• Non ci sono risultati.

Analisi delle frazioni plasmatiche dell'enzima gamma-glutammiltransferasi in pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Analisi delle frazioni plasmatiche dell'enzima gamma-glutammiltransferasi in pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo"

Copied!
107
0
0

Testo completo

(1)

1

DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Applicata alla

Biomedicina

Tesi di Laurea:

“Analisi delle frazioni plasmatiche dell'enzima

γ-glutammiltransferasi in pazienti sottoposti

a trapianto di midollo osseo”

Candidata:

Relatore:

Cenar Ahmed

Dott.ssa Maria Franzini

(2)
(3)

3 Abbreviazioni ... 6 Riassunto... 7 1. Introduzione ... 10 1.1 Gamma-glutammiltransferasi (GTT) ... 10 1.1.1 Struttura e localizzazione ... 10

1.1.2 Espressione genica, biosintesi e processamento della GGT ... 12

1.1.3 Meccanismo d’azione e substrati fisiologici ... 14

1.1.4 Funzioni fisiologiche ... 16

1.2 La GGT sierica ... 23

1.2.1 Aspetti analitici e metodo di misura ... 23

1.2.2 Valori di riferimento della GGT sierica ... 25

1.2.3 Frazioni della GGT sierica ... 26

1.2.4 Origine e caratteristiche della GGT sierica... 28

1.2.5 Valore predittivo della GGT sierica per le malattie epatobiliari ... 32

1.2.6 Nuovi significati della GGT sierica nelle patologie umane ... 33

1.3 Il trapianto di cellule staminali emopoietiche ... 41

1.3.1 Generalità ... 41

1.3.2 Sorgenti di cellule staminali ... 41

1.3.3 Condizionamento e regimi preparativi ... 43

1.3.4 Procedure di trapianto ... 45

1.3.4 Complicanze del trapianto ... 48

1.4 Graft-versus-host disease ... 51

(4)

4

1.4.3 GVHD acuta ... 57

1.4.4 GVHD cronica ... 59

1.4.5 Biomarcatori di GVHD ... 62

2. Scopo della tesi... 65

3. Materiali e metodi ... 66

3.1 Descrizione dei soggetti reclutati ... 66

3.2 Reagenti ... 67

3.3 Determinazione delle frazioni plasmatiche di GGT ... 68

3.4 Quantificazione dell'attività associata alle frazioni plasmatiche di GGT. 71 3.5 Metodi statistici utilizzati... 72

4. Risultati e discussione... 74

4.1 Pazienti ... 74

4.2 Analisi del profilo di eluizione delle frazioni di GGT ... 75

4.3 Analisi dell’attività della GGT totale, delle singole frazioni e di altri parametri clinici ... 77

4.4 Analisi di correlazione tra attività di GGT totale e di frazioni di GGT plasmatica e le altre variabili cliniche ... 83

4.5 Analisi di correlazione tra attività di GGT totale e di frazioni di GGT plasmatica e le altre variabili cliniche nella GVHD ... 86

4.6 Analisi dell’andamento delle frazioni plasmatiche di GGT per ciascun soggetto ... 87

5.Conclusioni ... 93

6. Bibliografia ... 94

(5)
(6)

6

ALT Alanina aminotransferasi

AMC Amminometilcumarina

AST Aspartato aminotransferasi

CMV Citomrgalovirus

GGT Gamma glutammiltransferasi

GlyGly Glicilglicina

GVHD Graft versus host disease

HLA Antigene leucocitario umano

HSC Cellule staminali ematopoietiche

HSCT Trapianto di cellule staminali ematopoietiche

LAL Leucemia acuta linfoblastica

LH Linfoma di Hodgkin

LMA Leucemia mieloide acuta

LNH Linfoma non-Hodgkin

MDS Sindromi mielodisplastiche

(7)

7 Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) è una procedura medica largamente impiegata al giorno d’oggi nel trattamento di molte patologie ematologiche, sia neoplastiche che non neoplastiche. Le due principali tipologie di trapianto vengono definite “allogenico” ed “autologo”, a seconda che le cellule staminali emopoietiche, reinfuse dopo opportune terapie di condizionamento, derivino rispettivamente da un donatore sano o dal paziente stesso.

La GVHD (Graft-versus-host disease - “malattia del trapianto contro l’ospite”) è la principale complicanza immunologica del trapianto allogenico, ed è caratterizzata da una reazione di cellule immunocompetenti del donatore contro tessuti del ricevente. Le manifestazioni di tale affezione possono colpire diversi tessuti e organi, come cute, fegato, intestino, stomaco, occhio e cavo orale. Fino ad oggi sono stati studiati molti biomarcatori diagnostici per la GVHD; lo studio delle frazioni della gamma-glutammiltranferasi (GGT) come potenziale biomarcatore della GVHD è stato l’oggetto di questo studio.

Ho analizzato un totale di 14 pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche allogenico tra Marzo 2017 e Maggio 2018 presso la U.O. di Ematologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa, Centro Trapianti di Midollo.

Per ciascun paziente abbiamo raccolto campioni di sangue venoso a tempi prestabiliti, a partire dal giorno d’inizio della chemioterapia di condizionamento fino ai mesi precedenti, per coloro i quali sono ancora in vita.

Confrontando i profili di eluizione dell’attività plasmatica di GGT nei 14 pazienti ho osservato che il volume di eluzione delle frazioni b-GGT, m-GGT ed f-GGT rimane invariato, mentre il profilo della frazione s-GGT appare spostarsi verso un volume di eluizione maggiore e dimensione minore. La forma del picco di eluizione è suggestiva della presenza di due componenti relative alla frazione s-GGT, chiamate s1-GGT e s2-GGT.

(8)

8 quanto riguarda m-GGT, che non sono state ancora descritte in altre condizioni e mi fanno osservare questa doppia componente di s-GGT che sembrano muoversi insieme ma con contributo maggiore di s2-GGT.

Le analisi di correlazione tra le transaminasi e le frazioni di GGT mi confermano il possibile diverso significato clinico che hanno le frazione s1-GGT e s2-GGT, con s2-GGT associato agli indici citolitici (ALT e AST) e s1-GGT associato all’indice di funzionalità epatica (bilirubina totale). Inoltre, tali correlazioni sono collocate diversamente dal punto di vista temporale, infatti la correlazione con s1-GGT si colloca nei primi 14 giorni post-trapianto mentre quella con s2-s1-GGT nei 30 giorni post-trapianto. Talvolta, però, la variazione di s1-GGT e s2-GGT avviene in una finestra temporale che non coincide con quella delle classiche variabili indici di funzionalità epatica. Dunque, potrebbe esserci un meccanismo diverso per il rilascio di queste.

Gli eventi di GVHD sembrano essere associati alla presenza di m-GGT, ma non è ancora chiaro il motivo di tale associazione. Inoltre, sembrerebbe delinearsi la presenza di due sottogruppi di cui uno presenta un aumento dell’attività totale di GGT in prossimità della manifestazione della GVHD mentre l’altro no. Al primo appartengono i pazienti che hanno sviluppato GVHD intestinale, mentre, al secondo coloro che hanno sviluppato GVHD cutanea o di altro tipo.

Infine, i pazienti in cui il trapianto non ha presentato complicanze immediate sono gli stessi che hanno sviluppato GVHD e questi ultimi sono caratterizzati dalla peculiarità di presentare un picco dell’attività totale di GGT in corrispondenza del giorno T+7.

In conclusione, lo studio delle frazioni della GGT plasmatica nei soggetti sottoposti a HSCT ha rivelato una notevole diversità nel comportamento delle stesse nelle fasi immediatamente precedenti e seguenti alla procedura. Sebbene i risultati siano ancora preliminari a causa della scarsa numerosità dei campioni in studio, è comunque evidente che ciascuna frazione assume, nel tempo di osservazione, andamenti diversi non solo rispetto alle altre frazioni, ma anche

(9)

9 L’attribuzione di uno specifico significato fisiopatologico alle variazioni di ciascuna frazione di GGT potrebbe essere uno strumento diagnostico e prognostico utile nell’ambito dei trapianti di midollo osseo.

(10)

10

1. Introduzione

1.1 Gamma-glutammiltransferasi (GTT)

1.1.1 Struttura e localizzazione

La γ-glutammiltransferasi (GGT) è un enzima largamente diffuso e conservato nel mondo vivente, infatti lo ritroviamo nei batteri (Suzuki et al., 1986; Okada et al., 2006), nelle piante (Martin et al., 2000) ed in tutto il Regno Animale. Nei mammiferi, la GGT è una glicoproteina di membrana di tipo II, con struttura dimerica e sintetizzata da un unico propeptide (Curthoys et al., 1979) prima di raggiungere la membrana plasmatica (Barouki et al., 1984; Finidori et al., 1984). Il propeptide viene scisso in 2 subunità, una pesante (55-62 KDa, 380 amminoacidi) ed una leggera (20-30 KDa, 189 amminoacidi), tenute insieme da legami non covalenti. La subunità leggera presenta un dominio C-terminale con attività catalitica, unita alla subunità pesante mediante interazioni elettrostatiche (Tate et al., 1981). La porzione N-terminale della catena pesante, invece, presenta un dominio idrofobico che consente l’inserzione dell’enzima sul lato esterno della membrana cellulare, in tal modo entrambe le subunità risultano esposte nell’ambiente extracellulare (Finidori et al., 1984).

L’enzima ha un ruolo centrale nel metabolismo del GSH e nel ciclo del γ-glutammile, che include la sintesi e la degradazione del glutatione (Meister et al., 1995). In questo tripeptide, l’acido glutammico e la cisteina sono legati non dal classico legame peptidico bensì da un particolare legame peptidico nel quale il gruppo carbossilico sul carbonio γ dell’acido glutammico lega il gruppo amminico sul carbonio α della cisteina. Il legame γ-glutammilico rende il glutatione resistente alla peptidasi, ma non alla GGT, capace di idrolizzare tale legame e di trasferire l’acido glutammico ad un altro accettore (che sia amminoacido o dipeptide). Il GSH è il più abbondante substrato per la GGT, ma non è l’unico: attualmente tutti i composti γ-glutammilici sono substrati per

(11)

11 l’enzima, per esempio: GSH coniugato a xenobiotici, leucotriene C4 (Withfield et al., 2001), S-nitrosoglutatione (Hogg et al., 1997).

L’enzima agisce su substrati extracellulari e, in condizioni denaturanti, è stato dimostrato che la catena leggera può avere attività proteasica, acquisendo la capacità di digerire la catena pesante (Gardell et al., 1979). In vivo, ad ogni modo, tale attività proteasica sembrerebbe essere mascherata dalla catena pesante. Nei mammiferi, inoltre, è stata dimostrata la presenza della GGT sulla membrana di tutte le cellule, con localizzazione preferenziale nei tessuti correlati con attività secretorie e di assorbimento (Hanigan et al., 1996). Nel rene, in particolare, è stata osservata la più alta attività di GGT, con localizzazione sulla superficie luminale delle cellule del tubulo contorto prossimale e, al contrario, le cellule del tubulo distale e dei glomeruli risultano essere prive dell’enzima.

Nel fegato, l’attività della GGT è presente a livello delle cellule epiteliali delle vie biliari extraepatiche e dei canalicoli epatici. Nel pancreas, invece, sono le cellule acinose a presentare la maggiore attività di GGT. Anche altri tipi di cellule presentano attività di GGT, difatti possiamo trovarla nelle cellule delle ghiandole sudoripare, delle ghiandole sottomandibolari, dei dotti galattofori, dell’epitelio bronchiale, dell’epididimo, delle vescicole seminali ed anche della prostata. Inoltre, l’attività della GGT è stata individuata anche sulla membrana e nei granuli intracitoplasmatici delle piastrine, sulla membrana dei granulociti e dei linfociti, il cui aumento di attività è considerato un marcatore di differenziazione e trasformazione neoplastica (Khalaf et al., 1987; Grisk et al., 1993; Sener et al., 2005). A livello celebrale, l’attività della GGT sembrerebbe contribuire alla funzionalità della barriera emato-encefalica, favorendo il metabolismo dei leucotrieni e la detossificazione degli xenobiotici (Zhang et al., 1997; Garcion et al., 1999).

L’attività della GGT è presente anche nel siero, probabilmente rilasciata dalle membrane cellulari dei parenchimi dei vari organi, riflettendo le modificazioni quantitative della produzione, del rilascio e della rimozione dell’enzima circolante (Huseby et al., 1993).

(12)

12 La GGT è una glicoproteina altamente glicosilata e, sulla base della sequenza primaria, sono state individuate sei possibili sequenze consenso di N-glicosilazione. La N-glicosilazione rappresenta il 25-30% della massa totale della GGT ed è tessuto-specifica, infatti la GGT purificata da organi diversi presenta un diverso peso molecolare e, quindi, una diversa mobilità elettroforetica. Ha, inoltre, differenti punti isoelettrici in relazione al contenuto di acido sialico. Per questa eterogeneità di glicosilazione si può pensare ad “isoforme” enzimatiche per la GGT, mentre non sono stati individuati isoenzimi per la sequenza amminoacidica.

1.1.2 Espressione genica, biosintesi e processamento della GGT

La GGT risulta essere distribuita nel regno vegetale, nei batteri e in tutti i membri del regno animale, partendo dal nematode Ascaris Suum sino a giungere all’uomo: l’espressione genica riflette la complessa organizzazione tra le diverse specie ed in particolare nell’uomo, la variabilità fenotipica è funzione dell’organo d’origine e/o del tipo cellulare preso in considerazione (Chikhi et al., 1999)

Nel genoma umano si può ricondurre alla GGT una famiglia multigenica che include almeno sette geni (Courtay et al., 1994) mappati sul cromosoma 22 nella regione 22q11.1-q11.2 vicino ai loci BCR (breakpoint cluster region) e IG-λ (Bulle et al., 1987; Collins et al., 1997). Sequenze correlate, probabilmente pseudogeni, sono state identificate sui cromosomi 18, 19, 20 (Figlewicz et al., 1993). I cloni, rappresentanti tutti e sette i possibili geni, sono stati identificati in una libreria genomica umana costruita con DNA estratto da una linea cellulare di linfoblasti cariotipicamente normali. Questo ha escluso la possibilità che questi sette tipi di cloni genomici siano alleli di un singolo gene altamente polimorfico (Courtay et al., 1994). È molto probabile che i molteplici geni umani per la GGT siano prodotti di duplicazioni verificatesi nella regione 22q11, regione instabile associata a difetti alla nascita (Scambler, 1993). Tra i geni della GGT duplicati, solo il gene di tipo I (ggt1) ha espressione ubiquitaria, dando origine ad una proteina completa e funzionale. Degli altri sei geni, almeno quattro sono trascritti

(13)

13 in mRNA codificanti eventualmente peptidi, in gran parte costituiti da subunità grandi o piccole, ma non è stata ancora identificata l’eventuale proteina relativa (Courtay et al., 1994). Ad esclusione del gene di tipo I, sul quale è riposta la maggiore attenzione, i restanti geni non sono stati sino ad ora ben caratterizzati nella struttura e soprattutto nell’espressione.

Il gene ggt1 comprende una sequenza di 32Kb e include venti esoni di cui dodici codificano per la sequenza amminoacidica della GGT, con i primi sette codificanti per la subunità pesante, l’ottavo per l’estremità carbossilica della subunità pesante e per l’estremità amminica della subunità leggera, mentre i rimanenti quattro esoni codificanti per la restante parte della subunità leggera. L’mRNA della GGT è trascritto in un unico polipeptide di 560 amminoacidi, la sequenza idrofobica all’estremità amminica consente alla proteina di essere traslocata nel lume del reticolo endoplasmatico, dove per autoidrolisi vengono generate le due subunità della GGT (Kinlough et al., 2005). Tale processo autocatalitico è catalizzato dall’amminoacido treonina (Thr) che forma la nuova estremità N-terminale della subunità leggera e rappresenta l’amminoacido che favorisce la scissione del legame ammidico situato tra il gruppo carbossile, in posizione γ dell’acido glutamminico, e un’ammina (Inoue et al., 2000; Kinlough et al., 2005).

Una nuova super famiglia di proteine, raggruppate sotto il nome di “idrolasi nucleofilo N-terminale” (idrolasi-nNt), sono state individuate nel 1995 da Branningan e dai suoi collaboratori (Branningan et al., 1995). I membri di questa famiglia sono caratterizzati da una struttura αββα del core nel sito catalitico e tutte le idrolasi nucleofilo N-terminale sono trascritte e tradotte in un unico propeptide convertito ad enzima attivo per proteolisi autocatalitica senza perdita di amminoacidi. Appartengono a questa superfamiglia la penicillina G amilasi, il

proteosoma, la glutammina PRPP amidotransferasi (GAT),

l’aspartilglucosamidasi e l’L-amminopeptidasi-D-Ala-esterasi/amidasi (Oinonen et al., 2000).

Anche la GGT appartiene a questa superfamiglia per le sue diverse caratteristiche. L’amminoacido protagonista dell’attività autocatalitica e quelli coinvolti nel

(14)

14 legame enzima-substrato sono conservati nella sequenza della GGT in tutta la filogenesi (Okada et al., 2006; Kinlough et al., 2005; Boanca et al., 2006). Il processo di autocatalisi e il ruolo della Thr N-terminale della subunità leggera sono stati confermati per l’enzima di Escherichia coli (Inoue et al., 2000; Suzuki et al., 2002), del ratto (Kinlough et al., 2005), di Helicobacter pylori (Boanca et al., 2006) e dell’uomo (Inoue et al., 2000).

1.1.3 Meccanismo d’azione e substrati fisiologici

La GGT catalizza la scissione del legame γ-glutammilico tra il gruppo carbossile in posizione γ dell’acido glutammico e un’ammina, ed il successivo trasferimento dell’acido glutammico su una molecola accettrice. La reazione catalizzata segue un meccanismo definito “a ping-pong” (Keillor et al., 2005): nello stadio di acilazione il gruppo γ-glutammilico della molecola substrato è trasferito sul gruppo -OH della Thr N-terminale della catena leggera e così viene liberata l’ammina. L’intermedio acil-enzima lega una molecola accettrice ed in seguito, nel successivo stadio di deacilazione, l’acido glutammico viene trasferito sul gruppo amminico dell’accettore con la formazione di un nuovo legame γ-glutammilico. Tale processo rappresenta una reazione di transpeptidazione (Figura 1.1).

(15)

15

Figura 1.1: Meccanismo d'azione della γ-glutammiltransferasi

In mancanza di un accettore, l’acil-enzima può reagire anche con una molecola di acqua liberando acido glutammico con una reazione di idrolisi. In questo genere di reazione la GGT è altamente specifica per il tipo di legame, mentre è aspecifica per il substrato, questo perché solo la posizione γ-glutammilica è critica per il legame con la GGT; pertanto, tutti i γ-glutammilcomposti sono substrati ipotetici per la GGT. I principali substrati fisiologici della GGT sono il glutatione o γ-glutammil-cisteinilglicina (GSH), il leucotriene C4 (coniugato del GSH), i coniugati del glutatione prodotti dalla GSH-transferasi e il nitrosoglutatione. La GGT riconosce solo gli L-amminoacidi (Cis, Met, Gln, Glu) o i dipeptidi amminoacil-glicina (CisGly, MetGly, GlnGly, CysGly, GlyGly) come molecole accettrici (Thompson et al., 1977; Allison et al., 1985).

Nel 2006 Barycki e collaboratori hanno proposto che il gruppo idrossile di una seconda Thr, che segue la Thr catalitica nella sequenza della subunità leggera ed

(16)

16 è molto ben conservata nella famiglia delle GGT, forma due legami a idrogeno con la Thr catalitica stessa (Boanca et al., 2006). Questa diade Thr-Thr è critica per la scissione del legame γ-glutammilico del GSH. La GGT catalizza sia reazioni di idrolisi che reazioni di transpeptidazione. In vivo, la reazione principale è quella di idrolisi (West et al., 2011). Queste due reazioni mostrano diversi profili di pH permettendo alla GGT di catalizzare selettivamente una delle due reazioni, modificando il pH della miscela di reazione (Keillor et al., 2005).

1.1.4 Funzioni fisiologiche

L’enzima GGT è coinvolto in numerose funzioni fisiologiche, alcune delle quali sembrano essere in contrapposizione tra loro. In particolare, si fa riferimento al suo ruolo antiossidante e pro-ossidante quando agisce sulla molecola del GSH.

Ruolo antiossidante: sintesi del glutatione

Il glutatione (γ-L-glutammil-L-cisteinilglicina) è un tripeptide, costituito dagli amminoacidi cisteina (Cys), glicina (Gly) e glutammato (Glu). Si trova nei tessuti di tutti i mammiferi, essendo la più abbondante e importante molecola antiossidante; è coinvolto in molteplici funzioni cellulari, tra cui: la protezione delle cellule dallo stress ossidativo, la detossificazione degli xenobiotici e altri metaboliti, la modulazione della proliferazione cellulare e l’apoptosi. Inoltre, il GSH è fondamentale per la sintesi di ossido nitrico (NO) e la conservazione ed il trasporto della Cys. Il glutatione non può essere idrolizzato dalle classiche peptidasi, in quanto contiene un legame inusuale tra il glutammato e la cisteina, ovvero per il legame viene utilizzato il gruppo γ carbossile del glutammato piuttosto che il gruppo α (Foyer et al., 2005).

La concentrazione intracellulare di GSH è basata sull’equilibrio che si instaura tra la sua sintesi e il suo consumo. A causa della presenza del legame atipico, precedentemente descritto, l’unico enzima in grado di iniziare la degradazione del GSH extracellulare è la GGT e dalla sua degradazione la cellula può recuperare gli amminoacidi che lo compongono (ciclo del γ-glutammile).

(17)

17 In particolare, la GGT trasferisce il gruppo glutammilico del GSH su accettori amminoacidici glutammil-amminoacidi) o su accettori dipeptidici (γ-glutammil-dipeptidi). Questi ultimi vengono trasportati all’interno della cellula, dove diventano il substrato dell’enzima γ-glutammil-ciclotransferasi, che li divide nei diversi amminoacidi e in 5-oxoprolina. Quest’ultima può essere convertita in glutammato che viene riusato per la sintesi del GSH intracellulare. Oltre ad amminoacidi e 5-oxoprolina, dalla reazione catalizzata dalla GGT, si libera un dipeptide, la cisteinilglicina (CysGly), che viene idrolizzata, dalle dipeptidasi di membrana, a cisteina e glicina, che possono essere trasportate all’interno delle cellule e riusate per la sintesi di GSH (Tate et al., 1981; Griffith et al., 1979; Lieberman et al., 1995).

Il ciclo del γ-glutammile può, dunque, essere visto come un continuo riciclo del glutatione attraverso la membrana plasmatica, in base al gradiente di concentrazione, nell’ordine dei millimolari all’interno della cellula e dei micromolari all’esterno (Sze et al., 1993; Cole et al., 2006).

Altra funzione importante del GSH, collegata alla precedente, è quella di trasportatore della Cys, estremamente instabile nell’ambiente extracellulare, poiché, ossidandosi a cistina (Cis), promuove la generazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) (Lu et al., 1999). La GGT degrada il GSH a CysGly, in questo modo promuove il recupero di cistina; inoltre, quest’ultima è l’accettore più efficiente della reazione di transpeptidazione, quindi il complesso γ-glutammilcistina è importante per il recupero di Cys (Lu et al., 1999; Zhang et al., 2005).

Tutto questo è stato dimostrato tramite esperimenti con topi “knock out” per l’espressione della GGT. In questi studi si afferma che topi omozigoti soffrono di glutationuria, ovvero diminuita concentrazione di GSH cellulare e Cys plasmatica, ritardi della crescita, infertilità, cataratta e aumento di mutazioni geniche; tale condizione può essere normalizzata attraverso la somministrazione di N-acetilcisteina come fonte di Cys (Lieberman et al., 1996; Harding et al., 1997; Rojas et al., 2000).

(18)

18 Le dipeptidasi di membrana che agiscono insieme alla GGT sono in particolare “l’amminopeptidasi-N” (ApN, CD13) e la “membrane-bond-dipeptidase” (MBD). La prima è specifica per la forma ridotta di CysGly (Km = 2,5 mM), mentre la seconda per la forma ossidata cistinil-bis-glicina (Km = 0,6 mM) (Kozak et al., 1982). Il tiolo della CysGly, avendo un'elevata reattività, rende probabile che questa si ossidi rapidamente nell’ambiente extracellulare, quindi la MBD potrebbe ricoprire un ruolo importante nel metabolismo del GSH.

Da studi sulla co-espressione della MBD e della GGT eseguiti nel topo, sono stati trovati alti livelli di attività di entrambi gli enzimi solo nell’epitelio del tubulo renale e dell’intestino tenue, dove è probabile che la GGT e la MBD siano entrambe coinvolte nel metabolismo del GSH extracellulare, mentre negli altri tessuti potrebbero agire, indipendentemente l’uno dall’altro, in altri processi metabolici (Habib et al., 1996).

Figura 1.2: Degradazione extracellulare e risintesi intracellulare di

glutatione (GSH) (γ-Glu-Cys-Gly, ciclo del γ-glutammile). Recupero di Cys extracellulare degradando il GSH a CysGly ed impiegando come accettore della reazione di transpeptidazione la L-Cis.

(19)

19

Ruolo pro-ossidante: produzione di ROS nell’ambiente extracellulare

L’attività enzimatica della GGT è controversa in quanto permette un'adeguata utilizzazione degli amminoacidi che costituiscono il GSH però, in presenza di metalli di transizione come il ferro (Fe3+) e il rame (Cu2+), causa la formazione di ROS nell’ambiente extracellulare. Quindi in base alla disponibilità di questi ioni metallici cambia l’equilibrio tra la funzione antiossidante e quella pro-ossidante.

Per quanto riguarda quest’ultima, l’elevata reattività del gruppo tiolico (-SH) della CysGly, che a pH fisiologico è sottoforma di anione tiolato (S−), causa la riduzione del Fe3+ in Fe2+, liberando il radicale tiile (S•) della CysGly. A sua volta, il Fe2+ riduce l’ossigeno molecolare in ione superossido (O−•) che successivamente viene convertito, dall’enzima superossidodismutasi, in perossido di idrogeno (H2O2). L’anione superossido e il perossido di idrogeno possono produrre radicali ossidrili, in presenza di Fe3+ libero (reazione di Fenton) o chelato dall’ADP (reazione di Haber Weiss), dando il via alle reazioni a catena della perossidazione lipidica (Zalit et al., 1997).

Il GSH è un riducente del complesso ADP-Fe3+, ma le proprietà chelanti proprie del gruppo α-carbossilico dell’acido glutammico impediscono l’interazione tra il gruppo tiolico della Cys e il Fe3+ (Paolicchi et al., 1999). Inoltre, la GGT rimuove il glutammato, causando un abbassamento del pKa del gruppo tiolico che di conseguenza, a pH fisiologico, si trova prevalentemente come anione tiolato (Stark et al., 1989). In questo modo, nell’ambiente extracellulare, l’azione enzimatica della GGT promuove eventi ossidativi basati sull’interazione tra il Fe3+ e il residuo di Cys nel GSH che si ripercuotono però su tutte le cellule lì presenti.

Le reazioni pro-ossidanti della GGT si possono verificare anche in presenza di sorgenti fisiologiche di ferro, come la transferrina e la ferritina; inoltre il potere riducente della CysGly può sostenere la produzione continua di ROS, in quanto

(20)

20 promuove il rilascio di ioni Fe3+ attivi dalle proteine di accumulo (Stark et al., 1993; Drozdz et al., 1998; Corti et al., 2004).

Invece l’azione pro-ossidante del Cu2+ è dovuta alla sua capacità di mediare il

trasferimento degli elettroni dal gruppo tiolico al Fe3+ (Glass et al., 1997). Un’eccessiva produzione di ROS da parte del catabolismo del GSH può causare mutazioni genetiche (Stark et al., 1987; Stark et al., 1988) o innescare il processo di perossidazione lipidica, a carico ad esempio dell’acido linoleico (Stark et al., 1993) o delle lipoproteine LDL (Paolicchi et al., 1999).

I ROS, a basse concentrazioni, possono agire da secondi messaggeri e modulare molti aspetti del metabolismo cellulare (Genestra et al., 2007), ad esempio è stato dimostrato che l’ossidazione dei tioli esposti sulla superficie della membrana cellulare, a causa dell’azione del perossido di idrogeno oppure in seguito alla formazione di ponti disolfuro con il radicale tiile della CysGly (Corti et al., 2005), rappresenta uno stimolo pro-apoptotico per la linea cellulare di cancro dell’ovaio A2780, ma anti-apoptotico per la linea cellulare di linfoma istiocitario U937 (Dominici et al., 2003).

Altre azioni dei ROS sono la promozione del legame tra il DNA e i fattori di trascrizione “nuclear factor kappa B” (NF-kB) e tra il DNA e “l’activator protein 1” (AP1) (Dominici et al., 2003), l’attivazione delle tirosinfosfatasi e l’inibizione delle serin/treoninfosfatasi (Dominici et al., 2003; Pieri et al., 2003); infine modulano lo stato di ossidoriduzione dei domini ricchi in cisteina del recettore 1 per il fattore di necrosi tumorale (“tumor necrosis factor receptor 1”) (Dominici et al., 2004).

(21)

21

Figura 1.3: Attività pro-ossidante della GGT in presenza di 𝐹𝑒3+ nell'ambiente extracellulare (Franzini et al. 2009).

Formazione di acidi mercapturici

L’enzima GGT è in grado di condurre alla sintesi di acidi mercapturici, a partire dai coniugati del GSH, poichè è un componente di questa via metabolica. In questo modo, la GGT interviene anche nei processi di detossificazione. Come prima tappa il meccanismo d’azione prevede, su azione dell’enzima citosolico glutatione-S-transferasi, la coniugazione degli xenobiotici elettrofili con il gruppo sulfidrilico del GSH. Dopo l’escrezione dalla cellula nell’ambiente extracellulare, i coniugati glutationici perdono l’acido glutammico per azione della GGT ed entrano nella via metabolica per la sintesi di acidi mercapturici. Quest’ultimi vengono escreti dal sistema tubulare del rene e dal sistema duttale del fegato e si ritrovano rispettivamente nell’urina e nella bile durante i normali processi digestivi (Hinchman et al., 1998; Kearns et al., 1998).

Metabolismo dei leucotrieni

I leucotrieni (LTs) sono mediatori lipidici che contribuiscono a processi infiammatori e/o a meccanismi dell’immunità e che derivano dall’acido

(22)

22 arachidonico, convertito in acido 5-idrossiperossieicosatreinoico (5-HPETE) dall’enzima 5-lipossigenasi (5-LO).

A questa classe di molecole appartengono: LTA4, LTB4, LTC4, LTD4 e LTE4. LTA4 deriva direttamente da 5-HPETE ed è il precursore sia di LTB4, sia di LTC4, LTD4 e LTE4, quest’ultimi tre denominati anche leucotrieni cisteinici per la presenza dell’amminoacido cisteina nella loro struttura. LTC4 deriva dal LTA4 in seguito alla reazione con una molecola di GSH, e successivamente viene convertito in LTD4 grazie all’azione della GGT. Invece LTE4 viene prodotto dalla successiva idrolisi del residuo di glicina (Lewis et al., 1990).

La funzione principale dei cisteinil-LTs è quella di indurre una broncocostrizione prolungata, andando a legare specifici recettori sulle cellule muscolari lisce (Anderson et al., 1982; Bernstrom et al., 1982), ma possono anche mediare un’azione di tipo vasocostrittoria sulle arterie coronarie, con un ruolo attivo nella patogenesi e nelle manifestazioni cliniche dell’aterosclerosi. Infatti, in alcuni studi è emerso che le lesioni aterosclerotiche sono associate ad una maggiore espressione dei recettori per i cisteinil-LTs. Inoltre, è stato dimostrato, in studi su modelli animali di ischemia, che inibitori dell’enzima 5-LO e antagonisti dei recettori per i cisteinil-LTs hanno un’azione riducente sull’estensione dell’infarto e sull’aritmia causata dalla riperfusione (Allen et al., 1998). Nel 2004 Mayatapek e collaboratori hanno analizzato il metabolismo dei cisteinil-LTs in tre pazienti con deficit di GGT. Da questo studio è emerso che il profilo di LTs nelle urine e nel plasma di questi soggetti era anormale, in particolare si evidenziava un aumento delle concentrazioni di LTC4 e l’assenza di LTD4 e di LTE4, mentre la sintesi di LTB4 non mostrava cambiamenti. Queste diverse concentrazioni di LTs potrebbero quindi essere la causa di tutti o alcuni dei sintomi osservati in questi pazienti, in particolare quelli di carattere neurologico.

La carenza di GGT può essere considerata come un errore congenito della sintesi dei cisteinil-LTs. Tuttavia, non è ancora chiaro se i tre cisteinil-LTs condividano la stessa attività biologica. In particolare, il deficit di sintesi di LTC4 è legato ad una sindrome dello sviluppo fetale, che comporta grave ipotonia muscolare,

(23)

23 ritardo psicomotorio e della crescita e microcefalia (Mayatapek et al., 1998).

Metabolismo del nitrosoglutatione

L’NO interviene in molte funzioni biologiche, tra le quali ricordiamo l’azione vasodilatatrice nella regolazione del tono vascolare, l’inibizione dell’aggregazione piastrinica, l’attività come neurotrasmettitore e, in quanto radicale, può agire sia da pro-ossidante (azione citotossica) che da antiossidante. Avendo un’emivita di pochi millisecondi, l’NO agisce in prossimità del sito di produzione della molecola stessa, ma possiede anche la capacità di reagire sia con i gruppi tiolici delle proteine, come albumina ed emoglobina, sia con tioli a basso peso molecolare, come GSH, CysGly, Cys e omocisteina. In questo modo vengono prodotti i nitrosotioli (RSNO) che rappresentano una forma di stabilizzazione e di trasporto del NO (Giustarini et al., 2003).

Il nitrosoglutatione (GSNO) possiede attività farmacologiche simili a quelle del NO libero (Zeng et al., 2001; Rassaf et al., 2002). Inoltre, è un substrato dell’enzima GGT poichè, in vitro, in presenza di glicilglicina (GlyGly) come accettore della reazione di transpeptidazione, la GGT catalizza la conversione del GSNO in nitroso-cisteinil-glicina (CG-SNO), che a sua volta, in presenza di ioni metallici di transizione, si dissocia spontaneamente in CysGly e NO (Hogg et al., 1997). Dunque, la GGT potrebbe consentire l’utilizzo del NO, favorendo la dissociazione del GSNO. Essendo la GGT espressa nelle cellule endoteliali, un probabile bersaglio potrebbero essere proprio i vasi sanguigni.

1.2 La GGT sierica

1.2.1 Aspetti analitici e metodo di misura

L’enzima può essere determinato quasi indifferentemente nel plasma con litio-eparina e siero (Arbeitsgruppe et al., 2002). Tuttavia, il campione preferito, anche per l’esecuzione della procedura di riferimento, è il siero. L’analisi comparativa

(24)

24 di siero e plasma con litio-eparina in 77 pazienti ha mostrato un valore medio del rapporto plasma/siero vicino a 0,9 e una distribuzione non simmetrica dei valori di tale rapporto (Dominici R et al., 2004). Nella pratica, l’attività di GGT viene misurata su plasma con litio-eparina e non è raccomandato l’uso di altri anticoagulanti (EDTA, citrato).

Mentre nel sangue a temperatura ambiente l’enzima non è molto stabile e si osserva un abbassamento significativo della sua attività nell’arco di 24 ore, nel plasma e nel siero l’enzima risulta stabile per anni a -20°C, e per sette giorni a 4-8°C o a 20-25°C (Heins et al., 1995). I livelli d’attività della GGT nel sangue possono essere influenzati da numerose variabili biologiche preanalitiche (Whitfield, 2001). Tra queste si annoverano la gravidanza, l’etnia, il fumo di tabacco e l’uso di contraccettivi orali. Hanno un marcato effetto sui livelli di attività di GGT nel sangue anche l’età e il sesso.

Per la misurazione della GGT esiste un solo tipo di dosaggio, usato universalmente in ciascun laboratorio, a differenza degli altri enzimi misurati a scopo medico nel sangue.

La reazione catalizzata dalla GGT è la seguente:

γ-glutammil-x + accettore → γ-glutammil-accettore + x

Differenti substrati sintetici sono stati utilizzati come donatore di γ-glutammile, come la γ-glutammil-p-nitroanilide che agisce da substrato cromogeno, favorendo una misurazione spettrofotometrica diretta, in maniera continua con l’andamento della reazione (Panteghini et al., 2006). Tuttavia, nel dosaggio automatizzato viene utilizzata preferenzialmente una forma carbossilata del substrato, la L-γ-glutammil-3-carbossi-4-nitroanilide, poiché risulta più solubile, consentendo di lavorare a concentrazioni prossime alla saturazione.

Tra i diversi amminoacidi e peptidi, la GlyGly è utilizzata come accettore di γ-glutammile grazie al suo ottimo potere tamponante ai valori di pH ottimale per l’attività dell’enzima.

Tuttavia, nonostante si abbia avuto, sin da subito, un’uniformità di metodologia analitica tra i differenti laboratori, recenti esperimenti internazionali hanno

(25)

25 evidenziato come la situazione non sia ancora pienamente soddisfacente, in quanto i limiti di deviazione tollerabile, calcolati in base alla variabilità biologica dell’enzima, sono ancora violati con una certa frequenza (Jansen et al., 2006). La Federazione Internazionale di Chimica Clinica (IFCC) già nel 1983 era intervenuta per proporre un “metodo IFCC” per la misura della attività catalitica della GGT nel siero (Shaw et al., 1983), ma successivamente, nel 2002, la IFCC ha ridefinito i procedimenti primari di riferimento per la misurazione dei più importanti enzimi del siero a 37°, inclusa la GGT (Schumann et al., 2002). È possibile applicare il metodo ai diversi modelli di analizzatore automatico, senza variarne le caratteristiche, tra le quali la temperatura di incubazione.

Le caratteristiche principali del metodo IFCC sono riassunte nella Tabella 1.1.

1.2.2 Valori di riferimento della GGT sierica

Come citato in precedenza, i valori della GGT sierica dipendono da diverse variabili biologiche, per cui i valori di riferimento sono diversi per i due generi e vengono divisi per fasce d’età, anche se quest’ultima regola è meno rispettata della prima.

Concentrazioni dei componenti* Condizioni per la misurazione

GlyGly: 150 mmol/L Temperatura 37,0 ± 0,1 °C

pH: 7,70 ± 0,05 Lunghezza d'onda 410 ± 1 nm

L-γ-glutammil-3-carbossi-4-nitroanilide: 6 mmol/L Cammino ottico: 10,00 ± 0,01 nm Frazione di volume del campione: 0,0909 (1/11) Tempo di incubazione: 180 s

Tempo di ritardo: 60 s

Intervallo di misurazione: 180 s No. Letture: ≥ 6

Tabella 1.1: Concentrazioni dei componenti e condizioni analitiche per la

misurazione della concentrazione di attività catalitica della GGT con il metodo standard di riferimento IFFC (Shumann et al., 2002).

(26)

26 I valori di riferimento nei pazienti sono, ovviamente, confrontabili tra loro solo per osservazioni effettuate con lo stesso metodo, ciò sottolinea ancor di più l’importanza della standardizzazione del metodo.

Normalmente, i valori di riferimento sono presentati sottoforma di intervallo di riferimento, delimitato da un limite inferiore di riferimento (LIR) e da un limite superiore di riferimento (LSR), anche se per molti enzimi del siero il LIR ha poco significato e ci si limita a definire il LSR.

Dall’analisi retrospettiva di un ampio database (n = 61.246) è stato ottenuto l’intervallo dei valori di riferimento di numerosi analiti presenti nel plasma. In riferimento all’enzima GGT, nel 2005, Grossi e collaboratori hanno stimato i seguenti valori: 1-45 U/L per gli uomini e 1-34 U/L per le donne. Inoltre, dal database è stata ricavata anche la variazione del limite superiore di riferimento (URL) per la GGT in base ai gruppi di età (da 2 a 87 anni di età, classi di ampiezza di 5 anni) e il genere.

Dal punto di vista pratico, le variazioni del LSR della GGT non sono facilmente gestibili in funzione dell’età. In particolare, si dovrebbero individuare metodi di partizione basati sull’individuazione statistica di sottopopolazioni gaussiane all’interno della popolazione globale perché la divisione di tutto l’intervallo dei valori di età in classi di ampiezza uniforme non rappresenta l’approccio migliore (Gellerstedt et al., 2006; Gellerstedt et al., 2007).

1.2.3 Frazioni della GGT sierica

Sono stati messi a punto diversi metodi per la separazione e quantificazione delle frazioni circolanti della GGT con lo scopo di migliorare la specificità della determinazione dell’enzima. Il metodo più utilizzato per lo studio delle frazioni circolanti di GGT in ambito clinico è quello basato sull'elettroforesi in acetato di cellulosa e su gel di agarosio e poliacrilammide.

Recentemente è stato proposto un metodo alternativo di separazione per la determinazione delle frazioni di GGT, basato su un sistema FLPC (“fast liquid protein crhomatography”) (Franzini et al., 2008).

(27)

27 Diversamente dalle tecniche di routine, che consentono di valutare le frazioni di GGT solo nei soggetti con valori molto elevati dell'enzima, la nuova procedura ne consente la valutazione in tutti i soggetti, compresi coloro che hanno livelli di GGT all'interno dell'intervallo di riferimento. Lo svantaggio principale di questo metodo è il tempo che occorre per effettuare la determinazione (50 minuti) ma, d'altra parte, la rilevazione dell'enzima è più semplice, sensibile e riproducibile. Utilizzando questo metodo, è stata caratterizzata la distribuzione delle frazioni di GGT in 200 soggetti donatori di sangue (100 uomini e 100 donne). Sono state identificate quattro frazioni di GGT chiamate big-GGT (b-GGT, 2000kDa), medium-GGT (m-GGT, 1000 kDa), small-GGT (s-GGT, 250 kDa) e free-GGT (f-GGT, 70 kDa). I pesi molecolari delle frazioni b-, m-, e s-GGT sono rispettivamente compatibili con quelli dei complessi con le lipoproteine VLDL, LDL, HDL, mentre quello di f-GGT è indice di una forma enzimatica libera. Il peso molecolare delle singole frazioni è indipendente dai livelli di GGT associati ad esse, e ciò fa pensare all'esistenza di un'interazione specifica tra l'enzima trasportatore piuttosto che ad un adsorbimento casuale in circolo. Questo suggerisce una possibile secrezione e rimozione delle singole frazioni in maniera indipendente l'una dall'altra. Dunque, è possibile che esistano pathways specifici di secrezione e rimozione per ogni frazione. Il profilo di eluizione dell’attività della GGT totale è caratterizzato dalla presenza di un cromatogramma a quattro picchi con volumi di eluizione di 10-14 ml, 14-18 ml, 18-21 ml, 22-26 ml, corrispondenti alle frazioni plasmatiche di b-GGT, m-GGT, s-GGT e f-GGT rispettivamente. L’attività di ogni frazione è proporzionale all’area del picco corrispondente.

Dall'analisi dell'andamento dell'attività delle quattro frazioni in funzione dell'attività totale della GGT è emerso che, sia negli uomini che nelle donne, la frazione f-GGT è la più rappresentata a valori bassi di GGT totale, mentre l'aumento di questi ultimi dipende principalmente dalle frazioni s-GGT e b-GGT (Franzini et al., 2008).

(28)

28 ed esiste la possibilità che l’elevata sensibilità diagnostica della GGT nei confronti delle malattie, anche diverse da quelle epatiche, derivi proprio dal rilascio di GGT da parte di questi tessuti extraepatici.

1.2.4 Origine e caratteristiche della GGT sierica

Le conoscenze sull'origine tissutale della GGT sierica e sui meccanismi di secrezione e di rimozione dal circolo sono ancora poche, nonostante sia sempre maggiore il suo utilizzo dal punto di vista clinico e diagnostico. La GGT sierica sembra essere di origine epatica, considerando che la GGT circolante e quella di origine epatica hanno le stesse caratteristiche chimico-fisiche, come il peso molecolare, il tipo di glicosilazione, il contenuto di acido sialico, e le stesse caratteristiche cinetiche (Shaw et al., 1980; Huseby et al.,1981). Le proprietà della GGT sierica sembrano invece differire da quelle dell'enzima purificato dal rene, dal pancreas e dalle urine (Shaw et al., 1978; Shaw et al., 1980; Huseby et al., 1981).

La GGT plasmatica si può suddividere in due componenti, una idrofobica ed una idrofilica, con caratteristiche diverse per quanto riguarda carica, dimensione e densità. La frazione idrofobica è costituita da complessi molecolari, ancora non completamente determinati nella loro struttura, mentre quella idrofilica è la componente solubile dell’enzima, mancante del peptide N-terminale lipofilo (Huseby, 1978; Huseby, 1982; Selvaraj et al., 1984).

Inizialmente si pensava che la porzione idrofobica della GGT fosse costituita da complessi molecolari formati da GGT trasportata dalle lipoproteine VLDL, LDL, HDL e chilomicroni e che l'associazione dell'enzima con le lipoproteine avvenisse tramite il dominio lipofilo, situato all'estremità N-terminale della catena pesante della GGT, importante per l'inserzione dell'enzima nella membrana plasmatica. La relazione tra GGT e lipoproteine era stata studiata nel siero di pazienti con patologie epatobiliari, nei quali il 60-80% dell'attività totale dell'enzima era idrofobica (Huseby et al., 1982; Watanabe et al., 1984; Wenham et al., 1984).

(29)

29 Tuttavia, nel 2012 Franzini e collaboratori hanno dimostrato che nessuna delle tre frazioni di GGT (b-GGT, m-GGT e s-GGT) può essere completamente identificata con le corrispondenti classi di lipoproteine mostranti lo stesso peso molecolare per cui queste ultime non possono essere trasportatrici di GGT. Infatti, da tale studio, tramite ultracentrifugazione differenziale, è stato rilevato che la frazione b-GGT eluisce maggiormente con le HDL e in misura minore con le VLDL, mentre le frazioni m-GGT e s-GGT sono osservate rispettivamente nei campioni con LDL e HDL; invece la frazione f-GGT non è associata a nessuna lipoproteina, essendo stata ritrovata nei campioni di plasma privi di queste molecole. Quindi tutte le frazioni di GGT mostrano caratteristiche diverse rispetto alle lipoproteine e possono essere separate fisicamente da esse. Inoltre, questo studio dimostra che era errato pensare che la GGT fosse troppo lipofila per circolare liberamente nel plasma, infatti la frazione f-GGT plasmatica ha peso molecolare corrispondente alla proteina GGT libera, dimostrando che GGT plasmatica non necessita di nessun trasportatore per circolare nel sangue.

Tramite l’immunogold è stato dimostrato, inoltre, che la frazione b-GGT plasmatica è legata a membrane di microvescicole (microparticelle ed esosomi) essendo la dimensione e la densità della b-GGT (30-80 nm; 1.06-1.21 g/ml) compatibili con la dimensione e la densità delle microvescicole (40-100 nm; 1.15-1.27 g/ml). I microdomini ricchi di colesterolo delle membrane plasmatiche, chiamati raft lipidici rivestono un ruolo fondamentale nell’esocitosi/endocitosi e nella biogenesi di queste microvescicole (Cocucci et al., 2009); inoltre, tali microvescicole secrete possiedono un elevato contenuto di colesterolo (Hanzal-Bayer et al., 2007). La membrana plasmatica della GGT è stata localizzata proprio all'interno dei raft lipidici, dove è associata con la tetraspanina CD81 (Nichols et al., 1998), marcatore ritrovato normalmente anche negli esosomi e nelle microparticelle (Simpson et al., 2009).

(30)

30

Figura 1.4: GGT negli esosomi nel plasma localizzato

tramite microscopio elettronico a trasmissione (Franzini et al., 2014).

Risulta, invece, più complicata da determinare la biogenesi delle altre frazioni di GGT (m-GGT, s-GGT, f-GGT). L'idea è che derivino da progressive modificazioni della frazione b-GGT. Infatti, è stato dimostrato che la b-GGT è sensibile alla proteasi papaina solo dopo un pretrattamento con acido deossicolico (DOC), ciò suggerisce un ruolo protettivo del doppio strato di fosfolipidi della b-GGT sul sito di scissione della papaina. La papaina è una cisteina-proteasi in grado di promuovere il rilascio della forma solubile di GGT dalle membrane, invece DOC è un detergente anionico presente fisiologicamente nella bile e in grado di convertire la frazione b-GGT in micelle con dimensioni della s-GGT. Questo potrebbe significare che quest'ultima frazione è costituita da micelle di acidi biliari e che questa conversione potrebbe avvenire nel compartimento extracellulare, dopo la secrezione di b-GGT. La m-GGT sembra essere sensibile alla papaina, ma insensibile al DOC. Questa proprietà insieme alle caratteristiche fisiche (dimensione, densità) suggerisce che la m-GGT potrebbe essere formata da micelle di acidi biliari con dimensioni maggiori rispetto alla s-GGT. Per concludere, la f-GGT, che corrisponde alla forma libera e solubile dell'enzima,

(31)

31 avendo perso la parte N-terminale di ancoraggio, presente in tutte le altre frazioni, potrebbe originare direttamente sia dalla m-GGT che dalla s-GGT, come conseguenza di un taglio proteolitico (Franzini et al., 2014).

Nel 2012 Fornaciari e collaboratori hanno analizzato il profilo di eluizione delle frazioni di GGT in campioni di bile umana in modo da poterla confrontare con le frazioni plasmatiche e valutare il contributo del fegato alla quantità di enzima plasmatico. È emerso, contrariamente a quanto ci si aspettasse, che nella bile sono presenti solo due forme, corrispondenti alle frazioni plasmatiche b-GGT e f-GGT. Una possibile spiegazione potrebbe essere che nella bile epatica la concentrazione di acidi biliari è 10 volte inferiore rispetto alla quantità di DOC utilizzata, in questo caso, per osservare la conversione della b-GGT plasmatica in s-GGT. Di conseguenza, potrebbe essere utile analizzare il profilo di eluizione dell'attività di GGT nella bile colecistica, i cui soluti hanno una concentrazione 5-10 volte superiore rispetto alla bile epatica. Per quanto riguarda le frazioni biliari, sono caratterizzate da una maggiore eterogeneità rispetto alle frazioni plasmatiche. La frazione f-GGT biliare, così come nel plasma, rappresenta la proteina solubile, mentre per quanto riguarda la frazione b-GGT, questa può essere distinta in due diversi complessi molecolari: il primo con dimensione e proprietà simile agli esosomi, il secondo con dimensione sempre simile agli esosomi ma con una struttura diversa, tale da rendere accessibile alla papaina il sito di taglio presente nella GGT. Una spiegazione plausibile è che la porzione della b-GGT biliare sensibile alla papaina sia costituita da micelle di acidi biliari. Infatti, circa l'80% dell'attività di GGT biliare può essere recuperata nella frazione avente una densità di 1.123 g/ml, il più ricco contenuto di proteine (55% del totale) e acidi biliari (35%), ma il più basso contenuto di fosfolipidi (17%) e inosservabili livelli di colesterolo (Accatino et al., 1995). Quindi la composizione sembra suggerire che la porzione papaina-sensibile della b-GGT biliare potrebbe essere composta da micelle di acidi biliari.

Un'altra caratteristica della GGT biliare è che in seguito al trattamento con papaina, sia in presenza che in assenza di DOC, l'attività totale di GGT recuperata

(32)

32 nella frazione f-GGT presenta un picco maggiore di quanto ci si aspettasse, inoltre questo fenomeno non è stato osservato nel plasma. Probabilmente il contesto molecolare in cui è inserita la GGT biliare può alterare non solo la sua sensibilità alle proteasi, ma anche la cinetica dell'attività dell'enzima influenzando, ad esempio, l'accessibilità del substrato al sito attivo dell'enzima. Quindi la proteina in f-GGT sembrerebbe avere una cinetica enzimatica più veloce.

Studi recenti hanno dimostrato che sia gli epatociti che i colangiociti possono rilasciare esosomi nella bile (Masyuk et al., 2010); inoltre è stato osservato che gli esosomi rilasciati dagli epatociti interagiscono con le ciglia primarie dei colangiociti, regolandone i meccanismi intracellulari e la proliferazione (Masyuk et., 2010). Nel 2014 Fornaciari e collaboratori hanno analizzato i campioni di bile, mostrando tramite cromatografia gel filtrazione, tecniche immunoenzimatiche e microscopio a trasmissione elettronica, che tutta la b-GGT si trova nel pellet contenente esosomi, mentre la frazione f-GGT rimane nel sopranatante. In vitro tutte le linee cellulari che esprimono GGT sulla membrana rilasciano nel mezzo di coltura attività enzimatica sotto forma di b-GGT (Franzini et al., 2009), perciò in vivo tutti i tessuti che esprimono GGT sulla membrana potrebbero contribuire alla frazione b-GGT.

Sfruttando la caratteristica che le microvescicole di membrana sono associate a proteine specifiche del tessuto di origine, l'identificazione di marcatori specifici delle cellule di origine nella frazione b-GGT permetterebbe di capire i tipi cellulari contribuenti alla GGT plasmatica nelle varie condizioni patologiche associate ad un suo aumento.

1.2.5 Valore predittivo della GGT sierica per le malattie epatobiliari

Il problema della natura fisica delle frazioni della GGT sierica non può essere disgiunto da quello del suo valore diagnostico e predittivo, dunque, sebbene la GGT venga eseguita come esame di routine fin dagli anni ’60 (Szczeklik et al., 1996), solo recentemente è emersa la complessità del suo coinvolgimento con la patologia umana. Nonostante tradizionalmente l’elevazione della GGT sierica sia

(33)

33 stata associata alle malattie epatobiliari ed all’abuso di alcool, recenti studi hanno rivelato una straordinaria complessità, riassumibile in uno schema per cui, mentre valori di GGT superiori alla norma sono diagnostici per danno epatico, valori di GGT all’interno dell’intervallo di riferimento, ma nella parte alta di quest’ultimo hanno valore predittivo per le malattie cardiovascolari connesse all’aterosclerosi (Emdin et al., 2006). Il complesso delle patologie epatiche associate a valori patologici di GGT è parecchio eterogeneo e a tali valori di GGT si osservano anche nelle malattie renali (Ryu et al., 2007) e in caso di abuso di alcool (Whitfield et al., 2001). La determinazione della GGT non permette di fare una distinzione tra i diversi gruppi di pazienti, né consente di identificare i numerosi soggetti che mostrano valori elevati di GGT in assenza di malattia o di abuso di alcool.

Per questo motivo negli ultimi anni sono state rese disponibili tecniche differenti capaci di individuare diverse frazioni di GGT, ognuna associata ad un diverso rischio di malattia (Nemesanszky et al., 1985). Tecniche che, però, non sono mai entrate a far parte della pratica clinica per via della scarsa sensibilità e riproducibilità che le caratterizza.

1.2.6 Nuovi significati della GGT sierica nelle patologie umane

A partire dagli anni '80 è emersa l’importanza della GGT sierica come fattore di rischio di mortalità per numerose cause, per valori all'interno dell’intervallo di riferimento, indipendentemente da patologie epatiche e dal consumo di alcool. In vari studi epidemiologici è stato approfondito il significato della GGT sierica nella patologia umana ed è stata dimostrata la sua importanza come fattore di rischio indipendente di mortalità per tutte le cause, vascolari legate ad aterosclerosi e insorgenza di diabete di tipo 2, di ipertensione, di sindrome metabolica e di nefropatia cronica.

GGT e rischio cardiovascolare

Dai primi studi epidemiologici è emerso che livelli moderatamente elevati di GGT (> 24 U/L) erano associati ad un aumento importante di mortalità per

(34)

34 cardiopatia ischemica (Wannamethee et al., 1995), tale aumento risultava maggiormente evidente in pazienti con un precedente infarto del miocardio al momento del reclutamento nello studio. Da qui l'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra GGT sierica e l'evoluzione della malattia aterosclerotica, sostenuta ulteriormente da altri studi effettuati su popolazioni con sindrome ischemica e malattia coronarica accertata, e dall'osservazione che la GGT sierica risulti associata anche ad un'aumentata incidenza di ictus emorragico (Emdin et al., 2001).

Uno studio prospettico recente, condotto su adulti austriaci, ha confermato che i livelli di GGT nel siero sono un fattore prognostico indipendente per eventi fatali di forme croniche di malattia coronarica e per eventi cardiaci acuti; tale conclusione è vera per entrambi i sessi ed ha maggiore importanza in soggetti giovani (< 60 anni). Anche in questo caso, i valori considerati prognostici per eventi cardiovascolari si trovano all'interno dell'intervallo fisiologico e sono stati proposti come valori soglia per discriminare i soggetti a rischio (28 U/L per gli uomini e 18 U/L per le donne) (Ruttmann et al., 2005). Dopo questo, altri studi condotti sulla popolazione generale, hanno confermato ulteriormente il significato prognostico dell'attività sierica di GGT per le malattie cardiovascolari (Meisinger et al., 2006). Da questi ultimi è emerso che il valore prognostico dell'attività sierica della GGT è più forte nei soggetti giovani e nei diabetici e che i livelli sierici dell’enzima sono indicatori indipendenti di insorgenza della sindrome metabolica. In tutti gli studi la GGT continua ad essere un fattore prognostico indipendente rispetto alla patologia cardiovascolare anche dopo che l'analisi statistica è stata aggiustata per età, genere, consumo di alcool e per i noti fattori di rischio cardiovascolare (dislipidemia, pressione arteriosa, insulino-resistenza, fumo).

GGT e aterosclerosi

L'ipotetico legame tra la GGT sierica e la patologia aterosclerotica ha avuto conferma grazie ad uno studio prospettico durato sei anni (Emdin et al.,2001), che

(35)

35 ha coinvolto pazienti con sindrome ischemica e malattia coronaria documentata angiograficamente. A seguito di un’opportuna correzione per gli altri fattori di rischio cardiovascolare (età, colesterolo, fumo, diabete mellito e indice di massa corporea) e per fattori confondenti come il consumo di alcool, viene confermato il valore prognostico dell'attività della GGT sierica per morte cardiaca e infarto non fatale. In particolar modo, il significato prognostico della GGT sierica è più evidente nei pazienti con aterosclerosi diffusa e un precedente infarto del miocardio. Il rischio aumenta adottando due differenti valori soglia della GGT (25 o 40 U/L) e la maggior parte degli eventi cardiaci sono concentrati nei primi tre anni dopo il primo infarto. Il significato prognostico dell'enzima risulta essere associato al grado di diffusione delle lesioni aterosclerotiche nelle arterie coronariche e perde di significato in soggetti sottoposti a rivascolarizzazione con angioplastica o by-pass, procedure che stabilizzano la placca (Amoroso et al., 2001). La prognosi sfavorevole risulta essere, quindi, applicabile ai soggetti con placche vulnerabili, e fa pensare ad un’associazione tra la GGT e i processi coinvolti nella destabilizzazione della placca (Emdin et al., 2001). Studi istochimici hanno evidenziato la presenza di un’elevata attività di GGT nella placca aterosclerotica a livello del core lipidico dove si accumulano anche le LDL ossidate (Emdin et al., 2002).

Nella placca aterosclerotica è presente glutatione (substrato della GGT) oltre a deposito di ferro, lipidi ossidati, ferro redox attivo e un accumulo di ferritina, altra possibile fonte di Fe3+ per la GGT. In un contesto del genere possono essere favorite le proprietà pro-ossidanti della GGT descritte nei paragrafi precedenti. Lo stress ossidativo indotto dall'azione della GGT in questo contesto potrebbe contribuire alla progressione nonché alla destabilizzazione della placca aterosclerotica favorendo l'ossidazione delle LDL (Paolicchi et al. 1999). La GGT presente nella placca potrebbe avere due origini distinte: endogena, proveniente dagli elementi della placca come le cellule infiammatorie, ipotesi sostenuta dalla presenza di mRNA per la GGT (Franzini et al. 2009); esogena, derivante dal trasporto dell'enzima dalle lipoproteine come le LDL stesse.

(36)

36

GGT e rischio metabolico

La GGT ha anche un ruolo come marcatore di alterato metabolismo lipidico e glucidico: resistenza insulinica e diabete, indice di massa corporea (BMI), ipertensione e dislipidemia (trigliceridi alti e colesterolo HDL basso). Nei soggetti con alterata tolleranza glucidica o con diabete mellito di tipo 2, la GGT tende ad essere più elevata rispetto a gruppi di controllo. In uno studio prospettico effettuato su giovani adulti non diabetici, è stato dimostrato che la GGT, per valori all'interno della distribuzione normale, predice l'insorgenza di diabete di tipo 2 (Perry et al., 1998) indipendentemente dal consumo di alcol e dal BMI. É emersa anche l'esistenza di un’interazione tra i livelli di GGT e il BMI nel predire l'insorgenza di diabete, in quanto il rischio di ammalarsi di diabete aumenta progressivamente all'aumentare dei valori di GGT e questa associazione diventa più forte con l'aumentare del BMI. Quest'ultimo, invece, è associato all'insorgenza di diabete solo per valori di GGT oltre le 22 U/L, mediana della distribuzione (Lim et al., 2007). Secondo un'ipotesi alternativa, l'elemento scatenante il diabete può essere rappresentato da sostanze inquinanti organiche persistenti che si ritrovano nel tessuto adiposo aumentato a causa dell’obesità, dell’eccessivo apporto calorico e della ridotta attività fisica. Tali sostanze, a loro volta, sarebbero causative dell'aumento della GGT poiché quest’ultimo è associato, come visto precedentemente, alle difese antiossidanti e ai sistemi di detossificazione (Lim et al., 2007). La forte correlazione positiva tra GGT e obesità, quantificata nel BMI, è stata confermata anche in soggetti non diabetici. In particolare, l'aumento della GGT è prevalentemente associato ad una distribuzione centrale della massa grassa, tanto che, in maniera indipendente dal BMI, è correlata con il rapporto di circonferenze vita-fianchi, con il contenuto di grasso viscerale a livello dell'area addominale, ma non con l'adiposità sottocutanea (Iwasaki et al., 2008). Una correlazione positiva è stata individuata anche tra i livelli sierici di GGT, sempre all'interno dei valori di riferimento, e pressione arteriosa sistolica e diastolica. Tale associazione è risultata indipendente dal consumo di alcool, dall'età, dall'attività fisica e dal BMI. Tuttavia, altri studi mostrano che l'associazione tra GGT e

(37)

37 pressione arteriosa è condizionata dalla distribuzione dell'adiposità poiché la GGT sierica è significativamente associata con l'incidenza di ipertensione solo nei soggetti con aumentati indici di obesità addominale (BMI > 26 Kg m-2, circonferenza vita > 86 cm, altezza addominale > 19 cm) (Stranges et al., 2005). Infine, la GGT sierica risulta essere un fattore predittivo indipendente di insorgenza di sindrome metabolica (Rantala et al., 2000). La sindrome metabolica comprende una serie di fattori di rischio, quali alterata glicemia a digiuno, diabete, obesità, ipertensione e ipertrigliceridemia, per i quali è descritta un'associazione positiva ed indipendente con i livelli sierici di GGT.

GGT e nefropatia cronica

L'ipotesi che la GGT sierica possa essere un indicatore precoce di sviluppo di nefropatia cronica (“chronic renal disease”, CRD) è stata analizzata in un recente studio prospettico, condotto su uomini adulti non diabetici, normopeso, e con normale funzione renale (Ryu et al., 2007). In questo studio è stata osservata una correlazione positiva tra aumento dei valori di GGT sierica e rischio di insorgenza di CRD, con un rischio relativo nel quartile più alto (GGT ≥ 40 U/L) della distribuzione della GGT rispetto al primo quartile (GGT < 18 U/L) di 1,9 dopo correzione dell'analisi statistica per età, livelli basali di velocità di filtrazione renale, trigliceridi e colesterolo HDL.

GGT e malattie neurologiche

La distrofia miotonica, malattia genetica neuromuscolare degenerativa a carattere autosomico dominante, è caratterizzata da un quadro clinico ampiamente variabile e da un decorso lento e progressivo, il cui esordio può avvenire a qualunque età. Rappresenta la seconda forma di distrofia muscolare più diffusa dopo quella di Duchenne, ed è la più frequente forma di distrofia muscolare dell’adulto. Il quadro clinico è caratterizzato da perdita di massa muscolare, miotono, cataratta, anomalie del sistema di conduzione cardiaco, alterazioni endocrine e riproduttive, diabete mellito e deficit cognitivi nei casi congeniti.

(38)

38 È causata da un’esagerata ripetizione di una tripletta nucleotidica localizzata nella regione 3 non traslata del braccio lungo del cromosoma 19 (19q13.3), in corrispondenza del gene che codifica per la proteina DMPK (“Myotonic Dystrophy protein kinase”).

La patogenesi della malattia rimane ancora sconosciuta, ma da studi su fibroblasti murini con presenza della tripletta anomala, è risultato che queste cellule siano molto più sensibili allo stress ossidativo in vitro (Usuki et al., 1998), mentre in vivo i soggetti affetti da distrofia miotonica hanno aumentati livelli di radicali liberi in circolo (Ihara et al., 1995).

Uno studio condotto da Siciliano e collaboratori, basato sulla concentrazione di AOPPs (“advanced oxidation protein product”), famiglia di proteine che si formano in seguito all’esposizione a vari fattori ossidanti, e di GGT sierica, ha mostrato che entrambi i parametri appaiono significativamente aumentati nei pazienti con MD1 rispetto al gruppo di controllo, avvalorando l’ipotesi che lo stress ossidativo possa avere un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia (Siciliano G. et al, 2005).

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia degenerativa caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale, del bulbo e della corteccia. La causa rimane ad oggi sconosciuta, anche se recentemente ha preso campo l’ipotesi di un possibile ruolo dello stress ossidativo. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che una mutazione del gene che

codifica per la superossido dismutasi-1 (SOD-1) è responsabile

approssimativamente del 20% dei casi familiari e viene trasmesso come carattere dominante (Andersen et al., 2003).

Successivi studi hanno confermato la presenza di stress ossidativo nella SLA, indicando come i suoi effetti possano essere stratificati e quindi differentemente implicati nella patogenesi delle diverse forme cliniche della SLA (Siciliano G. et al, 2007).

(39)

39

GGT e cirrosi

In uno studio del 2014, condotto da Franzini e collaboratori, sono stati valutati i livelli plasmatici di GGT totale e delle relative frazioni in un gruppo di pazienti con cirrosi epatica sviluppatasi come conseguenza di diverse malattie a carico del fegato. In tale studio sono stati arruolati 264 pazienti suddivisi, in base all’eziologia delle malattie epatiche, in pazienti colpiti da cirrosi metabolica (MET), da cirrosi alcolica (ALC), da cirrosi virale a causa di HCV e/o infezione da HBV (VIR), da carcinoma epatocellulare (HCC) in una cornice di cirrosi di origine virale. Il gruppo in studio ha mostrato, dall’analisi dei parametri ematochimici, maggiori livelli di AST (aspartato aminotransferasi), ALT (alanina aminotransferasi), ALP (fosfatasi alcalina), BIL (bilirubina totale), LDH (lattato deidrogenasi), INR (international normalized ratio) e TRG (trigliceridi), e minori livelli di ALB (albumina sierica), CHOL (colesterolo totale) e piastrine rispetto al gruppo di soggetti sani rappresentante i controlli. I livelli di GGT totale e delle relative frazioni sono risultati più alti nei pazienti cirrotici, evidenziando un aumento maggiore per la s-GGT. Questi pazienti cirrotici, suddivisi in quattro sottogruppi in base alla causa di cirrosi (MET, ALC, VIR, HCC), hanno mostrato un profilo di eluizione della s-GGT più ampio rispetto al corrispettivo degli individui sani e consistente in due componenti gaussiane definite matematicamente e denominate s1-GGT e s2-GGT. Tale doppio profilo non è stato osservato nei controlli sani. Nei pazienti VIR sia la b-GGT che il rapporto b-GGT/s-GGT sono inferiori rispetto ai pazienti MET, mentre i pazienti HCC hanno mostrato valori più alti di b-GGT, m-GGT e s1-GGT rispetto al gruppo VIR. Nei quattro gruppi il rapporto b-GGT/s-GGT è risultato essere più basso rispetto ai controlli e non correlato alla GGT totale, all’eziologia della cirrosi o alla presenza di HCC.

I risultati dell’analisi di correlazione tra i valori di GGT e i valori ematochimici, derivanti dagli esami di laboratorio, hanno mostrato correlazione positiva tra le frazioni di GGT e i valori TRG e CHOL. Inoltre, b-GGT ha mostrato una correlazione positiva con ALB e FBG ed una correlazione negativa con INR, ma

Riferimenti

Documenti correlati

Lo scopo di questa tesi è la definizione di un modello matematico rappresentativo della dinamica di un velivolo non pilotato ad ala rotante (RUAV), ed il progetto delle leggi di

Per quanto riguarda, invece, le medie più alte della 3C (numeri 11 e 13) è possibile trarre delle conclusioni identiche: anche in questo caso, lo studente ottiene un

Alla diagnosi la maggior parte dei pazienti anemici è affetta da anemia da malattia cronica; durante il follow-up hanno un ruolo maggiore la carenza di ferro e le anemie a

L’articolo mette a tema il nesso che corre fra estraneità e traduzione chiamando in gioco tre filosofi – Hans-Georg Gadamer (1900- 2002), Paul Ricœur (1913-2005) e Jacques

• acepción pedagógica: un grupo es un conjunto de sujetos – personas que comparten contextos y relaciones dirigidas a reconocer y promover las potencialidades individuales

I simboli di quel paese sono pregni di riferimenti alla divinità: Dio è scolpito nelle banco- note 110 , così come è centrale nel motto con cui si aprono le sessioni della Corte

Questa situazione ha però fatto emergere tutte le problematiche e le contraddizioni del digitale rispetto al mondo del libro: da un lato il ritardo di moltissimi editori, in

n lavoro si propone di effettuare una comparazione dell'istituto del- l'immunità parlamentare in Italia e Spagna. In particolare, il principio del- la delimitazione