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Sovraffollamento carcerario: i criteri dettati dalla sentenza Dorobantu per il calcolo degli spazi. Una “bussola” per le scelte da compiere in periodo di emergenza sanitaria?

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Academic year: 2021

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Freedom, Security & Justice:

European Legal Studies

Rivista quadrimestrale on line

sullo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia

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COMITATO SCIENTIFICO

Sergio Maria Carbone, Professore Emerito, Università di Genova Roberta Clerici, Ordinario f.r. di Diritto Internazionale privato, Università di Milano

Nigel Lowe, Professor Emeritus, University of Cardiff Paolo Mengozzi, già Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell’UE

Massimo Panebianco, Professore Emerito, Università di Salerno

Guido Raimondi, già Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo e Presidente di sezione della Corte di Cassazione Silvana Sciarra, Giudice della Corte Costituzionale

Giuseppe Tesauro, Presidente Emerito della Corte Costituzionale Antonio Tizzano, Vice Presidente Emerito della Corte di giustizia dell’UE

Ugo Villani, Professore Emerito, Università di Bari

COMITATO EDITORIALE

Maria Caterina Baruffi, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Verona Giandonato Caggiano, Ordinario di Diritto dell’Unione europea, Università Roma Tre Pablo Antonio Fernández-Sánchez, Catedrático de Derecho Internacional, Universidad de Sevilla

Inge Govaere, Director of the European Legal Studies Department, College of Europe, Bruges Paola Mori, Ordinario di Diritto dell'Unione europea, Università "Magna Graecia" di Catanzaro

Claudia Morviducci, Ordinario f.r. di Diritto dell’Unione europea, Università Roma Tre Lina Panella, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Messina

Nicoletta Parisi, Ordinario f.r. di Diritto Internazionale, Università di Catania-Componente del Consiglio ANAC Lucia Serena Rossi, Giudice della Corte di giustizia dell’UE

Ennio Triggiani, Professore Emerito, Università di Bari

COMITATO DEI REFEREES

Bruno Barel, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università di Padova

Marco Benvenuti, Associato di Istituzioni di Diritto pubblico, Università di Roma "La Sapienza" Raffaele Cadin, Associato di Diritto Internazionale, Università di Roma “La Sapienza” Ruggiero Cafari Panico, Ordinario f.r. di Diritto dell’Unione europea, Università di Milano Ida Caracciolo, Ordinario di Diritto Internazionale, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”

Luisa Cassetti, Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università di Perugia Giovanni Cellamare, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Bari

Marcello Di Filippo, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Pisa

Rosario Espinosa Calabuig, Catedrática de Derecho Internacional Privado, Universitat de València Giancarlo Guarino, Ordinario f.r. di Diritto Internazionale, Università di Napoli “Federico II”

Elspeth Guild, Associate Senior Research Fellow, CEPS Ivan Ingravallo, Associato di Diritto Internazionale, Università di Bari Paola Ivaldi, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Genova

Luigi Kalb, Ordinario di Procedura Penale, Università di Salerno

Luisa Marin, Professore a contratto, Università Cattolica - già Assistant Professor in European Law, University of Twente Simone Marinai, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università di Pisa

Fabrizio Marongiu Buonaiuti, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Macerata Rostane Medhi, Professeur de Droit Public, Université d’Aix-Marseille

Violeta Moreno-Lax, Senior Lecturer in Law, Queen Mary University of London Leonardo Pasquali, Associato di Diritto dell'Unione europea, Università di Pisa

Piero Pennetta, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Salerno Emanuela Pistoia, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università di Teramo Concetta Maria Pontecorvo, Associato di Diritto Internazionale, Università di Napoli “Federico II”

Pietro Pustorino, Ordinario di Diritto Internazionale, Università LUISS di Roma

Alessandra A. Souza Silveira, Diretora do Centro de Estudos em Direito da UE, Universidad do Minho Ángel Tinoco Pastrana, Profesor de Derecho Procesal, Universidad de Sevilla

Chiara Enrica Tuo, Ordinario di Diritto dell’Unione europea, Università di Genova

Talitha Vassalli di Dachenhausen, Ordinario f.r. di Diritto Internazionale, Università di Napoli “Federico II” Alessandra Zanobetti, Ordinario di Diritto Internazionale, Università di Bologna

COMITATO DI REDAZIONE

Francesco Buonomenna, Ricercatore di Diritto dell’Unione europea, Università di Salerno Caterina Fratea, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università di Verona Anna Iermano, Dottore di ricerca in Diritto dell’Unione europea, Università di Salerno Angela Martone, Dottore di ricerca in Diritto dell’Unione europea, Università di Salerno

Michele Messina, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università di Messina Rossana Palladino (Coordinatore), Ricercatore di Diritto dell’Unione europea, Università di Salerno

Revisione abstracts a cura di

Francesco Campofreda, Dottore di ricerca in Diritto Internazionale, Università di Salerno

Rivista giuridica on line “Freedom, Security & Justice: European Legal Studies” www.fsjeurostudies.eu

Editoriale Scientifica, Via San Biagio dei Librai, 39 - Napoli

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2020, n. 2

Editoriale

La protección de la salud pública y el respeto a las libertades individuales ante la Covid-19

Juan Manuel de Faramiñán Gilbert

p. 1

Saggi e Articoli

L’efficacia cross-border degli accordi stragiudiziali in materia familiare tra i regolamenti Bruxelles II-bis e Bruxelles II-ter

Costanza Honorati, Sara Bernasconi

Dignità umana e tutela dei detenuti nello “Spazio di giustizia” dell’Unione europea

Maria Cristina Carta

Confisca urbanistica e prescrizione del reato tra giurisprudenza nazionale e giurisprudenza della Corte EDU

Federica Grasselli

Il riconoscimento nell’ordinamento di destinazione degli status familiari costituiti all’estero per motivi di ricongiungimento

Giuseppina Pizzolante

FOCUS

Lo spazio euro-nazionale di libertà, sicurezza e giustizia alla prova del Covid-19

“Fase 1” di contrasto al Covid-19, ordinamento italiano e tutela dei diritti umani alla luce della CEDU

Marco Argentini

Tutela della salute pubblica ed assistenza economica e finanziaria agli Stati membri dell’Unione europea in tempo di emergenza sanitaria

Francesco Battaglia

Sovraffollamento carcerario: i criteri dettati dalla sentenza Dorobantu per il calcolo degli spazi. Una “bussola” per le scelte da compiere in periodo di emergenza sanitaria?

Alessio Gaudieri p. 22 p. 51 p. 85 p. 116 p. 153 p. 181 p. 213

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Freedom, Security & Justice: European Legal Studies ISSN 2532-2079

2020, n. 2, pp. 213-249 DOI:10.26321/A.GAUDIERI.02.2020.08 www.fsjeurostudies.eu

SENTENZA DOROBANTU PER IL CALCOLO DEGLI SPAZI. UNA “BUSSOLA” PER LE SCELTE DA COMPIERE IN PERIODI DI EMERGENZA SANITARIA?

Alessio Gaudieri∗

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. La sentenza Dorobantu e il confronto tra le Corti europee. – 3. Condizioni di detenzione nello Stato membro emittente: intensità ed ampiezza del controllo rispetto al rischio di tortura, trattamenti e pene inumane o degradanti. – 4. Lo spazio personale a disposizione del detenuto: valutazione e requisiti minimi. – 5. I principi relativi al sovraffollamento carcerario elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo come base della sentenza Dorobantu. – 6. La Corte di giustizia dell’Unione europea tra vecchi orientamenti e innovazioni in tema di diritti fondamentali. – 7. I criteri dettati dalle Corti in tempi ordinari quali presupposti per la ricerca di soluzioni in tempi di emergenza sanitaria. L’impatto del COVID-19 sul sovraffollamento carcerario.

1. Premessa

La pandemia da COVID-19 ha infiammato un dibattito già florido nel mondo del diritto. Il tema del rispetto dei diritti fondamentali si rafforza di nuovi scenari sinora poco esplorati, grazie (o a causa) di un radicale ripensamento della vita delle persone. Inevitabilmente, anche il settore della giustizia penale è stato travolto dall’emergenza. Nel solco di questa discussione si innesta il tema del sovraffollamento carcerario e dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale.

Il difficile bilanciamento tra interessi e diritti contrapposti, necessario e delicato in tempi ordinari, diventa ancor più complesso in periodi straordinari, come l’attuale, caratterizzato dalla diffusione incontrollata di un nemico invisibile e particolarmente resistente alle iniziative volte a debellarlo.

Il COVID-19 ha radicalmente riscritto gli stili di vita nonché le abitudini della popolazione mondiale e, in particolare, italiana. In breve tempo è stato necessario agire

Articolo sottoposto a doppio referaggio anonimo.

Dottorando di ricerca in Scienze giuridiche-curriculum internazionalistico-europeo-comparato –

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al fine di ripensare schemi e logiche in passato dati per scontati dall’intera società. Finanche alcuni diritti e libertà ritenuti acquisiti e per molti indiscutibili, hanno subìto una sensibile ed inevitabile compressione.

Tale compressione dei diritti non può che avvenire solo in contesti emergenziali, e pertanto deve risultare un diritto “straordinario”1.

Nel corso dell’emergenza, i diritti fondamentali vengono bilanciati con quelle che sono le esigenze e le priorità individuate di volta in volta, soprattutto se in discussione vi è il diritto alla salute ed il diritto alla vita. Siccome nell’ottica della tutela della salute, per arginare la diffusione del virus è necessaria la compressione di alcuni diritti fondamentali al fine di porre in essere una serie di meccanismi di difesa dal contagio, quali l’evitare il più possibile i contatti sociali, si è sviluppato un dibattito di rilevante importanza per l’impatto che la problematica ha assunto in tempi ordinari e che sicuramente deve far discutere in tempi di emergenza sanitaria, in quanto coinvolge la dignità e la salute di una fascia di popolazione che esiste, ma spesso rischia di diventare invisibile, nonché di tutte quelle figure che inevitabilmente entrano in contatto con il mondo carcerario. Ci si riferisce al fenomeno del sovraffollamento, che per definizione rende complicato e spesso impossibile il distanziamento sociale.

In un sistema europeo multilevel2, caratterizzato da una forte influenza e da una sempre più accentuata integrazione tra fonti, gli arresti della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea (che spesso assume le forme di un confronto dialettico multilaterale, con l’intervento anche delle Corti nazionali) diventano sempre più ricorrenti3.

1 In tal senso, G. SPANGHER, Covid-19: nel disastro si vede chiaro, in Penale Diritto e Procedura, 21 aprile 2020, disponibile al link: https://penaledp.it/covid-19-nel-disastro-si-vede-chiaro/. Secondo l’A. “per fugare il pericolo che si vogliano protrarre le previsioni derogatorie, va da subito precisato che queste opereranno esclusivamente nel periodo transitorio. […] Non si vuol dire che alcune sperimentazioni non potranno trovare operatività nel prossimo – anche recente – futuro. Bisogna evitare che l’eccezionalità diventi la norma, forzando gli attuali dati normativi. Per fare questo, oltre a ribadire quanto detto, in ordine alla condivisione della temporalità della attuale fase, appare necessario ribadire con forza che l’esaurimento dell’emergenza implicherà il ritorno alla disciplina ordinaria”.

2 Per un approfondimento sul tema, si rinvia, ex multis, a A. DI STASI, Introduzione alla Convenzione

europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, II ed., Padova, 2018, p. 3 e ss.; ID., Spazio

europeo di libertà, sicurezza e giustizia e cooperazione giudiziaria in materia penale: il rispetto dei diritti fondamentali e della diversità tra gli ordinamenti nazionali e tradizioni giuridiche, in L. KALB (a cura di),

«Spazio europeo di giustizia» e procedimento penale italiano, Torino, 2012, p. 6 e ss.; ID., Diritti umani e

sicurezza regionale. Il «sistema» europeo, Napoli, 2010, p. 153 ss.

3 Sul ruolo del giudice nazionale nel dialogo tra le Corti, V. PICCONE, Fra interpretazione e dialogo. Il

ruolo del giudice nazionale, in A. DI STASI, L.S. ROSSI (a cura di), Lo spazio di libertà sicurezza e

giustizia. A vent’anni dal Consiglio europeo di Tampere, Napoli, 2020, p. 98 ss. Per un esempio di dialogo tra le Corti, si rinvia alla ricostruzione della “saga Taricco” e al commento sull’arresto della Corte costituzionale italiana di S. SIRICO, Corte cost., 10 aprile – 31 maggio 2018, n. 115, in G. DALIA,D. CIMADOMO (a cura di), Corte costituzionale e sistema processuale penale. L’elaborazione

giurisprudenziale del 2018, Milano, 2019, p. 191 ss.; F. VIGANÒ, Il caso Taricco davanti alla Corte

Costituzionale: qualche riflessione sul merito delle questioni, e sulla reale posta in gioco, in

penalecontemporaneo.it, 9 maggio 2016, disponibile al link:

https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/4720-il-caso-taricco-davanti-alla-corte-costituzionale-qualche-riflessione-sul-merito-delle-questioni-e.

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Ed in questa sorta di “dialogo” vanno rintracciate le fondamenta, costituite dai principi, su cui gli ordinamenti statuali si fondano per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone che in tali territori transitano, risiedono, vivono.

Il tema del sovraffollamento carcerario ha visto una serie di arresti delle Corti che, nell’individuare i diritti delle persone ristrette nella libertà personale, hanno tracciato i principi collocati alla base di un sistema democratico garante della dignità umana4.

È da questi principi, definiti in tempi ordinari, che probabilmente bisogna partire per trovare soluzioni ad un annoso problema, sempre attuale, che si inasprisce in un contesto emergenziale come quello della diffusione del COVID-19.

Di recente, ancorché prima dell’esplosione della pandemia, in tema di sovraffollamento carcerario si è pronunciata la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza Dorobantu5. Partendo da tale sentenza si proverà a verificare quali sia stata l’influenza – probabilmente inconsapevole – della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’orientamento adottato dalla Corte di giustizia, che ha portato a delineare un insieme di principi necessari da rispettare in tempi ordinari, ma che assumono maggior significato in periodi di emergenza sanitaria, tanto che dovrebbero essere il punto di partenza per la risoluzione rapida di questo annoso problema particolarmente avvertito soprattutto in tempo di pandemia.

2. La sentenza Dorobantu e il confronto tra le Corti europee

La sentenza Dorobantu si inserisce nel solco di un “dialogo” tra la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) e le Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) che si potrebbe definire “ad intermittenza”. Un confronto tra orientamenti, dunque, che a volte sembra serrato, sempre proficuo e spesso foriero di soluzioni giuridiche innovative e progressiste, ma che spesso incontra battute d’arresto che bloccano l’evoluzione giuridica ed il difficile cammino verso una cultura giuridica “unitaria” e culturalmente orientata ad una comune e piena garanzia dei diritti umani basata sul rispetto degli standard minimi universalmente individuati6.

In tale sentenza, il “dialogo” tra le due Corti – qui sotto forma di influenze provenienti dalla giurisprudenza della Corte EDU, altrimenti detto “dialogo indiretto” –

4 I temi che coinvolgono i detenuti ed il loro trattamento all’interno degli istituti penitenziari costituiscono un banco di prova dello Stato di diritto. Pertanto, la tematica risulta particolarmente attenzionata dalle Corti investite della verifica relativa al rispetto dei diritti fondamentali.

5 Corte di giustizia, Grande Sezione, sentenze del 15 ottobre 2019, Dumitru-Tudor Dorobantu, causa C-128/18.

6 Un’efficace descrizione del “dialogo” tra le Corti è fatta da A. RUGGERI, “Itinerari” di una ricerca sul

sistema delle fonti, Torino, 2015, p. 422. L’A. ritiene che “il “dialogo” è pur sempre rimasto aperto, vivo,

incisivo: un “dialogo” che somiglia alla condizione delle piante che hanno diversa fattura e che si alimentano da uno stesso terreno, le quali, pur distanti tra loro, hanno però le radici profondamente intricate, al punto di rendersi non più separabili tra di loro se non col costo, insopportabile, del loro appassimento”. Parla, invece, di dialogo “intermittente”, A. DI STASI, Equo processo ed obbligo di

motivazione del mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia da parte del giudice di ultima istanza nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in federalismi.it, 2016, n. 3, p. 3.

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trova un’importante accelerazione. Ciò è dovuto al fatto che la Corte di giustizia recepisce gli orientamenti della Corte EDU in base a quanto indicato nelle Spiegazioni relative alla Carta UE, le quali precisano che il significato e la portata dei diritti garantiti dalla CEDU sono determinati non soltanto dal testo della Convenzione, ma anche dalla giurisprudenza della Corte EDU e da quella della CGUE7.

Orbene, appare per tabulas che il divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti, consacrato nell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (d’ora in poi Carta UE), corrisponde8 al diritto, a carattere assoluto, garantito all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (d’ora in poi CEDU), poiché significato e portata sono identici. Ecco perché è consentito al giudice a quo decidere serenamente sulla consegna del ricercato all’autorità emittente del mandato di arresto europeo9, applicando i criteri adottati dalla Corte EDU, colmando in tal modo l’assenza

7 Le cd. Spiegazioni sono una peculiarità della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’art. 6, par. 1, comma 3, TUE, dispone per l’interprete che utilizza i diritti, le libertà e i principi della Carta UE di tenere in debito conto le Spiegazioni cui si fa rifermento nella Carta, compilate sotto l’autorità della Convenzione che ha redatto la Carta. Esse indicano all’interprete le eventuali fonti di ispirazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta, funzionali ad individuare le clausole generali applicabili, nonché, talvolta, forniscono principi e tecniche ermeneutiche ad integrazione del contenuto della disposizione di riferimento. Infatti, spesso le Spiegazioni sono state utilizzate per precisare circostanze ritenute particolarmente sensibili dagli Stati membri. Sul tema v., A. DI STASI, L’evoluzione dello

“statuto” giurisprudenziale dei diritti fondamentali nell’Unione europea in “statuto” normativo degli stessi. Il valore aggiunto della Carta dei diritti fondamentali, in ID. (a cura di), Tutela dei diritti

fondamentali e spazio europeo di giustizia. L’applicazione giurisprudenziale del titolo VI della Carta,

Napoli, 2019, p. 65 ss.; ID., Brevi osservazioni intorno alle «spiegazioni» alla Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione europea, in C. ZANGHÌ, L. PANELLA (a cura di), Il Trattato di Lisbona tra

conferme e novità,Torino,2010, p. 245 ss.; P. JACQUÉ, The Explanations Relating to the Charter of Fundamental Rights of the European Union, in S. PEERS, T. HERVEY, J. KENNER, A. WARD (eds.), The EU Charter of Fundamental Rights. A Commentary, Oxford, 2014, p. 1715 ss., p. 1719; N. LAZZERINI, La

carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: i limiti di applicazione, Milano, 2018, p. 39 ss.; P.

SANDRO, Alcune aporie e un mutamento di paradigma nel nuovo articolo 6 del Trattato sull’Unione

europea, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2009, n. 5, p. 855 ss.; V. SCIARABBA, Tra

fonti e Corti. Diritti e principi fondamentali in Europa: profili costituzionali e comparati degli sviluppi sovranazionali, Padova, 2008; ID.,Le «Spiegazioni» della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2005, n. 1, p. 59 ss.

8 La corrispondenza rivela un importante punto di contatto e di ravvicinamento tra l’ordinamento dell’Unione europea e il sistema CEDU, a dimostrazione di una fervida vitalità di uno spazio di giuridico e giudiziario europeo tendenzialmente integrato. Esso è segno tangibile di un più ampio patrimonio di garanzie fondamentali e di valori rinvenibili nelle Costituzioni dei singoli ordinamenti. Garanzie e valori dunque, condivisi tra gli Stati dell’Unione europea e rinvenibili prima nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, poi nella Carta di Nizza. Ciò sarebbe espressione di un obiettivo ormai comune: la realizzazione di un sistema uniforme europeo di tutela dei diritti fondamentali, da far convergere in un unico spazio.

9 Il mandato d’arresto europeo, com’è noto, è uno strumento di cooperazione giudiziaria in materia penale orizzontale, e consiste in una procedura giudiziaria semplificata in personam volta alla consegna ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privativa della libertà. Sul mandato di arresto europeo, nella vastissima dottrina, ci si limita a segnalare, E. APRILE,

Garanzie del giusto processo e divieto di testimonianza indiretta della polizia giudiziaria, nell’esecuzione in Italia del mandato di arresto europeo, in Cassazione penale, 2008, p. 2932 ss.; C. AMALFITANO,

Mandato d’arresto europeo: reciproco riconoscimento vs diritti fondamentali? Note a margine delle sentenze Radu e Melloni della Corte di giustizia, in penalecontemporaneo.it, 4 luglio 2013, disponibile al

link: https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/2402-mandato-d-arresto-europeo--reciproco-riconoscimento-vs-diritti-fondamentali; M. BARGIS, Mandato di arresto europeo e diritti fondamentali:

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di regole minime nel diritto dell’Unione europea e la carenza di una giurisprudenza già esistente sul punto (v. infra, par. 3).

Invero, lo stesso art. 52 Carta UE, nell’individuare la portata e nell’indicare il metodo interpretativo dei diritti e dei principi contenuti in essa, al par. 3 con la “clausola di equivalenza” impone che laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata di essi debbano essere uguali a quelli conferiti dalla Convenzione, concedendo, però, all’Unione europea una protezione più estesa di tali diritti rispetto agli standard minimi individuati dalla Convenzione stessa.

Logica conseguenza è che, per garantire il rispetto dell’art. 4 Carta UE10, nel caso specifico di una persona raggiunta da un mandato di arresto europeo, è necessario che l’autorità giudiziaria di esecuzione verifichi che lo Stato di emissione abbia assicurato condizioni di detenzione che rispettino il divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti, tenendo conto dell’orientamento della Corte EDU, ed ove

recenti itinerari “virtuosi” della Corte di giustizia tra compromessi e nodi irrisolti, in Dir. pen. cont.,

2017, n. 2, p. 192 ss.; E. CALVANESE, G. DE AMICIS, Dalla Convenzione di Parigi al vertice di Laeken: la

lunga strada del mandato d’arresto europeo, in Guida al diritto, 2002, n. 5, p. 106 e ss.; D. CIMADOMO,

La procedura attiva di consegna, in L. KALB (a cura di), Mandato di arresto europeo e procedure di

consegna. Commento alla l. 22 aprile 2005, n. 69, Milano, 2005, p. 265 e ss.; G. DARAIO, I

«provvedimenti provvisori» e il «sequestro di beni», in L. KALB (a cura di), Mandato di arresto europeo e

procedure di consegna. Commento alla l. 22 aprile 2005, n. 69, Milano, 2005, p. 339 ss.; G. DE AMICIS, G.IUZZOLINO,Guida al mandato d’arresto europeo, Milano, 2008, p. 9 e ss.; G. DE AMICIS, O. VILLONI,

Mandato d’arresto europeo e legalità penale nell’interpretazione della Corte di giustizia, in Cassazione penale, 2008, p. 399 e ss.; G. DE AMICIS, La prassi del mandato d’arresto europeo tra Italia e Germania:

la prospettiva italiana, in penalecontemporaneo.it, 7 gennaio 2019, disponibile al link:

https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/6396-la-prassi-del-mandato-d-arresto-europeo-tra-italia-e-germania-la-prospettiva-italiana; L. KALB, Il consenso alla consegna, in ID. (a cura di), Mandato di

arresto europeo e procedure di consegna, cit., p. 285 ss.; M.R. MARCHETTI, voce Mandato d’arresto

europeo, in Enciclopedia del diritto, Annali, II, t. I, Milano, 2008, p. 554 ss.; E. MARZADURI, Commento agli artt. 1 e 2, l. 22 aprile 2005, n. 69, in M. CHIAVARIO, G. DE FRANCESCO, D. MANZIONE, E. MARZADURI (diretto da), Il mandato di arresto europeo, Torino, 2006, p. 72 ss.; T. RAFARACI,Richiesta di consegna in esecuzione di mandato di arresto europeo e riserva della giurisdizione italiana, in Cassazione penale, 2018, n. 11, p. 3635 e ss.; E. SELVAGGI, L’attuazione del mandato europeo di arresto tra incomprensioni e… pretesti, in Cassazione penale, p. 3657 e ss.; E. SELVAGGI, G. DE AMICIS, La

legge sul mandato di arresto europeo tra inadeguatezze attuative e incertezze applicative, in Cassazione penale, 2005, p. 1814 ss. Per uno studio sulla tutela dei diritti fondamentali nel mandato di arresto, A. DI STASI, Libertà e sicurezza nello spazio giudiziario europeo: mandato di arresto e “statuto” dei diritti

fondamentali nell’Unione europea, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2007, n. 4, p.

657 ss.; ID., Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, mandato di arresto europeo e tutela multilivello dei

diritti fondamentali, in A.BARBERA, A. LOIODICE, M. SCUDIERO, P. STANZIONE (a cura di), Scritti in

memoria di Fulvio Fenucci, Catanzaro, 2010, p. 109 ss. Nella manualistica, ex multis, S. BUZZELLI,

Privazioni della libertà personale, in G. UBERTIS (a cura di), Sistema di procedura penale, Milano, 2020, p. 949 ss.; A.A. DALIA,FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Milano, 2018, p. 986 ss.; M. DANIELE, La cooperazione giudiziaria internazionale, in AA.VV., Fondamenti di procedura penale, Milano, 2019, p. 919 ss.; M.R. MARCHETTI, Rapporti giurisdizionali con autorità straniere, in M. BARGIS (a cura di), Compendio di Procedura penale, Milano, 2018, p. 1119 ss.; F. ROMOLI, Il mandato di arresto

europeo, in A. GAITO (a cura di), Procedura penale, Milano, 2018, p. 1590 ss.; P. TONINI, Manuale di

procedura penale, Milano, 2019, p. 1107 ss. Inoltre, volendo, A. GAUDIERI, Mandato di arresto europeo:

la Corte di giustizia si pronuncia sul delicato tema della sospensione della misura detentiva ai fini della

consegna, in slsg.unisa.it, febbraio 2019, disponibile al link:

http://www.unisa.it/uploads/14394/gaudieri.febbraio_2019.pdf.

10 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è fonte equiparata al diritto primario dell’UE in forza dell’art. 6, par. 1, TUE, che attribuisce ad essa lo stesso valore giuridico dei trattati.

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esistente e più garantista, dell’orientamento (consolidato o meno) della CGUE, potendo i due indirizzi “integrarsi” – e, dunque, nel tempo interagire – al fine di individuare un equilibrio dato dal bilanciamento dei diritti e dei valori di volta in volta indicati.

Del resto, il livello di protezione della Carta UE, attraverso la “clausola di compatibilità”, non può in nessun modo calare al di sotto di tale soglia, poiché nessuna disposizione della Carta UE può essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti in particolare dalla CEDU11.

Ciò non deve destabilizzare l’interprete, portato a pensare prima facie, basandosi su fin quanto sinora detto, che l’elenco dei diritti e l’intensità delle garanzie della CEDU sia più ampio rispetto a quello della Carta UE. Infatti, proprio un contenuto più scarno di quest’ultima può consentire alla CGUE di esercitare un’influenza improntata ad uno spiccato garantismo rispetto alle altre fonti di riferimento, tra cui la CEDU, con l’attivazione di un meccanismo di tutela giurisdizionale che si adatta al contesto di intervento, sia per quanto riguarda i soggetti responsabili, sia per quanto attiene agli organismi investiti della funzione di promozione ed assicurazione della protezione dei diritti12.

Questo comporta, dunque, una continua osmosi tra i principi europei lato sensu intesi e la mutua “alimentazione” tra cataloghi di diritti diversificati che hanno stimolato una “necessaria” cooperazione tra giudici, quali organi garanti della corretta applicazione dei diritti umani affermati nella Carta UE e nella CEDU13. Si è così realizzata una forma attenuata di integrazione tra i due sistemi, nonostante il fatto che il mancato perfezionamento dell’adesione alla CEDU dell’Unione europea non abbia reso possibile una “piena” integrazione, completa dal punto di vista sia sostanziale sia procedurale, che si presenti sempre più come tecnica di “armonizzazione” tra il sistema CEDU e l’ordinamento giuridico dell’Unione europea14.

11 Cfr. art. 53 Carta UE.

12 In tal senso, F. BENOÎT-ROHMER, La Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne, in

Recueil Dalloz, 2001, p. 1483 ss.; A. DI STASI, Il perfezionamento dello spazio europeo di libertà,

sicurezza e giustizia: avanzamenti e criticità, in ID. (a cura di), Tutela dei diritti fondamentali e spazio europeo di giustizia, cit., p. 146 ss.

13 In questi termini, A. DI STASI, Tutela multilevel dei diritti fondamentali e costruzione dello spazio europeo di giustizia, in ID. (a cura di), Tutela dei diritti fondamentali e spazio europeo di giustizia, cit., p. 22 s. In questo filone di pensiero si inserisce anche, ex multis, V. KRONENBERGER, M.T. D’ALESSIO, V. PLACCO (cur.), De Rome à Lisbonne: Les jurisdictions de l’Union européenne à la croisée des chemins, Bruxelles, 2013 e C.M. BUCKLEY, A. DONALD, P. LEACH (eds.), Towards convergence in international

human rights law. Approaches of regional and international systems, Leiden, 2017. Sul tema v., anche,

G. MARTINICO, O. POLLICINO, The Interaction between Europe’s Legal Systems. Judicial Dialogue and

the creation of supernational laws, Cheltenham, 2012; U. VILLANI, La cooperazione tra giudici

nazionali, la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo, Napoli,

2012, p. 77 ss.; G. ROLLA (a cura di), Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti

tra le giurisdizioni, Milano, 2010; C. MENÉ, Corti europee e diritti fondamentali, München, 2010. 14 Del resto, il “dialogo” tra le due Corti sembra ormai svilupparsi fruttuosamente. Gli indicatori del confronto sono numerosi. Come la Corte di giustizia ha avuto modo di fondare il proprio orientamento sugli arresti della Corte europea dei diritti dell’uomo, Così la Corte di Strasburgo, da ultimo, si è recentemente pronunciata sulla violazione dell’art. 2 CEDU in un caso che coinvolgeva il Belgio relativo a un mandato di arresto europeo, recependo ed analizzando precipui principi dell’Unione europea, nonché

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Spetta, dunque, ai giudici, mediante un proficuo confronto – invero rafforzatosi con tale sentenza – armonizzare, mediante delicate tecniche ermeneutiche, la pluralità delle fonti in materia di diritti fondamentali, operando costantemente un equo bilanciamento di interessi, valori e diritti, talora nettamente contrapposti tra di loro, talaltra in sola apparente contrapposizione, e posti in diverse fonti internazionali e sovranazionali, mantenendo costanti principi e valori comuni come il rispetto della dignità umana.

3. Condizioni di detenzione nello Stato membro emittente: intensità ed ampiezza del controllo rispetto al rischio di tortura, trattamenti e pene inumane o degradanti

Il primo interrogativo a cui dà risposta la Corte di giustizia nella sentenza

Dorobantu è relativo al tipo ed alle modalità di controllo che il giudice dell’esecuzione

di un MAE deve compiere al fine di valutare se le condizioni di detenzione nello Stato membro di emissione configurino una tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti. Punto di riferimento diventa l’art. 3 CEDU. Quest’ultimo, come già ricordato, è perfettamente sovrapponibile all’art. 4 Carta UE nel disporre che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”15.

facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo. Cfr., Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II, 9 luglio 2019, Romeo Castaño c. Belgio, n. 8351/17.

15 Si tratta di un diritto a carattere assoluto, uno dei valori fondamentali delle società democratiche, che non ammette limitazioni, deroghe o eccezioni – nemmeno in caso di pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, né nelle circostanze più difficili come la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata – con la conseguenza che nulla può giustificare i trattamenti vietati da tale articolo. In tal senso, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è alluvionale. A titolo esemplificativo v., ex

multis, Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. V, 5 dicembre 2019, J.M. c. Francia, n. 71670/14, par.

83; ID., Sez. IV, 3 dicembre 2019, Jevtovic c. Serbia, n. 29896/14, par. 74; ID., Sez. IV, 23 febbraio 2016,

Nasr e Ghali c. Italia, n. 44883/09, par. 280; ID., Sez. V, 16 luglio 2015, Ghedir e altri c. Francia, n. 20579/12, par. 108; ID., Sez. IV, 24 luglio 2014, Al Nashiri c. Polonia, n. 28761/11, par. 507; ID., Grande Camera, 13 dicembre 2012, El-Masri c. Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, n. 39630/09, par. 195; ID., Grande Camera, 4 luglio 2006, Ramirez Sanchez c. Francia, n. 59450/00, parr. 115 e 116; ID., Grande Camera, 12 maggio 2005, Öcalan c. Turchia, n. 46221/99, par. 179; ID., Sez. II, 12 aprile 2005,

Shamayev e altri c. Georgia e Russia, n. 36378/02, par. 375; ID., Grande Camera, 8 luglio 2004, Ilasçu c.

Moldavia e Russia, n. 48787/99, par. 424; ID., Sez. II, 18 ottobre 2001, Indelicato c. Italia, n. 31143/96, par. 30; ID., Grande Camera, 6 aprile 2000, Labita c. Italia, n. 26772/95, par. 119; ID., Grande Camera, 16 dicembre 1999, V.V. c. Regno Unito, n. 24888/94, par. 69; ID., Grande Camera, 28 luglio 1999,

Selmouni c. Francia, n. 25803/94, par. 95; ID., Camera, 28 ottobre 1998, Assenov e altri c. Bulgaria, n. 90/1997/874/1086, par. 93; ID., Grande Camera, 15 novembre 1996, Chahal c. Regno Unito, n. 22414/93, par. 79; ID., Adunanza plenaria, 7 luglio 1989, Soering c. Regno Unito, n. 14038/88, par. 88; ID., Camera, 18 gennaio 1978, Irlanda c. Regno Unito, Serie A n. 25, par. 163. In dottrina, v., A. DI STASI,

Introduzione alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, Milano,

2018, p. 12 ss.; V. ZAGREBELSKY, R. CHENAL, L. TOMASI, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, Bologna, 2019, p. 160 ss.; O. BIGLER,L.GONIN, sub Art. 3 CEDH, in Convention européenne des droits

de l’homme (CEDH). Commentaire des articles 1 à 18 CEDH, Berne, 2018, p. 109 ss.; D.J. HARRIS, M. O’BOYLE, E. BATES, C. BUCKLEY, sub Article 3, in Law of the European Convention on Human Rights, IV ed., Oxford, 2018, p. 237 ss.; B. RAINEY, E.WICKS,C.OVEY, Prohibition of ill-treatment, in The

European Convention on Human Rights, VII ed., Oxford, 2017, p. 183-218; F. CASSIBBA, A. COLELLA,

Art. 3 – Proibizione della tortura, in G. UBERTIS,F.VIGANÒ (a cura di), Corte di Strasburgo e giustizia

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220

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Ed invero, più volte è stato invocato innanzi alla Corte di Strasburgo la lesione dell’art. 3 CEDU in casi che pongono l’attenzione sul trattamento dei detenuti. Grazie alla sua ampia portata, si è fatto spesso appello a tale norma per censurare quelle condotte – realizzate per prassi o perché consentite da alcune disposizioni interne – che finiscono spesso per tradursi in forme di sopruso o comunque di vessazione, e dunque lesive della dignità della persona16.

La Corte EDU, dopo aver chiarito che è necessario provare la lesione dell’art. 3 CEDU al di là di ogni ragionevole dubbio, mediante la verifica della sussistenza di indizi sufficientemente gravi, chiari e concordanti17, ha più volte ribadito la distinzione tra tortura, trattamenti inumani e trattamenti degradanti. I tre concetti sono in continua evoluzione e mutano sia forma sia contenuto insieme con lo sviluppo della sensibilità della società europea.

La tortura consiste in un trattamento inumano deliberato che provoca sofferenze molto gravi e crudeli mediante violenza fisica o mentale, volto ad ottenere informazioni o compiuto a scopo di punire o intimidire. Diverge dal trattamento inumano in quanto la tortura è atto deliberato e infligge un grado di sofferenza maggiore18. Per trattamento inumano si intende quell’insieme di azioni tali da raggiungere un livello minimo di gravità e provocare lesioni fisiche o intense sofferenze mentali, non necessariamente inflitte o deliberate per uno scopo specifico. Il trattamento degradante, invece, implica umiliazioni e l’intento di degradazione, senza inflizione di sofferenze fisiche o mentali; se supera un determinato livello di gravità, può essere considerato trattamento inumano.

Convention on Human Rights. A Commentary, Oxford, 2015, p. 164 ss.; C. GRABENWARTER, sub Article

3 – Prohibition of torture, in European Convention on Human Rights: Commentary, Oxford, 2014, p. 30

ss.; P. PUSTORINO, sub Articolo 3, Proibizione della tortura, in S. BARTOLE, P. DE SENA, V. ZAGREBELSKY (diretto da), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Padova, 2012, p. 63 ss.; A. SALADO OSUNA, Treatment Proscribed under Article 3 of the European Convention on

Human Rights, in J.GARCÍA ROCA, P. SANTOLAYA (eds.), Europe of Rights: A Compendium on the

European Convention of Human Rights, Leiden, 2012, p. 65 ss.; M.N. FORNARI, L’art. 3 della

Convenzione europea sui diritti umani, in L. PINESCHI (a cura di), La tutela internazionale dei diritti

umani, Milano, 2006, p. 352 ss.; A. ESPOSITO, Articolo 3. Proibizione della tortura, in S. BARTOLE, B. CONFORTI, G. RAIMONDI (a cura di), Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti

dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001, p. 49 ss.; F. SUDRE, sub Article 3, in L.-E. PETTITI, E.DECAUX,P.-H.IMBERT (dir.), La Convention européenne de droits de l’homme. Commentaire article

par article, Paris, 1999, p. 159 ss. Sulla violazione dell’art. 3 CEDU a seguito delle condotte tenute dalle

forze dell’ordine italiane, R. PALLADINO, Comportamenti delle forze dell’ordine contrari al divieto di

tortura o di trattamenti inumani o degradanti (art. 3 CEDU), in A. DI STASI (a cura di), CEDU e ordinamento italiano, II ed., Milano, 2020, in corso di pubblicazione.

16 Sulla dignità nel contesto CEDU ed Unione europea, A. DI STASI, Human dignity as a normative

concept: “dialogue” between European Courts (ECtHR and CJEU)?, in P. PINTO DE ALBUQUERQUE, K. WOJTYCZEK (eds.), Judicial power in a globalized world. Liber amicorum Vincent De Gaetano, Cham, 2019, pp. 115-130.

17 Cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. I, 25 ottobre 2018, Provenzano c. Italia, n. 55080/13, par. 130; ID., Grande Camera, 11 luglio 2006, Jalloh c. Germania, n. 54810/00, par. 67; ID., Ramirez Sanchez, cit., parr. 117; ID., Labita, cit., par. 121; ID., Indelicato, cit.; ID., Irlanda, cit., par. 161.

18 Sulla definizione delle varie condotte vietate dall’art. 3 CEDU, Corte europea dei diritti dell’uomo,

Selmouni, cit., par. 96 e 97. Una approfondita analisi della condotta integrante tortura è computa in Corte

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Come per il trattamento inumano, tali azioni non sono necessariamente deliberate o inflitte per uno scopo specifico19.

La Corte di Strasburgo ha essenzialmente estrapolato tali definizioni operando un rinvio e, dunque, facendo proprie le distinzioni compiute dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, entrata in vigore il 26 giugno 198720.

È su tali basi giuridico-interpretative che si innesta il ragionamento ermeneutico della Corte di Lussemburgo, la quale ritiene che il controllo operato dal giudice interno non possa prescindere dal considerare gli approdi a cui è giunta l’attuale giurisprudenza internazionale e sovranazionale, rivelatasi sempre più progressista ed attenta all’evoluzione della società nel tempo.

Il controllo che il giudice interno deve compiere al fine di verificare se il caso concreto integra un’ipotesi di cui all’art. 4 Carta UE non è sommario, bensì particolareggiato, e si dipana su due direttrici differenti: intensità e ampiezza21.

L’intensità del controllo è uno dei parametri che il giudice deve adottare per comprendere se sussiste nello Stato di esecuzione un rischio reale per la persona interessata dal mandato d’arresto europeo di essere sottoposta ad un trattamento inumano o degradante22: detto diversamente, il giudice deve accertare il mero pericolo concreto che nell’ordinamento di esecuzione si verifichino trattamenti inumani o degradanti nei confronti dei detenuti. Esso consiste nell’accertamento della soglia minima di gravità del maltrattamento, che consente di ritenere sussistente il pericolo di trattamento inumano o degradante nel periodo di detenzione23. Si tratta di un controllo marcato, non sommario, che consiste in una valutazione complessiva delle condizioni materiali di detenzione, basato sull’esistenza di seri e comprovati motivi che facciano ritenere che nello Stato di esecuzione vi sia un tale pericolo.

Per rischio reale dovrebbe intendersi, dunque, un pericolo accertato dal giudice in concreto attraverso un controllo dettagliato basato sull’insieme dei dati della causa, con specifica attenzione alla durata del trattamento e dei suoi effetti fisici o psichici nonché, in certi casi, del sesso, dell’età e dello stato di salute della persona24.

19 Ad esempio, consiste in un trattamento degradante la detenzione prolungata in strutture sporche, insalubri e sovraffollate ovvero l’isolamento in carcere, a condizione che sia prolungato.

20 La Convenzione è stata conclusa a New York il 10 dicembre 1984. Gli Stati Parti al 28 dicembre 2019 sono 169. In particolare, la Corte di Strasburgo ha tenuto in considerazione il testo dell’art. 1 e dell’art. 16, par. 1.

21 Per un primo commento alla sentenza che si concentra sul concetto di intensità ed ampiezza del controllo, A. CORRERA, Mutual trust e rispetto dei diritti fondamentali: l’intensità del controllo

dell’autorità giudiziaria di esecuzione del MAE sulle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente, in DPCE online, 2020, n. 1, p. 869 ss.

22 Corte di giustizia, Grande Sezione, Dorobantu, cit., par. 61. 23 Cfr., Corte di giustizia, Grande Sezione, Dorobantu, cit., par. 59.

24 In tal senso, prima della sentenza in commento, Corte di giustizia, Sez. I, sentenza del 25 luglio 2018,

Generalstaatsanwaltschaft Bremen (Condizioni di detenzione in Ungheria), C-220/18 PPU, par. 90; Corte

di giustizia, Grande sezione, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C-404/15 e C-659/15, par. 90. Tale giurisprudenza, in assenza di regole minime proprie del diritto dell’Unione europea, si rifà a Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. IV, 25 aprile 2017, Rezmiveș e altri c. Romania, nn. 61467/12, 39516/13, 48231/13 e 68191/13, parr. 72 e 73, ove si legge: “La Cour rappelle que, si les

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Si tratterebbe, dunque, di un controllo più stringente, dovuto al carattere assoluto del diritto garantito, basato su una valutazione effettiva, ma pur sempre relativa, ossia parametrata sulle circostanze emergenti in quello specifico caso, in quanto è comunque necessario tener conto delle esigenze pratiche della reclusione da bilanciare con l’adeguata garanzia al detenuto di uno stato di salute e benessere tale da non ledere la dignità umana. Del resto, un controllo limitato alle sole insufficienze manifeste non garantirebbe il rispetto della dignità umana da assicurare proprio ai sensi dell’art. 4 Carta UE.

Ciò è in linea con l’orientamento della Corte di Strasburgo, la quale considera che il dolore e le sofferenze inflitte, per esser considerati gravi, e dunque, integrare la lesione del diritto di cui all’art. 3 CEDU, debbano subire un vaglio relativo – in quanto la gravità è nella natura delle cose – basato sulle circostanze del caso concreto, come la durata del trattamento, i suoi effetti fisici o mentali e, in determinate circostanze, il sesso, l’età e lo stato di salute del detenuto, nonché ogni altro elemento utile ai fini della valutazione, come ad esempio il contesto caratterizzato da un’atmosfera di viva tensione e a forte carica emotiva , lo scopo per il quale è stato inflitto il trattamento nonché l’intenzione o la motivazione che l’hanno ispirato25.

mesures privatives de liberté impliquent habituellement pour un détenu certains inconvénients, la souffrance et l’humiliation infligées dans le cadre de l’exécution d’une peine de prison ne doivent toutefois en aucun cas aller au-delà de celles que comporte inévitablement une forme donnée de traitement ou de peine légitime. La Cour rappelle également que l’incarcération ne fait pas perdre à un détenu le bénéfice des droits garantis par la Convention. Au contraire, dans certains cas, la personne incarcérée peut avoir besoin d’une protection accrue en raison de la vulnérabilité de sa situation et parce qu’elle se trouve entièrement sous la responsabilité de l’État. La Cour rappelle dans ce contexte que l’article 3 fait peser sur les autorités une obligation positive qui consiste à s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions qui sont compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou à une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate”; nonché in Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, 26 ottobre 2000, Kudła c. Polonia, n. 30210/96, par. 94; ID., Sez. IV, 22 ottobre 2009, Norbert Sikorski c. Polonia, n. 17599/05, parr. 130 e 131; ID., Sez. II, 8

gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia,

nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10, par. 65. Sugli effetti della sentenza Torreggiani nell’ordinamento italiano, v., M.L. AVERSANO, Il sovraffollamento carcerario, in A. DI STASI (a cura di), CEDU e ordinamento italiano. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti

dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno, Vicenza, 2016, p. 205 ss.; P. CORVI, Detenzione e

dignità della persona. Il punto di non ritorno: il dictum «Torreggiani», in D. CHINNICI, A. GAITO (a cura di), Regole europee e processo penale, Milano, 2018, p. 461 ss.; L. KALB, Le «criticità» dell’attuale

ricorso alla sospensione della esecuzione penale della pena detentiva, in ID. (a cura di), I danni da

attività giudiziaria penale in executivis, Milanofiori Assago, 2017, p. 125 e ss, ove l’A. ritiene certo che

la risposta dell’ ordinamento italiano al sovraffollamento carcerario vada in un’unica direzione, ossia quella della “decarcerizzazione” al fine di precludere ulteriori pronunce di condanna e di offrire una risposta efficace alla messa in mora formulata dalla Corte EDU nei confronti dello Stato italiano con la sentenza pilota, la quale ha rilevato difetti strutturali non eliminabili con rimedi risarcitori o comunque occasionali, e che, dunque, richiedono indispensabili interventi di tipo sistematico diretti a ridurre fisiologicamente il ricorso alle misure detentive, mediante interventi di natura deflattiva.

25 Sul punto, Corte europea dei diritti dell’uomo, Jevtovic, cit., par. 75; ID., J.M., cit., par. 84; ID.,

Provenzano, cit., par. 126; ID., Sez. I, 26 ottobre 2017, Cirino e Renne c. Italia, nn. 2539/13 e 4705/13, parr. 78-85; ID., Nasr e Ghali, cit., par. 281; ID., Ghedir, cit., par. 109; ID., Al Nashiri, cit., par. 508; ID.,

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Con l’ampiezza del controllo si intende la valutazione, compiuta in maniera concreta e precisa, delle circostanze del caso di specie, da cui poter accertare l’esistenza di un rischio reale che la persona sarà sottoposta ad un trattamento inumano o degradante26. Tale modalità di controllo, dunque, obbliga l’autorità giudiziaria a verificare unicamente le condizioni di detenzione esistenti negli istituti penitenziari nei quali è concretamente previsto che la persona raggiunta dal mandato di arresto europeo sarà detenuta, anche in via temporanea o transitoria, secondo le informazioni disponibili27.

Ciò comporta, però, per l’autorità di esecuzione, l’impossibilità di verificare le condizioni di detenzione generali esistenti nell’insieme degli istituti penitenziari presenti sul territorio dello Stato di detenzione, nei quali la persona interessata potrebbe essere reclusa. Infatti, un controllo concreto e preciso limita il campo d’indagine ai soli istituti penitenziari che concretamente accoglieranno il soggetto. Il giudice può risalire a tali istituti attraverso le informazioni fornitegli dallo Stato membro emittente28.

Orbene, ad una simile conclusione si giunge considerando una serie di principi e fattori di indubbio rilievo, da bilanciare, ovviamente, con l’esigenza di garantire alla persona raggiunta dal MAE i diritti ad esso spettanti, tra cui, non ultimo, il diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti, vedendosi garantita la dignità umana.

Innanzitutto, la soluzione opposta – ossia la valutazione “allargata” – che estende il controllo delle condizioni a tutti gli istituti penitenziari dello Stato membro di emissione risulta eccessivo. Ciò per una duplice motivazione: innanzitutto sarebbe – a detta degli stessi giudici di Lussemburgo – impossibile da realizzare, attesi i tempi contingentati entro cui decidere sulla consegna29; in secundis, sarebbe svilita la funzione assunta dal MAE, improntata a principi di celerità ed efficienza secondo il canone della reciproca

Jalloh, cit., par. 67; ID., Ramirez Sanchez, cit., par. 117; ID., Öcalan, cit., par. 180; ID., Shamayev, cit., par. 338; ID., Sez. I, 30 settembre 2004, Krastanov c. Bulgaria, n. 50222/99, par. 53; ID., Sez. II, 10 febbraio 2004, Naoumenko c. Ucraina, n. 42023/98, par. 108; ID., Ilasçu, cit., par. 427; ID., Sez. III, 15 luglio 2002, Kalashnikov c. Russia, n. 47095/99; ID., Sez. I, 14 novembre 2002, Mouisel c. Francia, n. 67263/01, par. 37; ID., Indelicato, cit., par. 31; ID., Sez. III, 10 luglio 2001, Price c. Regno Unito, n. 33394/96, par. 24; ID., Sez. II, 19 aprile 2001, Peers c. Grecia, n. 28524/95, par. 67; ID., Labita, cit., par. 120; ID., Kudła, cit., par. 91; ID., V.V., cit., par. 70; ID., Selmouni, cit., par. 100; ID., Assenov, cit., par. 94; ID., Soering, cit., par. 100; ID., Irlanda, cit., par. 162.

26 Cfr., Corte di giustizia, Grande Sezione, Grande Sezione, Dorobantu, cit., par. 63.

27 Anche in tal caso, la sentenza si rifà al precedente orientamento dettato dalla Corte di giustizia, Sez. I,

Generalstaatsanwaltschaft Bremen, cit., par. 77.

28 A tal fine, l’art. 15, par. 2, decisione quadro 2002/584/GAI prevede la possibilità per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di chiedere all’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente la trasmissione con urgenza di qualsiasi informazione complementare necessari per quanto riguarda le condizioni nelle quali si prevede in concreto di detenere la persona raggiunta dal Mandato di arresto europeo.

29 Il termine previsto entro cui emettere la decisione è di 10 giorni dal consenso del ricercato ovvero 60 giorni dall’arresto del ricercato, estensibili di ulteriori 30 giorni in casi particolari, ai sensi dell’art. 17 della decisione quadro 2002/584/GAI. Per un commento sul tema v., L. KALB,Il consenso alla consegna,

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fiducia, poiché un esame “allargato” ritarderebbe in modo sostanziale la consegna della persona raggiunta dal MAE, con il serio rischio di impunità per la persona ricercata30.

Effettivamente, la mera esistenza di elementi che attestano carenze sistemiche o generalizzate, oppure che colpiscono determinati istituti penitenziari nello Stato membro emittente, non comporta necessariamente che la persona interessata sia sottoposta ad un trattamento inumano o degradante in ogni caso. Invero, un siffatto tipo di valutazione sarebbe sicuramente compiuto in modo astratto, con il rischio, dunque, di neutralizzare totalmente gli obiettivi prefissati dalla decisione quadro 2002/584/GAI e, più in generale, dal principio della fiducia reciproca e del mutuo riconoscimento.

Si tratta, ancora una volta, di un tipo di valutazione compiuta tenendo conto del principio della ragionevole durata31 caratterizzante tale procedimento semplificato, che per nulla sembra cozzare, né svilire o non trascurare le garanzie proprie della persona raggiunta dal Mandato di arresto europeo. Lo dimostra il bilanciamento che, ancora una volta, il giudice è chiamato a compiere (non certo senza un margine di discrezionalità, influenzata dalla propria sensibilità) tra diritti e garanzie spesso solo in apparenza contrapposti.

Con ciò si vuol dire che la persona ricercata non resta priva di tutela. Infatti, accanto al principio della ragionevole durata del procedimento, si pone il principio della reciproca fiducia e nel quadro della “costellazione” di diritti fondamentali garantiti dalla Carta UE. Si potrebbe obiettare sostenendo che un siffatto controllo porrebbe il ricercato in una “posizione di svantaggio” nel momento in cui, trasferito nello Stato membro di emissione, si ritrovasse, per circostanze imprevedibili, ristretto da sùbito, o comunque anche successivamente, in una casa circondariale in cui non era possibile

30 Così, Corte di giustizia, Sez. I, Generalstaatsanwaltschaft Bremen, cit., parr. 84 e 85; Corte di giustizia, Grande Sezione, Dorobantu, cit., par. 65.

31 Sul principio della ragionevole durata, L. KALB, La riforma possibile, anzi doverosa…, in Diritto

penale e processo, 2013, n. 2, p. 130 ss. secondo il quale “Ragionevolezza dei tempi non significa rapidità

nello svolgimento del processo a tutti i costi, né, tanto meno, rispetto di termini legalmente prestabiliti. Il principio si traduce nella ricerca di un punto di equilibrio tra l’esigenza di contenere, il più possibile, la durata del dibattimento e quella di non pregiudicare l’ordinario articolarsi del rito e, con esso, la completezza dell’accertamento. In funzione dell’adozione del giudizio, tutto ciò si compendia nel conseguimento del risultato entro termini che tengano conto della reale situazione processuale, rapportata alla singola vicenda, attraverso evidenziatori di circostanze che possono comunque incidere sullo svolgimento temporale del processo. Ragionevolezza della durata non è dunque sinonimo di rapidità assoluta, non potendosi mai giustificare, comunque, che il conseguimento della celerità comporti come costo la sfiducia del cittadino nella giustizia”. L’A., poi, osserva che un processo efficiente non può essere “prima” rapido e “poi” giusto. In tale ipotesi, la “giustizia” in tanto ha senso in quanto non ostacoli la “rapidità”, ma tale impostazione finirebbe per creare una contrapposizione tra garanzie individuali ed efficienza del processo, sino a degradare le garanzie a strumenti impeditivi dell’accertamento di una verità, giustificando il sacrificio delle esigenze del giusto processo, quali imparzialità, oralità e contraddittorio, “dimenticando che in nessun modo si può essere efficienti violando i principi fondamentali”. In tal senso, anche, M. CHIAVARIO, Garanzie individuali ed efficienza del processo, in Il

giusto processo. Atti del convegno presso l’Università di Salerno, 11-13 ottobre 1996, Milano, 1998, p.

54; G. DI CHIARA, L’incompatibilità endoprocessuale del giudice, Torino, 2000, p. 80; G. CONSO,

Conclusioni, in Il giusto processo. Atti del convegno presso l’Università di Salerno, 11-13 ottobre 1996,

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prevederne la permanenza al momento della decisione dell’autorità giudiziaria di esecuzione.

Ebbene, in questo caso soccorre proprio il principio di reciproca fiducia32, inteso quale sentimento di sicurezza reciproca, sulla scorta della condivisione dei principi della democrazia e dei diritti umani, che induce ad una valutazione positiva non solo delle relazioni tra Paesi, ma anche della normativa di ogni singolo Stato membro, il quale consente all’autorità giudiziaria di esecuzione di essere sereno nelle proprie scelte, dovendosi fidare di quanto prodotto in documentazione, ma soprattutto dovendo ritenere che un controllo circa le condizioni di detenzione negli istituti successivamente individuati sarà compiuto dalle autorità dello Stato di emissione.

Del resto, la conformità, alla luce dei diritti fondamentali, delle condizioni di detenzione esistenti negli altri istituti penitenziari, dove detta persona potrebbe eventualmente essere incarcerata in seguito, rientra nella sola competenza degli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente, con la conseguenza del rispetto di un sufficiente livello minimo di garanzie offerto alla persona ricercata.

Inoltre, il principio della fiducia reciproca che permea lo strumento del Mandato di arresto europeo vincola l’autorità giudiziaria di esecuzione a fidarsi delle rassicurazioni fornite, o quantomeno approvate, dall’autorità giudiziaria emittente relative all’esclusione di qualsiasi forma di inflizione di trattamenti inumani o degradanti in capo alla persona interessata in ragione delle sue concrete e precise condizioni di detenzione, a prescindere dall’istituto penitenziario nel quale essa sarà reclusa nello Stato membro emittente33. Si tratterebbe di una presunzione relativa, superabile solo con prova contraria, consistente nella sussistenza di elementi precisi che permettano di ritenere esistenti condizioni lesive del diritto indicato all’art. 4 Carta UE all’interno di un determinato centro di detenzione.

32 Sul tema della fiducia reciproca si veda, ex multis, N. PARISI, Riconoscimento reciproco delle decisioni

giudiziarie penali, confiance mutuelle e armonizzazione delle garanzie procedurali negli Stati membri dell’Unione europea, in N. PARISI, M. FUMAGALLI MERAVIGLIA, D. RINOLDI, A. SANTINI (a cura di),

Scritti in onore di Ugo Draetta, Napoli, 2011; S. ALLEGREZZA, Cooperazione giudiziaria, mutuo

riconoscimento e circolazione della prova penale nello Spazio giudiziario europeo, in T. RAFARACI (a cura di), L’area di libertà sicurezza e giustizia: alla ricerca di un equilibrio fra priorità repressive ed

esigenze di garanzia, Milano, 2007; C. AMALFITANO, sub Art. 82 TFUE, in A. TIZZANO (a cura di),

Trattati dell’Unione europea, Milano, 2014, p. 867 e ss.; J.R. SPENCER, Il principio del mutuo

riconoscimento, in R.E. KOSTORIS (a cura di), Manuale di procedura penale europea, Milano, 2019, p. 345 e ss. Sul rapporto tra reciproca fiducia e richieste di assistenza giudiziaria internazionali, v. G. DARAIO, La circolazione della prova nello spazio giudiziario europeo, in L. KALB (a cura di), «Spazio

europeo di giustizia» e procedimento penale italiano. Adattamenti normativi e approdi giurisprudenziali,

Torino, 2012, p. 504 e ss.; G. DARAIO, Le rogatorie, in G. SPANGHER, A. MARANDOLA, G. GARUTI, L. KALB (diretto da), Procedura penale. Teoria e pratica del processo, vol. IV, Impugnazioni. Esecuzione

penale. Rapporti giurisdizionali con autorità straniere (a cura di L. KALB), Milano, 2015, p. 973 e ss. Sulla strumentalità del principio della reciproca fiducia si esprime F. SPIEZIA, Il coordinamento giudiziario sovranazionale: problemi e prospettive alla luce della nuova decisione 2009/426/GAI che rafforza i poteri di Eurojust, in Cassazione penale, 2010, p. 1991, il quale osserva come il

ravvicinamento normativo degli Stati membri sia “strumentale al rafforzamento della mutua fiducia tra le autorità giudiziarie dei Paesi membri” e rappresenta la “precondizione per una compiuta applicazione degli strumenti basati sul mutuo riconoscimento”.

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Dunque, la regola prevederebbe l’affidamento dell’autorità giudiziaria di esecuzione, sulla base delle informazioni fornite dall’autorità giudiziaria di emissione, sull’assenza di qualsivoglia rischio reale di sottoposizione della persona interessata ad un trattamento inumano o degradante; mentre si porrebbe come eccezione, fondata sul presupposto della sussistenza di elementi precisi, la constatazione da parte dell’autorità giudiziaria di esecuzione del rischio reale in capo alla persona raggiunta dal MAE di subire un trattamento inumano o degradante a causa delle condizioni di detenzione a cui sarà sottoposto, a prescindere dall’istituto penitenziario nel quale essa sarà reclusa.

Siffatto controllo si rende necessario al fine di garantire alla persona raggiunta dal MAE l’inviolabile valore della dignità, ormai assurto a principio supremo dei moderni ordinamenti, statuali e non.

Dignità che, utilizzando autorevole dottrina, non va bilanciata con gli altri diritti e valori, né è effetto del bilanciamento, perché è essa stessa la bilancia, misura di tutti i princìpi e di tutti i diritti, oltre che di tutte le forme di esercizio dell’autorità34. Dignità che, dunque, è centrale anche nel contesto sovranazionale, ove si garantisce una esecuzione penale che non deve risultare contraria al senso di umanità35.

In conclusione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nel valutare se sussistano seri e comprovati motivi di ritenere che una persona raggiunta da un Mandato di arresto europeo correrà un rischio reale di essere sottoposta a un trattamento inumano o degradante nello Stato di esecuzione, deve tener conto dell’insieme degli aspetti materiali pertinenti alle condizioni di detenzione nell’istituto penitenziario nel quale concretamente è previsto che la persona raggiunta da un Mandato di arresto europeo verrà reclusa. Solo ove disponga di elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, attestanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate delle condizioni di detenzione negli istituti penitenziari dello Stato membro, deve richiedere all’autorità giudiziaria dell’emissione le informazioni ritenute necessarie.36 Esso deve fidarsi delle

34 Sul concetto di dignità e sulla metafora della bilancia v., G. SILVESTRI, La dignità umana come criterio

di bilanciamento dei valori costituzionali, in Studi in onore di Pierfrancesco Grossi, Milano, 2012, p.

1181.

35 Così, L. KALB, Le «criticità» dell’attuale ricorso alla sospensione della esecuzione penale della pena

detentiva, cit., p. 122.

36 La statuizione della Corte di giustizia riprende di fatto il two-step test, secondo il quale in una prima fase lo Stato di esecuzione deve procedere all’accertamento dell’esistenza del rischio che nello Stato richiedente le condizioni dei detenuti possano essere assimilate a trattamenti inumani e degradanti sulla base di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati sulle condizioni di detenzione vigenti nello Stato emittente; successivamente è tenuto ad accertare se sussista un rischio concreto e specifico e motivi gravi e comprovati di ritenere che l’interessato corra tale rischio a causa delle condizioni di detenzione previste nei suoi confronti nello Stato membro emittente, acquisendo ulteriori informazioni e verifiche da parte dello Stato emittente. Sul two-step test, S. GÁSPÁR-SZILÁGYI, Joined

Cases Aranyosi and Caldararu: Converging Human Rights Standards, Mutual Trust and a New Ground for Postponing a European Arrest Warrant, in European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice, 2016, n. 24, p. 207; G. ASTA, La sentenza della Corte di Lussemburgo sul caso Aranyosi e

Căldăraru: una (difficile) coesistenza tra tutela dei diritti fondamentali e mandato di arresto europeo, in Osservatorio costituzionale, 2016, n. 2, pp. 1. Sul punto anche, L. PANELLA, Mandato di arresto europeo

e protezione dei diritti umani: problemi irrisolti e “incoraggianti” sviluppi giurisprudenziali, in questa Rivista, 2017, n. 3, p. 25 ss.

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