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«En Italia, más que se vive, se recuerda» L’Italia “fotografata” dai viaggiatori spagnoli dell’Ottocento

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN LINGUE E

LETTERATURE MODERNE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

«En Italia, más que se vive, se recuerda»

L’Italia “fotografata” dai viaggiatori spagnoli dell’Ottocento

CANDIDATO

RELATORE

Beatrice Faggioli

Chiar.mo. Prof. Daniela Pierucci

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2

INDICE

INTRODUZIONE………... 3

CAPITOLO I. La letteratura odeporica 1.1.Un pellegrinaggio storico……… 5

1.1.2. Il viaggio nell’antichità e nel Medioevo………... 6

1.1.3. Dal Cinquecento all’Ottocento………. 8

1.2. Per una teoria del genere……… 17

CAPITOLO II. Il Bel Paese, da sempre meta di viaggiatori spagnoli………….. 23

CAPITOLO III. Emilio Castelar e l’Italia 3.1. Cenni biografici………. 28

3.2. Castelar e i suoi Recuerdos de Italia……….. 32

CAPITOLO IV. Juan Valera: politica e letteratura nell’Italia del XIX secolo 4.1. Cenni biografici……….. 42

4.2. 1847-1849, la Napoli di Juan Valera. Il contesto politico……….. 45

4.3. Juan Valera e la vita all’ambasciata del duca di Rivas……….. 50

4.4. Riflessioni politiche e culturali……….. 56

CAPITOLO V. Benito Pérez Galdós e il suo libro di viaggio estetico-culturale 5.1. Cenni biografici………...62

5.2. Il suo Viaje a Italia………..65

CAPITOLO VI. Emilio Pardo Bazán e la scoperta dell’Italia in Mi Romería 6.1. Cenni biografici………...80

6.2. L’Italia attraverso la scrittura giornalistica………..84

6.2.1. Il soggiorno a Roma………..88

6.2.2. Alla scoperta di altre città italiane……….96

6.2.3. L’epilogo di Mi Romería………..99

CAPITOLO VII. Sguardi italiani sulla Spagna di fine Ottocento 7.1. Edmondo De Amicis e la letteratura di viaggio………103

7.1.2. Genesi e preparazione del viaggio………..105

7.1.3. Spagna: il libro………108

7.2. Elena Mario, una viaggiatrice italiana in Spagna………..121

CONCLUSIONI………..130

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INTRODUZIONE

Il viaggio come avventura, desiderio di fuga da una realtà spesso indesiderata o come reportage di un inviato. Viaggi personalmente intrapresi, compiuti e raccontati; viaggi inventati e viaggiatori mitici. Molteplici sono le motivazioni che possono indurre una persona a ricostruire un viaggio attraverso parole, pensieri, emozioni vissute. L’uscita dalla propria quotidianità, o più semplicemente il cambio di spazio, può essere una prima vicinanza al concetto di viaggio e rappresenta una delle attività più antiche dell’uomo che, in parallelo con la sua evoluzione, ha cambiato la sua natura, il suo modo di essere interpretata e le sue motivazioni.

Il viaggio è infatti tema cardinale di tutte le letterature, dall’antichità a oggi: forme diverse di viaggio si susseguono nella storia e ogni tipo di viaggio rispecchia i problemi, i desideri, le paure degli uomini e dell’epoca in cui essi vivono. Il viaggio e i motivi che spingono a viaggiare hanno subito un’evoluzione lungo i secoli, in quanto subordinati agli interessi, alle mode e alle necessità. Avventura, sopravvivenza, relazioni, voglia di potere, di conoscenza, di scoperta, curiosità o evasione, sono tutti termini appartenenti alla sfera semantica del viaggio. Da tempi immemorabili, il desiderio di conoscenza, la bramosia di avventura, la necessità di scoprire, ascoltare nuove voci e avvicinarsi ad altre culture, si sono radicate nell’essere umano, fino a provocare in lui quel bisogno irrefrenabile di spostarsi e viaggiare. Una delle più grandi aspirazioni dell’uomo è sempre stata proprio quella di poter viaggiare, ma anche confrontare la propria opinione con quella degli altri, o più semplicemente, conoscere attraverso gli occhi altrui ciò che non ci è possibile visitare.

I libri di viaggio rappresentano un sottogenere della narrativa che esiste da tempi ormai antichi e che con il passare dei secoli ha subito numerose trasformazioni. In tal modo fu, e lo è tutt’ora, possibile conoscere la geografia, la storia e la cultura del mondo intero, così come la personalità dei loro autori e gli aneddoti dei loro viaggi, delle loro esperienze.

La stretta relazione che esiste tra il viaggio e l’avventura ha sempre permesso ai libri odeporici di essere accolti con profondo entusiasmo dal pubblico. Le

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4 epoche differenti, gli avvenimenti storici, le scoperte e i numerosi progressi tecnologici hanno mutato il concetto di viaggio, il punto di vista del viaggiatore e gli interessi del lettore.

La letteratura di viaggio rappresenta un settore della produzione letteraria che sfugge a definizioni troppo precise e, detto con le parole di Elvio Guagnini, «è una sorta di arcipelago di scritture le cui singole isole presentano forme e dimensioni diverse, secondo gli usi del tempo e le funzioni assegnate volta per volta alle singole prove».1

La mia attenzione si rivolgerà, in particolare, alla letteratura di viaggio del XIX secolo e il proposito fondamentale dell’elaborato sarà quello di indagare le differenti modalità letterarie caratteristiche degli scritti dell’epoca e i motivi che spingono le élites spagnole del periodo a intraprendere viaggi attraverso l’Italia, polo attrattivo in virtù anche dei fermenti politici che in quel momento interessavano il Paese. La scelta dei testi sarà dettata da criteri di valore e di rappresentatività tipologica, e comprenderà sia titoli celebri sia opere meno note, testi di viaggio e libri meno definibili come odeporici. Gli autori presi in esame nei vari capitoli sono Emilio Castelar, importante figura politica dell’Ottocento spagnolo, Juan Valera, diplomatico che risiede alla corte del duca di Rivas in Italia per un certo periodo, e famosi scrittori spagnoli, quali Benito Pérez Galdós ed Emilia Pardo Bazán, i quali viaggiano in Italia nelle vesti di giornalisti.

Infine, nell’ultimo capitolo dell’elaborato, ho inserito due testimonianze di autori italiani ai fini di introdurre l’altra prospettiva, ovvero quella degli italiani che guardano alla Spagna del XIX secolo.

1 Elvio Guagnini, Viaggi di inchiostro. Note su viaggi e letteratura italiana, Pasian di Prato (UD), Campanotto Editore, 2000, pp. 7-8.

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CAPITOLO I

LA LETTERATURA ODEPORICA

1.1. Un pellegrinaggio storico

«La penna corre spinta dallo stesso piacere che ti fa correre le strade»

Questa epigrafe, tratta da Il cavaliere inesistente di Italo Calvino, apre il libro di Pino Fasano, Letteratura e viaggio, libro in cui troviamo spiegato il rapporto tra la letteratura e il viaggio e alcuni testi in cui quest’ultimo rappresenta l’elemento principale.

Fasano afferma che «il viaggiatore e lo scrittore, in certo modo, nascono insieme. Il viaggiatore infatti, per definizione, è colui che costituisce, spostandosi, una distanza».2 Egli si allontana dalla sua dimora principale, postulando che ne possieda una, e la scrittura si configura come il modo migliore per raccontare il proprio viaggio, per far viaggiare i lettori durante il racconto.

Viaggiare può significare infatti allontanarsi dalla realtà quotidiana, straniarsi. Allo stesso modo il procedimento di scrittura è un atto di spaesamento, di allontanamento dall’abituale. Il viaggio, in quanto esperienza del diverso, può essere conosciuto solo attraverso la sua presentazione letteraria e solamente il viaggiatore può raccontare la propria esperienza, un’esperienza che può essere attestata soltanto da colui che l’ha vissuta in prima persona.

Il suddetto tema ha ispirato numerosi autori nella descrizione di luoghi, a volte realmente visitati, altre volte soltanto immaginati; da un lato il mondo esperito, dall’altro il protagonista con le proprie suggestioni e ricordi suscitati da quel medesimo viaggio.

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1.1.2. Il viaggio nell’antichità e nel Medioevo

L’opera che meglio riassume i simboli legati al viaggio è proprio l’Odissea di Omero, la prima grande narrazione di viaggio della tradizione europea, mediterranea in particolare, in cui questa osmosi viaggio-letteratura è certamente evidente. Il viaggio di Ulisse ripercorre il suo ritorno dalla guerra di Troia alla sua nativa Itaca, attraverso un mare non lontano dalla sua terra, ma tuttavia pieno di misteri, avventure e pericoli. Il viaggio per mare è un tema molto ricorrente in letteratura, come metafora della vita, viaggio come la vita piena di ostacoli. «Ulisse è contemporaneamente il primo viaggiatore e il primo narratore di viaggi»3 e nella sua figura resiste il nesso viaggiatore-poeta. Egli, infatti, non è esclusivamente paradigma del viaggiatore, ma anche «paradigma dell’eloquenza poetica: le sue parole cadevano come la neve d’inverno, dice di lui Antenore nell’Iliade».4

Gli scrittori-viaggiatori hanno il dovere di narrare la loro personale esperienza con arte, bellezza e verità, servendovi anche di espedienti retorici quando necessario, poiché solo in questo modo riuscirà a rendere noto e conosciuto il suo viaggio e a far sì che tutti ne giungano a conoscenza.

Altre opere che costituiscono le prime attestazioni del genere, se così può essere definito, sono le Storie di Erodoto,5 e in particolare il secondo volume, in cui è possibile osservare il primo studio di un viaggio in Egitto, nel quale l’autore descrive tanto la geografia quanto i costumi del luogo.

Degne di nota anche l’Anabasi di Senofonte6 e le opere di Pausania, autore greco del II secolo d.C. Questi testi, piuttosto che essere costruiti intorno a un progetto viatico, ne rivelano altri di ordine storico, militare, epico o geografico, senza considerare il fatto che lasciano spazio anche a elementi fittizi e impressioni personali degli autori. Infatti, spiega Joёlle Soler, il racconto di viaggio e la finzione giungono, nell’antichità, a degli scambi reciproci: la narrazione si nutre del racconto di viaggio e sfoggia, grazie ad esso, una legittima specificità. Di

3 Pino Fasano, Letteratura e viaggio, Bari, Laterza, 1999, p.19. 4 Ivi, p. 20.

5

Le Storie furono scritte da Erodoto di Alicarnasso dal 440 a.C. al 429 a.C. L’opera è costituita da nove volumi ed è considerata il primo esempio di storiografia nella letteratura occidentale.

6 Senofonte nacque intorno al 430 a.C. e morì intorno al 355 a.C.; egli scrisse quest’opera una quindicina d’anni dopo aver partecipato a una spedizione militare nell’Impero Persiano.

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7 conseguenza, essa permette al viaggiatore-scrittore di rappresentare un’esperienza personale, «une marche qui l’affecte, une pratique singulière de l’espace».7

Nel mondo medievale gli scrittori-viaggiatori aumentano e nascono altri tipi di viaggio. Eugenia Popeanga, nella sua Lectura e investigación de los libros de viajes medievales, osserva che, nel Medioevo, «el corpus textual de los libros de viajes estaba formado por […] la crónica de una cruzada a Tierra Santa, el relato de una peregrinación, o el de una conquista en Oriente, el diario de un comerciante, las notas de un embajador o las de un misionero».8

In quest’epoca, infatti, l’impronta è fortemente religiosa, aspetto che si riflette, ovviamente, nella letteratura, che vede il proliferare di libri di ricerca e di pellegrinaggio verso luoghi sacri. Alla pratica del pellegrinaggio si devono, dunque, i primi libri di via o guide rudimentali che tracciano percorsi attraverso i paesi europei: «le guide dei pellegrini sono poco più che approssimativi elenchi di agglomerati urbani, di locande, di città, di passi montani, di guadi fluviali e di imbarchi marittimi con il relativo computo delle distanze».9

Parallelamente, spiccano anche i viaggi verso l’Oriente, terra che suscita inquietudine nel viaggiatore occidentale, in quanto non ancora colonizzato dall’Occidente e, dunque, una cultura completamente sconosciuta.

I viaggiatori che si dedicano a questo tipo di impresa non sono cavalieri, bensì ambasciatori, commercianti, frati, missionari e marinai che si dirigono verso territori a loro ignoti e che, proprio per tale motivo, esercitano su di loro una certa attrazione. Sono in cerca di uno spazio mitico a cui aggiungere, però, elementi storici che vanno ad annullare, di conseguenza, la prima componente. L’avventura di questi viaggiatori consiste nel «desmitificar los espacios con su elemento maravilla, llevándolo a lo que es la relación con lo conocido».10 Una delle opere più emblematiche dell’epoca è Il Milione di Marco Polo. Attraverso la narrazione

7

Joëlle Soler, «Lecture nomade et frontières de la fiction», in Marie-Christine Gomez-Géraud, Philippe Antoine (a cura di), Roman et récit de voyage, Parigi, Presses de l’Université de Paris-Sorbonne, 2001, p. 23.

8 Eugenia Popeanga, Lectura e investigación de los libros de viajes medievales, Madrid, Universidad Complutense, 1991, pag. 9.

9

Attilio Brilli, Il viaggio in Italia, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 17.

10 María Rubio Martín, «Los libros de viaje: realidad vivida y género literario», in Julio Peñate Rivero - Francisco Uzcanga Meinecke (a cura di), El viaje en la literatura hispánica: de Juan

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8 della propria esperienza personale, l’autore rompe con la tradizione antica, infatti, sebbene il libro appaia costellato di elementi mitici, leggendari, meravigliosi, il viaggiatore aspira all’oggettività.

1.1.3. Dal Cinquecento all’Ottocento

Evento memorabile dell’epoca fu la scoperta del Nuovo Mondo, una scoperta che porta alla nascita di numerosi viaggi di conquista ed esplorazione e alla conseguente produzione letteraria di testi aventi come nucleo centrale la descrizione di paesaggi e culture lontane. Cambia anche il modo di vivere l’avventura e il modo di interpretarla attraverso il mezzo della scrittura. I conquistatori viaggiano in America con fini commerciali o per desiderio di evangelizzare le tribù locali; gli spagnoli partono con la voglia di arricchirsi e fare fortuna, si addentrano nelle foreste, in mezzo alla natura selvaggia o navigano per mari a loro sconosciuti servendosi di carte topografiche e di mappe da loro elaborate. Vengono scritti moltissimi testi riguardanti questi viaggi, le cosiddette Cronache d’America, un genere che finirà per scomparire già nella seconda metà del XVI secolo.11 È la necessità di ricerca dei nuovi mercati per il commercio a dare impulso a nuovi viaggi. Né leggende né pericoli reali riescono a frenare il forte desiderio di esplorazione e scoperta di nuovi percorsi marittimi e, di conseguenza, i viaggi esplorativi raggiungono una notevole importanza durante il Cinquecento, permettendo una maggiore conoscenza del mondo e della sua estensione.

Nel periodo rinascimentale, l’attenzione del viaggiatore non sembra più rivolta alla ricerca di miti o leggende e alla scoperta dell’ignoto; egli sembra affascinato dagli aspetti più esotici dei luoghi visitati, aspetti che non attraggono solo il viaggiatore-autore, ma anche il lettore. Infatti, i libri di viaggio con ambientazione ottomana o orientale abbondano durante l’epoca, anche in risposta ai gusti di un pubblico sempre più curioso di esotismo e novità. Nasce così quello che viene

11 Soledad Porras Castro, «Los libros de viaje. Génesis de un género. Italia en los libros de viajes del siglo XIX», Castilla, n.28-29, Valladolid, Universidad de Valladolid, 2003-2004, p. 206.

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9 definito viaggio di piacere; si inizia a viaggiare per il semplice gusto di farlo, spinti da un mero desiderio di conoscenza e avventura.

Il viaggio assume, nel corso della storia, significati assai diversi e in epoca moderna diviene emblema della massima espressione della libertà umana, del processo di autoaffermazione dell’uomo e del suo forte desiderio di conoscenza.12

Nella storia della mentalità collettiva, il viaggio inizia così ad acquistare valore per le sue intrinseche proprietà; si propone esso stesso come unico e solo fine, in nome di una curiosità fattasi più audace, in nome del sapere e della conoscenza, da un lato, e del piacere dell'evasione, dall'altro.

Idea, questa, che inizia a diffondersi presso l’aristocrazia europea nell’ultimo scorcio del XVI secolo, «un’idea nata dalla curiosità intellettuale della nuova scienza che osserva i fenomeni naturali e quelli creati dall’uomo, facendo nel contempo oggetto di estasiata contemplazione le antichità classiche».13

Nei paesi europei si va sostituendo in via definitiva la moda del viaggio, inteso come coronamento degli studi, e il termine tour, che soppianta quello di travel o journey o voyage, chiarisce come la moda di questo viaggio si specifichi in un “giro” - particolarmente lungo e ampio e senza soluzione di continuità, con partenza e arrivo nello stesso luogo - che può attraversare anche i paesi continentali, ma ha come traguardo prediletto e irrinunciabile l'Italia. Non più l'Italia degli itineraria medievali, certo, ma l'Italia delle tante città la cui fitta trama urbana diventa la meta prediletta di un nuovo pellegrinaggio:

Con la sua connotazione tutta moderna di piacere e di diletto intellettuale che si esplica nella curiosità per il nuovo e il diverso, nell’analisi sperimentale dei fenomeni, o nel vorace collezionismo delle rarità artistiche e naturali, il viaggio in Italia è il segno più eloquente - e in molti foschi periodi l’unico segno di tolleranza - di un’Europa che privilegia la circolazione degli uomini, delle idee e del sapere.14

12 Pino Fasano, Letteratura e viaggio, Bari, Laterza, 1999, p. 21 13 Attilio Brilli, Il viaggio in Italia, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 29. 14 Attilio Brilli, Il viaggio in Italia, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 30.

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10 L’esperienza del viaggio diviene sinonimo di contatto diretto con paesi, forme e modelli culturali differenti. Fra gli estimatori della capacità pedagogica dei viaggi, per giovani e adulti, il più autorevole è Francis Bacon, il quale offre una compiuta elaborazione del tema nel saggio intitolato appunto Of Travel, presente nella prima edizione degli Essays del 1597:

Il viaggiare per i giovani fa parte dell’educazione, per gli adulti dell’esperienza. Chi va in un paese straniero senza una qualche conoscenza della lingua, vada prima a scuola e non in viaggio. Approvo in pieno che i giovani viaggino sotto la guida di un tutore o di un domestico serio, purché questi sappia la lingua del paese e vi sia già stato, così che possa indicare loro quali cose siano da vedere nei paesi in cui viaggiano, quali persone debbano conoscere, quali studi o quale cultura il nuovo possa offrire, altrimenti questi andranno con gli occhi bendati e avranno ben poco da osservare.15

Bacon, stilando una serie di precetti ai quali il giovane si dovrà attenere, sancisce non solo la legittimità, bensì l’utilità pedagogica e scientifica del viaggio. Da sottolineare, pertanto, la concezione sostanzialmente documentaria e didattica del viaggio durante il XVII secolo.

Il secolo successivo rappresenta un momento cruciale, un’epoca di trasformazioni strutturali sotto ogni aspetto: la rivoluzione scientifica, l’inizio dell’industrializzazione in Inghilterra e l’affermazione del razionalismo come prodotto dell’Illuminismo sono i punti più rilevanti. In questo senso, incarna, dunque, un secolo cardine, il secolo che vede nella ragione la «piedra de toque» per interpretare la realtà, il secolo che segna l’ingresso dell’Europa nella modernità.16 La curiosità, l’effettivo propulsore che muove il viaggiatore del XVII secolo, si consolida tanto da divenire un fatto assunto con assoluta naturalezza;17 in tal modo, i viaggi scientifici e quelli di formazione diventano fondamentali.

15 Francis Bacon, Saggi, Torino, Utet, 1961, p. 71. 16

Fernando Soto Roland, Viajeros ilustrados. El Grand Tour, el siglo XVIII y el mundo catalogado, in www.edhistorica.com, p. 1.

17 Luis Alburquerque García, «El relato de viajes: hitos y formas en la evolución del género», Revista de literatura, LXXIII, n.145, 2011, p. 26.

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11 È nel Settecento che anche i viaggiatori spagnoli iniziano ad avvicinarsi allo spirito autentico di questa tradizione. A tal proposito, Carmen Martín Gaite, nel suo libro intitolato Usos amorosos del dieciocho en España, scrive che Carlo III, durante il suo regno, favorisce i viaggi di studio all’estero di ragazzi di buona famiglia che spiccano per intelligenza:18

Era la hora de medir, palpar, ver, observar en directo, guiados por la ciencia y la experiencia. El afán de “ser testigos”, “de estar ahí”, “de experimentar en carne propia” el conocimiento de tierras lejanas - o recorrer las viejas con nuevos ojos - convirtieron al viajero del neoclasicismo en un devorador y transmisor de información y datos útiles.19

Secondo Jean Jacques Rousseau, i viaggiatori spagnoli incarnano il modello perfetto:

[…] ceux qui voyagent le moins voyagent le mieux […] parce qu’ils donnent toute leur attention à ce qui est véritablement utile. Je ne connais guère que les Espagnols qui voyagent de cette manière […] l’Espagnol étudie en silence le gouvernement, les mœurs, la police, et il est le seul […] qui, de retour chez lui, rapporte de ce qu’il a vu quelque remarque utile à son pays.20

Il fine del viaggiatore illuminista è quello di osservare i costumi e le maniere più diverse. Non ricerca l’ignoto né l’esotico; la sua avventura risiede nell’apprendere riguardo la vita degli uomini e, per conseguire tal fine, è necessario saper osservare, pensare e riconoscere le cose utili, perché, come spiega Jean Jacques Rousseau, parlando dei viaggi che Emilio deve affrontare, «il

18 Si veda José Jurado Morales, «Sobre los Usos amorosos del dieciocho en España de Carmen Martín Gaite», Cuadernos de Ilustración y Romanticismo, n. 15, 2007, p. 59.

19

Fernando Soto Roland, Viajeros ilustrados. El Grand Tour, el siglo XVIII y el mundo catalogado, in www.edhistorica.com, pp.1-2.

20 Jean Jacques Rousseau, Émile ou De l’Éducation, vol. V, Ginevra, Citoyen de Geneve, 1780, p. 392.

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12 ne suffit pas pour s’instruire de courir les pays; il faut savoir voyager. Pour observer il faut avoir des yeux, et les tourner vers l’objet qu’on veut connaître».21

L’esploratore deve volgere lo sguardo all’esterno con la specifica intenzione di ricostruire, riformare e rigenerare il proprio paese; il viaggio, dunque, in questa precisa epoca diventa parte integrante della formazione personale di colui che lo intraprende e, contemporaneamente, fonte di riflessione sulle diverse culture.

Tuttavia, il rapporto tra l’esperienza del viaggio e la verità si fa sempre più stretto e così la scrittura diviene fredda ed esatta, priva di emozione o sentimentalismo. Le descrizioni, sprovviste di aggettivi, esprimono calcolo, spiegazioni e ordine, che secondo il viaggiatore illuminista del XVIII secolo, - viaggiatore newtoniano -, come viene denominato, sono sinonimo di verità e certezza. Questo tipo di viaggiatore, come spiega il professore Fernando Soto Roland nel suo saggio, inizia a:

Extraerle a la naturaleza leyes universales y el lenguage se volvió medido, poco colorido, con pretensiones de exactitud. Las referencias a las culturas clásicas de la antigüedad, “cunas del racionalismo”, se volvieron frecuentes; y los viajes a Italia o Grecia, una obligación en el cursus honorum de los más pudientes.22

Nei racconti di viaggio del Settecento, spesso scritti in prima persona, il protagonista non riesce mai a liberarsi dal mero ruolo di trasmettitore di conoscenza, evitando quasi sempre allusioni nei confronti della propria persona, o per lo meno, della propria intimità. Non parla del suo stato d’animo nel momento in cui descrive una città o un paesaggio, ma delle caratteristiche di questi. Frequente è, infatti, l’incorporazione di dati statistici riguardo il numero degli abitanti, delle strade, delle case, delle scuole, degli ospedali, sempre appellandosi

21

Jean Jacques Rousseau, Émile ou De l’Éducation, vol. V, Ginevra, Citoyen de Geneve, 1780, p. 226.

22 Fernando Soto Roland, Viajeros ilustrados. El Grand Tour, el siglo XVIII y el mundo catalogado, in www.edhistorica.com, p. 2.

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13 alla rigorosità del dato apportato.23 Varietà e differenze vengono raccolte e catalogate nel corso dei viaggi sotto forma di dati empirici.

Il Grand Tour, che raggiunge il momento di massimo splendore intorno al 1770, rivela come fine preciso quello di mostrare, insegnare alle generazioni future i successi e i progressi conseguiti dalle grandi civiltà passate, andando oltre quello che veniva studiato attraverso il libri di testo. Tutto inizia a essere descritto e studiato con determinazione - monumenti e resti archeologici, costumi, usanze forme di governo, potenzialità economiche, credenze, pratiche sociali, ma anche maree, montagne, temperature, pressione atmosferica. «Nada podía - o debía - quedar al margen de la mirada ilustrada; y así el arte, la literatura y la ciencia se cargaron de fríos datos y medidas, evidenciando el nuevo espíritu de la época».24

I generi letterari usati per istruire il lettore, senza ricorrere alla fantasia e rendendo il racconto credibile, sono la forma epistolare o il diario, redatto al termine del viaggio attraverso un lavoro memoriale dell’esperienza vissuta e delle conoscenze acquisite. Il diario e la lettera interpretano, nel miglior modo possibile, il viaggio, il tempo che scorre, attraverso le date e le annotazioni.

Inoltre, è opportuno ricordare che il Settecento assiste al sorgere di un altro importante fenomeno, ovvero l’ingente presenza delle donne «nel novero di infaticabili, appassionate viaggiatrici dallo sguardo sensibile, acuto, innovativo, refrattario ai luoghi comuni».25 Il viaggio, e in particolare la narrazione di esso, aprono alla donna spazi inediti che le permettono di evadere dalle mura domestiche e di affermare il diritto a esprimersi, a manifestare le proprie opinioni e giudizi. Ne sono esempi Madame du Bocage, Lady Mary Wortley Montagu, Hester Lynch Piozzi, autrici di memorie, di osservazioni itinerarie e redattrici di guide 26 e grandi protagoniste della letteratura odeporica settecentesca.

Nella letteratura di viaggio della seconda parte del XVIII secolo entra in scena un nuovo tipo di viaggiatore, quello sentimentale proposto in A sentimental journey through France and Italy di Laurence Sterne, pubblicato nel 1768.

23 María del Mar Serrano, «Viajes y viajeros por la España del siglo XIX», Cuadernos Críticos de geografía humana, XVII, n. 98, settembre 1993, pp. 5-7.

24

Fernando Soto Roland, Viajeros ilustrados. El Grand Tour, el siglo XVIII y el mundo catalogado, in www.edhistorica.com, p. 2.

25 Attilio Brilli, Il viaggio in Italia, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 45. 26 Ibidem.

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14 L’esperienza del viaggio si fa più sentimentale e al freddo resoconto si sostituisce il punto di vista del viaggiatore. Si tratta di una parodia della letteratura di viaggio e delle sue caratteristiche; predilige la figura del narratore e le sue emozioni. Sterne pone al centro della sua opera i pensieri, le opinioni: da questi punti di vista sviluppa una scrittura interessante e coinvolgente per il lettore, uno stile moderno e giornalistico che avvicina i due interlocutori e li rende entrambi parti attive nel racconto. A Sentimental Journey ha un importante influsso sulla travel literature dell’epoca grazie all’attenzione al dettaglio e alla quotidianità. In Sterne prevale l’elemento riflessivo su quello descrittivo, perché centrali nella narrazione diventano le persone incontrate, le situazioni e soprattutto i sentimenti provati.

Il XIX secolo rappresenta un punto di svolta per quanto riguarda i resoconti di viaggio. La rappresentazione della realtà subisce una profonda trasformazione e le esperienze utilitaristiche del razionalismo settecentesco lasciano spazio a quelle che tendono, al contrario, ad un’esaltazione della sensibilità, allontanandosi dalla scienza e recuperando un linguaggio più spirituale ed estetico.

I racconti di viaggio si trasformano sia dal punto di vista del contenuto che della forma, poiché non si viaggia più soltanto per trarre considerazioni politiche o filosofiche, ma anche per puro piacere personale. Di conseguenza, anche la figura del viaggiatore subisce varie modifiche, giungendo progressivamente a un’identificazione con quella dello scrittore,27

i cui ricordi di viaggio diventano parte integrante dell’opera. Così come nel secolo precedente il viaggio è la tappa fondamentale nella formazione dell’individuo, un evento necessario alla sua realizzazione, adesso il racconto stesso diviene, come ricorda Le Huenen, «la condición primera del viaje, en vez de ser el resultado o una de sus posibles consecuencias».28

Il passaggio da un secolo a un altro porta inevitabilmente con sé significativi cambiamenti; le motivazioni dello scrittore-viaggiatore non sono più le stesse, così come i suoi obiettivi e il suo stile letterario. Il sentimento che lo spinge a

27 Luis Alburquerque García, «El relato de viajes: hitos y formas en la evolución del género», Revista de Literatura, LXXIII, n.145, gennaio-giugno 2011, p. 29.

28 Roland Le Huenen, «Qu’est-ce qu’un récit de voyage», in Marie-Christine Gomez-Géraud, Les modèles du récit de voyage, Parigi, Centre de recherches du Département de français de Paris

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15 intraprendere un viaggio non è più quello di un tempo, in quanto inizia a essere interpretato e avvertito come un’esperienza vissuta in prima persona dal proprio animo, piuttosto che come una soddisfazione personale, come un’esperienza di acquisizione di nuove conoscenze in grado di portare un qualche beneficio all’interno della società contemporanea al viaggiatore, piuttosto che come un mero esercizio intellettuale.

A partire da quel momento, i viaggiatori iniziano a denunziare una concezione rivoluzionaria della natura, una concezione in cui i sentimenti e l’immaginazione guadagnano uno spazio maggiore, dipingendo il mondo fisico con tocchi di poesia e moralità. Il significato del viaggio subisce notevoli trasformazioni e mutamenti significativi: le esperienze utilitaristiche del razionalismo settecentesco vengono sostituite da quelle orientate verso l’esaltazione della sensibilità, allontanandosi di conseguenza dalla scienza e dando forma a un linguaggio più estetico e spirituale.

Nell’Ottocento l’esperienza del viaggio, pur conservando solidi rapporti con la realtà, diventa, in letteratura, un’esperienza di tipo interiore che assume molteplici significati, tutti riconducibili all’espetto dominante della sensibilità romantica: l’inquietudine e l’irrequietezza romantica. Il viaggiatore romantico percepisce pienamente questa nuova sensibilità e, di conseguenza, con il passaggio da un secolo a un altro, cambiano anche gli strumenti di conoscenza:

El sentimiento, la intuición, la imaginación, la ensoñación poética, el éxtasis son considerados ahora instrumentos de conocimiento. Se trata de un sentimiento y una intuición propios, individuales, los de cada cual porque, contrariamente a lo que ocurría con el ilustrado, el viajero romántico es el protagonista total del viaje, que indefectiblemente narra en primera persona, en el sentido de que no sólo ocupa el lugar del narrador, sino que insistentemente introduce comentarios sobre su proprio estado de ánimo.29

La percezione del paesaggio rappresenta uno degli aspetti maggiormente travolti da questa nuova concezione. Il paesaggio, che è sempre stato di fronte agli occhi del viaggiatore, inizia a essere concepito in maniera diversa, non più come

29 María del Mar Serrano, «Viajes y viajeros por la España del siglo XIX», Cuadernos Críticos de geografía humana, XVII, n. 98, settembre 1993, p. 6.

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16 un semplice supporto dell’attività agricola, ma come un qualcosa di estremamente significativo di per sé.

La nuova percezione della natura rende sensibile il suo animo, e in particolare la «naturaleza torturada»,30 quella che i romantici tendono a definire come terribilmente e orribilmente bella, incarna il tipo di natura che attrae con maggior forza il suo spirito. Il modo in cui la natura e il paesaggio vengono descritti conduce all’orizzonte della geografia moderna, offrendo punti di vista che si avvicinano molto ad essa, per quel che riguarda le sue intenzioni e i suoi contenuti. Questa marcata attenzione e inclinazione per il paesaggio naturale, caratteristica del secolo e presente in tutte le sue manifestazioni letterarie e artistiche, appare molto chiaramente tra le pagine dei racconti di viaggio, in cui questa esperienza costituisce proprio uno dei suoi aspetti fondamentali. Nei racconti romantici continuano a essere presenti anche descrizioni di città, ma non si tratta più di enumerare, da un punto di vista statistico, i monumenti artistici e monumentali, le sue industrie o la sua ricchezza agricola, ma piuttosto di sottolineare maggiormente ciò che riesce a emozionare il viaggiatore: una piazza solitaria, stradine in cui l’avventura sembra vicina, chiese e conventi oscuri, mendicanti, gitani, insomma tutto ciò che si allontana dalla corrente generale dell’industrializzazione.

In questo momento i viaggiatori, anziché essere commercianti audaci o semplici avventurieri, sono piuttosto letterati che hanno trascorso la maggior parte delle loro esistenze chiusi in biblioteche, gabinetti di lettura o salotti ma che, nonostante ciò, non hanno alcuna intenzione di rinunciare alle avventure o scoperte di paesi esotici o lontani che si prospettano di fronte ai loro occhi. Ma il concetto di lontananza non deve essere inteso in termini di distanze geografiche, ma piuttosto come una questione di ignoranza nei confronti di quel determinato luogo. Per questo motivo la Spagna, avvertita come una terra lontana, remota ed esotica, finisce per ammaliare il viaggiatore romantico del XIX secolo.31

30

María del Mar Serrano, «Viajes y viajeros por la España del siglo XIX», Cuadernos Críticos de

geografía humana, XVII, n. 98, settembre 1993, p. 13.

31 María del Mar Serrano, «Viajes y viajeros por la España del siglo XIX», Cuadernos Críticos de geografía humana, XVII, n. 98, settembre 1993, pp. 20-24.

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17 A differenza degli aspetti storici, sociali o politici, il paesaggio, concepito a partire da questo momento in termini moderni, rappresenta una realtà totalmente nuova, modellata attraverso un punto di vista romantico, ricca di valori e significati nuovi, che richiede perciò atteggiamenti e prospettive altrettanto diverse per essere interpretato nel miglior modo possibile, nel modo più esatto.

Ma è bene precisare che l’Ottocento non è soltanto questo: nella seconda metà del secolo, infatti, si vanno affermando, sia in Italia che fuori, specifiche collane editoriali e periodici dedicati alla letteratura di viaggio: «attraverso la prosa evocativa e una varietà di garbati aneddoti, tali testi nutrivano e affamavano al contempo la diffusa curiosità del pubblico verso gli usi e i costumi dei paesi stranieri e in particolare di quelli extraeuropei».32 Come conseguenza del processo di progressiva alfabetizzazione, cresce anche la richiesta, da parte del pubblico, di libri e periodici illustrati. Pertanto, ai testi di prosa odeporica vengono spesso giustapposti suggestivi apparati illustrativi con i quali venivano integrati i coloriti racconti degli inviati speciali.33 Perciò, entità dominante è in questo senso il lettore dei resoconti e delle riviste illustrate dedicate alle tematiche del viaggio e delle esplorazioni e la funzione dei reportages è prima di tutto, anche se non solamente, quella di informare scrupolosamente il pubblico.34

1.2. Per una teoria del genere

Avvicinarsi alla letteratura di viaggio, intesa come genere letterario, e stabilire le costanti formali del racconto viatico si è sempre rivelato un compito assai arduo, sia a causa delle numerose forme che essa adotta, quali il saggio, la lettera, l’articolo di giornale, il romanzo, l’opera autobiografica, il diario, il documento, la cronaca, sia per la vastità del corpus attraverso i vari secoli.

Una varietà così ampia di forme può, indubbiamente, confondere il lettore e il letterato, il quale non riesce a catalogare l’opera all’interno della letteratura in

32 Silvia Notarfonso, «Ritratto di un «mondicino africano»: testo e immagini in Marocco di De Amicis», Il Capitale culturale. Studies on the Value of Cultural Heritage, vol. 13, 2016, p. 559. 33 Cfr. Paola Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana: cinque secoli di immagini riprodotte, Firenze, Usher Arte, 2010, p. 32.

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18 generale e, conseguentemente, manca «un análisis sistemático del propio concepto de literatura de viajes, al menos con el rigor que demanda la teoría literaria del presente», spiega Antonio Regales Serna.35 L’autore rende manifesto il fatto che non sia possibile una sistematizzazione sul piano teorico delle produzioni letterarie degli scrittori-viaggiatori, dato che le particolarità linguistiche e semantiche dei racconti di viaggio ostacolano il tentativo di raggruppare la varietà dei testi prodotti sotto un’unica definizione generale che sia chiara e precisa.

La letteratura odeporica rimane una materia alquanto sfuggente e, per tale motivo, lo studioso che ha necessità di costruirsi una bibliografia specifica di testi di viaggio approda spesso alla consultazione di prodotti parziali e di gran lunga inferiori allo scopo. A tal proposito mi sembrano appropriate le parole di Emanuele Kanceff, il quale parla di «dislessia secolare nei confronti del testo di viaggio, che ha ritardato o vanificato gli studi in questo settore, e ha reso sommamente inaffidabili i già abitualmente precari strumenti cui il ricercatore è spesso costretto a fidarsi».36 Tuttavia, non sembra essere questa la giusta sede per trattare in maniera più dettagliata tale argomento.

Mi sono resa conto, attraverso le numerose letture affrontate, che indagando la letteratura di viaggio del XIX secolo, gli studiosi si sono visti costretti ad affrontare una varietà di problemi legati all’intima natura dell’oggetto della ricerca, difficili da definire; i confini del genere risultano alquanto labili e i testi assai diversi tra loro.

Nel secolo XIX, la letteratura di viaggio appare dominata dalla differenziazione dei modelli e dei livelli, dalla settorializzazione di forme, strutture e linguaggi; sicché la sua storia - per essere scritta in maniera esauriente - richiederebbe la collaborazione di specialisti diversi: storici, storici dell’economia, storici della scienza, della geografia, della letteratura, del giornalismo, delle esplorazioni, ecc.37

35 Antonio Regales, «Para una crítica de la categoria literatura de viajes», Castilla, n.5, 1983, p. 63. 36 Emanuele Kanceff, «Leggere il viaggio in Italia: un metodo di classificazione», in Ilaria Crotti (a cura di), Il viaggio in Italia: modelli, stili, lingue, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 9.

37 Elvio Guagnini, «Dalla prosa odeporica al reportage moderno. Appunti su forme e sviluppi della letteratura di viaggio dell’Ottocento italiano», Problemi, n. 90, 1991, p. 81.

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19 Del resto, l’eccezionale interesse dell’odeporica è strettamente legato proprio alla sua identità inafferrabile e mutevole, aspetti che la rendono un genere altamente peculiare. Per la sua identità di confine, la letteratura di viaggio non è mai entrata nel canone letterario, e ciò ha cagionato un basso tasso di prescrittività retorico-formale del genere.

Per un quadro più completo in merito alla complessa natura della Travel Literature, ho ritenuto molto interessante il contributo di Luca Clerici, il quale spiega quanto sia fondamentale considerare:

Le notevoli implicazioni praticistiche di queste opere, spesso scritte per sé e rivolte ad una ristretta cerchia di lettori, come nel caso della diaristica e della memorialistica […] La presenza di autori non appartenenti alla buona società letteraria insieme alla marginalità del genere hanno favorito uno sperimentalismo (spesso ingenuo) impensabile in famiglie di testi nobili fortemente codificati, con evidenti conseguenze proprio sul piano della multiformità degli esiti espressivi.38

Per tale motivo, lo studioso giudica necessaria una riflessione sulla natura peculiare della letteratura di viaggio, un genere caratterizzato dalla coesistenza di due istanze antagonistiche. Da un lato, il testo odeporico esprime un’intensa attrazione per la realtà e per i fatti materiali e, in tal caso, il viaggio, in quanto esperienza personale del viaggiatore-scrittore, incoraggia la presenza di implicazioni autobiografiche, presupponendo uno sviluppo del resoconto vincolato alle tappe dell’itinerario. Dall’altro, la traslazione del viaggio in scrittura comporta una selezione della realtà acquisita e una «libera ridisposizione degli accadimenti rispetto all’ordine effettivo, non di rado riproposti attraverso il filtro deformante del ricordo».39

38 Luca Clerici, «Per un atlante dei resoconti dei viaggiatori italiani in Italia: l’Ottocento», in Ilaria Crotti (a cura di), Il viaggio in Italia: modelli, stili, lingue, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 142.

39 Luca Clerici, «Per un atlante dei resoconti dei viaggiatori italiani in Italia: l’Ottocento», in Ilaria Crotti (a cura di), Il viaggio in Italia: modelli, stili, lingue, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 142.

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20 Nei libri di viaggio, dunque, assumono un ruolo fondamentale l’aspetto didascalico e quello letterario, la cui funzione reciprocamente integrativa rende caratteristica di questi testi «la dialettica realtà-invenzione».40 Da un punto di vista fisionomico, infatti, il testo di viaggio racchiude in sé sia elementi documentari, saggistici, informativi, referenziali, sia aspetti narrativi, riflessivi, dialogici. Generalmente l’istanza inventiva converge nel letterario e la documentaria nel didascalico, tuttavia, nel momento in cui il letterario offre precise informazioni, le parti si capovolgono.

Il «carácter froterizo de los relatos de viajes»41 è il primo fattore che rende complessa la natura della letteratura odeporica: esistono, infatti, testi prevalentemente letterari, testi prevalentemente didascalici, ma anche libri didascalici d’indole letteraria, quali le descrizioni d’autore, e libri artistici di viaggio non identificati come letterari, magari perché non redatti da letterati.

Inoltre, a complicare maggiormente la situazione, spiega lo studioso Luca Clerici, è il fatto che descrizione e narrazione intersichino «in modo trasversale didascalico e letterario, fino a condurre al di fuori dell’odeporica, da un lato al romanzo di viaggio, dall’altro alla descrizione pura».42

Ma se sembra semplice e naturale estromettere dalla Travel Literature il romanzo di viaggio per la sua natura di invenzione fittizia, la decisione non sembra essere così ovvia per quel che concerne le descrizioni,43 che possono essere di impianto odeporico o de voyage, in cui è assente qualunque accenno al viaggio.

Il fatto che non tutti i resoconti di viaggio debbano essere inclusi all’interno del genere trova conferma all’interno del contributo critico di Soledad Porras Castro, la quale asserisce che:

40 Ibidem.

41 Luis Alburquerque García, «El relato de viajes: hitos y formas en la evolución del género», Revista de literatura, LXXIII, n. 145, 2011, p. 19.

42

Luca Clerici, «Per un atlante dei resoconti dei viaggiatori italiani in Italia: l’Ottocento», in Ilaria Crotti (a cura di), Il viaggio in Italia: modelli, stili, lingue, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 143.

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21 Cuando hablamos de Literatura de Viaje, o Libros de Viaje, tenemos que establecer unos límites claros para poder incluir o no ciertas obras bajo ambos epígrafes. En primer lugar, el viaje tiene que ser real y descriptivo y en segundo lugar, debe ser el propio viajero, autor y protagonista de la obra literaria. Se trata de un Diario al que se ha desposeído de toda carga intimista. Un diario escrito para que otros conozcan el aspecto exterior que rodea al protagonista, y donde los aspectos triviales y cotidianos adquieran categoría literaria. En el Libro de Viaje el autor no imagina nunca, sino que refleja su propia experiencia.44

Tralasciando tali precisazioni, la preponderanza del letterario o del didascalico rappresenta comunque «il discrimine fondamentale di differenziazione»45 all’interno della letteratura di viaggio.

Ma per rendere meno caotico il vasto regno delle testimonianze odeporiche dell’Ottocento, risulta altrettanto funzionale una suddivisione relativa alle competenze dell’autore, che, chiaramente, influenzano il testo. Si distinguono quindi libri di carattere specialistico, destinati a un circuito editoriale ristretto, in cui la realtà, descritta minuziosamente, è rappresentata attraverso un linguaggio prevalentemente tecnico, intriso di «puntigliose» ricerche bibliografiche, descrizioni estremamente oggettive e divagazioni teoriche, in cui il contesto è costituito non tanto dal viaggio e dai suoi scenari quanto dal discorso dell’autore.

Al contrario, i testi che espongono competenze multiple non specialistiche corrispondono a libri di viaggio in cui la realtà tematizzata è più varia, la prosa assume movenze colloquiali, il pubblico elettivo ha un carattere generico, più ampio. Sono testi in cui l’approfondimento teorico lascia spazio allo sguardo del viaggiatore, il quale ritaglia contesti panoramici, non azzarda commenti troppo approfonditi, rivelando i propri gusti personali attraverso apprezzamenti e considerazioni estetiche. In ogni caso, di qualunque tipo di testo si tratti, le competenze espresse nell’opera, insieme al suo grado di narratività, concorrono a

44 Soledad Porras Castro, «Los libros de viaje. Génesis de un género. Italia en los Libros de viajes del siglo XIX», Castilla, n. 28-29, Valladolid, Universidad de Valladolid, 2003-2004, pp. 203-204. 45 Luca Clerici, «Per un atlante dei resoconti dei viaggiatori italiani in Italia: l’Ottocento», in Ilaria Crotti (a cura di), Il viaggio in Italia: modelli, stili, lingue, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 143.

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22 tracciare la fisionomia del viaggiatore impressa sulla carta, il terzo aspetto qualificante di qualunque libro di viaggio.

A tal proposito, Luca Clerici asserisce che:

[…] se in testi d’indole documentaria e in opere di taglio «generalista» il viaggiatore risulta poco connotato, nei libri di viaggio marcatamente letterari e nelle testimonianze più partecipate i viaggiatori tendono piuttosto ad avere una fisionomia rilevata e un ruolo di primo piano. Lo stesso vale per i viaggi specialisti, anche se qui il suo profilo assume contorni non fittivi ma eminentemente culturali.46

Il quarto elemento, spiega lo studioso, che concorre a qualificare l’identità del testo concerne la rappresentazione soggettiva od oggettiva del mondo. Questa differenziazione implica la suddivisione dei libri di viaggio in due gruppi: oggettivi, di impianto referenziale, e soggettivi, di stampo personalistico. I primi, che valorizzano in particolar modo il mondo rappresentato, prevedono un viaggiatore defilato ma dotato di competenze multiple; i secondi, che mettono in evidenza l’autore e il testo, presuppongono un io-viaggiante fortemente connotato e con competenze specifiche.

Variabili, queste, che cercherò di registrare nei vari testi da me analizzati nel presente elaborato. La scelta dei testi è stata dettata da criteri di valore e di rappresentatività tipologica, e comprende sia titoli celebri sia opere meno note, testi di viaggio e libri meno definibili come odeporici.

46 Luca Clerici, «Per un atlante dei resoconti dei viaggiatori italiani in Italia: l’Ottocento», in Ilaria Crotti (a cura di), Il viaggio in Italia: modelli, stili, lingue, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 144.

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23

CAPITOLO II

Il BEL PAESE, DA SEMPRE META DI VIAGGIATORI

SPAGNOLI

La storia delle culture ispanica e italica risulterebbe imperfetta e mancherebbe di una cospicua documentazione senza l’ausilio delle rimembranze e delle osservazioni dei viaggiatori peregrinanti, o per missione, o per necessità, o per istruzione o svago.47 Per tale motivo, questo capitolo si prefigge l’obiettivo di trattare brevemente la singolare relazione culturale e gli scambievoli rapporti, che, nelle varie epoche della storia, intercorsero tra Italia e Spagna nell’ambito della cultura, dell’arte, del pensiero, e di sottolineare, in particolar modo, il rapporto che i due Paesi latini intrattennero durante la seconda metà del XIX secolo.

In merito alla questione anche Aurora Egido, che insieme a Lía Schwatz coordinò la pubblicazione da parte della rivista spagnola ĺnsula della monografia intitolata Las Humanidades y el Hispanismo, asserisce che «Entre Italia e España ha existido siempre una red de caminos de ida y vuelta que llegan a nuestros días, dibujando una larguísima historia política, literaria o artística llena de nombres propios, que son una prueba bullente y viva sobre un viaje interminable».48

La comune origine, le vicende politiche per le quali spagnoli e italiani furono più volte, lungo i secoli, legati a un comune destino, l’affinità delle lingue e del costume, la funzione storica che i due Paesi hanno assolto, pur con differente fortuna, nella civiltà mediterranea, hanno permesso che tra loro fossero perenni, costanti e prolifiche le reciproche influenze culturali e spirituali così come le correnti di simpatia e di viva e attiva solidarietà politica.

Non ripercorrerò, qui, la storia della presenza italiana nella formazione culturale della Spagna,49 considerato che sono noti agli studiosi i validi influssi

47

Arturo Farinelli, «Nuovi appunti su viaggi ispanici», in Italia e Spagna, Firenze, Le Monnier, 1941, pp. 339-340.

48 Aurora Egido, «El viaje a Italia. Nota sobre un libro recuperado de Pedro Manuel de Urrea», ĺnsula, LXV, n. 757-758, Madrid, gennaio-febbraio 2010, p. 2.

49

A tal proposito si veda, ad esempio, Alberto Consiglio, «Antica e nuova fortuna dei rapporti italo-spagnoli», in Alberto Farinelli, Italia e Spagna, Firenze, Le Monnier, 1941, pp. 391-409; María de las Nieves Muñiz Muñiz, «España e Italia: historia de una imagen refleja», ĺnsula, LXV, n. 757-758, Madrid, gennaio-febbraio 2010, pp. 33-37.

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24 della letteratura italiana su quella spagnola, desiderati e accolti dagli intellettuali iberici - a volte con qualche contrasto - ancora prima che la corte letteraria di Alfonso V diventasse il centro di irradiazione della cultura italiana del Rinascimento, intensificatosi sempre più nel secolo seguente, quando nasceva la potenza politica della Spagna di Carlo V, e la figura di Garcilaso veniva apprezzata da molti letterati italiani.50 E di questo amore per l’Italia quante tracce ha lasciato anche Miguel de Cervantes, nelle cui opere aleggia l’ispirazione italiana. L’influenza culturale dell’Italia in Spagna fu in seguito stroncata dalla tracotante politica di Luigi XIV, il quale riuscì a mettere sul trono di Carlo V la Casa di Borbone. E così ebbe inizio quell’influenza francese che per molto tempo dominò lo spirito spagnolo. Ma l’intesa, l’affinità italo-spagnola non si affievolì mai; i due Paesi l’avvertirono sempre e «l’ansia di conoscersi reciprocamente esercitò un fascino sempre vivo e possente sulle anime più sensitive».51 Ed ecco spiegata l’esistenza delle moltissime pagine di viaggio palpitanti di amore di Italia e di Spagna lungo i secoli.

Una relazione, la loro, che si dimostrò ancor più interessante e singolare nell’Ottocento, probabilmente dovuto al fatto che:

Se trataba de una relación de confrontación entre dos pueblos en su camino de construcción y consolidación nacional, hecho de luchas y transformaciones, en busca de soluciones a su propia medida; soluciones alternativas a las sugeridas por los modelos inglés o francés, soluciones prácticas e inmediatamente aplicables.52

Da un’analisi degli studi sinora effettuati, oltre alla persistente tendenza a mitizzare la penisola iberica, emerge che la circolazione delle élites - comprendendo in questa categoria uomini di governo, dipolomatici, esuli,

50 Lucio Ambruzzi, «Una letterata spagnola grande amica dell’Italia: Doña Blanca De los Ríos De Lampérez», in Alberto Farinelli, Italia e Spagna, Firenze, Le Monnier, 1941, p. 371.

51 Ivi, p. 372.

52 Isabel María Pascual Sastre, La Italia del Risorgimento y la España del Sexenio democrático (1868-1874), vol. 45, Madrid, Consejo superior de investigaciones científicas, 2001, p. 474.

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25 viaggiatori, artisti, intellettuali -53 tra l’Italia e la Spagna nell’Ottocento fu operante ed efficace, con passaggi e interscambi frequenti di uomini, idee e ideali da un Paese all’altro.54

Nelle rispettive élites nazionali i modelli e i metodi di lotta politica altrui ebbero un peso non irrilevante e, spiega Marco Mugnaini, talvolta queste «percepirono nell’altro paese un metodo di svilupparsi delle esperienze politiche esportato o quanto meno derivato dal proprio; fu questo il caso degli esuli italiani nel Triennio o nella guerra carlista».55 E se fino a quel momento l’immagine della Spagna fu per le élites liberali e democratiche italiane più seducente, successivamente, dopo il 1848, non fu più così, anzi fu il moto nazionale italiano con i suoi valori «ad alimentare le paure e le speranze degli spagnoli di diverso orientamento politico».56

Le vicende italiane dell’epoca esercitarono indubbiamente un influsso notevole nell’opinione spagnola: essendo quello un periodo di particolare fermento politico, molte riviste spagnole manifestarono un vivo interesse per i conflitti bellici che si stavano verificando in territorio italiano e dedicarono importanti sezioni, intitolate Miscelánea o Crónica de viajes,57 ad articoli di stampo odeporico redatti da una élite interessata alla questione nazionale italiana.

Difatti, la presenza della scrittura e della cultura italiana nella penisola iberica dell’epoca fu avvertita, principalmente, grazie alle testimonianze di letterati spagnoli, quali Juan Valera, Emilio Castelar, Benito Pérez Galdós, Emilia Pardo Bazán, Pedro Antonio de Alarcón.

Juan Valera è, senza dubbio, testimone fondamentale di tale apprezzamento, infatti si percepisce con trasparenza lo statista, il politico, lo scrittore che, per mezzo dei suoi saggi e dei suoi discorsi politici, si rivela abile, intelligente e

53 Marco Mugnaini, «Un esempio di circolazione delle élites: Italia e Spagna dal 1808 al 1860, rassegna della storiografia italiana», in Fernando García Sanz (a cura di), Españoles e italianos en

el mundo contemporáneo: I coloquio Hispano-italiano, Madrid, Consejo de investigaciones

cientificas, 1990, p. 7. 54

Isabel María Pascual Sastre, La Italia del Risorgimento y la España del Sexenio democrático

(1868-1874), vol. 45, Madrid, Consejo superior de investigaciones científicas, 2001, p. 474. 55 Marco Mugnaini, «Un esempio di circolazione delle élites: Italia e Spagna dal 1808 al 1860, rassegna della storiografia italiana», in Fernando García Sanz (a cura di), Españoles e italianos en

el mundo contemporáneo: I coloquio Hispano-italiano, Madrid, Consejo de investigaciones

cientificas, 1990, p. 43. 56 Ibidem.

57 Enrique Rubio Cremades,«Entre España e Italia: siglo XIX», ĺnsula, LXV, n. 757-758, gennaio-febbraio 2010, p. 25.

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26 perspicace giudice dell’Italia del XIX secolo. Come mostrerò più minuziosamente in uno dei capitoli successvi, egli analizza con abilità aspetti di grande attualità per la Spagna della propria epoca, a partire dai motivi che provocarono il ritardo dell’unificazione italiana fino ad analisi trattanti grandi umanisti, quali Giacomo Leopardi.

Non meno importanti ai fini della conoscenza delle relazioni o contatti culturali tra Spagna e Italia furono i numerosi libri di viaggio pubblicati nel XIX secolo e gli studi in merito alla storia di entrambi i Paesi, tradotti e diffusi da italiani e spagnoli. A tal proposito, secondo lo studioso Enrique Rubio Cremades, sembra doveroso far riferimento ai testi del conte di Toreno, Diario de un viaje a Italia en 1839 e Historia del levantamiento, guerra y revolución de España, pubblicata a Madrid tra il 1835 e il 1837 e tradotta in italiano pochi anni più tardi con il titolo Storia della sollevazione, guerra e rivoluzione della Spagna. 58

Una copiosa esistenza di pubblicazioni concernenti l’Italia, come quella di Artaud de Montor - Historia de Italia -, di Timón - De la independecia de Italia -, di Julio Janín - Viaje a Italia -, di José María López de Ecala - Viaje a Italia -, di José Gutiérrez de la Vega - Viajes de la expedición española - e di Mariano Pérez Luxaro - Historia de la rivolución de Italia –, fu possibile grazie all’interesse che la vita culturale e l’unificazione italiana destavano nell’animo degli spagnoli.59

Di particolare interesse furono anche le pubblicazioni di Luigi Cibrario, soprattutto l’opera intitolata Lettere scritte in un viaggio in Spagna e Portogallo nel 1849, pubblicata a Torino nel 1856.60

Spicca, inoltre, la monografia De Madrid a Nápoles (1861) di Pedro Antonio de Alarcón, considerata dagli studiosi uno dei libri di viaggio maggiormente riusciti nella Spagna ottocentesca.

L’esteso corpus di pubblicazioni denota chiaramente che la rivalità tra austriaci e italiani, lo Stato Pontificio e la dibattuta unificazione italiana occuparono uno spazio cospicuo nelle personalità spagnole dell’epoca.

58

Enrique Rubio Cremades,«Entre España e Italia: siglo XIX», ĺnsula, LXV, n. 757-758, gennaio-febbraio 2010, p. 27.

59 Ibidem. 60 Ibidem.

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27 Elementi, questi, evidentemente presenti anche nelle monografie di Emilio Castelar - Recuerdos de Italia -, Evaristo Escalera – Los soldados de la independencia de Italia. Galería biográfica -, Aquiles de Gualtiero – Crónica de la guerra de Italia y de los sucesos políticos y militares ocurridos antes y después de la paz de Villafranca -, J. B. Villalonga – Italia reconocida. Reflexiones sobre la unidad italiana con sus relaciones con España.61

In un secondo momento, tuttavia, le peculiarità dei due Paesi iniziarono a farsi sentire, con particolare forza dopo il Sessennio, accentuandosi ulteriormente durante la prima metà del secolo seguente.62 Nel periodo dell’Italia liberale si verificò uno scarso interesse storiografico nei confronti della Spagna e viceversa. Unica eccezione la letteratura di viaggio, rivelatrice di una persistente curiosità da parte di entrambi i popoli.

Degne di nota, in questo senso, le cronache o i libri di viaggio redatti da scrittori spagnoli che impressero su carta le sensazioni, i giudizi, le riflessioni, le emozioni scaturite dal viaggio nell’Italia delle ultime due decadi dell’Ottocento. Di notevole interesse Viaje a Italia di Benito Pérez Galdós e Mi Romería di Emilia Pardo Bazán.

Sul versante opposto, furono le rimembranze del viaggio di Edmondo De Amicis, raccolte nel volume Spagna, apparso nel 1872 e poi ripetutamente ristampato, «a despertar o, mejor, a reavivar el interés del país vecino por la realidad española, tanto más que por aquellos años - entre el 71 y 73 – se sentaba en el tambaleante trono español un rey italiano».63

61 Enrique Rubio Cremades, «Entre España e Italia: siglo XIX», ĺnsula,LXV, n. 757-758, gennaio-febbraio 2010, p. 27.

62 María de las Nieves Muñiz Muñiz, «España e Italia: historia de una imagen refleja», ĺnsula, LXV, n. 757-758, Madrid, gennaio-febbraio 2010, p. 37.

63 Maria de las Nieves Muñiz Muñiz, Cartas de españoles a Edmondo De Amicis: aportación al conocimiento de las relaciones literarias hispano-italianas en la segunda mitad del XIX, in

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CAPITOLO III

EMILIO CASTELAR E L’ITALIA

3.1. Cenni biografici

I suoi genitori, Manuel Castelar e María Antonia Ripoll, di ideologia liberale, originari di Alicante, si sposano poco prima della rivoluzione guidata da Rafael del Riego, loro grande amico, ma quando Ferdinando VII restaura la monarchia assoluta, Manuel viene condannato a morte ed è costretto a un esilio di sette anni, alcuni dei quali trascorsi a Gibilterra. Riescono a riunirsi a Cadice e a sposarsi nel 1831. L’anno seguente nasce Emilio. Vita non lunga la sua, ma vissuta intensamente in un periodo molto burrascoso della storia di Spagna. Orfano del padre sin dalla prima età, viene educato a Elda, poi ad Alicante e, successivamente, inizia a frequentare i corsi presso la Facoltà di Diritto e Filosofia a Madrid, dalla quale esce dottore nel 1855.

Ancora giovanissimo, Castelar si rivela ardente paladino dell’evoluzione verso la democrazia e presto ha occasione di dimostrarsi un abile uomo pubblico, proferendo un discorso in difesa della libertà e delle basi della democrazia, un discorso che impressiona il pubblico e apre al giovane oratore le porte del giornalismo militante. Nel 1854 diventa redattore del periodico El Tribuno, di La Soberanía nacional nel 1855 e di La Discusión, dal 1856 al 1864. Il 25 settembre dello stesso anno 1854, scrive il suo primo discorso, il cui assunto principale è la difesa del principio liberale dagli eccessi sia reazionari che progressisti:

¿Por qué, me diréis, el principio reaccionario es tan tenebroso y el principio liberal es tan sublime? Porque el primero es un principio muerto, que si respira, respira el mefítico aire de las tumbas, y el segundo es un principio lleno de vida, puesto en el trono de la Humanidad por la inflexible lógica de Dios, que se manifiesta centelleante en la historia.64

64 Emilio Castelar, «Discursos y ensayos», in José García Mercadal (a cura di), Discursos y ensayos: selección, prólogo y notas, Madrid, Aguilar, 1964, p. 34.

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29 A partire dal 1858 diventa, inoltre, professore di storia presso l’Università di Madrid, ambito in cui si dimostra fin da subito propulsore infaticabile di idee attraverso i famosi discorsi sulla Historia de la civilización en los cinco primeros siglos del Cristianismo, che suscitano notevoli proteste, sia da parte dei moderati che degli estremisti, poiché annoverano anche esemplificazioni d’attualità.65

L’ultima esperienza vissuta da redattore sfocia nell’istituzione, nel 1863, della rivista di tendenza liberale antidinastica La Democracia e, in tal modo, la vita politica di Castelar matura e si intensifica sempre più:

Se ne sentì anche l’eco nella stampa, allorché passata La Discusión nelle mani di Pi y Margall, socialista e federalista, questi ebbe avversario temibile, specie quanto alla dottrina socialista, il Castelar sulla Democracia, che si mette in linea per l’eloquenza sua. […] Finì dal campo del pensiero e della polemica ad entrare in una vera e pratica azione contro la dinastia allorché, avendo Isabella II fatto una finta cessione dei suoi beni allo Stato, solo il Castelar nel suo foglio smascherò il fatto.66

Ne consegue un’immediata sospensione dall’insegnamento e la successiva condanna a morte espressa dal Tribunale di guerra. Si vede costretto a fuggire all’estero, trovando riparo in Francia, dove si dedica alla scrittura di numerose opere e diviene corrispondente di alcune riviste latino-americane, quali El Siglo, La Nación, El Monitor Republicano.67

Il trionfo della Rivoluzione del 1868, nota come La Gloriosa, pone fine al regno di Isabella II. Emilio Castelar può pertanto fare ritorno in Spagna, dove si riappropria della sua vecchia cattedra e riprende la lotta repubblicana. Ci troviamo oramai di fronte alla pienezza della sua vita politica: nel 1869 viene eletto deputato a Zaragoza, declamando un discorso «sublime» riguardo la libertà di culto, «Los americanos lo ensalzan y es objeto de las mejores atenciones en

65 Bernardo Sanvisenti, Emilio Castelar. Recuerdos de Italia: pagine scelte, con introduzione e note, Firenze, La nuova Italia, 1932, p. VI.

66 Ivi, pp. VI-VII.

67 María del Carmen García Tejera, Biografía de Emilio Castelar, in http://www.ensayistas.org, Cadice, Universidad de Cádiz, 2000.

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30 naciones como Francia o Italia»,68 nelle Cortes dà prova delle proprie doti di oratore parlamentare, richiedendo al Governo Provvisorio la proclamazione della Repubblica, a cui si oppongono fortemente gli unionisti e i progressisti, in particolar modo il generale Prim, autorevole capo dei costituzionali e membro del Governo Provvisorio, che auspica, al contrario, una monarchia costituzionale con a capo Amedeo di Savoia, duca d’Aosta.

Emilio Castelar cerca di opporsi, ma ogni suo tentativo risulta vano. L’ascesa politica di Castelar sarà pertanto legata alla sfortuna del brevissimo regno del Principe Sabaudo. Con l’abdicazione del re, egli vede realizzato il suo sogno, la proclamazione della Prima Repubblica spagnola.

Costituitosi il primo governo repubblicano, che vede come primo presidente Estanislao Figueras, Emilio Castelar assume il dicastero degli esteri, ove non lascia altra traccia che il decreto di abolizione della schiavitù a Portorico.

In seguito ai mandati assunti, inizialmente da Figueras, poi da Francisco Pi y Margall e infine da Nicolás Salmerón, Castelar accede alla presidenza della Prima Repubblica il 6 settembre 1873. A causa del disordine politico e sociale regnante nel Paese, si vede costretto ad agire come una sorta di dittatore.69 Giunto al potere, arriva a sospendere le Cortes e sembra disposto a rinunciare al suo ideale di federalismo repubblicano in favore di un cambio di regime, purchè vengano garantiti l’ordine e la libertà. Ma il 3 gennaio 1874 Castelar rassegna le proprie dimissioni, poiché gli viene negata la fiducia parlamentare, vicenda che provoca il colpo di Stato militare per mano del generale Manuel Pavía, il quale scioglie definitivamente le Cortes, offrendo nuovamente, senza alcun esito, la carica a Castelar. La Prima Repubblica spagnola giunge, conseguentemente, al suo termine e mentre in Spagna si prepara la restaurazione borbonica, egli viaggia all’estero.

68

María del Carmen García Tejera, Biografía de Emilio Castelar, Cadice, Universidad de Cádiz, 2000, in http://www.ensayistas.org.

69 Si veda Nancy Rosenblatt, Emilio Castelar, teórico, publicista y político republicano, in https://dialnet.unirioja.es.

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