il resto morfologicamente normale, che rappresenta il quadro denominato “cisti della tasca di Blake”. In passato a lungo si è pensato che il verme del cervelletto originasse semplicemente dalla giustapposizione degli emisferi cerebellari, di recente si è invece compreso come in realtà origini, a partire dalla quinta settimana di gestazione, da un primordium mesiale; il suo sviluppo inoltre, come dimostrato da recenti considerazioni embriologiche e filogenetiche, è orientato in direzione ventro-dorsale piuttosto che dall’ alto verso il basso, per questo motivo il concetto di ipoplasia vermiana inferiore, adoperato in passato, è da considerarsi scorretto.

La complessa struttura della corteccia cerebellare viene raggiunta solo dopo la nascita. In utero la lamina cerebellare consta di tre strati: neuroepiteliale, mantellare e marginale. Le cellule dello strato neuroepiteliale, che funge da matrice germinale, proliferano e migrano verso la superficie del cervelletto dove formano lo strato granulare esterno.

Tra la nona e la tredicesima settimana di vita intrauterina, le cellule di Purkinje della corteccia cerebellare e i neuroni dei nuclei cerebellari migrano radialmente verso l esterno a partire dalla matrice germinale.

Tale processo avviene grazie all’espressione di svariati geni, tra cui gioca un ruolo di rilievo Wnt3.

Successivamente le cellule dello strato granulare esterno proliferano e iniziano a migrare verso l’interno, attraverso clusters di cellule del Purkinje, andando a formare

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6 lo strato granulare interno; tale migrazione è consentita da diversi geni omeotici, come Pax6, Zic1, Math1 (Patel S., Barkovich A.J., 2002)

1.3 Classificazioni

Ad oggi non esiste un classificazione delle anomalie della fossa cranica posteriore accettata all’unanimità dalla comunità scientifica.

Uno studio retrospettivo, condotto su una coorte di 70 pazienti con anomalie cerebellari valutati mediante Risonanza Magnetica (RM) , ha portato nel 2002 Barkovich a redigere una classificazione basata su un’ iniziale suddivisione in due categorie, ipoplasia e displasia, per ciascuna delle quali sono individuate in seguito anomalie focali o generali. L’ipoplasia è da considerarsi il risultato della cessazione prematura della genesi cellulare o dell’eccessiva apoptosi; nello sviluppo cerebellare, morfologicamente il cervelletto appare di minori dimensioni e le scissure sono normali. Quando focale, può interessare in maniera isolata il verme oppure un emisfero; quando generalizzata, può associarsi ad aspetto cistico del quarto ventricolo ed altri caratteri peculiari del Dandy Walker continuum, oppure ad un quarto ventricolo di aspetto normale. Nel contesto dell’ipoplasia cerebellare non cistica si inseriscono quadri differenti poiché l’ipoplasia può essere più o meno marcata e coinvolgere o meno il ponte. Un cervelletto displastico, al contrario, è il risultato di una anomala migrazione cellulare ed organizzazione corticale; si caratterizza per un aspetto anomalo dei folia o noduli eterotipici di sostanza grigia. Ricadono nell’ambito della displasia diffusa la lissencefalia, le distrofie congenite, l’infezione congenita da citomegalovirus (CMV). Al contrario la romboencefalosinapsi, caratterizzata da assenza del verme cerebellare con fusione lungo la linea mediana dei due emisferi, le malformazioni con “segno del dente molare”, come la sindrome di Joubert, dato dall’ipoplasia dei peduncoli vermiani e dall’anomala giunzione pontomesencefalica e apprezzabile in proiezione assiale alla RM, la sindrome di Lhermitte-Dulcos-Cowden sono classificate come displasie focali.( Patel S. e Barkovich A.J., 2002)

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7 Tortori-Donati, nel 2005, ha suddiviso le anomalie della fossa cranica posteriore in due classi: cistiche e non. Le malformazioni cistiche sono caratterizzate da una consistente raccolta liquorale, in sede retro- o infracerebellare, la cui origine può essere ascrivibile a fenomeni differenti, quali la dilatazione massiva del quarto ventricolo, persistenza di strutture embrionali come la tasca di Blake, dilatazione degli spazi subaracnoidei. Quando tale raccolta manca si parla invece di malformazioni non cistiche.

Le malformazioni cistiche comprendono Dandy Walker (DWM), Dandy Walker variant (DWv), cisti della tasca di Blake, megacisterna magna, cisti aracnoidea; tra le malformazioni non cistiche si collocano invece la sindrome di Joubert e la romboencefalosinapsi.

La malformazione di Dandy-Walker fu descritta per la prima volta da Dandy e Blackfan nel 1914 e successivamente studiata da Taggart e Walker nel 1942. Essa si caratterizza per tre elementi fondamentali: completa o parziale agenesia del verme; dilatazione cistica del quarto ventricolo; dilatazione della fossa cranica posteriore, con l’inserzione del tentorio dislocata verso l’alto, così come il torculare di Erofilo. L’idrocefalo, malgrado non sia un criterio essenziale per la diagnosi, è presente il oltre l’80% dei casi.

La malformazione di Dandy Walker variant è caratterizzata da ipoplasia del verme, il quale risulta ruotato, e da una dilatazione cistica del quarto ventricolo, la quale tuttavia, a differenza della DWM, non è tale da determinare una cospicua dilatazione della fossa cranica posteriore. L’associazione con idrocefalia, a differenza di quanto si possa riscontrare nella DWM, non è frequente e, quando si verifica, è spesso dovuta ad altre anomalie concomitanti. Alcuni autori hanno proposto di eliminare questa categoria in favore di una più generica “ipoplasia cerebellare”. Pur riconoscendo che la DWM e la DWV siano da considerarsi come facenti parte di uno spettro variegato, che può essere definito come Dandy Walker continuum, Tortori-Donati tuttavia ribadisce che il carattere di rotazione del verme è un tratto distintivo della DWv che dunque ne consente la distinzione da tutte le altre situazioni di ipoplasia cerebellare (Tortori-Donati 2005).

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8 La tasca di Blake è una protrusione a carico dell’area membranosa posteriore che, in condizioni fisiologiche, va incontro a cavitazione dando origine al forame di Magendie tra la nona e la decima settimana di gestazione. Anomalie a carico di questo processo portano a una persistenza della tasca indicata come “cisti della tasca di Blake”. I principali criteri diagnostici sono: normale anatomia e dimensioni del verme, il quale risulta moderatamente ruotato, e normali dimensioni della cisterna magna. In un 50% dei casi il quadro si risolve spontaneamente con una fenestrazione tardiva intorno alla 24-26esima esima. Può presentarsi isolata, associata a malformazioni cardiache o, più raramente, a trisomia 21. (Paladini D., Quarantelli M. 2012). A seconda della pervietà o meno del forame di Luschka, può presentarsi associata ad idrocefalo di varia entità che risulta essere il principale fattore prognostico negativo. (Chapman T., Mahalingam S. 2015)

La megacisterna magna è una dilatazione cistica della fossa cranica posteriore caratterizzata da verme integro, dilatazione della cisterna magna e assenza di idrocefalo (infatti la cisterna magna dilatata comunica liberamente con gli spazi liquorali circostanti, e dunque non si verificano ostruzioni al flusso). Il cervelletto ed il tronco encefalico sono normoconformati: questo depone a favore della mega cisterna magna in caso di diagnosi differenziale con la cisti aracnoidea, che invece causa più frequentemente compressione.

La cisti aracnoidea è una struttura contente liquido cefalorachidiano, non comunicante con gli spazi subaracnoidei circostanti. Può svilupparsi ovunque nel contesto della fossa cranica posteriore ma può creare problemi di diagnosi differenziale se collocata posteriormente ed inferiormente al cervelletto. Quando voluminosa può esercitare un effetto massa a carico del cervelletto e deformazione dell’osso occipitale. (Shekdar, 2011)

Tra le malformazioni non cistiche si collocano la sindrome di Joubert e la romboencefalosinapsi.

La sindrome di Joubert, descritta per la prima volta nel 1969, è una rara sindrome caratterizzata da aspetto anomalo della fossa cranica posteriore con ipoplasia del verme e anomala giunzione pontomesencefalica che determina il caratteristico segno

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9 del “dente molare” alle tecniche di imaging. (Shekdar, K. 2011) La clinica è caratterizzata da ipotonia, atassia, aprassia oculomotoria, dismorfismi facciali, e anomalie respiratorie del neonato. Nell’eziopatogenesi sono coinvolti più di 20 differenti geni: questo è alla base dell’eterogeneità che la caratterizza, sia sulla base della clinica, sia per quanto riguarda il neuroimaging. Sulla base dell’associazione con anomalie renali, epatiche e/o oculari se ne possono distinguere diversi fenotipi che formano il complesso della sindrome di Joubert e disordini correlati (JSRD). Nella maggior parte di casi è autosomica recessiva ma esistono rari casi di trasmissione X-linked.

Tra le altre anomalie variamente associate con la Joubert osserviamo anomalie del tronco encefalico e del cervelletto, disgenesie del corpo calloso, dilatazione della fossa cranica posteriore, aumento del liquor retrocerebellare, ventricolomegalia, tutti di gravità variabile.

La diagnosi ecografica prenatale di sindrome di Joubert è complicata a causa della carenza di segni patognomonici, spesso l’unico elemento apprezzabile è la displasia del verme. Per questo motivo la diagnostica ecografica deve essere associata alla RM allo scopo di formulare una più accurata diagnosi.

Alla RM a partire dalla ventiduesima settimana di gestazione l’aspetto caratteristico della sindrome di Joubert è rappresentato da una ipoplasia del verme, associata al “segno del dente molare”, risultato della mancata decussazione dei peduncoli cerebellari superiori a livello della giunzione pontomesencefalica. La prognosi varia in relazione alla presenza o meno di deficit neurologici e cognitivi, alle anomalie concomitanti e all’entità della insufficienza respiratoria. (Chapman T., Mahalingam S. 2015; Karegowda L.H., Shenoy P.M. 2014; Poretti A., Huisman T.A. 2011)

La romboencefalosinapsi invece, legata ad un gap maturativo tra strutture mediali e laterali, si caratterizza per assenza o ipoplasia vermiana e fusione degli emisferi cerebellari. Raramente presente come anomalia isolata, tende ad associarsi con altre anomalie di sviluppo della linea mediana come mesencefalosinapsi, diencefalosinapsi, oloprosencefalia. Non infrequente l’associazione con anomalie extracraniche come malformazioni cardiovascolari, fistola tracheoesofagea, anomalie renali e difetti degli arti. (Chapman T., Mahalingam S., 2015)

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10 Nel 2006 Guibaud e Portes hanno sottolineato come in particolare la DWv comprenda entità troppo disomogenee per consentire una valutazione prognostica unitaria. Per questo motivo tali Autori hanno proposto una classificazione differente basata su tre categorie (ipoplasia, agenesia e atrofia), suddivise a loro volta in sottogruppi sulla base dell’eziologia (malformazione isolata, sindromica, infettiva, vascolare).

Nel contesto delle malformazioni della fossa cranica posteriore si inserisce inoltre la sindrome di Chiari che consiste in una erniazione più o meno consistente del romboencefalo attraverso il forame magno e comprende 4 forme:

 Chiari 1, caratterizzata dalla erniazione delle tonsille cerebellari attraverso il forame magno. Nella maggior parte dei casi è congenita, più raramente secondaria a ipotensione liquorale (spontanea o iatrogena) o ipertensione endocranica. La forma congenita è attribuibile ad una ipoplasia occipitale con riduzione del volume della fossa cranica posteriore e conseguente erniazione di parte delle strutture ivi contenute.

 Chiari 2, anomalia congenita ascrivibile ad un difetto di chiusura del tubo neurale. A differenza della Chiari 1 qui si assiste all’erniazione nel canale cervicale di midollo allungato, verme e quarto ventricolo. Si associa in quali la totalià dei casi a mielomeningocele e idrocefalo progressivo; risultano frequenti, inoltre, le associazioni con siringomielia del midollo cervicale e micropoligiria.

Tra le manifestazioni cliniche si annoverano anomalie dei nervi cranici inferiori, stridore laringeo, fascicolazioni della lingua, paralisi sternocleidomastoidea, ipostenia della muscolatura facciale, sordità, paralisi bilaterale dell’abducente.  Il tipo 3 è caratterizzato da encefalocele occipitale contente il cervelletto

erniato, è estremamente rara e si associa a cattiva prognosi con elevato tasso di mortalità.

 il tipo 4 si riferisce a un quadro di ipoplasia cerebellare . (Chiapparini L., Saletti V. 2011)

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1.4 Prognosi

L’esito prognostico che si associa alle malformazioni della fossa cranica posteriore varia notevolmente in base al tipo di anomalia, alla eventuale sovrapposizione di più quadri malformativi, alla associazione con anomalie cromosomiche.

Megacisterna magna

La megacisterna magna si associa a prognosi nettamente migliori rispetto alle altre anomalie della fossa cranica posteriore, in un terzo dei casi va incontro a risoluzione spontanea e, quando isolata, porta a uno sviluppo neurologico normale nel 90% dei casi. (Gandolfi Colleoni, G., Contro, E. 2012)

I pazienti con MCM che presentano quadri di ritardo mentale presentano nella quasi totalità dei casi malformazioni associate sopratentoriali, come ad esempio disgenesie del corpo calloso. Quando isolata, invece, rappresenta una condizione asintomatica. (Tortori-Donati 2005)

Cisti della tasca di Blake

La cisti della tasca di Blake si associa ad un esito clinico variegato: può dare alterazioni neurocomportamentali, idrocefalo progressivo in età pediatrica, diventare sintomatica solo in età adulta o restare del tutto asintomatica. Quando sintomatica può essere trattata con una ventricolostomia endoscopica o posizionamento di shunt. (Azab A., Shohoud S.A. 2014)

Malformazione di Dandy Walker

Al contrario ben la metà dei pazienti affetti da malformazione di Dandy Walker ha un anomalo sviluppo intellettivo. Fattori prognostici negativi sono collegati alla presenza di anomalie sopratentoriali associate, come ad esempio disgenesia del corpo calloso, eterotopia della sostanza grigia, anomalie delle circonvoluzioni cerebrali, grado di

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12 idrocefalo; al ritardo intellettivo si associano sovente epilessia, anomalie visive o uditive. (Klein O., Pierre-Kahn A. 2003)

La DWM è la causa di circa il 3% degli idrocefali osservati in età pediatrica. L’idrocefalo non sempre è apprezzabile alla nascita, talvolta compare intorno al terzo mese di vita postnatale con progressivo aumento della circonferenza cranica, distensione delle fontanelle, ritardo nello sviluppo. E’ utile in questi casi il posizionamento di uno shunt al fine di favorire il drenaggio e, di conseguenza, lo sviluppo degli emisferi cerebellari, che continua anche dopo la nascita. (Tortori-Donati 2005)

In caso di DWM studi condotti mediante l’impiego di ultrasonografia tridimensionale hanno messo in evidenza che il grado di ipoplasia del verme, apprezzato su un piano sagittale mediano ottenuto a partire dalla fontanella posteriore, correla con frequenza e gravità dei disturbi neurologici (Paladini D., Volpe P., 2006). Nei casi di agenesia parziale del verme, valutata mediante l’ultrasonografia, risulta utile uno studio dell’anatomia del verme con RM, particolarmente le scansioni sagittali in T2. Quando questo si presenta come “normalmente lobulato”, sono dunque presenti 3 lobi e due scissure, e non è associato a malformazioni sopratentoriali si tratta di un buon fattore prognostico per uno sviluppo intellettivo normale.

(Klein O., Pierre-Kahn A. 2003)

In genere la DWM è presente come malformazione isolata, con migliore prognosi, talvolta tuttavia può riscontrarsi nel contesto di un quadro più complesso come la sindrome di Walker-Warburg, la Meckel-Gruber, la Aicardi, o in associazione con trisomia 18 o 13.

Quando si presenta in associazione con emangiomi capillari del volto e anomalie cardiache, arteriose o oftalmologiche si iscrive nel quadro della sindrome PHACE. Sono state descritte rare forme familiari di DWM, tutte associate a disordini neurometabolici e leucodistrofia sopratentoriale. (Tortori-Donati 2005)

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13 Dandy Walker variant

Le prognosi in caso di DWv isolata è migliore rispetto alla DWM, i casi con esito infausto o con severi reliquati neurologici sono generalmente associati ad altre anomalie concomitanti. (Ecker J.L., Shipp T.D. 2000)

Cisti aracnoidee

Le cisti aracnoidee sono cavità cistiche ripiene li liquor che non comunicano con il circostante spazio subaracnoideo, che possono formarsi in qualsiasi punto della fossa cranica posteriore. (Tortori-Donati 2005)

La maggior parte di esse resta stabile e non richiede trattamento chirurgico, nel caso in cui interferisca a causa della sua posizione con la circolazione del liquor e il paziente sia sintomatico, si procederà ad un intervento volto alla creazione di una fenestrazione endoscopica oppure al posizionamento di uno shunt. (Garel, 2014)

Sindrome di Joubert

Il classico quadro clinico associato a sindrome di Joubert si caratterizza per :ipotonia ed atassia, dovute all’assenza o ipoplasia del verme, già apprezzabili rispettivamente nel periodo neonatale e durante l’infanzia; ritardo psicomotorio; facies tipica; nistagmo, dovuto ad aprassia oculomotoria; respiro anomalo, caratterizzato da iperpnea associata a pause respiratorie generalmente notturne. La prognosi è variabile, in relazione anche alla presenza o meno di deficit neurocognitivi e di anomalie concomitanti, ma in genere infausta. A causa delle anomalie respiratorie diversi bambini possono andare incontro a Sudden Infant Death Syndrom (SIDS). Nei bambini che sopravvivono le anomalie respiratorie tendono a migliorare con la crescita, ma sono generalmente presenti gravi deficit cognitivi. Sono estremamente rari i casi di pazienti affetti da JS che presentano un normale sviluppo intellettivo. (Tortori-Donati 2005)

Sindrome di Chiari

Nel contesto della sindrome di Chiari le forme più comuni sono rappresentate dalla tipo I e tipo II.

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14 La sindrome di Chiari I, caratterizzata dall’erniazione delle tonsille cerebellari attraverso il forame magno, può decorrere in maniera del tutto asintomatica e non essere mai diagnosticata oppure associarsi a un quadro clinico di diversa entità, che può comprendere a seconda dei casi: cefalea occipitale, nistagmo, atassia cerebellare progressiva, tetraparesi spastica progressiva, siringomielia cervicale con amiotrofia segmentale e deficit sensitivo. (Chiapparini L., Saletti V. 2011)

Il quadro clinico comunemente riscontrato in pazienti affetti da CMII si caratterizza, oltre che alla sintomatologia dovuta alla spina bifida, per la presenza di stridore inspiratorio, difficoltà deglutitorie, apnea intermittente, debolezza degli arti superiori. Nei casi più gravi si manifesta con dispnea e cianosi e può portare a bradicardia ed exitus.

L’idrocefalo, che si manifesta con i segni dell’ipertensione endocranica, può essere corretto mediante l’applicazione di uno shunt-ventricoloperitoneale.

Il mielomeningocele si associa a prognosi migliore quando la lesione ha limite superiore che si colloca al di sotto di L4. (Tortori-Donati 2005; Stevenson K.L. 2004)

1.5 Diagnosi ecografica prenatale

La valutazione qualitativa e quantitativa dell’anatomia cerebrale fetale è parte integrante dell’esame ecografico del secondo trimestre. In gravidanze a basso rischio viene normalmente condotto un esame eseguito per via transaddominale con sonda a frequenza compresa tra 3 e 5 MHz; esso comprende una prima analisi della morfologia dell’encefalo nel suo insieme e di alcune regioni in particolar modo significative (quali i ventricoli laterali, il cervelletto, la cisterna magna, il cavo del setto pellucido), seguita dall’acquisizione di dati biometrici. Qualora la valutazione ecografica di base faccia emergere elementi di sospetto, è indicato procedere con una valutazione più approfondita dell’encefalo fetale, nota come neurosonografia fetale.

Ecografia basale

I piani di riferimento per la valutazione standard della testa fetale sono il transventricolare ed il transcerebellare, a questi spesso si aggiunge il piano transtalamico utilizzato principalmente per gli aspetti biometrici.

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15 La scansione transventricolare permette di studiare i corni anteriori del ventricolo laterale, separati medialmente dal cavo del setto pellucido, gli atri ed i corni posteriori. La scansione transtalamica, più caudale rispetto alla precedente, mostra i corni frontali del ventricolo laterale, il cavo del setto pellucido, i talami separati dal terzo ventricolo ed i giri ippocampali.

Al fine di studiare la morfologia della fossa cranica posteriore risulta particolarmente utile il piano transcerebellare, che consente la visualizzazione dei corni anteriori dei ventricoli laterali, del cavo del setto pellucido, dei talami, del cervelletto e della cisterna magna. In condizioni normali il cervelletto presenta un caratteristico aspetto a farfalla, con gli emisferi ai lati e al centro il verme, iperecogeno. Prima delle venti settimane ridotte dimensioni del verme si considerano un reperto normale, imputabile alla precocità del esame; lo stesso reperto è tuttavia da guardare invece con sospetto qualora si presentasse in un’ età gestazione più avanzata.

La valutazione biometrica standard comprende la misura del diametro biparietale (DBP), della circonferenza cranica (CC) e del trigono. Alcuni autori ritengono necessarie anche le misure del diametro transcerebellare (DTC) e della cisterna magna; quest’ultima, misurata dal verme al margine interno dell’osso occipitale, misura normalmente da 2 a 10mm.

In una gravidanza a basso rischio , se lo studio ecografico dei piani transventricolare e transcerebellare non rivela anomalie e le misure della testa sono nei limiti della norma per l’età gestazionale, molte malformazioni possono essere escluse e il rischio di anomalie a carico del sistema nervoso centrale (SNC) è basso, dunque non son indicati ulteriori approfondimenti. (ISUOG, 2007)

Neurosonografia

La neurosonografia fetale sfrutta, oltre ai piani assiali sopra descritti, quattro piani coronali e tre piani sagittali. I piani coronali utilizzati sono:

il transfrontale, rostralmente al ginocchio del corpo calloso, ottenuto allineando la sonda con la fontanella anteriore;

il transcaudato; il transtalamico;

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16 A questi si sommano tre piani sagittali:

il piano mediosagittale, che mostra il corpo calloso, il troncoencefalo, il ponte, il verme e la fossa posteriore;

i piani parasagittali di ambo i lati, con i ventricoli laterali, i plessi corioidei, il tessuto periventricolare e la corteccia. (ISUOG, 2007)

Aspetto ecografico delle principali anomalie della fossa cranica posteriore In caso di cisterna magna di dimensioni aumentate, qualora a questo si associ un’elevazione del tentorio e del torculare verosimilmente si tratta di malformazione di Dandy-Walker. Qualora invece il torculare sia nella sua posizione fisiologica, una più dettagliata analisi della morfologia cerebellare può far sospettare una rotazione del verme, una cisti aracnoidea o un quadro di megacisterna magna. (Guibaud, L., des Portes, V., 2006)

Megacisterna magna

Nella MCM, il diametro massimo anteroposteriore della cisterna magna osservata sul piano assiale transcerebellare presenta una lunghezza superiore ai 10 mm, misurata dal margine posteriore del verme, che appare normoconformato, al margine interno della squama dell’osso occipitale.

Cisti della tasca di Blake

La MCM entra in diagnosi differenziale con la cisti della tasca di Blake (BPC) poiché entrambi i quadri sono caratterizzati dalla presenza di una dilatazione cistica nel contesto della fossa cranica posteriore. Spesso una scansione sagittale mediana (o, quando non sufficiente, l’impiego della RM fetale) risulta utile nel distinguere i due quadri: in caso di BPC infatti il verme, pur di normali dimensioni, appare ruotato e l’angolo tegmento-vermiano risulta aumentato. L’aspetto del verme cerebellare che si osserva in caso di BPC, dovuto alla compressione esercitata dalla raccolta fluida stessa, può essere difficile da distinguere in utero da una ipoplasia del verme; in questi casi un approfondimento mediante ecografia 3D può risultare dirimente.

Malformazione di Dandy Walker

La DWM può essere studiata all’ecografia attraverso la scansione assiale transcerebellare e la scansione sagittale mediana che consentono di visualizzare gli

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17 elementi diagnostici caratteristici: dilatazione cistica anecogena del IV ventricolo, ampiamente comunicante con la cisterna magna; agenesia o disgenesia del verme; dislocazione in alto del tentorio; ipoplasia degli emisferi cerebrali. In un’elevata percentuale di casi si associano i segni di ventricolomegalia. Nella forma variant il verme risulta ipoplastico, la raccolta fluida in fossa cranica posteriore non è tale da determinare una dislocazione del tentorio.

Cisti aracnoidea

La cisti aracnoidea appare all’ecografia come una raccolta liquida anecogena che esercita un effetto massa a carico delle strutture circostanti. Quando particolarmente voluminosa, può dilatare la fossa cranica posteriore e mimare una DWM; in questo caso tuttavia il cervelletto è compresso dalla raccolta fluida e non displastico.

Malformazione di Chiari

In caso di malformazione di Chiari II (CMII) la conformazione del cranio, legata all’anomala conformazione delle bozze frontali, dà origine a partire dalla sedicesima settimana al “lemon sign”; questo segno può non essere più apprezzabile dopo la venticinquesima settimana a causa dell’idrocefalo o della progressiva maturazione del cranio fetale. Non si tratta, tuttavia, di un segno patognomonico di sindrome di Chiari II, essendo spesso presente anche in caso di encefalocele e altre anomalie encefaliche non correlate a malformazioni del tubo neurale. La fossa cranica posteriore appare di dimensioni ridotte ed imbutiforme, di conseguenza le strutture in essa contenute risultano compresse; il cervelletto assume un caratteristico aspetto “a banana”. Oltre a questi segni può essere utile, in scansione sagittale mediana, misurare l’angolo clivo-occipitale, compreso compreso tra il clivus e la squama dell’occipitale. Tale angolo ha il vantaggio di non essere dipendente dall’età gestazionale; ha un valore normale di 79,3 +/- 6 gradi e in caso di CMII tende invece ad essere al di sotto di 72 gradi. E’ inoltre importante studiare la colonna per ricercare un disrafismo spinale aperto, che si colloca spesso nella regione lombare o lombo-sacrale. (D’Addario V., Pinto V. 2001; Chapman T. Mahalingam S. 2015)

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1.6 Ruolo dell’ecografia tridimensionale

Lo studio dell’encefalo fetale può essere inoltre eseguito mediante una valutazione ecografica tridimensionale. Un interessante vantaggio offerto da questa tecnica rispetto a quella bidimensionale real-time è rappresentato dalla possibilità di rielaborare il volume acquisito, superando in questo modo il limite rappresentato dai movimenti fetali (Paladini D., Volpe P., 2006).

Uno studio 3D è inoltre svolto laddove vi sia indicazione di neurosonografia nel primo trimestre (Pilu G., Carletti A., 2007)

La modalità più usata per lo studio del SNC del feto è quella multiplanare, condotta con approccio assiale, sagittale o coronale. Mediante un approccio assiale è possibile la visualizzazione di un piano mediano immaginario del volume acquisito, al fine di studiare strutture come il corpo calloso ed il verme.

In questo tipo di acquisizione lo “start scan”, cioè la sezione impiegata come punto di partenza per l’acquisizione del volume, è parallela alla base cranica. A partire da questo piano, convenzionalmente indicato come piano A, si ottengono le due ricostruzioni ortogonali B (perpendicolare al piano A, ma parallelo al fascio incidente di ultrasuoni) e C (perpendendicolare agli altri due piani). Ruotando i piani A e B in modo da allineare la linea mediana con il piano C si ottiene in quest’ultimo una ricostruzione del piano mediano, che mostra il corpo calloso, il cavo del setto pellucido, il terzo ventricolo e il verme cerebellare. Uno svantaggio dell’ecografia 3D è dato dal fatto che lo studio della fossa cranica posteriore può essere ostacolato da artefatti che, pur risparmiando il cervelletto, mascherano il tronco encefalico, impedendo di valutarne le relazioni con le strutture adiacenti ed in particolare con il cervelletto. Tale ostacolo può essere tuttavia minimizzato tenendo un angolo di 45 gradi tra il fascio incidente e la linea mediana nell’acquisizione del volume.

L’impiego dell’ecografia 3D per lo studio della colonna può essere utile in caso di spina bifida per individuare più agevolmente l’estensione e la posizione del difetto contando i segmenti vertebrali a partire dall’ultimo che risulta articolato con le coste (T12). Tuttavia bisogna sottolineare che un aspetto normale della colonna all’esame 3D non

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19 consente di escludere un quadro di spina bifida, particolarmente quando il difetto in questione è di minima entità (Pilu G., Carletti A., 2007).

Nel 2006 Paladini e Volpe hanno suggerito una set di parametri morfometrici che potrebbero essere utilizzati per la diagnosi differenziale ecografica delle anomalie della fossa cranica posteriore; le misurazioni sono state eseguite su un piano mediano ricostruito a partire da un volume acquisito con approccio assiale. I parametri valutati comprendevano: 1) angolo tra tentorio e verme, definito come l’angolo tra una linea tracciata lungo il tentorio (dall’estremità posteriore del corpo calloso fino al punto di giunzione sul versante interno dell’ osso occipitale) e il diametro craniocaudale massimo del verme; 2) massimo diametro craniocaudale del verme; 3) area vermiana; 4) angolo tentorioclivo; 5) angolo clivovermiano. Altri punti di repere, come ad esempio il diametro del ponte e la distanza ponte-fastigio sono stati invece scartati in quanto passibili di una eccessiva variabilità interoperatore. In condizioni normali l’angolo tentoriovermiano è aperto posteriormente, mentre l’angolo clivovermiano è aperto anteriormente; al contrario nella DWM la rotazione del verme può essere talmente accentuata che questi due angoli risultano invertiti. Nei feti con DWM la media dell’angolo tentorioclivo, a causa della dislocazione del tentorio, risulta maggiore in maniera statisticamente significativa; il rapporto tra il verme ed il diametro biparietale presenta invece una media inferiore rispetto ai controlli, per via dell’ipoplasia vermiana. I casi di MCM inclusi nello studio presentano invece un moderato aumento dell’angolo clivovermiano rispetto ai controlli. (Paladini D., Volpe P., 2006.)

Tale set morfometrico è stato rivisto ed ampliato nel 2014 da Leibovitz, Shkolnik et al., i quali hanno realizzato nuovi nomogrammi di riferimento che, a differenza di quanto realizzato in precedenza, per la prima volta comprendono anche misure relative al mesencefalo. I parametri considerati, misurati sul piano sagittale mediano con 3D-MPR, sono: lunghezza del tetto (TL) e diametro anteroposteriore mesencefalico (APMD) per il mesencefalo; diametri vermiani anteroposteriore (APVD) e superoinferiore (SIVD), diametro anteroposteriore del ponte (APPD), diametro anteroposteriore del quarto ventricolo (APDFV) per il rombencefalo. Tali curve sono state in seguito utilizzate nella valutazione di feti con anomalie della fossa cranica

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20 posteriore, dove hanno consentito una migliore caratterizzazione di tali anomalie, nonché una più agevole distinzione tra quadri francamente patologici ed altri con outcome più favorevole (Leibovitz Z. 2014).

Nella diagnosi precoce di anomalie della fossa cranica posteriore gioca, inoltre, un ruolo di rilievo l’angolo tra verme e tronco encefalico. Prima della ventesima settimana, infatti, il riscontro ecografico di una dilatazione a carico del quarto ventricolo non indica necessariamente un quadro malformativo ma potrebbe trattarsi di un aspetto dovuto all’incompleto sviluppo del verme, a causa della precoce età gestazionale.

Uno studio retrospettivo, condotto da Contro E., Volpe P. et al. nel 2014 nell’ambito di gravidanze comprese tra la quindicesima e la diciottesima settimana, ha evidenziato che un angolo verme-troncoencefalo > 45 gradi correla con un alto rischio di malformazione severa, al contrario quando tale angolo è < 40 il rischio è sensibilmente minore. Nel contesto di tale studio l’angolo verme-troncoencefalo è stato misurato sulla base di ricostruzioni 3D, esso risulta tuttavia misurabile anche mediante un’ecografia bidimensionale. (Contro E., Volpe P. 2014)

1.7 Ruolo della RM

Sebbene la modalità di scelta per un iniziale screening fetale sia l’ecografia, spesso la RM risulta un ausilio indispensabile per confermare e caratterizzare le anomalie cerebrali individuate mediante lo screening ecografico di routine. (Glenn O.A., Barkovich A.J. 2006)

Tra le principali indicazioni per l’impiego della RM in utero troviamo il riscontro di ventricolomegalia, sospetta agenesia del corpo calloso, riscontro di anomalie a carico della fossa cranica posteriore.(Roobin P., Jokhi 2010) In quest’ultimo caso, infatti, la RM consente un’eccellente valutazione del verme, del tentorio, del quarto ventricolo, degli emisferi cerebellari, del troncoencefalo (Soman S., Gruber G.M 2011). La RM è

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21 inoltre impiegata al fine di escludere eventuali concomitanti anomalie della corteccia e del tronco non esplorabili ecograficamente.

La RM fetale non andrebbe eseguita prima della diciottesima settimana, a causa dell’elevata percentuale di falsi positivi provocati dai movimenti fetali e dal fatto che molte strutture anatomiche sono ancora troppo piccole.

Immagini mutiplanari in T2 consentono di visualizzare le dimensioni della fossa cranica posteriore, le dimensioni e la morfologia del cervelletto. Le misure di fossa cranica posteriore e cervelletto vengono poi confrontate con apposite curve di crescita. (Chapman T., Mahalingam S. 2015)

Malformazione di Dandy Walker

La valutazione prenatale con RM in caso di DWM è utile sia per la conferma della diagnosi ecografica, sia per una più accurata valutazione prognostica. Le immagini sagittali mostrano un’ampia dilatazione cistica della fossa cranica posteriore che risulta iperintensa in T2. Nella valutazione del verme è possibile osservare la fessura primaria, che compare tra la ventiquattresima e la venticinquesima settimana e suddivide il verme in un lobo posteriore più voluminoso ed uno anteriore di minori dimensioni. Le fessure prepiramidale e secondaria sono difficilmente apprezzabili prima della trentaduesima settimana. (Adamsbaum C., Moutard M.L., 2004)

Un anomalo aspetto del tronco encefalo, inoltre, indagabile con la RM è indice prognostico negativo, in quanto indice di anomalie associate. (Patek K.J., Kline-Fath B.M. 2012)

Cisti della tasca di Blake

Alla RM la tasca di Blake, originante dalla mancata obliterazione del foro di Magendie, si evidenzia come una raccolta fluida con la stessa intensità di segnale del liquor, collocata posteriormente e al di sotto del cervelletto, il verme è sviluppato e non risulta ruotato. Il plesso corioideo del quarto ventricolo frequentemente si estende inferiormente andando a interessare la parete superiore della cisti. La normale conformazione cerebellare permette la diagnosi differenziale con la DWM. (Azab W.A., Shohoud S.A. 2014)

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Mega cisterna magna

La mega cisterna magna presenta all’RM una dilatazione della cisterna magna, analogamente a quanto si può osservare all’ecografia. Il verme cerebellare e il quarto ventricolo presentano normale morfologia e l’angolo tentoriovermiano è tendente allo zero. La MCM può presentare un aspetto molto simile alla tasca di Blake, tuttavia non si associa ad idrocefalo. La presenza di idrocefalo, dunque, depone a favore della tasca di Blake nella diagnosi differenziale.( Soman S., Gruber G.M., 2011)

Sindrome di Joubert

La sindrome di Joubert, difficile da diagnosticare mediante l’esame ecografico, durante il quale in genere si riesce ad evidenziare sono un’ipoplasia del verme, è invece ben studiata mediante la RM. A partire dalla 22esima settimana, infatti, nelle scansioni assiali è possibile apprezzare il “segno del dente molare”. Questo aspetto caratteristico è conferito dal fatto che i peduncoli cerebellari superiori risultano assottigliati, allungati ed orizzontalizzati, la fossa interpeduncolare è dilatata e l’istmo pontomesencefalico è anomalmente ristretto. (Chapman T., Mahalingam S., 2015)

Cisti aracnoidea

In caso di cisti aracnoidea la RM mostra una raccolta liquida iperintensa in fossa cranica posteriore che esercita una compressione a carico del verme e degli emisferi cerebellari. L’effetto massa può essere apprezzabile anche a livello dell’inserzione distale del tentorio, il torculare tuttavia non risulta dislocato. E’ possibile visualizzare le pareti della cisti. (Garel C., Moutard M.L,. 2014)

1.8 Scopo della tesi

Scopo del presente lavoro è stato valutare la casistica di un centro di ecografia ostetrica di riferimento, confrontando le diagnosi ecografiche in utero con quelle ottenute alla RM, pre e postnatali o con i reperti autoptici, e valutando l’evoluzione clinica delle divere entità nosologiche.

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2. MATERIALI E METODI

I dati utilizzati per il presente studio sono stati selezionati a partire dagli archivi delle pazienti che, a seguito di un sospetto diagnostico nel corso dell’ecografia di routine di primo livello, si sono sottoposte ad un esame ecografico di secondo livello presso la Divisione di Ostetricia e Ginecologia del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Università di Pisa nell’arco di tempo compreso tra il 1990 ed il 2014. Sono state incluse nello studio le gravidanze in cui la diagnosi di anomalie a carico della fossa cranica posteriore è stato confermato dall’esame di secondo livello e/o dal follow-up post natale. Sono stati esclusi dallo studio i casi in cui non era disponibile il follow-up fino alla conclusione della gravidanza ed alla dimissione del bambino dall’ospedale.

Gli esami ecografici sono stati effettuati da uno specialista ginecologo-ostetrico esperto in diagnostica ecografica prenatale con strumentazione Technos (Esaote Biomedica) e, dal 2007, Voluson E8 (GeneralElectrics), con approccio prevalentemente transaddominale, completato con esame transvaginale quando appropriato.

Nel corso di tutte le ecografie sono stati studiati i distretti anatomici fetali esplorabili ed acquisite misurazioni biometriche. In particolare, le scansioni utilizzate erano mirate a visualizzare le seguenti strutture: orbite, cristallino, labbro superiore, colonna vertebrale,

quattro camere cardiache, campi polmonari, parete addominale, stomaco, reni, vescica, ossa lunghe ed estremità.

Al fine di valutare la biometria fetale sono state effettuate le seguenti misure: diametro

biparietale (DBP), diametro occipito-frontale (OF), diametro addominale medio (MAD), lunghezza del femore (FL). Tali valori sono stati confrontati con le curve di riferimento in relazione all’età gestazionale.

Per lo studio dell’encefalo, dopo l’acquisizione di routine dei piani assiali transtalamico, transventricolare e transcerebellare, è stata ricercata la scansione sagittale in cui si visualizza il corpo calloso ed il verme cerebellare, e le scansioni coronali anteriori e posteriori.

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24 A livello encefalico sono state ottenute le seguenti misure: trigono, cisterna magna, diametro cerebellare trasverso (DTC).

Quando appariva opportuno è stata proposta alla paziente una valutazione ulteriore mediante RMN al fine di caratterizzare al meglio le anomalie individuate mediante l’ecografia ed indagare eventuali anomalie associate.

Nei casi in cui la gravidanza non si sia conclusa con una IVG, è stato proposto un follow-up ecografico al fine di monitorare l’evoluzione del quadro ed individuare precocemente possibili complicanze o segni non apprezzabili in età gestazionali più precoci.

La determinazione del cariotipo fetale è stata effettuata mediante amniocentesi; in caso di esito infausto, il cariotipo è stato studiato su materiale abortivo.

In caso di IVG i referti dell’anatomia patologica sono stati confrontati con la diagnosi ecografica e con il referto dell’RMN prenatale; in caso di parto, analogamente, la diagnosi ecografica è stata confrontata con gli esami svolti in epoca postnatale.

I dati relativi al follow-up sono stati ottenuti consultando le cartelle ostetriche e neonatali per le pazienti che hanno partorito presso la Divisione di Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, oppure mediante dialogo con la paziente o con il medico che ha indirizzato la paziente all’ esame ecografico di secondo livello.

In caso di esito infausto sono stati rivisti i referti autoptici eseguiti presso l’l'U.O. di Anatomia Patologica di Pisa o presso altre sedi, quando disponibili.

Per la classificazione delle anomalie oggetto del presente studio è stata presa come riferimento quella proposta da Tortori-Donati nel 2005. (Tortori-Donati 2005) Infatti benché siano state successivamente proposte altre classificazioni, i dati necessari per applicarle non erano sempre disponibili nei casi più vecchi, e comunque la classificazione di Tortori-Donati resta ancora oggi quella più usata in neurochirurgia. Per l’analisi statistica sono stati adoperati test t di Student, analisi della varianza (ANOVA), retta di regressione come opportuno.

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3. RISULTATI

Nell’arco di tempo compreso tra il 1990 e il 2014, presso il Centro di ecografia di II livello della Divisione di Ostetricia e Ginecologia del Dipartimento della Medicina Clinica e Sperimentale dell'Università di Pisa, sono stati diagnosticati 78 casi di anomalie a carico della fossa cranica posteriore. Le diagnosi definitive sono state: malformazione di Chiari II (n=20) [Fig. 1], malformazione di Dandy Walker (n=19) [Fig. 2], megacisterna magna (n=13) [Fig.3], Dandy Walker variant (n=11) [Fig.4], cisti aracnoidea (n=3) [Fig.5], sindrome di Joubert (n=3), casi singoli di Walker Warburg, malformazione di Chiari IV, displasia tanatofora e trombosi del torculare di Erofilo. In quattro casi il sospetto diagnostico in utero non è stato confermato alla nascita. [Fig 6] Gli esiti nel complesso sono stati di interruzione di gravidanza (IVG) in 41 casi (52,6%), di morte intrauterina (IUFD) in 3 casi (3,8%) e nati vivi in 34 casi (43,6%). Soltanto in due casi (entrambi con diagnosi tardiva per mancata effettuazione dell’esame consigliato a 19-22 settimane) si è reso necessario un taglio cesareo per le eccessive dimensioni del cranio fetale, che impedivano il passaggio dal canale del parto: 1 feto con DW deceduto a 3 anni ed uno con displasia tanatofora deceduto dopo un’ora. Il follow-up post natale a 2 anni era disponibile in 25/37 casi (67,6%), di cui 10 (40%) erano asintomatici o paucisintomatici e 15 (60%) erano deceduti o presentavano un quadro clinico grave.

3.1 Associazione con altre anomalie

Nella maggior parte dei casi le malformazioni della fossa cranica posteriore erano associate ad altre gravi anomalie strutturali o aneuploidie ( 45/78, 57,7%). In caso di anomalie associate, la richiesta di IVG è stata di 35 su 41 totali (85,4%), dunque significativamente più frequente (p<0.0001) della richiesta di IVG nei casi di malformazione isolata della fossa cranica posteriore (6 casi su 41, 14,6%). Anche in tutti i casi di morte in utero (IUFD), il feto presentava malformazioni associate. Quando la gravidanza non si è conclusa con IVG, la morte perinatale o la presenza di gravi

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26 reliquati era significativamente più frequente nei casi con anomalie associate (100% vs 33,3%, p<0,001).

3.2 Malformazione di Chiari 2

In 20 casi è stata posta diagnosi di malformazione di Chiari 2, con disrafismo spinale. In tutti i casi è stata richiesta l’IVG e nel 100% dei casi l’autopsia ha confermato la diagnosi ecografica. In alcuni casi erano presenti altre anomalie associate. [Tab 1]

3.3 Malformazione di Dandy Walker

Nella maggior parte dei casi (12/19, 63,1%) [Tab 2] la DWM era associata ad altre anomalie strutturali, cromosomiche (2 casi di trisomia 13) o restrizione di crescita. Tra le anomalie strutturali associate più frequenti vi erano: idrocefalia, agenesia del corpo calloso, altre anomalie sopratentoriali, malformazioni cardiovascolari. Alcuni feti presentavano più di una anomalia associata, come nel caso dei feti con trisomia 13 in cui si associavano difetti renali, cardiovascolari e, in un caso, labiopalatoschisi. Un bambino, nato vivo ma con clinica grave, in cui all’ecografia era stata posta diagnosi di sindrome di Dandy Walker con associati idrocefalia ed anomalie cardiache, alla nascita presentava anche altre anomalie non diagnosticabili ecograficamente, come l’ano imperforato, nonché difetti dello sviluppo corticale, già evidenziati alla RM prenatale. In un caso in cui all’ecografia era stata posta diagnosi di sindrome di Dandy Walker con ventricolomegalia, labioschisi ed agenesia del corpo calloso e conclusosi con IVG, l’autopsia evidenziava inoltre arinencefalia, ipoplasia degli emisferi cerebrali e kinked brainstem alla RM post mortem. La maggior parte delle pazienti, particolarmente nei casi in cui erano presenti anomalie associate, ha richiesto l’IVG (13 su 19, 68,4%). Dei nati vivi, i 2/3 con anomalie isolate (e nessuno con anomalie associate) erano asintomatici o paucisintomatici. [Fig 7]

3.4 Megacisterna Magna

La diagnosi di MCM è stata posta in 13 feti, la maggior parte dei quali (11/13, 78,6%) nati vivi. Nei due casi di IVG erano presenti altre gravi anomalie associate.[Tab. 3] Tra i

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27 nati vivi senza anomalie associate la maggior parte dei bambini (3/4) era asintomatica o paucisintomatica, mentre nei due casi con anomalie associate si è registrato un esito clinico sfavorevole. Uno dei due casi, con megacisterna magna diagnosticata in utero assieme a restrizione della crescita e polidramnios, mostrava alla nascita altre anomalie multiple non diagnosticabili ecograficamente (ano imperforato, sindattilia, pervietà del dotto di Botallo), per cui è stato effettuato il cariotipo che evidenziava una trisomia 18; il neonato è deceduto a un mese di vita. L’altro, in cui la MCM era associata ad agenesia del corpo calloso (ACC) diagnosticata all’ecografia in utero, presentava ritardo psicomotorio. [Fig.8]

3.5 Dandy Walker variant

In 11 pazienti è stata diagnosticata una DWv, in metà dei casi associata ad altre anomalie strutturali, ma in nessun caso a cromosomopatie. [Tab 4] Nella maggior parte dei casi in cui erano presenti anomalie associate le pazienti hanno richiesto l’ IVG. Delle gravidanze non esitate in IVG, nei casi in cui erano presenti altre anomalie, si è avuto esito infausto: in un caso morte endouterina, nell’altro il neonato presentava clinica complessa caratterizzata da anasarca, versamento pleurico, tamponamento cardiaco, emorragie multiorgano, ed è deceduto dopo due giorni. In caso di DWv isolata invece l’outcome clinico si è rivelato favorevole.

[Fig. 9]

3.6 Cisti aracnoidee

Le diagnosi definitiva di cisti aracnoidea sono state tre. In un caso questa diagnosi è stata posta ecograficamente a 26 settimane, la gravidanza si è conclusa con il parto, ma non si dispone di follow-up a due anni. In un altro caso era stata posta diagnosi ecografica di megacisterna magna, confermata dalla RM in utero, il bambino presenta un lieve ritardo del linguaggio e la RM post natale ha mostrato la presenza di una cisti aracnoidea. Nel terzo caso all’ecografia si ipotizzava un’ ipoplasia cerebellare focale unilaterale. La RM evidenziava un corrispondente slargamento unilaterale della cisterna magna con evoluzione ingravescente tra 20 e 30 settimane. Il bambino ha sviluppato idrocefalia acuta per la quale è stato trattato chirurgicamente a 11 mesi.

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3.7 Sindrome di Joubert

Nei tre casi di sindrome di Joubert la diagnosi corretta è stata formulata soltanto dopo la nascita. La diagnosi ecografica era di DWv in due casi, la RM mostrava in un caso una dilatazione della cisterna magna, nell’altro dava esito negativo. Nel terzo caso, era sorto un sospetto di DWv a 17 settimane, quando tale diagnosi non può essere formulata con certezza, mentre al controllo US a 21 settimane la fossa cranica posteriore appariva normale e non è stata richiesta la RM. Tutte le gravidanze si sono concluse con il parto ed i bambini presentavano quadro clinico grave.

3.8 Sindrome di Walker Warburg

In un feto, a 26 settimane di gravidanza, è stato evidenziato ecograficamente: agenesia del verme, ventricolomegalia, struttura mediana anecogena interposta tra i ventricoli laterali. La RM prenatale effettuata due giorni dopo metteva in evidenza inginocchiamento del tronco encefalico con aspetto bifido del ponte e del midollo allungato e corteccia ad acciottolato romano, che suggerivano la diagnosi di Walker Warburg. Nel corso del follow-up in utero sono stati messi in evidenza la progressiva dilatazione dei ventricoli e della cisterna magna e le anomalie oculari.

In questo caso, precedentemente pubblicato, (Strigini F., Valleriani A., 2009) [Fig. 10] la gravidanza si è conclusa a 41 settimane con un parto spontaneo. Il neonato, deceduto dopo 6 mesi, alla nascita presentava ipotonia marcata. La RM postnatale ha confermato la diagnosi prenatale e mostrato un idrocefalo trattato con shunt ventricoloperitoneale. La biopsia muscolare ha evidenziato anomalie del diametro delle fibre muscolari e fibrosi dell’endomisio. L’analisi molecolare ha mostrato una mutazione omozigote a carico del gene POMT1 (c.1611C>G, p.Ser537Arg).

3.9 Malformazione di Chiari IV

In uno dei casi è stata posta diagnosi di sindrome di Chiari IV sulla base del reperto autoptico. Alla diciottesima settimana di età gestazionale era apprezzabile ecograficamente la dilatazione della cisterna magna (12 mm), non risultava invece possibile la valutazione del DTC. Non è stata eseguita RM in utero e la gravidanza si è

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29 interrotta per morte in utero. Alle anomalie intracraniche si associava una grava restrizione di crescita.

3.10 Displasia tanatofora

In un caso è stata posta diagnosi definitiva di osteodistrofia tanatofora con cranio a trifoglio. La paziente aveva effettuato la prima ecografia in gravidanza a 27 settimane; era evidente un quadro di displasia scheletrica con idrocefalia, assottigliamento corticale, ed un encefalocele occipitale contenente il cervelletto. La RM prenatale ha confermato la diagnosi ecografica. Il bambino è deceduto un’ora dopo il parto.

3.11 Trombosi del torculare di Erofilo

In una gravidanza a 17 settimane era visibile ecograficamente una cisti con focus iperecogeno in fossa cranica posteriore, con cervelletto normoconformato e trigono borderline. La paziente si è sottoposta a RM prenatale, la quale ha mostrato, analogamente all’ecografia, una formazione cistica a contenuto non liquorale, verosimilmente ematico. Non erano presenti anomalie associate. La gravidanza si è conclusa con una IVG a 20 settimane, l’autopsia ha evidenziato un ematoma extradurale. Il caso è stato precedentemente pubblicato nel 2001 (Strigini F.A.L., Cioni G., 2011); una revisione alla luce di ulteriori studi in letteratura suggerisce che l’emorragia potesse essere associata a trombosi del torculare di Erofilo.

3.12 Concordanza tra la diagnosi ecografica prenatale e la

categoria diagnostica definitiva

Fra le anomalie della fossa cranica posteriore con prognosi grave, la malformazione di Chiari II e la DWM sono state correttamente diagnosticate rispettivamente nel 100% e 94,4% dei casi. Sulla casistica intera, la diagnosi ecografica concordava con quella definitiva in 65 casi su 78 (83,3%), in 6 casi su 78 (7,7%) la diagnosi ecografica era più grave di quella definitiva, in 5 casi su 78 (6,4%) la gravità del quadro era stata sottostimata all’ecografia, in 2 casi (2,6%) la gravità del quadro risultava sovrapponibile anche se la diagnosi ecografica non coincideva con quella definitiva. Fra le gravidanze in cui l’ecografia aveva sovrastimato il quadro, la gestione della gravidanza non era

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30 stata negativamente influenzata dalla diagnosi, ed infatti tutte e 6 si sono concluse con un parto. Fra le 5 gravidanze in cui all’ecografia era stata sottostimata la gravità del quadro, due si sono concluse rispettivamente con IVG o morte in utero, mentre nei rimanenti 3 casi su cinque la gravidanza è stata portata a termine ed è stata posta diagnosi post natale di sindrome di Joubert. In conclusione, dunque, la possibilità di diagnosticare in utero quadri che sono stati del tutto chiariti solo dopo la nascita avrebbe potuto modificare la gestione di 3 gravidanze su 78 (3,8%). [Tab.5]

3.13 RM prenatale

La RM prenatale è una delle tappe del follow-up in utero. Nella nostra casistica, la RM in utero è stata effettuata in 33 casi (42%), mentre non è stata effettuata quando l’ecografia poneva una diagnosi certa di anomalia grave (ad es, spina bifida aperta) per cui la paziente ha richiesto l’IVG (n=33); oppure in due casi di morte in utero; oppure ancora quando la paziente ha preferito posticipare l’esame a dopo la nascita, nel caso che la clinica del neonato la rendesse opportuna. La RM si è rivelata utile per la conferma delle diagnosi ecografiche ed in alcuni casi (6%) ha mostrato anomalie associate precedentemente non individuate, come nel caso già descritto della sindrome di Walker Warburg, oppure un caso di malformazione di Dandy Walker associata ad eterotopia e micropoligiria.

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4. DISCUSSIONE

Nella casistica in esame le anomalie della fossa cranica posteriore più frequentemente diagnosticate erano la malformazione di Chiari II e la malformazione di Dandy Walker. Seguivano, in ordine di frequenza decrescente, la megacisterna magna, la Dandy Walker variant, le cisti aracnoidee, la sindrome di Joubert, la sindrome di Walker Warburg, la malformazione di Chiari IV, la displasia tanatofora, la trombosi del torculare di Erofilo.

Analogamente a quanto riportato in altri studi (Limperopoulos C. e Robertson R.L., 2008; Gandolfi Colleoni G., Contro E., 2012), la DWM, la DWv e la MCM sono tra le anomalie della fossa cranica posteriore, diagnosticate più frequentemente in utero. La malformazione di Chiari II non è generalmente inclusa negli studi basati su dati pediatrici, probabilmente a causa del fatto che la quasi totalità delle gravidanze in cui viene riscontrata questa anomalia viene interrotta. Al contrario, la cisti della tasca di Blake, che è rappresentata nel 25-30% di altre casistiche (Gandolfi Colleoni, S. Conti E. 2011; Bertucci E., Gindes L. 2011), non era presente nella nostra, né come diagnosi ecografica né come diagnosi RM in utero o postnatale. Dato che anche questa anomlia si presenta come una raccolta liquida facilmente identificabile con l’ecografia, è possibile ipotizzare che venga confusa con altri quadri ecografici, causando una mancata concordanza fra US e RM, mentre è poco plausibile che quando presente non venga identificata come patologia della fossa cranica poteriore.

Il confronto tra casistiche in alcuni casi non è possibile a causa della disomogeneità tra le classificazioni delle anomalie della fossa cranica posteriore adottate dai diversi Autori. (Guibaud L., des Portes V., 2006, Patel S. e Barkovich A.J., 2002).

Le cisti aracnoidee non sono l’esito di un’anomalia dell’embriogenesi, ma costituiscono patologie evolutive che possono instaurarsi in qualunque momento della vita pre o postnatale in un encefalo che fino a quel momento non mostrava anomalie strutturale. (Malinger et al. 2002). Probabilmente per questo motivo esse sono generalmente poco rappresentate nelle casistiche prenatali, anche perché in alcuni casi possono mimare

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32 l’aspetto della megacisterna magna e soltanto la diversa evoluzione clinica può aiutare a discriminare queste due entità. Inoltre, in uno dei nostri casi l’effetto massa esercitato dalla cisti aracnoidea aveva portato in prima istanza ad una diagnosi di ipoplasia focale cerebellare primitiva. La diagnosi corretta di tali lesioni evolutive è tuttavia importante perché può evitare l’evoluzione, che è stata osservata in uno dei nostri casi, in idrocefalo acuto, consentendo invece di pianificare un intervento chirurgico non di urgenza.

Fra le lesioni acquisite della fossa cranica posteriore vanno annoverate anche le lesioni ischemiche, emorragiche e le neoplasie.

Nel caso di emorragia da noi osservato era evidente una raccolta liquida, che alla RM risultava ematica extrassiale, e che all’ecografia presentava un focolaio ecogeno privo di flussi corrispondente a un coagulo di fibrina. Negli anni successivi questi aspetti sono stati attribuiti a una trombosi del torculare di Erofilo, che può talora risolversi ma che può avere esiti gravi quando evolutiva con effetto massa sulle strutture circostanti. (Delmas H.L., Winer D., 2008).

Oltre alle malformazioni più comuni e alle lesioni evolutive nella casistica oggetto del presente studio erano compresi alcuni casi singoli di sindromi rare.

La displasia tanatofora è una delle più frequenti displasie scheletriche diagnosticate all’ecografia routinaria del secondo trimestre, ed è solitamente una mutazione de novo del gene FGFR3. Data la gravità della displasia scheletrica e la letalità della condizion, nella maggior parte dei casi la donna richiede l’interruzione di gravidanza, per cui è raro osservare feti al terzo trimestre con questa patologia. Alcune anomalie corticali sono state descritte anche precocemente; nel caso da noi osservato la gravidanza era giunta a 27 settimane senza che la paziente avesse effettuato indagini ecografiche, e le anomalie corticali erano evolute in un quadro molto più evidente di quanto osservabile nel secondo trimestre.

Fra le patologie rare, nello studio erano compresi un caso di sindrome di Walker Warburg e 3 di sindromi fi Joubert. La diagnosi di Walker Warburg era stata correttamente effettuata con la RM in utero dopo che l’anomalia cerebellare era stata visualizzata ecograficamente a 26 settimane. Anche in questo caso la paziente, consanguinea con il marito, aveva effettuato soltanto nel terzo trimestre la prima

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33 ecografia ostetrica. Il follow-up in utero aveva evidenziato un progressivo aggravamento del quadro che si era ulteriormente evoluto dopo la nascita. L’identificazione della mutazione omozigote nel gene della proteina O-mannosiltransferasi1 (c.1611C>G, p.Ser537Arg) ha consentito di identificare i casi a rischio nelle successive gravidanze dell’ampio gentilizio con forte inbreeding.

Per quanto riguarda la sindrome di Joubert, nessuno dei casi compresi nel presente studio è stato diagnosticato in utero né con l’ecografia né con la RM effettuata in 2 casi su 3. Lo studio del tronco encefalico è estremamente difficoltoso con l’ecografia, anche utilizzando tecniche tridimensionali, e solo di recente è stata ipotizzata la possibilità di ottenere immagini informative di questo distretto (Leibovitz Z., Shkolnik C., 2014). In particolare l’aspetto patognomonico del “dente molare” non è riconoscibile ecograficamente. Anche per quanto riguarda la RM tale segno non è mai stato osservato prima delle 22 settimane (Chapman t., Mahalingam S. 2015).

Per tutti i gruppi di diagnosi è stato osservato un alto tasso di malformazioni associate (57,7%), che incideva negativamente sull’esito finale. Tra le principali anomalie intracraniche associate vi erano l’idrocefalia (18/78, 23%) e l’agenesia del corpo calloso (7/78, 8,9%).

Oltre alle anomalie associate intracraniche, erano spesso presenti anomalie a carico di altri apparati o restrizione di crescita fetale. In particolare, anomalie associate erano presenti in tutti i casi di aneuploidie ( 3 casi di trisomia 13, un caso di trisomia 18). Questo porta a rimarcare l’importanza di un esame completo ed accurato del feto in utero, in particolar modo ogni volta che venga identificata una anomalia a carico di un singolo distretto (in questa tesi, della fossa cranica posteriore) in quanto la presenza o meno di anomalie associate incide sulla prognosi.

E’ parimenti utile al fine di una adeguata gestione della gravidanza lo studio prenatale del cariotipo fetale. E’ noto che le anomalie della fossa cranica posteriore si associano raramente a trisomia 21, più spesso come nei casi da noi osservati, a trisomia 13 o 18.

Un adeguato follow-up in utero, nei casi di gravidanze portate a termine, è utile per monitorare l’evoluzione del quadro, in particolar modo in caso di lesioni evolutive o

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